PIANO NAZIONALE PER L'OCCUPAZIONE FEMMINILE
TutteperItalia è componente sia degli Stati generali che dell'Alleanza delle donne.
Pubblichiamo il nostro contributo redatto da 4 volontarie in base agli incontri e confronti effettuati : il Piano è stato inviato al Governo, alle forze politiche,al Quirinale
Piano Nazionale per l’occupazione femminile Stati Generali delle Donne e Alleanza delle donne
AGOSTO 2020
A.SERVIDORI-I.MAGGI- A.L.CRUCITTI- L.MOSCHINI
ILnostro contributo alla definizione del percorso che il Governo sta intraprendendo per l’utilizzo delle risorse e il rilancio dell’economia e dell’occupazione.
Perché un Piano nazionale per l’occupazione femminile, come Piano integrato.
Come Stati Generali delle Donne siamo partite da Roma, il 5 dicembre 2014 presso la sede del Parlamento Europeo, con il Patrocinio del Ministero Sviluppo Economico. Siamo presenti da febbraio 2015 in ogni Regione italiana per attivare gli Stati Generali delle donne regionali. E' risultato fondamentale dalle nostre riflessioni declinare le politiche sul lavoro delle donne a livello di ogni singolo territorio cogliendone le specificità, le vocazioni, le opportunità, per studiare e trovare soluzioni concrete ai problemi reali delle cittadine che con noi credono in una Italia che cresce e che ce la può fare. Le aree urbane e rurali sono stati laboratori per studiare nuovi strumenti e nuove strategie per uno sviluppo sostenibile che possa mettere in moto i meccanismi per ri-creare nuova occupazione non solo per le donne.
Un Patto per le Donne fornisce una risposta flessibile ed integrata alle diverse esigenze territoriali, promuovendo a tal fine un più efficace coordinamento tra i diversi strumenti di programmazione e di pianificazione e tra le diverse fonti finanziarie disponibili, nonché tra i diversi soggetti istituzionali interessati.
Un Patto per le Donne è un percorso unitario di intervento sui territori finalizzato a creare nuova occupazione femminile nell'ambito dello sviluppo economico, produttivo ed occupazionale dell'Italia, per la cui attuazione è ritenuta necessaria un’azione coordinata, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in considerazione della strategicità e complessità degli interventi, nonché per accelerarne la realizzazione, nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali.
Il rilancio dell’occupazione femminile può essere interpretata come una misura anti-ciclica, capace di stimolare nuova domanda lavorativa e di recuperare anche quelle professioni artigianali così preziose per mantenere l’identità territoriale.
La strategia è quella di un superamento dell’approccio di genere rispetto alla gestione della cura e all’accesso ai congedi all’interno di un discorso più complessivo che riguarda una progressiva “territorializzazione” dell’organizzazione del lavoro volta a favorire la costruzione di sistemi di welfare aziendale 4.0. Le donne sono spesso sia lavoratrici che care-givers e da sole spesso portano avanti le famiglie, sono multitasking e infaticabili collaboratrici animate da un grande spirito di servizio a favore del Paese. Non possono essere continuamente penalizzate nell’accesso al lavoro, negli stipendi, negli avanzamenti di carriera, né quando vanno in pensione. Si propone la possibilità di utilizzare una programmazione negoziata con le aziende e la pubblica amministrazione in merito ad esigenze legate a stabilità del lavoro, flessibilità negli orari di lavoro, nell’organizzazione del lavoro (smart working, banca delle ore, job sharing, orario multi periodale) e alla condivisione, in base ad accordi nazionali e territoriali.
Si tratta di realizzare una migliore organizzazione del lavoro tramite un coinvolgimento diretto delle lavoratrici e dei lavoratori, che può rappresentare uno strumento di potenziamento della capacità contrattuale delle stesse e degli stessi, evitando molte demagogie sindacali che snaturano i veri problemi del Paese.
Occorre onestà culturale e ripartire dalle persone, ponendole al centro delle relazioni industriali ed occupazionali in genere, occorre partecipazione e responsabilizzazione, potenziando il welfare aziendale come strumento fondante nella contrattazione collettiva e territoriale per realizzare uno scambio virtuoso necessario fra il miglioramento del benessere, del reddito, e la maggiore efficienza produttiva delle realtà produttive con scelte coraggiose ed ecosostenibili ma strategiche e rispettose dei tempi e delle esigenze del Paese e della concorrenza.E’ questa la sfida del nostro tempo: mettere insieme la necessità di percorrere vie innovative che sappiano ottimizzare la spesa pubblica e tutelare i nuovi rischi che derivano dall’invecchiamento della popolazione; gestire in modo organizzato e con linee di intervento chiare i processi migratori in atto; realizzare interventi concreti, positivi, quartiere per quartiere, strada per strada, perché sono strade che i nostri figli e le nostre figlie percorrono ogni giorno.
Il quadro generale
La crisi pandemica ha spinto ad una svolta l’Europa, che ha ritrovato in questo frangente drammatico la voglia di unità e nuove ambizioni. I risultati del lungo e combattuto Consiglio europeo, conclusosi il 21 luglio con un accordo di portata storica, aprono ora una nuova fase che deve riuscire a tradursi nel percorso per creare una Europa politica, federale, sostenibile, equa.
Ora tocca a noi.
Gli Stati Generali delle Donne, sempre più impegnate in questi giorni con l’Alleanza delle Donne a redigere un piano concreto di azioni possibili per “ spendere bene” i fondi del Recovery Fund plaudono all’accordo raggiunto.
E’ ora necessario un Piano nazionale per l’Occupazione femminile, un piano integrato di azioni.
Abbiamo approntato il Women in Business Act un insieme di azioni pensate per promuovere l’ecosistema imprenditoriale femminile, alla luce dei dati presentati da Unioncamere. Le proposte contengono le azioni necessarie per rimettere in moto l’economia al femminile.
Gli Stati Generali delle Donne con l’Alleanza delle donne sottolineano ancora una volta i benefici attesi di utilizzare il potenziale non sfruttato delle donne imprenditrici, compresa la promozione della crescita economica (fino al 2% del PIL globale secondo le stime) e aumentare la partecipazione della forza lavoro (contribuendo a raggiungere l'impegno dei leader del G20 a ridurre il divario di genere nella partecipazione della forza lavoro del 25% entro il 2025).
Ma occorre anche che lo Stato intervenga con un piano di assunzioni stabili che consentano allo stesso tempo la sostenibilità economica delle famiglie e, attraverso la messa in circolazione di denaro, entrate fiscali e afflusso di risorse alle attività produttive. I “servizi” che lo stato può attivare o implementare sono molti e in grado di costituire un volano importante per la ripresa economica: dall’assunzione diretta di personale nei diversi ambiti della sanità (sostituendosi alla gestione a volte discutibile di cooperative); nell’istruzione e formazione di qualità; nella salvaguardia, conservazione e valorizzazione dei beni artistici, paesaggistici e culturali; nelle attività collegate al turismo (centri di informazione e promozione), nei centri per l’impiego e di avvio al lavoro; nell’accoglienza alle persone migranti e nell’integrazione nello spazio pubblico (con una gestione/supervisione più capillare di associazioni o cooperative); nelle infrastrutture con partecipazione dello Stato: rete stradale e autostradale, servizio aereo, ferroviario (sviluppo reti locali, strategiche per pendolari), navale (traghetti pubblici), telecomunicazioni e banda larga ecdc. attraverso l’assunzione di personale qualificato per la progettazione, la gestione e le attività collegate alla manutenzione e la gestione e il reinvestimento degli introiti. Si rivelerebbe strategico anche tornare alla partecipazione maggioritaria in almeno una banca pubblica che assicuri il pagamento di fondi e sussidi pubblici in tempi brevi e certi.
Tutto ciò produrrebbe vantaggi non solo per l’occupazione in generale ed in particolare per quella femminile essendo l’ambito dei servizi pubblici particolarmente congeniale alle donne (Rapporto Colao) non solo nell’ambito dei servizi, ma anche nell’ambito dell’organizzazione gestionale, nonché di progettazione e realizzazione delle infrastrutture (Titoli di studio e competenze femminili alte).
Tutto ciò è fattibile perché è stato fatto in passato con successo, prima che le privatizzazioni sostituissero i privati nella gestione pubblica producendo grandi, a volte enormi, esborsi, grave perdita di posti di lavoro e l’alienazione di infrastrutture strategiche per lo Stato attraverso le vendite a paesi esteri.
Per ottenere vantaggi da tutto ciò è imprescindibile una gestione pubblica ad ogni livello compresi quelli apicali e decisionali consapevole, responsabile e competente.
Di conseguenza è necessaria una formazione accurata, obbligatoria, riguardante una gestione responsabile, equa, sostenibile secondo gli obiettivi di Sostenibilità e, di conseguenza, attenta all’attuazione del Gender Mainstreaming in ogni ambito e livello.
E poi? Ancora infrastrutture certamente. Ma infrastrutture strategiche dedicate al lavoro delle donne e al miglioramento della qualità della vita delle famiglie.
Le donne hanno bisogno di strutture di quartiere e a domicilio ( per anziani e disabili) a livello anche di condominio anche su modelli di coesione di piccoli gruppi in autorganizzazione ( turnazione / cooperative di assistenza) servizi di qualità garantiti ovunque ( scuola + pullmino e locale attesa x il rientro dei bambini ).
Perché oltre ai neonati ( sempre di meno) noi donne abbiamo una marea di attività da assolvere in famiglia anche se composta da 2 persone ( donne single con figli)
Manca soprattutto il lavoro ma manca anche il supporto per poter lavorare in serenità, a partire dagli asili nido ma pensando anche ai percorsi di studio dei nostri figli e delle nostre figlie.
Ora bisogna mettere in campo le riforme necessarie ad adeguarsi alle raccomandazioni della UE e rilanciare l’economia. La crisi COVID-19 e le risposte politiche associate (ad es. il contenimento a casa, l’ allontanamento sociale) hanno avuto un impatto significativo su settori dominati dalle donne, come ad esempio l’ospitalità, il turismo e la vendita al dettaglio.
Le misure in generale necessarie per grandi linee:
- prevedere una omogeneizzazione della disciplina per la tutela della maternità/paternità per estendere anche alle lavoratrici/ori autonome/i, alle imprenditrici e alle professioniste le misure attualmente previste per le lavoratrici dipendenti.
- sgravi contributivi e fiscali per i datori di lavoro che assumono donne a tempo indeterminato
- rendere permanente la destinazione delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello per l’introduzione di sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro che adottano misure per aiutare i e le dipendenti ad armonizzare famiglia e lavoro;
- ai fini della determinazione dei premi di produttività, devono essere computati anche i riposi giornalieri della madre;
- prorogare il regime della cd. Opzione Donna, allargando la facoltà di accedervi anche alle giornaliste, alle lavoratrici che fanno riferimento a casse previdenziali diverse dall’Inps e alle libere professioniste;
- prevedere un incremento della copertura figurativa per i periodi di interruzione lavorativa ai fini del raggiungimento dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico: i contributi figurativi riconosciuti per i periodi di tutela della maternità/paternità e per quelli di assistenza e cura del coniuge o del parente di primo grado;
- per le aziende che rimuovono le disparità salariali vengono introdotte misure premiali;
- tutte le imprese sono tenute a presentare il Rapporto annuale sulla situazione del personale e sul divario retributivo fra i propri addetti;
- tutte le amministrazioni pubbliche e le imprese private devono avviare programmi di audit interno per rilevare e prevenire molestie, violenze e discriminazioni sul luogo di lavoro. A tale scopo viene nominata una figura di riferimento interna all’azienda per la valutazione del rischio, secondo il modello implementato dal Metodo Scotland;
- obbligo di corsi di aggiornamento aziendali per l’abbattimento di stereotipi di genere e per la presa di consapevolezza di diritti. Deve essere richiesta all’azienda una relazione gender sensitive sul proprio operato;
- devono essere previsti sgravi contributivi e fiscali per chi assume donne vittime di violenza di genere inserite in appositi programmi di protezione al fine di garantirne il pieno reinserimento nel tessuto sociale, economico e produttivo.
In definitiva occorre superare la grave situazione italiana che vede meno della metà delle donne impegnata in attività lavorative e professionali e raggiungere la media europea di occupazione femminile che è appunto del 62 per cento.
Occorre assumere la lotta alla disoccupazione femminile e alla precarietà in generale come priorità assoluta, con un piano straordinario di investimenti pubblici e privati capaci di creare lavoro buono, stabile e dignitosamente retribuito per tutte e per tutti.
D’altra parte, non è neanche detto che una eventuale ripresa generale dell’occupazione vada a incidere positivamente su quella femminile, sia in termini di accesso al lavoro sia di gap salariale.
Occorre ipotizzare che il 50 per cento dei nuovi assunti siano donne. Insieme a una serie di misure, come quelle che di seguito indichiamo.
Le misure per il lavoro femminile
DALLA PARTE DEL LAVORO E DELLE DONNE
a cura di Alessandra Servidori, Docente Universitaria,Presidente Nazionale Associazione TutteperItalia
Disponibili ad articolare ovviamente compiutamente su una linea di irrobustimento della proposta governativa in merito a 8 argomenti:
A) Ispirarsi alla normativa Europea, con le misure previste, a cui adeguarsi entro il 2022 con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale UE della Direttiva 2019/1158, l’iter che porterà l’Unione Europea a rafforzare la legislazione sociale degli Stati membri e, in particolare, le misure tese a migliorare in maniera uniforme la conciliazione dei tempi di vita privata e di lavoro. Queste misure saranno applicate nei confronti di tutti i rapporti di lavoro per promuovere appieno anche le pari opportunità.
B) Procedere con il potenziamento della contrattazione di prossimità come prevede l’accordo interconfederale del del 28 giugno 2011 e il successivo del marzo 2018,rafforzando il welfare aziendale sul versante dei congedi parentali anche usufruendo dei fondi bilaterali ( vedi accordo confederale del 20 febbraio 2014... su Bilateralità e sussidiarietà ... ) riposizionare le risorse usando la bilateralità oltre la formazione e tarandola sul sostegno al reddito per le lavoratrici e lavoratori che hanno necessità di più flessibilità lavorativa. Bilateralità come welfare di sostegno ai congedi parentali e al bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro.
C) Fiscalizzazione di vantaggio per le aziende che promuovono e attuano la responsabilità sociale dell’impresa sostenendo il bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro e riorganizzazione aziendale ispirandosi alla direttiva Ue Un'Unione dell'uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025 - https://eurlex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0152&from=ENTutte le politiche dell'UE, compresi il prossimo QFP e il piano di risanamento, includono una prospettiva di genere.
D) Ispirarsi al provvedimento della Direttiva Ue- GU L 330 del 15.11.2014- che istituisce l’albo delle imprese con 500 addetti e più che rispettano i criteri di responsabilità sociale dell’impresa (Rsi) concreta- La direttiva prevede, per le grandi imprese, l'obbligo di pubblicare informazioni relative alle misure adottate in materia di responsabilità sociale. I grandi enti di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti (società quotate, banche, imprese di assicurazione e altre imprese individuate come tali dagli Stati membri) sono tenuti ad inserire nelle loro relazioni di gestione informazioni pertinenti e utili sulle politiche attuate, sui principali rischi e sui risultati ottenuti in materia ambientale, sociale, dei diritti umani e di lotta alla corruzione. Sappiamo che le imprese italiane sono per il 93% piccole imprese ma sono consorziate tra di loro formando la rete che costituisce le grandi imprese. Le informazioni, vanno predisposte attraverso un processo interno di vigilanza responsabile da istituire in seno ad ogni impresa e congiuntamente ai rispettivi fornitori, subappaltatori e altri portatori di interessi, devono fornire agli azionisti e a tutte le parti in causa una visione d'insieme della posizione e dei risultati dell'impresa. La Commissione Ue ha predisposto anche linee guida non vincolanti che faciliteranno l'applicazione effettiva della direttiva da parte delle imprese interessate.
E) Riforma Madia Legge 124/2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, Art. 14. Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche: applicare nella PA gli accordi tra amministrazioni, asili nido ed enti per strutture per l’infanzia campi estivi (che garantiscano, ad esempio, servizi aperti nei periodi in cui le scuole sono chiuse) riservati ai figli dei dipendenti pubblici e aprirne la frequentazione ai bambini del territorio ristrutturando edifici militari ( ex caserme e uffici) secondo il Fondo già finanziato dal Codice Militare a cui fa riferimento la Legge. Art 10 -All’articolo 596 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sono apportate le seguenti modifi cazioni: a) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1 -bis . Il fondo di cui al comma 1 è fi nanziato per l’importo di 2 milioni di euro per l’anno 2015 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. A decorrere dall’anno 2018, la dotazione del fondo di cui al comma 1 è determinata annualmente ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d) , della legge 31 dicembre 2009, n. 196»; b) al comma 3, le parole: «anche da minori che non siano fi gli di dipendenti dell’Amministrazione della difesa» sono sostituite dalle seguenti: «oltre che da minori fi gli di dipendenti dell’Amministrazione della difesa, anche da minori fi gli di dipendenti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nonché da minori fi gli di dipendenti delle amministrazioni locali e da minori che non trovano collocazione nelle strutture pubbliche comunali,»
E bis -Implementare la norma relativa allo smart working con l’introduzione di individuazione di criteri di misurazione con specifico riferimento ai alle lavoratori in cd smart criteri per poter valutare gli incrementi in produttività o efficienza favoriti dalle modalità di lavoro in smart , criteri con i quali assicurare la misurazione delle performance per il premio di produttività, criteri per assicurare i diritti di prevenzione salute e sicurezza previsti dal TU 81/2008 e successive modifiche,con specifico riferimento alla legge n.81/2017 nella sua essenza di norma incentivo, con chiarimenti rispetto alla copertura inail o definizione degli elementi essenziali dell’accordo individuale e del diritto alla disconnessione.
F)Entro il Dicembre 2020 dobbiamo presentare come Italia il Piano per le politiche attive dei progetti del Fondo Sociale Europeo del bilancio 2021/27 : ora, come approvato dalla Sottosegretario Francesca Puglisi un tavolo operativo tra il Ministero del lavoro,delle politiche sociali, il Ministero della Famiglia e il Dipartimento per le PO della Presidenza del Consiglio, Conferenza Stato regioni e una Rappresentanza degli Stati generali e Alleanze delle donne per predisporre i progetti .
G)Linee guida per il sostegno ai caregivers per usare il Fondo istituito con la legge di Bilancio 2018 per chi si occupa dell'assistenza di anziani malati e disabili. Il fondo di 60 milioni iniziali per il triennio 2018-2020 è poi stato successivamente arricchito di 5 milioni per il triennio 2019-2021 ma mancano i decreti attuativi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per beneficiarne. In bilancio vi sono 75 milioni congelati e che rappresenta per le donne lavoratrici un sostegno indispensabile .
H Avanziamo anche una proposta per finanziare le proposte argomentandole :
Occorre da subito un grande sforzo collettivo di ripartenza dell’Italia attraverso i fondi del Recovery Fund e che saranno destinate nei prossimi anni al nostro Paese attraverso i 4 pilastri finanziari (MES, SURE, BEI e NGUE). Ma occorre che assieme alle risorse si trovino i veicoli capaci di attrarre tanto risparmio privato che attualmente sonnecchia e che potrebbe essere mobilitato per circa altrettanti 300 miliardi di euro, risorse private che si andrebbero a sommare a quelle pubbliche provenienti dall’Europa.
Per fare tutto ciò, però, il Governo non potrà distribuire soldi a pioggia. Rischiamo di morire di assistenzialismo. Le soluzioni alternative, virtuose, ci sono. Tra le altre, come ricordato dal presidente della Commissione di Vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti, quella di istituire un Fondo sovrano, proprio presso Cassa Depositi e Prestiti, in grado di fornire la sua capacità progettuale per indirizzare le risorse del Recovery Fund e del risparmio privato verso progetti concreti, con l’obiettivo di far ripartire il nostro sistema produttivo e infrastrutturale, e poi per usare il risparmio delle famiglie per acquisizioni estere, sul modello del fondo sovrano norvegese. Un fondo sovrano che con l’aiuto delle società di gestione faccia confluire, attraverso le agevolazioni fiscali, parte del risparmio delle famiglie, dei fondi pensione, delle casse di previdenza, gli immobili pubblici, il patrimonio architettonico, artistico e culturale, le partecipazioni azionarie. Mettendo a frutto tutte le nostre risorse più preziose per finanziare e mantenere in vita le nostre imprese possiamo far ripartire la nostra economia. Inoltre, occorre utilizzare altri strumenti per incanalare l’utilizzo dei risparmi privati a fini produttivi e di crescita o di finanziamento delle PMI (PIR), o per costruire il terzo pilastro della previdenza privata (CIR). Questi i grandi obiettivi che abbiamo di fronte.
Noi ci siamo come segnale di responsabilità ed impegno. Basta con le ideologie, basta con i ricatti. Adesso è il tempo dei progetti, della sinergie, della scrittura dei Recovery Plan entro la fine di settembre.
L’ ecosistema imprenditoriale femminile - Il Women in Business Act
Isa Maggi, dottore commercialista, revisore dei conti
Premessa
Mentre le recessioni tendono a colpire in modo più acuto i settori dominati dagli uomini (ad esempio la manifattura e l’ edilizia), la crisi COVID-19 e le risposte politiche associate (ad es. il contenimento a casa, l’ allontanamento sociale) hanno avuto un impatto significativo su settori dominati dalle donne, come ad esempio l’ospitalità, il turismo e la vendita al dettaglio.
La crisi Covid-19 ha inoltre ridotto l'accesso all'assistenza all'infanzia, compromettendo la disponibilità di tempo e la continuità dell’attività di molte donne imprenditrici.
Le piccole imprese femminili sono, in media, più piccole in termini di entrate e occupazione. Le donne imprenditrici fanno affidamento sul finanziamento informale rispetto al finanziamento bancario rispetto agli uomini. In quanto tali, le donne imprenditrici sono a rischio di "caduta"per quanto riguarda l'ammissibilità e l'accesso ai programmi di aiuto COVID-19, dato che le misure delle piccole imprese del Governo fanno affidamento sulle relazioni preesistenti con istituti di credito commerciali e non includono disposizioni per micro o piccole imprese..
Ad oggi, la maggior parte delle risposte della politica sulle piccole imprese COVID-19 non sono state sensibili al genere. Gli strumenti finora utilizzati sono state misure indifferenziate che seguono un approccio a “taglia unica” e il supporto potrebbe non essere uguale per tutte le piccole imprese.
Le imprese femminili non ne hanno tratto beneficio e infatti il Rapporto Unioncamere di luglio 2020 ha evidenziato un crollo dei numeri delle imprese femminili. Una recente analisi dell'OCSE sull'imprenditoria femminile ha però sottolineato i benefici attesi di utilizzare il potenziale non sfruttato delle donne imprenditrici, compresa la promozione della crescita economica (fino al 2% del PIL globale secondo le stime) e aumentare la partecipazione della forza lavoro (contribuendo a raggiungere l'impegno dei leader del G20 a ridurre il divario di genere nella partecipazione della forza lavoro del 25% entro il 2025).
Abbiamo rilevato che :
1. L'attenzione rivolta alle PMI con dipendenti da parte delle misure anti covid ha escluso di fatto molte donne imprenditrici che sono ditte individuali o lavoratrici autonomi senza dipendenti ma spesso con subappaltatori e affidamento dei lavori a contoterzisti;
2. L'attenzione ai prestiti continua ad essere una costante sfida, dato l'atteggiamento delle donne imprenditrici e l’esperienza dell’accesso al credito;
3. L'attenzione all'innovazione tecnologica esclude la maggioranza delle imprese guidate da donne;
4. Le donne hanno bisogno di diverse forme di supporto e consulenza in termini di servizi reali e di accompagnamento, programmi di tutoraggio, mentoring e coaching, anche attraverso il supporto dei CIF, Comitati Imprenditoria femminile presenti in ogni Camera di Commercio.
Le donne imprenditrici hanno generalmente meno contatti professionali,compresi consigli di consulenti professionali e advisor.
Le donne hanno meno probabilità di utilizzare soluzioni digitali commerciali, che incidono sulla loro capacità di transizione nel commercio online.
Le donne devono saper affrontare ostacoli diversi e maggiori alla creazione di imprese rispetto agli uomini.
La crisi COVID-19 ha sconvolto le condizioni economiche per tutti gli imprenditori ma la maggior parte delle risposte politiche non hanno utilizzato strumenti specifici per sostenere le imprese femminili, sebbene l'evidenza suggerisca che le donne siano state maggiormente colpite dalla pandemia
E’ emersa quindi dalla crisi la necessità di aumentare l '"alfabetizzazione di genere" nell’ecosistema imprenditoriale e bancario, per evitare di sottovalutare gli squilibri di genere nell'imprenditorialità.
Rilevante è allora la connessione tra l'ecosistema imprenditoriale e le politiche che sostengono le disuguaglianze socioeconomiche.
E allora cosa fare? Il Women in Business Act per rafforzare il sostegno pubblico alla nascita e allo sviluppo di nuove imprese femminili e rafforzare quelle esistenti.
A- Innanzitutto l'istituzione di un Comitato di alto livello per l'imprenditoria femminile con esperte,
consulenti politici/che per consigliare il governo sui programmi di recupero di COVID-19, per rispondere a queste domande:
1. Cosa sappiamo del modo in cui l'attuale crisi sta colpendo le donne imprenditrici?
2. In che modo i Governi possono raccogliere dati sugli effetti di genere della crisi sul sistema delle imprese?
3. Quali misure sono state prese per affrontare le sfide specifiche affrontate dalle donne imprenditrici? Cosa può fare il Governo per garantire che le donne imprenditrici possano beneficiare di pacchetti di assistenza specifici?
4. Quali sarebbero le caratteristiche di una politica di imprenditorialità sensibile al genere in risposta alla crisi COVID-19?
5. Cosa può fare il Governo per mantenere l’attività per le donne imprenditrici ed evitare battute d'arresto nella partecipazione e nel successo delle donne nell'imprenditoria?
B- Occorre immaginare la realizzazione di un “modello imprenditoriale mediterraneo” per migliorare l'ecosistema dell'imprenditoria femminile attraverso quattro obiettivi interconnessi da realizzare nel periodo 2020- 2025 :
- aumentare il numero di imprese a conduzione femminile che crescono a livello internazionale,
- aumentare il numero di donne in posizioni di comando in società italiane,
- aumento del numero di donne imprenditrici
- aumentare il numero di start up guidate da donne.
Occorre strutturare 10 azioni per ciascun obiettivo e stabilire obiettivi quantitativi da raggiungere entro il 2025:
- Aumento del 100% del numero di società commerciali a guida internazionale;
- Aumento del 100% della partecipazione e del tasso di donne nei programmi di sviluppo gestionale;
- Aumento del 50% nelle donne partecipanti a programmi di start up;
- Aumento del 50% del sostegno alle imprese locali per le donne nell’ambito delle attività commercialo.
Con alcuni adattamenti, i programmi attuali devono comprendere gli investimenti nelle imprese femminili per mettere a punto una strategia di imprenditorialità e di innovazione in tutto l'ecosistema femminile anche attraverso l’incontro tra le imprese femminili e il sistema degli incubatori, acceleratori, università, innovation hub attraverso un contributo a fondo perduto per l’acquisizione dei servizi prestati da tali soggetti e per il rafforzamento patrimoniale .
E’ necessario garantire che l'analisi di genere sia applicata non solo ai dati raccolti su COVID 19, i programmi in fase di sviluppo, la loro diffusione e il loro impatto, ma occorre analizzare come i finanziamenti e i bonus previsti dai vari DPCM sono stati assegnati.
E’ necessario attivare percorsi di formazione e strumenti per la trasparenza per le agenzie di finanziamento. Sviluppare dati disaggregati per genere per il monitoraggio degli impatti e delle imprese di COVID-19 e sostenere la partecipazione e l'impatto del programma è una risorsa vitale per garantire politiche aziendali sensibili al genere.
Le future politiche economiche devono essere sensibili al genere.
1) In quali settori operare? Le donne imprenditrici hanno più probabilità degli uomini di impegnarsi in settori colpiti duramente dal calo della domanda dei clienti (ad es. vendita al dettaglio, ospitalità, turismo).
2) Occorre focalizzare il sostegno sulla sostenibilità e la crescita per le donne già imprenditrici e orientare le nuove aspiranti imprenditrici spingere le donne attraverso percorsi di orientamento alla scelta imprenditoriale che facciano emergere le donne effettivamente dotate di spirito imprenditoriale, da sostenere, accompagnare e formare con attività formative specifiche.
Occorre selezionare i talenti imprenditoriali che hanno un progetto di fattibilità da parte di un team di esperte/ imprenditrici di successo;
b) accompagnamento/formazione di un mese dei talenti così selezionati;
c) un mese di stage in azienda-incubatore dello stesso settore di quello nel quale opererà;
d) erogazione di un #microcredito, se necessario.
3) Aumentare l'accesso al capitale per le donne imprenditrici, incluso un aiuto mirato su progetti di ripresa e con fondi specifici per settore ( una riproposizione del modello della legge 215, prima della sua regionalizzazione) oltre ad una formazione mirata di sostegno all'alfabetizzazione finanziaria.
4) Investire nel rafforzamento degli ecosistemi dell'imprenditorialità, compresa l'assistenza alle donne e alle organizzazioni di sostegno alle piccole imprese e gli incentivi per le piccole imprese tradizionali per coinvolgere e supportare in modo proattivo diverse donne beneficiarie, ad es. attraverso quote per le imprese di proprietà femminile.
5) Aumentare l'accesso delle donne imprenditrici ai contratti di appalto pubblico attraverso quote (ad es. come percentuale del finanziamento aggiudicato).
6) Supporto per la trasformazione digitale delle piccole imprese in commercio online.
7) Attivare investimenti in infrastrutture sociali e di sostegno alle piccole imprese, compresa l'integrazione di politiche e programmi incentrati sulla genitorialità.
8 ) Attivare programmi di networking in generale per tutti gli imprenditori, ma ancora di più per le imprese delle donne, per accedere alla consulenza aziendale, alla formazione e alla consulenza finanziaria, anche attraverso Protocolli dedicati per aiutare le donne imprenditrici a interagire con le piattaforme virtuali.
9) Attivazione di misure per aumentare il numero di donne d'affari, Business Angels e decision-maker in fondi di venture capital, al comando di organizzazioni di capitali di rischio per aumentare l'accesso al capitale di rischio da parte delle donne imprenditrici e per supportare le imprenditrici che sono davvero orientate alla crescita.
10) Creazione di un kit per progettare politiche imprenditoriali efficaci per le donne, per il trasferimento di buone pratiche, per un orientamento alle scelte sulle politiche imprenditoriali delle donne e un database di casi studio sulle migliori pratiche.
11) Favorire lo start-up di imprese femminile ad alto potenziale di ricerca nell’ambito ambientale, dell’economia circolare e più in generale della sostenibilità.
12) Monitoraggio dei programmi di supporto e garanzia del sostegno alle imprese guidate e fondate da donne
13) Aumentare la promozione di modelli di ruolo femminili.
Territorio, regioni
Amelia Laura Crucitti, Comitato Scientifico degli Stati generali delle Donne
L’attuazione delle misure proposte prevede un ruolo attivo da parte delle Regioni e dei territori, chiamati a supportare le politiche orientate a uno sviluppo sistemico dell’economia.
Appare evidente che ciascuna azione deve essere declinata in ottica di genere, ovvero la strategia regionale e locale non può prescindere dalla centralità del lavoro femminile e dalla necessità di superare quegli ostacoli, tuttora esistenti, che impediscono la piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro e, soprattutto, ne limitano il contributo al sistema economico.
Le parole chiave della fase in progress a livello regionale devono essere innovazione finanziaria per migliorare l’accesso al credito, campagne di sensibilizzazione dei cittadini per rafforzare la collaborazione alla mission pubblica, miglioramento del livello di formazione e istruzione per la costruzione di skills multidisciplinari, gestionali e intersettoriali, promozione della cultura imprenditoriale, digitalizzazione dei processi per la sostenibilità delle azioni: smart-technologies; markers di qualità; mild-technology; consumer’s behaviour.
L’intervento regionale deve costituire la sintesi delle dinamiche sociali, economiche e culturali di ciascun territorio e caratterizzarsi secondo la vocazione e lo stato attuale dei servizi erogati.
La community sociale territoriale è il core delle azioni di “empowerment di genere” da realizzare!
Nuove competenze per categorie professionali innovative, che siano espressione dell’open innovation e della bioeconomia circolare, allo scopo di dare impulso all’occupazione femminile ed eliminare quelle aree di marginalità, che connotano in maggiore o minor misura i territori, anche quale strumento di prevenzione per combattere attivamente la violenza di genere.
Le Regioni per il lavoro e la rigenerazione del lavoro per le Regioni.
Attività produttive, internazionalizzazione delle imprese, tutela della ambiente, trasporto pubblico locale, tutela del territorio, politiche sociali, programmazione di investimenti per lo sviluppo sostenibile dei territori in sinergia con le autonomie locali costituiscono gli assets strategici sui quali incidere con attività condivise tra Stato, Regioni, Autonomie locali, per raggiungere l’obiettivo di un’economia più equa e più prospera.
L’uguaglianza di opportunità deve connotare l’agenda economica dei prossimi mesi, con un impegno comune tra i livelli di governo per una ripresa strutturata su un approccio multiprospettico, nonché su azioni complementari e sinergiche, che siano dirette a superare qualsivoglia disparità con il ricorso a correttivi comuni.
L’uguaglianza di opportunità è sottesa alla proposta degli Stati generali delle donne. Il sostegno all’occupazione femminile non deve limitarsi soltanto al ripensamento dei ruoli di genere all’interno della famiglia, ovvero non deve cristallizzarsi soltanto nelle modifiche alle previsioni attuali sui congedi parentali e di paternità e sulla condivisione del lavoro di cura non retribuito, bensì, muovendo dall’adozione e dal miglioramento delle misure già sancite sui predetti temi, deve concretizzarsi in azioni mirate a eliminare le criticità attuali nell’accesso al lavoro.
L’uguaglianza di opportunità dovrà essere il focus della strategia a livello centrale e territoriale per superare asimmetrie e inadeguatezze del sistema economico e attribuire il giusto peso e significato alla questione del lavoro, libero e dignitoso per tutte!
Appare non più procrastinabile la misurazione degli effetti che ciascuna azione proposta esplicherà a livello regionale e locale. Ordunque, si rende necessario introdurre degli indicatori attendibili, validi e fattibili sul piano operativo, capaci di misurare dei dati in forma disaggregata per cogliere il reale impatto di ciascun intervento sul territorio e sostenere il processo decisionale nelle scelte da effettuare e nell’adozione di eventuali provvedimenti correttivi.
Valutazione d’impatto
Laura Moschini, Comitato Scientifico degli Stati generali delle Donne, GIO
Se i dati Istat relativi al biennio 2017-18 riportano un quadro di moderata crescita generale dell’occupazione, ma non del PIL, crescita dovuta all’aumento del sottoutilizzo del lavoro e massimo storico di incidenza del lavoro a termine, il quadro dell’occupazione femminile è addirittura peggiore con la conferma di tutte le criticità strutturali: elevata incidenza del lavoro NON stabile, part time e diminuzione di ore lavorate, prevalenza in settori a bassa remuneratività, discontinuità occupazionale dovuta a carichi di cura rispetto a maternità e ad assistenza a genitori anziani e a volte nonni (sandwich generation). Permangono i gap salariali e l’attività imprenditoriale è spesso un ripiego e l’abbandono del lavoro per maternità è del 12%.
Si tratta di criticità strutturali che hanno radici lontane nel tempo e che hanno generato una crisi socio economica che il Covid ha solo amplificato e il cui impatto si rivela oggi in tutta la sua gravità.
Per superare una crisi strutturale, occorrono interventi strutturali in ambiti strategici. La soluzione della questione femminile nella sua complessità, essendo una questione strategica richiede interventi strutturali dato che i benefici andrebbero a vantaggio dell’intera società e non solo delle donne.
A tale proposito, notiamo che la Relazione BES di febbraio 2020 ha già riportato i progressi assicurati dalla Legge di Bilancio 2020 sul terreno dell’inclusione, del sostegno alla famiglia, della parità di genere, dell’innovazione e della sostenibilità ambientale. Ambiti considerati strategici.
La grande sfida per i prossimi anni, afferma il ministro Gualtieri, nella premessa all’Allegato al documento di Economia e finanza 2020, pubblicato a giugno, « è di recuperare al più presto la caduta del prodotto e dell’occupazione sperimentata nei mesi più difficili, rafforzando al contempo i significativi miglioramenti registrati nel 2019 sul terreno dell’inclusione e dell’equità. La sfida è, inoltre, di utilizzare le conoscenze scientifiche e digitali che abbiamo visto all’opera durante la crisi e che sono la vera forza di una società moderna. La sfida è, infine, di conseguire la sostenibilità ambientale di cui abbiamo intravveduto la possibilità in quelle giornate in cui tutto si è fermato e l’aria si è fatta più pulita. Sono sfide a cui non ci sottrarremo». Inoltre il piano Colao assegna grande rilievo alla soluzione della questione femminile nei tre assi del contrasto agli stereotipi, dell’occupazione femminile e dell’attuazione di politiche economiche e sociali in ottica di genere. Purtroppo, pur essendo ritenuti ambiti strategici per un progresso della condizione femminile e di conseguenza economico e sociale generale, il piano non riesce ad attuare il gender mainstreaming e a considerare la questione femminile come una questione veramente di interesse generale.
La grande sfida di cui parla in ministro Gualtieri, che coincide con le sfide europee che considerano la realizzazione del gender mainstreaming compresa nel Green New Deal, può trarre un grande vantaggio dalle proposte strutturali in ambiti strategici per la soluzione della questione femminile a partire dal punto di vista delle donne e dalle loro priorità presentate dal presente documento e che rientrano pienamente negli obiettivi della UE per l’accesso al Recovery Fund e agli altri programmi di sostegno economico agli Stati colpiti dalla pandemia.
Si tratta di ambiti strategici perché, come è noto, risolvere la questione femminile, vuol dire produrre benessere economico oltre che sociale per tutta la popolazione senza esclusioni e rendere il sistema più equo, giusto ed inclusivo rispetto a tutte le differenze, valorizzandole. Inoltre, l’inserimento del punto di vista delle donne in tutti gli ambiti e a tutti i livelli (Gender Mainstreaming) consente alle priorità femminili l’accesso alle politiche di interesse generale e non più residuali come fino ad ora accaduto essendo considerate relative solo al “privato”. L’enorme percentuale di PIL che le donne potrebbero reclamare relativamente alla mole di lavoro di cura svolto a titolo gratuito nelle famiglie (unpaid caring work), è solo uno degli esempi più significativi. Gli interventi in ambito strategico per essere efficaci richiedono però interventi strutturali, continuativi e non temporanei.
L’Indice Europeo sull’Eguaglianza di Genere (EIGE), è concorde con l’ISTAT sul fatto che se l’Italia si colloca nel 2019 solo al 14 posto tra i Paesi europei è dovuto all’alta percentuale di donne che lavorano a tempo parziale e in modo discontinuo (33%donne contro 9%uomini) e «La concentrazione disomogenea di donne e uomini nei diversi settori del mercato del lavoro rimane un problema» (circa il 26% delle donne lavora nell’istruzione, nella sanità e nel lavoro sociale, rispetto al 7% degli uomini. Solo il 6% delle donne lavora nelle professioni scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (STEM), rispetto al 31% degli uomini). Differenze che si ripercuotono anche sull'economia: L’Eige rileva come in Italia sia cresciuta la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, le donne continuano a guadagnare il 18% in meno rispetto agli uomini e, nelle coppie con bambine/i, le donne guadagnano il 30% in meno rispetto agli uomini.
Ogni sistema di indicatori inoltre, rileva come una delle principali criticità la temporaneità delle iniziative, la scarsità di risorse attribuite e la mancanza di una formazione adeguata a livello apicale e decisionale.
Come emerge dalle singole schede del presente documento, i risultati attesi sono possibili solo se le azioni sono realizzate a livello strutturale e continuativo nel tempo, con l’assegnazione di fondi adeguati e messi a punto da personale apicale e direttivo adeguatamente formato. Tutti fattori di cui l’Italia risulta carente in ogni sistema di indicatori essendo, inoltre, oggetto di continui richiami da parte della UE e, da ultimo, anche dal GREVIO sull’attuazione della Convenzione di Istanbul.
Per quanto riguarda la valutazione di impatto, dunque, tutte le analisi previsionali confermano che l’attuazione delle politiche per la soluzione della questione femminile inserita nel contesto generale di progresso sociale ed economico sostenibile può dare esiti decisamente positivi, come confermato dai Paesi Europei dove tali politiche sono già attuate con successo. È infatti ampiamente dimostrato che attuare il bilancio di genere, o politiche di condivisione familiare e sociale dei compiti di cura, utilizzare valorizzandole le doti di creatività e innovatività femminili nonché le conoscenze acquisite nei corsi di studio producono condizioni di benessere diffuso e di crescita economica, oltre che di resilienza. Il punto di vista delle donne, inoltre può dare un “senso” diverso e più vicino al benessere della persona umana nello studio, nella produzione e nell’uso delle tecnologie e degli algoritmi. L’abbattimento delle barriere tra le discipline, infine, e una ritrovata collaborazione tra saperi scientifico-tecnologici e umanistici, può favorire nuove professionalità legate alla salvaguardia e alla valorizzazione dei patrimoni di cui l’umanità dispone.
L’importante è credere in quello che si fa per poter investire: se si considera la questione femminile un ambito strategico si decide anche di impiegare risorse adeguate e per un tempo idoneo. E l’impatto positivo è assicurato.
13 e 14 Luglio TUTTEPERITALIA in prima linea
TUTTEPERITALIA
La premessa è che la conoscenza è potere e il potere va usato solo a fin di bene.
Di fronte a una tendenza silenziosa al declino possiamo e dobbiamo promuovere non necessariamente un pensiero unico ma sicuramente dare qualche segnale di vitalità: io sono convinta che promuovere la centralità della persona per lo sviluppo della società, per la vitalità economica, anche nel principio della sussidiarietà sia una buona idea. A.Servidori
Oggetto: Invito Conferenza Stampa Dalla parte delle monache del Convento di Marradi
Le amiche e gli amici giornalisti sono invitati all’incontro che si terrà
Lunedì 13 Luglio 2020 alle ore 11,30 “Sala del Caminetto”
Via Santo Stefano 121 Bologna
vi diamo conto della scelta di sostenere le Monache Domenicane del Monastero di clausura di Marradi che rischiano lo sfratto coatto.
Interverranno: Alessandra Servidori Presidente dell’Associazione Nazionale TutteperItalia
Barbara Betti Comitato Amici del Convento di Marradi
Raffaella Ridolfi Socia dell’Associazione TutteperItalia , Consigliere Comunale di Marradi
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
L'Italia riparte con lo sguardo delle donne-Le donne al servizio dell’Italia- 14 Luglio 2020
#statigeneralidonne
#alleanzadelledonne
Alla luce della programmazione del piano di utilizzo del Recovery Fund e delle risorse che gli Stati membri riceveranno dall'Europa, è necessario uno sguardo di genere nella formulazione delle proposte ed è importante che una parte di questi fondi siano destinati al lavoro delle donne, alle infrastrutture sociali, alla formazione, all’auto-impiego e auto-imprenditorialità femminile in un processo di riforme definitivo.
Questa nostra progettualità è alla base degli elementi fondativi dell'Alleanza delle Donne e degli Stati Generali delle Donne .
In questi mesi abbiamo assistito ad ogni genere di dimenticanza nei confronti delle donne, ridotte ad essere madri, lavoratrici, assistenti, considerate importanti per il lavoro di cura,la cui progettualità peraltro offerta , non è stato ritenuto fondamentale nella costruzione di politiche e strategie per la ripresa economica e sociale del nostro paese. Siamo stanche di essere il segmento debole del mercato del lavoro e della società che deve essere #incluso perpetuando con questo termine un metodo ed una visione di noi donne subordinate al paradigma maschile.
In questi mesi, anche durante i nostri 121 incontri serali, è’ emersa forte la volontà di dare concretezza alle nostre idee, alle nostre ricerche, ai nostri studi ma chi ha la responsabilità della ripresa economica, sociale e culturale del nostro paese non ha finora ritenuto necessario ascoltare le nostre proposte per tradurle in opere e azioni concrete.
#Oraomaipiù!
Siamo in una fase di profondo cambiamento e noi donne abbiamo la responsabilità di essere parte attiva di questo cambiamento.
Presentiamo una serie di incontri per dar vita a idee, a soluzioni e a progetti nella consapevolezza che dalla crisi economica senza recedenti scatenata anche dalla pandemia Covid19 ne usciremo solo tutti e tutte insieme, per promuovere un confronto tra Istituzioni e la Comunità, per creare un dibattito affinché possano essere assunte scelte con piena consapevolezza.Le parole che abbiamo adottato sono interdipendenza, interconnessione, lavoro, dignità, sostenibilità, innovazione,condivisione,solidarietà, unitarietà.
Martedì 14/07/2020 Ore 18 L’Italia riparte con lo sguardo delle donne.
Dalla parte del lavoro e delle donne- A cura di Alessandra Servidori – Idee e proposte esposte a :
Francesca Puglisi Sottosegretario Lavoro e politiche sociali con delega alle Pari Opportunità
Paola Paduano Capo Dipartimento Pari Opportunità Presidenza Consiglio dei Ministri
Laura Menicucci Direttore Generale Dipartimento PO Presidenza del Consiglio
Rappresentanti istituzionali importanti che hanno accolto il nostro invito ad ascoltarci e a interloquire sulle nostre proposte .
Coordina l’incontro Isa Maggi
Il prossimo meeting delle donne al servizio dell’Italia
Per collegarsi al prossimo meeting, che si terrà il 14 luglio alle ore 18,00, ci si dovrà collegare alla piattaforma Zoom (https://us02web.zoom.us/j/83390377296) indicando come Meeting ID: 833 9037 7296. Il titolo del meeting è “L’Italia riparte con lo sguardo delle donne” a Cura di Alessandra Servidori
Lavoratrici penalizzate prima e dopo la pandemia.E ora ci riprovano a farci stare a casa
DALLO SMART WORKING AI CONGEDI PARENTALI - IPSOA Diritto e pratica del Lavoro
Occupazione. Lavoratrici penalizzate prima e dopo la pandemia. Quali misure adottare?
Alessandra Servidori -Il lockdown ci lascia un sistema economici in crisi. Secondo l’ISTAT, nel primo trimestre del 2020, il prodotto interno lordo ha subito una contrazione di entità eccezionale indotta dagli effetti economici dell’attuale emergenza sanitaria e dalle misure di contenimento adottate. Ma la pandemia ha alterato anche le dinamiche del mercato del lavoro e peggiorato i dati sull’occupazione femminile, che vedono la donna lavoratrice penalizzata dal difficile bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro e (ancora una volta) sotto il profilo retributivo. Quali interventi servono per aiutare le donne a entrare e a restare nel mercato del lavoro?
Alessandra Servidori
E’ pur vero che è la situazione a imporci la regola del primum vivere, è però altrettanto importante non perdere la lucidità ed essere consapevoli che il sistema economico non può andare in quarantena se non con effetti disastrosi come poi ora verifichiamo dopo i 100 giorni . Certo è che si può affermare che le misure di sospensione delle attività produttive del Governo hanno coinvolto moltissimo il sistema con chiusura di interi comparti e i provvedimenti restrittivi hanno ridotto i movimenti di trasporto delle persone e delle merci ammettendo poche deroghe per i servizi di pubblica utilità, essenziali, alimentari, sanitari. Sicuramente le misure hanno ampliato la modalità del lavoro agile anche se siamo ben consapevoli che per una gran parte delle aziende italiane ed estere, il lavoro da casa non è mai stato pensato come uno strumento di salvezza da utilizzare in periodi di emergenza. Sebbene sicuramente nelle PA vi fossero già sperimentazioni in atto e business recovery plan pronti sulla carta, pochi di questi erano pronti per scattare in emergenza, anche perché sull’applicazione della legge che ha dato via libera allo smart working (legge n.81/2017) rimangono dubbi interpretativi soprattutto rispetto all’applicazione del lavoro remoto e sicurezza. Potrebbe inoltre essere difficile misurare le attività su lunghi periodi, specialmente quando le procedure non sono chiare e collaudate. Evidenti limiti tecnologici poi esistono per il lavoro di gruppo in rete, ed è ovvio che non sempre si ha a disposizione uno spazio in casa da dedicare al lavoro. La constatazione è che l’Italia soffre ancora molto di digital divide, la mancanza di regole e organizzazione stabilite dall’inizio non fa ottenere risultati attesi. Il Governo con il decreto Rilancio si è comunque posto il problema di migliorare la modalità di lavoro a distanza poiché persistono, e le ultime rivelazioni di monitoraggio lo dimostrano, problemi di sicurezza, di misurazione di raggiungimento degli obiettivi di programmazione aziendali e soprattutto di rilevazione della produttività dei lavoratori in smartworking.
Considerazioni sul sistema economico
Alcune note Istat che hanno seguito l’andamento economico e occupazionale alle condizioni date ,ci hanno permesso di essere informati : nel primo trimestre del 2020, secondo la stima preliminare, il prodotto interno lordo ha subito una contrazione di entità eccezionale indotta dagli effetti economici dell’attuale emergenza sanitaria e dalle misure di contenimento adottate. Espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015 e corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, , il PIL è diminuito del 4,7% rispetto al trimestre precedente e del 4,8% in
termini tendenziali. La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti i principali settori produttivi. Dal lato della domanda, vi sono ampi contributi negativi sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia della componente estera netta. Le stime successive se pur di natura provvisoria e si sono basate sulla valutazione dell’andamento delle componenti dell’offerta e su un insieme ridotto di indicatori congiunturali; il valore aggiunto segna un calo marcato e diffuso a tutte le attività economiche, particolarmente rilevante per l’industria e il terziario. Successivamente le dinamiche del mercato del lavoro misurate nel primo trimestre 2020 risentono, a partire dall’ultima settimana di febbraio, delle forti perturbazioni indotte dall’emergenza sanitaria. Nel primo trimestre 2020, l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, registra una forte diminuzione sia rispetto al trimestre precedente (-7,5%), sia rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (-7,7%). Tali dinamiche risultano coerenti con la fase di eccezionale caduta dell’attività economica che, nell’ultimo trimestre, ha risentito degli effetti della crisi sanitaria, con una flessione del Pil pari a -5,3% in termini congiunturali.
Dal lato dell’offerta di lavoro, nel primo trimestre del 2020 il numero di persone occupate diminuisce in termini congiunturali (-101 mila, -0,4%), a seguito dell’aumento dei dipendenti a tempo indeterminato e del forte calo di quelli a termine e degli indipendenti. Il tasso di occupazione è pari al 58,8%, in diminuzione di 0,2 punti rispetto al quarto trimestre 2019. Nei dati più recenti del mese di aprile 2020, al netto della stagionalità, l’effetto dell’emergenza Covid-19 è più evidente: gli occupati calano di 274 mila unità (-1,2%) rispetto a marzo 2020 e il tasso di occupazione scende al 57,9% (-0,7 punti in un mese).
Nell’andamento tendenziale, rallenta la crescita del numero di occupati (+0,2%, +52 mila rispetto al primo trimestre 2019), ancora una volta per effetto dell’aumento dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato a fronte del calo di quelli a termine e degli indipendenti. La crescita è più accentuata tra gli occupati a tempo parziale; per il 63,0% di questi lavoratori si tratta di part time involontario. Diminuiscono, inoltre, gli occupati che hanno lavorato per almeno 36 ore a settimana (57,8%, -8,8 punti), a seguito delle assenze dal lavoro e della riduzione dell’orario dovute all’emergenza sanitaria. Nel confronto annuo, per il dodicesimo trimestre consecutivo, a ritmi ancora più intensi, si riduce il numero di persone in cerca di occupazione (-467 mila in un anno, -16,3%). Dopo la diminuzione nei due precedenti trimestri, aumenta a un ritmo sostenuto il numero di inattivi di 15-64 anni (+290 mila in un anno, +2,2%). Il tasso di disoccupazione è in diminuzione rispetto sia al trimestre precedente sia a un anno prima e si associa all’aumento, anch’esso congiunturale e tendenziale, del tasso di inattività delle persone con 15-64 anni. Nel mese di aprile 2020 si accentuano ulteriormente il calo del tasso di disoccupazione e la crescita di quello di inattività. Alcuni paesi europei hanno seguito quasi alla lettera i consigli di politica economica di Mario Draghi. Secondo i dati della Commissione europea, la Germania sta facendo una maxi operazione di fornitura di liquidità alle imprese tedesche, sotto forma di “bail out”, avendo ottenuto il 52 per cento del totale di aiuti approvati dalla direzione Politiche per la concorrenza, sfruttando le norme contenute nel Temporary Framework approvato dalla Commissione stessa, che sospende le norme sul divieto di aiuti di stato da parte dei governi. Un dato che è pari a circa il doppio della sua quota nell’economia dell’Ue. L’interventismo tedesco sta suscitando malumori nelle capitali del sud Europa, per il fatto che esse ritengono di subire una concorrenza sleale che si tradurrà, molto probabilmente, in una ripresa economica più debole rispetto ai paesi del nord, perché le loro economie sono dotate di minori capacità finanziarie e liquidità per sostenere le proprie imprese.Secondo fonti del Financial Times, inoltre, i funzionari dell’Ue avrebbero discusso, su proposta della virtuosa Austria, un ulteriore allentamento delle regole sugli aiuti di stato, consentendo ai paesi di iniettare capitale (equity) e debito nelle loro imprese in difficoltà. I vincoli includerebbero il divieto di pagare dividendi, di riacquistare azioni o di fornire bonus o simili remunerazioni. Se questo aggiornamento del temporary framework dovesse passare, i paesi del nord Europa disporrebbero di maggiori possibilità nel salvare le loro imprese, avendo liquidità sufficiente per poter fare una operazione del genere.C’è una percezione relativa al rischio di una nuova statalizzazione dell’economia italiana. Secondo de Rita il pericolo naturale che sta sotto una tale evoluzione è che tutti insieme (governo e popolo) si sottovaluti il fatto che la potenza del nostro sistema (così come l’abbiamo costruita nei decenni passati) non sta nella visione e governo di un solo soggetto (politico o statuale che sia), ma sta nella molteplicità e nella vitalità dei soggetti sociali, di milioni di imprese e famiglie che “sfangano la vita nel lavoro quotidiano”. Per risollevare l’economia italiana, lo stato non deve certo stare a guardare: ha il fondamentale ruolo di mettere a disposizione risorse, strumenti e regole per consentire ai nostri imprenditori di recuperare, rafforzarsi, crescere e competere con quelli del resto del mondo. Ma non deve pensare neppure per un minuto di sostituirsi ad essi, perché non ne ha né la capacità, né le competenze, né la creatività”. Anche il presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi, ha avuto parole dure nei confronti di questa pericolosa deriva, dichiarando che questo “fa indebitare le imprese per poi avviare una campagna inaccettabile di nazionalizzazioni”. Bonomi ha chiesto, invece, che vengano pagati tutti i debiti commerciali, che si sblocchino le opere pubbliche già finanziate e si defiscalizzino gli aumenti di stipendio e i salari di produttività. Le imprese, in sintesi, non hanno bisogno di capitale di rischio, o di equity, ma di cash flow, quello che è mancato durante la crisi, mentre continuavano a sostenere i costi fissi. Le imprese hanno bisogno di una regolamentazione “light”, di un’Europa che giochi su uno stesso terreno. Abbiamo bisogno di mercato, di trasparenza, di risarcimenti. Dopo di che, ognuno faccia la propria parte. Per carità, non vogliamo tornare alle imprese e alle banche di stato, né tornare all’Iri, anche se sotto il nuovo cappello della Cassa depositi e prestiti. Chi deciderà dove andrà il capitale di rischio dello stato nelle imprese? Abbiamo bisogno di risarcimenti e che le imprese tornino ad operare secondo una logica di mercato.Nel caso italiano, sappiamo che attualmente al governo non disponiamo di quella conoscenza necessaria per fare scelte economiche migliori di quelle che sono in grado di poter prendere, in maniera decentralizzata, milioni di imprenditori italiani, grazie alla loro conoscenza accumulata in anni di esperienza .
I dati ufficiali dell’Italia recentissimi sono disastrosi : la disoccupazione ed esclusione delle donne dal lavoro, vede una forbice del 10% rispetto alla media UE e con la riapertura vi sono settori tradizionalmente a occupazione femminile come il turismo, il commercio e la ristorazione in grave difficoltà ma anche la logistica che rappresenta un comparto strategico per il sistema-Paese .Vi è una richiesta diffusa di liquidità, credito e semplificazione delle procedure del sistema aziendale con la prudenza e le norme di sicurezza richieste ma l’economia stenta a riprendersi e la partecipazione dei generi al mercato del lavoro è talmente diversa da configurare due diversi mercati, caratterizzati da diverse entità quantitative, da diverse tipologie contrattuali, forme di occupazione e relativo livello di stabilità, da differenti settori economici di occupazione e, al loro interno, anche da ruoli, professioni e qualifiche ricoperte,e uno strumento particolarmente versatile, idoneo a ridurre le disuguaglianze di genere e a identificare strumenti condivisi di conciliazione tempi di vita-tempi di lavoro è la contrattazione collettiva, con particolare riferimento a quella aziendale. La questione della condizione occupazionale femminile bisogna affrontarla solo mediante interventi di sostegno alla natalità e al lavoro di qualità delle donne. La crescita della partecipazione delle donne al mercato del lavoro non può realizzarsi a discapito della qualità dello stesso, come purtroppo si è verificato nei lunghi anni della crisi attraverso una crescita delle occupazioni a bassa retribuzione e l’aumento incontrollato del part time involontario. Il principio di co-genitorialità e di condivisione delle responsabilità del lavoro di cura in tutte le fasi della vita familiare, per renderne effettiva l’affermazione di tali principi, ha bisogno di azioni che contrastino la perdita economica determinata dal mancato pieno apporto della componente femminile alla crescita e alla competitività, e che intendano il lavoro di cura un investimento di cui beneficia l’intera società. La condizione della donna lavoratrice è soprattutto penalizzata dal difficile bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro, che spinge in basso (49,7% dato ISTAT, contro il 60,4% Ue) la quota dell’occupazione femminile fra i 15 e i 64 anni e che induce il 27% delle donne madri ad abbandonare la propria occupazione alla nascita del figlio, una quota enorme se confrontata a quella maschile (lo 0,5%). Secondo gli ultimi dati Istat c’è un differenziale nel tasso di attività pari a +19,2% a favore degli uomini rispetto alle donne e un differenziale nel tasso di occupazione pari a +18,6% a favore degli uomini. Il divario di genere in termini di lavoro non retribuito (nel quale le donne spendono in media 4 ore e 15 minuti al giorno, contro 2 ore e 16 minuti degli uomini).Vero è che il coronavirus ha rivoluzionato il modo di lavorare degli italiani e la paura della devastante pandemia ha consentito di dribblare le antiche resistenze al cambiamento ed ora aziende e dipendenti si trovano in un mercato del lavoro diverso.E un aspetto importante è l'equilibrio delle famiglie, soprattutto quelle in cui entrambi i coniugi lavorano. Parlare di emergenza familiare equivale a parlare di "lavoro delle donne su cui ricade principalmente la cura dei figli. E quindi non c’è da stupirsi se l'Italia ha uno dei tassi di partecipazione delle donne al mercato del lavoro tra i più bassi in Europa. L'emergenza di queste settimane fa capire che dobbiamo dotarci di misure di conciliazione vita-lavoro che rendano possibile il lavoro delle donne e sostenere la natalità con fondi diretti alle famiglie perché l'avere dei figli sia una risorsa per tutti e non un costo. Secondo l’Eurostat in Italia esiste un gap retributivo di genere, parametrato sul salario annuale medio, attorno al 43%, di almeno 2 punti percentuali superiore alla media europea (41,1%). La penalizzazione retributiva colpisce ancor più le lavoratrici madri per le rigidità dell’organizzazione del lavoro e per la inadeguatezza del welfare aziendale: il Rapporto annuale INPS 2019 riporta una perdita del 35% dello stipendio delle donne occupate a seguito della nascita di un figlio.E sempre il Rapporto annuale dell’Ispettorato Nazionale del Ministero del lavoro riconferma con una gravità devastante che le dimissioni volontarie sono drammaticamente delle lavoratrici che denunciano dopo la nascita dei figli l’impossibilità di mantenere il lavoro in mancanza di sostegno dei servizi educativi .E comunque dei costi da sostenere per la eventuale frequenza dei piccoli ammesso che ci siano le possibilità di iscriverli poiché in Italia soprattutto le strutture 0/6 anni sono ancora al di sotto del 30% dei bambini aventi diritto che è stata indicata come base dalla Ue per assicurare loro l’accoglienza. Secondo i dati della Fondazione consulenti del lavoro, il 13,5 per cento delle italiane occupate non è ancora tornato al lavoro e se l'emergenza persiste, molte saranno costrette a ridurre l'orario di lavoro, a continuare obbligatoriamente il telelavoro o a lasciare il proprio impiego. Se ciò non bastasse, un altro studio condotto dall'Istituto Toniolo dell'Università cattolica di Milano indica che solo la metà degli italiani collabora nelle faccende domestiche durante la quarantena. Inoltre, il 71 per cento degli intervistati di sesso maschile ha dichiarato di essere convinto che, per le donne, "il lavoro è importante, ma quello che vogliono veramente è una casa e dei bambini”
In Europa la percentuale di donne inattive a causa di impegni di cura familiari ha raggiunto il 31%, con un peggioramento negli ultimi dieci anni“. La sintesi della situazione attuale rispetto al goal5 di Agenda 2030 secondo Asvis è questa. Donne sottorappresentate nelle posizioni manageriali, pagate meno degli uomini a parità di mansione svolta (un 16% in meno in Europa) e penalizzate pesantemente anche dalla pandemia che, come successo in passato con altre emergenze sanitarie come quella legata alla diffusione di ebola, ha mostrato di ingigantire tutte le disparità esistenti, comprese quelle di genere.Qualcuno dirà che non è il momento di ragionare su questo: ci sono problemi più urgenti, adesso. E invece no.
In buona sostanza sono 3 milioni le donne occupate, poco meno di un terzo del totale (9 milioni e 872 mila), con almeno un figlio di età inferiore ai 15 anni. E saranno proprio le mamme (o le donne in generale) bersaglio facile non solo della fase 0, ma anche della fase 2 fino alla fase 2+n.In questi due mesi di lockdown, le donne con figli hanno lavorato più dei papà, visto il loro impiego in servizi essenziali, dove la presenza femminile risulta più alta rispetto alla maschile. Su 100 occupate con almeno un figlio con meno di 15 anni, 74 hanno lavorato ininterrottamente (contro 66 uomini nella stessa condizione), il 12,5% ha ripreso il lavoro dallo scorso 4 maggio, mentre il 13,5% dovrebbe ritornare alla propria attività entro la fine del mese. E per le lavoratrici che non hanno usufruito del lavoro cd agile come le lavoratrici meno qualificate dovranno tornare in sede oltre che accudire i figli: sono 1 milione 426 mila (il 48,9% delle lavoratrici mamme), di queste circa 710 mila percepiscono uno stipendio netto inferiore ai 1.000 euro. Del resto, il dato dell’ispettorato del lavoro ci dice che il 27% delle donne lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Come a dire che la cura dei figli è solo delle mamme. I dati poi delle lavoratrici che figli o parenti disabili è tragico poiché i permessi retribuiti sono ancora troppo pochi e soprattutto la legge che ha riconosciuto i caregiver nel 2017 giace immobile senza regolamento per usare il Fondo di 25 milioni all’anno ( sono già otre 75 milioni congelati) per poter avere un sollievo per le cure al congiunto. E il governo si è limitato a predisporre solo dei fauce limitati per la baby sitter mentre c’è bisogno di un intervento a sistema per aiutare l’occupazione femminile a entrare e restare nel mercato del lavoro. Serve ampliare il congedo parentale come ci indica la Direttiva Europea del 2019 che dobbiamo recepire entro il luglio2021 ,ridurre la TASSAZIONE CON LA FISCALIZZAZIONE DI VANTAGGIO SU LAVORATRICI E IMPRESE ,AMPLIARE L’ACCESSO AL WELFARE AZIENDALE verso la cura FAMILIARE CON PERMESSI RETRIBUITI , AMPLIARE I FONDI BILATERALI ora usati per la formazione verso l’uso dei congedi , la contrattazione collettiva è fondamentale e si può e si deve saper usare.
BOCCIATO l'ordine del giorno per caregivers e pensioni di invalidità
Alessandra Servidori MA SI PUO' ANDARE AVANTI COSI?
Ne abbiamo scritto nei giorni precedenti ne abbiamo motivato l’urgenza di intervento dopo due argomentate proposte. I cargivers in questo periodo hanno vissuto giorni di abbandono totale dei servizi di assistenza dovuti all’emergenza pandemia e sono 7 milioni in Italia i familiari che assistono i loro cari disabili. Le pensioni di invalidità per la loro esiguità sono state oggetto lo scorso 24 giugno, di una sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito l'aumento delle pensioni di invalidità civile al 100%. Tale sentenza, da molti definita “storica”, porterà ad aumentare l'importo mensile delle pensioni dall'attuale somma di 285,66 euro, ritenuta del tutto inadeguata, a 514,46 euro. Ebbene stamani l ‘odg al Decreto Rilancio sottoscritto anche da tanti parlamentari sul tema dei caregiver e delle pensioni di invalidità è stato BOCCIATO da questa maggioranza. Questo è l’ennesimo schiaffo dato dal Governo a delle categorie svantaggiate che continuano a non essere tenute nella dovuta considerazione da questo Esecutivo. Il primo punto riguardava il bonus ai caregiver familiari di 600 euro al mese per i mesi di marzo, aprile e maggio e giugno 2020. Il Governo ha invece negato, bocciando questo sostegno anche ai Caregiver Familiari che assistono un congiunto con disabilità grave.La seconda questione invece prevedeva l'adeguamento delle pensioni di invaliditá. Per questo l’odg impegnava il Governo a mettere subito sul piatto 4,5 miliardi, e a prevedere che tale somma fosse chiaramente evidenziata nel nuovo scostamento di bilancio che verrà a breve sottoposto al Parlamento.Ancora una volta il Governo ha dimostrato nei fatti la falsità e le bugie delle parole del Premier "NESSUNO SARÀ LASCIATO INDIETRO".
La Presidenza Tedesca Ue : una agenda tonica
QUI EUROPA ildiariodellavoro
Una agenda di presidenza semestrale tedesca Ue tonica
La Germania detiene la presidenza del Consiglio fino alla fine del 2020. La prima serie di audizioni si è già svolta dal 3 fino al 16 luglio. Una seconda serie di audizioni avrà luogo a settembre. Nell’audizioni tenute il 3, 6 e 7 luglio sono stati temi di priorità.
Diritti delle donne e uguaglianza di genere. Franziska Giffey, ministro per gli Affari familiari, gli anziani, le donne e i giovani, ha dichiarato alla commissione per i diritti della donna che la presidenza ha due priorità principali sulla parità di genere. In primo luogo, affrontare la mancanza di uguaglianza tra uomini e donne sul mercato del lavoro, in particolare presentando una direttiva sulla parità retributiva a novembre. In secondo luogo, porre fine a tutte le forme di violenza di genere, in particolare spingendo affinché la Convenzione di Istanbul sia ratificata da tutti gli Stati membri e istituendo un'unica linea di assistenza europea per le donne in emergenza.Nel dibattito, gli eurodeputati hanno chiesto al ministro in che modo intendeva progredire nella direttiva sulle donne a bordo, che è stata bloccata in seno al Consiglio da otto Stati membri, tra cui la Germania. "Terrò discussioni mirate e combatterò molto fortemente per fare progressi su questo file", ha risposto. Numerosi deputati hanno anche chiesto che tutte le politiche dell'UE, compresi il prossimo QFP e il piano di risanamento, includano una prospettiva di genere. Ambiente e sanità pubblica.Il Ministro della Sanità Jens Spahn ha riferito al Comitato Ambiente e Sanità pubblica che, a seguito della pandemia di COVID-19, coordinando le politiche sanitarie dell'UE e rafforzando la gestione delle crisi, aumentando la produzione UE di medicinali e dispositivi essenziali (come maschere per il viso) e la creazione di uno spazio europeo dei dati sanitari sono le principali priorità tedesche. I deputati hanno interrogato il Ministro sulla futura politica sanitaria dell'UE, sulla strategia dei vaccini e sulla carenza di medicinali e dispositivi di protezione.Il ministro dell'Ambiente, della conservazione della natura e della sicurezza nucleare, Svenja Schulze, ha affermato che le priorità tedesche includono l'accordo sulla legge sul clima con un obiettivo del 2030, una strategia dell'UE sulla biodiversità, l'economia circolare, compresa l'estensione della durata dei prodotti e la digitalizzazione. Come allineare il pacchetto di recupero dell'UE con l'accordo verde dell'UE, la legge sul clima, le spedizioni marittime MRV, le politiche forestali e agricole, compreso il benessere degli animali, sono stati alcuni dei problemi sollevati dai deputati.Mercato interno e protezione dei consumatori.Il ministro degli Affari economici e dell'energia, Peter Altmaier, ha sottolineato che il fondo di ricostituzione è fondamentale per emergere dalla crisi COVID-19. Il rafforzamento del mercato unico attraverso la digitalizzazione sarà anche all'ordine del giorno. Altmaier ha dichiarato ai deputati che la presidenza sosterrà lo sviluppo dell'infrastruttura di dati per l'iniziativa europea Gaia-X, con l'obiettivo di migliorare l'interoperabilità, la disponibilità e la conservazione dei dati all'interno dell'UE. La presidenza mirerà inoltre a proteggere i consumatori da incitamento all'odio, disinformazione e prodotti non sicuri, affrontando le sfide poste dall'intelligenza artificiale (AI) e si concentrerà sull'efficace applicazione delle leggi dell'UE in materia di consumatori, Christine Lambrecht, ministro della giustizia e protezione dei consumatori, ha assicurato il comitato.Le domande dei deputati si sono incentrate sulle opinioni della presidenza sulla regolamentazione delle piattaforme online, in particolare sull'imminente legge sui servizi digitali, sulle regole di concorrenza e sulla sovranità digitale e industriale dell'UE, le transizioni verdi e digitali, il sostegno alle PMI, la diversificazione delle catene di approvvigionamento e il opzioni per regolare l'IA, tra gli altri argomenti.Commissione giuridica la ministro della Giustizia e della protezione dei consumatori Christine Lambrecht ha parlato di come affrontare le ripercussioni della crisi COVID-19 sulle restrizioni alla libertà di espressione, sullo stato di diritto e sulla crescente diffusione della disinformazione e dei discorsi di odio online. Ha confermato che il futuro quadro per l'IA, la strategia dei diritti di proprietà intellettuale, la digitalizzazione della giustizia e la responsabilità sociale delle imprese sarà al centro dei prossimi incontri. Il presidente della commissione ha accolto con favore l'ambizione manifestata dalla presidenza e ha sottolineato che i prossimi sei mesi saranno cruciali per il futuro dell'Europa e daranno forma al resto del mandato del Parlamento. Diversi deputati hanno parlato della mancanza di coordinamento e interoperabilità delle app di tracciabilità COVID-19, dell'indipendenza della magistratura nel prossimo meccanismo sullo stato di diritto, delle priorità del Digital Services Act e hanno ribadito la necessità di rompere finalmente lo stallo sulle "donne" nei file dei consigli di amministrazione e di "rendicontazione paese per paese" in seno al Consiglio.
Alessandra Servidori
08 Luglio 2020
What is gender budgeting?
https://www.startmag.it/mondo/perche-e-importante-applicare-il-bilancio-di-genere/
Alessandra Servidori
What is gender budgeting?
Ci conviene saperlo e predisporre i progetti entro il dicembre 2020 per usare il fondo sociale europeo previsto dal 2021 al 2027.Uno degli argomenti più discussi in Italia e sul quale le varie componenti politiche stanno discutendo è la mancanza di risorse per le politiche femminili sulle quali scontiamo una forbice di distanza troppo grande dalla situazione comunitaria come gli ultimi dati sottolineano impietosamente.
Secondo la definizione ampiamente utilizzata del Consiglio d'Europa, il bilancio di genere è un'applicazione del mainstreaming di genere nel processo di bilancio. Si tratta di condurre una valutazione basata sul genere dei bilanci delle politiche effettuate, incorporando una prospettiva di genere a tutti i livelli del processo e la ristrutturazione delle entrate e delle spese al fine di promuovere la parità . In breve, il bilancio di genere è una strategia e un processo per raggiungere gli obiettivi di parità , e applicare pienamente questa metodologia nei criteri di bilancio dell'UE significa la piena integrazione delle prospettive di genere in tutte le fasi di budgeting e pianificazione. I passaggi pratici a questo scopo includono: una valutazione basata sul genere per fare il punto e rendere visibili gli impatti di genere dei bilanci e tale analisi è il punto di partenza per tutto il lavoro,perché permette di promuovere modifiche per promuovere la parità sulla base dei risultati dell'analisi del bilancio , comprese eventuali lacune e sfide di genere identificati.Vero è che è indispensabile usare questo metodo non solo nel consuntivo ma anche e soprattutto nell’impostare i bilanci preventivi per programmare l’utilizzo delle risorse .Tra i criteri da adottare l’analisi dell’'organizzazione del lavoro attraverso una combinazione di attori governativi e non governativi sapendo che l'analisi delle esperienze pratiche in tutto il mondo dimostra ripetutamente che ciò sostiene risultati solidi. Pratiche e metodologie per introdurre e sostenere il budget di genere in Europa, come strumento indicato dal parlamento negli ultimi anni, dimostrano obiettivi gemelli: includere le realtà vissute della vita delle donne e degli uomini nei bilanci e rendere visibili le disuguaglianze esistenti. In pratica, il bilancio di genere consiste nel rivelare i diversi impatti delle decisioni di spesa e di reddito su donne e uomini, che differiscono a seconda di fasi della loro vita e di circostanze economiche e sociali. In concomitanza, significa rivedere le decisioni di finanza pubblica per garantire che queste contribuiscano a promuovere la parità di genere, piuttosto che rafforzare le disuguaglianze esistenti. Per poter applicare il bilancio di genere all'interno dei Fondi dell'UE, dobbiamo conoscere il concetto fondamentale e la sua motivazione e chiaramente un legame tra una maggiore parità di genere e l'aumento della crescita e dell'occupazione. I dati confermano che i miglioramenti della parità genererebbero fino a 10,5 milioni di posti di lavoro in più entro il 2050 e che il tasso di occupazione nell'UE raggiungerebbe quasi l'80 %. Anche il prodotto interno lordo (PIL) dell'UE ne risentirebbe positivamente e potrebbe aumentare fino a quasi il 10 % entro il 2050. La riduzione delle disuguaglianze nelle attività del mercato del lavoro, nella retribuzione e nell'istruzione, in particolare, stimolerà tale crescita e creazione di posti di lavoro. L'applicazione completa di un approccio di bilancio di genere mediante l'integrazione delle prospettive di genere in tutti i cicli dei Fondi dell'UE garantirà che l'attuazione dei Fondi dell'UE è di qualità superiore, raggiungendo sia le donne che gli uomini in tutta la loro diversità.Peraltro gli obiettivi dei fondi dell'UE sono raggiunti in modo più efficace, perché il bilancio di genere contribuisce a una migliore pianificazione, attuazione e monitoraggio, garantendo nel contempo che le disuguaglianze non siano perpetuate. Vero è che è un diritto umano fondamentale e l'assegnazione di risorse economiche va a vantaggio sia delle donne che degli uomini in tutta la loro diversità e soprattutto i progetti di fondi dell'UE sono potenziati attraverso un migliore obiettivo globale.
MATILDE DAMELE
ARTE è DONNA Matilde Damele
‘Esili’ di Matilde Damele
www.matildedamelephotography.com
Matilde Damele é una fotografa bolognese che ha vissuto quindici anni a New York con il visto di fotogiornalista. Con le nuove leggi sull’immigrazione americana il rinnovo del visto le é stato negato e non le é piú stato permesso il rientro nel paese. Il cambiamento brusco e inaspettato le causa un profondo senso di perdita e dislocamento. In seguito, trasferitasi a Londra dove completa un master di fotografia alla Central Saint Martins University, vede le proprie incertezze e paure nei volti degli immigrati che vivono nel suo quartiere. Da questo sentimento nasce il progetto ‘Esili’ che esplora un senso di non appartenenza alla propria vita, rappresentando un’umanitá senza dimora emotiva, esiliata dall’ambiente circostante.
Esprime un senso di sradicamento ed estraniamento dalla realtá. Matilde Damele ha selezionato una serie di fotografie scattate nel quartiere dove viveva a nord di Londra e le ha stampate sperimentando il metodo della serigrafia sulla difficile superficie di sacchi neri della spazzatura. Le immagini in bianco e nero che rappresentano gente ripresa a propria insaputa per la strada, sono poi state esposte dando al sacco di plastica un movimento che rende l’opera sculturale. La qualitá fragile delle stampe e l’uso del sacco della spazzatura per la rappresentazione del tema dell’esilio vuole mettere in risalto il fatto che le vite degli individui sono effimere e spesso vengono trattate come rifiuti, senza valore da parte di chi ha potere e autoritá. Nel 2017 ‘Esili’ ha vinto il premio Clifford Chance Printmaking offerto dalla Marlborough Gallery di Londra e nel 2019 dopo aver partecipato a Photo London é stato considerato dal quotidiano The Guardian tra le opere fotografiche piú innovative in esposizione.
www.matildedamelephotography.com
Confindustria e Ance : non servono nuove leggi serve tagliare e abrogare
https://www.startmag.it/economia/semplificazione-quello-che-serve-alle-imprese-per-ripartire/?ct=t(RSS_EMAIL_CAMPAIGN) Alessandra Servidori 27 giugno 2020
NON SERVONO NUOVE LEGGI, SERVE TAGLIARE ED ABROGARE.
SEMPLIFICAZIONE: PER FAVORIRE LA RIPARTENZA DELLE IMPRESE E DEL LAVORO VUOL DIRE TOGLIERE NON AGGIUNGERE
CONFINDUSTRIA E Ance EMILIA-ROMAGNA PROPONGONO INTERVENTI CONCRETI E IMMEDIATI.
Hanno deciso riuniti in conclave un approccio molto concreto per intervenire in modo diretto con soluzioni che possano avere una ricaduta immediata sulle imprese. In questa fase l’obiettivo di alleggerire gli adempimenti e gli oneri burocratici per cittadini ed imprese è ritenuto prioritario sia dal Governo, che ha in agenda un decreto dedicato alla semplificazione, sia dalla Regione Emilia-Romagna, che sta definendo un pacchetto di provvedimenti in attuazione del programma di mandato presentato dal Presidente Bonaccini.Negli anni l’apparato burocratico si è talmente stratificato che, invece di proporre nuove norme, hanno preferito individuare interventi circoscritti, immediatamente operativi e utili per semplificare la vita delle imprese. In sintesi, la parola giusta è togliere e non aggiungere, non serve fare una legge di semplificazione per semplificare. La semplificazione deve essere la priorità trasversale dell’azione del Governo regionale e tratto qualificante del prossimo Patto per il lavoro e il clima. Siamo di fronte alla più dura recessione economica dal dopoguerra: la possibilità di una ripresa sostenuta dell’economia e dell’occupazione passa dalla capacità di rilanciare tutto il potenziale di crescita dell’economia, liberando le energie positive di cui le imprese ed il territorio sono così ricche. Nel settore dell’edilizia ci sono norme obsolete che di fatto impediscono la rigenerazione urbana: norme di 50 anni fa pensate per le città in espansione, che non si conciliano con le esigenze di regolazione dello sviluppo urbano moderno e con le esigenze di limitare il consumo di suolo . Riconoscere l‘interesse pubblico agli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana sarebbe il primo passo da compiere. Sul fronte delle opere pubbliche, serve un unico Prezziario regionale cogente per tutti gli appalti pubblici, da Piacenza a Rimini.Gli ambiti tematici su cui intervenire rappresentano da un lato aree strategiche come innovazione, internazionalizzazione, formazione, digitalizzazione, ambiente, dall’altro settori fondamentali per il rilancio economico come l’edilizia e costruzioni. Ogni proposta che Confindustria e Ance sostiene individua il livello di competenza, la fonte normativa da modificare e l’organo competente.Attraverso la digitalizzazione è possibile attuare immediate semplificazioni, dalla possibilità di rendere strutturale la raccolta della documentazione aziendale firmata digitalmente sino all’effettiva condivisione di tutti i documenti da parte delle amministrazioni pubbliche.La formazione, l’innovazione e l’internazionalizzazione sono driver fondamentali per il rilancio dell’economia sui quali la Regione ha una forte leva di intervento. In questi ambiti le imprese devono poter contare su strumenti di sostegno sempre più fruibili. Le proposte riguardano la semplificazione delle procedure di accesso, la riduzione dei tempi di istruttoria e finanziamento dei bandi, un maggiore utilizzo dei cosiddetti bandi “a sportello”. Anche l’ambiente e l’edilizia, ambiti di intervento di stretta competenza regionale, possono assumere un ruolo centrale per lo stimolo degli investimenti. Sull’ambiente le proposte, volte a preservare la tutela ambientale, sono molteplici: l’estensione a tutti i settori delle semplificazioni per le imprese in regime di “AIA-Autorizzazione Integrata Ambientale” previste ad oggi solo per gli impianti ceramici; la semplificazione delle autorizzazioni per recuperare e riqualificare le aree delle ex cave; l’accelerazione dei tempi procedurali per le imprese in possesso di certificazioni ambientali, così anche da incentivare le aziende ad ottenere la registrazione EMAS e ISO 14001.Nel settore dell’edilizia gli interventi praticabili in tempi celeri sono numerosi. In particolare, in questo campo i soggetti deputati ad autorizzare un intervento sono molteplici, con un inevitabile allungamento di tempi ed aumento di costi. Occorre unificare gli Sportelli Unici Edilizia e Sportelli Unici Attività Produttive, semplificare i cambi di destinazione d’uso, garantire la possibilità di utilizzo immediato dei bonus casa, ecobonus e sismabonus.Il riferimento costante delle proposte di Confindustria Emilia-Romagna e Ance Emilia-Romagna è quello di portare a sintesi due esigenze fondamentali per lo sviluppo dell’Emilia-Romagna: l’obiettivo di sostenere lo sviluppo economico e produttivo con quello di garantire la sostenibilità ambientale e offrire nuove opportunità di investimenti e di lavoro, in un quadro di vera collaborazione e responsabilità condivisa con le Istituzioni.
Sentenza Corte Costituzionale pensione inabilità
Sentenza C C pensioni inabilità
Alessandra Servidori
285,66 euro mensili, previsti dalla legge per le persone totalmente inabili al lavoro per effetto di gravi disabilità, non sono sufficienti a soddisfare i bisogni primari della vita. È perciò violato il diritto al mantenimento che la Costituzione (articolo 38) garantisce agli inabili. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella camera di consiglio esaminando una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’appello di Torino, che già in passato ha ritenuto l’assegno dei pensionati invalidi al 100% previsto dalla normativa vigente “insufficiente a garantire il soddisfacimento delle elementari esigenze di vita” e che già aveva sollevato il caso definendo non corretta la differenza d’importo tra la pensione di invalidità (286,81 euro) e l’assegno sociale (459,83 euro). Il caso che ha dato origine alla sentenza nasce da una persona affetta da tetraplegia spastica neonatale, incapace di svolgere i più elementari atti quotidiani della vita e di comunicare con l’esterno. La Corte ha ritenuto che un assegno mensile di soli 285,66 euro sia manifestamente inadeguato a garantire a persone totalmente inabili al lavoro i “mezzi necessari per vivere” e perciò violi il diritto riconosciuto dall’articolo 38 della Costituzione, secondo cui “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”. È stato quindi affermato che il cosiddetto “incremento al milione” (pari a 516,46 euro) da tempo riconosciuto, per vari trattamenti pensionistici, dall’articolo 38 della legge n. 448 del 2011, debba essere assicurato agli invalidi civili totali, di cui parla l’articolo 12, primo comma, della legge 118 del 1971, senza attendere il raggiungimento del sessantesimo anno di età, attualmente previsto dalla legge. Conseguentemente, questo incremento dovrà d’ora in poi essere erogato a tutti gli invalidi civili totali che abbiano compiuto i 18 anni e che non godano, in particolare, di redditi su base annua pari o superiori a 6.713,98 euro. La Corte ha stabilito che la propria pronuncia non avrà effetto retroattivo e dovrà applicarsi soltanto per il futuro, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale. Resta ferma la possibilità per il legislatore di rimodulare la disciplina delle misure assistenziali vigenti, purché idonee a garantire agli invalidi civili totali l’effettività dei diritti loro riconosciuti dalla Costituzione. Dunque se sono troppo bassi gli importi attuali, vi sarebbe di conseguenza una modifica sostanziale degli importi stabiliti per legge e l’eventuale aumento degli assegni delle pensioni di invalidità totale potrebbe pesare in maniera significativa sulle casse dell’Inps. Regna una confusione totale sulla materia delle pensioni e riteniamo utile dare alcune informazioni su tutte le tipologie :
Pensioni previdenziali :
-vecchiaia: è il trattamento a cui ha diritto chi ha raggiunto l’età pensionabile (indicata dalla legge) ed è in grado di far valere il requisito minimo di anzianità di servizio richiesto (ora 20 anni).
- anzianità: è un trattamento di vecchiaia anticipato (early retirement). All’origine era solo una pensione a base contributiva che prescindeva dall’età anagrafica del soggetto (35 anni di versamenti effettivi e figurativi nel lavoro dipendente privato e autonomo; 25 anni per il personale degli enti locali e sanità, 20 anni per gli statali; ulteriori decurtazioni erano previste per le dipendenti pubbliche coniugate e con prole). In seguito, dopo una serie di interventi di carattere emergenziale e temporaneo, sono stati introdotti, a partire dal 1996, requisiti anagrafici.
- invalidità : : è il trattamento riconosciuto al lavoratore che, in conseguenza di infermità o difetto fisico perde in parte la capacità lavorativa in attività confacenti alle proprie attitudini (legge n.222/1984).
- inabilità: è il trattamento riconosciuto al lavoratore che, in conseguenza di infermità o difetto fisico perde totalmente ( al 100%) la capacità lavorativa in attività confacenti alle proprie attitudini (legge n.222/1984).
- Superstiti: è il trattamento riconosciuto agli aventi diritto (perché a suo carico) del lavoratore o del pensionato defunto.
-Pensioni indennitarie: rendite per infortuni sul lavoro e malattie professionali e pensioni di guerra comprensive degli assegni di Medaglia d'oro. La caratteristica di queste pensioni è di indennizzare la persona per una menomazione, secondo il livello della stessa, o per morte (in tal caso la prestazione è erogata ai suoi superstiti) conseguente ad un fatto accaduto nello svolgimento di un’attività lavorativa. L’entità della prestazione non è correlata agli anni di versamento contributivo, bensì è funzione del danno subito e della retribuzione percepita.
- -Pensioni assistenziali: prestazioni costituite da pensioni di guerra, ai non vedenti civili, ai non udenti civili e agli invalidi civili e dalle pensioni o assegni sociali ai cittadini ultrasessantacinquenni, sprovvisti di reddito o con reddito insufficiente. La caratteristica principale di queste pensioni è di garantire un reddito minimo a persone incapaci di procurarselo a causa di menomazioni congenite o sopravvenute o semplicemente per età avanzata. Si tratta, in ogni caso, di pensioni non collegate ad alcun sistema di contribuzione. Sono incluse, nell’aggregato, anche le indennità di accompagnamento (che peraltro non sono pensioni) corrisposte come sostegno per l’incapacità di attendere agli atti della vita quotidiana propri dell’età.
-Pensioni di benemerenza: assegni vitalizi e ad ex combattenti insigniti dell'ordine di Vittorio Veneto e assegni di Medaglia e Croce al valor militare. Si tratta, in ogni caso, di pensioni non collegate ad alcun sistema di contribuzione
INNOVAZIONE E PARI OPPORTUNITÀ a cura di Alessandra Servidori Studiose insieme contro il Virus e oltre
Nuova professionalità Giugno 2020
INNOVAZIONE E PARI OPPORTUNITÀ
a cura di Alessandra Servidori
Studiose insieme contro il Virus e oltre
L’emergenza virale nel nostro Paese ha finalmente portato alla luce il grande lavoro e lo straordinario merito delle donne nella ricerca scientifica e nell’azione concreta: abbiamo un crescente numero di donne affermate che forniscono quei modelli che finora mancavano alle bambine, e che possono dar loro fiducia e stimoli ad eguagliarle. Fino ad un recente passato le scienze, e in particolare le cosiddette scienze "dure" come matematica e fisica , e ancora oggi,richiedono una preparazione di base, senza la quale è quasi impossibile progredire. Solo quelle poche favorite dall'avere un padre, un fratello o un marito scienziato disposto a condividere le proprie cognizioni, potevano farsi una cultura scientifica. Basta ricordare che ancora all'inizio del XX secolo in molti paesi europei alle ragazze era precluso l'accesso alle università ed anche ai licei. Oggi solo nel campo dell'astronomia sono più di 2000, ed in ogni campo dei sapere le ricercatrici universitarie superano il 50%, con punte del'80% nelle facoltà umanistiche, del 60% in quelle di scienze biologiche, dal 30 al 40% nelle scienze abiologiche, più dei 50% nelle matematiche, mentre sono ancora al di sotto dei 20% in facoltà come ingegneria e agraria. ). Oggi sono numerosissime le astrofisiche di fama internazionale che guidano gruppi di ricerca nei più svariati campi, dalla fisica stellare alla cosmologia, e delle più svariate nazionalità. Si può stimare che in tutto il mondo rappresentino dal 25 al 30% di tutti gli astronomi e astrofisici. Altrettanto numerose sono le scienziate nel campo della biologia e delle scienze mediche, molte insignite di premio Nobel. Per tutte ricordiamo Rita Levi- Montalcini (1909) premio Nobel per la medicina nel 1986. Sebbene oggi i contributi delle donne alla scienza vengano riconosciuti, resta il fatto che le scienziate per emergere devono generalmente lavorare di più dei loro colleghi e devono ancora superare numerosi pregiudizi, che, contrariamente a quanto si crede, sono maggiori nei paesi anglosassoni che non in quelli latini. Malgrado i grandi progressi fatti dalle donne, ci sono ancora notevoli disparità nel mondo del lavoro, della politica e della ricerca. Nelle università per esempio le ricercatrici sono ormai più della metà di tutti i ricercatori, ma appena si passa al livello superiore, quello dei professori associati, le donne sono meno del 30% e al più alto livello dei professori ordinari sono appena il 10%. Oggi nell’emergenza moltissime scienziate si stanno meritando il riconoscimento per il grande lavoro che fanno nei laboratori, negli ospedali, nelle università .E non si fermano. Ho in corso una collaborazione con un gruppo di ricercatrici giovani e tenaci con le quali via skipe stiamo mettendo in fila le tante iniziative che insieme possiamo portare avanti in un sistema interdisciplinare dove la ricerca medica e la giurisprudenza possono egregiamente collaborare. Si tratta di un percorso che coinvolge chi scrive e dunque i miei studi e il mio corso su politiche attive di Pari Opportunità nel lavoro pubblico privato e autonomo , collegato a Unimore ,l’Azienda Usl - IRCCS di Reggio Emilia di tre giovani medici,ricercatrici,terapiste occupazionali per un sostegno dei pazienti oncologici al lavoro.
L'obiettivo principale del progetto nato e seguito dalle tre ricercatrici impegnate è quello di facilitare il mantenimento del posto di lavoro e il reinserimento lavorativo dei pazienti oncologici occupati al momento della diagnosi attraverso il supporto della rete multidisciplinare socio-sanitaria, organizzata all'interno del progetto stesso. L’intervento è personalizzato a seconda delle esigenze e degli obiettivi dei singoli pazienti. Le azioni di riabilitazione oncologica e gli interventi di sostegno sono orientati oltre che a un complessivo recupero fisico e psichico, alla reintegrazione e partecipazione sociale.Il progetto è iniziato a novembre 2017. Nel 2014, il programma di accreditamento dell’Organization of European Cancer Institutes (OECI) fece la raccomandazione all’Azienda USL - IRCCS di Reggio Emilia di attivare dei percorsi che avessero l’obiettivo di facilitare la partecipazione sociale dei pazienti oncologici. La Direzione Medica di Presidio Ospedaliero dell’Azienda incaricò i professionisti della riabilitazione della Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitativa della medesima azienda di sviluppare delle azioni che avessero l’obiettivo di perseguire tale raccomandazione. Considerando la vastità di questo tema, il piano di miglioramento ideato si focalizzò sul tema del reinserimento lavorativo dei pazienti oncologici. Questa decisione fu presa in virtù del fatto che circa il 50% delle nuove diagnosi e più di 1/3 dei pazienti oncologici lungo-sopravviventi (cancer survivors) sono in età lavorativa. Decisero di indagare il tema del reinserimento lavorativo dei pazienti oncologici attraverso una revisione sistematica della letteratura europea e uno studio epidemiologico nella Provincia di Reggio Emilia.Le ricercatrici tramite il loro studio sono giunte a interessanti considerazioni:1. Dalla revisione sistematica della letteratura europea (PMID: 29845421) è emerso che il range di rientro al lavoro varia dal 60% al 92% per i pazienti che erano occupati alla diagnosi, dal 39% al 77% per coloro che, invece, erano privi di occupazione alla diagnosi. Inoltre, non sono stati trovati degli studi condotti dai Paesi dell’Europa Meridionale, sottolineando la necessità di raccogliere velocemente i primi dati inerenti questo argomento ancora poco conosciuto. Per questo motivo decisero le tre ricercatrici di condurre uno studio epidemiologico nella nostra Provincia.2. Dallo studio epidemiologico condotto nella Provincia di Reggio Emilia (PMID: 31129762) hanno saputo che il 95% dei soggetti intervistati (diagnosi di tumore maligno infiltrante nell’anno 2012, buon prognosi di malattia e occupati alla diagnosi) è rientrato al lavoro; tuttavia, quasi il 50% ha riferito problematiche durante il reinserimento.Hanno dunque osservato che lo stato civile, il guadagno e l’aver fatto chemioterapia sono fattori che incidono significativamente sul rientro al lavoro. Inoltre, rispetto ai fattori correlati al lavoro sappiamo che i soggetti che non sanno se lavorano per un’azienda pubblica o privata sembrano percepire maggiori difficoltà, così come i lavoratori a tempo determinato. Gli ultimi risultati inerenti altri fattori lavorativi sono in fase di submission e si può anticipare che l’orario di lavoro e l’impegno fisico sembrano influire sul reinserimento lavorativo.
Contemporaneamente al percorso di ricerca, le ricercatrici hanno cercato fondi e intercettato il bando Welfare di Comunità (Welcom) della Fondazione Pietro Manodori di Reggio Emilia. Il bando Welcom nasce per intercettare e sostenere le fragilità diffuse, promuovendo iniziative per migliorare la qualità della vita sul territorio reggiano progettando servizi innovativi, di concerto con tutti gli attori locali: servizi sociali e sanitari, scuole, imprese, banche, terzo settore. http://www.fondazionemanodori.it/2017/10/16/aperto-il-bando-welcom/. Da gennaio a giugno 2017 hanno lavorato insieme ad altri 15 enti locali e hanno presentato un progetto di rete socio-sanitaria che ha preso il nome di UNAMANO. Il progetto è stato condiviso con i professionisti sanitari della Provincia di Reggio Emilia, le associazioni di volontariato, le associazioni di categoria (Unindustria, Unioncoop, Legacoop, CNA e Confcooperative) e con gli enti sindacali (CGIL e UIL, oltre a CISL che fa parte della rete del progetto) del territorio. Inoltre, hanno presentato UNAMANO al Collocamento Mirato di Reggio Emilia alle Farmacie Comunali Riunite e a tanti altri servizi territoriali locali. Le studiose hanno raccolto dati parziali molto interessanti dei quali renderanno noti i risultati a percorso ultimato. Per quanto riguarda l’impegno di chi scrive oggi si tratta di coniugare le molteplici iniziative che separatamente abbiamo sviluppato unendo ordinatamente l’esperienze per proseguire pragmaticamente ad intercettare aziende private e pubbliche interessate a coinvolgere sia i loro responsabili delle risorse umane sia i loro dipendenti e le loro famiglie per organizzare momenti di sensibilizzazione, informazione e formazione sulle opportunità che sia dal punto normativo che territoriale si possono sviluppare per offrire un servizio multidisciplinare costante alla popolazione. Come tavolo interdisciplinare per le malattie professionali che ha sede a Bologna , nel quale rappresento Unimore,TutteperItalia,il Comune di Bologna, abbiamo prodotto 3 guide a opuscolo : uno sulle patologie oncologiche ingravescenti e invalidanti,una sui caregivers,una sulle malattie mentali, che si possono distribuire gratuitamente in tutti i posti di lavoro e che rappresentano sussidi fondamentali e aggiornati sui diritti e i doveri delle lavoratrici lavoratori e loro familiari che di seguito si possono riprodurre.
Patologie oncologiche https://www.dire.it/wp-content/uploads/2017/09/Guida-patologie-oncologiche.pdf- Caregiver familiari https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-guida-cargiver.pdf-Malattie mentali http://www.tutteperitalia.it/tutteperitalia/editoriali2/706-aiutiamoci.Teniamo conto che è importantissimo per le lavoratrici e i lavoratori sapere cosa prevede la normativa giuslavoristica e sanitaria sulla malattia professionale che è una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo (causa diluita e non causa violenta e concentrata nel tempo). La stessa causa deve essere diretta ed efficiente, cioè in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente: il Testo Unico, infatti, parla di malattie contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose. È ammesso, tuttavia, il concorso di cause extraprofessionali, purché queste non interrompano il nesso causale in quanto capaci di produrre da sole l’infermità.
Per le malattie professionali, quindi, non basta l’occasione di lavoro come per gli infortuni, cioè un rapporto anche mediato o indiretto con il rischio lavorativo, ma deve esistere un rapporto causale, o concausale, diretto tra il rischio professionale e la malattia.Il rischio può essere provocato dalla lavorazione che l’assicurato svolge, oppure dall’ambiente in cui la lavorazione stessa si svolge (cosiddetto “rischio ambientale”). Solo per fare un esempio concreto bisogna essere a conoscenza che l’Inail eroga prestazioni di sostegno ai lavoratori infortunati o affetti da malattia professionale che, a causa delle conseguenze dell’evento lesivo, vivono situazioni di difficoltà di reinserimento nel proprio ambiente di vita e nel sistema sociale e lavorativo. Con una metodologia di intervento basata su una visione complessiva della persona, che tiene conto delle lesioni funzionali del lavoratore e delle sue esigenze personali, vengono realizzati interventi: per il recupero dell’autonomia, mediante l’erogazione di dispositivi tecnici, l’abbattimento e il superamento delle barriere architettoniche nella propria abitazione e il reinserimento sociale volto a rimuovere gli ostacoli nel contesto familiare e socio-ambientale che impediscono la ripresa dei ruoli sociali;per il superamento e l’abbattimento di barriere architettoniche sui luoghi di lavoro, di adeguamento e adattamento delle postazioni di lavoro e di formazione, mirati al reinserimento lavorativo delle persone con disabilità da lavoro..La realizzazione degli interventi è garantita attraverso la definizione, nell’ambito dell’equipe multidisciplinare, di progetti riabilitativi personalizzati, di reinserimento nella vita di relazione e di reinserimento lavorativo personalizzato. In quest’ultimo caso, la realizzazione degli interventi può essere garantita anche attraverso la definizione di un progetto di reinserimento lavorativo personalizzato proposto dal datore di lavoro, condiviso dal lavoratore e valutato dall’equipe multidisciplinare. O ancora è importantissimo sapere cosa prevede Inps. Al verificarsi della malattia professionale indennizzabile, il lavoratore ha diritto a prestazioni di natura sanitaria (i.e. cure mediche e chirurgiche, soccorsi, fornitura di apparecchi di protesi, ecc.) e a un indennizzo economico.L’entità della prestazione di natura economica erogata dall’INAIL (anche se, invero, è l’INPS che materialmente provvede al pagamento) varia in relazione alle conseguenze della malattia professionale.In caso di inabilità temporanea assoluta al lavoro è assicurata al lavoratore l’assistenza sanitaria ed economica, per tutta la sua durata e senza alcun limite di tempo.Durante l’assenza la retribuzione viene erogata fino al terzo giorno dal datore di lavoro e, successivamente, dall’Inail , anche se la contrattazione collettiva applicata in azienda può comunque prevedere a carico del datore di lavoro l’obbligo di corrispondere un trattamento economico integrativo dell’indennità INAIL per tutta la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro.In caso di inabilità permanente parziale o assoluta al lavoro trova applicazione il sistema indennitario previsto per il danno biologico, per cui la prestazione economica viene determinata in relazione ai gradi di danni permanente, prevedendo - oltre la soglia della franchigia (invalidità fino al 6%) - un indennizzo in capitale per i postumi che determinino una invalidità fino al 16% e un indennizzo in rendita per le invalidità di entità più grave. Tornando al felice incontro tra chi scrive e il gruppo di ricercatrici stiamo proseguendo individuando le possibili aree di collaborazione: Interpretazione dei risultati ottenuti dalla ricerca, con particolare riferimento ai fattori correlati al lavoro risultati significativi trà i soggetti che non conoscono la natura della propria azienda sono categorie a rischio, come possiamo interpretare questo dato e come possiamo intercettarli?Coinvolgimento delle aziende: come procedere e cosa misurare?In buona sostanza misurare i costi vs i benefici del progetto: come garantire la sostenibilità del progetto nel lungo periodo.
Alessandra Servidori NUOVA PROFESSIONALITA' FASCICOLO Giugno
18 Giugno 2020 Proposte di occupazione femminile
Donne e Lavoro IN EPOCA Covid
GIOVEDÌ 18 GIUGNO 2020, ore 16.45 –18.30
La partecipazione delle donne al mercato del lavoro italiano, con il tasso di occupazione femminile tra i più bassi d'Europa, rappresenta ancora un obiettivo importante da raggiungere per il nostro Paese e le nostre imprese. Legato a questo, restano centrali i temi inerenti le politiche per il supporto alla famiglia ed il superamento di modelli socioculturali in cui la maggior parte delle attività collegate alla cura della casa e dei figli è svolta dalle donne. Infine, cosa è accaduto in questo periodo di emergenza Covid? Ne parliamo con autorevoli esperti che ci offriranno spunti, riflessioni e testimonianze con il fine di acquisire strumenti e aggiornamenti per le imprese e le direzioni delle risorse umane.
WEBINAR RISERVATO
AGLI ASSOCIATI GIDP ED ALLE
AZIENDE CLIENTI JOB FARM
GLI ASSOCIATI GIDP PER ISCRIVERSI E RICEVERE LE ISTRUZIONI PER PARTECIPARE AL WEBINAR DEVONO GENTILMENTE INVIARE UNA MAIL A
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
L'incontro sarà videoregistrato. Chi non volesse essere ripreso dovrà tenere telecamera spenta. Gli audio e video potranno essere diffusi sui social di Job Farm e GIDP
|
COVID UE : medicinali assicurati a tutti gli Stati
https://formiche.net/2020/06/parlamento-commissione-covid-stati-membri/ 10 giugno 2020-06-10
Alessandra Servidori
Il Parlamento il Consiglio e la Commissione hanno deliberato una risoluzione sulla questione estremamente sensibile della carenza di medicinali, e la crisi sanitaria della Covid-19,poichè con l'aumento improvviso e amplificato della domanda globale, si è accentuato il fenomeno ricorrente di carenza di medicinali e di attrezzature mediche in Europa, una situazione ben nota agli operatori sanitari e ad alcuni pazienti che convivono con questa minaccia per la loro salute. Le carenze di scorte e le tensioni nell'approvvigionamento riguardano principalmente i prodotti chimici poco costosi e semplici da produrre e i medicinali "maturi". Tali fenomeni sono aumentati di 20 volte tra il 2000 e il 2018, e di 12 volte dal 2008, il che comporta un indebolimento dei sistemi sanitari degli Stati membri e rischi considerevoli per la sicurezza dei pazienti. Le carenze riguardano in particolare i medicinali antitumorali, gli antibiotici, i vaccini, gli anestetici, i trattamenti per l'ipertensione, le malattie cardiache e le malattie del sistema nervoso.Tra questi medicinali, gli antitumorali (chemioterapia), gli antinfettivi (vaccini) e i medicinali per il sistema nervoso (antiepilettici, medicinali antiparkinson) rappresentano da soli oltre la metà di quelli per cui si registrano carenze. La crisi sanitaria della Covid-19 ha inoltre messo in luce una dipendenza sempre maggiore dell'Unione europea da paesi terzi, segnatamente Cina e India. Se da un lato le cause di queste carenze sono molteplici (difficoltà di produzione o problemi che incidono sulla qualità dei medicinali, domanda imprevista dovuta a improvvise epidemie virali o catastrofi naturali, problemi nelle catene di approvvigionamento ecc.), la delocalizzazione della produzione di sostanze attive ma anche di prodotti finiti ha notevolmente indebolito la sovranità degli Stati membri. Secondo l'Agenzia europea per i medicinali, il 40 % dei medicinali finiti commercializzati nell'UE proviene da paesi terzi e l'80 % dei principi attivi dei medicinali è fabbricato in Cina e in India, dal momento che il ricorso massiccio a subappaltatori in Asia per la produzione delle materie prime rappresenta l'unico modo di realizzare risparmi in considerazione del costo del lavoro inferiore e della presenza di norme ambientali meno rigorose. La compressione dei prezzi e la massificazione della domanda si sono tradotte in una concentrazione dell'offerta, sicché per molte molecole oggi esistono solo due o tre fornitori in Asia e qualsiasi contingenza produttiva porta a interruzioni della fornitura se nessun sito è in grado di subentrare. La sanità pubblica è divenuta un'arma geostrategica che può mettere in ginocchio un continente. La nostra perdita di sovranità si è manifestata con l'attuale pandemia. Sebbene l'assistenza sanitaria sia di competenza dei singoli Stati membri, spetta all'Unione europea, a norma dell'articolo 168 TFUE, coordinare e completare l'azione nazionale, adoperarsi per garantire ai cittadini europei servizi sanitari di qualità, proteggerli dalle minacce per la salute, rafforzare la vigilanza nonché la preparazione alle epidemie e al bioterrorismo migliorando altresì la capacità di reagire alle nuove sfide per la salute come ad esempio i cambiamenti climatici. Sono necessarie una maggiore cooperazione e consultazione per migliorare l'efficacia e la capacità di risposta di cui i cittadini europei hanno bisogno. Tale cooperazione si è concretizzata al culmine dell'epidemia, in particolare con il trasferimento di pazienti tra Stati membri in un momento in cui alcune capacità ospedaliere raggiungevano la saturazione. Deve ora essere strutturata e sostenuta, e la lotta contro le carenze deve fungere da catalizzatore La risposta europea alla carenza di medicinali deve basarsi su tre pilastri: recuperare la propria sovranità in ambito sanitario garantendo l'approvvigionamento, rafforzare l'azione europea per coordinare e completare in modo più efficace le politiche sanitarie degli Stati membri e rafforzare la cooperazione tra questi. Recuperare la sovranità sanitaria nel quadro di un'integrazione europea rafforzata. Ciò presuppone in primo luogo la rilocalizzazione all'interno dell'Unione europea della produzione di principi attivi e prodotti finiti per farmaci di interesse sanitario e strategico, per i quali un'interruzione nella fornitura comporta un rischio vitale e immediato per i pazienti affetti da una patologia grave, in assenza di alternative terapeutiche raccomandate dalle autorità. A tal fine, sarebbe opportuno adottare misure forti: · favorire le attività di rilocalizzazione e autorizzare gli aiuti di Stato (incentivi fiscali e finanziari) per incoraggiare l'industria a mantenere la produzione in Europa, dalla fabbricazione della molecola al confezionamento e alla distribuzione, e provvedere a una mappatura dei potenziali siti di produzione in seno all'Unione; · rendere la sicurezza dell'approvvigionamento un criterio prioritario nelle gare d'appalto, con la Commissione che raccomanda agli Stati membri il miglior offerente; · creare uno o più stabilimenti farmaceutici europei senza scopo di lucro, che siano in grado di produrre determinati medicinali di interesse sanitario e strategico in situazione di criticità (fragilità della filiera produttiva con una sola linea di produzione o con un ingrediente particolarmente difficile da ottenere) o non più redditizi per le aziende farmaceutiche; · rendere il nostro continente all'avanguardia nell'innovazione dei trattamenti del futuro. I programmi di ricerca europei sono tra i migliori al mondo e devono poter contare su un maggiore sostegno da parte dell'Unione europea, sia dal punto di vista finanziario che in termini di coordinamento, condivisione dei risultati e fornitura di informazioni essenziali. I programmi europei di ricerca sui trattamenti e i vaccini contro la Covid-19 sono l'esempio di ciò che l'Unione europea dovrà fare in futuro: svolgere un maggior numero di ricerche congiunte, coprendo una gamma più ampia di settori. L'Unione europea dispone degli strumenti, delle infrastrutture e dei ricercatori per essere il continente leader nella ricerca medica e nelle innovazioni in materia di trattamenti e dispositivi medici. Diversificando le nostre risorse, riapprendendo a produrre principi attivi nell'Unione Europea e investendo massicciamente in ricerca e innovazione, bioeconomia e biotecnologia, sarà possibile sviluppare e produrre medicinali per il futuro. Rafforzare l'azione europea per coordinare e completare in modo più efficace le politiche sanitarie degli Stati membri · Prevenendo le tensioni e le crisi sanitarie con l'istituzione di una riserva strategica europea di medicinali di interesse sanitario e strategico, sul modello del meccanismo rescEU introdotto dalla Commissione europea. L'obiettivo è quello di sviluppare una serie di strategie sanitarie a livello europeo, con un paniere comune di medicinali e vaccini prioritari e prezzi armonizzati. Tale riserva consentirà agli Stati membri di far fronte ad eventuali tensioni nelle catene di approvvigionamento. · Facendo un uso più sistematico di una politica di acquisti comuni al fine di ridurre i costi di determinati medicinali e attrezzature. È più facile negoziare con i fornitori quando si rappresentano 446 milioni di persone. · Assicurando una maggiore trasparenza nella catena di distribuzione con l'introduzione una gestione centralizzata, garantendo maggiore trasparenza da parte di tutti gli attori del settore, rendendo le aziende farmaceutiche, i produttori delle sostanze di base e i distributori più responsabili, a fianco delle autorità di gestione e di marketing. Le conseguenze in termini di sanità pubblica legittimano le particolari esigenze delle autorità pubbliche, in particolare per quanto riguarda le scorte di medicinali cosiddetti "strategici", dato che le aziende farmaceutiche di solito lavorano sulla base di un sistema "just in time". Rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri · Gestendo in tempo reale le scorte di medicinali disponibili in ciascuno Stato membro ed evitando la costituzione di scorte eccessive. Il commissario per la Salute dovrebbe essere in grado di dirigere una "task force", in collaborazione con l'Agenzia europea per i medicinali, le agenzie nazionali e l'industria, al fine di anticipare le tensioni sulle scorte e di regolamentare, all'interno del mercato unico, la circolazione dei medicinali in base alle esigenze di ogni Stato membro. Questa forma di solidarietà e di coordinamento europeo deve ora diventare realtà. · Semplificando la legislazione e introducendo, nel contesto della crisi, una flessibilità delle misure normative per limitare le carenze e facilitare la circolazione dei medicinali tra gli Stati membri, ad esempio l'accettazione di diversi formati di imballaggio, la procedura di riutilizzo volta a consentire ai titolari di un'autorizzazione all'immissione in commercio di ottenere l'approvazione in un altro Stato membro, il prolungamento dei termini di decadenza, l'utilizzo di medicinali veterinari, l'autorizzazione di un certo coordinamento tra le aziende senza timore di intese anticoncorrenziali, ecc. · Introducendo strumenti digitali e innovativi che consentano la condivisione delle informazioni sulle carenze di medicinali e di attrezzature mediche negli Stati membri. L'elaborazione di una vera strategia per il settore farmaceutico e industriale deve consentire all'Unione europea di recuperare la propria sovranità in ambito sanitario, investire nella ricerca avanzata per essere il continente dell'innovazione e dell'eccellenza in ambito sanitario. Indicazioni preziose per la programmazione del rafforzamento della rete sanitaria italiana.
Occupazione femminile stroncata dal covid e dalla politica
Alessandra Servidori www.il sussidiario.net 7 giugno 2020
“L’Italia ha affrontato con disciplina straordinaria l’emergenza Coronavirus grazie all'impegno delle famiglie e in particolare delle donne che hanno svolto un lavoro eccezionale in questi due mesi.” E’ una litania ormai divenuta ricorrente e paternitalistica molesta, quando ne hai la consapevolezza, ma la politica e il sistema sociale non si modificano e continuano ad umiliare e a sfruttare questa situazione in cui il bollettino della disoccupazione femminile in Italia denuncia sofferenze e abbandono del mercato del lavoro soprattutto delle giovani mamme. La cosidetta conciliazione tra vita e lavoro così osannata dai media attraverso lo smart working rappresenta un carico di impegno assolutamente gravoso al punto tale che diventa impossibile ricorrere a questa modalità con i servizi educativi chiusi i figli in casa,i piccoli da accudire i più grandi da aiutare a riempiere il vuoto del gioco sociale o dei compiti fatti a distanza con il computer. I dati ufficiali recentissimi sono disastrosi : la disoccupazione ed esclusione delle donne dal lavoro, vede una forbice del 10% rispetto alla media UE e con la riapertura dopo il vuoto vi sono settori tradizionalmente a occupazione femminile come il turismo, il commercio e la ristorazione in grave difficoltà ma anche la logistica che rappresenta un comparto strategico per il sistema-Paese .Vi è una richiesta diffusa di liquidità, credito e semplificazione delle procedure del sistema aziendale con la prudenza e le norme di sicurezza richieste ma l’economia stenta a riprendersi e la partecipazione dei generi al mercato del lavoro è talmente diversa da configurare due diversi mercati, caratterizzati da diverse entità quantitative, da diverse tipologie contrattuali, forme di occupazione e relativo livello di stabilità, da differenti settori economici di occupazione e, al loro interno, anche da ruoli, professioni e qualifiche ricoperte.Uno strumento particolarmente versatile, idoneo a ridurre le disuguaglianze di genere e a identificare strumenti condivisi di conciliazione tempi di vita-tempi di lavoro è la contrattazione collettiva, con particolare riferimento a quella aziendale. La questione della condizione occupazionale femminile bisogna affrontarla solo mediante interventi di sostegno alla natalità e al lavoro di qualità delle donne. La crescita della partecipazione delle donne al mercato del lavoro non può realizzarsi a discapito della qualità dello stesso, come purtroppo si è verificato nei lunghi anni della crisi attraverso una crescita delle occupazioni a bassa retribuzione e l’aumento incontrollato del part time involontario. Il principio di co-genitorialità e di condivisione delle responsabilità del lavoro di cura in tutte le fasi della vita familiare, per renderne effettiva l’affermazione di tale principio, ha bisogno di azioni che contrastino la perdita economica determinata dal mancato pieno apporto della componente femminile alla crescita e alla competitività, e che intendano il lavoro di cura un investimento di cui beneficia l’intera società. La condizione della donna lavoratrice è soprattutto penalizzata dal difficile bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro, che spinge in basso (49,7% dato ISTAT, contro il 60,4% Ue) la quota dell’occupazione femminile fra i 15 e i 64 anni e che induce il 27% delle donne madri ad abbandonare la propria occupazione alla nascita del figlio, una quota enorme se confrontata a quella maschile (lo 0,5%). Secondo gli ultimi dati Istat c’è un differenziale nel tasso di attività pari a +19,2% a favore degli uomini rispetto alle donne e un differenziale nel tasso di occupazione pari a +18,6% a favore degli uomini. Il divario di genere in termini di lavoro non retribuito (nel quale le donne spendono in media 4 ore e 15 minuti al giorno, contro 2 ore e 16 minuti degli uomini).Vero è che il coronavirus ha rivoluzionato il modo di lavorare degli italiani e la paura della devastante pandemia ha consentito di dribblare le antiche resistenze al cambiamento ed ora aziende e dipendenti si trovano in un mercato del lavoro diverso. E un aspetto importante è l'equilibrio delle famiglie, soprattutto quelle in cui entrambi i coniugi lavorano. Parlare di emergenza familiare equivale a parlare di "lavoro delle donne su cui ricade principalmente la cura dei figli”. E quindi non c’è da stupirsi se l'Italia ha uno dei tassi di partecipazione delle donne al mercato del lavoro tra i più bassi in Europa. L'emergenza di queste settimane fa capire che dobbiamo dotarci di misure di conciliazione vita-lavoro che rendano possibile il lavoro delle donne e sostenere la natalità con fondi diretti alle famiglie perché l'avere dei figli sia una risorsa per tutti e non un costo. Secondo l’Eurostat in Italia esiste un gap retributivo di genere, parametrato sul salario annuale medio, attorno al 43%, di almeno 2 punti percentuali superiore alla media europea (41,1%). La penalizzazione retributiva colpisce ancor più le lavoratrici madri per le rigidità dell’organizzazione del lavoro e per la inadeguatezza del welfare aziendale: il Rapporto annuale INPS 2019 riporta una perdita del 35% dello stipendio delle donne occupate a seguito della nascita di un figlio. E sempre il Rapporto annuale dell’Ispettorato Nazionale del Ministero del lavoro riconferma con una gravità devastante che le dimissioni volontarie sono drammaticamente delle lavoratrici che denunciano dopo la nascita dei figli l’impossibilità di mantenere il lavoro in mancanza di sostegno dei servizi educativi .E comunque proibitivo costo da sostenere per la eventuale frequenza dei piccoli agli asii ammesso che ci siano le possibilità di iscriverli poiché in Italia soprattutto le strutture 0/6 anni sono ancora al di sotto del 30% dei bambini aventi diritto che è stata indicata come base dalla Ue per assicurare loro l’accoglienza. Secondo i dati della Fondazione consulenti del lavoro, il 13,5 per cento delle italiane occupate non è ancora tornato al lavoro e se l'emergenza persiste, molte saranno costrette a ridurre l'orario di lavoro, a continuare obbligatoriamente il telelavoro o a lasciare il proprio impiego. Se ciò non bastasse, un altro studio condotto dall'Istituto Toniolo dell'Università cattolica di Milano indica che solo la metà degli italiani collabora nelle faccende domestiche durante la quarantena. Inoltre, il 71 per cento degli intervistati di sesso maschile ha dichiarato di essere convinto che, per le donne, "il lavoro è importante, ma quello che vogliono veramente è una casa e dei bambini” In Europa la percentuale di donne inattive a causa di impegni di cura familiari ha raggiunto il 31%, con un peggioramento negli ultimi dieci anni“. La sintesi della situazione attuale rispetto al goal5 di Agenda 2030 secondo Asvis è questa. Donne sottorappresentate nelle posizioni manageriali, pagate meno degli uomini a parità di mansione svolta (un 16% in meno in Europa) e penalizzate pesantemente anche dalla pandemia che, come successo in passato con altre emergenze sanitarie come quella legata alla diffusione di ebola, ha mostrato di ingigantire tutte le disparità esistenti, comprese quelle di genere. Qualcuno dirà che non è il momento di ragionare su questo: ci sono problemi più urgenti, adesso. E invece no. In buona sostanza sono 3 milioni le donne occupate, poco meno di un terzo del totale (9 milioni e 872 mila), con almeno un figlio di età inferiore ai 15 anni. E saranno proprio le mamme (o le donne in generale) bersaglio facile non solo della fase 0, ma anche della fase 2 fino alla fase 2+n.In questi due mesi di lockdown, le donne con figli hanno lavorato più dei papà, visto il loro impiego in servizi essenziali, dove la presenza femminile risulta più alta rispetto alla maschile. Su 100 occupate con almeno un figlio con meno di 15 anni, 74 hanno lavorato ininterrottamente (contro 66 uomini nella stessa condizione), il 12,5% ha ripreso il lavoro dallo scorso 4 maggio, mentre il 13,5% dovrebbe ritornare alla propria attività entro la fine del mese. E per le lavoratrici che non hanno usufruito del lavoro cd agile come le lavoratrici meno qualificate dovranno tornare in sede oltre che accudire i figli: sono 1 milione 426 mila (il 48,9% delle lavoratrici mamme), di queste circa 710 mila percepiscono uno stipendio netto inferiore ai 1.000 euro. Del resto, il dato dell’ispettorato del lavoro ci dice che il 27% delle donne lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Come a dire che la cura dei figli è solo delle mamme. I dati poi delle lavoratrici che figli o parenti disabili è tragico poiché i permessi retribuiti sono ancora troppo pochi e soprattutto la legge che ha riconosciuto i caregiver nel 2017 giace immobile senza regolamento per usare il Fondo di 25 milioni all’anno ( sono già otre 75 milioni congelati) per poter avere un sollievo per le cure al congiunto. E il governo si è limitato a predisporre solo dei fauce limitati per la baby sitter mentre c’è bisogno di un intervento a sistema per aiutare l’occupazione femminile a entrare e restare nel mercato del lavoro. Serve ampliare il congedo parentale come ci indica la Direttiva Europea del 2019 che dobbiamo recepire entro il luglio2021 ,ridurre la TASSAZIONE CON LA FISCALIZZAZIONE DI VANTAGGIO SU LAVORATRICI E IMPRESE ,AMPLIARE L’ACCESSO AL WELFARE AZIENDALE verso la cura FAMILIARE CON PERMESSI RETRIBUITI , AMPLIARE I FONDI BILATERALI ora usati per la formazione verso l’uso dei congedi , la contrattazione collettiva è fondamentale e si può e si deve saper usare.ABOLIRE QUOTA 100 E IL REDDITO DI CITTADINANZA SIGNIFICA SOSTENERE CON LE STESSE RISORSE L’OCCUPAZIONE FEMMINILE
UE COVID E TUTELA DEI MINORI
ALESSANDRA SERVIDORI 4 Giugno 2020 Il COVID-19 e la tutela dei minori www.ildiariodellavoro.it
Così come, ci sono diversi livelli di amministrazione a livello nazionale, regionale e provinciale. Inoltre, si è percepita una mancanza di comprensione tra il personale di assistenza domiciliare su come offrire supporto ai bambini che normalmente si sarebbero trovati a scuola, ma che, a causa della situazione, non potevano frequentarla. A ciò si aggiunge che la mancanza di risposte ai bisogni evolutivi dei bambini, le varie forme di negligenza e la conseguente povertà educativa, sociale ed economica hanno effetti gravi e duraturi su diverse dimensioni dello sviluppo. Tra i relatori è emerso un ampio consenso riguardo a quanto i servizi di assistenza all'infanzia possano imparare dalla crisi. Le aree di consenso trovano espressione in tre punti d'azione. Il primo di questi è costituito dal miglioramento dei programmi di sensibilizzazione e dei servizi territoriali per garantire la continuità dell'assistenza e del sostegno all' infanzia. In futuro sarà necessario incrementare rapidamente le attività territoriali a supporto dei bambini e delle famiglie, per garantire la continuità del sostegno ai minori vulnerabili. La seconda area di consenso prevede la necessità di sviluppare un approccio operativo sistematico, non solo in termini di risposte delle autorità pubbliche per l'istruzione e la sanità, ma anche nel settore privato e in quello non profit. Abbiamo bisogno del coinvolgimento della società civile [e di altri attori] per sostenere e assistere i servizi pubblici e le ONG in prima linea. Infine, gli intervenuti hanno sottolineato l'importanza della formazione della forza lavoro per rispondere meglio alle esigenze e alle problematiche legate all'attuale situazione e a eventuali analoghe situazioni future. In particolare, è emersa la necessità di introdurre nuovi programmi di formazione per le nuove pratiche volte a lavorare a stretto contatto con le famiglie, utilizzare le nuove tecnologie, disporre di linee guida per le chiamate telefoniche e altri mezzi di comunicazione. Nella fattispecie, per l'Italia, la crisi viene vista come un'opportunità per creare un Family and Child Act, che rafforzi la trasversalità e la multidimensionalità degli interventi, integrando le aree di Promozione, Prevenzione e Protezione. Si è sottolineato l'importanza della Child guarantee (Garanzia per l'Infanzia), soprattutto nell'ambito del piano di ripresa per l'Europa.
C'è stato un ampio consenso sulla necessità di assicurare che il piano di recupero rivolga un'attenzione particolare ai bambini, tuttavia, la questione della sua attuazione a livello nazionale, regionale e locale rappresenta una sfida. Si è ipotizzato un approccio in tre step. Il primo prevede la necessità di una discussione aperta sul futuro dei bambini [in Europa], cioè di discutere degli investimenti sia educativi che sociali per l'infanzia e del garantire loro pari diritti. Il secondo sottolinea l'esigenza di riflettere le realtà territoriali locali, mettendo a fuoco il bisogno di creare partnership e complementarietà tra le autorità pubbliche, il settore privato e le ONG per affrontare congiuntamente le problematiche dell'infanzia. Il terzo, incentrato sulla promozione e sul potenziamento di progetti e programmi che si sono rivelati efficaci.In conclusione si è giunti alle seguenti conclusioni per garantire che i servizi di assistenza all'infanzia si trovino in una posizione migliore per proteggere e tutelare i bambini in futuro. In primo luogo, è necessaria una risposta coordinata, in contesti nazionali e locali abbiamo visto diversi settori riunirsi per strutturare un approccio più omogeneo nel sostegno e nella protezione dei bambini.In secondo luogo, bisogna esaminare l'impatto del confinamento sui bambini: il confinamento prolungato ha un impatto sul loro benessere, ma anche sulla percezione che i bambini hanno del mondo esterno, come luogo di meraviglia e di gioia o pericoloso e pieno di rischi.In terzo luogo, ci sono fattori di rischio elevati: l'aumento del rischio di povertà dovuto alla disoccupazione, la vicinanza agli aggressori che aumenta il diffondersi di abusi e violenza domestica, l'interruzione della continuità dei servizi di assistenza, dei percorsi educativi e sanitari. Infine, è fondamentale potenziare le istituzioni: risposte coordinate; interventi futuri basati su esperienze vissute/professionali e nuovi modelli di welfare di comunità, così come, assicurare una formazione continua, sostenere i professionisti con le nuove tecnologie.
Alessandra Servidori
04 G
Il COVID-19 e la tutela dei minori
La crisi COVID-19 continua a cambiare il nostro modo di vivere, e soprattutto le modalità di risposta dei servizi sociali ai bisogni dei più vulnerabili e la continuità dell'assistenza prestata ai minori più a rischio. Indubbiamente, la crisi avrà un impatto sulle strategie di pianificazione future dei servizi sociali. Per comprendere le sfide che questi servizi stanno attualmente affrontando nella tutela e nel sostegno dei minori e le risposte che hanno sviluppato per fronteggiarle, lo European Social Network (ESN) ha organizzato e promosso, il 22 maggio, un webinar "COVID-19 and Child Protection - Meeting challenges and future planning through the Child Guarantee" (Il COVID-19 e la tutela dei minori - Rispondere alle sfide e pianificare il futuro attraverso la Child Guarantee). L'obiettivo del webinar è stato discutere, con le agenzie pubbliche per la protezione dell'infanzia, gli accademici e il Parlamento Europeo gli insegnamenti che possiamo trarre dalla crisi attuale per orientare la pianificazione futura a sostegno e protezione dell'infanzia e, inoltre, quali sono gli strumenti disponibili a livello nazionale ed europeo per sostenere tali piani. Le problematiche incontrate dai servizi di assistenza all' infanzia in risposta al COVID-19 sono state numerose e complesse. I membri di ESN hanno segnalato un calo generale del numero di interventi per la protezione dell'infanzia all'inizio della pandemia, che tuttavia da allora ha registrato un aumento costante fino a raggiungere gli stessi livelli del 2019 e si prevede che i livelli precedenti vengano superati nel 2020. Le cause principali di questo fenomeno derivano dalle ripercussioni del distanziamento sociale sulla salute mentale dei bambini e dei giovani, l'aumento della diffusione degli abusi domestici, gli abusi sui minori (per il 70% circa al di sotto dei 6 anni di età) e la perdita di redditi familiari. In altri contesti nazionali, i membri di ESN hanno evidenziato il coordinamento disomogeneo, o la mancanza di coordinamento, tra gli attori della protezione dell'infanzia a livello nazionale, regionale e locale. In generale possiamo dire che con la Governance, [pilotaggio, coordinamento, decisione e attuazione] c'è un grande livello di disparità e disuguaglianza territoriale, inefficacia delle strategie top-down e bottom-up.
Così come, ci sono diversi livelli di amministrazione a livello nazionale, regionale e provinciale. Inoltre, si è percepita una mancanza di comprensione tra il personale di assistenza domiciliare su come offrire supporto ai bambini che normalmente si sarebbero trovati a scuola, ma che, a causa della situazione, non potevano frequentarla. A ciò si aggiunge che la mancanza di risposte ai bisogni evolutivi dei bambini, le varie forme di negligenza e la conseguente povertà educativa, sociale ed economica hanno effetti gravi e duraturi su diverse dimensioni dello sviluppo. Tra i relatori è emerso un ampio consenso riguardo a quanto i servizi di assistenza all'infanzia possano imparare dalla crisi. Le aree di consenso trovano espressione in tre punti d'azione. Il primo di questi è costituito dal miglioramento dei programmi di sensibilizzazione e dei servizi territoriali per garantire la continuità dell'assistenza e del sostegno all' infanzia. In futuro sarà necessario incrementare rapidamente le attività territoriali a supporto dei bambini e delle famiglie, per garantire la continuità del sostegno ai minori vulnerabili. La seconda area di consenso prevede la necessità di sviluppare un approccio operativo sistematico, non solo in termini di risposte delle autorità pubbliche per l'istruzione e la sanità, ma anche nel settore privato e in quello non profit. Abbiamo bisogno del coinvolgimento della società civile [e di altri attori] per sostenere e assistere i servizi pubblici e le ONG in prima linea. Infine, gli intervenuti hanno sottolineato l'importanza della formazione della forza lavoro per rispondere meglio alle esigenze e alle problematiche legate all'attuale situazione e a eventuali analoghe situazioni future. In particolare, è emersa la necessità di introdurre nuovi programmi di formazione per le nuove pratiche volte a lavorare a stretto contatto con le famiglie, utilizzare le nuove tecnologie, disporre di linee guida per le chiamate telefoniche e altri mezzi di comunicazione. Nella fattispecie, per l'Italia, la crisi viene vista come un'opportunità per creare un Family and Child Act, che rafforzi la trasversalità e la multidimensionalità degli interventi, integrando le aree di Promozione, Prevenzione e Protezione. Si è sottolineato l'importanza della Child guarantee (Garanzia per l'Infanzia), soprattutto nell'ambito del piano di ripresa per l'Europa.
C'è stato un ampio consenso sulla necessità di assicurare che il piano di recupero rivolga un'attenzione particolare ai bambini, tuttavia, la questione della sua attuazione a livello nazionale, regionale e locale rappresenta una sfida. Si è ipotizzato un approccio in tre step. Il primo prevede la necessità di una discussione aperta sul futuro dei bambini [in Europa], cioè di discutere degli investimenti sia educativi che sociali per l'infanzia e del garantire loro pari diritti. Il secondo sottolinea l'esigenza di riflettere le realtà territoriali locali, mettendo a fuoco il bisogno di creare partnership e complementarietà tra le autorità pubbliche, il settore privato e le ONG per affrontare congiuntamente le problematiche dell'infanzia. Il terzo, incentrato sulla promozione e sul potenziamento di progetti e programmi che si sono rivelati efficaci.In conclusione si è giunti alle seguenti conclusioni per garantire che i servizi di assistenza all'infanzia si trovino in una posizione migliore per proteggere e tutelare i bambini in futuro. In primo luogo, è necessaria una risposta coordinata, in contesti nazionali e locali abbiamo visto diversi settori riunirsi per strutturare un approccio più omogeneo nel sostegno e nella protezione dei bambini.In secondo luogo, bisogna esaminare l'impatto del confinamento sui bambini: il confinamento prolungato ha un impatto sul loro benessere, ma anche sulla percezione che i bambini hanno del mondo esterno, come luogo di meraviglia e di gioia o pericoloso e pieno di rischi.In terzo luogo, ci sono fattori di rischio elevati: l'aumento del rischio di povertà dovuto alla disoccupazione, la vicinanza agli aggressori che aumenta il diffondersi di abusi e violenza domestica, l'interruzione della continuità dei servizi di assistenza, dei percorsi educativi e sanitari. Infine, è fondamentale potenziare le istituzioni: risposte coordinate; interventi futuri basati su esperienze vissute/professionali e nuovi modelli di welfare di comunità, così come, assicurare una formazione continua, sostenere i professionisti con le nuove tecnologie.
Alessandra Servidori
04 G