l post di Alessandra Servidori l'impatto del covid sul lavoro femminile
www.startmag.it 16 dicembre 2020
È stato pubblicato sul sito delle Nazioni Unite un rapporto interessante che mette in grande evidenza la situazione femminile in tempo di Covid. Lo studio è il risultato di una collaborazione tra Ilo e Un Women per migliorare le statistiche del mercato del lavoro di genere. Un equilibrio praticabile è ciò che i genitori cercano disperatamente di trovare in questi tempi incerti. Anche in tempi “normali” l’equilibrio tra lavoro e famiglia non è stato facile da raggiungere. La sfida non è nuova, soprattutto per le donne. Ma la pandemia sta illuminando il problema con le dimensioni di uno stadio, può anche far luce sulla soluzione?
Vero è che in tutto il mondo al culmine dei blocchi legati alla pandemia, 1,7 miliardi di studenti sono stati colpiti dalla chiusura delle scuole. Da allora molti sono tornati, ma spesso attraverso modelli remoti/ibridi che richiedono la supervisione a casa.
A livello globale, circa 224 milioni di studenti (oltre 1 discente su 10) rimangono senza scuola a causa delle chiusure in corso. Assediate da queste nuove richieste, le famiglie stanno prendendo decisioni difficili su chi mantiene il lavoro retribuito e chi smette di fornire le cure non pagate necessarie a casa.
Nelle famiglie di tutto il mondo, sono prevalentemente le donne — spesso pagate meno e con meno sicurezza del lavoro rispetto agli uomini — a sacrificare la propria carriera. Vero è anche che la pandemia ha colpito duramente le opportunità del mercato del lavoro femminile.
Secondo i dati Oil di 55 paesi ad alto e medio reddito, 29,4 milioni di donne di età superiore ai 25 anni hanno perso il lavoro tra il quarto trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2020. Un po’ meno gli uomini hanno perso il proprio (29,2 milioni), ma poiché molte meno donne erano nella forza lavoro, la perdita per le donne proporzionale è maggiore.
Alla fine del secondo trimestre del 2020, il numero di donne al di fuori della forza lavoro era 1,7 volte superiore agli uomini in questi stessi 55 paesi. Lo stesso rapporto era di 2,1 volte in America Latina, una regione duramente colpita dalle ricadute economiche di Covid-19. Il numero di donne al di fuori della forza lavoro in questa regione è salito a 83 milioni (da 66 prima di Covid-19), rispetto ai 40 milioni (da 26 prima di Covid-19) per gli uomini. Sappiamo che la partecipazione delle donne alla forza lavoro è modellata dalle responsabilità domestiche in modi che gli uomini non lo sono. La partecipazione delle donne varia notevolmente anche in base allo stato civile e alla presenza di bambini.
I dati dell’Unione europea mostrano che le assenze dal lavoro erano più alte tra le donne rispetto agli uomini durante la prima ondata, quando le scuole e gli asili nido chiudevano o si trasferivano in formati remoti/online.
Negli Stati Uniti, dove il numero di donne è 4 volte superiore agli uomini ha abbandonato la forza lavoro a settembre, una donna su 4 che ha perso il lavoro durante la pandemia ha affermato che ciò era dovuto alla mancanza di assistenza all’infanzia, il doppio rispetto agli uomini.
Nel Regno Unito, le donne erano anche più propense degli uomini a dire a dire che il loro equilibrio tra vita professionale e vita privata si stava deteriorando (22%, rispetto al 16% degli uomini).
Prove emergenti da Brasile, Cile, Costa Rica e Messico mostrano che le donne in coppia con bambini hanno sperimentato cali più acuti legati alla pandemia nella partecipazione alla forza lavoro rispetto agli uomini e questi sono più pronunciati per le donne che vivono con bambini sotto i 6 anni.
In risposta, molti governi hanno cercato di ridurre gli oneri aggiuntivi per il lavoro di cura non retribuito attraverso indennità per cure speciali, estendendo la durata del congedo parentale o migliorando l’accesso alle strutture di assistenza all’infanzia per gli operatori sanitari. Inoltre, in molti paesi, i datori di lavoro stanno fornendo modalità di lavoro flessibili poiché hanno appreso che la produttività è stata mantenuta (o addirittura migliorata) e lavorare da casa, in alcuni casi, può supportare l’equilibrio tra vita privata e lavoro. Alcuni paesi hanno anche adottato misure per contenere le perdite di posti di lavoro e di reddito e molti hanno, per la prima volta, esteso la copertura ai lavoratori autonomi, temporanei e domestici, tra i quali le donne sono sovrarappresentate.
Le donne costituiscono anche la maggior parte dei lavoratori essenziali del settore dell’assistenza, compreso il 70% degli operatori sanitari. Eppure, nonostante la loro importanza, i paesi hanno dato scarsa priorità agli investimenti nei settori dell’assistenza, portando a carenze di operatori sanitari e cattive condizioni di lavoro. L’emergenza sanitaria Covid-19 ha esacerbato una crisi sanitaria globale che rischia di annullare gran parte dei progressi compiuti nella riduzione delle disuguaglianze di genere sul lavoro. Sicuramente gli impegni a lungo termine per evitare le tendenze attuali dovrebbero considerare di aumentare gli sforzi per garantire alcuni provvedimenti che condividiamo come Associazione NazionaleTutteperItalia.
Ovvero: maggiori investimenti nell’economia dell’assistenza per creare posti di lavoro e rafforzare i sistemi sanitari tanto necessari; migliori condizioni di lavoro per l’assistenza sanitaria e altri lavoratori essenziali; accesso a servizi di assistenza a prezzi accessibili per bambini, anziani e persone malate o disabili; disposizioni più inclusive congedo per malattia retribuito; la disponibilità di modalità di lavoro a misura di famiglia, inclusi il telelavoro, orari flessibili di inizio e fine, time-banking e capacità di lavorare settimane condensate; la creazione di un ambiente favorevole e favorevole che faciliterà l’accesso delle donne imprenditrici ai servizi digitali e finanziari; la promozione della partecipazione delle donne in posizioni manageriali e di leadership e ambienti di lavoro liberi da violenza e molestie.
Solo quando la cura è posta al centro delle politiche sociali ed economiche sarà possibile un futuro migliore del lavoro per donne e uomini con responsabilità familiari.
La baldanza perpetrata www.ildiariodellavoro.it 13 dicembre 2020
Inossidabile e molesta è la tenacia con cui Giuseppe Conte prosegue sulla strada dell’indeterminatezza del suo personale e segreto programma che dovrebbe guidare l’Italia nel futuro prossimo. Ammesso che sappia cosa fare oggi. Sorrisetto e arroganza e un po’ di maniera, lui continua a mortificare le aspettative di quanti- sempre meno in verità- avevano aspettative nell’avvocato diventato premier per caso.
La situazione è presa a randellate dall’ex premier Renzi che di vivo ha senz’altro la parola, e l’estenuante difesa di Zingaretti per una maggioranza frantumata preda di un antieurepeismo che nei fatti è smentito giornalmente dalla granitica governance delle tre donne ai vertici della Ue Merkel, Leyn,Lagarde che hanno portato tutti i governi dell’Eurozona a votare e ratificare la risoluzione sul Mes .E noi italiani ostaggio di una politica povera, riottosa e codarda al traino di una Europa che ci salva con –quella sì-la potenza di fuoco della BCE, la richiesta granitica della programmazione e rendicontazione dell’uso dei fondi e della restituzione entro un certo periodo delle risorse elargite, inchiodandoci all’etica della responsabilità che il nostro paese pare abbia perduto. Forse il Recovery non finirà in manovra con un emendamento( ma per grazia ricevuta da Renzi) la Fondazione per i servizi segreti giochino personale di Conte forse sarà difficile metterla in piedi e, sempre forse, i 200 miliardi del Recovery la gestirà ,forse ,una assemblea di super esperti( si fa per dire) messa in piedi con il manuale Cencelli accontentando tutti i famelici dissidenti,maggioranti, minoranti ecc,transitando da un Parlamento anestetizzato mentre sindaci e presidenti di regione scalpitano inascoltati perché chiedono oltre le deroghe sulle chiusure da pandemia ,un coordinamento tra Stato e Enti locali per dividersi la torta del Recovery. E non solo.
Intanto ci soffermiamo su due grandi aziende ormai in rianimazione e tenute in vita da interessi ben poco nobili. Ilva e Alitalia .Le lavoratrici e i lavoratori della ex cattedrale dell’acciaio nostrano continuano a presidiare nel gelo la fabbrica ex Riva : non c’è un progetto di riorganizzazione e rilancio nonostante Invitalia ( l’Ad ricordiamolo bene è sempre quel Mimmo Arcuri dei banchi a rotelle e delle siringhe avvitate che ci costano l’IRA DI DIO) ha firmato un accordo per rientrare statalmente e dunque pubblicamente con il 50% nella fabbrica Tarantina; ma non c’è un progetto né sulla questione economica né sulla sicurezza impiantistica e ambientale solo “tenendo buoni” i livelli occupazionali.
E così dicasi per Alitalia specchio di una economia italiana in enorme difficoltà,in perdita da decenni a causa di sprechi e scelte manageriali a dir poco farabutte che hanno prosciugato fondi messi a disposizione dallo Stato, per un totale di 8 miliardi di euro. Ma malgrado lo Stato, tramite fondi pubblici, sia più volte intervenuto per evitarne il fallimento, ad oggi i conti restano in super rosso ed il carburante sembrava essere ad un passo dal finire definitivamente. Ma no, un'altra boccata di ossigeno torna tolta dalle tasche degli italiani contemporaneamente alla crisi pandemica, senza un progetto, senza partnership di flotte internazionali disposte a mettersi in casa una disgrazia. Solo e sempre un po’ di soldi per tenere in vita quel che resta di organici –che sono donne e uomini in carne ed ossa ridotti all’estenuante attesa di un progetto che non c’è.
Così la rinazionalizzazione di due ex grandi realtà che più volte sono state oggetto di decreti di risanamente mai realizzato, torna nelle braccia di un Paese invecchiato e stanco nelle mani di un avvocato del popolo che ha perso la causa. E hai noi! Non è finita qui. Semper mala tempora currunt.
Alessandra Servidor
italiani l’ultimo Rapporto del Censis
Di Alessandra Servidori | 06/12/2020 - Blog www.formiche.net
Il Rapporto Censis è un avvenimento che si aspetta sempre con quasi religiosa attenzione. E però quest’anno viene naturale pormi delle domande sui sentimenti del popolo italiano
Il Rapporto Censis è un avvenimento che si aspetta sempre con quasi religiosa attenzione. E però quest’anno viene naturale pormi delle domande sui sentimenti del popolo italiano. E il futuro di un popolo stordito. Vero è che la tecnologia la rapidità e la superficialità di acquisizione dei dati che dominano il nostro secolo delle notizie, o ritenute tali, rischiano di creare, e in parte hanno già creato, un Paese che da un lato è vulnerabile, crede quasi a tutto anche all’inverosimile, dall’altro è intimorito da ciò che viene comunicato sui social sui giornali sulle tv.
E da un governo nella sua composizione apparentemente assembleare, che usa però attraverso il il presidente le conferenze stampe come bollettini di guerra e i vari organismi con una disinvoltura straordinaria in step and go. Rispetto alla pandemia su Facebook e mass media è apparso di tutto: dalla provenienza del covid dagli animali, dalla Cina dagli Stati Uniti, insomma scenari di guerra. E’ scoppiata la guerra commerciale, la guerra sanitaria e la guerra politica e il popolo italiano impreparato come peraltro il governo, è un popolo giustamente sospettoso perché fatica a riconoscere e individuare interlocutori forti, autorevoli e soprattutto credibili che gli forniscano appunto notizie fondate.
Tutto ciò contribuisce a determinare quel disorientamento e quella sudditanza denunciata da Censis che si rintana sotto la parola paura. Solo la cultura il codice deontologico e la responsabilità sociale avrebbero potuto, forse, drenare questa deriva sottomessa, mentre la faziosità è sempre in agguato e richiede capacità di discernimento e vigilanza che è propria di un popolo colto, sensibile, e in grado di esprimere le proprie opinioni e magari anche misurare la gravità o l’inconsistenza delle parole e delle narrazioni che vengono spesso urlate e non raccontate con linguaggio competente.
Gli italiani hanno necessità di ascoltare un linguaggio privo di contrapposizione, essenziale che ci informi delle notizie con fatti e persone e non di essere alluvionati con informazioni che ci arrivano addosso scorrendo ipnoticamente sui tablet, sulle tv, dove pare che tutti dicano la o una verità e tutti hanno ragione e torto e non riuscire a dar conto di come stanno esattamente le cose. Una emergenza scalza un’altra emergenza, un problema ne butta via un altro, un panorama infinito di fonti soprattutto che arrivano dalla politica e poi si finisce per essere smarriti perché non si hanno più punti di riferimento certi ma una realtà drogata e frantumata.
Tonnellate di violenza verbale, di indifferenza verso il prossimo, scomunicazioni tra politici e scienziati, medici, virologi non valutano quello che il loro messaggio può produrre, affermazioni di sopraffazione che producono risultati appiccicosi nella coscienza delle persone. Il linguaggio della contrapposizione ha stancato, ha logorato, il salottismo televisivo è ormai insopportabile perché bisogna capire per potersi fare una opinione e per difendere la dignità umana. La mia resistenza civica la mia responsabilità sociale per una convivenza civile e democratica è quella di esserci e quella di stare a disposizione delle e dei giovani per riannodare anche i fili della storia degli italiani con una ricerca di capacità di cambiamento culturale perché i giovani vivono un momento di crisi enorme, sia economica sia culturale.
Lo smarrimento collettivo porta la maggioranza dei cittadini – dice il Censis – ad attaccarsi al feticcio dell’autorità pubblica, pur non riconoscendogli autorevolezza. Ho firmato un appello per avere risposte dal Governo anch’io come tanti altri italiani. Un silenzio assordante, una lite continua tra di loro, tra chi detiene il potere di non decidere. La tabella di marcia disegnata da Bruxelles non lascia giustamente via di fuga: le linee guida del 17 settembre indicano come priorità l’innovazione digitale, la transizione ecologica, la pubblica amministrazione, il fisco, l’istruzione e la ricerca.
Bisogna approvare i progetti, prevedere tempi, assicurarsi il prefinanziamento del 10%, rispettare gli stati intermedi di avanzamento (senza i quali l’erogazione delle risorse si blocca). Ma noi non abbiamo fatto nulla di tutto questo, e il dibattito anziché incentrarsi sulle premesse metodologiche e sugli investimenti da fare sia per le infrastrutture materiali (ospedali, scuole, strade, linee ferroviarie, centri di ricerca) che quelle immateriali (cablatura digitale del territorio con le imprese lasciate sole) è tutto bloccato. Siamo come dice il Censis impantanati su una ruota quadrata che non gira.

UN NATALE DALLA PARTE DI TELETHON
Quest’anno abbiamo deciso come TUTTEPERITALIA di sostenere TELETHON e precisamente il coordinamento provinciale di Telethon Bologna, che da anni si occupa delle iniziative di raccolta fondi e divulgazione e promozione delle iniziative nel territorio della provincia bolognese. Roberto Alvisi ci ha chiamato e noi rispondiamo concretamente. Consapevoli del momento drammatico che noi tutti, come cittadine e cittadini, stiamo vivendo a causa di questa grave crisi sanitaria, non possiamo dimenticare tutti coloro che in questa crisi vivono da sempre.E’ da trent’anni infatti che Telethon si occupa della ricerca scientifica per trovare una cura per le malattie genetiche rare.Le ricerche stanno raccogliendo importanti risultati e traguardi impensabili fino a pochi anni fa, ed inoltre la Fondazione ha messo a disposizione le sue conoscenze e la sua esperienza nella ricerca, nello sforzo collettivo per trovare una cura al Corona Virus. Anche quest’anno la maratona televisiva Telethon si farà e si terrà dal 13 al 20 dicembre. Ci chiedono di correre questa maratona con noi che avrà modalità diverse ma non per questo meno essenziali. Perché #laricercanonsiferma ed è sempre più lampante quanto sia importante per la nostra vita quotidiana. Il mondo del volontariato è fortemente impattato dalle attuali disposizioni per la lotta al virus, ci chiedono di aiutarci per la distribuzione dei Cuori di cioccolato di Telethon tra amiche e amici e simpatizzanti, per fare in modo che anche quest'anno vengano finanziati i progetti di ricerca sulle malattie genetiche rare. A chi abita a Bologna oppure in altre città se decidono di correre si potranno collegare sul sito nazionale ,e noi qui a Bologna abbiamo già aderito come Associazione Nazionale TutteperItalia e già operative, ma ovvio che più siamo meglio è e dunque mi unisco alla richiesta di Roberto Alvisi che con la sua squadra di giovani e meno giovani volontari saranno felici di potervi consegnare una scatola contenente 10 confezioni di Cuori di cioccolato. Da distribuire ad offerta libera a partire dai 12 euro oppure solo alcuni Cuori di Telethon che consegneranno a domicilio.
Riferimenti operativi: la Sede di Telethon Bologna di Borgo Panigale (Stazione FS), la Sezione UILDM Bologna, Via San Leonardo, 24 (051-266013) e il mio cellulare 333-7655277. Si raccomandano perchè vogliono aumentare il più possibile i contatti e i mezzi di comunicazione. Seguiteci su Facebook “TelethonBologna” o consultate il nostro sito www.TelethonBologna.it
Con viva cordialità,Roberto Alvisi COORDINAMENTO PROVINCIALE DI BOLOGNA
Via Marco Celio 23 40132 Bologna +39 333-7655277
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Alessandra Servidori www.ilsussidiario.net 26 Novembre
L’impatto di Covid 19 sull’istruzione : un Rapporto della Ue sulla letteratura esistente e recenti dati internazionali. I problemi e le possibili soluzioni
Al fine di ridurre la diffusione di COVID-19, la maggior parte dei paesi del mondo ha deciso di chiudere temporaneamente gli istituti di istruzione. Tuttavia, l'apprendimento non si è fermato, ma ora si sta svolgendo completamente online poiché le scuole e le università forniscono l'istruzione a distanza. Utilizzando la letteratura esistente e le prove tratte da dati internazionali recenti (Eurostat, PISA, ICILS, PIRLS, TALIS), questo rapporto cerca di ottenere una migliore comprensione di come la crisi COVID-19 possa influenzare l'apprendimento degli studenti. Analizza i diversi modi diretti e indiretti attraverso i quali il virus e le misure adottate per contenerlo possono avere un impatto sui risultati dei bambini. Stime "conservative" per alcuni paesi dell'UE selezionati indicano costantemente che, in media, gli studenti subiranno una perdita di apprendimento. Si suggerisce inoltre che COVID-19 non influirà allo stesso modo sugli studenti, influenzerà negativamente sia l'acquisizione di competenze cognitive che non cognitive, e può avere importanti conseguenze a lungo termine oltre a quelle a breve termine. La maggior parte delle istituzioni educative di tutto il mondo ha annullato l'istruzione di persona e si è trasferita all'apprendimento e all'insegnamento a distanza nel marzo 2020 nel tentativo di contenere la diffusione del COVID-19. Parti del sistema di istruzione formale (o dell'intero sistema) non riaprono quest'anno accademico in alcuni paesi, mentre in altri parti il sistema di istruzione formale è stato progressivamente riaperto. Sebbene l'interruzione dell'apprendimento causata dal COVID-19 sia senza precedenti, importanti informazioni sul suo possibile impatto possono essere ottenute dai risultati di studi esistenti pertinenti e dai dati preCOVID-19.Anche se l'adozione dell'apprendimento a distanza è fondamentale per garantire la continuità dell'istruzione dopo la chiusura fisica delle scuole, gli studenti hanno, in media, probabilità di sperimentare una perdita di apprendimento durante il blocco. Si possono presentare diverse argomentazioni per spiegarlo. In primo luogo, ci sono prove che dimostrano che gli studenti in quarantena tendono a trascorrere meno tempo nell'apprendimento rispetto a quando le scuole sono aperte. In secondo luogo, molti studenti confinati a casa a causa di COVID-19 possono sentirsi stressati e ansiosi, e questo può influenzare negativamente la loro capacità di concentrarsi sul lavoro scolastico. In terzo luogo, la chiusura della scuola fisica e la mancanza di contatti di persona possono rendere gli studenti meno motivati esternamente a impegnarsi in attività di apprendimento. Le stime "conservative" per Francia, Italia e Germania suggeriscono che gli studenti subiranno una perdita di apprendimento settimanale compresa tra lo 0,82 e il 2,3% di una deviazione standard. Tale perdita riflette la riduzione del punteggio di test che gli studenti avrebbero sperimentato a causa del meno tempo trascorso nell'apprendimento rispetto alla quantità di tempo che in genere investono quando sono a scuola. Per un test che è scalato per avere una media di 500 e una deviazione standard di 100, la perdita di apprendimento implicita per l'intero periodo di blocco significherebbe una riduzione dei punteggi tra 6,5 e 14 punti. Il passaggio dall'apprendimento offline a quello online causato dal COVID-19 potrebbe influire negativamente su quei bambini, nelle scuole primarie e secondarie inferiori, che hanno maggiori difficoltà nell'adattarsi al nuovo ambiente di apprendimento. Si prevede inoltre che il passaggio aggraverà le disuguaglianze educative esistenti. Gli studenti più vulnerabili, come ad esempio quelli provenienti da contesti meno vantaggiosi, sono particolarmente propensi a rimanere indietro durante questo periodo di emergenza. Questi studenti hanno meno probabilità di avere accesso alle risorse digitali di apprendimento pertinenti (ad esempio laptop/computer, connessione Internet a banda larga) e meno probabilità di avere un ambiente di apprendimento domestico adatto (ad esempio un posto tranquillo per studiare o la propria scrivania). Inoltre, essi potrebbero non ricevere tanto (diretto o indiretto) sostegno dai loro genitori come fanno i loro omologhi più avvantaggiati. Nelle famiglie più ricche, i genitori sono più propensi a lavorare da casa e sono anche più propensi a permettersi lezioni private online. Le scuole possono contribuire ulteriormente a questa disuguaglianza, dato che gli studenti provenienti da contesti più avvantaggiati potrebbero avere maggiori probabilità di frequentare le scuole con migliori infrastrutture basate sulle TIC (ad esempio l'ambiente di apprendimento virtuale) e dove gli insegnanti hanno livelli più elevati di competenze digitali. Anche i figli di genitori single o di famiglie numerose, nonché gli studenti con esigenze speciali o disabilità, rischiano di soffrire del passaggio, a meno che le tecnologie assistite non siano prontamente messe in atto e adattate al nuovo ambiente di apprendimento. Inoltre, essi potrebbero non ricevere tanto (diretto o indiretto) sostegno dai loro genitori come fanno i loro omologhi più avvantaggiati. Nelle famiglie più ricche, i genitori sono più propensi a lavorare da casa e sono anche più propensi a permettersi lezioni private online. Non solo il COVID-19 e il passaggio all'apprendimento e all'insegnamento a distanza dovrebbero causare una maggiore disuguaglianza nelle capacità cognitive, ma possono esercitare un effetto simile per quanto riguarda il benessere emotivo e la motivazione degli studenti. Infatti, l'isolamento degli studenti dai loro amici e insegnanti può comportare una distribuzione ineguale dei problemi comportamentali e psicologici. Durante il blocco, gli studenti provenienti da contesti meno avvantaggiati hanno maggiori probabilità di essere esposti a un ambiente domestico stressante (ad esempio, hanno maggiori probabilità di condividere uno spazio limitato e un numero limitato di dispositivi digitali con altri membri della famiglia). Inoltre, i genitori di queste famiglie, che possono essere sotto pressione a causa di problemi finanziari e di sicurezza del lavoro a causa della crisi del COVID-19, probabilmente non sono nella posizione migliore per sostenere i loro figli in queste circostanze. L'aumento della disparità nelle capacità cognitive e non cognitive che è probabile che emerga durante la pandemia di COVID-19 può avere conseguenze importanti non solo a breve termine, ma anche a lungo termine. Diversi studi trovano che i livelli cognitivi e socio-emotivi dei bambini sono buoni predittori di risultati successivi. Gli studenti scarsamente dotati di queste competenze tendono ad avere risultati scolastici più bassi e prospettive più scarse del mercato del lavoro, sia in termini di occupazione che di retribuzione. Pertanto, vi è il rischio che, in assenza di misure politiche adeguate, la disuguaglianza a breve termine causata dal COVID-19 possa persistere o addirittura crescere nel tempo, portando a una maggiore disparità economica in futuro. Infine, è interessante mettere la perdita di apprendimento subita dagli studenti durante la crisi COVID-19 in una prospettiva più ampia. Tale perdita si tradurrà in una riduzione del capitale umano disponibile, con effetti negativi sulla crescita della produttività, l'innovazione e l'occupazione, compresi i futuri minori guadagni per le coorti studentesche direttamente interessate dal blocco. Ad esempio, stime approssimate indicano che la perdita annua di reddito aggregata che gli studenti della scuola primaria francese sperimenteranno a causa del periodo di confinamento COVID-19 ammonta a tra 700 e 800 milioni di euro. Questi valori sono molto più grandi se le perdite di reddito in tutti i livelli di istruzione sono riassunti negli altri ordini di istruzione. Tale considerazione e questi numeri dovrebbero essere tenuti a mente dai responsabili delle politiche quando decidono il bilancio da investire nel tentativo di mitigare gli effetti negativi del COVID-19 sull'istruzione. L'effetto del COVID-19 sull'istruzione pone almeno due sfide fondamentali per i responsabili delle politiche. In primo luogo, dovrebbero essere adottate misure per garantire che gli studenti più vulnerabili siano in grado di far sì che la perdita di apprendimento che hanno subito durante il blocco. Ciò dovrebbe essere fatto in modo rapido ed efficace, al fine di evitare che tale crisi si trasformi in un'istruzione malata permanente e in disuguaglianze economiche. In secondo luogo, dato che esiste la possibilità che gli istituti di istruzione non siano in grado di operare pienamente di persona durante parti (o nel complesso) del prossimo anno accademico, dovrebbero essere messi in atto metodi alternativi per fornire insegnamento e apprendimento. Anche se un sistema di apprendimento miscelato /rotante (con elementi offline e online) è un'opzione interessante, è importante notare che: 1)richiede un cambiamento sia nella quantità che nella qualità della capacità didattica, 2) richiede una revisione del curriculum, 3) i bambini più piccoli possono avere problemi nell'adattarsi a questo modello soprattutto per la parte di apprendimento online, 4) la struttura di molti edifici scolastici esistenti potrebbe non essere appropriata se si vuole mantenere le distanze fisiche.
I seguenti elementi dovrebbero essere parte di una strategia di successo che integra le attività di insegnamento e apprendimento online e offline: - Garantire l'accesso a Internet e la disponibilità di computer, computer portatili o tablet: l'accesso a Internet a una velocità decente e gli strumenti ICT adeguati sono i prerequisiti fondamentali per qualsiasi strategia di insegnamento e apprendimento online. - Adottare ambienti di apprendimento virtuali adeguati (VLE): VLE può dare agli studenti l'accesso alle risorse educative, collegare gli studenti con gli insegnanti e facilitare le lezioni remote. Ripensare il ruolo dell'educazione radiotelevisiva: la radiodiffusione educativa può essere un utile complemento ai programmi online in quanto fornisce insegnamento a coloro che non hanno accesso a Internet e eguaglia i metodi di insegnamento e il materiale nelle scuole all'interno di un paese o di una regione - Migliorare la disponibilità della tecnologia di apprendimento per gli studenti con esigenze educative speciali e /o disabilità (SEND): le tecnologie digitali possono fornire un supporto utile agli studenti SEND, soprattutto se fanno parte di un processo coerente e globale. Insegnanti di supporto: gli insegnanti dovrebbero imparare ad adattare il loro ruolo a una situazione in cui possono comunicare solo online e in cui anche gli studenti che in genere si esibiscono bene a scuola possono perdere la motivazione quando si passa all'apprendimento online. È fondamentale migliorare le competenze digitali degli insegnanti in tutte le età, nonché garantire che siano ben addestrati negli approcci pedagogici più adatti per l'apprendimento online e i modelli miscelati. Sostenere i genitori ad aiutare i loro figli: i genitori sono un elemento essenziale del quadro, e più ancora per gli studenti più giovani che non possono essere lasciati soli ad affrontare le sfide dell'apprendimento online. I genitori dovrebbero essere coinvolti nella progettazione della strategia e nella sua attuazione in quanto hanno bisogno di comprendere appieno ciò che viene insegnato e perché. La comunicazione regolare e dettagliata tra genitori, insegnanti e la scuola è un elemento fondamentale di una strategia di apprendimento online di successo.
Una ragionevole soluzione al problema dei navigator ALESSANDRA SERVIDORI www.ildiariodelavoro.it
Sui cosiddetti navigator si sta cercando una soluzione per non certificare l’ennesimo fallimento di questa squadra di giovani assunti da Anpal Agenzia del Ministero del lavoro - ben 2840 – il cui contratto scade ad aprile e arruolati con il ridondante ruolo di trovare lavoro a chi percepisce il reddito di cittadinanza. Il problema è che del lavoro di questi “traghettatori” i risultati non si conoscono. Anpal per bocca del Presidente Parisi, messo alle strette, ha provveduto a pubblicare gli ultimi dati noti del reddito di cittadinanza ( molti dei quali risultati dalle verifiche della GdF non in regola e percettori senza diritto ). Stando alle tabelle ufficiali sembrerebbe che dei 1,3 milioni di beneficiari del sussidio, solo 352mila siano riusciti a trovare un lavoro. Nemmeno la metà e nel conteggio rientrano tutti quelli che sono riusciti a trovare un lavoro da quando è partito il reddito di cittadinanza. I lavoratori stabili ad ottobre erano 192mila. Il vero problema, però, è che Anpal non è in grado di dire - o non vuole dire - quante persone abbiano trovato un lavoro grazie ai navigator e quante siano riuscite a trovarselo da sole come è sempre avvenuto in Italia come ha dimostrato Istat anche a causa della inutilità dei centri per l’impiego. Anche il meccanismo del reddito fa acqua, compromesso dalle ondate del virus con le strutture chiuse al pubblico, e l'integrazione dei navigator e la fase di ricerca attiva di offerte di lavoro contattando le aziende è a dir poco faticosa. Senza tenere conto che la piattaforma che doveva far incontrare domanda e offerta di impiego, costosissima peraltro su software fornito sempre dal Parisi, non è mai partita, anche compromessa da un legittimo scontro interno sulla gestione dell'Anpal da parte dei dirigenti del Ministero che giustamente hanno contestato al Mimmo Parisi l’ approvazione del Bilancio preventivo e consuntivo di Anpal ( che poi arrogantemente si è approvato da solo) sia le maxi spese, oltre 160mila euro, legate alle trasferte dell’italo americano super protetto da Di Maio avanti e indietro dalla sua casa nel Mississippi. Vero è che i navigator dovevano svolgere un compito che appariva confuso fin da subito e che ha causato non pochi conflitti con le Regioni. Sicuramente, però, è anche difficile riuscire a difenderli: è difficile mettere su un ipotetico tavolo delle trattative il risultato del loro lavoro. E dire , come afferma Catalfo ,”che senza di loro non si può andare avanti”- Ma la legge di bilancio 2021 art 55 stabilisce che per Anpal sono stanziati 10 milioni e con queste risorse ovviamente non si può stabilizzare i navigator se non ricorrendo al pozzo senza fondo del Recovery Fund per il quale in queste ore si assumono 6 super manager e 300 dipendenti esautorando per l’ennesima volta il parlamento e dimostrando l’incapacità di questo Governo. Intanto i navigator si sono costruiti il loro sindacato, A.N.NA, per “tutelarsi”. Invero sono stati assunti grazie ad un contratto di collaborazione continuativa, cioè sono dei lavoratori a termine con un finto contratto di lavoro autonomo, come succede spesso nelle aziende private. Se decidessero di effettuare un ricorso, un qualsiasi tribunale darebbe ragione a loro. E anche questo è un fallimento del Governo. Io suggerisco una soluzione almeno dignitosa per loro, ammesso che sia realizzabile. Fra pochi giorni ci sarà la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle Linee Guida, il Sistema Nazione di Certificazione delle Competenze sarà finalmente operativo sottolineato dal direttore generale degli ammortizzatori sociali e della formazione del ministero del Lavoro, che ha affermato quanto la definizione del quadro normativo che regola la certificazione delle competenze “sia utile alle esigenze del mercato del lavoro secondo un’ottica di promozione e di progresso per tutti”.Il monitoraggio della formazione di Anpal ha messo in evidenza come “la messa a regime delle linee guida e il decreto del gennaio 2018 che recepisce la raccomandazione sul recepimento del quadro nazionale sulle qualificazioni, rappresentano di fatto i due atti con i quali si completa il percorso normativo iniziato con il D.lgs. n.13/2013 che istituiva il Sistema nazionale di certificazione delle competenze. Il quadro nazionale delle qualificazioni ha una doppia finalità: sia quello di raccordare il sistema italiano con quello di tutti gli altri Paesi europei, sia quello di rappresentare un sistema di governance delle qualificazioni volto a favorire quei processi di trasparenza, spendibilità e portabilità delle competenze all’interno del Sistema Nazionale di Certificazione delle Competenze. Ecco si mettano a disposizione di questa importante azione i navigator così da rafforzare un ambito fondamentale di questa Agenzia e si rinunci saggiamente al Parisi che ha dimostrato la sua inefficacia e soprattutto la sua inutile dannosità.
30 Novem
Recovery Fund, perché non vanno dimenticati i servizi sociali www.startmagazine.it
di Alessandra Servidori 29 11 2020
Il post di Alessandra Servidori
Ho firmato l’appello/documento lanciato da Ferruccio de Bortoli perché sottoscrivo tutte le richieste di chiarezza e trasparenza che si chiede al Governo sui piani e progetti per risollevare la testa.
Per esempio io sono convinta che sul Recovery Fund e riforme politiche vi sia un’opportunità sprecata. Soprattutto quando si tratta di anziani e persone fragili.
La Strategia annuale della Crescita sostenibile per il 2021 della Commissione ribadisce la necessità di un’interconnessione tra l’RRF (Recovery Fund) e il Semestre europeo, poiché “le priorità dell’Unione, oggetto di raccomandazioni specifiche per i singoli paesi, dovrebbero riflettersi nella definizione delle riforme strutturali degli Stati membri”.
Le questioni prioritarie delineate dalla Commissione includono: la lotta al riciclaggio di denaro, alla frode e alla corruzione, il miglioramento del contesto imprenditoriale, lo sviluppo di una pubblica amministrazione e di un sistema giudiziario efficienti e il contenimento di una pianificazione fiscale aggressiva. Pertanto, nonostante i severi effetti della Covid-19 sui servizi sociali e sui sistemi di assistenza sociale, l’impatto sociale della pandemia sembra essere un tema largamente trascurato dai suggerimenti della Commissione.
La Commissione spera che l’accordo sul bilancio dell’Unione, concordato a luglio dai leader dell’Ue, aiuti gli Stati membri ad affrontare le criticità individuate nel corso del Semestre europeo e a raggiungere gli obiettivi politici dell’Ue, soprattutto in materia di transizione verde e digitale.
La realtà, tuttavia, è che la fetta più cospicua dei 672,5 miliardi di euro stanziati in prestiti e sovvenzioni sarà destinata alle priorità economiche e finanziarie. Questa apparente subordinazione dei finanziamenti alle priorità sociali non è in linea con la Strategia Ue 2020, che prevedeva un impegno mirato alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.
L’enfasi posta su tale obiettivo sembra essere svanita nel tempo. Nelle direttive per l’attuazione nazionale dell’Rrf, la Commissione suggerisce alle autorità nazionali di articolare le riforme del mercato del lavoro, dell’istruzione, della sanità e delle politiche sociali secondo le seguenti linee guida: “Promuovere la qualificazione e la riqualificazione, ridurre la segmentazione del mercato del lavoro, potenziare la copertura dei modelli di lavoro a orario ridotto e dei sussidi di disoccupazione, promuovere l’inclusione delle persone con disabilità, migliorare la partecipazione al mercato del lavoro — incluse le categorie vulnerabili, migliorare la resilienza, l’accessibilità e l’efficacia dei sistemi sanitari e di assistenza; o consolidare la protezione sociale ( ivi compresa l’assistenza a lungo termine)”.
Tuttavia, tali proposte non coinvolgono i settori dei servizi sociali e dell’assistenza sociale, che si trovano a dover affrontare da anni la mancanza di investimenti congrui nella sanità pubblica e nei servizi sociali in tutta Europa.
Oltre alla mancanza di investimenti soddisfacenti a lungo termine nel settore, la Covid-19 ha travolto le residenze sanitarie assistenziali europee, causando la morte di decine di migliaia di residenti.
Secondo i dati di diversi paesi, in media il numero di persone decedute per Covid-19 nelle RSA ammonta alla metà delle vittime totali. Tali dati mostrano che, nell’ambito dell’attuazione nazionale della RRF, i governi nazionali devono investire in riforme strutturali che trasformino il modello di assistenza residenziale per gli anziani e le persone con disabilità in un modello che promuova i servizi di prevenzione sociale a livello delle comunità locali, rafforzi l’assistenza domiciliare, garantisca i servizi di assistenza essenziali ai pazienti dimessi da un ospedale e affronti le questioni di carenza di personale e di competenze nei servizi sociali e nell’assistenza sociale.
Il Parlamento europeo non esorta i governi nazionali a investire nei settori dei servizi sociali e dell’assistenza sociale. In tal modo, fallisce nel comprendere l’impatto economico che potrebbe avere il settore dei servizi sociali se dotato di risorse ben adeguate e ignora le evidenze che maggiori investimenti nel settore promuoverebbero la partecipazione al mercato del lavoro da parte di gruppi vulnerabili. Ciononostante, i dati Eurostat suggeriscono che i servizi sociali e l’assistenza sociale rappresentano una percentuale considerevole di forza lavoro, malgrado l’attuale carenza di personale.
Le sole attività di assistenza residenziale e sociale contano 11 milioni di lavoratori, che rappresentano il 5% della forza lavoro dell’Ue. Intanto come Esn (European Service Network) abbiamo calcolato che il costo dei servizi sociali è aumentato in modo significativo durante la pandemia ed urgono dei finanziamenti per garantirne la resilienza e la sostenibilità. I costi sono suscettibili ad ulteriori aumenti man mano che i processi di digitalizzazione, la tecnologia assistiva e la telecare verranno progressivamente sviluppati per rispondere meglio alle esigenze di vita indipendente e di autonomia degli utenti dei servizi sociali pubblici.
La Commissione incoraggia gli Stati membri a chiedere il parere dei loro comitati nazionali per la produttività o di autorità fiscali indipendenti sui loro piani di recupero e resilienza. Inoltre, gli Stati membri vengono invitati a descrivere, nel proprio piano, in che modalità gli attori sociali e, ove applicabile, le organizzazioni della società civile sono state consultate e coinvolte nella progettazione delle riforme per l’assistenza socio/sanitaria soprattutto per le persone fragili. Ciò perpetua la cattiva abitudine di vedere l’impegno delle parti coinvolte solo in termini di dialogo con datori di lavoro, sindacati e ONG. In questo modo, si nega la necessità di trovare soluzioni a livello locale, nelle comunità dove le persone vivono e formano le proprie famiglie.
Non sorprende che ci sia stata una disconnessione tra il progetto europeo e l’impegno dei cittadini, e ancora una volta non si riesca a riconoscere questa realtà.
Oltre agli attori sociali e alle Ong sociali, gli enti locali e regionali e i servizi sociali pubblici che dirigono devono essere partner imprescindibili.
La spesa sociale rappresenta più di un quinto della spesa pubblica subnazionale, ne consegue che il benessere sociale è un settore politico chiave per promuovere lo sviluppo economico e sociale
QUI EUROPA
Nessun posto è come a casa: cosi' in Ue si ragiona sull' assistenza agli anziani
Come componente di ESN Social Services in Europe, una rete di supporto dei servizi sociali della Commissione Europea alla quale aderisco come Presidente Nazionale di Tutteperitalia, abbiamo partecipato al seminario annuale dello European Social Network (ESN), che si è tenuto il 12 e 13 novembre, e durante il quale abbiamo analizzato la valorizzazione della qualità nell’assistenza a lungo termine (LTC). In Europa, la domanda di assistenza a lungo termine per la popolazione anziana è in crescita ed è destinata ad aumentare moltissimo nei prossimi anni. Generalmente, la risposta a questa domanda in Europa differisce a seconda delle norme culturali, per cui in alcuni paesi (Portogallo, Irlanda, Italia e Spagna) le famiglie sono solite occuparsi dei parenti anziani, in altri (Francia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito) lo Stato si fa avanti e fornisce il proprio sostegno.
Tuttavia, a fronte di famiglie sempre meno numerose e di una maggiore longevità, si sono registrati cambiamenti significativi nel soddisfare le richieste di assistenza a lungo termine degli anziani e le autorità pubbliche di tutta Europa si sono impegnate ad adottare modelli diversi per garantire la copertura, l'accessibilità e la sostenibilità. I Principi delle Nazioni Unite sui Diritti degli anziani (Dichiarazione di Madrid) sostengono il diritto fondamentale di tutti gli individui a rimanere integrati e a partecipare alla vita sociale e sollecitano interventi a sostegno dell'indipendenza e dell'autonomia degli anziani e servizi "che aiutino le persone a raggiungere un livello ottimale di efficienza". Questo principio si è prestato non poco al cambiamento di paradigma dell'assistenza ai gruppi vulnerabili in Europa negli ultimi 20-30 anni, in particolare alle persone anziane.
In Europa, le strategie di sviluppo del welfare di comunità si sono concentrate non solo sulle considerazioni relative ai diritti umani, per una transizione da strutture istituzionali o residenziali ad alternative basate sulla comunità, ma anche sulle considerazioni economiche, secondo le quali i risultati complessivi raggiunti per gli anziani grazie al welfare di comunità sono stati più convenienti in termini di costi rispetto all'assistenza istituzionale/residenziale. Pertanto, le opzioni di assistenza più efficienti, in grado di offrire la migliore qualità secondo gli standard internazionali e nazionali, dovrebbero essere basate sulla comunità. Per garantire la qualità dell'assistenza e la sua prestazione occorre attenersi a una serie di principi importanti. Questi includono: centralità della persona, disponibilità, accessibilità, convenienza economica, completezza, continuità dell'assistenza e centralità dei risultati. Sia che si tratti di operatori o di commissari dei servizi, le autorità pubbliche dovrebbero garantire che la prestazione di assistenza a lungo termine sia saldamente ancorata ai principi di cui sopra. Offrire alle persone anziane con esigenze assistenziali un sostegno che consenta loro di rimanere a casa il più a lungo possibile può contribuire notevolmente a migliorare la loro situazione e la loro qualità di vita.
Un fattore chiave per migliorare la qualità della vita è la disponibilità di un'ampia gamma di servizi di assistenza integrati e coordinati, compreso il supporto per gli assistenti informali. L’obiettivo è raggiungibile attraverso lo sviluppo di quadri strategici nazionali e approcci multidisciplinari per la valutazione e lo sviluppo di piani di assistenza, nonché per la prestazione integrata di assistenza sanitaria e sociale per le persone anziane che necessitano di assistenza a lungo termine. L'assistenza di qualità non può essere vista solo come un mezzo per raggiungere un fine. I commissari, i fornitori e i beneficiari dei servizi di assistenza insistono su un orientamento che garantisca anche la qualità della vita di una persona che può essere rilevata solo dal punto di vista della stessa. Essa si basa sull'autonomia, sui legami sociali e sul significato della propria vita o scopo personale. Ciò ha implicazioni per tutti gli interessati e sottolinea l'importanza di assicurare e sviluppare servizi di assistenza a lungo termine basati sui bisogni, ma anche sui desideri e sul bagaglio personale del beneficiario. Inoltre, i commissari e gli operatori dei servizi dovranno anche garantire che i servizi mettano la persona al centro, soffermandosi sulla salute e sul benessere personale del beneficiario.
Riassumendo, siamo giustamente passati da modelli medicalizzati e paternalistici a quelli che pongono al centro sia la qualità del servizio che la qualità della vita. Eppure, i governi ancora faticano a fornire servizi sostenibili ed economicamente convenienti, che abbraccino i pilastri della qualità del servizio e della qualità della vita, mantenendo un'eccessiva dipendenza dal ruolo della famiglia e della comunità. Per promuovere un approccio integrato e coordinato tra i diversi servizi e settori, in particolare il settore sanitario e quello sociale, sono necessari quadri strategici nazionali e sia il Recovery Fund che il Mes sono opportunità da non trascurare,posto che in Italia la popolazione anziana è notevolmente aumentata. Occorre quindi una revisione delle risorse stanziate sia a livello sanitario che sociale soprattutto per le condizioni di lavoro del corpo degli operatori socio-assistenziali, che svolgono un ruolo primario nel prestare assistenza e nel costruire una relazione con i beneficiari. In conclusione, non si può dare un prezzo alla dignità umana, alla compassione e al significato della vita di una persona.
Con la situazione grave che si è replicata a causa della pandemia, sappiamo che 17 settembre la Commissione Europea ha pubblicato la Strategia Annuale di Crescita Sostenibile del 2021 (ASGS). Il documento definisce le priorità economiche generali per l'UE nel prossimo anno e le linee guida per l'attuazione nazionale del Recovery and Resilience Facility (RRF) - sostegno finanziario alle riforme nazionali per mitigare l'impatto economico e sociale della pandemia da coronavirus. Generalmente, L'ASGS dà il via al ciclo del Semestre Europeo per il coordinamento delle politiche tra la Commissione Europea e gli Stati membri, che ha sostituito il precedente metodo aperto di coordinamento. Ci si è chiesti se il semestre europeo non sia stato mosso principalmente da considerazioni di carattere finanziario, trascurando il tema dell' aumento delle disuguaglianze sociali. La Commissione europea si è adoperata per sopperire a questa mancanza e per promuovere la partecipazione di altri dipartimenti, mentre le Direzioni generali per l'economia, la finanza, l'occupazione e gli affari sociali hanno iniziato a cooperare.
Ad oggi però, non è ancora chiaro con quali modalità il Semestre Europeo proseguirà nel corso del prossimo anno. Stando alla CE, dal momento che le scadenze previste per il semestre europeo e la RRF si sovrappongono, sarà necessario un adattamento provvisorio del Semestre. Nel quadro del Semestre, la CE pubblica delle relazioni annuali che analizzano le condizioni dei paesi nel mese di febbraio, cui fanno seguito, a maggio, delle raccomandazioni specifiche per Stato membro che contemplano non solo le questioni economiche, ma anche quelle ambientali e sociali. Nel 2021, non è prevista la pubblicazione di alcun rapporto o raccomandazione, tuttavia la Commissione proporrà raccomandazioni sul quadro finanziario degli Stati membri nel 2021 nell'ambito del Patto di stabilità e crescita, che persegue il risanamento delle finanze pubbliche, aspetto che evidenzia come le priorità sembrino concentrarsi su considerazioni di carattere economico.
Alessandra Servidori
26 Novembre 2020
Alessandra Servidori - 400mila italiane disoccupate in più : anche questa è violenza sulle donne.
Il Presidente Mattarella è da più di un anno che ripete che “manca ancora molto all’effettivo raggiungimento della parità di genere”.Lo ha fatto l’anno scorso per l’8 marzo ,lo ha ripetuto quest’anno quando ha ricevuto una delegazione di donne medico, lo ripete ormai stancamente tutte le volte che la questione della discriminazione femminile viene riproposta. 25 Novembre : ci aspetta una giornata ormai segnata da convegni ,panchine e scarpe rosse, editoriali sulle maggiori e minori testate giornalistiche. Inauguriamo anche noi oggi una simbologia efficace ma coraggiosa cioè un drappo rosso a tutte le porte dei condomini la denuncia ormai sistematica della violenza che avviene in famiglia. Mogli madri figlie compagne sono massacrate e uccise nel corpo e nell’anima e il bollettino dato dal Ministro della Giustizia annualmente è un rito macabro a cui nessuno, dico nessuno,tranne alcune associazioni denominate insulsamente“vetero femministe” dedica tempo e impegno per contrastare questa strage. Non basta il codice rosso negli ospedali. Lo abbiamo visto. La violenza della discriminazione sul lavoro che non si limitapiù alla sola disgustosa molestia ma arriva al licenziamento in questo anno segnato dalla pandemia è tragica. Le scuole chiuse, la flessibilità irrigidita sia dalla presenza sul luogo di lavoro, sia in un smart working non solo spesso coatto e senza soluzione di continuità e dunque senza il diritto effettivo alla disconnessione, e poi il mancato rinnovo del contratto in scadenza per non incorrere nel licenziamento impedito dal decreto anti covid. E poi l’Italia muore, non nascono più bambini ,gli e le giovani non fanno più figli anche perché non c’è lavoro e il declino demografico è uno dei problemi cardine del paese .E la diminuzione della popolazione femminile tra i 15 e i 49 anni spiega anche la diminuzione delle nascite quest’anno in discesa inarrestabile. Occorrerebbe urgentemente estirpare l’ostinazione culturale e concreta che rende ancora barbaramente accettabile la violenza contro le donne che la tengono ancora sommersa : disimpegno che ha reso durissima la vita delle donne italiane investite dalla recessione economica aggravata da pandemia. Tutti gli indicatori ci dimostrano che le italiane sono fortemente ancora di più discriminate. Il tasso di occupazione delle donne è di 18 punti percentuali più basso di quello degli uomini, il lavoro part time riguarda il 73,2% le donne ed è involontario nel 60,4% dei casi. I redditi complessivi guadagnati dalle donne sul mercato del lavoro sono in media del 25% inferiori rispetto a quelli degli uomini. Il 65% delle donne fra i 25 e i 49, con figli piccoli fino ai 5 anni, non sono disponibili a lavorare per motivi legati alla maternità e al lavoro di cura anche di anziani e non autosufficienti. L’Italia resta l’ultimo tra i 27 Paesi europei nel sanare i divari di genere nel mondo del lavoro, dove il reddito medio delle donne è il 59,6% di quello degli uomini a livello complessivo. Non è peraltro solo un problema di donne di cui ci occupiamo , ma della forza di uno Stato attento a un futuro sostenibile che punta al suo avvenire e ad un rispetto reciproco tra le nuove generazioni. Non è solo «questione femminile» quando si immagina di promuovere risorse per le giovani imprese guidate da giovani e giovani donne o di dare impulso al terziario sociale che in altri Paesi organizza beni e servizi per le famiglie (creando centinaia di migliaia di nuovi posti). Non si tratta solo di problemi femminili quando si incoraggiano forme di conciliazione per i due genitori o flessibilità nel ricorso ai congedi parentali. E non è solo e sempre la cd questione femminile quando proponiamo meccanismi e benefici per la società intera di una riforma fiscale che parta dall’analisi dell’impatto che le politiche fiscali hanno anche sulle donne in particolare, monitorato tra efficacia e promozione dell’equità come la Ue ci raccomanda. Significa sostituire il quoziente familiare e introdurre sistemi di tassazione capaci di incentivare l’inclusione lavorativa delle donne riducendo le loro aliquote,significa ricorrere ai fondi bilaterali per sostenere i congedi per allargare la cura parentale, perché l’indipendenza economica attiva delle donne è la prima garanzia di libertà individuale e di sviluppo sociale. E non servono i fondi di garanzia per l’imprenditorialità femminile ma fondi a perdere per sostenere il rilancio delle imprenditrici strozzate dall’accesso al credito;incentivare la contrattazione collettiva per inserire benefit per l’accesso ai servizi territoriali per la famiglia. E bisogna essere leali e tirare fuori il Fondo di 70 milioni per caregivers familiari sparito non si sa dove, per aiutare le donne che hanno in cura i loro famigliari non autosufficienti. Niente celebrazioni dunque,ma fatti, vogliamo fatti concreti.
L’ondata di violenza contro le donne dimostra che i paesi dell’Ue non dispongono ancora di garanzie adeguate per proteggerle.
Il post di Alessandra Servidori
21 novembre 2020
I blocchi per contenere il coronavirus hanno portato a picchi nei rapporti di violenza domestica. In due nuovi studi, l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige) ha valutato le misure adottate da ciascun paese dell’Ue per proteggere le donne durante la pandemia e mostra come i governi possano sostenere le persone che sono vittime di violenza. Le donne di solito affrontano il pericolo maggiore da parte delle persone che conoscono.
La ricerca dell’Eige mostra che i governi dell’Ue lo riconoscono: ogni singolo paese ha introdotto misure speciali per proteggere le donne dalla violenza intima dei partner durante la pandemia.
Tuttavia, il persistente sotto-finanziamento dei rifugi e delle hotline per la violenza domestica ha portato a un sostegno molto frammentato. L’Irlanda, la Spagna e la Lituania hanno lanciato piani d’azione nazionali per sradicare la violenza intima dei partner durante la pandemia. La Spagna ha rafforzato il coordinamento tra i suoi servizi sanitari, di polizia e di giustizia, così come la Lituania. L’Irlanda è andata oltre, mettendo sul tavolo 160.000 euro. Con questi soldi, il governo ha aiutato i rifugi e le hotline per le vittime ad adattarsi alle nuove condizioni di lavoro da remoto. I tribunali irlandesi hanno dato la priorità ai casi di violenza domestica e hanno ampliato le udienze da remoto. La polizia sta controllando le donne che hanno subito violenze in passato.
Diversi paesi hanno adattato la legislazione per dichiarare “servizi essenziali” i rifugi e linee telefoniche per mantenerli accessibili in ogni momento. In Lettonia, Estonia, Slovacchia e Francia, la legislazione obbliga ora i governi a fornire alle donne che affrontano la violenza in patria un alloggio alternativo. I tribunali estoni hanno avuto il potere di emettere ordinanze restrittive temporanee contro i partner violenti, proteggendo la vittima senzatetto e inchiodando la responsabilità sull’aggressore.
Quasi tutti i paesi dell’Ue hanno lanciato campagne di sensibilizzazione per far conoscere alle vittime l’aiuto disponibile. La Grecia, la Finlandia e il Portogallo si sono rivolti ai rifugiati e ai migranti, mentre altri paesi si sono rivolti alle donne delle comunità rom, alle donne LGBTIQ. La campagna della Spagna ha sottolineato che la violenza domestica è una violazione dei diritti umani, non una questione privata. Le campagne di sensibilizzazione sono importanti per i testimoni, che possono non intervenire perché potrebbero non riconoscere la violenza intima del partner quando la vedono. Le campagne forniscono anche una chiara guida su come i testimoni possono aiutare quando temono di peggiorare la situazione. Circa il 20-30 % delle chiamate alle linee telefoniche per la violenza domestica, dovrebbero essere rassicurate e guidate. La ricerca dell’Eige mostra che i testimoni spesso vogliono aiutare in modi diversi dal riferire alla polizia, ad esempio parlando con la vittima o aiutandoli ad accedere ai servizi di supporto. Anche le linee guida su tali modalità di aiuto dovrebbero far parte delle campagne. Il personale di assistenza e consulenza durante il Covid è sopraffatto dall’aumento della domanda e dall’accresciuta sofferenza delle vittime; si sentono impreparati a fornire supporto e preoccupati per la riservatezza delle vittime.
Non c’era nella prima ondata e non c’è tuttora abbastanza equipaggiamento protettivo personale per continuare ad aiutare le vittime faccia a faccia. Nella maggior parte dei paesi dell’Ue, la pandemia ha messo in luce sistemi di sostegno complessivamente traballanti per le vittime di violenza di genere. La mancanza di finanziamenti e di case/rifugio ha portato le donne ad essere messe in alberghi e alloggi forniti privatamente.
Sebbene l’azione rapida sia lodevole, le misure adottate dal settore privato non dovrebbero essere la soluzione per salvare vite umane. Sebbene le catastrofi naturali e le pandemie portino a un aumento della violenza contro le donne a livello globale, nessuno Stato membro dell’Ue ha avuto un piano di catastrofe per affrontare questo problema. Covid-19 ha acceso una luce dura su come le società impreparate spesso sono incapaci di proteggere le vittime della violenza intima dei partner. In Italia le risorse sono pochissime e molte strutture nate per accogliere le donne colpite — e spesso i loro figli — non hanno più ricevuto finanziamenti, solo in alcuni comuni virtuosi sono operative associazioni che danno aiuto e il governo Italiano, che pur ha sottoscritto la Convenzione di Instanbul che si impegna a strutturare servizi per contrastare la violenza, non si può limitare a spot televisivi a ridosso del 25 novembre giornata internazionale dedicata a combattere questo barbarico fenomeno.Meno convegni e appelli più risorse a cominciare dalle scuole dove si deve insegnare il rispetto reciproco.