ABILITA' RESIDUE - La frontiera del poter fare
Alessandra Servidori www.il sussidiario.net
La riforma della non autosufficienza coinvolge anche la questione delle cd abilità residue che sono tutto ciò che la Persona è in grado di fare in autonomia, cioè senza l’aiuto di altri . La norma sulle abilità residue per le persone con disabilità e dsa che è divenuta legge con il decreto del 30 aprile 2022 n. 36 con riferimento al procedimento per l’assunzione del personale non dirigenziale del dlgs 165/2001 forse per carenza di personale non formato adeguatamente in materia per la redazione dei bandi concorsuali, è quasi non attuata. Attualmente a livello Europeo la valutazione delle abilità residue finalizzata al reinserimento lavorativo viene affrontata necessariamente in équipe in quanto le problematiche sono vaste e riferibili non solo alla mancata abilità o partecipazione delle persone da esaminare, ma anche alle caratteristiche specifiche del posto di lavoro; gli aspetti strettamente legati alla clinica rappresentano quindi solo una parte della complessa valutazione. Negli Stati Uniti invece si è sviluppata una vera e propria gara nel ricercare e validare varie metodiche per la valutazione delle FCE (Functional Capacity Evaluation); segnalo che numerosi siti internet vendono a caro prezzo metodiche ed apparecchiature, per lo più di tipo isocinetico o software sofisticati, che garantiscono una precisa valutazione di alcuni segmenti corporei o delle capacità attitudinali dei soggetti esaminati per un determinato tipo di lavoro: i motivi di tanto interesse sembrano però essere di natura economica più che filantropica. In Italia, e in Italia all’INAIL, nell’ambito del “Collocamento mirato” (ricollegato al Decreto Presidenziale del 13/01/2000 ), è stato varato un protocollo d’intesa tra INAIL e CONFINDUSTRIA. L’INAIL ha istituito presso ciascuna sede territoriale una équipe costituita da: MEDICO LEGALE MEDICO SPECIALISTA DELLA PATOLOGIA MEDICO DEL LAVORO ASSISTENTE SOCIALE L’équipe si può avvalere di altre eventuali professionalità quali lo psicologo, il fisiatra, l’architetto, l’esperto in tecnologie riabilitative e/o di consulenze specialistiche interne . Inoltre si raccorda con le strutture socio/sanitarie coinvolte nel progetto di reinserimento lavorativo . Nel 2022 sempre Inail ha emanato linee guida in materia di collocamento mirato che rappresentano però meri strumenti di indirizzo a livello nazionale aziendale che pur riconoscendo che la materia è di competenza regionale ha l’obiettivo di dare un orientamento e un supporto. Il danno, la disabilità e l’handicap sono i pilastri fondamentali della riabilitazione, i concetti essenziali attorno ai quali si sviluppa il lavoro di tutti i settori preposti alla diagnosi, cura e reinserimento nel mondo del lavoro e nell’ambito della società delle persone che risultano affette da una menomazione. Nel campo riabilitativo e sociale negli ultimi anni abbiamo assistito ad una sorta di rivoluzione di tipo sia concettuale sia per quanto riguarda il tipo di approccio nei confronti delle persone che necessitano di un aiuto medico e/o sociale. La prima differenza si nota nel titolo della classificazione; i termini “Disabilità” ed “Handicap” sono stati sostituiti rispettivamente da “Attività” e “Partecipazione”. La ragione di questo cambiamento è stata di eliminare completamente la connotazione negativa legata alla terminologia precedente e ha una stretta connessione con il commento che la settimana scorsa ho affrontato su questo sito in merito per esempio al PAI piano assistenziale cioè il Progetto assistenziale individualizzato e successivamente nell’ambito dell’applicazione della Legge sulla non autosufficienza il cd Progetto di vita. Seguire lo sviluppo della Riforma- decreto legislativo 3 maggio 2024 n. 62 sulla disabilità -è un impegno costante anche perché fondamentale la composizione e le funzioni delle unità valutative multidimensionali preposte all’elaborazione del progetto di vita. In linea generale l’unità valutativa multidimensionale è delineata tentando un punto di equilibrio tra il fine di ottenere una partecipazione larga, estesa e plurale e multidisciplinare nel predisporre l’insieme dei sostegni e delle tutele assistenziali, e – per converso – l’obiettivo di non rendere le commissioni organismi pletorici e dunque di difficile e lento funzionamento. E nel decreto mille proroghe però l’avvio strutturale è rimandato al 2027 rispetto al 2026 previsto.
Da oggi Francesco Alberto Comellini -FAC-pubblica commenti e documenti per TutteperItalia
FRANCESCO ALBERTO COMELLINI a proposito di ......
Ai sensi del D.P.C.M. 12 gennaio 2024, recante “Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione 2024-2026”.
Alcuni stralci della relazione a cura di FAC 1. PREMESSE 1.1. Il contesto generale della Strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale La Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026 (di seguito “Strategia IA”) rappresenta l’evoluzione programmatica, in coerenza con l’approccio europeo, finalizzata a promuovere l’adozione dell’IA a beneficio di cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione (PA). La Strategia IA valorizza i paradigmi dell’etica, della responsabilità sociale e dell’inclusività, impegnandosi a garantire che lo sviluppo e l’implementazione dei sistemi di IA avvengano nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone, tra cui quelli delle persone con disabilità (Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con Legge 3 marzo 2009, n. 18). A livello normativo, l’IA si colloca oggi in un quadro complesso: da un lato, il Regolamento UE (AI Act) in via di definizione a livello europeo e, dall’altro, gli orientamenti già espressi dalla Commissione Europea (si vedano, tra gli altri, la Comunicazione COM(2021) 101 final sulla strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 e il Piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali del 4 marzo 2021, COM(2021) 102 final). Nel contesto italiano, la Legge 22 dicembre 2021, n. 227 e i relativi decreti legislativi attuativi (si vedano, in particolare, il D.Lgs. 13 dicembre 2023, n. 222 e il D.Lgs. 3 maggio 2024, n. 62) introducono importanti novità circa il ruolo della Pubblica Amministrazione per la piena accessibilità, fisica e digitale, e per la tutela dei lavoratori con disabilità, promuovendo l’adozione di “accomodamenti ragionevoli” e la nomina di un dirigente o di un responsabile dedicato al processo di inserimento lavorativo delle persone con disabilità. 1.2. Normativa di riferimento in materia di inclusione delle persone con disabilità La normativa interna e sovranazionale tutela espressamente la dignità e i diritti fondamentali delle persone con disabilità, imponendo obblighi di accessibilità, inclusione e non discriminazione. Tra i principali riferimenti normativi: • Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (ONU, 2006) e Protocollo opzionale (L. n. 18/2009). • Direttiva (UE) 2024/2841, che sottolinea il diritto delle persone con disabilità alla libera circolazione e alla scelta della residenza. • Normativa interna sul collocamento mirato: Legge 12 marzo 1999, n. 68 e ss.mm.ii. • Legge 9 gennaio 2004, n. 4 (cd. “Legge Stanca”) in materia di accessibilità e superamento delle barriere digitali. • Legge 22 dicembre 2021, n. 227, e relativi decreti legislativi di attuazione (tra cui D.Lgs. 13 dicembre 2023, n. 222; D.Lgs. 3 maggio 2024, n. 62). • Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Missione 5, Componente 2, Riforma 1.1, e disposizioni urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al lavoro (D.L. 4 maggio 2023, n. 48 convertito in L. 3 luglio 2023, n. 85). • Riferimenti settoriali, come il D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105 in materia di equilibrio tra vita professionale e familiare per i genitori e i prestatori di assistenza; la L. 27 dicembre 2017, n. 205 (commi 254-255) sul riconoscimento del caregiver familiare; la L. 8 ottobre 2010, n. 170 sui disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Contestualmente, assumono particolare rilevanza il complesso della normativa vigente sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, il ruolo cruciale delle tecnologie di IA inclusive e le sinergie tra amministrazioni pubbliche, sindacati e imprese. 1.3. Rilevanza del tema per i lavoratori con disabilità e/o DSA La rivoluzione digitale e l’introduzione di sistemi di IA nei processi operativi della Pubblica Amministrazione comportano rischi e opportunità. Per i lavoratori con disabilità e con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), tali tecnologie possono costituire leve abilitanti, a condizione che siano progettate e implementate in modo conforme ai principi di universal design e di accomodamento ragionevole. Viceversa, una mancata considerazione degli aspetti di accessibilità e inclusività rischia di accentuare disuguaglianze e discriminazioni. Di qui, l’esigenza di verificare che ogni misura pianificata nella Strategia IA, nel Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (ed. 2024-2026 e suo Aggiornamento 2025) e nelle Linee Guida AgID (“Linee Guida per l’adozione, l’acquisto e lo sviluppo di sistemi di IA nella Pubblica Amministrazione” in consultazione pubblica) risulti coerente con l’ampio dettato normativo, con i principi costituzionali di uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.) e con gli obblighi internazionali ed europei in materia di non discriminazione. ......... Omissis
Si mette in evidenza la necessità di:
- Adeguare la Strategia IA e le relative Linee Guida AgID ai principi di inclusione, non discriminazione e tutela dei diritti fondamentali delle persone con disabilità e dei lavoratori con DSA o fragilità.
- Inserire esplicitamente, in ciascuna fase del ciclo di vita dell’IA, l’obbligo di valutare e monitorare gli impatti sui lavoratori con disabilità, prevedendo accomodamenti ragionevoli e standard di accessibilità.
- Coordinare gli interventi con le disposizioni nazionali introdotte da L. n. 227/2021, D.Lgs. n. 222/2023, D.Lgs. n. 62/2024 e, più in generale, dalle norme vigenti sull’accessibilità (L. n. 4/2004), sul collocamento mirato (L. n. 68/1999), sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) e sulla privacy (Reg. UE 2016/679).
- Garantire la sinergia con i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro e con la contrattazione integrativa, affinché le implicazioni organizzative dell’IA, in termini di mansioni, orari di lavoro, sicurezza e controllo, siano condivise con le parti sociali, prevedendo tutele specifiche per i lavoratori con disabilità.
È auspicabile, infine, che gli strumenti applicativi (dalle circolari attuative fino ai manuali operativi per i referenti IA nelle singole PA) riflettano queste istanze, evitando dispersioni e ridondanze e garantendo coerenza sistematica.
Trump e compagnia : noi non siamo figlie e figli di un Dio Minore
Alessandra Servidori NOI NON SIAMO FIGLIE E FIGLI DI UN DIO MINORE
Arrivano inviti a vari eventi come se nulla fosse mentre il mondo che conosciamo è sconvolto da Trump e la sua banda che con molti atteggiamenti predatori vuole affondare il coltello nella piaga ucraina ed europea con non solo l’immagine ma con i fatti di una America forte e tracotante mentre invece è indebolita non solo dal forte disavanzo commerciale e dal grande debito pubblico, ma anche dalla competizione di altre potenze. Si parla anche in Italia dei dazi e siamo disorientati dai vari disequilibri internazionali che si vanno delineando. E la verità è che l’attuale politica americana è farneticamente anti-occidentale . E vero è che l’America con l’Europa, èstata fino ad oggi la punta di diamante dell’Occidente, inteso come luogo di libertà, di democrazia e di innovazione scientifica e tecnologica. E appena neanche un mese fa il nuovo governo americano si è presentato al mondo con un marchio tecnologico ben visibile nella presenza fisica dei più importanti “gigacapitalisti” americani alla cerimonia di insediamento ma altrettanto vero è che lo sviluppo tecnologico, anche nelle sue punte più elevate, non è più appannaggio esclusivo dell’Occidente e può benissimo avvenire in sistemi non occidentali. La Cina, e India, sono i più vistosi, ma ci sono anche altri Paesi e dunque mentre questi acquisiscono dunque selettivamente alcuni pezzi delle skills di solito attribuite all’Occidente, Trump sta navigando in direzione opposta ad alcuni tratti occidentali, con scelte irrevocabili dichiarate di fronte al mondo. Affonda l’Alleanza Atlantica,proclama Putin e la Russia “potenza mondiale”, in nome della “pace”. Eppure Putin non solo è aggressore responsabile della guerra, ma è l’esponente di punta della contrapposizione netta ai valori occidentali e sponsor dichiarato del modello delle democrazie “illiberali”, che proprio in Russia abbiamo più volte visto in azione nelle sue manifestazioni più violente e lesive dei diritti. E anche i nostrani putiniani puri spergiurano che l’obiettivo è quello di indebolire la Cina ma è talmente disgustoso vedere come vi è una comune affinità muscolare e autoritaria tra i due presidenti Putin e Trump, che condividono la stessa concezione del potere e della democrazia: il primo fondato sulla forza, la seconda fondata solo sul consenso (anche se strappato col ricorso a menzogne, intrusioni e manipolazioni), senza i correttivi e i limiti imposti dal diritto e dalla Costituzione. Poi Trump è di una arroganza spregevole : appoggia le tecnologie informatiche, e promuove un progetto per l’intelligenza artificiale da 500.000 miliardi, che vede tornare in campo lo Stato (purtroppo inteso e re-interpretato come lo Stato sono io ), appare invece tutt’altro che amico della scienza e degli scienziati, forse perché questi non promettono ritorni immediati, o, più probabilmente, perché le loro ricerche e i loro responsi navigano spesso in direzione contraria agli interessi dei gruppi economici e finanziari di cui è rappresentante, come l’industria del petrolio. No trumpista dunque all’accodo sul clima che rigetta da sempre sì ai tagli alla ricerca scientifica, firmati con entusiasmo a danno di Università, organizzazioni culturali, centri di ricerca, costringendo inoltre ricercatori e scienziati a ritirare pubblicazioni che contengano termini che alludono alla diversità di genere e all'inclusione. Trump si presenta al mondo infatti anche come un demolitore dell’ordine istituzionale vigente, sia all’interno, sia a livello internazionale, ossia di un ordine basato sulle regole giuridiche, invece che sulla forza e sull’arbitrio. Certo vero è che a volte varie di quelle regole siano state inapplicate o distorte dagli stessi occidentali, in nome di interessi di parte, e spesso a svantaggio delle parti più deboli. Ma oggi sta accadendo che le regole del diritto internazionale e del diritto costituzionale, i princìpi su cui gli Stati e l’autorità pubblica sono stati costruiti, soprattutto in Europa, vengano clamorosamente dismessi dallo stesso presidente degli Stati Uniti. L’Amerikano ha intenti predatori, come nel caso delle terre rare in Ucraina o del progetto su Gaza, o fa proposte tacciabili di grave illegalità, come quelle sulla Groenlandia o sul Canada, in ossequio all’idea che tutto si possa conquistare con la forza o con i soldi. Sul piano interno, ogni giorno, invece di attenersi a quel doveroso metodo istituzionale per chi assuma pubbliche decisioni in uno Stato democratico, firma i suoi ordini esecutivi, come se fossero l’unica modalità per assumere pubbliche decisioni. In altri termini, Trump, sta cercando di portare a termine il tentativo già avviato nella sua scorsa presidenza di “fare della presidenza un potere incontrollato” e “autosufficiente”, ossia “indipendente dagli altri poteri. E’ una auto-legittimazione di tipo nuovo, basata esclusivamente sul consenso degli americani e perfino sulla pretesa investitura da Dio, ma priva di tutte quelle procedure e di quei contrappesi che il diritto impone alla politica per garantire un governo davvero democratico. Noi ci chiediamo : ma come funzioneranno i famosi “contropoteri” del sistema americano, ossia le Corti, la Corte Suprema, i poteri statali, resi spesso oggetto di pesanti minacce, e anche le cosiddette commissioni che regolano indipendentemente lo Stato (anche queste poco amate e prese di mira), per arginare la straripante illegalità del presidente. Anche i rappresentanti del partito repubblicano devono rapidamente decidere se accodarsi in questa sbornia di potere, che trascina gli Stati Uniti verso una distruzione democratica e istituzionale, o dare qualche segno di non allineamento, o di aperto dissenso. E noi Italiani cosa aspettiamo per riappropriarci della nostra inviolabilità della libertà individuale e la sicurezza dei diritti di proprietà, garantiti da un governo rappresentativo e costituzionale e allearci tra paesi ragionevoli Europei ( non tutti ovvio!) e dare vita ad un gruppo di governo di persone colte e coraggiose che sostenga l’attualità di una stagione di alleanza che difenda i nostri valori ,la nostra economia,il nostro futuro ?Coraggio su la testa .
DDL partecipazione utili d'impresa: passato alla Camera
Alessandra Servidori FINALMENTE CI SIAMO ! DDL AC 1573 Partecipazione lavoratrici e lavoratori alla gestione degli utili d'impresa passato in Aula. AVANTI ora al Senato !!!
Dopo una discussione in Commissione , vivacizzata da alcuni emendamenti poi in parte recepiti nel testo finale -è approdato in Aula alla Camera il ddl AC 1573 , legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle aziende che rappresenta un importante passo verso un cambiamento epocale. Si chiude il modello della distribuzione del reddito e del controllo esogeno della produttività, che ha caratterizzato l'era delle rivoluzioni industriali ma che ora è incapace di garantire la sostenibilità del welfare che per anni ha rappresentato uno strumento indispensabile alle politiche industriali: capitale umano, fonti di finanziamento, costi dell'energia, innovazione nei processi produttivi, analisi settoriali, crisi aziendali, sistema di contribuzione,sistemi di benefit e imposte fiscali transitavano soprattutto attraverso il sistema di welfare . Il modello ridistributivo dei guadagni di produttività previsto dall’art 46 nel tempo era già stato adottato da grandi aziende ,ma ora con la legislazione di riferimento vi è la possibilità di disegnare un nuovo modello redistributivo dei guadagni di produttività derivanti dal coinvolgimento diretto delle persone cd risorse umane ,dalle nuove tecnologie, basato sulla partecipazione, a fronte delle grandi transizioni in atto, nell’ambito delle nuove politiche industriali che devono essere calate nel contesto sociale. La competitività deve essere interpretata come un fattore di crescita, sviluppo e aumento del benessere individuale e collettivo. In questo quadro, quindi, è fondamentale investire soprattutto nella formazione e nel capitale umano a individuare gli obiettivi di produttività che si pongono le imprese insieme al management. Il Ddl prevede 15 articoli che devono essere implementati dalla contrattazione collettiva e regolano 4 diverse forme di partecipazione: quella gestionale,economica gestionale,organizzativa e consultiva coadivata da un Fondo per la partecipazione messo a bilancio. Lo sviluppo della norma- di tipo volontario- in capo alla contrattazione collettiva prevede a proposito del trattamento fiscale , che le somme derivanti dalla distribuzione ai lavoratori dipendenti di una quota di utili di impresa non inferiore al 10 per cento degli utili complessivi sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento, entro il limite di importo complessivo di 5.000 euro lordi, se erogate in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Posto che secondo norma vi è la possibilità che, nelle aziende, siano previsti piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori,tali piani possono individuare oltre agli strumenti di partecipazione dei lavoratori al capitale della società previsti dalle disposizioni del codice civile anche l'attribuzione di azioni in sostituzione di premi di risultato, ferma restando la previsione di cui all’articolo 1, comma 184-bis, lettera c), della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), secondo cui tali azioni, qualunque ne sia il valore e indipendentemente dalle condizioni stabilite dall’articolo 51, comma 2, lettera g), del TUIR, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggette all’imposta sostitutiva del 10 per cento per i premi di risultato. Si dispone, altresì, che per l’anno 2025 i dividendi corrisposti ai lavoratori e derivanti dalle azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato, per un importo non superiore a 1.500 euro annui, sono esenti dalle imposte sui redditi per il 50 per cento del loro ammontare . Il DDL prevede anche un importante ruolo per il CNEL. Si stabilisce, infatti, l'istituzione presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro della commissione nazionale permanente con funzioni interpretative e di indirizzo sull'attuazione della partecipazione dei lavoratori alle aziende. Con questo passaggio in Senato questo traguardo che finalmente attua l'articolo 46 della Costituzione ci auguriamo venga definitivamente raggiunto. Il nostro paese si trova in una situazione di estrema fragilità, dovuta soprattutto all'elevata tassazione e alla debolezza delle finanze pubbliche. Diventa quindi ancora più importante spingere quelle riforme,come quelle già previste in Costituzione sulla partecipazione dei lavoratori e lavoratrici dell’Art 46, a livello nazionale ed europeo, che possono rendere l'economia più dinamica e innovativa.
DONNE AL LAVORO 10 e 11 marzo Antoniano via Guinizzelli 13 BOLOGNA Incontri gratuitii
Associazione Nazionale TUTTEPERITALIA con le Associazioni ZONTA CLUB BOLOGNA - INNER WHEEL - CENTRO STUDI PROGETTO DONNA E DIVERSITY MGMT con il Patrocinio del Ministero dell’Università e Ricerca
IN RICORDO DEL PROF. MARCO BIAGI organizza due mezze giornate informative gratuite per donne in cerca di occupazione e studentesse che si affacceranno al mondo del lavoro LUNEDI 10 MARZO MARTEDI 11 MARZO 2025 ore 16-19
incontri gratuiti con rilasciato attestato partecipazione
“Una corretta politica delle pari opportunità deve innanzitutto basarsi su interventi diretti ad abolire ogni pratica discriminatoria e quindi qualsiasi tipo di differenziale retributivo, a parità di lavoro svolto. Al tempo stesso, però, la presenza femminile nel mondo del lavoro deve essere promossa a tutti i livelli e resa possibile operando con gli strumenti propri di un’economia di mercato.” MARCO BIAGI (pag 76 Libro Bianco 2001)
Cercare e trovare lavoro nell’Italia di oggi non è semplice soprattutto per le donne. Le donne giovani continuano ad essere preoccupate di come muoversi sul territorio sapendo bene che il lavoro è cambiato ed è necessario avere informazioni precise su quello che chiede oggi l’impresa. Ogni incontro è organizzato in sei tavoli tematici dove ci sarà una/un relatrice/ore esperto dell'argomento che risponderà alle domande poste dalle donne rispetto a dubbi e bisogni relativi al tema trattato. Ogni persona può spostarsi sugli altri tavoli seguendo e informandosi sugli argomenti che stanno più a cuore.
Gli incontri interattivi gratuiti sono tenuti da professioniste e professionisti della materia.
Argomenti dei Tavoli
TAVOLO 1 Cosa sappiamo e cosa pensiamo di saper fare: dal C.V. al colloquio di selezione Relatrice Roberta Bortolucci Coordinatrice Maria Mantini Satta
TAVOLO 2 I recenti provvedimenti per l’occupazione femminile Relatore Carlo Emanuele Pupo Coordinatrice Carla Facchini
TAVOLO 3 Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro Relatrice Alessandra Servidori Coordinatore Francesco Alberto Comellini
TAVOLO 4 I profili professionali richiesti e l’AI Relatrice Barbara Maiani Coordinatore Giacomo Forcione
TAVOLO 5 La discriminazione diretta e indiretta Relatrice Sonia Alvisi Coordinatrice socia Inner Wheel
TAVOLO 6 Lavoro e tutela della genitorialità Relatrice Francesca Pizzi Coordinatrice Stefania Berti È necessario iscriversi entro e non oltre il 25 febbraio 2025 scrivendo a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Sarà rilasciato un attestato di partecipazione
La Sede è:
ANTONIANO - VIA GUINIZZELLI 13 - Aula OFF – Bologna Lunedi 10 marzo 2025 ore 16-19 - Martedì 11 marzo 2025 ore 16-19 ISCRIVETEVI Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
prevenzione salute sicurezza e uE
Alessandra Servidori La strategia e i programmi di lavoro dell’EU-OSHA. Prevenzione salute sicurezza
La strategia dell’EU-OSHA Agenzia europea per la prevenzione salute e sicurezza pubblicata in questi giorni per il periodo 2025-2034 affronta problematiche in evoluzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (SSL), preparando l’Agenzia a reagire di fronte a importanti sviluppi sociali, come la transizione verde e digitale , e l’invecchiamento della forza lavoro. L’Agenzia si concentra su tre linee d’azione: mettere a disposizione conoscenze per l’elaborazione delle politiche, sviluppare strumenti atti a prevenire i rischi e sensibilizzare al fine di promuovere una cultura della prevenzione, rimanendo al contempo sostenibile sul piano ambientale e sociale. L’adozione della strategia stimolerà l’EU-OSHA a creare un valore ancora maggiore grazie a una più stretta collaborazione con l’UE e i partner nazionali. L’Agenzia ha posto questa etica della collaborazione al centro della strategia per massimizzare i risultati del proprio lavoro. La situazione nell'UE per quanto riguarda gli infortuni e le malattie professionali rimane una sfida significativa. Nonostante i miglioramenti ottenuti nel corso dei decenni, ci troviamo ancora di fronte a gravi conseguenze per i lavoratori, le aziende e la società. Ogni anno si registrano oltre 3.300 infortuni mortali sul lavoro e circa 170.000 decessi per malattie professionali. I dati indicano che dobbiamo continuare a impegnarci per migliorare la sicurezza e la salute sul lavoro. Anche l'impatto economico è notevole, con costi pari a circa il 3,3% del PIL. La legislazione, la formazione e lo sviluppo di strumenti analogici e digitali hanno permesso di compiere progressi significativi in materia di SSL. Questi miglioramenti hanno portato a migliori sistemi di gestione della SSL, a una maggiore consapevolezza dei rischi specifici e a innovazioni tecniche che riducono i rischi per la salute. La riduzione complessiva degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali dalla metà degli anni '90 è in gran parte dovuta a migliori misure di prevenzione, organizzative e tecniche, sostenute da cambiamenti economici, tecnologici e da una migliore assistenza medica. Inoltre, le organizzazioni internazionali e l'UE hanno svolto un ruolo cruciale nell'ammodernamento della legislazione in materia di SSL e nella promozione di sforzi globali per ambienti di lavoro più sicuri. Nonostante questi miglioramenti, in alcuni settori si è registrata una stagnazione. La percentuale di lavoratori esposti ai rischi tradizionali per la sicurezza e la salute, come il rumore, la polvere e gli agenti chimici, è rimasta stabile dal 2005. Anche i rischi ergonomici, tra cui i movimenti ripetitivi e la permanenza prolungata in posizione seduta, non sono diminuiti in modo significativo. L'attuazione e l'applicazione delle normative in materia di SSL non sono progredite in modo uniforme in tutti i settori, con alcune aree che registrano una limitata conformità. Inoltre, il passaggio a lavori più amministrativi ed emotivamente impegnativi ha portato a un aumento delle sfide psicosociali ed emotive, con un'attuazione limitata delle misure di mitigazione. L'incompleto rispetto delle norme di SSL è più evidente nei settori con modalità di lavoro mobili, a domicilio e non standard. Queste tipologie di lavoro spesso non hanno un rapporto chiaro tra datore di lavoro e lavoratore, e ciò mina il principio della responsabilità del datore di lavoro in relazione alle condizioni di lavoro. L'aumento del lavoro sommerso e illegale complica ulteriormente il panorama della SSL, poiché questi lavoratori spesso si trovano ad affrontare condizioni peggiori e non sono adeguatamente rappresentati nelle statistiche. Inoltre, la crescente prevalenza del lavoro fisicamente inattivo pone seri rischi per la salute, contribuendo a malattie diffuse come l'obesità. Persistono notevoli disparità nelle condizioni di lavoro tra gli Stati membri dell'UE e le catene di approvvigionamento globali continuano a presentare una distribuzione iniqua dei rischi per la SSL.L'attuale strategia dell'EU-OSHA delinea le sue priorità per un decennio e definisce nelle tre linee d'azione strategiche i seguenti obiettivi:Fornire prove e conoscenze sui rischi attuali, nuovi ed emergenti per quanto riguarda il loro impatto sulla sicurezza e la salute e la loro prevenzione, a sostegno dell'elaborazione delle politiche e della ricerca. Promuovere e facilitare lo sviluppo di strumenti e risorse per responsabilizzare le reti e i partner dell'Agenzia a migliorare la prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro sul luogo di lavoro.Promuovere azioni di sensibilizzazione e di messa in rete per consentire all'Agenzia e alle sue parti interessate di promuovere una cultura positiva della prevenzione dei rischi sul lavoro.
Nuove linee strategiche contro l'antisemitismo.Sono pronte
Dichiarazione del Presidente Meloni in occasione del Giorno della Memoria e dell'80° Anniversario della Liberazione di Auschwitz - ECCO TUTTEPERITALIA SOTTOSCRIVE La Strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo, un documento articolato e di scenario che fissa obiettivi e azioni concrete per contrastare un fenomeno abietto che non ha diritto di cittadinanza nelle nostre società.
27 Gennaio 2025
Ottant’anni fa l’orrore della Shoah si è mostrato al mondo in tutta la sua terrificante forza.
Il 27 gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz sono stati abbattuti, e insieme ad essi è crollato anche quel muro che impediva di vedere chiaramente l’abominio del piano nazista di persecuzione e di sterminio del popolo ebraico.
Uomini, donne, bambini e anziani strappati dalle loro case, costretti a lasciare tutto, portati nei campi di sterminio e uccisi solo perché di religione ebraica. Un piano la cui premeditata ferocia fa della Shoah una tragedia che non ha paragoni nella storia.
Un piano, quello condotto dal regime hitleriano, che in Italia trovò anche la complicità di quello fascista, attraverso l’infamia delle leggi razziali e il coinvolgimento nei rastrellamenti e nelle deportazioni.
Un abisso a cui si contrappose il coraggio di tanti Giusti, che non esitarono a disobbedire e a rischiare la propria stessa vita per salvare quella di migliaia di innocenti.
Oggi celebriamo il Giorno della Memoria della Shoah, ricordiamo i nomi e i cognomi delle vittime e rinnoviamo la memoria di quei fatti, anche attraverso la testimonianza dei sopravvissuti e dei loro discendenti.
Testimoni viventi di una pagina orribile del nostro passato, ai quali rendiamo ancora una volta il nostro ringraziamento. Perché, se oggi conosciamo ciò che è accaduto, lo dobbiamo soprattutto a loro. “Sono vivo affinché possa testimoniare. C'era un disegno più grande per me, e andrò avanti a ricordare fin che vivrò”, ha detto Sami Modiano. È un insegnamento straordinario, che dobbiamo far nostro per coltivare la memoria e accrescerne, sempre di più, la consapevolezza nelle giovani generazioni.
L’antisemitismo non è stato sconfitto con l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz. È una piaga che è sopravvissuta alla Shoah, ha assunto declinazioni diverse e si propaga attraverso strumenti e canali nuovi. Combattere l’antisemitismo, in tutte le forme in cui si manifesta, antiche e moderne, è una priorità di questo Governo.
Impegno mai venuto meno e che intendiamo portare avanti con forza e determinazione, anche attraverso l'elaborazione della nuova Strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo, un documento articolato e di scenario che fissa obiettivi e azioni concrete per contrastare un fenomeno abietto che non ha diritto di cittadinanza nelle nostre società.
22 gennaio 2025 Camera Dei deputati partecipazione dei lavoratori e lavoratrici
22 gennaio Camera Dei Deputati ALESSANDRA SERVIDORI
Partecipazione occasione che non possiamo perdere di dare anima e corpo all’art 46 della Costituzione perché si sviluppi quella convergenza che ha dato vita a esperienze e iniziative nelle aziende che sono di grandi varietà dirette e pratiche organizzative,puntando a rinnovare la gestione dell’impresa, sia le relazioni industriali con una legislazione di sostegno e incentivi economici e sulla base di esperienze consolidate esperienze aziendali e di gruppo, realizzate tramite la contrattazione collettiva.
La partecipazione non è solo un momento “istituzionale” a sé, ma si iscrive in un modello di relazioni industriali che ha già – e da tempo – dei solidi punti di riferimento che affidano un senso e un ruolo all’associazione dei lavoratori alla definizione delle prospettive dell’impresa.
L’articolo 4 del Dm 25 marzo 2016 ha fornito una prima definizione di “coinvolgimento paritetico” che può tradursi in coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti. Su questa definizione è intervenuta l’amministrazione finanziaria chiarendo che tali disposizioni sono finalizzate a incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando incrementi di efficienza e produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Al fine di beneficiare dello sgravio è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni di pari livello, importanza e dignità rispetto a quelle espresse dai responsabili aziendali. È certamente da ricordare in materia di partecipazione organizzativa l’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria su “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva […]” (c.d. “Patto della fabbrica”) del 28 febbraio-9 marzo 2018.
L’iniziativa della Cisl trae spunti e suggerimenti da alcune esperienze, con l’ambizione di costruire un sistema di partecipazione universalmente diffuso, in tutte le forme di datorialità, ivi incluse, ove compatibili, le organizzazioni no-profit, i centri di istruzione e formazione, le fondazioni e gli enti culturali (musei, teatri, ecc.), le pubbliche amministrazioni.
Sicuramente dobbiamo partire da una prima fase di crescita , conoscenza, delle pratiche di esperienze di partecipazione diretta e organizzativa puntando a rinnovare sia la gestione delle imprese sia le relazioni industriali anche in situazioni di emergenza come il lock down facendo emergere quelle carsiche sulla base poi di esperienze consolidate, cercare un coinvolgimento e un appoggio legislativo capace di produrre risultati per la produttività dell’intero sistema economico per i salari e la qualità del lavoro e qui si deve collegare la partecipazione organizzativa alla partecipazione strategica ( difficile e controversa) perché abbiamo tre nodi da sciogliere : Il doppio canale cioè il rapporto tra i sindacati e le rappresentanze elette da tutti, il rapporto tra gli amministratori dell’impresa solo informativi ,di consultazione o poteri di condizionamento ,la questione dell’estensione della legge solo alle grandi imprese ma anche alle medie e piccole e senza il superamento degli interessi divergenti finire per fare solo maggiori diritti di informazione .
La partecipazione è strumento di modifica dell’organizzazione del lavoro -partecipazione diretta o partecipazione strategica dell’impresa e dunque dipende dall’ampiezza degli argomenti : sicurezza sul lavoro , commissioni paritetiche sistemi di qualità cottimi orari part time dominati da logiche contrattuali e la partecipazione diretta ci deve prevedere le innovazioni tecnologiche e quindi gruppi di miglioramento i team autonomi ,i suggerimenti ,la formazione sul posto di lavoro le comunità professionali di pratiche anche nelle piccole imprese e ovviamente cercare di applicare 4.0 accordi sindacali e commissioni paritetiche sul premio di risultato
L’urgenza per l’innovazione tecnologica : i progetti innovativi senza il coinvolgimento dei lavoratori sono fallimentari mentre se sono coinvolti risparmiamo tempo e abbiamo più qualità la partecipazione riduce la resistenza al cambiamento e il progetto tecnico e organizzativo deve essere congiuntamente strutturato e partecipato con approccio sperimentale interattivo come forme di apprendimento continuo.
Dunque forme diverse di partecipazione ma comunque sinergiche con partecipazione organizzativa e sindacale con un apporto positivo del management e si troveranno forme diverse di coinvolgimento più adatte al contesto e le nuove forme di coinvolgimento si possono consolidare se il contesto normativo e legislativo favorisce anche forme strategiche alle decisioni nel lungo periodo non solo su un progetto a breve periodo perché i lavoratori si ritrovino nel percorso di successo dell’impresa e condividere i futuri guadagni
Oggi sperimentare vie di partecipazione e valorizzazione del lavoro po trebbe essere una soluzione strategica per uscire dalla stagnazione pluridecennale di salari e produttività.
Certo non bi sogna dimenticare le differenze tra i vari sistemi di rappresentanza del lavoro. Nel nord Europa è diffuso il “canale doppio”: da un lato i rappresentanti dei lavoratori, dall’altro i rappresentanti sindacali, con compiti e ruoli differenti. In Italia è praticato il “canale unico” di rappresentanza secondo forme riconosciute in tutte le aziende sopra una certa dimensione. Da noi non è possibile, per fare un esempio, inserire dei rappresentanti dei la voratori nei consigli di amministrazione delle imprese senza che questi siano anche rappresentanti sindacali, cioè soggetti titolari di contrattazione con le imprese. Per questa prima differenza, attuare esperienze partecipative in Italia è più complesso e difficilmente sperimentabile attraverso strumenti legislativi che non abbiano prima definito la misura della rappresentanza (delle imprese e dei sindacati) e il ruolo che gli compete. E nemmeno le imprese hanno mai seriamente sollecitato forme di co-gestione tra ”operai e capitale” (nemmeno le imprese cooperative). Per non dire delle differenze strutturali delle aziende. In Italia, come è noto, più del 95% delle imprese è di piccola o piccolissima dimensione. In queste esperienze esiste certamente una minore separazione tra competenze imprenditoriali e competenze del lavoro (“per natura” mescolate fra loro) e una prassi inclusiva consolidata. Pur non essendo essa formalizzata le forme utili e necessarie di maggiore partecipazione del lavoro alla gestione delle imprese devono essere sperimentate “dal basso” dalla contrattazione sindacale di secondo livello (ed eventualmente, dopo, sostenute e generalizzate da strumenti legislativi che ne facilitino la diffusione).Sicuramente non si deve partire dalla “partecipazione economica” ma da una partecipazione all’organizzazione del lavoro e della produzione sia di beni che di servizi. Se il lavoro (e la sua rappresentanza unica) è protagonista consapevole della creazione del valore dell’impresa potrà a buon diritto “partecipare” anche alle scelte di impiego di quel plus-valore, sia in forme di cogestione che in forme di controllo (presenza nei consigli di amministrazione oppure in comitati di garanzia). Partire a rovescio, dalla co-gestione del capitale di impresa lo ritengo una scorciatoia impraticabile, e non gradita soprattutto da parte delle aziende e dei loro azionisti.
I piani azionari per i dipendenti sono la mani festazione di una concezione meno conflittuale dei rapporti tra imprenditori e lavoratori, ma fi nora non riflettono un organico disegno riforma tore che veda impegnate nella sua realizzazione le parti sociali. L’esiguità della diffusione di questa pratica te stimonia come lasciarla alle singole iniziative im prenditoriali significhi rinunciare a una strategia innovativa delle relazioni industriali che veda an che i lavoratori assumere un ruolo da protagoni sti.
La legge . Che si tratti della partecipazione agli organi di governo della società o dei piani di partecipazione finanziaria tutto deve rientrare nella negoziazione tra le parti. Inoltre, il passaggio dalla contrattazione collettiva diventa la sola condizione per beneficiare da parte sia dei lavoratori, sia delle imprese delle possibili agevolazioni fiscali. In questo contesto si prevede (art.21) anche la creazione di un nuovo soggetto il “Garante della sostenibilità delle imprese” che opera come meccanismo di certificazione della sostenibilità delle imprese, una qualifica alla quale contribuisce l’adozione degli strumenti partecipativi prima richiamati, con la possibilità, alla luce della certificazione, di ulteriori misure premiali (non specificate) definite dal Ministero delle Finanze. Sono queste direttrici che pongono non pochi interrogativi sull’esigenza di “spingere” le imprese sul terreno della responsabilità sociale attraverso meccanismi incentivanti, soprattutto alla luce di un’asimmetria con l’evoluzione della legislazione comunitaria notoriamente sempre più indirizzata verso regole prescrittive.
Per chi si ricorda la storia dei consigli di gestione allora cioè da un lato ilconflitto e dall’altro la collaborazione. Ciò che prevalse fu un’azione collaborativa dei consigli alla ricostruzione per garantire il lavoro e l’occupazione alle masse industriali e ai disoccupati e, quindi, orientata ad un obiettivo prioritario di aumento della produzione.In questa logica i rappresentanti dei lavoratori compirono uno sforzo notevole di elaborazioni, analisi, proposte per migliorare gli aspetti tecnici e produttivi delle attività aziendali in particolare industriali. Se i tempi del ritorno alla normalità produttiva furono relativamente brevi ciò lo si deve anche all’opera dei consigli di gestione. Tra tutti l’esempio dellaFiat è emblematico come testimoniano numerosi lavori di ricostruzione storica di quel periodo.
Poi è evidente che partecipazione può significare anche maggiore produttività Stiamo parlando di dati 2023 ISTAT, gli ultimi disponibili, e il quadro è nero: la produttività del lavoro è scesa del 2,5 per cento, quella del capitale dello 0,9 per cento e la produttività totale di tutti i fattori è calata anch'essa del 2,5 per cento. Siamo di fronte a un drastico peggioramento perché se è vero che la produttività non è stata la materia in cui siamo storicamente andati meglio, almeno negli anni tra il 2014 e il 2023 si era registrato un incremento medio di quella del lavoro dello 0,5%. Le ore lavorate, invece, nel 2023 sono aumentate più del valore aggiunto. Anche dalla produttività del capitale arrivano notizie sconsolanti sullo stato degli investimenti in tecnologie dell'informazione e della comunicazione, lo 0,9 per cento in un anno indica un andamento a gambero dell'innovazione. Vale per questo caso lo stesso ragionamento di prima: non è che negli anni scorsi andasse a gonfie vele ma almeno nel periodo 1995-2023 la produttività del capitale era cresciuta dello 0,4 per cento medio annuo grazie a un valore aggiunto superiore a quello che viene chiamato l'input di capitale. La produttività totale dei fattori che, come sottolinea l'Istat, riflette l'efficienza complessiva in cui lavoro e capitale sono utilizzati nel processo di produzione. Un 2,5 per cento in meno in un solo anno denuncia lo stato di salute del sistema produttivo che non riesce a generare nemmeno il valore aggiunto degli anni precedenti. E che quindi corre il pericolo di allargare il gap di produttività nei confronti dei Paesi concorrenti. Ma invece guai a parlarne. E stavolta la responsabilità è di tutti anche di quelle dell'opposizione, della Confindustria e dei sindacati ma, appunto, anche del sistema dell'informazione. Ma il rischio di avviarci lungo quella via bassa della competitività, che segnerebbe una sconfitta storico del modello produttivo italiano, c'è tutto. Anche perché siamo davanti allo sviluppo di un nuovo ciclo di innovazione, legato all'intelligenza artificiale, e dobbiamo assolutamente arrivarci con un patrimonio tecnologico adeguato .
20 novembre giornata internazionale bambini e adolescenti
Alessandra Servidori
Mi hanno chiesto di anticipare un commento in preparazione della giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza che è stabilita il 20 novembre ogni anno dal 1954 dall’Onu. Aspettando la relazione annuale del Parlamento e del Garante per l’Infanzia italiano accenno a qualche considerazione. Un esame del quadro statistico storico evidenzia la incessante diminuzione del numero di bambini e bambine, ragazzi e ragazze e specularmente l’invecchiamento della popolazione sul quale ovviamente traballa il nostro sistema di sostegno sociale in particolare per quello che riguarda il welfare. Sul fronte familiare, l’instabilità coniugale risulta in aumento, vista la crescita di separazioni e divorzi, da cui deriva un aumento dei nuclei monogenitoriali anche causati da una povertà in salita. Anche le adozioni nazionali, internazionali e affidamento familiare risultano in calo, mentre cresce l’accoglienza di bambini e bambine, ragazzi e ragazze nei servizi residenziali per minorenni. Relativamente all’educazione e alla scuola, al contrario di quanto accade per i servizi educativi per la prima infanzia, gli iscritti della scuola dell’infanzia aumentano e il tasso di scolarità è vicino a quello della scuola primaria che, tuttavia, ha un lieve trend di decrescita. La dispersione e l’abbandono scolastica sale nella scuola secondaria di secondo grado con notevoli differenze territoriali. Le Linee guida del Comitato Onu per la redazione dei rapporti governativi periodici, è utilizzato per l’elaborazione del rapporto quinquennale all’Onu sullo stato di applicazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176 ed è il riferimento per costruire un quadro che poi si realizza concretamente attraverso il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza che opera dal 2018 per promuovere informare e comunicare lo stato delle politiche a favore dell’infanzia e adolescenza e l’impatto storico che ne risulta sulla popolazione italiana. Ne sono strettamente correlate le linee di bilancio dedicate all’infanzia e all’adolescenza, per far valere il principio di non discriminazione e il diritto all’istruzione, di garantire la partecipazione di bambini, bambine e adolescenti ai progetti che li riguardano e ai programmi di sviluppo sostenibile e di diffondere fra bambini e bambine, ragazzi e ragazze la conoscenza dei loro diritti. Personalmente è fondamentale essendo componente del Comitato per il contrasto alla povertà educativa minorile approfondire il tema della povertà ed esclusione sociale di bambini e bambine, ragazzi e ragazze in Italia. Si rileva che la povertà è un fenomeno complesso che non comprende solo la sfera economica e che è strettamente connesso all’esclusione sociale, perché si ripercuote sull’opportunità di crescita individuale. Solo recentemente sono stati messi a punto indici di deprivazione materiale specifici per bambini e bambine, ragazzi e ragazze e contemporaneamente è stata modificato attraverso uno studio mirato i criteri di misurazione di povertà relativa e assoluta ed è emerso come siano numerosi i minori di età in una situazione di deprivazione, poiché non hanno accesso a un insieme di beni e servizi essenziali per uno standard di vita accettabile. Il rischio di povertà è in aumento nelle famiglie con almeno un figlio minorenne e cresce con l’aumentare del numero dei figli.E peraltro incide l’assottigliarsi dei contingenti delle donne in età riproduttiva, che nella compressione del periodo fertile e a parità di propensione a fare figli, garantiscono via via un numero sempre più ridotto di nati. E poi la verità è che se anche le donne mettono al mondo bambini la loro occupazione è fortemente instabile ovvero percaria in quanto mancano ancora a tutt’oggi servizi per l’infanzia la non autosufficienza e la terza età per non parlare della flessibilità lavorativa che NON consente un equilibrio tra vita e lavoro, un sistema fiscale che punisce il reddito familiare e una mancanza di congedi parentali che pesano sia per le lavoratrici che per i lavoratori che devono sostituire il sistema di sostegno del welfare in declino per problemi di debito pubblico. L’assottigliarsi del numero di bambini e bambine, ragazzi e ragazze è palese in ogni ambito della vita quotidiana, a partire dalla famiglia, in cui la crescita delle nuove generazioni è caratterizzata sempre più da contesti di vita a prevalenza adulta, in cui più rare sono le occasioni di confronto e condivisione con fratelli e cugini, di pari età. I tassi di copertura segnalano un trend di decrescita, della frequenza scolastica in tutti gli ordini scolastici presi in considerazione, con valori preoccupanti nelle scuole secondarie di II grado. Nell’ambito della dispersione scolastica rientrano gli alunni che si ritirano ufficialmente entro il 15 marzo; non vengono valutati per assenze dovute a motivi familiari; non vengono valutati per interruzione scolastica in corso d’anno per motivi sconosciuti alla scuola; non vengono valutati perché mai frequentanti, sebbene iscritti. Per abbandono scolastico si intende la mancanza di informazioni di giovani che non è possibile conoscere e questo è un elemento molto grave con differenze territoriali diverse tanto che continuiamo a registrare in moltissimi ambiti tre confini del nostro paese nonostante il Riparto del Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale e adozione del Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà con cui è stato adottato il primo Piano per gli ai trienni dal 2018 e sempre di seguito, dal Pnrr e da un coordinamento interministeriale per politiche per la famiglia, sostegno della maternità e della paternità, conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, misure di sostegno alla famiglia, genitorialità e natalità (anche per contrastare la crisi demografica); e ancora in materia di politiche per le adozioni – anche internazionali – di minorenni italiani e stranieri, di politiche per l’infanzia e l’adolescenza – anche con riferimento allo sviluppo dei servizi socioeducativi per la prima infanzia –, in materia di politiche in favore delle persone con disabilità – anche con riferimento a quelle per l’inclusione scolastica –, l’accessibilità e la mobilità. I dati diffusi dall'Istat dimostrano che sono le bambine, i bambini e gli adolescenti i più colpiti dalla povertà in Italia. Sono infatti 1,29 milioni i minori in povertà assoluta (il 13,8% del totale), il valore più alto dal 2014, rispetto al 9,7% della popolazione totale.(Ottobre 2024) . La povertà e l’esclusione sociale dei minorenni ci mostrano, da una parte, che la prospettiva di sguardo del bambino non coincide necessariamente con quella dell’adulto – e per tale ragione è necessario aprire all’ascolto dei minorenni sui temi che riguardano la loro quotidianità e il loro vissuto – dall’altra che la condizione di povertà economica nell’infanzia preclude il fiorire e lo sviluppo di attitudini, talenti e aspirazioni, anche se non è la povertà di reddito l’unico fattore che incide sul benessere del bambino, è necessario investire per rimuoverla affinché non rappresenti un fattore di mortificazione delle potenzialità di ciascun bambino e bambina, ragazzo e ragazza. Parliamo di 1 bambino su 7 che vive in povertà assoluta in Italia : siamo di fronte ad una situazione in cui servono provvedimenti immediati per affrontare l’emergenza e una strategia nazionale, per assicurare a tutte le bambine e i bambini e gli adolescenti le stesse opportunità di crescita. Perchè loro sono il nostro futuro e un Paese che non investe sui suoi giovani non ha futuro.
TUTTEPERITALIA ADERISCE E PROMUOVE LA CARTA DEI DIRITTI
Alessandra Servidori * www.ilsussidiario.com
Nell’epoca della cd Responsabilità sociale dell’impresa che sovente è richiamata dalla normativa internazionale, l’iniziativa di docenti del centro interdipartimentale Orfect Prof Vincenzo Pacillo e Basira Hussen- Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia- FAR Dipartimentale Azione 10, nell’area La laicità come valore fondante dell’Unione Europea e le relazioni di lavoro,hanno promosso la CARTA DELLEBUONEPRASSI PER IL RISPETTO DELLA LIBERTÀ DI RELIGIONE E DI CONVINZIONE NEI LUOGHI DI LAVORI che aiuta concretamente la comunità lavorativa a dialogare e a comprendere le reciproche diversità tra uomini e donne di diverse etnie e superare possibili difficoltà.Questa iniziativa in una stagione di particolari tensioni risponde all’esigenza di integrare il quadro normativo esistente con linee guida operative che rendano più efficace e concreta l’applicazione dei principi di non discriminazione e tutela delle convinzioni religiose. La normativa, pur essendo chiara nei suoi principi generali, può risultare complessa da applicare in situazioni specifiche e la Carta può fornire indicazioni concrete su come gestire casi particolari (ad esempio, l’uso di simboli religiosi, l’osservanza di pratiche religiose durante l’orario di lavoro, o la gestione di giorni di riposo per festività religiose), garantendo così un’applicazione uniforme delle regole in diversi contesti aziendali. Molte delle problematiche relative alla discriminazione religiosa derivano da incomprensioni o da una mancanza di sensibilità e la carta può servire da strumento educativo e preventivo, fornendo al datore di lavoro e ai dipendenti linee guida chiare su come rispettare e promuovere la libertà religiosa in azienda, riducendo così il rischio di contenziosi legali,affrontando un più ampio concetto di diversità e inclusione sul posto di lavoro, promuovendo una cultura aziendale accogliente,MIGLIORA il benessere e la produttività dei dipendenti, favorendo un ambiente di lavoro più sereno e rispettoso delle diversità e delle reciproche necessità e flessibilità. Nell’ambito organizzativo aiuta a gestire permessi per festività religiose,i turni di lavoro, la gestione dell’abbigliamento religioso. Queste linee guida offrono soluzioni pratiche che bilanciano le esigenze del datore di lavoro con i diritti dei dipendenti, evitando conflitti può diventare un elemento distintivo nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa (CSR) e può dimostrare di essere un’azienda che migliora così la propria reputazione e favorisce buone relazioni con i propri stakeholder. Uno strumento pratico che ci sostiene nelle trasformazioni sociali e culturali , che rispondano ai bisogni di una forza lavoro sempre più diversificata, con problematiche che già da ora emergono ed è un valido complemento al sistema giuridico, non solo per garantire l’applicazione effettiva dei diritti e dei doveri. Uno dei principi cardine della Carta è il riconoscimento della diversità religiosa e culturale perché in un mondo globalizzato e interconnesso, la presenza di persone con diverse fedi religiose nei luoghi di lavoro è una realtà ineludibile e può rappresentare una risorsa che arricchisce l'ambiente lavorativo e promuove una maggiore inclusione sociale.Tra le buone prassi fondamentali della Carta troviamo l’impegno a promuovere politiche aziendali che eliminino qualsiasi forma di discriminazione, diretta o indiretta, e gli accordi contrattuali e le prassi aziendali devono essere formulate in modo tale da non escludere o penalizzare coloro che professano una fede diversa dalla maggioranza; incoraggia le imprese a sviluppare politiche contrattuali di accomodamento ragionevole,che consentano come diversity management, di costruire un ambiente di lavoro inclusivo, nel quale tutti i lavoratori e le lavoratrici si sentano rispettati e valorizzati,e adottare politiche di gestione della diversità che assicurino una partecipazione attiva di tutti i dipendenti di trovare soluzioni che consentano ai lavoratori di celebrare le festività religiose senza pregiudicare la continuità produttiva, includendo l'introduzione di giorni di congedo flessibili o la possibilità di scambiare i turni con altri dipendenti, impegnandosi a monitorare costantemente l’applicazione delle politiche di inclusione e ad aggiornare periodicamente la carta delle buone prassi, tenendo conto dei feedback dei lavoratori e delle evoluzioni normative e sociali possiamo credibilmente ottenere una situazione di maggiore benessere per tutti. Questa Carta sostiene insieme genere, handicap,religione e raccoglie legislazioni italiane internazionali pragmaticamente indirizzando la comunità lavorativa ad una assunzione di responsabilità positiva e soprattutto condivisa.
Alessandra Servidori componente Comitato Interministeriale Diritti Umani
https://www.ildiariodellavoro.it/patente-a-punti-ecco-le-criticita/
https://www.ildiariodellavoro.it/patente-a-punti-ecco-le-criticita/ ALESSANDRA SERVIDORI
Alessandra Servidori
Patente a punti per il settore edile legge 56/2024 e Formazione in azienda-Legge 2015/2021 prevista dal nuovo accordo tra Conferenza Stato e Regioni …… tutto collegato e Ottobre dovrebbe essere il mese di avvio per contrastare il declino della sicurezza sul lavoro.
Vediamone i punti critici.
La patente a punti è partita dal 1 ottobre come prevede la Legge 56/2024 e osservando il parere del Consiglio di Stato non si può non essere d’accordo e contemporaneamente ci domandiamo se in materia di formazione la legge 2015 del 2021 che declina i cambiamenti per la sicurezza soprattutto in materia di formazione ( fondamentale per prevenire i rischi e gli incidenti,nonché le malattie professionali) avendo avuto nel maggio scorso finalmente la predisposizione della bozza di Nuovo Accordo la Conferenza Stato Regioni da parte del Ministero del lavoro possiamo sperare di una veloce (?) approvazione almeno per cercare di capire come contribuire a muoverci concretamente per ottemperare in modo adeguato e utile alla potente e condivisibile sollecitazione del Presidente Mattarella .
Patente a punti : il Consiglio di Stato ha sollevato opportunamente il requisito della colpa grave del datore di lavoro per la sospensione dell’impresa edile in caso di infortunio grave. La colpa grave non è definita nel Codice penale. E semmai a formularla è il giudice. Come fa l’ispettore del lavoro, che interviene subito dopo il fatto, a decidere se si tratta di colpa grave? Sulla base di quali elementi, con quale autorità e seguendo quali procedure?Personalmente faccio notare che in caso di sospensione, che è verso l’impresa edile e non verso l’attività, l’ispettore del lavoro dovrebbe assumersi la responsabilità di sospendere imprese anche di notevoli dimensioni, con la conseguenza di contenzioso e danni per l’impresa e per l’occupazione.La legge è applicabile ai cantieri temporanei o mobili, ma non al settore altrettanto pericoloso degli appalti cosiddetti intraziendali, affidati da un datore di lavoro all’interno della propria azienda. Ne consegue che l’obbligo di verificare il possesso della patente a punti da parte di imprese e lavoratori autonomi non fa mai capo ai datori di lavoro committenti di appalti intraziendali. Se si crede nell’efficacia di questa legge, bisognerebbe invece renderla applicabile in tutti i settori.Certo, la legge n. 56/2024 stabilisce che le disposizioni concernenti il campo di applicazione della patente “possono essere estese ad altri ambiti di attività individuati con decreto del Ministro del lavoro sulla base di quanto previsto da uno o più accordi stipulati a livello nazionale dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative”. Ma si tratta di un eventuale, decreto ministeriale di cui per giunta non viene stabilita la data di emanazione.Per i lavoratori autonomi che sono tanti in edilizia e anche in altri settori Imprese e lavoratori autonomi sono tenute ad essere in possesso della patente a punti solo se operano nei cantieri temporanei o mobili, ma non se operano negli appalti intra-aziendali. E l’obbligo di verificare il possesso della patente da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi non fa mai capo al datore di lavoro committente degli appalti intra-aziendali, ma fa capo soltanto al committente (o al responsabile dei lavori) nei cantieri temporanei o mobili. Si cita poi l’’adempimento da parte dei lavoratori autonomi degli obblighi formativi previsti dal decreto legislativo 81 del 2008. Peccato che all’articolo 21 il decreto 81 dica che “i lavoratori autonomi hanno la facoltà di formarsi”. Per i lavoratori autonomi all' articolo 2222 del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26”, e che, in base all’art. 21, i lavoratori autonomi, “relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali”. Sono convinta che sia giusto perlomeno inserire una formula che contempli la verifica da parte dell’INL della partecipazione del lavoratore autonomo a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte? Altrimenti, si espone lo stesso lavoratore autonomo, ma anche gli eventuali lavoratori delle imprese esecutrici compresenti, a una situazione potenzialmente pericolosa, in quanto può accompagnare all’interno del cantiere un soggetto sprovvisto di requisiti formativi indispensabili per garantire la sicurezza.Ancora: abbiamo il problema del documento della valutazione dei rischi ( DVR) è una formulazione atta a ricomprendere le ipotesi in cui il DVR risulti, sì, elaborato e dunque posseduto dal datore di lavoro, ma sia per le più diverse ragioni incompleto, insufficiente, inadeguato, generico, non veritiero, e, dunque, a ben vedere, proprio le ipotesi che abitualmente emergono nella prassi come causa d’infortuni? La lettera della norma induce a rispondere di no. Con la preoccupante conseguenza che si apre la strada al rilascio della patente a punti anche in casi in cui il datore di lavoro abbia sostanzialmente violato un obbligo fondamentale come la valutazione dei rischi. E non è facile accontentarsi di una verifica - certo meno impegnativa, ma puramente formale - da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro in sede di rilascio della patente a punti. Ancora sul rilascio della patente : il committente o il responsabile dei lavori verifica il possesso della patente di cui all'articolo 27 nei confronti delle imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi”. E non dunque delle imprese affidatarie. È vero che, tra le condizioni necessarie per il rilascio della patente, l’art. 29, comma 19, indica il “possesso del certificato di sussistenza dei requisiti previsti per le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici dall’articolo 17-bis, commi 5 e 6, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (certificato comunemente denominato documento unico di regolarità fiscale - DURF) comunque sarebbe utile specificarlo all’inizio della procedura.E dobbiamo considerare che torna continuamente il distinguo letterale tra imprese affidatarie e imprese esecutrici. E l’omessa menzione delle imprese affidatarie sorprende ancora di più, ove si tenga conto che le imprese affidatarie hanno gli obblighi previsti dal TU 81.Problema delicato e legato alla formazione che pervade tutta la legge è è quello che riguarda le condizioni per il rilascio della patente a punti. Anzitutto, l’adempimento da parte del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti, dei lavoratori autonomi e dei lavoratori dell'impresa, degli obblighi formativi previsti dal D.Lgs. n. 81/2008. Per cominciare, oggi come oggi, l’adempimento degli obblighi formativi da parte del datore di lavoro è tanto atteso quanto ancora non in possesso definitivamente di nessuno, visto che è condizionato al Accordo Stato-Regioni che deve essere sottoscritto in Conferenza Stato Regioni e ad oggi non sappiamo se e quando sarà pubblicato e in GU e ancora prima ovviamente sottoscritto questo provvedimento : è in agenda ? E’ importantissimo ciò che prevede la legge 215 / 2021 che stabilisce fondamentali obblighi sia per il datore di lavoro che per il preposto che per i dipendenti e addirittura stabilisce i contenuti della formazione e le modalità.
Per contrastare gli incidenti sul lavoro oltre alla revisione della legge sulla “patente a punti” l’importanza di estenderla a tutti i settori, oltre alla necessità di garantire la formazione ai lavoratori somministrati prima dell’inserimento nel posto di lavoro, il controllo degli organi di vigilanza che non funzionano, per mancanza di formazione adeguata e personale, e la necessità di intervenire in quanto la giustizia penale in materia di sicurezza sul lavoro non fa più paura a nessuno ed è per questo che mi pare saggio istituire per questioni di qualità ed efficienza dei controlli e delle indagini, una Procura distrettuale e nazionale sul lavoro con magistrati specializzati, che possano andare oltre i confini di ciò che è successo. Ad esempio, se si verifica un incidente su un ponte, oltre a svolgere l’indagine sul caso specifico la Procura in questione potrebbe andare a vedere anche lo stato di salute degli altri ponti in Italia. Sappiamo consapevolmente che si sta sviluppando, tra le imprese meno attente la sensazione che le leggi ci sono, ma non vengono applicate. E, tra le vittime e i loro parenti, un senso di giustizia negata.
Oblio oncologico : cosa dobbiamo sapere
Alessandra Servidori OBLIO ONCOLOGICO :Diritti e doveri il sussidiario.net
In Italia 3,7 milioni di persone hanno avuto una diagnosi di tumore nella loro vita; di queste, circa un milione possono considerarsi guarite e la legge sull’oblio oncologico si propone di tutelare le persone guarite da un tumore “al fine di escludere qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento” attraverso una serie di norme che prevedono parità di trattamento, non discriminazione e garanzia del diritto all’oblio. E’ la legge n.193/2023 che prevedeva dei decreti attuativi e che in luglio sono stati licenziati passando un po’ troppo sotto silenzio. E’ la legge per ogni persona guarita da un tumore il cui trattamento terapeutico si sia concluso senza episodi di recidiva,da più di dieci anni per gli adulti o da cinque per i tumori diagnosticati prima del compimento del ventunesimo anno di età. La legge prevedeva anche che, con decreto del Ministero della Salute, siano indicate le patologie oncologiche da considerarsi guarite in intervalli di tempo inferiori a quelli di dieci o cinque anni e tutta la prassi da adottare ( modulistica e certificazione ecc) proibendo ogni forma di discriminazione nei loro confronti per quanto concerne l’accesso ai servizi bancari, finanziari (mutui, prestiti) e assicurativi, la possibilità di adottare un figlio, l’accesso e l’inclusione nel mondo del lavoro.Proprio in merito al lavoro le lavoratrici e i lavoratori che sono guariti hanno finalmente l’occasione per riprendere una attività fondamentale per il loro progetto di vita attiva. La piena applicazione del diritto all’oblio oncologico, sancito dalla legge è completamente agibile in Gazzetta Ufficiale con il Decreto del Ministero della Salute 5 luglio 2024 recante "Disciplina delle modalità e delle forme per la certificazione della sussistenza dei requisiti necessari ai fini della normativa sull'oblio oncologico".Il decreto definisce le modalità con cui gli ex pazienti che rientrano nei parametri previsti dalla legge possono ottenere la certificazione che attesta il loro diritto all’oblio, ovvero il diritto a non fare menzione della loro pregressa malattia tumorale, perché non più rilevante. Si disciplina le modalità per la presentazione dell'istanza e il rilascio della certificazione. La persona interessata, ex paziente oncologica, deve presentare istanza di rilascio del certificato di oblio oncologico, ai sensi della legge 7 dicembre 2023, n. 193, compilata con i dati personali (nome e cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale, indirizzo di residenza) ed eventualmente corredata dalla relativa documentazione medica. Al decreto è allegato un modello di riferimento per l’istanza che va presentata “ad una struttura sanitaria pubblica o privata accreditata o ad un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale nella disciplina attinente alla patologia oncologica di cui si chiede l’oblio o al medico di medicina generale oppure al pediatra di libera scelta”. La certificazione dovrà arrivare entro 30 giorni dalla richiesta, “se sussistono, a giudizio della struttura o del medico certificante, i presupposti temporali (decennali o quinquennali) richiesti dalla legge n. 193 del 2023 e quelli previsti nei successivi decreti attuativi della legge con i quali sono indicati per specifiche patologie oncologiche termini inferiori di guarigione. Con decreto del 22 marzo 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 aprile 2024, si specifica. Tumori del colon-retto, stadio I, qualunque età alla diagnosi: 1 anno dalla fine del trattamento,Tumori del colon-retto, stadio II e III, diagnosi dopo i 21 anni: 7 anni dalla fine del trattamento,Melanoma, diagnosi dopo i 21 anni: 6 anni dalla fine del trattamento,Tumori della mammella, stadio I e II, qualunque età: 1 anno dalla fine del trattamento,Tumori dell’utero, diagnosi dopo i 21 anni: 6 anni dalla fine del trattamento o qualunque età: 5 anni dalla fine del trattamento,Tumori del testicolo, qualunque età: 1 anno dalla fine del trattamento.Tumori della tiroide, donne con diagnosi prima dei 55 anni, uomini con diagnosi prima dei 45 anni, esclusi i tumori anaplastici per entrambi i sessi: 1 anno dalla fine del trattamento-Linfomi di Hodgkin, diagnosi prima dei 45 anni: 5 anni dalla fine del trattamento,Leucemie acute linfoblastiche e mieloidi, qualunque età: 5 anni dalla fine del trattamento. Questa legge è fondamentale per tutte le persone interessate ma soprattutto in ambito lavorativo a proposito di diritti e doveri : troppi ancora i casi di discriminazione, demensionamento, licenziabilità, troppe ancora le non conoscenze in questo ambito e tra chi non cerca lavoro nel nostro paese, i cd Net, troppe persone sono coinvolte dalla rassegnazione e dunque una speranza arriva finalmente da una legge giusta.Che va conosciuta e applicata.
La verità solo la verità sull'antisemitismo feroce di cui mi vergogno
Alessandra Servidori Mi vergogno di questo feroce antisemitismo
A due giorni dall’anniversario del massacro del 7 marzo 2023 per mano terroristica di Hamas – e non solo- come segno concreto di alleanza per la vera pace e non quella ibrida e falsa che anche oggi in quella manifestazione rancida svolta a Roma da fanatici abbiamo visto sfilare ,mi sono iscritta alla International Holocaust Remembrance Alliance e sono a fianco a loro alla popolazione Ebrea violata ancora oggi pretestuosamente . Affermo che quello in cui stiamo vivendo oggi è un clima ideale per la ripresa, l’approfondimento, lo sviluppo di forme “organizzate” e programmate di antisemitismo.La questione è patologica e allarmante per l’intera società in cui si manifesta, e tocca quindi essenzialmente alla società, alla politica, alla cultura esterne al mondo ebraico, che ne sono contagiate, il compito di contrastarlo.Come insegnante sono consapevole che molti sistemi educativi siano in crisi perché sono spesso bloccati nel passato e come programmi di studio, di formazione degli insegnanti e metodi di insegnamento siano obsoleti lasciando gli studenti senza le competenze necessarie per esercitare una cittadinanza attiva e democratica in un mondo in rapido cambiamento.Le Università e il web e non solo sono il luogo privilegiato dove circola l’armamentario di pregiudizi usato per attaccare Israele, per sminuire la Shoah, per colpire la minoranza ebraica. In particolare – dopo le stragi di Hamas e la reazione militare a Gaza – è tornata con forza la falsa e pericolosa identificazione tra Israele – ebraismo – sionismo e il nazismo. Una equiparazione, che permette di lavarsi la coscienza dalle responsabilità passate e di ribaltare la colpa sugli ebrei.
Gli eventi che coinvolgono Israele originano sempre un antisemitismo sanguinario che recupera (anche da parte di laici) stilemi antigiudaici rimodellati sulla realtà “sionista”, ma era dal 1982 che non si raggiungevano tali vertici di compiaciuta efferatezza, . Sondaggi alla mano, la ricerca di fatti e sentimenti evidenzia come il 10% degli italiani esprima esplicitamente il proprio antisemitismo, a cui si aggiunge un’ampia area grigia di pregiudizi antiebraici. Si va dai complotti sugli ebrei ricchi che tirano le fila dell’economia e dell’informazione, all’immagine dell’ebreo vendicativo. . I giovani sono particolarmente vulnerabili, E lo dimostra il dato sull’abbandono scolastico: quasi un minore su sette non finisce gli studi. Molti non raggiungono le competenze di base alla fine del percorso scolastico. Povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda e si trasmettono di generazione in generazione. A colpire ulteriormente il tessuto sociale, la disinformazione e il disorientamento davanti al flusso costante di notizie. Questa fragilità e questa ignoranza – alimenta anche l’antisemitismo.Qualche dato positivo c’è, Dal 25 agosto 2023 le piattaforme online di grandi dimensioni devono rispettare il DSA (Digital services act) dell’Unione Europea. Sono obbligati a rimuovere i contenuti antisemiti e c’è stato un miglioramento da questo punto di vista che però in questi ultimi tempi si è aggravato. L’antisemitismo e il suo acuirsi non è un problema solo degli ebrei, Parliamo di cittadini in difficoltà ad esempio a frequentare scuole o università per la loro identità. Sono stati attaccati da compagni o da insegnanti. Sono stati violati i loro diritti tutelati dalla Costituzione, Discriminazioni contro cui tutta la società dovrebbe reagire. Ma il clima generale è preoccupante. Al di là degli episodi singoli, registriamo una pressione generale sul mondo ebraico,che porta ad avvelenare il clima e a rendere più difficile la vita dei singoli. Se guardiamo al mondo palestinese e al terrorismo che spesso ha caratterizzato e ancora oggi con alleati caratterizza la lotta contro Israele, vediamo appunto che la sua evoluzione è divenuto modello per il terrorismo islamista antiocciedentale che furoreggia . E questo terrorismo politico ha una valenza antisemita : i nemici sono prevalentemente qualificati come “gli ebrei”, non tanto come gli israeliani.Dunque dobbiamo spenderci nelle aule nei luoghi di lavoro per riannodare la storia vera per lasciare ai nostri giovani e discuterne con loro la verità storica e avere il coraggio per affrontare l’assurdità della lotta contro la cultura: la guerra di tante illustri Università europee contro prestigiose Università israeliane; l’incapacità di superare le diversità in nome della scienza e del sapere; la scienza che nega se stessa, insomma. E’ una forma di inciviltà, una forma di isolamento antisemita. Insieme a tutto ciò spicca l’irrazionalità del boicottaggio economico contro una economia all’avanguardia come quella israeliana, alimentata anche da una forte motivazione sociale che potrebbe portare un autentico arricchimento di risorse in un’area depressa come il Medio Oriente. Coraggio ricominciamo a studiare la storia e non a cancellarla.
Altri articoli...
- SALVA LA DATA 19 ottobre 2024 - Bologna H. Carlton -Sala Saturno- h 15 -Via Montebello 8 - Oblio oncologico : cosa dobbiamo sapere Oblio oncologico : di cosa si tratta e che diritti abbiamo
- Ottaviano Del Turco ci manca molto
- A Trieste noi cattolici ci siamo chiarite le idee
- Lavoro e ancora lavoro-Luglio 2024 Nuova professionalità