LUNGA LUNGHISSIMA VITA A MATTARELLA E DRAGHI
Alessandra Servidori
Lunga lunghissima vita a Mattarella e Draghi : 29 gennaio 2022
Faide, franchi tiratori, politici che si auto dichiarano leader e sono solo degli inetti. Mai più così. Uno sgangherato taglio dei parlamentari assai populista al posto di una riforma costituzionale ,riforma di parlamento e governo, riforma elettorale e soprattutto riforma dei partiti in grado di guidare con autorevolezza l’elettorato. Salvini e Conte e Bettini dietro le quinte a manovrare un pezzo di pd disorientato con un disperato Letta che fino all’ultimo ha cercato un consenso condiviso per Draghi mentre si scaraventano giù dalla rupe Tarpea due signore Casellati e Belloni usate per i giochini più torbidi : candidature nate e morte in un baleno in un frullatore indemoniato e cinico in cui hanno rischiato di cascarci anche altre due signore Cartabia e Severino. E così ora si è tornati a loro due Mattarella e Draghi la nostra sicurezza di cittadini sottoposti a settimane e giorni e prima ancora a dichiarazioni di dimaiani franceschiniani,contiani ,renziani, lettiani,meloniani,tutti che fanno cadere uno dopo l’altro i nomi dei/delle candidabili, uno spettacolo indecente che nasconde l’unica verità : non si vuole più Draghi perché è un leader politico competente ed estraneo alle tradizionali pratiche cui è aduso il ceto politico italiano da tempo e ultimamente di più perché ignorante,incompetente,incapace di valorizzare le italiane,maschilista fino al punto di affermare strumentalmente, spudoratamente “purchè donna”sacrificata in prima pagina quando sapevano che andavano a sbattere. E per nostra fortuna ,per il nostro Paese ,ci sono Mattarella e Draghi. E gli inutili idioti bulimici di potere, cominciano già a pagare la loro stoltezza
La giostra quirinalizia continua mentre noi,persone serie, lavoriamo
Alessandra Servidori
https://www.startmag.it/economia/pnrr-ecco-fini-e-incognite/?ct=t(RSS_EMAIL_CAMPAIGN)
Ad oggi 29 gennaio 2022 pare utile mentre la giostra dell’elezione del Presidente della Repubblica continua a girare vorticosamente, soffermarmi sull’attuazione del Recovery Plan e trovo corretto cominciare dall’affermazione del Presidente Draghi che continua a raccomandarci “L’Italia deve combinare immaginazione, capacità progettuale e concretezza, per consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale.”Ricordare la tabella di marcia che Goretti, coordinatrice della cabina di regia della PdC ha pubblicato è ancora e sempre valida.
A dicembre al Rome Investment Forum, il Ministro Franco ha dichiarato che il governo italiano ha completato 35 dei 51 milestone concordati con l’Europa entro il 2021. Mancavano ancora quindi 16 obiettivi da centrare entro fine anno per ricevere la seconda tranche di fondi da 20 miliardi. E per accelerare l’attuazione del programma si sono dati ai Ministeri «obiettivi settimanali, anziché solo mensili».E a tal fine sono stati approvati provvedimenti che permettono di raggiungere otto obiettivi, tra cui il via libera al fondo rotativo per il sostegno alle imprese per gli interventi di riqualificazione energetica, sostenibilità ambientale e innovazione digitale e la legge quadro sulla disabilità. Molti obiettivi però sono ancora in affanno . E non solo per ragioni politiche. Ma anche perché i provvedimenti normativi necessari per metterli in moto sono molti: ne sono stati varati 549, la maggior parte dei quali però richiede ulteriori norme e regolamenti di attuazione. Tra i 16 target mancanti, restano così i decreti per la riforma della giustizia civile, l’attuazione dello “Sportello unico doganale”, il completamento dell’hub per il turismo digitale, la realizzazione degli interventi per la disabilità, ma soprattutto le assunzioni di 1.000 tecnici della pubblica amministrazione per l’attuazione del PNRR che sono lente.
L’assunzione dei professionisti (da ripartire tra le Regioni) che devono «fornire assistenza tecnica e rafforzare la creazione di capacità per l’attuazione del PNRR», ma le procedure ancora non sono state concluse. A buon punto la riforma del processo civile, e si attende che entrino in vigore i decreti attuativi. Stessa cosa per la riforma in materia di insolvenza e per quella in materia di appalti pubblici e concessioni. Sul fronte del lavoro, dopo l’approvazione del decreto sulla GOL, Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori, adesso si attende l’attuazione dei piani locali da parte delle Regioni e con l’approvazione di Anpal, i primi finanziamenti che arriveranno a partire da gennaio 2022.
Sul tema ambientale, gli obiettivi di ispirazione green ha comportato a termine, l’estensione del Superbonus e Giovannini Ministro della Transizione Ecologica e Ambientale ne ha dato una accelerazione ed ha pubblicato sul sito i decreti con i criteri di selezione per i progetti di raccolta differenziata e gli impianti di riciclo, per i quali è previsto un finanziamento di 1,5 miliardi di euro, e per le iniziative “faro” di economia circolare (il cui costo si aggira sui 600 milioni). A questi si aggiunge anche il decreto di approvazione del piano operativo per il sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione dei rischi idrogeologici (il cui finanziamento si aggira invece sui 500 milioni e riguarda soprattutto il Sud).C’è da accellerare il capitolo delle riforme, in particolare in materia di gas “verdi”, idrico e inquinamento atmosferico, cruciali per aprire la strada agli investimenti. Per realizzare la transizione digitale ed ecologica, oltre agli investimenti e alle riforme previste nell’agenda di Governo, serve il giusto capitale umano. E, soprattutto, occorre creare nuove competenze e nuovi profili professionali digitali e green, che oggi in Italia scarseggiano.
Con il PNRR sarà possibile creare presumibilmente 380mila nuovi posti di lavoro tra le donne e 81mila tra i giovani. Ma a patto che vengano create le giuste competenze e adeguate politiche attive per rispondere alla domanda di nuovi lavori che arriva dal Piano. Delle sei missioni del piano il comune denominatore è proprio il lavoro. Per ogni missione, dobbiamo costruire il contenuto concreto attraverso le risorse umane che andranno ad applicarlo. La pubblica amministrazione è in prima linea con il Dipartimento della Funzione pubblica che ha creato una piattaforma ad hoc, inPa, che è utilizzata anche per la selezione e l’assunzione dei tecnici ed esperti – suddivisi tra le diverse Regioni – che servono alle amministrazioni per mettere in pratica gli investimenti del Pnrr. Ma dai Comuni arriva l’allarme sulla assenza di professionalità in grado di gestire e “mettere a terra” le risorse.Il governo ha deciso di dedicare le prime fasi del piano all’approvazione delle riforme generali e di riservare gli investimenti pubblici e gli incentivi agli investimenti privati ai prossimi anni. Questa scelta consente al governo di rispettare i primi impegni richiesti dalla Commissione europea senza avere conseguenze sull’erogazione dei fondi a causa delle difficoltà degli enti locali. Ma le preoccupazioni restano perché l’attuazione del piano da realizzare in tempi stretti impongono di riflettere sin dall’inizio su quali strumenti fossero necessari per superare eventuali, possibili e probabili criticità di attuazione.Ricordiamo sono 298, quasi 300, linee di intervento che dovranno essere rendicontati entro il 2026, come tutti sappiamo. Vi sono differenze tra riforme e investimenti,interconnessi per arrivare al 2026 con linee territoriali e soprattutto assistenza,perché l’assistenza territoriale è fondamentale quello che rileva è il dato finale di che cosa ci si pone con questo insieme di risultati. Quando noi parliamo di un piano di risultati dobbiamo avere in mente, per ogni linea di intervento, qual è il senso profondo finale delle azioni che le amministrazioni devono mettere in piedi per ottenere quel risultato. Ricordiamo la cabina di regia, che esamina gli specifici profili di criticità, il monitoraggio del rispetto dei tempi e dello stato di avanzamento. Quindi troviamo nuovamente tempi e risultati come denominatore comune dell’intero quadro. Un sistema di monitoring già impostato ed efficace si sta delineando e tra gli strumenti possibili ci sono anche quelli che riguardano l’attivazione dei poteri sostitutivi. La segreteria tecnica ha la funzione di segnalare casi ai fini dell’esercizio di poteri sostitutivi, dopo l’ istruttoria, ovvero istruisce procedimenti anche per le decisioni finalizzate al superamento del dissenso. È importante ricordare che non sono solo poteri sostitutivi, in caso di inerzia, ma anche gli strumenti per il superamento del dissenso. I poteri sostitutivi sono in capo anche ai ministeri, come diretti titolari delle singole linee di intervento, quindi in teoria la cabina di regia, tramite la segreteria tecnica, interviene come se fosse in seconda istanza, qualora non ci sia già stata un’attivazione di un potere sostitutivo dell’amministrazione titolare.C’è già una parte della legislazione che ha tenuto conto di questo, in quanto sono già state identificate delle criticità che avrebbero sicuramente, sulla base dell’esperienza storica, portato rallentamenti. Quindi secondo norme strumenti di semplificazione amministrativa in materia di appalti, le modalità di rilascio, le centralizzazioni di strutture autorizzatorie, sia sui beni culturali sia sulle autorizzazioni di via e la cabina di regia richiama un potere della Presidenza del Consiglio, che è presente in Costituzione, e che è l’esercizio dei poteri di indirizzo, impulso, coordinamento generale sull’attuazione degli interventi del Pnrr. Come con questi poteri di Indirizzo, Impulso e coordinamento generale può intervenire per bloccare o ridurre le criticità quando per attuazione degli interventi si torna al senso principale: cioè che gli interventi sono delle politiche pubbliche e si deve prima di tutto partire dall’obiettivo finale e il piano consente di partire agli obiettivi finali. Deve definire un cronoprogramma, cioè le diverse fasi amministrative per raggiungere quel risultato, assegnare tempi a ciascuna fase, compatibili con le scadenze della misura, e identificare le criticità strategiche e operative. Dunque sull’attivazione di sostegni e di supporto, ma anche il problema di interessi contrapposti come quello di installare energia pulita e l’esigenza e la volontà di tutelare un territorio, rimangono le questioni spinose . Ecco perché la logica della policy, ovvero la logica di un confronto valoriale su quello che è il desiderio di futuro del Paese e poi, laddove si trovi questo punto di equilibrio di elemento valoriale tra i due interessi, individuare una prevedibilità dei criteri che nell’ambito di una discrezionalità amministrativa guidano alle autorizzazioni ed eventuali indennizzi alle zone limitrofe, anche se scattano poteri sostitutivi non risolviamo quella che è la sfida principale del Pnrr. Ovvero lasciare un pubblico che è in grado di disegnare le proprie politiche in modo più mirato e diretto a un risultato
Pensioni di invalidità : il pasticcio Isee. IL Governo deve rimediare
Alessandra Servidori PENSIONI INVALIDITÀ/ Incrementi nell'Isee, il pasticcio cui il Governo deve rimediare (ilsussidiario.net)
Il Governo scivola per la seconda volta nel giro di poco tempo accanendosi sui cittadini e cittadine italiani invalidi, civili e del lavoro ,sia totali, che in percentuale comunque alta. La prima cd “caduta” riguardava la decisione del Governo poi “riparata” con un emendamento in Legge Finanziaria 2022, di vietare ai disabili percettori di assegno pensionistico di rinunciare all'assegno di invalidità,se volevano tenersi l'assegno da 287,09 euro al mese per 13 mesi, e svolgere alcuni lavoretti. Dove per lavorare si intende al massimo un impegno da 400 euro al mese per non superare il tetto di reddito annuale, compatibile con l'assegno di invalidità, da 4.931 euro all'anno. Un cortocircuito che rischiava di lasciare ai margini migliaia di persone affette da disabilità cd “non grave” dal 74% al 99%, impedendo loro di integrarsi socialmente a meno di rinunciare al sostegno a cui hanno diritto. Ora ci risiamo .Chi percepiva la pensione di invalidità civile( 291 euro al mese)senza altri introiti , ora incrementata di 368,58 euro al mese dopo che la Corte Costituzionale nel giugno del 2020 con sentenza n. 152 ha deciso che si doveva adeguare al minimo vitale ,( considerando che la cifra diminuisce se si dispone di redditi anche minimi fino a sparire se si raggiunge ,pensione esclusa, gli 8.583,51) , viene considerata reddito con aumento dell’Isee familiare. Ora però il Governo deve ritrovare un ragionevole ripensamento e rimediare. E in fretta . Un paradosso dunque che riguarda le più deboli fra le persone con disabilità e le loro famiglie. Infatti le richieste del nuovo assegno universale alle famiglie basate sull’ Isee, perché certificazione necessaria per accedere a prestazioni sociali agevolate o per ottenere benefici, e tra questi vi è il nuovo assegno unico ed universale per figli e disabili,insiste in pratica sugli incrementi delle pensioni di invalidità; vengono conteggiati nell’Isee, da Inps e Agenzia delle entrate, alla stessa stregua di un reddito.La conseguenza è che l’ Isee di chi percepisce le maggiorazioni si alza, i benefici diminuiscono e le famiglie che in questi giorni hanno ottenuto il nuovo Isee hanno scoperto essere più alto in presenza nel nucleo di un pensionato disabile. E’ bene rammentare che in origine cioè nel 2013 con DPCM 159- che stabilì il calcolo dell’Isse- era previsto che le pensioni e gli assegni delle persone con disabilità fossero considerati dell’indicatore della situazione reddituale. Tre ricorsi al Tar e poi tre sentenze di Consiglio di Stato (841, 842 e 838 del 2016) costrinsero il legislatore a escludere dall’Isee 'i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità' (legge 89/2016). Le pensioni di invalidi, ciechi e sordi tornano ad essere reddito, almeno per le maggiorazioni ? Ma è interpretazione e scelta autonoma di Inps e Agenzia delle entrate oppure è una scelta politica ? Il Governo si ravveda altrimenti ,giustamente, pioveranno contenziosi .
legge di Bilancio 2022 : guidina essenziale lavoro e previdenza
ALESSANDRA SERVIDORI Guida essenziale alla Legge di Bilancio : Lavoro e previdenza
La legge di bilancio 2022, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2021, contiene diversi interventi in materia di lavoro e previdenza.
Tra le misure di maggior rilievo si segnala il riordino della normativa sulla Cassa integrazione guadagni (CIG) di cui al D.lgs. n. 148/2015. Sul punto, si segnala un ampliamento del novero dei lavoratori interessati e la riduzione da 90 a 30 giorni del requisito dell’anzianità di effettivo lavoro per accedere ai trattamenti in questione. Vengono previsti un aumento degli importi dei trattamenti di integrazione salariale, una riduzione (dal 2025) dell’aliquota della contribuzione addizionale a favore di imprese “virtuose”, nonché nuove modalità di erogazione e nuovi termini per il rimborso delle prestazioni. Per quanto riguarda la Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) viene disposto l’ampliamento del campo di applicazione e l’introduzione di nuove causali. Sono altresì previste modifiche alla disciplina dei Fondi di solidarietà bilaterali e del Fondo di integrazione salariale e, infine, novità in materia di contratto di espansione e l’estensione della CISOA ai lavoratori del settore pesca.
Sono state ritoccate anche le discipline di NASpI e DIS-COLL, con l’ampliamento dei soggetti destinatari della NASpI e l’estensione da 6 a 12 mesi della durata massima della DIS-COLL.
Diversi sono poi gli interventi che riguardano le misure di sostegno al reddito, come quelle in materia di reddito di cittadinanza, con una rimodulazione più stringente degli obblighi posti in capo al soggetto percettore, l’introduzione di un meccanismo di riduzione mensile in caso di rifiuto di un’offerta congrua, l’inasprimento dei controlli e l’ampliamento delle ipotesi di revoca e decadenza. Viene introdotta anche una indennità per i lavoratori fragili.
Si conferma per il 2022 l’indennità di fermo pesca obbligatorio ma non le misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dei call center e vengono istituiti appositi fondi finalizzati all’introduzione di tutele per i lavoratori part time ciclico verticale e per i lavoratori che prestino a tempo determinato attività artistica o tecnica connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli.
Sotto il profilo delle agevolazioni contributive, viene esteso l’incentivo per l’assunzione di lavoratori che percepiscono il Rdc, che può essere fruito anche in caso di assunzione con contratto a tempo determinato e part time; sarà inoltre possibile assumere lavoratori provenienti da imprese in crisi, a prescindere dalla loro età anagrafica, fruendo dell’esonero ex L. n. 178/2020 per i lavoratori under 36. Previsto anche un esonero totale dei contributi a carico dei datori di lavoro per le cooperative costituite ai sensi dell'art. 23 comma 3-quater del DL n. 83/2012.
Si segnala, inoltre, la proroga per gli anni 2022 e 2023 dell’esonero delle quote di TFR e del ticket licenziamento per le aziende sottoposte a procedura fallimentare che abbiano fruito della CIGS.
La legge di bilancio introduce poi un esonero dello 0,8% della quota IVS per i rapporti di lavoro dipendente (eccetto quelli domestici), limitatamente ai periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 e un esonero – per il 2022 – del 50% dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri che rientrano dal congedo obbligatorio di maternità. Inoltre, si segnala la proroga per il 2022 dell’esonero contributivo previsto in favore dei coltivatori diretti e IAP under 40.
Con riguardo ai rapporti di lavoro, sono in arrivo novità per l’apprendistato professionalizzante, che potrà essere utilizzato per l’assunzione di lavoratori sportivi con massimo 23 anni di età e per l’assunzione di lavoratori beneficiari della CIGS per il recupero occupazionale dei lavoratori a rischio, prescindere dall’età.
Trova spazio anche il riordino della disciplina sul tirocinio, con l’abrogazione dei commi 34, 35 e 36 dell’art. 1 della L. n. 92/2012 e l’inasprimento delle regole per evitare un uso distorto di tale istituto (entro 6 mesi dall’entrata in vigore dovranno essere adottate le linee guida).
In materia di cessazione delle attività si prevede l’estensione delle politiche attive in favore dei lavoratori autonomi e l’introduzione di un procedimento per i licenziamenti, di almeno 50 lavoratori, connessi alla chiusura (nel territorio nazionale) di una sede o struttura autonoma da parte di datori di lavoro con una media di 250 dipendenti nell’anno precedente.
Sulle pensioni, vengono introdotte misure che dispongono la proroga al 2022 della pensione anticipata ex art. 14 del DL n. 4/2019 (modificandone i requisiti anagrafici per il conseguimento del diritto di accesso), della possibilità di accesso all’APE sociale, nonché della possibilità di accedere a “Opzione donna”.
Infine, ulteriori misure riguardano il passaggio della funzione previdenziale svolta dall’INPGI all’INPS (limitatamente alla Gestione sostitutiva), il sostegno alla parità salariale di genere e alle lavoratrici autonome in maternità, nonché lo stop dei versamenti nel settore dello sport per i primi quattro mesi dell’anno.
Il benessere integrale degli anziani non autosufficienti è al centro della nostra attenzione ?
Alessandra Servidori
Quali orizzonti per il settore socio-sanitario dopo Covid-19 a fronte del pnrr e delle risorse stanziate nazionali. Riflessioni utili per rimettere al centro prima di tutto il benessere integrale delle persone fragili
L’impianto del Pnrr unito alle ultime risorse stanziate a livello nazionale , ci obbligano ad accendere una lucida riflessione sul versante delle settore degli anziani non autosufficienti e del sistema socio sanitario inadeguato nostrano. Negli ormai due anni segnati dalla pandemia globale, il settore LTC sta mostrando fragilità e crepe già note da tempo agli addetti ai lavori. Siamo ben consapevoli delle criticità preesistenti e siamo determinati a promuovere traiettorie di cambiamento a livello di policy e di servizi, cogliendo la controversa opportunità offerta da Covid-19 per modificare la rotta di funzionamento del settore. Il futuro del settore dopo la pandemia, è all’attenzione dei gestori e (alcuni) policy makers si stanno interrogando, e lo stanno facendo a partire da dati ed evidenze.Noi dobbiamo creare una baseline di dati e fatti da utilizzare per promuovere azioni future evidence-based. Dando voce direttamente alle esperienze dei gestori dei servizi, evidenziando utili e possibili piste di lavoro per il futuro. Coinvolgendo soggetti pubblici, nel descrivere la rete di offerta e la sua capacità di presa in carico; quella del mondo della cura informale e dei gestori dei servizi quella dei destinatari dei servizi, ossia anziani e famiglie ,scontando una scarsità di dati sul settore e del loro aggiornamento. In Italia gli anziani non autosufficienti e che pertanto potrebbero presentare fabbisogni di accesso a servizi o interventi sono quasi tre milioni: un numero enorme, in un trend di crescita inesorabile e da cui non si tornerà indietro, come ci ricorda ISTAT nelle sue proiezioni demografiche. Questi anziani presentano fabbisogni più complessi che in passato (aumento della multi-morbidità, frammentazione dei nuclei familiari, solitudine, …): per questo, priorità loro e delle famiglie è quella di tardare quanto più possibile l’istituzionalizzazione a favore di forme di presa in carico flessibili, più o meno formalizzate e al domicilio. Questo tipo di esigenza collide però con l’impostazione convenzionale dei servizi pubblici, come descritto dai dati di rete di offerta che vede l’assoluta centralità delle soluzioni residenziali tra le risposte al bisogno di LTC, affiancate da una diffusione dell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). Quest’ultima rappresenta ormai un rimedio tampone in risposta ad episodi acuti, che per l’intensità assistenziale che garantisce (16 ore annue medie per anziano) non permette nei fatti di parlare di presa in carico continua e sufficiente a fronteggiare la fragilità di un anziano. Oltre il 63% degli anziani non autosufficienti non risulta in carico ad alcun servizio socio-sanitario: il gap appare colmato dalla presenza delle badanti, che si confermano asse portante del nostro sistema di welfare. Si stimano oltre 1.500.000 badanti, il 60% delle quali irregolari: un mercato enorme, che catalizza ingenti risorse delle famiglie e che risulta tuttora fuori da ogni radar pubblico. L’offerta dei maggiori player del settore appare piuttosto statica, con una centralità indiscussa della residenzialità per anziani in accreditamento pubblico come maggiore fonte di fatturato; pur registrando crescenti iniziative di managerializzazione delle organizzazioni e un forte movimento in termini di operazioni straordinarie intraprese.Di fronte ad una Legge quadro sulla non autosufficienza che NON si pone l’obiettivo di deistitunalizzare le persone fragili ma solo modifiche ( comunque inefficienti ) sul sistema di valutazione e un intervento sugli anziani ancora molto modesto,è chiaro che non si può accettare silenziosamente questa situazione. Si propone dunque la necessità di una differente prospettiva, in cui il sistema ricominci a generare valore in relazione alle caratteristiche dell’offerta, e non solo delle dinamiche di governance che lo attraversano.Le famiglie hanno una visione molto “clinica” delle RSA, in quanto le identificano come ultimo setting possibile cui rivolgersi dopo aver provato ad attivare tutte le alternative possibili per il mantenimento dell’anziano al domicilio nel momento in cui le condizioni di salute si aggravano. E la maggior parte delle famiglie organizza la cura mettendo in campo il proprio tempo come caregiver informali o attivando una badante: i grandi assenti in termini di servizi attivati sono le alternative – pubbliche o private – esistenti (es. centri diurni, assistenza domiciliare, ecc.). Inoltre, molte famiglie non sono mai entrati in contatto con soggetti in grado di aiutarli nell’identificare i servizi / interventi più coerenti con i fabbisogni dell’anziano esprimendo un forte bisogno di informazione e counseling. La prospettiva delle famiglie è pertanto affrontare l’enorme bisogno di non autosufficienza in larga misura al di fuori del perimetro intercettato dal pubblico, sia in termini di servizi erogati (filiera dei servizi) che di regolazione (cura informale). Gli effetti della pandemia sul settore socio-sanitario è stata devastante rilevata comunque dai pochi dati disponibili circa la diffusione del contagio nelle strutture italiane: il dato più grave che ne è emerso è l’assenza, appunto di dati puntuali e certi circa l’andamento di contagi e decessi tra operatori e ospiti delle strutture socio-sanitarie, pur consapevoli della centralità di monitorare questo settore per contenere gli effetti potenzialmente più devastanti.L’assoluta inadeguatezza dei sistemi informativi del settore – anche pre-Covid-19 – mina la possibilità di definire delle politiche pubbliche che siano efficaci e, soprattutto, ben tarate rispetto alle necessità del settore e dei cittadini. La risposta istituzionale dei legislatori regionali all’emergenza come ben sappiamo è stata tardiva, particolarmente carente se confrontata con alcune buone pratiche registrate all’estero, dove, dopo lo scoppio dell’emergenza, sono stati promossi interventi tempestivi su tre aree fondamentali: isolamento degli ospiti positivi o sospetti tali; screening massivo di operatori e ospiti per prevenire l’insorgenza di focolai; politiche di finanziamento per sostenere le perdite del settore per i mancati nuovi ingressi e per i costi aggiuntivi affrontati dai gestori nel corso della pandemia. I gestori hanno segnalato come le principali criticità riscontrate siano riconducibili al mantenimento della sostenibilità economico-finanziaria delle strutture e la gestione delle risorse umane, sia in termini di formazione che di “fuga” degli operatori verso il comparto sanitario, aprendo un ulteriore fronte caldo del nostro settore LTC, che viene da anni di compressione salariale – e, quindi, delle competenze – dei propri operatori. Sul versante dei servizi, delle famiglie vi è la preoccupazione di togliere l’anziano dalla lista di attesa per una RSA alla luce degli accadimenti legati all’emergenza sanitaria (per nuove e maggiori possibilità di organizzazione domestica tramite smart working; per diffidenza verso quanto accade nelle strutture, …). Vi è dunque tra le priorità dei prossimi mesi quella di avviare una riflessione sul rinnovamento e adattamento del portafoglio dell’offerta con un sistema di alleanze- tutte da sviluppare- da mettere in pista per rinnovare il posizionamento strategico: da un lato, rimane la ricerca pubblica per l’aumento o finanziamento della capacità produttiva; l’apertura in autonomia a nuovi servizi non necessariamente del settore, a conferma della frammentazione storica della LTC italiana e della scarsa attitudine all’innovazione. E’ necessario avanzare nuove riflessioni che possano guidare il rilancio del settore su due piani logici distinti ma complementari: il livello che guarda al settore e al sistema nel suo complesso, e il livello che invece riguarda la gestione del rapporto con le famiglie all’interno dei servizi. Il legislatore nazionale e i governi regionali, unendo una prospettiva di ristoro economico immediato devono provvedere a una revisione strategica complessiva del settore socio-sanitario nella più ampia filiera di cura nel medio-lungo periodo. Il rinnovamento del portafoglio dei servizi,è fondamentale incoraggiando lo spostamento dello sguardo da logiche di accreditamento pubblico a quelle orientate alla lettura e interpretazione dei bisogni delle famiglie, che possono guidare la strategia e l’organizzazione aziendale. L’insieme delle sfide all’orizzonte è corposo, ma i tempi che stiamo attraversando rendono non più rinviabile la riflessione collettiva circa la modalità di ripensare un settore cruciale per il nostro Paese, per troppo tempo relegato ai margini del dibattito e le cui conseguenze si sono dolorosamente palesate e il benessere integrale della persona diventa sempre più un obiettivo sfumato.
2022 : parità di genere lontana ma avanti ragazze!
Alessandra Servidori
https://www.ilsussidiario.net/news/parita-di-genere-la-strada-ancora-lunga-nonostante-family-act-e-pnrr/2271534/
Politiche per la parità ancora da realizzare ma almeno previste
Avanzare alcune riflessioni sullo stato delle politiche di genere in Italia è importante per misurarne la effettiva fattibilità, in un arco di tempo che possiamo individuare da qui al 2026. Se ci sarà la capacità di realizzarle .Il Family Act e contemporaneamente il Pnrr sono due documenti “assiomati” in alcuni provvedimenti, come l’Assegno unico familiare e l’Osservatorio e la certificazione di genere, entrambi presenti nella legge di Bilancio 2022 e parte integrale del Pnrr .Il genere nel Recovery plan compariva come “obiettivo parità di genere” poi traslato trasversalmente , che significa che deve essere presente dappertutto, ma così rischia di perdere di concretezza. Gran parte dei finanziamenti andranno al digitale e all’ambiente, cose importantissime, ma che amplieranno le diseguaglianze, perché allo stato sono più occupazioni “maschili”, perché le donne ancora non prendono alcune specializzazioni. E’ un problema di socializzazione, di scoraggiamento, di non ricevere sufficienti incentivi. Bene le politiche per sostenere le ragazze giovani rispetto allo STEM ma nel frattempo, non possiamo non risolvere concretamente questi problemi. Bisogna creare e investire nelle infrastrutture sociali che aumentano il benessere di tutti ma creano anche domanda di lavoro. Sostenere le libere scelte di fecondità, significa sostenere le famiglie con gli assegni familiari,riconoscere che chi fa figli ha un costo in più e che lo sostiene per la collettività, ma anche sostenere la possibilità delle donne di entrare e restare nel mercato del lavoro,elemento protettivo contro la povertà .Se il lavoro femminile entra nel circuito del lavoro remunerato, si allarga la base imponibile, più persone possono pagare le tasse, e quindi aumentano le risorse del bilancio dello Stato. Nel Pnrr gli interventi mirati alle donne rappresentano solo il 1,6% del totale ( 3,1 miliardi di euro circa) e si concentrano nelle missioni 4,5;il 18,5% (35,4 miliardi) riguarda misure che “potrebbero” avere riflessi positivi anche indiretti, nella riduzione dei divari ,ma per la parte degli interventi del pnrr (77,0% pari a 153 miliardi) la possibilità di ridurre divari esistenti dipende molto dai dettagli di attuazione come peraltro si legge a pag. 6 del documento diffuso dalla Ragioneria generale dello Stato e Dipartimento del Tesoro dell’Economia delle finanze. Nel Pnrr, entrata anche in legge di Bilancio 2022, si prevede la presentazione al parlamento di una relazione semestrale che però risulta ancora in via di predisposizione. In tema di inclusione sociale il pnrr agisce significativamente in due modalità:investimenti diretti a favorire l’occupazione femminile,con il “fondo impresa donna”, e stanziamenti per gli asili nido e per le scuole dell’infanzia. Sul lavoro ancora molto c’è da fare in termini di progressione di carriera, ma anche nell’organizzazione della società. Si puniscono le donne che lavorano perchè, viene attribuita solo a loro la responsabilità della cura. Questa è ancora la cosa più pesante, che colpisce diversamente a seconda della classe sociale mancando politiche che sostengano non solo l’occupazione femminile, ma che favoriscano la divisione del lavoro. Certamente il congedo genitoriale è pagato poco e quindi i padri non lo prendono. Mancano i servizi per la prima infanzia, tutto questo discrimina le donne. Il fatto che si privilegi i trasferimenti monetari, rispetto ai servizi, senza essere neppure troppo efficienti, e frammentati è il problema,così come il fatto anche che si offra poco sostegno al lavoro di cura e in generale alle famiglie sopratutto in cui esistono problemi di disabilità o fragilità. E ancora gli assegni per nucleo familiare, riservati esclusivamente alle famiglie il cui reddito complessivo familiare è per almeno il 70% da reddito da lavoro dipendente è un problema. L’altra grossa fonte di sostegno sono le detrazioni fiscali che però escludono gli incapienti, ovvero coloro che hanno un reddito troppo basso per poterne beneficiare. In questo contesto, è molto importante la riforma dell’assegno unico per i figli che comunque presenta alcuni problemi organizzativi già affrontati in Ue e così l’Italia arriva un po’ in affanno. Ci vogliono una molteplicità di interventi su vari ambiti per ridurre in modo efficace il divario di genere e per completare lo sforzo ,saranno necessari congedi parentali meglio distribuiti e un sistema fiscale che non penalizzi il lavoro del “secondo” lavoratore in famiglia.
Pensione di invalidità e piccoli lavoretti : ravvedimento operoso di Inps
ALESSANDRA SERVIDORI Assegno di invalidità e piccoli lavoretti : ravvedimento operoso “coatto” dell’INPS
https://www.ilsussidiario.net/news/pensioni-invalidita-il-problema-irrisolto-con-la-retromarcia-inps-sui-lavoretti/2270685/
Persino un lavoretto, part-time e al di sotto dei 400 euro mensili, non dava più diritto all'assegno di invalidità. Da metà ottobre, l’INPS aveva pubblicato un Messaggio il n. 3495 del 14 ottobre 2021 nel quale ribadiva che il requisito dell’inattività lavorativa per poter ottenere l’assegno mensile di invalidità civile sarebbe stato indispensabile per percepire il sussidio, percepito dagli invalidi parziali, che non supera mediamente la cifra di 287,00 euro al mese. Inoltre,ricorda sempre Inps, è possibile percepirlo non solo se si è disoccupati, ma anche se si svolgono lavori dal reddito modesto. INPS così recitava nel senso che il mancato svolgimento dell’attività lavorativa integrava non già una mera condizione di erogabilità della prestazione ma, al pari del requisito sanitario, un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, la mancanza del quale è deducibile o rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio. La giurisprudenza di legittimità, quindi, riteneva che lo svolgimento dell’attività lavorativa, a prescindere dalla misura del reddito ricavato, precludesse il diritto al beneficio di cui all’art. 13 della L. n. 118/1971.Nonostante la situazione di estrema povertà per i disabili, la Suprema Corte, più volte, si è pronunciata nel senso di far perdere l’aiuto economico a chi fa qualsiasi tipo di attività. Pertanto, sulla scia dei recenti pronunciamenti giurisprudenziali l’INPS si è uniformata alle decisioni della Cassazione, confermando l’orientamento in un documento di prassi. In pratica, sono stati esclusi di fatto dalla prestazione tutti coloro che, con una percentuale di invalidità dal 74% al 99%, svolgono qualsiasi attività lavorativa. Dunque, dal 14 ottobre 2021, l’assegno mensile di assistenza era liquidato, fermi restando tutti i requisiti previsti dalla legge, solo nel caso in cui risulti l’inattività lavorativa del soggetto beneficiario. In buona sostanza non tiene assolutamente conto che lo svolgimento di un’attività lavorativa, seppur minima, per una persona invalida, rappresenta un modo per socializzare più che una modalità di sostentamento e che , in molti avrebbero scelto la via dell’isolamento a discapito di quella dell’inclusione, onde evitare di perdere quel minimo di aiuto quale è l’assegno mensile di invalidità. Ora dietrofront sulla compatibilità assegno/reddito,con un emendamento approvato al recente “Decreto Fisco e lavoro”, il Governo cerca di rimediare rimettendo le cose così come son sempre state ,cancellando di fatto la Circolare interna dell’INPS ponendo rimedio a una situazione di ingiustizia e INPS si deve adeguare. Quindi, grazie a questo emendamento inserito nel “Decreto Fisco e Lavoro”, i disabili adesso hanno diritto all’assegno anche se svolgono un’attività lavorativa che genera un reddito basso, fino a poco meno di 5.000 euro all’anno. Smentita l’interpretazione restrittiva dell’INPS, si ripristina la corretta interpretazione della normativa vigente. Ma sempre per le persone invalide rimane la questione della pensione percepita bassissima , e le promesse non mantenute da Salvini di portarle a 780 euro mensili e da Stefani di aumentarle comunque in conferenza stampa del 20 dicembre scorso : la verità invece è che la pensione per gli invalidi nel 2022 sarà di 291 euro invece di 287. In barba alla nostra Costituzione che prevede la tutela della disabilità in diverse disposizioni, in maniera più o meno specifica, negli art 2, 3 , 32. Ma lo Stato, il Governo come intendono correggere l’esistenza nella nostra società di dolorose discriminazioni e di insopportabili diseguaglianze quando i costi per vivere a causa dei rincari diventano onerosi per le famiglie insormontabili per le persone disabili ?
Europa social Network 2022 : a che punto siamo dove andiamo
Alessandra Servidori European Social Network 2022 : a che punto siamo e dove andiamo.
https://www.ildiariodellavoro.it/european-social-network-2022-a-che-punto-siamo-e-dove-andiamo/
Come Rete dei Servizi Sociali Europei stiamo organizzando La Conferenza europea dei servizi sociali ad Amburgo il prossimo giugno,il più grande forum annuale per i professionisti dei servizi sociali pubblici in Europa. La pandemia di Covid-19 ha avuto un triste impatto sull'assistenza sociale della comunità in Europa. Coloro con cui abbiamo collaborato, ognuno di noi diversamente nell'ambito del nostro lavoro per documentare l'impatto della pandemia, hanno condiviso il fatto che non solo il settore era mal preparato per la crisi, ma la risposta quando è arrivata non è stata sufficiente ed è stata attuata troppo tardi. Nella nostra serie 2020/2021 di webinar Covid-19 con servizi sociali e direttori, pianificatori, commissari e manager dell'assistenza sociale, ci è stato detto in molte occasioni che l'assistenza sociale non sembrava una priorità, l'orientamento non era sempre accurato, c'era una mancanza di risorse umane e di finanziamento e quando c'era, erano lenti ad arrivare. Gli anni precedenti di mancanza di investimenti adeguati avevano già lasciato il settore senza le attrezzature necessarie per gestire la crisi. In termini di risposta, orientamento, risorse e sostegno finanziario sono arrivati troppo tardi per affrontare la crisi, il che solleva domande sul futuro finanziamento dell'assistenza alla comunità. I risultati sono stati coperti dai media in termini di un numero inaccettabile di morti in eccesso nelle case di cura e di troppi operatori sanitari che muoiono, il che solleva preoccupazioni etiche che dovrebbero essere affrontate.In effetti, una sfida chiave è stata garantire che le persone che utilizzano i servizi di assistenza sociale e la forza lavoro che li fornisce siano adeguatamente supportati. Il sistema di assistenza sociale della comunità è frammentato, con l'assistenza fornita da migliaia di fornitori. Anche se questo può essere un punto di forza, può anche rappresentare una sfida in termini di coordinamento. L'accesso a qualsiasi dato in tempo reale utilizzando un'adeguata tecnologia digitale su ciò che sta accadendo tra i servizi sarebbe fondamentale in termini di preparazione alle crisi future per essere in grado di riunirsi. La crisi ha avuto anche l'impatto di esporre i profondi livelli di disuguaglianza che esistono nelle nostre società, con non solo gli anziani, ma anche i bambini e le donne vulnerabili, i senzatetto, gli adulti con difficoltà di apprendimento e quelli con i redditi più bassi, colpiti in modo sproporzionato. Affrontare le disuguaglianze dovrà essere una priorità per qualsiasi riforma futura mentre ci accingiamo a ricostruire l'assistenza sociale della comunità anche se la pandemia continua ad affliggerci. È necessario trarre insegnamenti per la futura preparazione alle crisi che comunque saranno sequenziali. Dovremmo mirare a una crescente enfasi sull'assistenza fornita nella comunità mettendo i bisogni e le relazioni personali al centro della pratica dei servizi sociali. Mentre le politiche mirano sempre più a trasformare i servizi sanitari e di assistenza sociale per raggiungere le persone nelle loro case e comunità, l'attenzione dovrebbe anche spostarsi su interventi precoci ed efficaci per i bambini e le loro famiglie, i giovani e il supporto proattivo per le persone con condizioni di salute a lungo termine e le loro famiglie. Ripensando il futuro della pianificazione e della fornitura di assistenza comunitaria, la conferenza mira a ispirare con esempi, al cambiamento e osare a risultati migliori per bambini e famiglie, giovani, anziani, migranti, persone con problemi di salute mentale o disabilità.Per i professionisti dei servizi sociali in prima linea, Covid-19 ha portato incredibili interruzioni. In ESN abbiamo documentato le sfide che i servizi sociali che lavorano con bambini e famiglie, giovani, persone con disabilità, senzatetto e anziani hanno affrontato da marzo 2020, nonché quanto eroicamente sono entrati in azione per prendersi cura di chi ne ha bisogno. Tuttavia, il Covid-19 ha anche portato a diversi cambiamenti trasformativi di cui si parla da anni. Citando Rahm Emanuel "non voglio mai che una grave crisi vada sprecata", è diventato necessario implementare modi di lavorare nuovi e innovativi, digitali, agili e remoti; la crisi è stata l'impulso per accelerare la trasformazione di queste discussioni in azione. La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente incoraggiato le autorità dei servizi sociali a esplorare l'innovazione con il terzo settore e il settore privato, nonché la digitalizzazione e i suoi benefici, che si tratti di miglioramenti del back-end, analisi predittiva, previsione della domanda e monitoraggio remoto. Molte autorità pubbliche stanno esaminando ulteriormente i partenariati, l'integrazione dell'assistenza sanitaria e sociale, la gestione avanzata dei casi che offre l'opportunità di sviluppare servizi nuovi e integrati in tutti i settori, tra molti altri esempi di innovazione. Nell'ambito dei nostri gruppi di lavoro sulla digitalizzazione e i fondi europei, abbiamo discusso una serie di proposte di riforma per trasformare i servizi sociali in servizi moderni e resilienti per una ripresa che funzioni per tutti e non lasci indietro nessuno con i membri ESN che lavorano nei servizi di assistenza sociale in tutta Europa e oltre.Il bilancio finanziario dell'Unione europea per il periodo 2021-2027 e i fondi nazionali per la resilienza e la ripresa sono una fantastica opportunità per investire nella trasformazione dei servizi sociali, attraverso nuovi metodi di lavoro e sistemi digitali. Con la loro attenzione alla trasformazione innovativa e alla transizione digitale, questa è un'opportunità per i servizi sociali di investire nella loro modernizzazione e riforma.
Il metodo da noi usato è stata la comparazione delle esperienze se pur modeste sulle nuove tecnologie digitali che potrebbero essere una delle risposte alle difficoltà del settore. Ossia bilanciare le difficoltà che si incontrano oggi nel costruire la capacità di risposta per un numero maggiore di cittadini che avrebbero bisogno del sostegno del sistema di welfare. Il welfare e dunque un settore che si occupa di fornire servizi per le persone, appare evidente come esso non possa essere del tutto immune da questa rivoluzione: le logiche che caratterizzano l’epoca della digitalizzazione stanno infatti impattando sempre di più sui modelli di organizzazione ed erogazione dei servizi alla persona.Il primo aspetto comune a pressoché tutte le innovazioni degli ultimi anni è, appunto, il passaggio da analogico a digitale, la “smaterializzazione” di ampie porzioni della nostra vita quotidiana.A questo elemento si unisce un constante tentativo di saltare le mediazioni e le intermediazioni, con una connessione sempre più diretta tra domanda e offerta, tra chi ha risorse da mettere a disposizione e chi ha un bisogno da soddisfare.Gli ecosistemi digitali all’interno dei quali ci muoviamo oggi sono costruiti per dare precedenza alla circolazione di contenuti, informazioni, conoscenze, con l’idea di superare confini fisici e mettere in relazione pressoché istantanea tutte le parti del Mondo. Scompaiono sempre di più i confini predefiniti e si riscontra una maggiore difficoltà nel ricondurre l’esperienza all’interno dei sistemi digitali a percorsi strutturati, formalizzati e definibili ex-ante. Il ruolo – spesso attivo o proattivo – dell’utente all’interno delle applicazioni e degli ecosistemi digitali diventa fondamentale nel determinare l’output.
Crescono anche i livelli di incertezza, perché i ruoli tipici del mondo analogico sono messi in crisi da questo nuovo paradigma. Un altro tratto della rivoluzione digitale con cui deve fare i conti il sistema di welfare è quindi una relativa difficoltà, variabile da soggetto a soggetto, nel vivere all’interno di questo tipo di “ambienti”.Anche l’idea di semplicità e semplificazione ha la precedenza con la rivoluzione digitale e riguarda soprattutto la superficie: basti pensare agli smartphone, dove la semplificazione di interfaccia che viene restituita sullo schermo nasconde una complessità elevatissima che si gioca tutta all’interno del dispositivo e degli elementi che lo compongono. La rivoluzione digitale si accompagna a un potenziale disruptive in grado di trasformare profondamente i modelli di servizio, ridefinendo luoghi e modalità di erogazione, nonché il ruolo di utenti e operatori, senza contare la tipologia e l’entità del valore generato all’interno dei servizi di welfare.Ma a che punto è la trasformazione digitale nel settore? Il motivo per cui guardare con positività alle nuove tecnologie digitali è proprio la loro scarsa diffusione nei servizi alle persone. Sembra un paradosso, ma il fatto che l’innovazione si sia solo timidamente affacciata ai servizi sociali e sociosanitari sia in Italia che in Europa ci indica che le sue potenzialità devono ancora tradursi in impatti concreti per il sistema di servizi. Le ricerche condotte con riferimento a tre target dei servizi di welfare – anziani non autosufficienti, persone con disabilità e minori – hanno confermato chel’utilizzo delle nuove tecnologie digitali è ancora molto limitata (ad esempio, meno della metà delle strutture residenziali per anziani le utilizza) e legata ai modelli di servizio tradizionali (si pensi all’utilizzo di dispositivi digitali e robot con l’obiettivo di ampliare i contenuti educativi degli asili nido, senza però cambiare ruoli, luoghi e modalità di erogazione). C’è dunque ancora un ampio spazio inesplorato che attende coraggiosi innovatori. Di certo è necessario rifuggire da una logica eccessivamente ottimista rispetto alla capacità delle innovazioni digitali di risolvere tutti i problemi del sistema di welfare. Tuttavia, il fatto che in altri settori la trasformazione digitale sia già stata portata avanti e abbia consentito di introdurre nuove modalità di interazione con gli utenti, di co-produzione di valore e di generazione di impatti positivi, non può che essere un altro segnale positivo anche per i servizi di welfare nei paesi europei. Dobbiamo comunque affrontare due problemi principali e comuni a tutti i paesi Un primo aspetto che influenza una maggiore lentezza nell’adottare innovazioni tecnologiche digitali nei servizi sociali e sociosanitari è legato a un fattore di impostazione culturale. Si parte dall’assunto che i servizi di welfare non possano prescindere dalla dimensione relazionale (considerazione tendenzialmente corretta) e che la digitalizzazione distrugga tale dimensione (affermazione non necessariamente vera). La trasformazione digitale non porta con sé solo il rischio di trasferire in una dimensione non materiale ciò che è sempre stato tangibile, ma anche l’opportunità di intercettare target di utenza prima esclusi dal perimetro dei servizi (creare nuove relazioni), ma anche di attivare risorse, sviluppare capitale sociale, tutte azioni in grado di rafforzare le reti di sostegno e supporto per le persone fragili o in condizioni di vulnerabilità.Il secondo aspetto è legato all’approccio all’innovazione digitale che si è adottato fino a oggi nella maggior parte dei casi: è quasi sempre la tecnologia a trainare l’innovazione (o presunta tale) e non viceversa Molti tra i casi finora approfonditi da alcune ricerche raccontano infatti di innovazioni digitali (tablet, app e robot, solo per citarne alcune) introdotte perché chi gestisce il servizio è affascinato dalla tecnologia in sé, senza però avere un’ipotesi forte sul ruolo della stessa nella trasformazione del servizio. O addirittura, in altri casi, le innovazioni tecnologiche digitali vengono introdotte perché esiste un’opportunità di sperimentazione offerta dal provider stesso della tecnologia. Anche in questo caso, dunque, il ragionamento su come cambia o dovrebbe cambiare il modello di servizio arriva solo in una fase successiva. Dunque oltre alla carenza di risorse al settore (che è comunque un tema centrale quando si parla di innovazione e sostenibilità), né quella di innovazioni digitali: ciò di cui c’è bisogno è un orientamento all’innovazione dei modelli di servizio che passa attraverso una riflessione ex-ante su quali servizi si immagina e quali finalità si vogliono perseguire. Rispondendo ad alcune domande cruciali, come ad esempio: si vuole ampliare la platea di beneficiari già noti dei servizi o si vogliono intercettare nuovi target? Si vuole innovare la modalità di erogazione, il rapporto con l’utente o i meccanismi di accesso? Si vogliono perseguire efficientamenti organizzativi per liberare risorse o si vuole incentivare la messa in campo di nuove risorse da parte degli attori coinvolti? È importante sottolineare che il tema dell’efficienza dovrebbe essere sempre subordinato a quello dell’efficacia dei servizi, con la consapevolezza che nella maggior parte dei casi tentare la strada dell’innovazione, soprattutto nel breve-medio periodo, comporta una consistente componente di fisiologica inefficienza. Una volta individuate chiaramente le finalità dell’innovazione del servizio ci si potrà interrogare sul ruolo delle innovazioni digitali per il raggiungimento degli obiettivi. Ma soprattutto ci si potrà chiedere quali fra le tecnologie esistenti sono le più adatte per rispondere in modo più appropriato ai fabbisogni individuati. Per generare una trasformazione (digitale) del welfare serve prima di tutto un cambio di prospettiva sull’innovazione dei servizi.
ALESSANDRA SERVIDORI
La ragione ; disuguaglianze e futuro molto incerto sopratutto per la disabilità
Alessandra Servidori
Disuguaglianze e futuro molto incerto soprattutto per la disabilità
Per anziani e disabili il futuro non è sicuramente sereno tenuto conto delle risorse assai limitate e finanche confuse che notiamo nelle recenti disposizioni adottate poichè l’insufficienza di servizi domiciliari, strutture residenziali, azioni a sostegno dei familiari, rappresentano appena lo 0,38 dei famosi 30 miliardi. Quando sappiamo bene che gli anziani non autosufficienti supereranno di moltissimo, causa denatalità e allungamento della vita, nel prossimo 2028 ben i 6 milioni e mezzo (dati istat) e che già ora, rappresentano una realtà sociale enorme tenendo conto che se ne occupano concretamente 3 milioni di volontari, senza i quali il sistema di aiuto sarebbe già franato stando la mancanza di attenzione politica evidente. Nel recente disegno di legge delega sulle disabilità, prevista nella Legge di Bilancio 2022 e dal Pnrr tra le omissioni della delega appena approvata dal Parlamento vi è quella di non intervenire per correggere gli ampi difetti delle politiche di trasferimento monetario offrendo, responsabilmente e con una regia pubblica, a chi ne ha bisogno, quei servizi necessari a promuovere la loro partecipazione e, soprattutto, a tutelare la loro stessa dignità. Un esempio concreto è la confusione voluta tra la non autosufficienza grave e gravissima che a livello istituzionale legislativamente non è mai stata identificata ma solo adottata in singoli documenti ma che non trova riscontro univoco e oggettivo,poiché dovrebbe dipendere dal riconoscimento della particolare situazione del singolo caso con una valutazione interdisciplinare che si traduca in criteri di definizione della disabilità come rapporto tra esistenza e necessità di assistenza continua. Così succede che il Fondo per i familiari che curano un loro disabile( cd caregiver) secondo le legge del 2017che lo ha istituito e finanziato(ora è di 70 milioni) anziché andare al sollievo economico dei familiari per le cure prestate al proprio congiunto vanno alle singole regioni che ne utilizzano le risorse a discrezione ( fra le quali ci sono corsi di formazione ?)decidendo la classificazione tra autosufficienza grave e gravisissima perché è a quest’ultima che sono orientate le risorse. Inaccettabile.
I diritti dell'infanzia e adolescenza in Italia : diversi gap nei servizi significano diseguali opportunità
Alessandra Servidori I diseguali diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia
Il rapporto CRC (gruppo di network di oltre 100 associazioni del terzo settore ) per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia , ha pubblicato i dati regione per regione 2021 sulle differenze territoriali nel modo in cui sono concretamente garantiti i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza segnalando come non solo esistano grandi divari territoriali nella distribuzione della povertà economica, ma che a questi divari si sovrappongono anche quelli nell’offerta di beni pubblici destinati a bambine/i e adolescenti. L’approfondimento fornisce uno strumento prezioso di conoscenza ed insieme evidenzia la necessità di una raccolta di dati più puntuale e tempestiva. E’ grave che i dati sui minori in affidamento familiare siano fermi al 2017 e che quelli sull’utilizzo del sistema sanitario siano, oltre che vecchi, lacunosi e inadeguati. Ma anche con queste lacune la fotografia scattata da questo rapporto costituisce di fatto una denuncia della incapacità delle politiche pubbliche – sanità, istruzione, servizi sociali – di compensare le disuguaglianze di origine sociale. Non perché facciano parti uguali tra disuguali, ma perché fanno parti disuguali tra disuguali alla rovescia, offrendo meno risorse, meno beni pubblici, a chi è già in situazione di svantaggio. In contrasto al dettato costituzionale (art. 3, secondo comma), che impone di rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della personalità.Le disuguaglianze socialmente strutturate, e in molti casi prodotte dalle stesse politiche pubbliche, riguarda dimensioni tutte cruciali per la crescita e lo sviluppo delle capacità, a partire dalla sopravvivenza e dalla salute. Nonostante l’Italia sia in media uno dei paesi a più bassa mortalità infantile, un bambino che nasce nel Mezzogiorno ha il 50% di probabilità in più di morire nel primo anno di vita rispetto a chi nasce in altre regioni. Se sopravvive, ha minori possibilità di avere accesso alle cure pediatriche e in caso di malattia grave, corre un più alto rischio di dover andare altrove per essere curato. Corre anche un maggior rischio di obesità, una condizione che sappiamo essere molto rischiosa, e con effetti negativi sulla salute di lungo periodo. E’ legata a cattive abitudini alimentari a loro volta spesso esito sia di povertà sia di mancanza di una formazione corretta da parte dei genitori. L’incidenza dell’obesità minorile si sovrappone quasi perfettamente a quella della povertà. Ed è elevata proprio in quelle regioni, come la Sicilia, la Campania o la Basilicata, dove si riscontrano percentuali significative di malnutrizione. L’assenza, in queste regioni, di scuole a tempo pieno, talvolta anche nel caso delle scuole dell’infanzia, non è solo una riduzione delle risorse educative disponibili viceversa disponibili in altri contesti. Si accompagna anche all’ assenza della possibilità di fruire di almeno un pasto proteico al giorno, almeno nel periodo scolastico. Grandi differenze tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ma anche all’interno delle aree settentrionali e centrali, esistono anche nelle opportunità educative extra-familiari offerte ai bambini in età pre-scolare, specie ai più piccoli, tramite nidi, scuole dell’infanzia a tempo pieno e con mensa, servizi di sostegno alle capacità genitoriali, ludoteche e così via. Proseguono nella scuola, con una diversa disponibilità di scuola a tempo pieno. Non sorprende che queste disuguaglianze nella disponibilità di risorse non solo familiari, ma anche pubbliche, si traducano anche in differenze in attività come la lettura, la pratica di uno sport, l’apprendimento di uno strumento musicale o la partecipazione ad attività creative ed artistiche, che pure sono importanti per una crescita armoniosa e lo sviluppo delle capacità.
Risoluzione Onu sulle malattie rare
Alessandra Servidori Risoluzione Onu sulle malattie rare
https://www.ilsussidiario.net/news/malattie-rare-la-risoluzione-onu-che-aiuta-limpegno-dellitalia/2267375/
Di malattie rare ci siamo occupati attraverso il commento della legge del 10 novembre scorso ed è utile segnalare che durante la 76 esima sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite è stata adottata dai 193 Stati membri la prima Risoluzione che riconosce i diritti delle persone con malattie rare ed è importante per promuovere e incoraggiare le strategie nazionali e la collaborazione internazionale. La risoluzione è uno strumento per includere le malattie rare all’interno del sistema Onu, per rafforzare la comunità mondiale delle persone che vivono con una malattia rara.La risoluzione promuove il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda Onu 2030, cui sia l’Ue che i singoli Stati membri si sono impegnati.In Europa questo si tradurrà nello sviluppo di un Piano d’Azione europeo per le malattie rare all’attenzione della Commissione europea. L’Italia ha un forte commitment nell’implementazione di strategie nazionali e internazionali per favorire la ricerca clinica, l’accesso ai trattamenti più adeguati e innovativi per i malati rari, la corretta formazione e informazione, come testimonia la recente approvazione da parte del Parlamento del Testo Unico sulle malattie rarel In questo senso, la spinta e la capacità di fare sistema che le Associazioni dei pazienti possono offrire è assolutamente preziosa e insostituibile. A livello europeo una patologia è definita rara se colpisce meno di 1 persona ogni 2.000. Le persone con malattie rare possono essere poche per singola patologia, ma si stimano oltre 300 milioni di persone nel mondo, 30 milioni in Europa. La stima in Italia, è di oltre 2 milioni di persone. Di queste 1 su 5 ha meno di 18 anni. Oltre a essere raramente riscontrate, queste malattie hanno sintomi e manifestazioni che variano anche da persona a persona, rendendole per questo motivo ancor più difficili da diagnosticare e curare. Il tempo medio per una diagnosi è di 4 anni, ma può arrivare fino a 7. Le malattie rare hanno un andamento cronico, ingravescente e spesso invalidante.Per questo motivo è necessaria l’integrazione tra assistenza sanitaria e l’assistenza sociale: le persone che vivono con una malattia rara e le loro famiglie si trovano spesso a sostenere costi sociali ed economici gravosi: 8 su 10 hanno difficoltà a gestire gli aspetti “ordinari” della vita della persona affetta e della famiglia. Questa risoluzione è un enorme passo avanti nel riconoscere i bisogni di questi pazienti che affrontano grandi sfide quotidianamente. Auspichiamo che questa prima risoluzione delle Nazioni Unite sia un punto di partenza per costruire un nuovo percorso di cura per le malattie rare per il quale siamo impegnati ogni giorno,hanno testimoniato le delegazioni dei paesi promotori presenti : Seventy-sixth session Third Committee Agenda item 28 Social development Brazil, Central African Republic, Côte d’Ivoire, Cyprus, Ecuador, Equatorial Guinea, France, Italy, Peru, Portugal, Qatar, South Africa, Spain, Ukraine and Vanuatu: revised draft resolution
Un Paese civile assicura almeno la sicurezza sul lavoro
Alessandra Servidori
https://www.ildiariodellavoro.it/un-paese-civile-garantisce-ai-cittadini-la-sicurezza-sul-lavoro-non-si-limita-a-piangere-i-morti/
A Torino l’ultima strage sul lavoro e ancora una volta la denuncia della mancanza di una Strategia nazionale, che da sempre assente nel nostro Paese, e che ancora una volta le organizzazioni sindacali insieme alle famiglie continuano a richiedere, in modo corale, alle istituzioni competenti. Il tema delle tutele in materia di salute e sicurezza sul lavoro e, nella sua ricaduta negativa, degli accadimenti infortunistici, mortali e gravi, senza trascurare le malattie professionali, riguarda molteplici aspetti relativi al mondo del lavoro e alle modalità di svolgimento delle attività lavorative, coinvolgendo tanti soggetti, a partire dalle istituzionali (nazionali e sul territorio), le parti sociali, i tecnici, gli attori della prevenzione aziendale, con una attenzione specifica verso le figure di rappresentanza. Per arginare il fenomeno drammatico degli infortuni e delle malattie professionali, così come anche delle conseguenze di danno derivanti dalle inadeguate condizioni di lavoro, occorre intervenire su più livelli e su fronti diversificati, in modo costante e coeso, con un impegno da parte di tutti. I sindacati anche nel maggio 2021 , per offrire una pista comune di obiettivi e impegni, ai diversi livelli, hanno ritenuto opportuno redigere una Piattaforma ponendo i punti di evidenza espressi in tre assi: Istituzioni e Organismi nazionali;Contesti lavorativi; Attori della prevenzione. Ecco ora ci chiediamo come è finanziato IL PROGRAMMA PLURIENNALE, con finanziamenti mirati del PNRR e dei Fondi europei e nazionali per la coesione. Come si intende CONCEDERE FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE, condizionati a requisiti di legalità, applicazione dei CCNL e piena garanzia delle tutele su salute e sicurezza. Come e se si procede nel VARARE IL MODELLO DELLA QUALIFICAZIONE DELLE IMPRESE E DELLA PATENTE A PUNTI per determinare l’accesso alle gare di appalto, in particolare quelle pubbliche, sulla base della regolarità delle imprese in merito al rispetto delle normative, ai criteri definiti su SSL, alla legalità e correttezza dei contratti di lavoro. Si è richiesto più volte di RENDERE PIENAMENTE OPERATIVI GLI ORGANISMI NAZIONALI COMPETENTI ALLA SSL (Comitato ex art.5, Commissione Consultiva Permanente, art. 6, entrambi previsti dal D. lgs 81/08 s.m.), puntando, inoltre, a concretizzare un coordinamento permanente tra l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) e le Aziende Sanitarie Locali (ASL), migliorando le verifiche ispettive in qualità, quantità e frequenza, anche attraverso finanziamenti e assunzioni, sia per quanto riguarda l’INL sia per i servizi di prevenzione dei servizi sanitari territoriali. Abbiamo una necessità impellente di realizzare nell’ambito del coordinamento una programmazione efficace dell’attività ispettiva, garantendo il confronto strutturato e continuo sugli assi di programmazione e intervento con le Parti sociali. E’ fondamentale INVESTIRE, TRAMITE L’INAIL, RISORSE SULLA RICERCA, per accrescere la conoscenza della dimensione del fenomeno infortuni e malattie professionali, soprattutto in relazione alle modalità di accadimento, ai rischi emergenti, con particolare attenzione agli effetti derivanti dal cambiamento del mondo del lavoro e dalle innovazioni tecnologiche, e trasversali (età, precarietà del lavoro, immigrati), nonché alla violenza e alle molestie nei luoghi di lavoro. Anche la prevenzione deve diventare 4.0. E’ impellente GARANTIRE L’ACCESSO ALL’ANAGRAFE DI RLS/RLST (che ha Inail) da parte delle OO. SS. Nazionali e territoriali ; così come INSERIRE NEI PROGRAMMI SCOLASTICI, almeno a partire dalle scuole superiori di ogni tipo, LA MATERIA DELLA SSL, ponendo a priorità il messaggio del valore della vita umana, anche sul lavoro. Le ragazze ed i ragazzi che oggi sono a scuola/università saranno lavoratori/trici, imprenditori/trici, liberi/e professionisti/e del domani. Devono acquisire la salute e sicurezza sul lavoro non come questione burocratica, ma di prevenzione e protezione, per sé e per gli altri, rispetto delle normative e delle procedure, attenzione costante e priorità dei diritti di tutela. Nei CONTESTI LAVORATIVI dobbiamo assicurare l’Informazione, la formazione e l’addestramento come diritti fondamentali ed esigibili di ogni lavoratrice e lavoratore: MAI AL LAVORO SENZA UNA PREPARAZIONE ED UN ADDESTRAMENTO ADEGUATI (indipendentemente dalla tipologia contrattuale, età, genere provenienza da altri paesi) che devono essere forniti ai lavoratori e alle lavoratrici prima di essere adibiti ad ogni specifica mansione e devono essere erogati da Enti di formazione accreditati e certificati. Abbiamo chiesto di INTRODURRE L’OBBLIGO DI FORMAZIONE PER I DATORI DI LAVORO e per tutti coloro che intendono avviare un’attività lavorativa. Non si può più consentire che si possa divenire imprenditori e non conoscere le normative in materia di SSL. E’ utile DARE NUOVO IMPULSO AL RUOLO DELLA RAPPRESENTANZA, a partire dal garantire in ogni contesto lavorativo la consegna del DVR/DUVRI, l’accesso al registro degli infortuni (digitale), la consultazione sulla valutazione dei rischi e le misure di tutela, sulla designazione degli attori della prevenzione e sull’organizzazione della formazione (di cui all’art. 37 del D. lgs 81/08 s.m.). Sono poi convinta che ciò significa PROMUOVERE E RAFFORZARE LA CONTRATTAZIONE COME STRUMENTO FONDAMENTALE (nazionale e territoriale/aziendale) per declinare le misure di prevenzione e protezione al contesto lavorativo, tenendo conto delle esigenze della popolazione lavorativa, dell’organizzazione (a partire dei turni, dai carichi e dagli orari di lavoro) e delle modalità lavorative. Significa GARANTIRE PIENO ACCESSO DEI RLS E RLST AI LUOGHI DI LAVORO, potendo disporre di agibilità orarie adeguate, per svolgere appieno il loro ruolo. Vuol dire INTRODURRE IL DIVIETO DI CONTRATTI DI APPALTO AL MASSIMO RIBASSO e con aziende che non sono in regola con le disposizioni normative in SSL. Obbligo per tutti i contratti di appalto della stipula del DUVRI (Documento unico di valutazione dei rischi da interferenza) e identificazione di un responsabile delle lavorazioni in appalto per ciascuna azienda (appaltante e appaltatrice). Gli ATTORI DELLA PREVENZIONE possono essere molteplici e dunque dobbiamo generalizzare e rafforzare il ruolo della rappresentanza in tutti i contesti e settori lavorativi, senza distinzioni di dimensione e settore: NESSUNA AZIENDA SENZA RLS/RLST, REGOLARMENTE ELETTI/DESIGNATI dalle lavoratrici e lavoratori.Il SSN deve GARANTIRE APPIENO LO SVOLGIMENTO DEL RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE (come previsto dalla normativa vigente), attraverso un’azione non solo volta alla sorveglianza sanitaria, ma alle visite negli ambienti di lavoro, alla collaborazione alla valutazione dei rischi, al supporto per il ricollocamento degli inidonei. Significa RAFFORZARE LE COMPETENZE E LA FORMAZIONE DEI RSPP E GARANTIRE UNA PARTECIPAZIONE EFFETTIVA E COSTANTE DEI RLS/RLST al sistema di prevenzione aziendale. Possiamo e dobbiamo EFFETTUARE UNA CAMPAGNA STRAORDINARIA DI CONTROLLI DA PARTE DEGLI ORGANIDI VIGILANZA IN OGNI AZIENDA, da rendere poi costante nel tempo ed abituale. Un Paese civile assicura ai suoi cittadini il diritto alla certezza della prevenzione sul lavoro, e non si limita a piangere i suoi morti.
Riflessioni da cristiana cattolica
Riflessione di una cristiana cattolica EWWIWA MARIA !!!!!
Ritirato il documento sulle linee guida della comunicazione interna dell'Unione dichiarando che non soddisfa gli standard di qualità della Commissione e che lavorerà ulteriormente sul documento denominato Unione dell’uguaglianza, rimane il dubbio che la Ue sia fuori di testa. Purtroppo, il ritiro non basta. Se l'obiettivo del documento, come precisato dalla commissaria all'Uguaglianza, era di evidenziare la diversità della cultura europea, avrebbe dovuto ricondurre ragionamenti e riflessioni ai contrasti e agli attriti che si svilupparono intorno al 2003, sul riferimento alle radici giudaico-cristiane da introdurre nella Costituzione europea. Infatti, quel richiamo non avrebbe, in alcun modo, compromesso la laicità della Carta, ma il braccio di ferro vide perdenti i favorevoli all'inserimento e la nascita di un documento storicamente e quindi culturalmente acefalo che, per altre criticità, non visse a lungo e di cui solo alcuni aspetti furono assorbiti dal Trattato di Lisbona. Gli Ugualitari della Commissione partendo dal presupposto che in Europa tutti dobbiamo essere eguali senza indicazioni di genere, razza, etnia, religione, orientamento sessuale e considerando il Natale una festività poco inclusiva, deducono che i periodi festivi devono essere indicati in forma generica perché non sono tutti cristiani.Noi cristiani ricordiamo il Natale, festeggiandolo, l'Ebraismo non celebra la ricorrenza del Chanukkà detta anche festa delle luci, spesso coincidente con il periodo natalizio, la Chiesa ortodossa non ricorda il Natale che, seguendo il calendario giuliano, cade il 7 gennaio. Se infastidiscono nomi tipicamente cristiani come Maria e Giovanni, perché i funzionari europeisti non esprimono la stessa amorevole sensibilità anche per Muhammad e Aisha? Si potrebbe continuare nel ricordare ulteriori amenità del documento : sarebbero riflessioni inconcludenti al fine di un'effettiva olistica comprensione di un trend di grande appeal, in particolare nel mondo occidentale, un orientamento supportato e coniugabile con modernismo, progressismo, novismo, e perché no, con vuotismo insignificante e modaiolo.In forza degli stessi impulsi negli USA si abbattono le statue, in Italia, in solidarietà con le colleghe si va a scuola vestite da donna e in un liceo, in sentita partecipazione per le disforie di genere, con asterischi si tronca il finale di sostantivi e aggettivi che qualificano un'identità sessuale. Demenzialità che accompagnano un processo teso all'interiorizzazione di un nuovo Ordine mondiale: assicurerà coesistenza e felicità eliminando le frontiere, l'identità genitoriale, affermando un monoculturalismo, una religione universale, affidando la nostra libertà individuale alla rete, ingannevole ma appagante, dei social media. Questa pazza prospettiva del futuro, vorrebbe diventare un progetto di mutamento politico su scala nazionale?
Finanza e cultura planetaria, informazione da sottoprodotto politico, impegnati per la felicità futura? Le posizioni della Commissione della von der Leyen: "Siamo neutrali sulle questioni delle religioni, abbiamo un costante dialogo con tutte le organizzazioni religiose e non confessionali", ma la Cristianità si sarebbe attesa una netta presa di posizione dalla scomparsa del Natale, oltre alla comunicazione interna dell'Ue e la presa di posizione del Segretario di Stato-. Un assordante silenzio che avvolge che prosegue verso l'immiserimento della nostra religione, un continuo e inarrestabile svuotamento verso un datato buonismo sociale. La Storia insegna che le civiltà non vivono in eterno e quella occidentale non sarà da meno, il Cristianesimo sarà piccola minoranza centrata sulla fede e molto meno su Roma e il misero documento dimostra ancor più il cammino verso il nuovo Ordine e la secondarietà delle nostre voci. Comunque una certezza mi consola e mi fa ancora più sentire forte : la persona cristiana e le sue libertà non si diluiranno nell'indifferenziazione dell'Umanità.
Dicembre 2021 W Maria
FINALMENTE LA LEGGE SULLE MALATTIE RARE
ALESSANDRA SERVIDORI
FINALMENTE LA LEGGE SULLE MALATTIE RARE
In Gazzetta ufficiale del 26 Novembre la legge 10 novembre 2021 n. 175 "Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani". Il testo prevede l'attuazione del Piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato; garantisce un percorso strutturato della transizione dall’età pediatrica all’età adulta; prevede che i farmaci orfani siano resi immediatamente disponibili da tutte le Regioni e disciplina le modalità di importazione di farmaci inclusi nei Piani personalizzati. Viene inoltre istituito un fondo di solidarietà finalizzato a favorire l’inclusione sociale dei pazienti, ovvero l’istruzione e l’inserimento lavorativo e sociale degli stessi. Dal 2022 aumenta inoltre il contributo delle aziende farmaceutiche al fondo nazionale per l'impiego, a carico del Ssn, di farmaci orfani e viene concesso un'incentivo fiscale fino a 200mila euro a soggetti pubblici e privati che svolgono o finanziano attività di ricerca sulle malattie rare o sui farmaci orfani. Presso il Ministero opererà il Comitato nazionale per le malattie rare, con funzioni di indirizzo e coordinamento, definendo le linee strategiche delle politiche nazionali e regionali. Il testo conferma e rafforza le funzioni del Centro Nazionale per le Malattie Rare dell’ISS, sede del Registro Nazionale delle Malattie Rare. Viene previsto in particolare che le Regioni assicurino, attraverso i Centri regionali e interregionali di coordinamento, il flusso informativo delle reti per le malattie rare al CNMR al fine di promuovere nuove conoscenze scientifiche, effettuare un monitoraggio epidemiologico delle malattie rare, valutare la qualità complessiva della presa in carico dei pazienti e orientare così la programmazione nazionale in tema di malattie rare.Sarà promossa un'informazione tempestiva e corretta ai pazienti, ai loro familiari e agli operatori sanitari insieme a iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle malattie rare. Saranno emanati decreti attuativi che prevedono il coinvolgimento degli organi tecnici dei Ministeri, ognuno per la sua competenza.All’interno della norma si fa riferimento ad una serie di decreti, regolamenti e accordi attraverso i quali sarà possibile dare concreta applicazione ad alcune delle disposizioni in essa contenute. A questo proposito, gli atti cui la norma rinvia sono cinque: due decreti ministeriali, due accordi da stipulare in sede di Conferenza permanente per i rapporti con le regioni e le province autonome e un regolamento. Queste le scadenze : ENTRO IL 10 FEBBRAIO VA ISTITUITO IL COMITATO NAZIONALE PER LE MALATTIE RARE Il primo atto previsto in ordine temporale è quello indicato dall’articolo 8 relativo all’Istituzione del Comitato Nazionale per le malattie rare. A questo proposito, il Ministero della Salute entro 60 giorni, con proprio decreto, è chiamato ad istituire il Comitato e a disciplinarne le modalità di funzionamento, assicurando la partecipazione di tutti i soggetti portatori di interesse del settore.ENTRO IL 12 MARZO IL REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL FONDO DI SOLIDARIETÀ.Secondo quanto stabilito dal comma 2 dell’articolo 6, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della Salute e con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regione e le province autonome, sentito l’INPS, entro 3 mesi e dunque entro il 12 marzo 2022 è tenuto ad adottare, con proprio Decreto, il regolamento di attuazione relativo all’Istituzione del Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare.Solo quando il regolamento sarà pubblico sapremo come effettivamente sarà erogato questo fondo, se in modalità diretta o indiretta, se attraverso le Regioni o a livello centrale. Lo stanziamento effettivo è previsto già per il 2022, per ora però sappiamo solo che l’articolo 6 destina tali risorse al finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura ed assistenza delle persone affette da tale patologia, con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con handicap riconosciuto con connotazione di gravità (ai sensi della Legge 104) e che necessitano di assistenza continua. ENTRO IL 12 MARZO IL PIANO MALATTIE RARE al fine di assicurare il costante aggiornamento del Piano Nazionale per le Malattie Rare - PNMR, la legge stabilisce, all’articolo 9 che con accordo da stipulare in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Comitato e il Centro nazionale per le malattie rare, ogni 3 anni deve essere approvato il PNMR con cui sono definiti gli obiettivi e gli interventi pertinenti nel settore. In sede di prima attuazione, il Piano dovrà essere adottato entro 3 mesi dall’entrata in vigore della legge stessa e dunque entro il 12 marzo 2022. ENTRO IL 12 MARZO L’ACCORDO TRA STATO E REGIONI PER LE AZIONI INFORMATIVE, con l’obiettivo di incentivare l’informazione e la comunicazione nell’ambito delle malattie rare e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, il Ministero della Salute, secondo quanto stabilito dall’articolo 14, è tenuto a promuovere azioni utili per assicurare una tempestiva e corretta informazione rivolta alle persone con malattie rare. Le modalità per assicurare quanto sopra indicato devono essere definite attraverso un accordo in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, entro 3 mesi, quindi entro il 12 marzo 2022.Contemporaneamente o centri di coordinamento regionali e interregionali, sempre entro sei mesi sono chiamati a dotarsi di strumenti adeguati, al fine di fornire le informazioni necessarie relative alle Reti regionali ed interregionali e per orientare le persone con malattia rara rispetto alle offerte assistenziali organizzate da regioni diverse da quella di residenza. ENTRO IL 12 GIUGNO IL REGOLAMENTO RELATIVO AGLI SGRAVI FISCALI PER RICERCA E SVILUPPO,con l’obiettivo di favorire la ricerca finalizzata allo sviluppo di protocolli terapeutici sulle malattie rare e dei farmaci orfani, ai soggetti pubblici o privati impegnati in questo tipo di attività o che finanziano progetti di ricerca negli ambiti sopra indicati è concesso, a decorrere dal 2022, un credito d’imposta pari al 65 per cento delle spese sostenute fino ad un importo massimo di 200.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 10 milioni di euro annui. A questo proposito, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 12, il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Università e della ricerca e con il Ministero dell’economia e finanze, attraverso regolamento da emettersi entro sei mesi, quindi entro il 12 giugno 2022, è chiamato a stabilire i criteri e le modalità di attuazione di quanto sopra indicato.
Di particolare importanza L'articolo 6 prevede e disciplina l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, con una dotazione iniziale pari ad un milione di euro annui a decorrere dall'anno 2022, destinato al finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura ed assistenza delle persone affette da tale patologia, con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con handicap riconosciuto con connotazione di gravità (ai sensi della Legge 104) e che necessitano di assistenza continua.Il regolamento di attuazione dell'articolo 6 viene adottato, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, sentito l'Istituto nazionale della previdenza sociale. Mediante tale regolamento, al fine di introdurre interventi volti a favorire l'inserimento e la permanenza delle persone affette da malattie rare nei diversi ambienti di vita e di lavoro, sono disciplinate, nei limiti della dotazione del Fondo, le misure dirette a: riconoscere benefici e contributi ai familiari ed a coloro che si prendono cura delle persone affette a malattie rare; garantire il diritto all'educazione ed alla formazione delle persone affette da malattie rare nelle scuole, assicurando che il piano terapeutico sia svolto anche in ambiente scolastico con il supporto necessario a tal fine; favorire l'inserimento lavorativo e la possibilità di mantenere una condizione lavorativa autonoma della persona affetta da malattia rara.