4 febbraio 2022 Noi contro il Cancro
ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO (ILO)
“ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE A SOSTANZE CHIMICHE PERICOLOSE ED EFFETTI SULLA SALUTE: UNA REVISIONE GLOBALE”
Autori
Manal Azzi (ILO)
Halshka Graczyk (ILO)
Daniele Mandrioli (Istituto Ramazzini)
Pubblicazione
7 Maggio 2021, Ginevra, ILO
SOMMARIO
Introduzione
I lavoratori di tutto il mondo stanno affrontando una crisi sanitaria globale a causa dell'esposizione professionale a sostanze chimiche tossiche. Ogni anno più di 1 miliardo di lavoratori è esposto a sostanze pericolose, inclusi inquinanti, polveri, vapori e fumi nei loro ambienti di lavoro. Molti di questi lavoratori perdono la vita a causa di queste esposizioni in seguito a malattie mortali, tumori e avvelenamenti, o in seguito a lesioni mortali derivate da incendi o esplosioni. Dobbiamo anche considerare l'onere aggiuntivo che i lavoratori e le loro famiglie devono affrontare in seguito a lesioni non mortali con conseguenti disabilità, malattie croniche debilitanti e altre sequele, che purtroppo in molti casi restano invisibili. Tutti questi morti, infortuni e malattie sono del tutto prevenibili.
L' Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha da tempo riconosciuto che la protezione dei lavoratori da sostanze chimiche pericolose è essenziale per garantire la salute e ambienti sostenibili. Tuttavia, i lavoratori continuano a essere esposti in modo sproporzionato a sostanze chimiche in quasi tutti settori lavorativi. La produzione di prodotti chimici e il numero di industrie che li utilizzano sono in espansione, il che significa un alto potenziale per un aumento di esposizioni professionali. Inoltre, a causa della continua introduzione di nuovi prodotti chimici ogni anno, le strategie per regolare l'esposizione, quali ad esempio l'implementazione di limiti d’esposizione professionale, fanno fatica a tenere il passo. Vi è quindi un urgente bisogno di agire e di attuare misure efficaci per prevenire danni ai lavoratori, alle loro famiglie e alla comunità.
In risposta alla crescente preoccupazione internazionale per la sicurezza chimica, è stato sviluppato lo Strategic International Chemicals Management (SAICM) che funge da quadro per le politiche di promozione della sicurezza chimica. Le considerazioni sull'esposizione professionale sono al centro del programma SAICM Beyond 2020 e sono necessarie misure ancora più forti in questo nuovo quadro per proteggere i lavoratori dalle esposizioni alle sostanze chimiche.
Questa revisione globale è stata intrapresa al fine di fornire una solida base di prove per gli sforzi politici. Come tale, rappresenta un'analisi necessaria e completa delle tendenze e delle priorità recenti quando si tratta della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori dalle esposizioni chimiche professionali.
Principali risultati
Le principali esposizioni chimiche identificate come prioritarie includono:
1. Amianto
2. Silice
3. Metalli pesanti
4. Solventi
5. Coloranti
6. Nanomateriali artificiali (MNM)
7. Sostanze perfluorurate (PFAS)
8. Interferenti endocrini (EDC)
9. Pesticidi
10. Inquinamento atmosferico sul posto di lavoro
Per la stragrande maggioranza delle esposizioni chimiche, non esistono dati a livello locale, regionale e globale e il numero di lavoratori esposti non può nemmeno essere stimato.
- Solo un numero limitato di esposizioni professionali a sostanze chimiche è considerato, monitorato e regolamentato nei luoghi di lavoro. A causa della mancanza di informazioni complete sull'esposizione chimica dei lavoratori e i rispettivi effetti come morte, cancro, ecc., il carico globale di malattia è spesso mancante o gravemente sottovalutato.
- Sebbene alcune sostanze chimiche pericolose siano state gradualmente eliminate, numerose sostanze tossiche vengono ancora utilizzate a livello globale, e i lavoratori dei paesi a basso e medio reddito (LMIC) sono particolarmente esposti.
- Il cancro è la principale causa di morte correlata al lavoro e più di 200 sostanze diverse sono state identificate come cancerogeni umani noti o probabili e molte di queste esposizioni si verificano sul posto di lavoro.
- L'esposizione professionale a sostanze chimiche ha effetti tossici su diversi sistemi corporei, inclusi quelli riproduttivi, sistema cardiovascolare, respiratorio e immunitario, nonché su organi specifici, come il fegato e cervello.
Azioni prioritarie
La presente revisione dimostra chiaramente la necessità di un'azione tempestiva per proteggere i lavoratori nei diversi settori economici in tutto il mondo. Le azioni chiave per garantire la protezione dei lavoratori e gli sforzi di prevenzione includono rigorosi limiti di esposizione professionale basati sull'evidenza scientifica, misure sul posto di lavoro che seguano la gerarchia di controllo, e l'eliminazione graduale e le restrizioni di alcune sostanze chimiche. Ulteriori punti chiave sono:
*Le politiche per una efficace gestione delle sostanze chimiche dovrebbero sempre seguire un approccio sistemico, come indicato nella Convenzione n.187 del quadro promozionale dell'ILO per la sicurezza e la salute sul lavoro.
- Gli standard internazionali del lavoro sono fondamentali per rispondere alla crisi della salute sul lavoro posta da sostanze chimiche. Convenzioni chiave dell'ILO relative alla gestione sicura delle sostanze chimiche, inclusa la Convenzione ILO n.170 sui prodotti chimici e la Convenzione ILO n 174 per prevenzione degli incidenti industriali maggiori, devono essere ratificate ed attuate in via prioritaria.
- Una cultura della prevenzione in salute e sicurezza dovrebbe essere implementata a livello nazionale e sul posto di lavoro, con le diverse parti interessate coinvolte a tutti i livelli.
- Limiti di esposizione professionale (OEL) armonizzati e basati sull'evidenza scientifica devono essere stabiliti, aggiornati, implementati ed applicati per tutte le principali sostanze chimiche pericolose.
- Sul posto di lavoro, si raccomanda un approccio programmatico per una efficace gestione delle sostanze chimiche, così come una strategia sul posto di lavoro che includa l'identificazione delle sostanze chimiche, una valutazione di rischio globale e l’attuazione delle misure di controllo.
- Le misure preventive devono essere implementate seguendo la Gerarchia dei Controlli, come stabilito in Guida dell'ILO.
- C'è un urgente bisogno di archivi e banche dati globali armonizzati sull'esposizione occupazionale a sostanze chimiche e i conseguenti effetti sulla salute dei lavoratori.
- Ulteriori ricerche sulle malattie non trasmissibili (NCD) dovrebbero essere considerate una priorità, così come sul rapporto tra esposizioni chimiche e malattie infettive. La pandemia di COVID-19 ha evidenziato la necessità di sviluppare sforzi politici reattivi che prendano in considerazione gli aspetti multidimensionali di salute e sicurezza sul lavoro.
- Sono necessari sforzi per generare dati disaggregati per genere per identificare e prevenire le esposizioni e i relativi impatti sulla salute che risultano amplificati a causa del genere e da fattori biologici.
- Il dialogo sociale è essenziale per promuovere una comunicazione trasparente e attiva tra le parti interessate a tutti i livelli.
- C'è bisogno di un maggiore coinvolgimento degli stakeholder del mondo del lavoro in SAICM e in altri sforzi politici internazionali in materia di sostanze chimiche, nonché lo sviluppo di un solido quadro di governance.
Sebbene gli effetti sulla salute di alcune esposizioni chimiche professionali siano ben stabiliti, è probabile che gli impatti sulla salute a lungo termine di alcune sostanze chimiche diventino evidenti solo negli anni a venire. Tuttavia, ciò che è chiaro è che l'utilizzo di sostanze chimiche pericolose nei prodotti di consumo e nei processi industriali continuerà ad aumentare nei prossimi anni, portando ad un maggior carico di malattie ed effetti negativi per l'ambiente. Non possiamo più permetterci di essere compiacenti nella nostra cattiva gestione globale dei prodotti chimici[AS1] ed è urgentemente necessario un nuovo approccio per proteggere i miliardi di lavoratori esposti ogni giorno. Sistemi per la gestione delle sostanze chimiche che siano efficaci e basati sulle evidenze scientifiche devono essere implementati con urgenza sia a livello nazionale che sul posto di lavoro.
La certificazione di genere : non sprechiamo le risorse
Alessandra Servidori start mag
https://www.startmag.it/economia/certificazione-genere-legge-bilancio/
La questione femminile è sempre molto all’attenzione dell’impegno, soprattutto quando ci troviamo in situazioni imbarazzanti ( per usare un eufemismo) in occasione dell’uso in generale per i nomi usati inutilmente per l’elezione del Presidente della Repubblica, ed in particolare per le “due donne” agitate come obiettivo innovativo e poi rinnegate durante la sofferta settimana scorsa. Una questione mi preme approfondire ed è riferita alla legge di bilancio 2022 e legata a doppio filo sui progetti del Pnrr per quanto riguarda gli strumenti finanziati per aumentare l’occupazione femminile. Si tratta della “Certificazione di genere” in quanto i datori di lavoro virtuosi, cioè certificati, potranno ottenere, a partire dal 2022, uno sgravio contributivo in misura pari all’1% delle somme da versare, con il limite massimo di 50mila euro annui, con una dotazione prevista di 50 milioni di euro complessivi se adotteranno lo” strumento certificatorio” delle buone prassi che assicurano pari opportunità e contrasto alle discriminazioni. Verrà anche riconosciuto un «premio di parità» consistente nell’attribuzione, alle imprese dotate di certificazione, di un punteggio aggiuntivo per la partecipazione ad appalti e gare indetti dalle Pubbliche amministrazioni e per finanziamenti europei, nazionali e regionali.Di certificazioni di genere, come ho richiamato più volte, negli anni passati ne abbiamo eseguite ben due ,una nel 2008 ( che ha partorito un pseudo bollino rosa ) e una nel 2014 ,entrambe realizzate con ingenti somme che non hanno dato i risultati attesi e soprattutto “premiato”le solite grandi aziende .Ora si riprova ma rimango ancora oggi fortemente dubbiosa sulla realizzazione e soprattutto sulla utilità per le piccole aziende che già oggi soffrono di difficoltà evidenti. Infatti la questione è legata alle risorse impegnate poiché ,tranne in alcuni casi, gli aiuti di Stato sono vietati dalla normativa europea e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea che disciplina la materia agli articoli 107 e 108. Il Dipartimento Politiche Europee, attraverso l'Ufficio per il Coordinamento in materia di aiuti di Stato, cura il rapporto tra tutte le amministrazioni centrali e regionali per assicurare il rispetto delle norme europee. Gli aiuti di Stato (concessi per via amministrativa o per legge) possono determinare distorsioni della concorrenza, favorendo determinate imprese o produzioni. Possono essere compatibili con il Trattato di Lisbona, solo se realizzano obiettivi di comune interesse chiaramente definiti. Con la COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Modernizzazione degli aiuti di Stato dell’UE /* COM/2012/0209 final si è ulteriormente approfondita la materia */omissis .” Un controllo degli aiuti di Stato più incisivo e più mirato può incoraggiare la definizione di politiche che stimolano la crescita e garantire che le distorsioni della concorrenza rimangano limitate, in modo che il mercato interno resti aperto e concorrenziale. Un controllo di questo tipo può altresì contribuire a migliorare la qualità delle finanze pubbliche. Un quadro più mirato consentirà agli Stati membri di dare un migliore contributo sia all'attuazione della strategia Europa 2020 per la crescita sostenibile che al consolidamento di bilancio. La modernizzazione del controllo degli aiuti di Stato è necessaria per migliorare la qualità dell'analisi della Commissione e fare di tale strumento un mezzo in grado di promuovere un impiego adeguato delle risorse pubbliche e l'attuazione di politiche orientate alla crescita, limitando le distorsioni della concorrenza che metterebbero a rischio le condizioni di parità nel mercato interno. L'attuale complessità delle norme sostanziali e del quadro procedurale, che si applicano nello stesso modo sia ai casi più piccoli che a quelli più grandi, rappresenta una sfida per il sistema di controllo degli aiuti di Stato. Vi sono anche altri elementi che corroborano la necessità di un ampio pacchetto di misure di modernizzazione di tutta la politica degli aiuti di Stato dell’UE tra cui la preparazione del quadro finanziario pluriennale dell’UE e delle norme sui fondi strutturali dell'UE per il periodo 2014-2020; e, non da ultimo, il rafforzamento del sistema di sorveglianza economica e di bilancio, nel quadro del semestre europeo. Il compito dello Stato membro è quello di cercare di contemperare l'esigenza nazionale di accrescere l'efficienza del mercato dal punto di vista economico con le esigenze di equilibrio dei mercati sotto il profilo della concorrenza. Ogni progetto di norma che preveda la concessione di un nuovo beneficio deve essere tempestivamente notificato, insieme a tutte le informazioni necessarie, dallo Stato membro interessato alla Commissione UE che adotta in merito una decisione con la quale stabilisce se l'agevolazione in questione è compatibile con le regole del Trattato. Per la cd “certificazione di genere” è prevista una cabina di regia per la quale si è tuttavia in attesa dei decreti interministeriali attuativi con i quali verranno stabiliti i parametri minimi per il conseguimento della certificazione nonché le modalità di acquisizione e monitoraggio dei dati e di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri di parità. Non sono conosciuti i criteri e i requisiti minimi per la certificazione, né quali saranno gli organi preposti alla certificazione. C’è da attendersi che si sviluppi un nuovo ramo di consulenza aziendale forse allineato alla ISO 30415:2021 HR Management – Diversity and Inclusion.Ci chiediamo se lo strumento di cui si discute sia un ulteriore inutile adempimento burocratico o consenta effettivamente di fare un passo avanti nel percorso verso un’effettiva parità di genere. Per non distrarre energie ricordo che nel mese di maggio 2021, l’ISO (International Standard Organization) ha pubblicato la prima Certificazione Internazionale sulla Diversity & Inclusion, la ISO 30415:2021 Human Resource Management -Diversity and Inclusion.
MOBBING : ci vuole la legge
ALESSANDRA SERVIDORI https://www.ilsussidiario.net/news/mobbing-la-legge-necessaria-per-tutelare-i-lavoratori/2284255/
Il Mobbing : Reato del Codice penale e Convenzione Oil
In questo periodo di pandemia ,ora sempre di più di epidemia, si intensificano le denunce sul lavoro di discriminazioni e di mobbing. Per la Cassazione, il mobbing consiste in un insieme di comportamenti vessatori e/o persecutori, prolungati nel tempo e lesivi della dignità personale e professionale del lavoratore nonché della salute psicofisica dello stesso, perpetrati nei suoi confronti da parte di superiori e/o colleghi.Scopo del mobbing è l’isolamento del/della dipendente,la sua emarginazione,l’umiliazione. Il mobbing è innanzitutto un illecito civile che potrebbe comportare una malattia professionale indennizzabile nell’ambito del cosiddetto danno biologico. Spetta al dipendente che contesti la presenza di mobbing dimostrare la nocività dell’ambiente lavorativo, il danno subito e la riconoscibilità di tale danno all’ambiente lavorativo. In Italia il reato di mobbing si avvale di sentenze giurisprudenziali non alimentate da una apposita specifica norma. La prima sentenza inizia nel 2001 a cura della Corte di Appello -il 12 marzo n. 10090- che avvalendosi di una segnalazione della Procura di Torino condanna il delitto di maltrattamento da parte di datore di lavoro in danno di persone sue dipendenti. Per ben 10 anni si ripetono queste denunce e sentenze ,seguite da sentenze di Cassazione nel 2018 condannando condotte vessatorie e comportamenti persecutori, svolti con carattere sistematico e duraturo diretti a danneggiare il lavoratore /lavoratrice al fine di estrometterlo dal lavoro,richiamando l’art 612-bis del codice penale. Cosi’ come la successiva sentenza del 9 novembre 2020 reiterando accuse di plurimi atteggiamenti che esprimono ostilità verso la vittima dipendente nell’ambiente di lavoro sia idonea a cagionare eventi di norma incriminatrice e dunque penale. Oil nella Convenzione del 21 giugno 2019 sull’eliminazione delle violenze e molestie sul luogo di lavoro, esecutiva peraltro in Italia dal gennaio 2021, indica nelle molestie di genere persecutorie che causano danno fisico,psicologico sessuale od economico l’introduzione di sanzioni . Alla Camera dei Deputati e contestualmente al Senato sono depositate dal 2019 proposte di legge che prefigurano,prevedendo articolati comportamenti perseguibili,sanzioni penali integrando l’art del cp 612-bis a sua volta intitolato 612-ter “Atti vessatori in ambito lavorativo” che compromettono la salute o la professionalità o la dignità della persona in forza del quale il reato è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Ora non esiste nella legislazione vigente uno specifico reato di mobbing. Tuttavia, considerata la varietà di forme che le condotte persecutorie possono assumere nei casi concreti, alcuni dei comportamenti posti in essere potrebbero talvolta integrare fattispecie criminose previste dal codice penale a tutela dell’incolumità individuale, dell’onore, della libertà personale e morale, ecc.Il lavoratore/lavoratrice vittima di mobbing dovrà quindi in particolar modo dimostrare che le condotte poste in essere nei suoi confronti non rientrano nell’esercizio dei normali poteri di organizzazione e controllo delle attività riconosciuti al datore di lavoro, né si limitano a semplici e tutto sommato fisiologici episodi di conflittualità sul luogo di lavoro, ma integrano al contrario una vera e propria strategia persecutoria finalizzata a porre la persona che ne è bersaglio in uno stato di grave e profondo disagio. Attendiamo dunque una legge che ne chiarisca la norma di riferimento così che la vittima acquisita la prova delle condotte vessatorie, la sussistenza di determinate poste di danno (in particolare alcune tipologie di danno non patrimoniale tradizionalmente indicate come danno morale e come danno esistenziale) non sarà solo essere desunta dal giudice anche solo in via presuntiva, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto dedotto alla sua attenzione, ma di chiaro riferimento legislativo e dunque punibile.
LUNGA LUNGHISSIMA VITA A MATTARELLA E DRAGHI
Alessandra Servidori
Lunga lunghissima vita a Mattarella e Draghi : 29 gennaio 2022
Faide, franchi tiratori, politici che si auto dichiarano leader e sono solo degli inetti. Mai più così. Uno sgangherato taglio dei parlamentari assai populista al posto di una riforma costituzionale ,riforma di parlamento e governo, riforma elettorale e soprattutto riforma dei partiti in grado di guidare con autorevolezza l’elettorato. Salvini e Conte e Bettini dietro le quinte a manovrare un pezzo di pd disorientato con un disperato Letta che fino all’ultimo ha cercato un consenso condiviso per Draghi mentre si scaraventano giù dalla rupe Tarpea due signore Casellati e Belloni usate per i giochini più torbidi : candidature nate e morte in un baleno in un frullatore indemoniato e cinico in cui hanno rischiato di cascarci anche altre due signore Cartabia e Severino. E così ora si è tornati a loro due Mattarella e Draghi la nostra sicurezza di cittadini sottoposti a settimane e giorni e prima ancora a dichiarazioni di dimaiani franceschiniani,contiani ,renziani, lettiani,meloniani,tutti che fanno cadere uno dopo l’altro i nomi dei/delle candidabili, uno spettacolo indecente che nasconde l’unica verità : non si vuole più Draghi perché è un leader politico competente ed estraneo alle tradizionali pratiche cui è aduso il ceto politico italiano da tempo e ultimamente di più perché ignorante,incompetente,incapace di valorizzare le italiane,maschilista fino al punto di affermare strumentalmente, spudoratamente “purchè donna”sacrificata in prima pagina quando sapevano che andavano a sbattere. E per nostra fortuna ,per il nostro Paese ,ci sono Mattarella e Draghi. E gli inutili idioti bulimici di potere, cominciano già a pagare la loro stoltezza
La giostra quirinalizia continua mentre noi,persone serie, lavoriamo
Alessandra Servidori
https://www.startmag.it/economia/pnrr-ecco-fini-e-incognite/?ct=t(RSS_EMAIL_CAMPAIGN)
Ad oggi 29 gennaio 2022 pare utile mentre la giostra dell’elezione del Presidente della Repubblica continua a girare vorticosamente, soffermarmi sull’attuazione del Recovery Plan e trovo corretto cominciare dall’affermazione del Presidente Draghi che continua a raccomandarci “L’Italia deve combinare immaginazione, capacità progettuale e concretezza, per consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale.”Ricordare la tabella di marcia che Goretti, coordinatrice della cabina di regia della PdC ha pubblicato è ancora e sempre valida.
A dicembre al Rome Investment Forum, il Ministro Franco ha dichiarato che il governo italiano ha completato 35 dei 51 milestone concordati con l’Europa entro il 2021. Mancavano ancora quindi 16 obiettivi da centrare entro fine anno per ricevere la seconda tranche di fondi da 20 miliardi. E per accelerare l’attuazione del programma si sono dati ai Ministeri «obiettivi settimanali, anziché solo mensili».E a tal fine sono stati approvati provvedimenti che permettono di raggiungere otto obiettivi, tra cui il via libera al fondo rotativo per il sostegno alle imprese per gli interventi di riqualificazione energetica, sostenibilità ambientale e innovazione digitale e la legge quadro sulla disabilità. Molti obiettivi però sono ancora in affanno . E non solo per ragioni politiche. Ma anche perché i provvedimenti normativi necessari per metterli in moto sono molti: ne sono stati varati 549, la maggior parte dei quali però richiede ulteriori norme e regolamenti di attuazione. Tra i 16 target mancanti, restano così i decreti per la riforma della giustizia civile, l’attuazione dello “Sportello unico doganale”, il completamento dell’hub per il turismo digitale, la realizzazione degli interventi per la disabilità, ma soprattutto le assunzioni di 1.000 tecnici della pubblica amministrazione per l’attuazione del PNRR che sono lente.
L’assunzione dei professionisti (da ripartire tra le Regioni) che devono «fornire assistenza tecnica e rafforzare la creazione di capacità per l’attuazione del PNRR», ma le procedure ancora non sono state concluse. A buon punto la riforma del processo civile, e si attende che entrino in vigore i decreti attuativi. Stessa cosa per la riforma in materia di insolvenza e per quella in materia di appalti pubblici e concessioni. Sul fronte del lavoro, dopo l’approvazione del decreto sulla GOL, Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori, adesso si attende l’attuazione dei piani locali da parte delle Regioni e con l’approvazione di Anpal, i primi finanziamenti che arriveranno a partire da gennaio 2022.
Sul tema ambientale, gli obiettivi di ispirazione green ha comportato a termine, l’estensione del Superbonus e Giovannini Ministro della Transizione Ecologica e Ambientale ne ha dato una accelerazione ed ha pubblicato sul sito i decreti con i criteri di selezione per i progetti di raccolta differenziata e gli impianti di riciclo, per i quali è previsto un finanziamento di 1,5 miliardi di euro, e per le iniziative “faro” di economia circolare (il cui costo si aggira sui 600 milioni). A questi si aggiunge anche il decreto di approvazione del piano operativo per il sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione dei rischi idrogeologici (il cui finanziamento si aggira invece sui 500 milioni e riguarda soprattutto il Sud).C’è da accellerare il capitolo delle riforme, in particolare in materia di gas “verdi”, idrico e inquinamento atmosferico, cruciali per aprire la strada agli investimenti. Per realizzare la transizione digitale ed ecologica, oltre agli investimenti e alle riforme previste nell’agenda di Governo, serve il giusto capitale umano. E, soprattutto, occorre creare nuove competenze e nuovi profili professionali digitali e green, che oggi in Italia scarseggiano.
Con il PNRR sarà possibile creare presumibilmente 380mila nuovi posti di lavoro tra le donne e 81mila tra i giovani. Ma a patto che vengano create le giuste competenze e adeguate politiche attive per rispondere alla domanda di nuovi lavori che arriva dal Piano. Delle sei missioni del piano il comune denominatore è proprio il lavoro. Per ogni missione, dobbiamo costruire il contenuto concreto attraverso le risorse umane che andranno ad applicarlo. La pubblica amministrazione è in prima linea con il Dipartimento della Funzione pubblica che ha creato una piattaforma ad hoc, inPa, che è utilizzata anche per la selezione e l’assunzione dei tecnici ed esperti – suddivisi tra le diverse Regioni – che servono alle amministrazioni per mettere in pratica gli investimenti del Pnrr. Ma dai Comuni arriva l’allarme sulla assenza di professionalità in grado di gestire e “mettere a terra” le risorse.Il governo ha deciso di dedicare le prime fasi del piano all’approvazione delle riforme generali e di riservare gli investimenti pubblici e gli incentivi agli investimenti privati ai prossimi anni. Questa scelta consente al governo di rispettare i primi impegni richiesti dalla Commissione europea senza avere conseguenze sull’erogazione dei fondi a causa delle difficoltà degli enti locali. Ma le preoccupazioni restano perché l’attuazione del piano da realizzare in tempi stretti impongono di riflettere sin dall’inizio su quali strumenti fossero necessari per superare eventuali, possibili e probabili criticità di attuazione.Ricordiamo sono 298, quasi 300, linee di intervento che dovranno essere rendicontati entro il 2026, come tutti sappiamo. Vi sono differenze tra riforme e investimenti,interconnessi per arrivare al 2026 con linee territoriali e soprattutto assistenza,perché l’assistenza territoriale è fondamentale quello che rileva è il dato finale di che cosa ci si pone con questo insieme di risultati. Quando noi parliamo di un piano di risultati dobbiamo avere in mente, per ogni linea di intervento, qual è il senso profondo finale delle azioni che le amministrazioni devono mettere in piedi per ottenere quel risultato. Ricordiamo la cabina di regia, che esamina gli specifici profili di criticità, il monitoraggio del rispetto dei tempi e dello stato di avanzamento. Quindi troviamo nuovamente tempi e risultati come denominatore comune dell’intero quadro. Un sistema di monitoring già impostato ed efficace si sta delineando e tra gli strumenti possibili ci sono anche quelli che riguardano l’attivazione dei poteri sostitutivi. La segreteria tecnica ha la funzione di segnalare casi ai fini dell’esercizio di poteri sostitutivi, dopo l’ istruttoria, ovvero istruisce procedimenti anche per le decisioni finalizzate al superamento del dissenso. È importante ricordare che non sono solo poteri sostitutivi, in caso di inerzia, ma anche gli strumenti per il superamento del dissenso. I poteri sostitutivi sono in capo anche ai ministeri, come diretti titolari delle singole linee di intervento, quindi in teoria la cabina di regia, tramite la segreteria tecnica, interviene come se fosse in seconda istanza, qualora non ci sia già stata un’attivazione di un potere sostitutivo dell’amministrazione titolare.C’è già una parte della legislazione che ha tenuto conto di questo, in quanto sono già state identificate delle criticità che avrebbero sicuramente, sulla base dell’esperienza storica, portato rallentamenti. Quindi secondo norme strumenti di semplificazione amministrativa in materia di appalti, le modalità di rilascio, le centralizzazioni di strutture autorizzatorie, sia sui beni culturali sia sulle autorizzazioni di via e la cabina di regia richiama un potere della Presidenza del Consiglio, che è presente in Costituzione, e che è l’esercizio dei poteri di indirizzo, impulso, coordinamento generale sull’attuazione degli interventi del Pnrr. Come con questi poteri di Indirizzo, Impulso e coordinamento generale può intervenire per bloccare o ridurre le criticità quando per attuazione degli interventi si torna al senso principale: cioè che gli interventi sono delle politiche pubbliche e si deve prima di tutto partire dall’obiettivo finale e il piano consente di partire agli obiettivi finali. Deve definire un cronoprogramma, cioè le diverse fasi amministrative per raggiungere quel risultato, assegnare tempi a ciascuna fase, compatibili con le scadenze della misura, e identificare le criticità strategiche e operative. Dunque sull’attivazione di sostegni e di supporto, ma anche il problema di interessi contrapposti come quello di installare energia pulita e l’esigenza e la volontà di tutelare un territorio, rimangono le questioni spinose . Ecco perché la logica della policy, ovvero la logica di un confronto valoriale su quello che è il desiderio di futuro del Paese e poi, laddove si trovi questo punto di equilibrio di elemento valoriale tra i due interessi, individuare una prevedibilità dei criteri che nell’ambito di una discrezionalità amministrativa guidano alle autorizzazioni ed eventuali indennizzi alle zone limitrofe, anche se scattano poteri sostitutivi non risolviamo quella che è la sfida principale del Pnrr. Ovvero lasciare un pubblico che è in grado di disegnare le proprie politiche in modo più mirato e diretto a un risultato
Pensioni di invalidità : il pasticcio Isee. IL Governo deve rimediare
Alessandra Servidori PENSIONI INVALIDITÀ/ Incrementi nell'Isee, il pasticcio cui il Governo deve rimediare (ilsussidiario.net)
Il Governo scivola per la seconda volta nel giro di poco tempo accanendosi sui cittadini e cittadine italiani invalidi, civili e del lavoro ,sia totali, che in percentuale comunque alta. La prima cd “caduta” riguardava la decisione del Governo poi “riparata” con un emendamento in Legge Finanziaria 2022, di vietare ai disabili percettori di assegno pensionistico di rinunciare all'assegno di invalidità,se volevano tenersi l'assegno da 287,09 euro al mese per 13 mesi, e svolgere alcuni lavoretti. Dove per lavorare si intende al massimo un impegno da 400 euro al mese per non superare il tetto di reddito annuale, compatibile con l'assegno di invalidità, da 4.931 euro all'anno. Un cortocircuito che rischiava di lasciare ai margini migliaia di persone affette da disabilità cd “non grave” dal 74% al 99%, impedendo loro di integrarsi socialmente a meno di rinunciare al sostegno a cui hanno diritto. Ora ci risiamo .Chi percepiva la pensione di invalidità civile( 291 euro al mese)senza altri introiti , ora incrementata di 368,58 euro al mese dopo che la Corte Costituzionale nel giugno del 2020 con sentenza n. 152 ha deciso che si doveva adeguare al minimo vitale ,( considerando che la cifra diminuisce se si dispone di redditi anche minimi fino a sparire se si raggiunge ,pensione esclusa, gli 8.583,51) , viene considerata reddito con aumento dell’Isee familiare. Ora però il Governo deve ritrovare un ragionevole ripensamento e rimediare. E in fretta . Un paradosso dunque che riguarda le più deboli fra le persone con disabilità e le loro famiglie. Infatti le richieste del nuovo assegno universale alle famiglie basate sull’ Isee, perché certificazione necessaria per accedere a prestazioni sociali agevolate o per ottenere benefici, e tra questi vi è il nuovo assegno unico ed universale per figli e disabili,insiste in pratica sugli incrementi delle pensioni di invalidità; vengono conteggiati nell’Isee, da Inps e Agenzia delle entrate, alla stessa stregua di un reddito.La conseguenza è che l’ Isee di chi percepisce le maggiorazioni si alza, i benefici diminuiscono e le famiglie che in questi giorni hanno ottenuto il nuovo Isee hanno scoperto essere più alto in presenza nel nucleo di un pensionato disabile. E’ bene rammentare che in origine cioè nel 2013 con DPCM 159- che stabilì il calcolo dell’Isse- era previsto che le pensioni e gli assegni delle persone con disabilità fossero considerati dell’indicatore della situazione reddituale. Tre ricorsi al Tar e poi tre sentenze di Consiglio di Stato (841, 842 e 838 del 2016) costrinsero il legislatore a escludere dall’Isee 'i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità' (legge 89/2016). Le pensioni di invalidi, ciechi e sordi tornano ad essere reddito, almeno per le maggiorazioni ? Ma è interpretazione e scelta autonoma di Inps e Agenzia delle entrate oppure è una scelta politica ? Il Governo si ravveda altrimenti ,giustamente, pioveranno contenziosi .
legge di Bilancio 2022 : guidina essenziale lavoro e previdenza
ALESSANDRA SERVIDORI Guida essenziale alla Legge di Bilancio : Lavoro e previdenza
La legge di bilancio 2022, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2021, contiene diversi interventi in materia di lavoro e previdenza.
Tra le misure di maggior rilievo si segnala il riordino della normativa sulla Cassa integrazione guadagni (CIG) di cui al D.lgs. n. 148/2015. Sul punto, si segnala un ampliamento del novero dei lavoratori interessati e la riduzione da 90 a 30 giorni del requisito dell’anzianità di effettivo lavoro per accedere ai trattamenti in questione. Vengono previsti un aumento degli importi dei trattamenti di integrazione salariale, una riduzione (dal 2025) dell’aliquota della contribuzione addizionale a favore di imprese “virtuose”, nonché nuove modalità di erogazione e nuovi termini per il rimborso delle prestazioni. Per quanto riguarda la Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) viene disposto l’ampliamento del campo di applicazione e l’introduzione di nuove causali. Sono altresì previste modifiche alla disciplina dei Fondi di solidarietà bilaterali e del Fondo di integrazione salariale e, infine, novità in materia di contratto di espansione e l’estensione della CISOA ai lavoratori del settore pesca.
Sono state ritoccate anche le discipline di NASpI e DIS-COLL, con l’ampliamento dei soggetti destinatari della NASpI e l’estensione da 6 a 12 mesi della durata massima della DIS-COLL.
Diversi sono poi gli interventi che riguardano le misure di sostegno al reddito, come quelle in materia di reddito di cittadinanza, con una rimodulazione più stringente degli obblighi posti in capo al soggetto percettore, l’introduzione di un meccanismo di riduzione mensile in caso di rifiuto di un’offerta congrua, l’inasprimento dei controlli e l’ampliamento delle ipotesi di revoca e decadenza. Viene introdotta anche una indennità per i lavoratori fragili.
Si conferma per il 2022 l’indennità di fermo pesca obbligatorio ma non le misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dei call center e vengono istituiti appositi fondi finalizzati all’introduzione di tutele per i lavoratori part time ciclico verticale e per i lavoratori che prestino a tempo determinato attività artistica o tecnica connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli.
Sotto il profilo delle agevolazioni contributive, viene esteso l’incentivo per l’assunzione di lavoratori che percepiscono il Rdc, che può essere fruito anche in caso di assunzione con contratto a tempo determinato e part time; sarà inoltre possibile assumere lavoratori provenienti da imprese in crisi, a prescindere dalla loro età anagrafica, fruendo dell’esonero ex L. n. 178/2020 per i lavoratori under 36. Previsto anche un esonero totale dei contributi a carico dei datori di lavoro per le cooperative costituite ai sensi dell'art. 23 comma 3-quater del DL n. 83/2012.
Si segnala, inoltre, la proroga per gli anni 2022 e 2023 dell’esonero delle quote di TFR e del ticket licenziamento per le aziende sottoposte a procedura fallimentare che abbiano fruito della CIGS.
La legge di bilancio introduce poi un esonero dello 0,8% della quota IVS per i rapporti di lavoro dipendente (eccetto quelli domestici), limitatamente ai periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 e un esonero – per il 2022 – del 50% dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri che rientrano dal congedo obbligatorio di maternità. Inoltre, si segnala la proroga per il 2022 dell’esonero contributivo previsto in favore dei coltivatori diretti e IAP under 40.
Con riguardo ai rapporti di lavoro, sono in arrivo novità per l’apprendistato professionalizzante, che potrà essere utilizzato per l’assunzione di lavoratori sportivi con massimo 23 anni di età e per l’assunzione di lavoratori beneficiari della CIGS per il recupero occupazionale dei lavoratori a rischio, prescindere dall’età.
Trova spazio anche il riordino della disciplina sul tirocinio, con l’abrogazione dei commi 34, 35 e 36 dell’art. 1 della L. n. 92/2012 e l’inasprimento delle regole per evitare un uso distorto di tale istituto (entro 6 mesi dall’entrata in vigore dovranno essere adottate le linee guida).
In materia di cessazione delle attività si prevede l’estensione delle politiche attive in favore dei lavoratori autonomi e l’introduzione di un procedimento per i licenziamenti, di almeno 50 lavoratori, connessi alla chiusura (nel territorio nazionale) di una sede o struttura autonoma da parte di datori di lavoro con una media di 250 dipendenti nell’anno precedente.
Sulle pensioni, vengono introdotte misure che dispongono la proroga al 2022 della pensione anticipata ex art. 14 del DL n. 4/2019 (modificandone i requisiti anagrafici per il conseguimento del diritto di accesso), della possibilità di accesso all’APE sociale, nonché della possibilità di accedere a “Opzione donna”.
Infine, ulteriori misure riguardano il passaggio della funzione previdenziale svolta dall’INPGI all’INPS (limitatamente alla Gestione sostitutiva), il sostegno alla parità salariale di genere e alle lavoratrici autonome in maternità, nonché lo stop dei versamenti nel settore dello sport per i primi quattro mesi dell’anno.
Il benessere integrale degli anziani non autosufficienti è al centro della nostra attenzione ?
Alessandra Servidori
Quali orizzonti per il settore socio-sanitario dopo Covid-19 a fronte del pnrr e delle risorse stanziate nazionali. Riflessioni utili per rimettere al centro prima di tutto il benessere integrale delle persone fragili
L’impianto del Pnrr unito alle ultime risorse stanziate a livello nazionale , ci obbligano ad accendere una lucida riflessione sul versante delle settore degli anziani non autosufficienti e del sistema socio sanitario inadeguato nostrano. Negli ormai due anni segnati dalla pandemia globale, il settore LTC sta mostrando fragilità e crepe già note da tempo agli addetti ai lavori. Siamo ben consapevoli delle criticità preesistenti e siamo determinati a promuovere traiettorie di cambiamento a livello di policy e di servizi, cogliendo la controversa opportunità offerta da Covid-19 per modificare la rotta di funzionamento del settore. Il futuro del settore dopo la pandemia, è all’attenzione dei gestori e (alcuni) policy makers si stanno interrogando, e lo stanno facendo a partire da dati ed evidenze.Noi dobbiamo creare una baseline di dati e fatti da utilizzare per promuovere azioni future evidence-based. Dando voce direttamente alle esperienze dei gestori dei servizi, evidenziando utili e possibili piste di lavoro per il futuro. Coinvolgendo soggetti pubblici, nel descrivere la rete di offerta e la sua capacità di presa in carico; quella del mondo della cura informale e dei gestori dei servizi quella dei destinatari dei servizi, ossia anziani e famiglie ,scontando una scarsità di dati sul settore e del loro aggiornamento. In Italia gli anziani non autosufficienti e che pertanto potrebbero presentare fabbisogni di accesso a servizi o interventi sono quasi tre milioni: un numero enorme, in un trend di crescita inesorabile e da cui non si tornerà indietro, come ci ricorda ISTAT nelle sue proiezioni demografiche. Questi anziani presentano fabbisogni più complessi che in passato (aumento della multi-morbidità, frammentazione dei nuclei familiari, solitudine, …): per questo, priorità loro e delle famiglie è quella di tardare quanto più possibile l’istituzionalizzazione a favore di forme di presa in carico flessibili, più o meno formalizzate e al domicilio. Questo tipo di esigenza collide però con l’impostazione convenzionale dei servizi pubblici, come descritto dai dati di rete di offerta che vede l’assoluta centralità delle soluzioni residenziali tra le risposte al bisogno di LTC, affiancate da una diffusione dell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). Quest’ultima rappresenta ormai un rimedio tampone in risposta ad episodi acuti, che per l’intensità assistenziale che garantisce (16 ore annue medie per anziano) non permette nei fatti di parlare di presa in carico continua e sufficiente a fronteggiare la fragilità di un anziano. Oltre il 63% degli anziani non autosufficienti non risulta in carico ad alcun servizio socio-sanitario: il gap appare colmato dalla presenza delle badanti, che si confermano asse portante del nostro sistema di welfare. Si stimano oltre 1.500.000 badanti, il 60% delle quali irregolari: un mercato enorme, che catalizza ingenti risorse delle famiglie e che risulta tuttora fuori da ogni radar pubblico. L’offerta dei maggiori player del settore appare piuttosto statica, con una centralità indiscussa della residenzialità per anziani in accreditamento pubblico come maggiore fonte di fatturato; pur registrando crescenti iniziative di managerializzazione delle organizzazioni e un forte movimento in termini di operazioni straordinarie intraprese.Di fronte ad una Legge quadro sulla non autosufficienza che NON si pone l’obiettivo di deistitunalizzare le persone fragili ma solo modifiche ( comunque inefficienti ) sul sistema di valutazione e un intervento sugli anziani ancora molto modesto,è chiaro che non si può accettare silenziosamente questa situazione. Si propone dunque la necessità di una differente prospettiva, in cui il sistema ricominci a generare valore in relazione alle caratteristiche dell’offerta, e non solo delle dinamiche di governance che lo attraversano.Le famiglie hanno una visione molto “clinica” delle RSA, in quanto le identificano come ultimo setting possibile cui rivolgersi dopo aver provato ad attivare tutte le alternative possibili per il mantenimento dell’anziano al domicilio nel momento in cui le condizioni di salute si aggravano. E la maggior parte delle famiglie organizza la cura mettendo in campo il proprio tempo come caregiver informali o attivando una badante: i grandi assenti in termini di servizi attivati sono le alternative – pubbliche o private – esistenti (es. centri diurni, assistenza domiciliare, ecc.). Inoltre, molte famiglie non sono mai entrati in contatto con soggetti in grado di aiutarli nell’identificare i servizi / interventi più coerenti con i fabbisogni dell’anziano esprimendo un forte bisogno di informazione e counseling. La prospettiva delle famiglie è pertanto affrontare l’enorme bisogno di non autosufficienza in larga misura al di fuori del perimetro intercettato dal pubblico, sia in termini di servizi erogati (filiera dei servizi) che di regolazione (cura informale). Gli effetti della pandemia sul settore socio-sanitario è stata devastante rilevata comunque dai pochi dati disponibili circa la diffusione del contagio nelle strutture italiane: il dato più grave che ne è emerso è l’assenza, appunto di dati puntuali e certi circa l’andamento di contagi e decessi tra operatori e ospiti delle strutture socio-sanitarie, pur consapevoli della centralità di monitorare questo settore per contenere gli effetti potenzialmente più devastanti.L’assoluta inadeguatezza dei sistemi informativi del settore – anche pre-Covid-19 – mina la possibilità di definire delle politiche pubbliche che siano efficaci e, soprattutto, ben tarate rispetto alle necessità del settore e dei cittadini. La risposta istituzionale dei legislatori regionali all’emergenza come ben sappiamo è stata tardiva, particolarmente carente se confrontata con alcune buone pratiche registrate all’estero, dove, dopo lo scoppio dell’emergenza, sono stati promossi interventi tempestivi su tre aree fondamentali: isolamento degli ospiti positivi o sospetti tali; screening massivo di operatori e ospiti per prevenire l’insorgenza di focolai; politiche di finanziamento per sostenere le perdite del settore per i mancati nuovi ingressi e per i costi aggiuntivi affrontati dai gestori nel corso della pandemia. I gestori hanno segnalato come le principali criticità riscontrate siano riconducibili al mantenimento della sostenibilità economico-finanziaria delle strutture e la gestione delle risorse umane, sia in termini di formazione che di “fuga” degli operatori verso il comparto sanitario, aprendo un ulteriore fronte caldo del nostro settore LTC, che viene da anni di compressione salariale – e, quindi, delle competenze – dei propri operatori. Sul versante dei servizi, delle famiglie vi è la preoccupazione di togliere l’anziano dalla lista di attesa per una RSA alla luce degli accadimenti legati all’emergenza sanitaria (per nuove e maggiori possibilità di organizzazione domestica tramite smart working; per diffidenza verso quanto accade nelle strutture, …). Vi è dunque tra le priorità dei prossimi mesi quella di avviare una riflessione sul rinnovamento e adattamento del portafoglio dell’offerta con un sistema di alleanze- tutte da sviluppare- da mettere in pista per rinnovare il posizionamento strategico: da un lato, rimane la ricerca pubblica per l’aumento o finanziamento della capacità produttiva; l’apertura in autonomia a nuovi servizi non necessariamente del settore, a conferma della frammentazione storica della LTC italiana e della scarsa attitudine all’innovazione. E’ necessario avanzare nuove riflessioni che possano guidare il rilancio del settore su due piani logici distinti ma complementari: il livello che guarda al settore e al sistema nel suo complesso, e il livello che invece riguarda la gestione del rapporto con le famiglie all’interno dei servizi. Il legislatore nazionale e i governi regionali, unendo una prospettiva di ristoro economico immediato devono provvedere a una revisione strategica complessiva del settore socio-sanitario nella più ampia filiera di cura nel medio-lungo periodo. Il rinnovamento del portafoglio dei servizi,è fondamentale incoraggiando lo spostamento dello sguardo da logiche di accreditamento pubblico a quelle orientate alla lettura e interpretazione dei bisogni delle famiglie, che possono guidare la strategia e l’organizzazione aziendale. L’insieme delle sfide all’orizzonte è corposo, ma i tempi che stiamo attraversando rendono non più rinviabile la riflessione collettiva circa la modalità di ripensare un settore cruciale per il nostro Paese, per troppo tempo relegato ai margini del dibattito e le cui conseguenze si sono dolorosamente palesate e il benessere integrale della persona diventa sempre più un obiettivo sfumato.
2022 : parità di genere lontana ma avanti ragazze!
Alessandra Servidori
https://www.ilsussidiario.net/news/parita-di-genere-la-strada-ancora-lunga-nonostante-family-act-e-pnrr/2271534/
Politiche per la parità ancora da realizzare ma almeno previste
Avanzare alcune riflessioni sullo stato delle politiche di genere in Italia è importante per misurarne la effettiva fattibilità, in un arco di tempo che possiamo individuare da qui al 2026. Se ci sarà la capacità di realizzarle .Il Family Act e contemporaneamente il Pnrr sono due documenti “assiomati” in alcuni provvedimenti, come l’Assegno unico familiare e l’Osservatorio e la certificazione di genere, entrambi presenti nella legge di Bilancio 2022 e parte integrale del Pnrr .Il genere nel Recovery plan compariva come “obiettivo parità di genere” poi traslato trasversalmente , che significa che deve essere presente dappertutto, ma così rischia di perdere di concretezza. Gran parte dei finanziamenti andranno al digitale e all’ambiente, cose importantissime, ma che amplieranno le diseguaglianze, perché allo stato sono più occupazioni “maschili”, perché le donne ancora non prendono alcune specializzazioni. E’ un problema di socializzazione, di scoraggiamento, di non ricevere sufficienti incentivi. Bene le politiche per sostenere le ragazze giovani rispetto allo STEM ma nel frattempo, non possiamo non risolvere concretamente questi problemi. Bisogna creare e investire nelle infrastrutture sociali che aumentano il benessere di tutti ma creano anche domanda di lavoro. Sostenere le libere scelte di fecondità, significa sostenere le famiglie con gli assegni familiari,riconoscere che chi fa figli ha un costo in più e che lo sostiene per la collettività, ma anche sostenere la possibilità delle donne di entrare e restare nel mercato del lavoro,elemento protettivo contro la povertà .Se il lavoro femminile entra nel circuito del lavoro remunerato, si allarga la base imponibile, più persone possono pagare le tasse, e quindi aumentano le risorse del bilancio dello Stato. Nel Pnrr gli interventi mirati alle donne rappresentano solo il 1,6% del totale ( 3,1 miliardi di euro circa) e si concentrano nelle missioni 4,5;il 18,5% (35,4 miliardi) riguarda misure che “potrebbero” avere riflessi positivi anche indiretti, nella riduzione dei divari ,ma per la parte degli interventi del pnrr (77,0% pari a 153 miliardi) la possibilità di ridurre divari esistenti dipende molto dai dettagli di attuazione come peraltro si legge a pag. 6 del documento diffuso dalla Ragioneria generale dello Stato e Dipartimento del Tesoro dell’Economia delle finanze. Nel Pnrr, entrata anche in legge di Bilancio 2022, si prevede la presentazione al parlamento di una relazione semestrale che però risulta ancora in via di predisposizione. In tema di inclusione sociale il pnrr agisce significativamente in due modalità:investimenti diretti a favorire l’occupazione femminile,con il “fondo impresa donna”, e stanziamenti per gli asili nido e per le scuole dell’infanzia. Sul lavoro ancora molto c’è da fare in termini di progressione di carriera, ma anche nell’organizzazione della società. Si puniscono le donne che lavorano perchè, viene attribuita solo a loro la responsabilità della cura. Questa è ancora la cosa più pesante, che colpisce diversamente a seconda della classe sociale mancando politiche che sostengano non solo l’occupazione femminile, ma che favoriscano la divisione del lavoro. Certamente il congedo genitoriale è pagato poco e quindi i padri non lo prendono. Mancano i servizi per la prima infanzia, tutto questo discrimina le donne. Il fatto che si privilegi i trasferimenti monetari, rispetto ai servizi, senza essere neppure troppo efficienti, e frammentati è il problema,così come il fatto anche che si offra poco sostegno al lavoro di cura e in generale alle famiglie sopratutto in cui esistono problemi di disabilità o fragilità. E ancora gli assegni per nucleo familiare, riservati esclusivamente alle famiglie il cui reddito complessivo familiare è per almeno il 70% da reddito da lavoro dipendente è un problema. L’altra grossa fonte di sostegno sono le detrazioni fiscali che però escludono gli incapienti, ovvero coloro che hanno un reddito troppo basso per poterne beneficiare. In questo contesto, è molto importante la riforma dell’assegno unico per i figli che comunque presenta alcuni problemi organizzativi già affrontati in Ue e così l’Italia arriva un po’ in affanno. Ci vogliono una molteplicità di interventi su vari ambiti per ridurre in modo efficace il divario di genere e per completare lo sforzo ,saranno necessari congedi parentali meglio distribuiti e un sistema fiscale che non penalizzi il lavoro del “secondo” lavoratore in famiglia.
Pensione di invalidità e piccoli lavoretti : ravvedimento operoso di Inps
ALESSANDRA SERVIDORI Assegno di invalidità e piccoli lavoretti : ravvedimento operoso “coatto” dell’INPS
https://www.ilsussidiario.net/news/pensioni-invalidita-il-problema-irrisolto-con-la-retromarcia-inps-sui-lavoretti/2270685/
Persino un lavoretto, part-time e al di sotto dei 400 euro mensili, non dava più diritto all'assegno di invalidità. Da metà ottobre, l’INPS aveva pubblicato un Messaggio il n. 3495 del 14 ottobre 2021 nel quale ribadiva che il requisito dell’inattività lavorativa per poter ottenere l’assegno mensile di invalidità civile sarebbe stato indispensabile per percepire il sussidio, percepito dagli invalidi parziali, che non supera mediamente la cifra di 287,00 euro al mese. Inoltre,ricorda sempre Inps, è possibile percepirlo non solo se si è disoccupati, ma anche se si svolgono lavori dal reddito modesto. INPS così recitava nel senso che il mancato svolgimento dell’attività lavorativa integrava non già una mera condizione di erogabilità della prestazione ma, al pari del requisito sanitario, un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, la mancanza del quale è deducibile o rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio. La giurisprudenza di legittimità, quindi, riteneva che lo svolgimento dell’attività lavorativa, a prescindere dalla misura del reddito ricavato, precludesse il diritto al beneficio di cui all’art. 13 della L. n. 118/1971.Nonostante la situazione di estrema povertà per i disabili, la Suprema Corte, più volte, si è pronunciata nel senso di far perdere l’aiuto economico a chi fa qualsiasi tipo di attività. Pertanto, sulla scia dei recenti pronunciamenti giurisprudenziali l’INPS si è uniformata alle decisioni della Cassazione, confermando l’orientamento in un documento di prassi. In pratica, sono stati esclusi di fatto dalla prestazione tutti coloro che, con una percentuale di invalidità dal 74% al 99%, svolgono qualsiasi attività lavorativa. Dunque, dal 14 ottobre 2021, l’assegno mensile di assistenza era liquidato, fermi restando tutti i requisiti previsti dalla legge, solo nel caso in cui risulti l’inattività lavorativa del soggetto beneficiario. In buona sostanza non tiene assolutamente conto che lo svolgimento di un’attività lavorativa, seppur minima, per una persona invalida, rappresenta un modo per socializzare più che una modalità di sostentamento e che , in molti avrebbero scelto la via dell’isolamento a discapito di quella dell’inclusione, onde evitare di perdere quel minimo di aiuto quale è l’assegno mensile di invalidità. Ora dietrofront sulla compatibilità assegno/reddito,con un emendamento approvato al recente “Decreto Fisco e lavoro”, il Governo cerca di rimediare rimettendo le cose così come son sempre state ,cancellando di fatto la Circolare interna dell’INPS ponendo rimedio a una situazione di ingiustizia e INPS si deve adeguare. Quindi, grazie a questo emendamento inserito nel “Decreto Fisco e Lavoro”, i disabili adesso hanno diritto all’assegno anche se svolgono un’attività lavorativa che genera un reddito basso, fino a poco meno di 5.000 euro all’anno. Smentita l’interpretazione restrittiva dell’INPS, si ripristina la corretta interpretazione della normativa vigente. Ma sempre per le persone invalide rimane la questione della pensione percepita bassissima , e le promesse non mantenute da Salvini di portarle a 780 euro mensili e da Stefani di aumentarle comunque in conferenza stampa del 20 dicembre scorso : la verità invece è che la pensione per gli invalidi nel 2022 sarà di 291 euro invece di 287. In barba alla nostra Costituzione che prevede la tutela della disabilità in diverse disposizioni, in maniera più o meno specifica, negli art 2, 3 , 32. Ma lo Stato, il Governo come intendono correggere l’esistenza nella nostra società di dolorose discriminazioni e di insopportabili diseguaglianze quando i costi per vivere a causa dei rincari diventano onerosi per le famiglie insormontabili per le persone disabili ?
Europa social Network 2022 : a che punto siamo dove andiamo
Alessandra Servidori European Social Network 2022 : a che punto siamo e dove andiamo.
https://www.ildiariodellavoro.it/european-social-network-2022-a-che-punto-siamo-e-dove-andiamo/
Come Rete dei Servizi Sociali Europei stiamo organizzando La Conferenza europea dei servizi sociali ad Amburgo il prossimo giugno,il più grande forum annuale per i professionisti dei servizi sociali pubblici in Europa. La pandemia di Covid-19 ha avuto un triste impatto sull'assistenza sociale della comunità in Europa. Coloro con cui abbiamo collaborato, ognuno di noi diversamente nell'ambito del nostro lavoro per documentare l'impatto della pandemia, hanno condiviso il fatto che non solo il settore era mal preparato per la crisi, ma la risposta quando è arrivata non è stata sufficiente ed è stata attuata troppo tardi. Nella nostra serie 2020/2021 di webinar Covid-19 con servizi sociali e direttori, pianificatori, commissari e manager dell'assistenza sociale, ci è stato detto in molte occasioni che l'assistenza sociale non sembrava una priorità, l'orientamento non era sempre accurato, c'era una mancanza di risorse umane e di finanziamento e quando c'era, erano lenti ad arrivare. Gli anni precedenti di mancanza di investimenti adeguati avevano già lasciato il settore senza le attrezzature necessarie per gestire la crisi. In termini di risposta, orientamento, risorse e sostegno finanziario sono arrivati troppo tardi per affrontare la crisi, il che solleva domande sul futuro finanziamento dell'assistenza alla comunità. I risultati sono stati coperti dai media in termini di un numero inaccettabile di morti in eccesso nelle case di cura e di troppi operatori sanitari che muoiono, il che solleva preoccupazioni etiche che dovrebbero essere affrontate.In effetti, una sfida chiave è stata garantire che le persone che utilizzano i servizi di assistenza sociale e la forza lavoro che li fornisce siano adeguatamente supportati. Il sistema di assistenza sociale della comunità è frammentato, con l'assistenza fornita da migliaia di fornitori. Anche se questo può essere un punto di forza, può anche rappresentare una sfida in termini di coordinamento. L'accesso a qualsiasi dato in tempo reale utilizzando un'adeguata tecnologia digitale su ciò che sta accadendo tra i servizi sarebbe fondamentale in termini di preparazione alle crisi future per essere in grado di riunirsi. La crisi ha avuto anche l'impatto di esporre i profondi livelli di disuguaglianza che esistono nelle nostre società, con non solo gli anziani, ma anche i bambini e le donne vulnerabili, i senzatetto, gli adulti con difficoltà di apprendimento e quelli con i redditi più bassi, colpiti in modo sproporzionato. Affrontare le disuguaglianze dovrà essere una priorità per qualsiasi riforma futura mentre ci accingiamo a ricostruire l'assistenza sociale della comunità anche se la pandemia continua ad affliggerci. È necessario trarre insegnamenti per la futura preparazione alle crisi che comunque saranno sequenziali. Dovremmo mirare a una crescente enfasi sull'assistenza fornita nella comunità mettendo i bisogni e le relazioni personali al centro della pratica dei servizi sociali. Mentre le politiche mirano sempre più a trasformare i servizi sanitari e di assistenza sociale per raggiungere le persone nelle loro case e comunità, l'attenzione dovrebbe anche spostarsi su interventi precoci ed efficaci per i bambini e le loro famiglie, i giovani e il supporto proattivo per le persone con condizioni di salute a lungo termine e le loro famiglie. Ripensando il futuro della pianificazione e della fornitura di assistenza comunitaria, la conferenza mira a ispirare con esempi, al cambiamento e osare a risultati migliori per bambini e famiglie, giovani, anziani, migranti, persone con problemi di salute mentale o disabilità.Per i professionisti dei servizi sociali in prima linea, Covid-19 ha portato incredibili interruzioni. In ESN abbiamo documentato le sfide che i servizi sociali che lavorano con bambini e famiglie, giovani, persone con disabilità, senzatetto e anziani hanno affrontato da marzo 2020, nonché quanto eroicamente sono entrati in azione per prendersi cura di chi ne ha bisogno. Tuttavia, il Covid-19 ha anche portato a diversi cambiamenti trasformativi di cui si parla da anni. Citando Rahm Emanuel "non voglio mai che una grave crisi vada sprecata", è diventato necessario implementare modi di lavorare nuovi e innovativi, digitali, agili e remoti; la crisi è stata l'impulso per accelerare la trasformazione di queste discussioni in azione. La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente incoraggiato le autorità dei servizi sociali a esplorare l'innovazione con il terzo settore e il settore privato, nonché la digitalizzazione e i suoi benefici, che si tratti di miglioramenti del back-end, analisi predittiva, previsione della domanda e monitoraggio remoto. Molte autorità pubbliche stanno esaminando ulteriormente i partenariati, l'integrazione dell'assistenza sanitaria e sociale, la gestione avanzata dei casi che offre l'opportunità di sviluppare servizi nuovi e integrati in tutti i settori, tra molti altri esempi di innovazione. Nell'ambito dei nostri gruppi di lavoro sulla digitalizzazione e i fondi europei, abbiamo discusso una serie di proposte di riforma per trasformare i servizi sociali in servizi moderni e resilienti per una ripresa che funzioni per tutti e non lasci indietro nessuno con i membri ESN che lavorano nei servizi di assistenza sociale in tutta Europa e oltre.Il bilancio finanziario dell'Unione europea per il periodo 2021-2027 e i fondi nazionali per la resilienza e la ripresa sono una fantastica opportunità per investire nella trasformazione dei servizi sociali, attraverso nuovi metodi di lavoro e sistemi digitali. Con la loro attenzione alla trasformazione innovativa e alla transizione digitale, questa è un'opportunità per i servizi sociali di investire nella loro modernizzazione e riforma.
Il metodo da noi usato è stata la comparazione delle esperienze se pur modeste sulle nuove tecnologie digitali che potrebbero essere una delle risposte alle difficoltà del settore. Ossia bilanciare le difficoltà che si incontrano oggi nel costruire la capacità di risposta per un numero maggiore di cittadini che avrebbero bisogno del sostegno del sistema di welfare. Il welfare e dunque un settore che si occupa di fornire servizi per le persone, appare evidente come esso non possa essere del tutto immune da questa rivoluzione: le logiche che caratterizzano l’epoca della digitalizzazione stanno infatti impattando sempre di più sui modelli di organizzazione ed erogazione dei servizi alla persona.Il primo aspetto comune a pressoché tutte le innovazioni degli ultimi anni è, appunto, il passaggio da analogico a digitale, la “smaterializzazione” di ampie porzioni della nostra vita quotidiana.A questo elemento si unisce un constante tentativo di saltare le mediazioni e le intermediazioni, con una connessione sempre più diretta tra domanda e offerta, tra chi ha risorse da mettere a disposizione e chi ha un bisogno da soddisfare.Gli ecosistemi digitali all’interno dei quali ci muoviamo oggi sono costruiti per dare precedenza alla circolazione di contenuti, informazioni, conoscenze, con l’idea di superare confini fisici e mettere in relazione pressoché istantanea tutte le parti del Mondo. Scompaiono sempre di più i confini predefiniti e si riscontra una maggiore difficoltà nel ricondurre l’esperienza all’interno dei sistemi digitali a percorsi strutturati, formalizzati e definibili ex-ante. Il ruolo – spesso attivo o proattivo – dell’utente all’interno delle applicazioni e degli ecosistemi digitali diventa fondamentale nel determinare l’output.
Crescono anche i livelli di incertezza, perché i ruoli tipici del mondo analogico sono messi in crisi da questo nuovo paradigma. Un altro tratto della rivoluzione digitale con cui deve fare i conti il sistema di welfare è quindi una relativa difficoltà, variabile da soggetto a soggetto, nel vivere all’interno di questo tipo di “ambienti”.Anche l’idea di semplicità e semplificazione ha la precedenza con la rivoluzione digitale e riguarda soprattutto la superficie: basti pensare agli smartphone, dove la semplificazione di interfaccia che viene restituita sullo schermo nasconde una complessità elevatissima che si gioca tutta all’interno del dispositivo e degli elementi che lo compongono. La rivoluzione digitale si accompagna a un potenziale disruptive in grado di trasformare profondamente i modelli di servizio, ridefinendo luoghi e modalità di erogazione, nonché il ruolo di utenti e operatori, senza contare la tipologia e l’entità del valore generato all’interno dei servizi di welfare.Ma a che punto è la trasformazione digitale nel settore? Il motivo per cui guardare con positività alle nuove tecnologie digitali è proprio la loro scarsa diffusione nei servizi alle persone. Sembra un paradosso, ma il fatto che l’innovazione si sia solo timidamente affacciata ai servizi sociali e sociosanitari sia in Italia che in Europa ci indica che le sue potenzialità devono ancora tradursi in impatti concreti per il sistema di servizi. Le ricerche condotte con riferimento a tre target dei servizi di welfare – anziani non autosufficienti, persone con disabilità e minori – hanno confermato chel’utilizzo delle nuove tecnologie digitali è ancora molto limitata (ad esempio, meno della metà delle strutture residenziali per anziani le utilizza) e legata ai modelli di servizio tradizionali (si pensi all’utilizzo di dispositivi digitali e robot con l’obiettivo di ampliare i contenuti educativi degli asili nido, senza però cambiare ruoli, luoghi e modalità di erogazione). C’è dunque ancora un ampio spazio inesplorato che attende coraggiosi innovatori. Di certo è necessario rifuggire da una logica eccessivamente ottimista rispetto alla capacità delle innovazioni digitali di risolvere tutti i problemi del sistema di welfare. Tuttavia, il fatto che in altri settori la trasformazione digitale sia già stata portata avanti e abbia consentito di introdurre nuove modalità di interazione con gli utenti, di co-produzione di valore e di generazione di impatti positivi, non può che essere un altro segnale positivo anche per i servizi di welfare nei paesi europei. Dobbiamo comunque affrontare due problemi principali e comuni a tutti i paesi Un primo aspetto che influenza una maggiore lentezza nell’adottare innovazioni tecnologiche digitali nei servizi sociali e sociosanitari è legato a un fattore di impostazione culturale. Si parte dall’assunto che i servizi di welfare non possano prescindere dalla dimensione relazionale (considerazione tendenzialmente corretta) e che la digitalizzazione distrugga tale dimensione (affermazione non necessariamente vera). La trasformazione digitale non porta con sé solo il rischio di trasferire in una dimensione non materiale ciò che è sempre stato tangibile, ma anche l’opportunità di intercettare target di utenza prima esclusi dal perimetro dei servizi (creare nuove relazioni), ma anche di attivare risorse, sviluppare capitale sociale, tutte azioni in grado di rafforzare le reti di sostegno e supporto per le persone fragili o in condizioni di vulnerabilità.Il secondo aspetto è legato all’approccio all’innovazione digitale che si è adottato fino a oggi nella maggior parte dei casi: è quasi sempre la tecnologia a trainare l’innovazione (o presunta tale) e non viceversa Molti tra i casi finora approfonditi da alcune ricerche raccontano infatti di innovazioni digitali (tablet, app e robot, solo per citarne alcune) introdotte perché chi gestisce il servizio è affascinato dalla tecnologia in sé, senza però avere un’ipotesi forte sul ruolo della stessa nella trasformazione del servizio. O addirittura, in altri casi, le innovazioni tecnologiche digitali vengono introdotte perché esiste un’opportunità di sperimentazione offerta dal provider stesso della tecnologia. Anche in questo caso, dunque, il ragionamento su come cambia o dovrebbe cambiare il modello di servizio arriva solo in una fase successiva. Dunque oltre alla carenza di risorse al settore (che è comunque un tema centrale quando si parla di innovazione e sostenibilità), né quella di innovazioni digitali: ciò di cui c’è bisogno è un orientamento all’innovazione dei modelli di servizio che passa attraverso una riflessione ex-ante su quali servizi si immagina e quali finalità si vogliono perseguire. Rispondendo ad alcune domande cruciali, come ad esempio: si vuole ampliare la platea di beneficiari già noti dei servizi o si vogliono intercettare nuovi target? Si vuole innovare la modalità di erogazione, il rapporto con l’utente o i meccanismi di accesso? Si vogliono perseguire efficientamenti organizzativi per liberare risorse o si vuole incentivare la messa in campo di nuove risorse da parte degli attori coinvolti? È importante sottolineare che il tema dell’efficienza dovrebbe essere sempre subordinato a quello dell’efficacia dei servizi, con la consapevolezza che nella maggior parte dei casi tentare la strada dell’innovazione, soprattutto nel breve-medio periodo, comporta una consistente componente di fisiologica inefficienza. Una volta individuate chiaramente le finalità dell’innovazione del servizio ci si potrà interrogare sul ruolo delle innovazioni digitali per il raggiungimento degli obiettivi. Ma soprattutto ci si potrà chiedere quali fra le tecnologie esistenti sono le più adatte per rispondere in modo più appropriato ai fabbisogni individuati. Per generare una trasformazione (digitale) del welfare serve prima di tutto un cambio di prospettiva sull’innovazione dei servizi.
ALESSANDRA SERVIDORI
La ragione ; disuguaglianze e futuro molto incerto sopratutto per la disabilità
Alessandra Servidori
Disuguaglianze e futuro molto incerto soprattutto per la disabilità
Per anziani e disabili il futuro non è sicuramente sereno tenuto conto delle risorse assai limitate e finanche confuse che notiamo nelle recenti disposizioni adottate poichè l’insufficienza di servizi domiciliari, strutture residenziali, azioni a sostegno dei familiari, rappresentano appena lo 0,38 dei famosi 30 miliardi. Quando sappiamo bene che gli anziani non autosufficienti supereranno di moltissimo, causa denatalità e allungamento della vita, nel prossimo 2028 ben i 6 milioni e mezzo (dati istat) e che già ora, rappresentano una realtà sociale enorme tenendo conto che se ne occupano concretamente 3 milioni di volontari, senza i quali il sistema di aiuto sarebbe già franato stando la mancanza di attenzione politica evidente. Nel recente disegno di legge delega sulle disabilità, prevista nella Legge di Bilancio 2022 e dal Pnrr tra le omissioni della delega appena approvata dal Parlamento vi è quella di non intervenire per correggere gli ampi difetti delle politiche di trasferimento monetario offrendo, responsabilmente e con una regia pubblica, a chi ne ha bisogno, quei servizi necessari a promuovere la loro partecipazione e, soprattutto, a tutelare la loro stessa dignità. Un esempio concreto è la confusione voluta tra la non autosufficienza grave e gravissima che a livello istituzionale legislativamente non è mai stata identificata ma solo adottata in singoli documenti ma che non trova riscontro univoco e oggettivo,poiché dovrebbe dipendere dal riconoscimento della particolare situazione del singolo caso con una valutazione interdisciplinare che si traduca in criteri di definizione della disabilità come rapporto tra esistenza e necessità di assistenza continua. Così succede che il Fondo per i familiari che curano un loro disabile( cd caregiver) secondo le legge del 2017che lo ha istituito e finanziato(ora è di 70 milioni) anziché andare al sollievo economico dei familiari per le cure prestate al proprio congiunto vanno alle singole regioni che ne utilizzano le risorse a discrezione ( fra le quali ci sono corsi di formazione ?)decidendo la classificazione tra autosufficienza grave e gravisissima perché è a quest’ultima che sono orientate le risorse. Inaccettabile.
I diritti dell'infanzia e adolescenza in Italia : diversi gap nei servizi significano diseguali opportunità
Alessandra Servidori I diseguali diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia
Il rapporto CRC (gruppo di network di oltre 100 associazioni del terzo settore ) per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia , ha pubblicato i dati regione per regione 2021 sulle differenze territoriali nel modo in cui sono concretamente garantiti i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza segnalando come non solo esistano grandi divari territoriali nella distribuzione della povertà economica, ma che a questi divari si sovrappongono anche quelli nell’offerta di beni pubblici destinati a bambine/i e adolescenti. L’approfondimento fornisce uno strumento prezioso di conoscenza ed insieme evidenzia la necessità di una raccolta di dati più puntuale e tempestiva. E’ grave che i dati sui minori in affidamento familiare siano fermi al 2017 e che quelli sull’utilizzo del sistema sanitario siano, oltre che vecchi, lacunosi e inadeguati. Ma anche con queste lacune la fotografia scattata da questo rapporto costituisce di fatto una denuncia della incapacità delle politiche pubbliche – sanità, istruzione, servizi sociali – di compensare le disuguaglianze di origine sociale. Non perché facciano parti uguali tra disuguali, ma perché fanno parti disuguali tra disuguali alla rovescia, offrendo meno risorse, meno beni pubblici, a chi è già in situazione di svantaggio. In contrasto al dettato costituzionale (art. 3, secondo comma), che impone di rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della personalità.Le disuguaglianze socialmente strutturate, e in molti casi prodotte dalle stesse politiche pubbliche, riguarda dimensioni tutte cruciali per la crescita e lo sviluppo delle capacità, a partire dalla sopravvivenza e dalla salute. Nonostante l’Italia sia in media uno dei paesi a più bassa mortalità infantile, un bambino che nasce nel Mezzogiorno ha il 50% di probabilità in più di morire nel primo anno di vita rispetto a chi nasce in altre regioni. Se sopravvive, ha minori possibilità di avere accesso alle cure pediatriche e in caso di malattia grave, corre un più alto rischio di dover andare altrove per essere curato. Corre anche un maggior rischio di obesità, una condizione che sappiamo essere molto rischiosa, e con effetti negativi sulla salute di lungo periodo. E’ legata a cattive abitudini alimentari a loro volta spesso esito sia di povertà sia di mancanza di una formazione corretta da parte dei genitori. L’incidenza dell’obesità minorile si sovrappone quasi perfettamente a quella della povertà. Ed è elevata proprio in quelle regioni, come la Sicilia, la Campania o la Basilicata, dove si riscontrano percentuali significative di malnutrizione. L’assenza, in queste regioni, di scuole a tempo pieno, talvolta anche nel caso delle scuole dell’infanzia, non è solo una riduzione delle risorse educative disponibili viceversa disponibili in altri contesti. Si accompagna anche all’ assenza della possibilità di fruire di almeno un pasto proteico al giorno, almeno nel periodo scolastico. Grandi differenze tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ma anche all’interno delle aree settentrionali e centrali, esistono anche nelle opportunità educative extra-familiari offerte ai bambini in età pre-scolare, specie ai più piccoli, tramite nidi, scuole dell’infanzia a tempo pieno e con mensa, servizi di sostegno alle capacità genitoriali, ludoteche e così via. Proseguono nella scuola, con una diversa disponibilità di scuola a tempo pieno. Non sorprende che queste disuguaglianze nella disponibilità di risorse non solo familiari, ma anche pubbliche, si traducano anche in differenze in attività come la lettura, la pratica di uno sport, l’apprendimento di uno strumento musicale o la partecipazione ad attività creative ed artistiche, che pure sono importanti per una crescita armoniosa e lo sviluppo delle capacità.
Risoluzione Onu sulle malattie rare
Alessandra Servidori Risoluzione Onu sulle malattie rare
https://www.ilsussidiario.net/news/malattie-rare-la-risoluzione-onu-che-aiuta-limpegno-dellitalia/2267375/
Di malattie rare ci siamo occupati attraverso il commento della legge del 10 novembre scorso ed è utile segnalare che durante la 76 esima sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite è stata adottata dai 193 Stati membri la prima Risoluzione che riconosce i diritti delle persone con malattie rare ed è importante per promuovere e incoraggiare le strategie nazionali e la collaborazione internazionale. La risoluzione è uno strumento per includere le malattie rare all’interno del sistema Onu, per rafforzare la comunità mondiale delle persone che vivono con una malattia rara.La risoluzione promuove il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda Onu 2030, cui sia l’Ue che i singoli Stati membri si sono impegnati.In Europa questo si tradurrà nello sviluppo di un Piano d’Azione europeo per le malattie rare all’attenzione della Commissione europea. L’Italia ha un forte commitment nell’implementazione di strategie nazionali e internazionali per favorire la ricerca clinica, l’accesso ai trattamenti più adeguati e innovativi per i malati rari, la corretta formazione e informazione, come testimonia la recente approvazione da parte del Parlamento del Testo Unico sulle malattie rarel In questo senso, la spinta e la capacità di fare sistema che le Associazioni dei pazienti possono offrire è assolutamente preziosa e insostituibile. A livello europeo una patologia è definita rara se colpisce meno di 1 persona ogni 2.000. Le persone con malattie rare possono essere poche per singola patologia, ma si stimano oltre 300 milioni di persone nel mondo, 30 milioni in Europa. La stima in Italia, è di oltre 2 milioni di persone. Di queste 1 su 5 ha meno di 18 anni. Oltre a essere raramente riscontrate, queste malattie hanno sintomi e manifestazioni che variano anche da persona a persona, rendendole per questo motivo ancor più difficili da diagnosticare e curare. Il tempo medio per una diagnosi è di 4 anni, ma può arrivare fino a 7. Le malattie rare hanno un andamento cronico, ingravescente e spesso invalidante.Per questo motivo è necessaria l’integrazione tra assistenza sanitaria e l’assistenza sociale: le persone che vivono con una malattia rara e le loro famiglie si trovano spesso a sostenere costi sociali ed economici gravosi: 8 su 10 hanno difficoltà a gestire gli aspetti “ordinari” della vita della persona affetta e della famiglia. Questa risoluzione è un enorme passo avanti nel riconoscere i bisogni di questi pazienti che affrontano grandi sfide quotidianamente. Auspichiamo che questa prima risoluzione delle Nazioni Unite sia un punto di partenza per costruire un nuovo percorso di cura per le malattie rare per il quale siamo impegnati ogni giorno,hanno testimoniato le delegazioni dei paesi promotori presenti : Seventy-sixth session Third Committee Agenda item 28 Social development Brazil, Central African Republic, Côte d’Ivoire, Cyprus, Ecuador, Equatorial Guinea, France, Italy, Peru, Portugal, Qatar, South Africa, Spain, Ukraine and Vanuatu: revised draft resolution