DOSSIERINO 8 MARZO 2024 MA..............
Dossierino 8 marzo 2024 MA ……………..
ILRESTODELCARLINO.NET- Alessandra Servidori Se avessimo coerenza anziché fare convegni di denuncia sulla mancanza di bambini,di occupazione femminile,di “lavoro buono” flessibile , se fossimo veramente intenzionati a risolvere la questione femminile senza ipocrisia, un po’ di quei miliardi persi nel superbonus 110% li avremmo investiti in strumenti di vera politica attiva. Non in sussidi a tempo come l’esonero della contribuzione previdenziale per chi ha tre figli ( ne abbiamo a malapena 1,5 a italiana),una certificazione di genere sterile che premia gli enti e le aziende ma non aumenta l’occupazione femminile;lo stop generalizzato allo smart working che secondo i dati registrati dell'Osservatorio nazionale evidenzia che i vantaggi ottenibili dal lavoro da remoto si sono misurati in miglioramento della produttività,riduzione dell’assenteismo;riduzione dei costi per gli spazi fisici e per i e le lavoratrici riduzione dei tempi e costi di trasferimento;miglioramento del work-life balance; aumento della motivazione e della soddisfazione. Se vogliamo veramente sostenere le donne italiane siamo seri: usiamo i fondi del Piano Complementare ( 36 miliardi per infrastrutture) per recuperare gli asili nido che ci aveva promesso il Pnrr e le case della salute per gli anziani e persone non autosufficienti. Freneremmo in parte l’emorragia delle dimissioni femminile sul lavoro aumentate dall’anno scorso. Potenziamo concretamente l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità di conversione del premio di risultato 2023 in tempo, nei c.d. “welfare days”, nel limite della capienza dell’importo del premio , di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa: Se è una buona contrattazione contrasta il gender gap. Intanto avanti! Coraggio per le lavoratrici della Perla, coloro che lottano per il diritto alla libertà economica e a un lavoro e chi combatte contro il martirio delle donne.
IL SUSSIDIARIO.NET Alessandra Servidori -Se l’8 marzo ma anche il 7 e magari il 9 vogliamo parlare di questione femminile dobbiamo avere il coraggio di dirci la verità. 1-Parliamo di certificazione di parità di genere(legge del n.162 /2021 ) che dal 2022 alle aziende private in possesso della certificazione di genere UNI/Pdr 125:2022 è concesso un bonus contributivo sul versamento dei contributi previdenziali complessivi a carico del datore di lavoro nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda ,compreso un riconosciuto punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti. Il contributo, erogato agli Organismi di Certificazione accreditati per un massimo di €12.500 a impresa, €2.500 ad erogati direttamente per coprire le spese di servizi di consulenza e accompagnamento alla certificazione, tramite sistema di voucher. Ma questo “business” che impatto ha avuto sull’aumento dell’occupazione femminile? E riduzione di gender gap nelle imprese ?Che piccole micro e medie imprese si sono certificate ? Il Tavolo interministeriale previsto dalla legge che concorre al funzionamento del Sistema di certificazione della parità di genere con approfondimenti, elaborazione di proposte e monitoraggio delle attività ha prodotto dati sull’impatto concreto ? A parte la pletora dei componenti cd di assistenza tecnica fornita da enti di consulenza convenzionati , quante donne sono state assunte con questo “bollino”? quante imprese certificate hanno modificato l’organizzazione del lavoro ? Leggiamo i Dati sulle dimissioni sul lavoro 2022 dell’Ispettorato del lavoro nazionale pubblicati nel gennaio 2024 ci confermano che” la scelta di abbandonare il luogo di lavoro è : 44.699 convalide riferite a donne, il 96,8% (43.284 provvedimenti) attiene a dimissioni volontarie, il 2,3% (1.032) a dimissioni per giusta causa e lo 0,9% (383) a risoluzioni consensuali. Delle 16.692 convalide riferite a uomini, 16.161 (anche in questo caso il 96,8% del totale) riguardano dimissioni volontarie, 236 (1,4%) dimissioni per giusta causa e 295 (1,8%) risoluzioni consensuali. Il dato di partenza fotografa, anche per il 2022, il profondo squilibrio di genere nei destinatari dei provvedimenti di convalida: le donne rilevano per il 72,8% di tutte le 61.391 convalide ampiamente intese (M+F), ma sono anche il 72,8% delle dimissioni volontarie, l’81,4% delle dimissioni per giusta causa e il 56,5% delle risoluzioni consensuali.Nel 2021 (il 71,8%) si riferivano a donne e il (28,2%) a uomini : il dato negativo continua a crescere- Medicina di genere 48° Congresso dell’Associazione di Medici di Direzione Sanitaria Ospedaliera), “Tutt’ora, negli studi clinici randomizzati controllati, solo il 20% dei pazienti arruolati sono donne, così come soltanto la metà degli studi clinici su cui si basano le evidenze e le linee guida prendono in considerazione analisi sul genere. Tra queste, soltanto il 35% fa analisi per sottogruppi. Come società scientifica che si occupa di ricerca e formazione non possiamo non porre l’attenzione sul fatto che, che in questo momento, il 90% dei farmaci che abbiamo sviluppato e che stiamo utilizzando sono stati studiati e sviluppati per il genere maschile, così come il 70% dei dispositivi.Nel campo della prevenzione dobbiamo arrivare a una sovrapposizione totale degli indicatori di salute nei due generi. Queste conoscenze, se usate bene in prevenzione, possono incidere fortemente sui fattori di rischio che, in modo diverso, espongono a maggiore rischio di sicurezza un genere anziché un altro. Occupazione femminile e lavoro : Dal Servizio studi della Camera, le donne occupate sono circa 9,5 milioni, i maschi occupati sono circa 13 milioni. Una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità e ha particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l'attività lavorativa. La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52/%, da esigenze di conciliazione e per il 19% da considerazioni economiche. Il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5 per cento, divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34% in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni. C’è tanto ancora da fare e poco da festeggiare : lo abbiamo scritto , spiegato, proposto anche con strumenti innovativi come l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità di conversione del premio di risultato 2023 in tempo, ossia nei c.d. “welfare days”, nel limite della capienza dell’importo del premio , di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa.
LA RAGIONE UE Alessandra Servidori- Il lavoro femminile rimane sempre una questione affrontata lamentosamente a ridosso delle mitiche ricorrenze e quasi mai legato alle politiche economiche che potrebbero se modificate risolvere alcuni problemi. A NY ho fotografato una ragazza in un cantiere di un edificio al 28 esimo piano : qui in Italia nei cantieri abbiamo standardizzato questa attività solo maschile ed è pressoché impossibile vedere donne impegnate nei lavori di muratura oppure nelle attività artigianali che richiedono competenze specifiche legate al mondo delle costruzioni, è più facile trovarne negli uffici delle aziende edili. Ma vero è che non regge che questo è dovuto a un ostacolo di natura biologica: le donne non hanno meno forza e le informazioni e i dati disponibili sull’occupazione femminile nelle costruzioni sono quanto mai lacunosi, spesso non aggiornati e non infrequentemente contraddittori tra le diverse fonti. Possiamo sostenere l’interesse femminile nei confronti del settore ( che non conosciamo) come la modalità di impiego a tempo pieno o part-time, i differenziali salariali, i profili di carriera, l’adeguamento della formazione professionale fino ad arrivare alla disponibilità dell’attrezzatura di sicurezza, non sempre adatta alle caratteristiche del corpo femminile, nonostante la grande rilevanza che questi accessori rivestono nel migliorare le condizioni di sicurezza nei cantieri e i dati che giornalmente interessano gli irresponsabili incidenti. Per aumentare l’occupazione femminile possiamo impegnarci anche in questa direzione attraverso il Fondo Complementare dedicato alle infrastrutture per la costruzione di asili per bimbi e residenze per non autosufficienti dedicando alle scuole professionali un’attenzione alle giovani che così formate potrebbero puntare anche su servizi per conciliare il tempo di vita e di lavoro : l’incidenza del tragico bonus 110% nell’edilizia che certifica tutta la sua enormità scellerata ha sottratto risorse essenziali che potrebbero essere restituite , anche solo nel medio periodo, a quei servizi essenziali per la formazione e l’occupazione femminile. Fatti e non parole.
7 Marzo 2024 Donne : basta ipocrisie
Basta ipocrisie. Servono riforme strutturali-
IL RESTO DEL CARLINO – 7 marzo 2024
Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, critica l'ipocrisia nella questione femminile e propone di investire i fondi in strumenti di vera politica attiva anziché in sussidi temporanei, per favorire l'occupazione femminile e contrastare il gender gap.
Se fossimo veramente intenzionati a risolvere la questione femminile senza ipocrisia, un po’ di quei miliardi che sono persi nel superbonus 110 li avremmo investiti in strumenti di vera politica attiva, non in sussidi a tempo come l’esonero della contribuzione previdenziale per chi ha tre figli (ne abbiamo a malapena 1,5 a italiana), una certificazione di genere sterile che non aumenta l’occupazione femminile. Li avremmo usato per superare lo stop generalizzato allo smart working: secondo i dati dell’Osservatorio nazionale, infatti, i vantaggi ottenibili dal lavoro da remoto si sono misurati in miglioramento della produttività, riduzione dell’assenteismo, riduzione dei costi per gli spazi fisici e per i e le lavoratrici, riduzione dei tempi e dei costi di trasferimento; miglioramento del work-life balance; aumento della motivazione e della soddisfazione. Se vogliamo veramente sostenere le donne italiane siamo seri: usiamo i fondi del Piano Complementare (36 miliardi per infrastrutture) per recuperare gli asili nido che ci aveva promesso il Pnrr e le case della salute per gli anziani e le persone non autosufficienti: freneremmo in parte l’emorragia delle dimissioni femminili sul lavoro, aumentate dall’anno scorso. Potenziamo concretamente l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità di conversione del premio di risultato 2023 in tempo, nei cosidetti ‘welfare days’, nel limite della capienza dell’importo del premio, di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa: una buona contrattazione contrasta anche il gender gap. Intanto avanti! Coraggio per le lavoratrici della Perla, coloro che lottano per il diritto alla libertà economica e a un lavoro e chi combatte contro il martirio delle donne.
Più Europa anche per la sicurezza sul lavoro
Alessandra Servidori Più Europa anche per la sicurezza sul lavoro : noi collaboriamo ? Dalla situazione tragica non sembra
"LA RAGIONE " Giovedì 22 febbraio 2024
La questione del riordino della materia su prevenzione salute sicurezza sul lavoro è fondamentale e il Ministero del lavoro non può limitarsi,insieme all’intero governo, a decreti di urgenza che si accavallano ma non incidono, e soprattutto se la materia è severamente europea , si applichino le direttive che anche OIL ci indicano da anni inapplicate. L'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA), agenzia tripartita con sede a Bilbao, istituita nel 1996 ha come obiettivo di promuovere la condivisione delle conoscenze e delle informazioni al fine di contribuire alla promozione di una cultura della prevenzione del rischio. L'Agenzia ha sviluppato una piattaforma web che offre consulenza gratuita alle imprese.Inoltre la commissione Europea ha prodotto un Quadro strategico in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027 molto dettagliato . Tale quadro strategico è sostenuto da: i) il rafforzamento della base di conoscenze comprovate; ii) un solido dialogo sociale; iii) la mobilitazione di finanziamenti; iv) migliori misure di applicazione; e v) attività di sensibilizzazione e di formazione. L'obiettivo del quadro strategico è quello di portare le priorità comuni in materia di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori al centro dell'attenzione delle istituzioni dell'UE, degli Stati membri, delle parti sociali e di altre parti interessate pertinenti. Si applica a tutte le parti interessate che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro (amministrazioni nazionali, compresi gli ispettorati del lavoro, datori di lavoro, lavoratori e altri attori pertinenti in materia di SSL) e crea un quadro di azione, cooperazione e scambio.La Commissione collabora con gli Stati membri e le parti sociali per: i) affrontare il cambiamento nel nuovo mondo del lavoro; ii) migliorare la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in linea con l'approccio "zero vittime" (Vision Zero); e iii) migliorare la preparazione in caso di potenziali crisi sanitarie future.La Commissione invita gli Stati membri ad aggiornare ed elaborare le loro strategie nazionali in materia di SSL in linea con tale quadro strategico, in cooperazione con le parti sociali, al fine di garantire che le nuove misure siano applicate nella pratica valutandone l'eventuale adeguamento in un contesto in rapida evoluzione
La povertà educativa discrimina i giovani
Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 8
Innovazioni e Pari opportunità a cura di Alessandra Servidori
La povertà è una piaga del nostro mondo avanzato sulla quale si interrogano economisti, sociologi e studiosi di altre discipline già da molto tempo. Come è possibile che in una società avanzata, dove tecnologia, istituzioni e cultura hanno raggiunto traguardi così alti non si riesca a sradicare la povertà? Tra le diverse forme di povertà, poi, quella dei bambini e dei ragazzi è certamente la più ingiusta: sia perché è evidente che “non è colpa loro”, sia perché, accompagnandosi spesso con la povertà educativa, ha effetti non limitati al presente, ma destinati a durare per molti anni con conseguente disagio di lungo periodo per le persone e con effetti negativi di lungo termine sul progresso economico e sociale del Paese. Il pericolo è dunque il perpetuarsi di uno svantaggio ingiusto di generazione in generazione. Tra povertà intesa quale deprivazione materiale e povertà educativa c’è un circolo vizioso che si alimenta in ambedue i sensi. Essere poveri sul versante materiale aumenta il rischio di essere poveri dal punto di vista educativo e viceversa. Una condizione sfavorevole di partenza può avere effetti di lungo periodo perché i bambini che nascono in condizioni di pregiudizio e ai quali vengono negate le opportunità di apprendere e condurre una vita autonoma ed attiva, rischiano di diventare gli esclusi di domani. In Italia sono 1,4 milioni i minori che vivono in uno stato di povertà assoluta, il triplo rispetto allo scorso decennio, mentre circa 2,2 milioni si trovano in una condizione di povertà relativa. Questi indicatori in termini economici sono diversi da Paese a Paese, in Italia la povertà assoluta è generata da un calcolatore messo a disposizione dall’Istat per determinarne il valore. In una famiglia di due adulti e due bambini (0-3; 4-10), ad esempio, è di circa 1.500 euro. La povertà relativa è invece attribuita a chi percepisce e vive con un reddito del 50% in meno rispetto alla media nazionale. Un dato in netta crescita. Secondo l’Istat, infatti, l’IPE – Indice di Povertà Educativa, si definisce attraverso quattro dimensioni: Partecipazione, Resilienza, Capacità di intessere relazioni e Standard di vita; ma si riferisce solo a un target di giovani tra i 15 e i 29 anni. La mancanza di dati aggiornati a livello locale e il range, che non comprende tutte le fasce dell’età evolutiva, su cui si basano queste metriche, non ci fornisce un quadro completo. Vero è comunque che la povertà educativa che ne deriva crea un danno dai primi anni di vita per poi limitare i livelli di apprendimento delle competenze nei periodi successivi. Ecco, quindi, che la disuguaglianza che si sviluppa nel minore povero è elevata al quadrato, perché nascere in una famiglia svantaggiata non è spesso una condizione transitoria, è Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 9 un fatto che può segnare e condizionare tutta la vita. Inoltre, quando si discute di famiglie svantaggiate e povere, non consideriamo solo la povertà assoluta e relativa come indigenza ed esclusione sociale ma anche e ovviamente la povertà culturale, relazionale, ambientale. I bambini che provengono dalle famiglie più svantaggiate hanno meno opportunità di prendere parte ad attività sportive e sociali che contribuiscono alla loro qualità di vita, alle relazioni sociali e in generale al loro livello di soddisfazione nella vita. Crescendo incontrano maggiori ostacoli nel diventare componenti attivi della società, nel trovare lavori di buona qualità e stabili e nel realizzare dunque il proprio potenziale. Se poi sulle condizioni su indicate si innestano anche le problematiche del crescere in un territorio anch’esso svantaggiato, la situazione del disagio si eleva al cubo. La dimensione familiare è, dunque, centrale, come lo è l’ambiente circostante, perché entrambe influenzano la crescita dell’individuo. Occorre intervenire sul contesto, perché il bambino impara lì dove vive e impara dalle abitudini, dalle manifestazioni, dai comportamenti con cui entra in contatto. Migliorare i contesti (familiari ed esterni) contribuisce a risolvere la povertà all’origine. La struttura della famiglia, ad esempio, i nuclei monogenitoriali (48,1%) e quelli composti da entrambi i genitori ma dove sono presenti tre o più minori a carico (32,2%) rappresentano le tipologie familiari a maggiore rischio. Come pure l’intensità lavorativa della famiglia; i minori che vivono in famiglie a molto bassa e bassa intensità di lavoro sono a maggior rischio di povertà di coloro che vivono in famiglie a media ed alta intensità lavorativa. L’incidenza della povertà minorile si conferma in proporzioni quasi doppie rispetto a quella della popolazione adulta nel suo complesso. I dati certificano il fallimento delle politiche di contrasto alla povertà minorile messe in atto finora. È indispensabile cambiare strada per proteggere i bambini, le bambine e gli adolescenti del nostro paese da un impoverimento in continua crescita, e porre riparo ad una evidente “ingiustizia generazionale” che oggi pesa sulle loro spalle. È necessario sostenere con forza la richiesta al Governo di raddoppiare le risorse del Fondo Sociale Europeo Plus da destinare in modo specifico alla Garanzia Infanzia (Child Guarantee), per assicurare ai bambini servizi essenziali per la loro crescita, e di rivedere le modalità di attribuzione del reddito sociale per sostenere in particolare le famiglie con bambini. Per evitare che la povertà materiale si trasformi in povertà educativa per intere generazioni, è evidente un investimento maggiore sull’educazione e sui servizi locali ad essa connessa, e che i fondi stanziati, a partire da quelli del PNRR, diano priorità alle zone dove la povertà minorile è più acuta, per attivare “zone ad alta densità educativa” che proteggano bambini, bambine e adolescenti dagli effetti drammatici della povertà sul loro percorso di crescita. Se si pensa che siamo la terza nazione in Europa con il più alto tasso di abbandono scolastico dopo la Romania c’è sicuramente un problema di sistema. Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 10 Esiste però un’intera comunità educante attiva in modo distintivo sui diversi territori italiani, un ponte tra le opportunità e l’accesso a queste. Parliamo di centri di aggregazione, case-famiglia e associazioni, microcosmi in cui i bambini possono permettersi di “crescere”. Dal 2016 esiste un fondo che attualmente si avvale di 700 milioni di euro per il contrasto alla povertà educativa minorile in Italia, grazie a un protocollo d’intesa fra le Fondazioni di origine bancaria, l’ACRI (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio SpA) e il Governo, con la collaborazione del Forum Nazionale del Terzo settore. Il fondo ha dato vita ad un progetto che durerà fino alla fine del 2025. Si chiama Villaggio educante e coinvolge 17 Comuni del FriuliVenezia Giulia, 1.200 bambini, 100 insegnanti ed educatori e oltre 50 operatori del settore. Un’opportunità per integrare 4 nuove strutture di asili nido ampliando scuole dell’infanzia esistenti e avviare laboratori permanenti con attività extrascolastiche come danza, arte, musica, inglese, psicomotricità e pet education, anche per i non iscritti. Sono previsti, inoltre, programmi di sostegno alla genitorialità in cui è anche possibile confrontarsi tra famiglie. Per i docenti, invece, è stato costituito un progetto di formazione continua multidisciplinare per sviluppare un modello operativo dinamico e coerente con gli obiettivi di contrasto alla povertà educativa. Il Fondo gestito da un Comitato interministeriale, entro giugno, pubblicherà un Bando a cura di Acri che si occuperà di disagio psicologico minorile per cercare di contribuire a contrastare questo fenomeno che ultimamente affligge molti bambini. Integrazione e inclusione possono nascere soltanto dove è prevista una progettualità educativa che sfrutti ampie reti di collaborazione e di confronto. Il compito da portare avanti, tra le istituzioni responsabili della presa in carico, è di creare sinergie e alleanze sempre più strette. La comunità, più che in passato, oggi è consapevole che l’intervento educativo offerto ha bisogno di sponde con l’esterno e, per questo, non si chiude in sé stessa, non ritiene di essere in sé bastante, e ricerca sempre più frequentemente alleanze e collaborazioni, in un’ottica di condivisione della responsabilità, di ampia partecipazione. E anche di cambiamento, se è vero che “accogliere e accompagnare” significa sviluppare un percorso esistenziale rendendosi conto che i cambiamenti sono tanto dei soggetti quanto dei contesti e, quindi, avendo cura di tenere i collegamenti tra il soggetto che cambia, il contesto che cambia, e quindi il rinnovamento delle risorse di cui il bambino ha bisogno. Per questa via, la comunità di accoglienza, assieme alla scuola e alle altre agenzie educative, diviene capace di educare cittadini attivi e partecipi, in grado di liberarsi dalle catene della povertà educativa, della stereotipia familiare per conquistare migliori condizioni di benessere, di qualità di vita, di inclusione e di produttività all’interno delle dinamiche della convivenza civile. Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 11 A proposito di povertà assoluta: una commissione istituzionale con capofila Istat sta elaborando criteri di definizione di questa fondamentale realtà italiana e internazionale. La metodologia di stima della povertà italiana modificata, in parte da una classificazione delle spese per i consumi delle famiglie, e l’aggiornamento della popolazione di riferimento delle stime sulla base di nuovi dati censurati, sono stati presentati in Istat. Dopo due anni i frutti di questo impegno che ha comportato la revisione delle diverse componenti del paniere di povertà assoluta (alimentare, abitativa e residuale), la ridefinizione delle soglie, i coefficienti di risparmio utilizzati dalle famiglie, l’articolazione dei territori nelle diverse aree del paese, si sono presentati diversi complessi problemi di natura concettuale (definizione di povertà, misurazione del welfare, reference budget, ecc.) e si è estesa la riflessione sulla misura della povertà assoluta ai più recenti approcci di tipo multidimensionale e al superamento di una visione esclusivamente basata sui dati di spesa monetaria, con uno sguardo attento anche alle altre componenti del benessere, non solo a quelle di natura strettamente economica. L’adozione della nuova metodologia è anche l’occasione per riflettere sugli sviluppi futuri e formulare raccomandazioni che aiutino a delineare il cammino da seguire nell’intervallo tra i successivi aggiornamenti fisiologici. E questo proprio a partire da una profonda e ampia riflessione sulla stessa definizione concettuale della povertà per poi consegnare alla politica le decisioni più efficaci per destinare risorse a questo importante problema. Il concetto di povertà assoluta, o estrema, e la sua misurazione empirica, sono stati a lungo considerati una questione riguardante esclusivamente i paesi in via di sviluppo, laddove nei paesi occidentali sviluppati, con l’eccezione significativa degli Stati Uniti, si è preferito guardare alla povertà relativa. Ciò dipendeva in parte dalla presunzione che in questi paesi la povertà estrema, la privazione di mezzi di sussistenza indispensabili, fosse stata eliminata dall’azione congiunta dello sviluppo e dei sistemi di welfare. Anche l’Unione Europea ha adottato, con l’indicatore “a rischio di povertà”, un concetto di povertà relativa. Con il progetto ABSP0 (measuring and mentoring absolute poverty, European Commission 2021) si sta valutando non solo la fattibilità, ma l’opportunità di sviluppare una misura monetaria di povertà assoluta che rappresenti un potere di acquisto di beni e servizi comparabile tra paesi e nel tempo, ad integrazione delle misure esistenti. Tra i paesi europei l’Italia è l’unico che, a livello della statistica ufficiale, dal 1997 utilizza per stimare l’incidenza della povertà e il suo andamento nel tempo sia la povertà relativa che quella assoluta. Per Il Rapporto finale del progetto ABSP0, la maggior parte degli indicatori di povertà assoluta utilizzati nei paesi sviluppati configurano un riferimento (benchmark) considerevolmente più alto della pura sussistenza e si riferiscono alla accessibilità di beni di consumo ritenuti necessari o desiderabili dai membri di una determinata società, oggetto di valutazione dal punto di vista dell’accertamento della povertà non sono solo i bisogni, o le Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 12 capacità, in astratto, ma la disponibilità di, e accesso a capacità combinate o bisogni intermedi (cibo nutriente, acqua pulita, un’abitazione adeguata, istruzione di base, libertà riproduttiva, sanità). Forse la strada migliore è quella di procedere, in parallelo all’indagine sulla povertà assoluta così come è effettuata da ISTAT, con tutti i perfezionamenti e aggiornamenti che sono stati fatti e che si faranno, alla ricostruzione di contesti omogenei dal punto di vista della disponibilità di beni pubblici considerati essenziali e delle modalità di accesso, in modo da procedere poi ad analisi per piccole aree. I lavori dettagliati della Commissione sono reperibili su «La povertà assoluta: revisione della metodologia e prospettive di misura del fenomeno» 1. Ricordiamo gli ultimi dati italiani. Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente). Questo peggioramento è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione. L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 28,9%, si ferma invece al 6,4% per le famiglie composte solamente da italiani. L’incidenza di povertà relativa si attesta al 10,9% (stabile rispetto all’11,0% del 2021) e le famiglie sotto la soglia sono 2,8 milioni. Alessandra Servidori
Recensione libro Alè Il sussidiario .net
L'attività di Alessandra Servidori si è sviluppata negli ultimi decenni nei luoghi, ufficiali e non, in cui l'impegno sociale diventa pratica quotidiana
Alessandra Servidori (Ansa)
Il titolo è già un programma “Alè, il racconto di una vita attraverso l’esperienza civile, sociale, economica e politica” (Ed. Pendragon, pagg. 127, € 15). Alè non è solo l’abbreviazione del nome dell’autrice, ma è, ancora di più in questo caso, un programma di vita e di impegno quotidiano. Come dire: diamoci da fare. È vero che i problemi italiani sono tanti e difficili, ma è anche vero che con l’impegno di tutti e di ciascuno è possibile da una parte mettere a fuoco le diverse realtà e dall’altra cercare di avviare possibili e praticabili soluzioni.L’impegno di Alessandra Servidori, compagna e moglie di Giuliano Cazzola, si è sviluppato negli ultimi decenni nei luoghi, ufficiali e non, in cui l’impegno sociale diventa pratica quotidiana così come scoprendo la necessità di muoversi nella concretezza delle sempre troppo poche possibilità operative.Basta scorrere l’indice del libro per avere l’immagine delle tante dimensioni di questo impegno. Dai diritti della maternità, alla tutela della disabilità, dal tema dell’occupazione all’esempio di Marco Biagi, dalla sanità al sindacato, dal tema dell’immigrazione al carovita, dalla violenza contro le donne ai rigurgiti di antisemitismo.Con posizioni decise e spesso controcorrente. Per esempio, quando afferma: “L’inclusione delle donne diventa il parametro della efficienza di un mercato del lavoro nel quale sono insufficienti gli intermediari capaci di accompagnare chi vuole lavorare a una occupazione, mentre molte imprese sono rattrappite dalla difficoltà di reclutamento”. È quindi necessario “dare una spallata alle tradizionali politiche attive che si sono rivelate autoreferenziali. Le stesse organizzazioni di rappresentanza possono fare molto se, superando vecchi pregiudizi, decidono di dedicarsi al collocamento attraverso i patronati o gli enti bilaterali”.È proprio la compartecipazione, o per dirla in sindacalese, la bilateralità, uno strumento di azione continuamente richiamato perché poco possono fare le regole, anche le più stringenti, se non vi è la convinzione che la responsabilità e i comportamenti possono fare la differenza a vantaggio di tutti.In questa prospettiva è anche il richiamo all’inclusione nelle scuole, un tema di estrema attualità non solo per i disabili, ma anche per emarginati e immigrati. “L’inclusione – afferma Servidori – non è solo una questione di accessibilità fisica. L’inclusione è anche un processo dinamico che richiede un continuo lavoro di innovazione. Non si tratta solamente di mettere i bambini con bisogni speciali nella stessa classe con i bambini normodotati, ma si tratta di lavorare per garantire che tutti abbiano le stesse opportunità di apprendimento e di crescita”. In tutto il libro emerge una grande volontà costruttiva. Per sollecitare non solo più coraggiose politiche pubbliche, ma anche un impegno lungo la direttrice del rispetto e della valorizzazione di ogni persona. E per rimuovere gli ancora troppi ostacoli che limitano la dignità delle persone.
Start mag : come andare in europa
https://www.startmag.it/economia/italia-patto-di-stabilita/
Alessandra Servidori -Prima dei nomi fondamentale il programma dei candidati italiani per l’Europa
Il patto di stabilità e crescita con la unione Europea che andrà in vigore a metà 2024 deve divenire la carta elettorale per poter consapevolmente aderire all’ambito internazionale comunitario,poiché alla fine dei conti concreti sulla situazione italiana avremo comunque un deficit di 1,5 di Pil nel periodo di vigenza del patto tra i 4 e i 7 anni che ad oggi ha accumulato oltre il 140% di debito ( e ricordiamoci che sono escluse dal conteggio le spese di difesa e investimenti) sale comunque la spesa corrente che non è spesa per lo sviluppo. E la spesa per gli interessi del debito – 90 miliardi-supera enormemente la spesa per l’istruzione che è di 70 miliardi per istruzione,università ricerca. Gli altri Paesi Europei hanno debiti sotto i 90 % del Pil e la Nota di aggiornamento finanziaria (Nadef) prevede per il 2024 il 4,3% con un conseguente nuovo debito di 90 miliardi con una spesa di interessi di oltre 95 miliardi nel 2025 : il patto di stabilità europeo impone una riduzione di almeno il 1,5% e noi dobbiamo prevedere un efficientamento della macchina e dunque spesa pubblica , spesa assistenziale corrente, eliminando la flat tax,la decontribuzione,il Tir(trattamento integrativo di reddito)trasformando l’assegno unico in servizi anziché soldi,rivedendo l’isee.Sicuramente l’Europa ha bisogno di nuove regole ma anche noi abbiamo bisogno di condivisione della sovranità quindi significa condividere nuove strategie che in passato attraverso l’America ,la Cina ,la Russia ci hanno assicurato sicurezza ,export,energia ma che ora sono diventate incerte o inaccettabili.Dobbiamo federalizzare le spese compresa ovviamente quella sui beni primari e sulla sicurezza, scelte fiscali europee, razionalizzare le spese e procedere alle complicate privatizzazioni ma per investire in sviluppo e soprattutto in infrastrutture che combini gli interessi del mercato con azioni di società competitive e di consentire allo Stato di poter conservare gli standard di qualità soprattutto per quanto riguarda per esempio ferrovie . Per quanto riguarda gli investimenti del pnrr preoccupa ciò che è su Italia domani un dataset su milestone e target ma, oltre a non includere (senza spiegazioni) le scadenze di rilevanza italiana, non contiene dati completi sulle misure. In particolare non conosciamo l'importo e il contenuto dettagliato delle riforme e degli investimenti, nuovi o modificati che siano, inclusi quelli della nuova missione dedicata all'energia, il Repower Eu. Per ciò che riguarda i progetti: il relativo dataset è stato aggiornato poco prima dell'approvazione del piano rivisto. Ciò significa che, considerando la cadenza trimestrale dell'aggiornamento, fino a marzo non avremo dati che rispecchiano la situazione effettiva degli interventi attualmente finanziati dal piano e non ci sono dati sull'avanzamento dei lavori e della spesa per i progetti e sono sempre meno le informazioni sulle scadenze. Rimediare e subito è fondamentale. Per ora la BCE si è fermata peraltro non ci sono motivi per continuare ad aumentare i tassi di interesse,ma non ci sono certezze su cosa succederà nei prossimi mesi sui risultati dell’inflazione. La situazione dell’euro zona è molto diversa da quella degli Stati Uniti.La disoccupazione si è abbassata ma le ore lavorate sono ancora troppo poche e abbiamo settori in difficoltà. La ripresa dei salari tarda ad arrivare e il loro recupero è tutto in capo al rinnovo della maggior parte dei contratti scaduti e non ora legati alla produttività. Abbiamo dati del manifatturiero molto deboli e segnali ancora parzialmente negativi del credito tra prestiti e mutui.Dunque costruire un programma per andare alle elezioni europee significa avere una piattaforma chiara senza ambiguità prima di tutto per l’ Italia nel contesto comunitario e attivare una campagna elettorale concreta e soprattutto chiara.
La finanza che ci interessa conoscere
Alessandra Servidori La finanza italiana che ci interessa conoscere
Parlando alla conferenza di Riga, in Lettonia, per il decimo anniversario dell’introduzione dell’euro nel paese baltico, Panetta ha sottolineato come "il settore bancario europeo si conferma frammentato lungo linee nazionali". Ed "è pertanto difficile immaginare una unione del mercato dei capitali pienamente funzionante se le banche non sono in grado di operare liberamente in tutta l'area dell'euro", ha ribadito. Per il Governatore, infatti, "nei prossimi anni l'Europa si troverà a operare in un contesto politico internazionale più complicato rispetto al passato. Essa dovrà allo stesso tempo realizzare obiettivi ambiziosi in ambiti quali la difesa, la transizione digitale e la lotta ai cambiamenti climatici. Una vera e propria unione del mercato dei capitali aumenterebbe le probabilità di successo". Parlando poi del ruolo dell’euro, il Governatore ha sostenuto che la valuta comune influenza il ruolo dell’Europa nel mondo: "La finanza è uno strumento al servizio del benessere collettivo, e l'euro non fa eccezione: gli obiettivi e le implicazioni della moneta unica vanno ben oltre la sfera monetaria. Il successo dell'euro come valuta di riserva internazionale influenza il ruolo dell'Europa nel panorama economico e finanziario mondiale; incide sulla nostra collocazione geopolitica, sulla nostra autonomia strategica", ha concluso. "La revisione del quadro normativo del sistema finanziario ha subito una forte accelerazione che ha sicuramente ottenuto il risultato di migliorare la resilienza delle banche”. Tuttavia, “la natura stessa del processo di revisione, pressato spesso dal clima di emergenza e orientato soprattutto alla stabilità, non ha portato a uno sviluppo coeso e coordinato delle regole, ma a un quadro generale eccessivamente complesso”. il Presidente dell'ABI, Antonio Patuelli, ha consegnato e illustrato il 24 gennaio in una serie di incontri istituzionali a Bruxelles sulle priorità del settore bancario. Secondo il Presidente dei banchieri italiani, il focus dovrà spostarsi sulla competitività e la crescita: “C'è bisogno (…) di un sistema normativo e regolatorio più semplice, efficiente e anche flessibile perché la natura senza confini del digitale e l'evoluzione della fintech chiedono un rapido adeguamento alla situazione in continuo cambiamento". ABI chiede, dunque, alle istituzioni – anche in vista delle elezioni europee del 9 giugno - di avviare una valutazione globale del quadro normativo esistente per verificare l'impatto e l'efficienza dei regolamenti. Un lavoro che, dovrebbe precedere l'esame di qualsiasi eventuale nuova proposta legislativa nel settore dei servizi finanziari. Secondo ABI, la valutazione del quadro normativo complessivo dovrebbe anche essere mirata a rendere finalmente concreto e attuale il principio di proporzionalità, "sempre enunciato ma mai applicato". Per Patuelli "assume particolare importanza la revisione di alcune regole sulla ristrutturazione dei crediti. Bisogna, infatti, evitare assolutamente che la riscrittura di queste norme finisca per ostacolare le misure a sostegno dei debitori in difficoltà, determinanti in una fase economica tanto incerta". Inoltre, "diventa fondamentale collocare le proposte e le azioni per il rilancio dell'Unione del mercato dei capitali all'interno di una nuova visione complessiva che coinvolga tutte le istituzioni e gli attori principali". In vista della prossima legislatura europea, ABI auspica anche una proposta legislativa volta a ridisegnare il quadro macroprudenziale, "assicurando la coerenza dell'impianto complessivo e la chiarezza dei ruoli di ciascuno strumento, nonché dei poteri attribuiti a ciascuna Autorità".Inoltre La Presidente di Ania Maria Bianca Farina ha definito “inderogabile” il completamento e l’ammodernamento di un sistema di welfare pubblico-privato, in linea con le scelte già compiute in altri Paesi avanzati, “in modo da affrontare per tempo, con strumenti adeguati, le sfide della sostenibilità finanziaria, dell’adeguatezza delle prestazioni da garantire ai cittadini e dell’invecchiamento della popolazione”. Ciò vale, per la numero uno di ANIA, con riguardo alla previdenza, dove a fronte delle esigenze di contenimento della spesa pubblica non c’è una sufficiente mobilitazione del risparmio privato dato che alle forme integrative confluisce appena il 4% del considerevole risparmio finanziario posseduto dalle famiglie italiane, con un’incidenza delle forme previdenziali integrative sul PIL inferiore al 10% contro l’oltre 100% nel Regno Unito e 200% nei Paesi Bassi. Ma vale per la sanità dove, complici i tempi di attesa, sempre di più i cittadini ricorrono al privato con una spesa out of pocket che ha superato i 40 miliardi. Per Maria Bianca Farina "Il settore assicurativo (…) è disponibile a sviluppare in sinergia con il sistema pubblico aree strategiche come il risparmio previdenziale e la tutela sanitaria, al fine di migliorare la protezione sociale dei cittadini e determinare ritorni positivi per l'economia del Paese". A questo fine, ANIA ritiene necessario un riordino delle normative di riferimento, anche con un "testo unico" in ambito sanitario.
ALE' libro pubblicato e Lettera a Sergio Mattarella
Alessandra Servidori il mio nuovo libro ALE' -"Sono convinta che promuovere la centralità della persona per lo sviluppo della società, per la vitalità economica, nel principio della sussidiarietà, della condivisione, della responsabilità e della partecipazione, sia un’ottima idea". edizioni Pendragon
Lettera aperta al nostro Presidente Sergio Mattarella
Caro Presidente ricordo con piacere le sue parole di augurio di fine anno, nelle quali fra le altre, ha sentito l’urgenza di rivolgersi ai giovani e alla cultura dell’amore legata anche al rispetto e alla riconoscenza che non è il possesso che qualifica l’affetto e il sentimento. Le questioni legate al genere femminile che nel nostro Paese rappresenta ben il 53% della cittadinanza, rimane un problema enorme e prioritario e non sono per ripeterLe stancamente la nostra situazione occupazionale e civile con i soliti numeri che ci umiliano. Ma che Lei ha ben presente. Non solo a livello nazionale ma internazionale , vista la Sua coerente indomita indole europeista anche in termini di assetto normativo che ci costa ben 64 avvisi di infrazione con le conseguenze che ben conosciamo, mi permetto di chiederLe, una garbata e decisa raccomandazione nell’adeguarci anche rispetto alla legislazione ma soprattutto ai recenti provvedimenti perché un attento recupero delle indicazioni comunitarie in alcune direttive possano sostenerci anche politicamente per compiere quei passi in avanti per le cittadine italiane e la democrazia reale ed effettiva . Le adolescenti fanno maggior uso di psicofarmaci rispetto ai coetanei per sentirsi più adeguate alle aspettative sociali che le pretendono prestanti e perfette, lo conferma una ricerca del Cnr che mette in luce la necessità di sensibilizzare il dibattito su stereotipi di genere ma anche e soprattutto di sostenere le politiche di pari opportunità occupazionali per rafforzare il diritto al lavoro delle donne ,il cui numero di occupate non aumenterà grazie alla cd certificazione di genere che serve solo alle aziende che continuano a non assumere donne o se lo fanno ,solo per riceverne dei benefici contributivi o avere vantaggi nell’assegnazione di bandi, ma serve e subito una concentrica politica di sostegno per la condivisione del lavoro di cura in famiglia, il lavoro, i servizi all'infanzia, un incentivo alla contrattazione di prossimità per applicare sostanzialmente la Direttiva Ue che prevede,tra l’altro, 30 giorni di congedo parentale. E i numeri , non le percezioni ,dicono che le madri in Italia sono sempre meno occupate e sempre meno felici, non solo al Sud dove ci sono meno servizi, meno occupazione e le famiglie sono ancora costruite intorno a un immaginario tradizionale sui ruoli. Ma anche al Nord dove le dimissioni dal lavoro dopo la nascita di un figlio aumentano di anno in anno. Vero è che l’inattività femminile è in parte conseguenza di una domanda di lavoro che vincola fortemente le lavoratrici ad orari pieni e non flessibili e che induce le donne disposte a lavorare a tempo parziale ad uscire o a non entrare nel mercato del lavoro. Ed è altrettanto vero che la questione dello smart working ultimamente prorogato è una falsa soluzione poiché le aziende incapaci a riorganizzarsi per obiettivi e non sull’orario di lavoro costringono sempre di più le lavoratrici a sottoscrivere degli accordi capestro con un monte ore settimanale residuale dedicato al lavoro da remoto pur autoaffermandosi imprese family friendly. Dunque caro Presidente non è più sopportabile il buonismo paternalistico di aiutare le donne rispettando i loro diritti negati se non si è coerenti : prima di tutto nell’adempimento della nostra Costituzione, nelle direttive applicate, nelle convenzioni internazionali ratificate ma non applicate, nelle promesse di un pnrr che le sostiene quando così non è ( se non in piccola misura),da una legge come la legge 54 del 2006 che è diventata uno strumento di controllo e di violenza contro le madri alle quali viene strappato il figlio.Il germe della disparità salariale sta nell'organizzazione del lavoro e nell’assicurare la possibilità di avere l’autonomia e la libertà economica accedendo da una formazione di livello non solo in basse qualifiche senza rinunciare alla propria attività ed essendo indipendente. E a proposito di futuro i divari di genere nell'apprendimento delle materie scientifiche si traducono a distanza di anni in una minore indipendenza economica delle giovani donne.
Le sono grata della Sua preziosa attenzione Alessandra Servidori
Ministro Bernini in Cina : confronto su scienza,tecnologia, innovazione
Alessandra Servidori https://www.radioinblu.it/streaming/?vid=0_2yp5n4y9
Oggi 28 novembre 2023 a Pechino si svolge la dodicesima edizione di Italia/Cina evento dedicato alla scienza, tecnologia, innovazione, promosso annualmente in partnership dal ministero dell’università e ricerca italiano e il ministero della scienza e della tecnologia cinese, finalizzato a valorizzare i sistemi nazionali di ricerca e innovazione attraverso scambi accademici scientifici e tecnologici di cui sono garanti per parte nostra il Ministro Annamaria Bernini e parte cinese il vice Ministro Zhang Guangium. Si tratta di un programma bilaterale confermato dall’impegno a rilanciare nel quadro del partenariato strategico globale del settembre scorso da parte della Presidente Meloni. Il programma rappresenterà un momento di confronto e condivisione tra gli interlocutori del panorama scientifico e tecnologico cinese e italiano, con l’obiettivo di promuovere la nascita di nuove collaborazioni e partenariati nei settori di reciproco interesse per lo sviluppo e il benessere della società. Agli incontri one-to-one sono presenti circa cento partecipanti appartenenti a università, centri di ricerca, hub e start up italiane e cinesi impegnate in ricerca e innovazione che avranno l’opportunità di dialogare per costruire nuovi partenariati accademici, scientifici ed industriali. Diverse le opzioni in campo: scambi accademici (UtoU), progetti di ricerca (RtoR), partnership ricerca-impresa (RtoB) e tra imprese innovative (BtoB).Si discute di tecnologia applicata alle Olimpiadi Invernali che rappresenta una forza trainante di innovazione e spettacolo per temi come il cronometraggio di precisione; l'uso di droni per catturare angolazioni spettacolari; l'implementazione di realtà virtuale per coinvolgere gli spettatori sono solo alcune delle innovazioni che caratterizzano le Olimpiadi Invernali. Lo Smart Manufacturing, che agisce come il catalizzatore per l'ottimizzazione e l'efficienza che rappresenta una rivoluzione del mondo dell'industria, dove la convergenza di tecnologie avanzate come l'Internet delle cose (IoT), l'intelligenza artificiale (IA) e l'analisi dei dati ha trasformato radicalmente il modo in cui vengono progettati, realizzati e gestiti i processi di produzione;infine un confronto tra giovani innovatori che attraverso la creatività e il cambiamento, portando nuove soluzioni e approcci alle sfide globali,alimentando nuove imprese e iniziative. Sappiamo bene che a quattro anni dalla sua firma da parte dell’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e benedetta dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la Via della seta continua a essere un problema per il governo Meloni e i suoi consiglieri diplomatici: un dossier delicatissimo, prioritario per la maggior parte dei nostri alleati, e che determina anche la credibilità dell’Italia presidente di turno del G7 del prossimo anno.Eppure, mentre l’esecutivo cerca il modo meno brutale di uscire dalla Via della Seta, Pechino trova modi molto più facili per aggirare il livello governativo e passare direttamente a livello locale. Infatti il forum della Belt and Road local cooperation, la Via della seta degli enti locali, si è già svolto a settembre al quale partecipano diversi comuni italiani tra i quali Cagliari, Fermo, ma pure zone di grande interesse industriale come l’intera provincia di Brescia. Tutti memorandum firmati, a partire dal 2019, sotto il brand della Via della seta cinese. Inoltre abbiamo un nucleo poderoso anche in italia (14) di Istituto Confucio che sono timidamente accusati da vari accademici che li frequentano come docenti di essere oltre che funzionali a sensibilizzare nel mondo la cultura cinese "cercano di modificare l'immagine di Pechino agli occhi del mondo". Le accuse mosse nei confronti dell'operato degli Istituti Confucio è quella di edulcorare la visione che diversi paesi del mondo hanno del regime cinese e nel contempo quello di porre dei veti più o meno palesi nei confronti di iniziative culturali sgradite al Partito Comunista Cinese, pur se effettuate fuori dalla Cina. L'ampio dibattito che ne è scaturito ha portato alla chiusura di diversi Istituto Confucio negli Stati Uniti d'America e in Europa, tra cui quelli dell'Università di Leiden, della Copenaghen Business School in Danimarca, della Università Paris-Ouest Nanterre in Francia, e dell'Università di Stoccolma.( inthenameofconfuciusmovie.com.)Diversamente ai Ghoete institut , e ai Cervantes Insitutus,in Italia la diffusione degli Istituti Confucio è iniziata da Napoli, in collaborazione con la prestigiosa Università L’Orientale. Nel mondo gli Istituti – a partire dal primo, fondato a Tashkent nell’Uzbekistan nel 2004 – sono ormai molti e sono di emanazione di Hanban, che è Ufficio nazionale per l’insegnamento del cinese come lingua straniera: un nome che sembrerebbe assimilare questa organizzazione a quelle che in Germania appunto promuovono nel mondo i Goethe Institut e in Francia le sedi dell’Alliance Française, Spagna ecc. Ma il paragone è ingannevole: il Goethe o l’Alliance Française sono sostenuti dai rispettivi governi, ma sono indipendenti, mentre l’Hanban è parte integrante della macchina governativa cinese. Dubbi su spionaggio e servizi segreti sono legittimi e la verità è che la questione del Covid nato appunto in Cina e segretamente protetto da informazioni quasi inesistenti e da sospette missioni cinesi nei nostri ospedali con accesso disinvolto a dati sensibili, e ora la polmonite pediatrica che sta colpendo in misura massiccia i piccoli cinesi e della quale ancora ben poco conosciamo, ci consente di avere particolare attenzione ai rapporti con questa potenza mondiale con la quale abbiamo sicuramente necessità di dialogare e scambiare la nostra eccellenza peraltro straordinariamente riconosciuta a livello mondiale ,senza essere schiacciati . Il ministro Annamaria Bernini saprà tenere l’equilibrio e la saggezza istituzionale che serve.
Ancora quante Giulia?
Alessandra Servidori
Ma diciamoci la verità …. Parole come pallottole ,ancora violenza ….
Il feroce massacro della giovane Giulia da parte del coetaneo Filippo che l’avvocato della sua famiglia definisce “buono” e da una infausto commento sul corrierone su Elena sorella di Giulia “la ragazza grande della famiglia Cecchettin più ribelle” sono lo strascico già visto e vissuto di una cultura priva di pietà e rispetto per una tragedia ripetuta. Per giorni abbiamo seguito con angoscia questa tragica storia che ben presto, sarà usata e tramutata in un telefilm,in un talk urlato tra gente che vuole apparire ma che non è altro che la fotografia infame della nostra società priva di valori. In molti hanno riportato su fb i nomi delle ultime donne trucidate e alcuni commenti ridicolmente offensivi e cinici di fanatici ignoranti. Poi ancora gli annunci della politica : vogliamoci bene dopo offese reciproche e irripetibili nelle piazze contro il popolo ebraico rincorso da moderni nazisti, l’occupazione delle università contro Israele o strumentalizzata dai silenzi di troppi rettori tutti presi dall’affanno di vincere l’occupazione elettorale della Crui per la Presidenza nazionale e ancora la politica che non difende le persone fragili come gli anziani togliendo le risorse , le persone disabili distraendo i fondi verso un progetto fantasma di case della salute senza personale ospedaliero, e anche sempre le donne offese nell’anima e nel corpo. Dicono di inasprire e le pene contro i maschi barbari , di fare educazione nelle scuole ma è sempre troppo tardi .Sono anni che la violenza incombe in ogni luogo della società incivile : tra i banchi, sul lavoro senza regole, tra giovani e tra adulti e le donne sono le più colpite . Ha fatto breccia il film della Cortellesi che ha saputo mettere in bianco e nero una realtà ancora lì che bolle : alle femmine le madri ancora adesso ( troppe) augurano di fare un buon matrimonio e magari sì, trovare un part time, avere tanti figli maschi; ai maschi non si insegna il valore del rispetto per la maternità dunque della madre, sorella, moglie ,compagna. Sono illuminati e rari i genitori che si impegnano , anzi dovremmo veramente, come priorità, insegnare dalla scuola materna , insieme alla famiglia distratta, alle scuole superiori cosa significa il bene condiviso di un rapporto tra genitori e figli incardinato sul rispetto e aiuto reciproco di alcuni valori essenziali. Invece no la cd “buona scuola “ ha introdotto malamente l’educazione fai da te di genere tutta piegata sull’omosessualità e sulla violenza di un genere ambiguo a senso unico , con incompetenza ideologia, presunzione agita sui bambini con un silenzio assordante delle famiglie .Solo ora finalmente il cardinale Zuppi ha dichiarato che i preti pedofili devono stare fuori dalla Chiesa. L’agonia di Giulia è slogan e titoli che invadono giornali televisioni che trattano la gelosia morbosa cattiva come un alibi ancora consolidato tra maschi giovani e grandi ,ossessivi,e una giustizia ancora troppo blanda in mano spesso a giudici( anche donne) che minimizzano la violenza sulle vittime, donne a cui per una legge assurda come la legge 54 che dà la possibilità di togliere alle madri vittime di cattiveria paterna i figli,luoghi di lavoro dove il mobber ha spesso i pantaloni, aule universitarie dove le studentesse molto più brave degli studenti, si laureano in meno tempo ma faticano a trovare lavoro. Tutto questo è violenza e sub cultura :bisogna cambiare registro , ritrovare il desiderio di costruire una società normale che ha forza e coraggio per consegnare a chi verrà e chi c’è già come vivere in una armonia di base che ci fa riconoscere il più possibile il bene dall’immondizia del male.
Confindustria Vicenza : parliamo di rimodulazioni degli orari di lavoro
CONFINDUSTRIA VICENZA- venerdi 10-11-2023
Attrattività e modelli organizzativi, tra flessibilità e rimodulazione oraria: e la produttività?
Evento sulla rimodulazione dell’orario di lavoro che coniughi l'efficientamento della produttività con l'inclusione e la motivazione dei collaboratori
Flessibilità dell’orario e riduzione della settimana lavorativa: i nuovi modelli organizzativi contrattuali deprimono o incrementano la produttività aziendale?
Per cercare una risposta a questa domanda Confindustria Vicenza, in collaborazione con GI Group e con AIDP - Associazione Italiana Direzione del Personale del Veneto/Friuli-Venezia Giulia, organizza un appuntamento per approfondire la possibilità di avviare, da parte delle imprese italiane, anche mutuando analoghe esperienze avviate in altri paesi europei, forme di rimodulazione dell’orario di lavoro che possano coniugare il mantenimento e/o efficientamento della produttività aziendale con l’inclusione e la motivazione dei collaboratori, nella logica di bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro
Il programma, dopo i saluti introduttivi di Andrea Crisci, Responsabile Area Lavoro, Previdenza ed Education di Confindustria Vicenza, prevede i seguenti interventi:
La rimodulazione dell’orario di lavoro negli altri paesi Europei
Patrizio Bernardo - Avvocato Partner di Studio Legale Delfino Willkie Farr & Gallagher
Le esperienze aziendali: Enrico Rava - Regional Business Manager di GI Group-Flavio Mares - AD di IMAP di Sedico (BL)
- Luca Nascimben - People Director di Rigoni di Asiago
Tavola rotonda: Riduzione degli orari di lavoro, opportunità o aggravio per le imprese?
- Ilaria Agosta - Presidente AIDP Veneto e Friuli-Venezia Giulia
- Roberto Benaglia - Segretario Nazionale FIM-CISL
- Martina Gianecchini - Professoressa Ordinaria di Gestione delle risorse umane Università di Padova
- Alessandra Servidori - già Consigliera Nazionale di Parità e Docente universitaria Politiche del Lavoro
Modera Stefano Pozzi HR Interim Manager
L’incontro si terrà venerdì 10 novembre 2023, dalle 16.00 alle 18.00, presso la sede di Palazzo Bonin-Longare (Corso Palladio 13 - Vicenza).
La partecipazione è solo in presenza, fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Per effettuare l'iscrizione: compilare il modulo online.
Per ulteriori informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .
Legge finanziaria 2024 : fare chiarezza
Alessandra
Aumentare le risorse per la famiglia e dunque per i figli attraverso una manovra di bilancio che allarga la platea dei beneficiari di una misura porta sempre consenso, farlo per l'assegno per i figli ancor di più. Cosa dice però il testo: con il comma 1 dell'articolo 38 della Legge di bilancio 2024 si fissa una sorta di franchigia fino a 50mila euro, che significa che se possiedi fino a quella sommetta in Titoli di Stato, o buoni postali, questi non concorrono a formare il patrimonio mobiliare ai fini ISEE, (articolo 5 comma 4, lettera b) del DPCM 159/2013). Infatti, il valore del patrimonio mobiliare, insieme a quello immobiliare, incidono sul calcolo dell’ISEE (Indicatore Situazione Economica Equivalente), che serve a misurare il livello economico di un nucleo familiare. L’ISEE appare fondamentale per poter accedere a determinati bonus o incentivi statali.Il comma 2 del medesimo articolo 38, in sostanza dice che per attuare il beneficio si deve aggiornare il dpcm 159/2013, quindi fino ad allora non se ne farà niente, ma non viene fissato un termine temporale per farlo (sembra una norma di delega, in quanto non di immediata attuazione, ma non lo è perché le norme di delega sono vietate in legge di bilancio). Il comma 3 sempre dell’art 38 dice che gli effetti prodotti ci costano 44 milioni. Quindi speriamo che sia prontamente modificato il dpcm 159/13 così da non far fare la fine dei 350 milioni del fondo per le disabilità anche ai 44 milioni dell'assegno universale.E c’è un ma: l'erogazione dei benefici legati all'ISEE, ad una platea più ampia, che vi può cosí accedere grazie ad uno sconto sul patrimonio mobiliare fino 50mila euro, che nel solo caso dell'assegno per i figli (ma il comma 1 citato non lo vincola solo per questo fine e quindi gli effetti sarebbero più ampi se riferiti alle altre misure soggette a limiti Isee) richiede appunto una copertura maggiore di 44 milioni, che vengono aumentati con il comma 3 dell'Articolo 38. In questo caso si riuscirà a legare l’ assegno per i figli alla franchigia concessa, e non lasciare spazio ad altro? Dubbio che assale perchè sono tantissime le misure che vengono erogate sulla base dell'ISEE anche alle persone con disabilità sempre leggendo attentamente il Testo bollinato,e ci si domanda se, posto che il comma 1, art. 38, sopra richiamato non appare specificatamente limitato all'Assegno unico e universale per i figli a carico, anzi dal titolo dell'articolo la disposizione sembra essere una norma a carattere generale quindi capace di produrre effetti sulle tantissime misure che vengono erogate sulla base dell'ISEE, ci si sarebbe aspettati che per effetto dei commi 1 e 2, non venisse solo indicato quanto al comma 3 che incrementa i famosi 44 milioni per la famiglia, ma anche - per conseguenza logica - che fossero indicati tutti quei fondi a copertura di altre misure legate all'Isee, o quanto meno si rinviasse ad un allegato contenente un lungo elenco di misure soggette ad Isee, incluse o escluse dall'agevolazione (solo per fare alcuni esempi l'art. 35 per asili nido ecc, l’art 61 per l', erogazione di Borse di studio per l’Erasmus italiano, che al comma tre disciplina, con futuro decreto del Ministro, l'accesso al beneficio e per l’erogazione delle borse di studio, nonché il valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) necessario. Questo ragionamento in buona sostanza e almeno riferito agli articoli 35 e 61 unici a citare l’isee sarebbe corretto precisassero o che le somme stanziate tengono conto delle somme dell’art 38 o che no non ne tengano conto perché la misura non si applica. Questo per evitare confusione.O dobbiamo pensare che il miracolo dei pani e dei pesci si ripeta con sempre quei 44 milioni ? Attendiamo speranzosi un po’ di chiarimenti.Poi strada facendo ci diletteremo ad esaminare altri articoli della finanziaria 2024 perché studiare e a fondo è un esercizio importa
Ultima riflessione sulla settimana europea prevenzione salute e sicurezza sul lavoro
Alessandra Servidori
Rimaniamo sulla valutazione dei rischi
Occorre delimitare meglio l’ambito della collaborazione del Medico Competente alla VdR, per coordinare le diverse disposizioni del TUSSL con cui la nuova norma si va ad intersecare.
L’art.29, c.1, TUSSL vincola il DdL a valutare i rischi ed elaborare il DVR “in collaborazione con il RSPP e con il MC nei casi di cui all’art.41”, cui si aggiunge ora la nuova ipotesi – sia pure in modo implicito, perché il punto non è stato modificato. Diversamente, si dovrebbe concludere che in questo caso il MC non abbia alcun obbligo di collaborazione – conclusione che, oltre a non essere sostenuta dal TUSSL, delineerebbe una nuova figura: un MC «a responsabilità limitata». La discrasia appena sottolineata è innegabile.
Il precetto di collaborazione non può essere eluso dal DdL pre-confezionando una VdR, ed un DVR, cui il MC debba aderire passivamente (es. per mera «presa visione»), men che meno sulla necessità di sorveglianza sanitaria, che – vedremo – è propriamente un “insieme di atti medici”.
L’obbligo di collaborazione del MC (nel senso della parallela disposizione dell’art.25, c.1, lett.a) è stato così delimitato dalla Commissione Interpelli, per la quale va inteso “inteso in maniera attiva; in sintesi il medico competente, prima di redigere il protocollo sanitario deve avere una conoscenza dei rischi presenti e […] collaborare alla valutazione dei rischi. Qualora il medico competente sia nominato dopo la redazione della valutazione dei rischi, subentrando ad un altro medico competente, deve provvedere ad una rivisitazione della valutazione stessa previa acquisizione delle necessarie informazioni da parte del datore di lavoro e previa presa visione dei luoghi di lavoro, per gli aspetti di competenza. L’eventuale mancata collaborazione del medico competente può essere oggetto di accertamento da parte dell’organo di vigilanza”. Il DdL “deve richiedere la collaborazione […] sin dall’inizio del processo valutativo, a partire dalla scelta dei metodi da adottare […]”[2].
Sull’obbligo si è pronunciata anche la Suprema Corte affermando che il MC “[…] assume elementi di valutazione non soltanto dalle informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro, quali quelle di cui all’art.18, c.2, ma anche da quelle che può e deve direttamente acquisire dì sua iniziativa, ad esempio in occasione delle visite agli ambienti di lavoro di cui all’art.25, lettera I) o perché fornitegli direttamente dai lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria o da altri soggetti”. Tale obbligo, dunque, percorre due distinte traiettorie: l’una ad impulso del DdL (in assenza del quale il MC si trova in una situazione difficile, ma incolpevole); l’altra di iniziativa, che si basa su informazioni acquisite autonomamente, di cui deve rendere partecipe il DdL, se non vuole versare in colpa.
Possiamo concludere che la rivalutazione dei rischi ad opera del MC appena nominato ex art.14 è un atto non solo opportuno, ma assolutamente dovuto – un’altra ipotesi di “comma 22”.
Ma cos’è la sorveglianza sanitaria? Un contributo chiarificatore giunge dalla definizione (art.2, c.1, lett.m, TUSSL), come “insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”.
Si scopriamo trattarsi di un’attività di competenza medica, su cui parrebbe ragionevole dovesse, da ultimo, decidere il MC, e non altri (DdL – RSPP): sarebbe quanto mai curioso che questi fosse coinvolto solo a valle della decisione, potendosi trovare così nella condizione di dover provvedere alla sorveglianza sanitaria, non potendo tuttavia individuare alcun “atto medico” appropriato. In tal caso il MC dovrebbe effettuare… cosa?
Ulteriori spunti si rinvengono all’art.25, c.1, lett.b), che stabilisce come il MC “programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’art.41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”. Ancora una volta appare singolare che non rientri nella programmazione della sorveglianza sanitaria proprio la decisione sulla sua necessità, riducendone il senso alla mera calendarizzazione.
Il successivo art.41 definisce contenuti e modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria.
Riconosciamo così tre indizi che potranno contribuire a una proposta di soluzione:
1) la sorveglianza sanitaria è un insieme di atti medici per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori;
2) il MC deve tenere conto degli indirizzi scientifici più avanzati;
3) il MC, più che altre figure con differenti percorsi formativi e professionali, è il detentore del sapere pertinente alla decisione.
E dobbiamo rilevare, infine, che l’art.41 resta immodificato, rendendo la novazione potenzialmente inefficace: il c.1, lett.a) recita ancora “nei casi previsti dalla normativa vigente”. Una maggiore precisione poteva giovare, almeno in termini di stile.
Ricostruzione del quadro della sorveglianza sanitaria alla luce della novella Onde evitare di scadere in considerazioni del tutto generiche, è opportuno ricostruire i casi in cui la sorveglianza sanitaria è obbligatoria, ovvero perché consegue alla VdR, individuando ipotesi che potrebbero rientrare nella nuova casistica .
Diverse ipotesi di sorveglianza sanitaria che richiederebbe la nomina del MC.
Obbligatoria
– Movimentazione manuale dei carichi
– Videoterminali
Agenti fisici:
– rumore
– vibrazioni
– radiazioni ottiche artificiali
– campi elettromagnetici
– Agenti chimici pericolosi
– Agenti cancerogeni e mutageni
– Amianto
– Agenti biologici
– Ferite da puntura e taglio
Consentita solo nei casi previsti
Alcoldipendenza[
Tossico-dipendenza
Conseguente alla VdR (esempi)
– Sovraccarico biomeccanico arto superiore
– Posture incongrue
– Lavori in quota
– Lavori in ambienti confinati
– Lavori subacquei
– Microclima “severo”
– Stress lavoro correlato
Ci limitiamo ad approfondire, a titolo esemplificativo, due casi.
Per il sovraccarico biomeccanico sono disponibili documenti ISO[10] ed evidenze scientifiche[11].
Per lo SLC un documento del Coordinamento Tecnico Interregionale[12] ipotizzava la possibilità di sorveglianza sanitaria per individuare sintomi e/o franche patologie (es. disturbo dell’adattamento lavorativo) “quando, al termine dell’intero percorso […] (valutazione preliminare, azioni correttive, valutazione approfondita, ulteriori misure di miglioramento) permane una condizione ineliminabile di stress potenzialmente dannosa”.
Il tema della differenza necessita di un aggiornamento costante. Si rendono pertanto necessarie azioni di informazione e formazione sia per i lavoratori e le lavoratrici che per tutte quelle figure che si occupano di sicurezza sul lavoro. IL T.U. abolisce la neutralità del lavoratore. Il lavoratore non è un concetto astratto ma è un individuo ben definito, di età, genere, nazionalità, .. diverse e di questo una valutazione dei rischi, compresi quelli connessi allo stress lavoro-correlato, per essere effettuata in modo adeguato deve tenere conto. Anche se è in forte aumento il numero delle donne occupate il mondo del lavoro è declinato al maschile. Finora le problematiche legate alla differenza tra uomini e donne sono state trascurate.
L’attenzione alle lavoratrici era circoscritta alla sola maternità, prevedendo misure di tutela particolare rivolte alle donne in gravidanza e in allattamento di altri aspetti della vita biologica femminile fino ad ora non si era tenuto conto: il ciclo mestruale, la fertilità, la menopausa. Anche l’organizzazione del lavoro, gli spazi, gli orari, gli utensili, le attrezzature sono pensate per un mondo maschile. I dati tossicologici su cui sono stati fissati i limiti di esposizione a sostanze potenzialmente nocive provengono da studi su individui di sesso maschile, quando è provato che uomini e donne rispondono in modo di verso anche quando impiegati nello steso settore. Per quanto riguarda poi i rischi psicosociali e i rischi emergenti le donne sono molo più esposte a sindrome da stress.
Le donne sono costantemente sottoposte a stress da multiruolo, legato al triplo lavoro di professionista madre e casalinga, alla difficoltà di conciliazione, alla insoddisfazione data da un lavoro in cui manca il riconoscimento delle capacità e l’avanzamento di carriera; per non parlare dello stress causato da discriminazione, violenza fisica e psicologica, mobbing. Per tutte queste ragioni le donne si ammalano di più e patologie quali la depressione sono in aumento esponenziale. il cardine centrale è sicuramente rappresentato dall'introduzione della “tipicità” dei lavoratori, nel nuovo modello di valutazione del rischio. Per la prima volta in linea con le priorità del programma europeo, si coniuga la valutazione dei diversi rischi, potenzialmente esistenti in ambiente di lavoro, con le specificità delle lavoratrici e dei lavoratori, tenendo conto delle variabili relative alla tipicità della popolazione lavorativa. Oltre a considerare la componente “età” delle lavoratrici e dei lavoratori, il nuovo articolato legislativo prevede che si consideri le potenziali influenze dello “stress lavoro correlato”, della “provenienza da altri Paesi” e della “differenza di genere”. L'introduzione esplicita della componente relativa alla “differenza di genere”, rappresenta sicuramente una spinta di grande valore non solo sul piano culturale, ma senza dubbio per la ricerca e gli studi sul tema. Divenendo un obbligo specifico il tener conto dell'influenza della componente di genere nell’analisi e valutazione dei rischi, le diverse discipline scientifiche devono intensificare le ricerche e gli studi, giungendo ad integrare, sviluppare ed aggiornare le informazioni e i dati limitati a disposizione.
L'attenzione utilizzata dal legislatore nel richiamare puntualmente nella valutazione dei rischi l'ottica della “differenza di genere” – superando la mera attenzione al solo mondo del femminile in ambiente di lavoro per il periodo circoscritto della maternità (riferito al quale se ne conferma, comunque, nel nuovo testo legislativo la piena tutela) – non solo pone in evidenza e concretezza la valorizzazione e specificità, in ambiente di lavoro, dei due sessi durante tutto l'arco della vita lavorativa, ma rafforza di riflesso anche un'attenzione alla tutela specifica del genere maschile che, sotto l'insegna della prevenzione a carattere “neutro” è andata perdendosi negli anni, rischiando una sotto-valutazione in alcuni casi anche potenzialmente generatrice di specifici rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, ma senza dubbio sul piano degli studi e della ricerca di forme nuove e sempre più adeguate di tutela.
Le conoscenze in nostro possesso ci permettono già di poter attuare una adeguata e puntuale analisi dei rischi in ciascun ambito lavorativo che vada a garantire un significativo livello di protezione psico-fisica delle lavoratrici, per tutto l’arco della loro vita lavorativa, che garantendo la piena tutela, tenda al raggiungimento di uno stato di benessere sul luogo di lavoro. Pur conoscendo le cause scatenanti le condizioni di disturbo e danno in ambito lavorativo, è comunque ancora oggi più diffusa la conoscenza delle patologie che delle fonti di rischio, per una disattenzione all’analisi e valutazione dei rischi accurata e specifica per genere, e una carente e poco diffusa attività informativa volta al promuovere, un’azione costante di auto-tutela e prevenzione da parte delle stesse lavoratrici e lavoratori nei riguardi delle fonti di rischio. Tra le più frequenti patologie oggi sofferte si registrano: la sindrome del tunnel carpale; la tendinite; l’epicondiliti (dolore al gomito); le periartriti, gli avvelenamenti da sostanze chimiche, i danni da agenti cancerogeni e le lesioni dorso-lombari. Sul piano regolamentare, una risposta significativa e grande rilevanza merita la novità introdotta dal legislatore con il d.lgs.81/2008, nell'aver previsto che il processo di valutazione dei rischi debba obbligatoriamente tenere conto di diversi elementi legati alla tipicità dei soggetti tra cui, in particolare, le specificità rappresentate dalla differenze di genere.
Tale valutazione è mirata a cogliere le fonti di rischio ambientale di lavoro,rumore,agenti chimici, biologici, movimentazioni di carichi, videoterminali, vibrazioni, ma anche la relazione tra il tipo di lavoro, l’ambiente in cui si svolge e le caratteristiche tipiche delle lavoratrici e dei lavoratori presenti nelle diverse popolazioni lavorative, tenendo conto di cinque fondamentali fattori : età, genere, stress lavoro-correlato,provenienza da altri paesi, tipologia contrattuale La vera sfida che si è aperta è quella di rendere tutte queste innovazioni di garanzia, reali interventi posti in essere in tutte le realtà lavorative a tutela di ogni lavoratrice e lavoratore senza alcuna distinzione, ritardo o, mancanza di valutazione
Il reale oggetto della prevenzione, ciò che deve essere scongiurato attraverso la VdR e le misure conseguentemente stabilite, è il danno alla salute, così che non abbia a manifestarsi, o se ne riduca al minimo la probabilità: per gli infortuni il caso più evidente sono le lesioni (/morte) per caduta dall’alto; per le tecnopatie si possono indicare come esempio le malattie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore.
Diversamente ci si troverebbe sul terreno dei reati di evento (artt. 589 e 590 c.p.), che rappresentano il fallimento della prevenzione, secondo il modello giurisprudenziale dell’evento prevedibile, prevenibile ed evitabile in concreto (da quel determinato agente, o garante)[13]; ed infatti nel processo penale il ragionamento muove dall’evento in concreto, che non sempre la VdR ha considerato e formalizzato nel DVR. Sarà allora proprio il criterio dell’individuazione dei danni il primum movens per l’attivazione della sorveglianza sanitaria nei rischi “non normati”.
Il secondo criterio è probabilistico, organico al concetto di rischio: non si deve trattare di ipotesi remote, meramente eventuali, ma la probabilità di concretizzazione del rischio deve essere apprezzabile (anche senza puntuale quantificazione); in altre parole, secondo l’evidenza scientifica o l’esperienza in quel contesto (o altri simili) si verificano infortuni o tecnopatie di tale specie.
Altro criterio, che siano caratterizzate condizioni di cui il lavoratore potrebbe essere portatore, persino a sua insaputa, che aumentano la probabilità che l’evento dannoso si realizzi: si pensi ai disturbi dell’equilibrio per i lavori in quota. La diagnosi non può implicare l’esecuzione di esami complessi da parte del MC, fatta salva la possibilità di ricorrere a consulenze ed accertamenti specialistici.
Nel caso potrebbe essere proposto come buona pratica il richiamo ai documenti nel DVR, a giustificazione della “necessità”; a maggior ragione, in assenza di documenti specifici sarà necessario dettagliare finalità e metodi della sorveglianza sanitaria che si intende attivare .
Il mondo del lavoro è in costante mutamento, le innovazioni e gli sviluppi tecnologici sono stati e sono tuttora fattori chiave del cambiamento delle professioni e delle mansioni lavorative, lo sviluppo delle tecnologie ha favorito un enorme aumento della disponibilità e delle applicazioni basate sull’IA.Inoltre, la comparsa e il rapido sviluppo di nuove tecnologie, come i sistemi robotici in grado di interagire strettamente con gli esseri umani, hanno comportato la ripresa del dibattito sulle potenzialità di automazione di professioni e mansioni e sulle loro conseguenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro.Ciò nonostante, i sistemi basati sull’IA e la robotica avanzata potrebbero determinare un cambiamento qualitativo delle opportunità e delle sfide in questo ambito o addirittura dar luogo a rischi completamente nuovi.La gamma dei tipi di robot si è ampliata e le nuove tecnologie hanno consentito di creare tipi di robot collaborativi e intelligenti, i cosiddetti cobot, che diventeranno una presenza familiare negli ambienti di lavoro, poiché sensori altamente sviluppati consentono la collaborazione tra persone e robot.La robotica ci consente di evitare che i lavoratori si trovino in situazioni pericolose, di migliorare la qualità del lavoro affidando compiti ripetitivi a macchine veloci, accurate e instancabili e agevolare l’accesso al lavoro di molte persone che ne sono attualmente escluse, per esempio aiutando i disabili o i lavoratori anziani sul luogo di lavoro.
Tuttavia, il numero crescente di robot mobili e intelligenti negli ambienti lavorativi può aumentare il rischio di incidenti, poiché il contatto diretto con i robot o le apparecchiature utilizzate da questi ultimi potrebbero causare lesioni.Malgrado gli sforzi compiuti per tenere conto di tutti gli scenari possibili nella progettazione, i cobot intelligenti possono comportarsi in modo imprevisto, poiché apprendono costantemente.I lavoratori che devono adeguarsi al ritmo e al livello di lavoro di un cobot intelligente potrebbero trovarsi pesantemente sotto pressione, con possibili effetti negativi per la loro sicurezza e la loro salute.
