1 maggio la festa che non c'è
Alessandra Servidori 1 maggio : la festa che non c’è https://www.ilsussidiario.net/news/1-maggio-la-festa-del-lavoro-ma-non-per-le-donne/2333328/
La festa del lavoro non è festa soprattutto per le donne,soprattutto oggi che si creano aspettative per la tanto proclamata certificazione di parità di genere, il cui obiettivo sarebbe di incentivare le imprese ad adottare politiche che favoriscano l’occupazione femminile, garantendo giuste opportunità di carriera, parità salariale e tutele della genitorialità. Per le aziende che otterranno la certificazione ( già tentata e fallita nel 2008 e nel 2014 con uno pseudo bollino rosa di cui hanno beneficiato solo grandi aziende) saranno previsti incentivi di natura fiscale e in materia di appalti pubblici, per i quali sono stanziati, con la legge di bilancio, 50 milioni all’anno. Ad oggi a fronte del 42,1% delle donne dipendenti sul totale, solo il 27% risultano beneficiarie di Cassa integrazione guadagni. Questo fa supporre che una quota significativa di donne non abbia potuto usufruire della Cig-Covid durante la pandemia per il venir meno della relazione contrattuale. È quindi uscita dal mercato, in quanto occupata con un contratto a termine arrivato a scadenza e non rinnovato. Le donne presenti nel mercato del lavoro in Italia stanno soffrendo, durante la crisi pandemica, di grossi svantaggi. Si riduce il tasso di occupazione delle donne anche e soprattutto per intolleranza aziendale alla conciliazione lavoro/famiglia (da 50% a 48,6%), si amplia il gap occupazionale tra donne e uomini (da 17,9 a 18,9 punti), e si allarga anche la distanza dalla media europea (50,1Italia 63 Ue). È ragionevole ipotizzare che tra queste lavoratrici ci sia una elevata incidenza di donne con un basso livello d’istruzione, al più la licenza di scuola media. Ed è proprio questo il gruppo di donne che l'Italia non è mai riuscita a integrare nel mercato del lavoro e sul quale si dovrebbero concentrare gli sforzi delle politiche, se vogliamo portare l'occupazione femminile almeno alla media europea. La certificazione di genere?non è la soluzione,anzi può anche essere burocraticamente dissuasiva per le imprese; servono contratti flessibili attraverso la contrattazione aziendale come welfare/benefit, fondi bilaterali per usufruire di congedi parentali,contratti di espansione per incentivare l’occupazione femminile,servizi territoriali per minori, anziani, persone fragili, usufruibili in pari misura per lavoratori e lavoratrici . Allora forse il 1 maggio sarà festa .
Oggi 28 Aprile : la nostra guida amica per prevenzione salute e sicurezza sul lavoro
Coordinamento tavolo interistituzionale Prevenzione malattie professionali
Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro : Guida essenziale per essere informati sia su fondamentali normative sia su nuove norme giuridiche introdotte,ovvero quelli che sono i comportamenti che si devono seguire .
Soltanto acquisendo la dovuta e aggiornata “cultura” ognuno di noi potrà rendere il proprio lavoro più "sicuro".
Premessa : La normativa che regola la materia della sicurezza sul lavoro è molto vasta e complessa e, spesso, la sua comprensione risulta complicato per tutti coloro sui quali ricadono gli obblighi relativi. Ci riferiamo ai Datori di Lavoro, alle lavoratrici e ai lavoratori in particolar modo a quelli di loro con minore esperienza che hanno numerosi dubbi e domande in materia. Una guida amica per rispondere proprio a questa esigenza in modo rapido ed efficace.
^ Quando si parla di sicurezza sul lavoro si fa riferimento all'insieme di misure, provvedimenti, valutazioni e monitoraggi che bisogna mettere in atto all'interno dei luoghi di lavoro per tutelare la salute e l'integrità dei lavoratori, proteggendoli dai rischi presenti. E’ un tassello fondamentale nel quadro della corretta gestione aziendale che fa leva su due dimensioni in particolari:la prevenzione ovvero le misure previste per evitare che si verifichi un evento dannoso;la protezione ovvero le misure previste per limitare le conseguenze di un evento dannoso che si verifica; Si tratta dunque di una condizione necessaria per ogni realtà lavorativa con almeno un lavoratore.
^ La sicurezza sul lavoro è importante perché consente di eliminare, ridurre o, comunque, controllare: fattori rischio derivanti dai processi lavorativi; incidenti e infortuni per i lavoratori;l'insorgere di malattie professionali; Si rivela utile per garantire e tutelare il benessere psico-fisico dei lavoratori, contribuendo a creare un ambiente di lavoro tranquillo e positivo, cosa che si riflette sulla produttività e sullo sviluppo dell'azienda stessa.
^ Nel corso degli anni la normativa in materia di sicurezza e salute dei lavoratori si è evoluta, perfezionandosi e determinandosi sempre di più, fino ad arrivare al Decreto Legislativo del 9 aprile 2008, n° 81, il cosiddetto Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro il quale ha sostituito, abrogato o assorbito tutte le normative precedenti. Si tratta dunque di un corpus unitario che punta semplificare e razionalizzare i diversi aspetti della materia, proponendo aggiornamenti e definendo con maggiore precisione principi, parametri, obblighi, responsabilità e sanzioni. I principi fondamentali su cui si basa tutto il sistema della sicurezza sul lavoro sono: valutare i rischi per la salute e la sicurezza presenti; eliminare o ridurre tali rischi sostituendoli alla fonte; limitare l'utilizzo di sostanze pericolose sui luoghi di lavoro; effettuare controlli sanitari periodici dei lavoratori; informare e formare i lavoratori in materia di sicurezza; informare e formare i rappresentanti della sicurezza aziendale; consultare i rappresentanti per la sicurezza e renderli partecipi della situazione aziendale; programmare e attuare misure di sicurezza adatte;vigilare sull'effettiva efficacia ed applicazione di tali misure di sicurezza.
^ Gli obblighi sanciti dal Testo Unico si applicano in tutte le aziende in cui sia presente almeno un dipendente. Vene fornita una definizione specifica di lavoratore, onde evitare fraintendimenti, la quale si applica a tutte le categorie di lavoratori o alle figure equiparabili, come:soci lavoratori di cooperativa o di società; tirocinanti;studenti impegnati nell'alternanza scuola-lavoro;partecipanti ai corsi di formazione professionale;volontari;lavoratori a progetto;lavoratori a chiamata;apprendisti.
*Gli adempimenti sono diversi e l'obbligo di metterli in atto ricade nella maggior parte dei casi sul Datore di lavoro, in quanto figura come maggiore responsabilità all'interno dell'impresa. Gli obblighi del datore di lavoro sono stabiliti all'articolo 18 del D.lgs 81/08, i principali sono: effettuare la valutazione dei rischi e redigere l'apposito documento;assicurare la presenza di un servizio di prevenzione e protezione efficace;nominare le principali figure partecipi della sicurezza;programmare e assicurare il servizio di sorveglianza sanitaria;provvedere alla fornitura dispositivi di protezione individuale e collettiva;provvedere alla formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza in base al loro ruolo e al loro grado di responsabilità. Le principali figure che hanno il dovere di contribuire a rendere efficace la sicurezza sul lavoro in azienda sono:Datore di lavoro;Dirigente per la sicurezza;Preposto per la sicurezza;Responsabile del servizio prevenzione e protezione;Addetto al servizio prevenzione e protezione;Medico Competente;Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza;Lavoratore;Addetti alle emergenze (lotta antincendio e primo soccorso).Si tratta di figure a cui il D.lgs 81 assegna compiti specifici proporzionati al loro grado di responsabilità e, soprattutto, al loro grado di formazione.I Corsi di formazione sulla sicurezza sul lavoro, i relativi aggiornamenti e, in alcuni casi, le sessioni di addestramento, sono obbligatori per tutti i soggetti a cui il D.Lgs 81 assegna un ruolo importante nell'organizzazione della sicurezza..Il contenuto, la durata e gli argomenti trattati variano in funzione del grado di responsabilità, dei compiti che quella figura deve svolgere e, soprattutto, variano in base al livello di rischio presente in azienda.I corsi devono tenersi in orario di lavoro e il loro costo non deve gravare sul lavoratore, ciò vuol dire che a pagarli deve essere il Datore di Lavoro. Ricordiamo che svolgere i corsi di formazione e aggiornamento in materia di sicurezza sul lavoro, oltre ad essere indispensabile al fine del mantenimento di tutelare la salute e l'integrità dei lavoratori, è un obbligo di legge ai sensi degli articoli 36 e 37 del D.lgs 81. Per trasgressioni, mancanze o inadempienze sono previste delle sanzioni in capo al datore di lavoro.
Le novità normative intervenute :
Il 22 ottobre 2021 è entrato in vigore il Decreto-Legge n. 146 sulle “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”. Al Capo III dell’articolo 13, il Decreto-Legge si sofferma sulle “Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. La novità più significativa riguarda l’inasprimento dei presupposti per l’adozione del provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale. Viene stabilito (in sostituzione dell’Art.14 del D.Lgs n.81/08,)che ora il provvedimento di sospensione è adottato:dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nel caso in cui, al momento dell’accesso ispettivo, almeno il 10% dei lavoratori presenti risulti occupato senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro;dai servizi ispettivi delle ASL o dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco, nell’ambito degli accertamenti di competenza, qualora siano riscontrate una o più violazioni gravi* in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, indicate dalla tabella di cui al nuovo allegato.* Sono considerate violazioni gravi, tra le altre:
Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) -Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione (PEE)-Mancata formazione ed addestramento-Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile (RSPP)-Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS)-Mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto -Mancanza di protezioni verso il vuoto-Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno -Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi-Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi-Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale)-Omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo.
Le differenze e novità principali rispetto alla normativa precedente sono: l’incremento della sanzione;l’assenza di margine di discrezionalità circa l’applicazione o meno del provvedimento di sospensione da parte degli organi di vigilanza (si noti l’utilizzo del verbo “adotta” al posto del precedente “possono adottare”);il dimezzamento della percentuale minima di lavoratori irregolari richiesta per l’applicazione della misura sanzionatoria (dal 20% passa al 10%);il divieto, per l’impresa destinataria, di contrarre con la Pubblica Amministrazione per tutto il periodo di sospensione; le condizioni per la revoca della sospensione, tra cui il pagamento di una sanzione aggiuntiva rispetto alla mera violazione, che può essere raddoppiata in caso di precedenti sospensioni; le modalità e i termini di ricorso contro la sospensione; le conseguenze per i datori di lavoro in caso di inottemperanza al provvedimento. Tra le novità : L’attribuzione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro delle stesse competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro spettanti ai servizi SPRESAL delle ASL –Servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro – con conseguente previsione di un incremento della relativa pianta organica. (Quindi l’INL non si occuperà più solo dei cantieri edili!)La definitiva messa a regime del SINP –Sistema Informativo Nazionale per la prevenzione..L’istituzione, con apposito decreto da emanarsi entro 180 giorni, di un Repertorio degli Organismi paritetici. La prossima Conferenza Stato-Regioni, che avverrà entro il prossimo 30 giugno, prevede l’entrata a regime dei nuovi obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L’intesa provvederà ad accorpare, rivisitare e modificare le indicazioni attuative già previste dai precedenti accordi (risalenti al 21 dicembre 2011).
Le prime indicazioni relative alle novità sono state introdotte con il Decreto Legge 146/2021 – che ha modificato l’articolo 37 del Decreto Legislativo 81/2008 – divulgate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) con la circolare 1/2022.
Per quanto riguarda il nuovo obbligo di formazione del Datore di lavoro, l’accordo determinerà: la durata, le modalità, i contenuti minimi e il corretto adempimento dell’obbligo di formazione.
Relativamente al Preposto invece, l’adeguatezza e la specificità della formazione terranno conto dei compiti introdotti nel nuovo articolo 19 del testo unico. Essi dovranno:
“Sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”. [Testo unico – Modificata lett. a]
“In caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”. [Testo unico – Aggiunta lett. f-bis]
La circolare chiarisce inoltre che, fino al nuovo accordo, i nuovi obblighi in capo a tali soggetti – comprese le modalità di adempimento richieste al preposto – relativi alla formazione interamente in presenza con cadenza almeno biennale, non possono costituire ipotesi di violazione di legge con applicazione delle relative sanzioni.
Dunque, fino alla sottoscrizione della nuova intesa, continueranno a valere le disposizioni del 2011. Differente, invece, è la situazione per quanto concerne l’obbligo di addestramento secondo la nuova formulazione dell’articolo 37, comma 5, del testo unico.
Alla previsione che l’addestramento debba essere impartito da persona esperta e sul luogo di lavoro, è stato specificato che esso consiste: nella prova pratica per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi anche di protezione individuale,nell’esercitazione applicata per le procedure di lavoro in sicurezza e che tali interventi «devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato».
Per le attività svolte successivamente al 21 dicembre 2021 (entrata in vigore del nuovo articolo 37 del testo unico), i contenuti dell’addestramento trovano immediata applicazione, con la conseguenza che la violazione relativa all’assenza della prova pratica e/o della esercitazione applicata è penalmente sanzionata con sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente (Art. 71, co. 7):arresto da tre a sei mesi-ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro
Può essere, invece, oggetto del provvedimento di disposizione (articolo 14 del decreto legislativo 124/2004) l’eventuale mancato tracciamento delle attività addestrative:
Provvedimento di sospensione per mancata formazione addestramento (D.Lgs.81/2008, allegato I, punto 3) – in relazione alla parte dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni – la cui revoca dipende dall’ottemperamento degli adempimenti di salute e sicurezza, con superamento della violazione e rimozione delle conseguenze pericolose.Pagamento di una sanzione amministrativa di euro 300 per ciascun lavoratore interessato dal mancato addestramento.
*Un recente caso di infortunio sul lavoro ha messo in luce l’evoluzione da un modello antinfortunistico “iperprotettivo” a un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra Datore di Lavoro, RSPP e lavoratore..
Il caso riguarda l’infortunio di un operaio che – mentre era intento al tornio – al fine di prelevare il pezzo dopo la tornitura, aveva infilato la mano destra, indossante un guanto, nella zona di lavoro della macchina quando ancora gli organi erano in movimento. Il dito mignolo aveva quindi riportato la frattura scomposta della falange del 5° dito della mano destra (guarita in 98 giorni con inabilità temporanea di 40 giorni).
La Sentenza 13 gennaio 2022, n. 836 – Corte di Cassazione Penale, sez. IV-La Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato Datore di Lavoro ed RSPP responsabili del reato di lesioni colpose, per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro.
La Cassazione penale ribalta però la sentenza di condanna, ribadendo che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto passando da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del Datore di Lavoro – quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori – ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, lavoratori compresi. In tema di infortuni sul lavoro dunque, il Datore di Lavoro che ha: effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività,fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza, adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia,non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Aprile 2022
COMUNE DI BOLOGNA ORDINE DEI MEDICI ISTITUTO RAMAZZINI TUTTEPERITALIA ANT NoituttiperBologna
Regione EmiliaRomagna CGIL BO EMILIA ROMAGNA Cisl BO EMILIA ROMAGNA UILBO EMILIA ROMAGNA
Aderisce
“ COMITATO SERVIZI TERRITORIALI alle persone,alle famiglie,Dipartimento Benessere integrale (Pontificia Accademia Mariana )
Prevenzione salute sicurezza sul lavoro
https://www.ilsussidiario.net/news/sicurezza-sul-lavoro-il-modello-collaborativo-da-sviluppare-in-italia/2329275/
Alessandra Servidori Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro : formazione prima di tutto
L’ondata di infortuni sul lavoro che sta tormentando l’Italia riporta all’attualità le fragilità del nostro ordinamento relativo a prevenzione salute e sicurezza e soprattutto l’irrisolta questione delle modifiche sistematiche al T. U. 81/2008 apportate recentemente dalla legge n.215/2021 il cd decreto fiscale che ha irrobustito severamente le sanzioni dopo l’alluvione di decreti legge , protocolli, linee guida accordi, ecc a carico delle aziende. Vero è che un sistema prevenzionistico non può reggere sulla sola forza deterrente della sanzione poiché è evidente che l’incremento delle pene non può svolgere questa funzione. Fondamentale invece è però dotare imprese e luoghi di lavoro di veri presidi di competenze e professionalità,oltre al tema dell’identificazione di specifici standard formativi e alla definizione di chiari percorsi di aggiornamento professionale costruendo nuove professionalità in grado di muoversi negli ambienti di lavoro in sintonia con le molteplici trasformazioni in atto. Per esempio a proposito di formazione che è fondamentale, esiste un modo semplice ed allo stesso tempo efficace per assolvere l'obbligo formativo previsto dal decreto 81 ed evitare scomode sanzioni. Un modo che permette ai datori di lavoro di tutelare la salute dei propri lavoratori formandoli a dovere su tutti i rischi presenti in azienda, risparmiando sui costi sia in termini di spazio, che di tempo, che di denaro. Stiamo parlando dei corsi di sicurezza online svolti tramite metodologie didattiche innovative in modalità e-learning o blended (e-learning + aula/videoconferenza). Queste modalità, oltre ad essere consigliate per il particolare periodo in cui ci troviamo, sono progettate per essere compatibili con le esigenze di Datori di Lavoro e Lavoratori, in quanto "portano" i percorsi formativi all'interno dei luoghi di lavoro, tramite un semplice dispositivo dotato di connessione ad internet (come PC, Tablet o Smartphone).I corsi di sicurezza in modalità e-learning sono validi ai sensi degli Accordi tra Stato e Regioni, a condizione che vengano erogati da soggetti autorizzati e in possesso dei requisiti professionali (titoli di studio, attestati o esperienza) e dei requisiti tecnici (piattaforme e-learning che permettono il tracciamento dell'attività formativa). Un recente caso di infortunio sul lavoro ha messo in luce l’evoluzione da un modello antinfortunistico “iperprotettivo” a un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra Datore di Lavoro, RSPP e lavoratore.Il caso riguarda l’infortunio di un operaio che – mentre era intento al tornio – al fine di prelevare il pezzo dopo la tornitura, aveva infilato la mano destra, indossante un guanto, nella zona di lavoro della macchina quando ancora gli organi erano in movimento. Il dito mignolo aveva quindi riportato la frattura scomposta della falange del 5° dito della mano destra (guarita in 98 giorni con inabilità temporanea di 40 giorni).La Sentenza 13 gennaio 2022, n. 836 – Corte di Cassazione Penale, sez. IV. La Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato Datore di Lavoro ed RSPP responsabili del reato di lesioni colpose, per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. La Cassazione penale ribalta però la sentenza di condanna, ribadendo che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto passando da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del Datore di Lavoro – quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori – ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, lavoratori compresi.In tema di infortuni sul lavoro dunque, il Datore di Lavoro che ha: effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività,fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza,adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia,non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore. Nella nuova versione della legge 215/2021 vi è l’obbligo non più di dirigenti e preposti bensì dello stesso datore di lavoro di adeguata e aggiornata formazione secondo un accordo elaborato entro il 30 giugno 2022 dalla conferenza Stato Regioni. Fondamentale poi una sentenza della Corte di Giustizia Ue del 10 febbraio 2022 che in materia di trattamento e opportunità devono essere previsti soluzioni ragionevoli da parte del datore di lavoro per lavoratrici e i lavoratori disabili , con opportuna formazione.
Servizi per la famiglia : ripristinare i vaucer
ALESSANDRA SERVIDORI SERVIZI PER LA FAMIGLIA E LA CASA : IN ITALIA BISOGNA RIPRISTINARE I VAUCER
https://www.ildiariodellavoro.it/servizi-per-la-famiglia-e-la-casa-in-italia-bisogna-ripristinare-i-vaucer/
La divisione Politica sociale della Direzione dell'occupazione, del lavoro e degli affari sociali dell'OCSE (ELS) ha prodotto un rapporto sullo sviluppo di politiche nel settore dei servizi per la casa non di cura, che fornisce una vasta gamma di servizi, come la pulizia, la cucina e il giardinaggio. Questo settore è diventato molto importante per aiutare le famiglie a combinare le loro carriere con il loro onere domestico e quindi aumentare il loro equilibrio tra lavoro e vita privata. Tuttavia, questi servizi sono spesso forniti "nell'ombra" su base informale, quindi le famiglie acquistano servizi da lavoratori non registrati per evadere tasse e contributi. Ciò rende il lavoro sostanzialmente più economico, mentre i lavoratori portano anche a casa più della loro retribuzione, anche se al costo di condizioni di lavoro e protezione sociale molto peggiori. Le famiglie devono anche affrontare una qualità del servizio inferiore, in quanto non vi è alcun servizio in caso di malattia e nessuna formazione dei lavoratori – oltre al rischio molto reale di affrontare multe. Si punta quindi a identificare quali politiche di "formalizzazione" funzionano meglio nel ridurre il lavoro ombra, migliorare le condizioni di lavoro e la qualità del servizio e aumentare il benessere generale della famiglia. Il rapporto presenta politiche di servizi alle famiglie non di assistenza in Belgio, Finlandia, Francia, Germania e Svezia. In questa prospettiva, le misure identificate come più comunemente utilizzate in tutti questi paesi, sono i crediti d'imposta che sono l'approccio più comune utilizzato . Riducono i prezzi offrendo diversi gradi di trattamento fiscale favorevole al consumatore di tali servizi, che possono essere molto sostanziali e ridurre il prezzo del servizio fino al 50%.Un altro approccio è l'uso di voucher sociali che possono essere scambiati per lavori di servizio. Possono essere acquistati a prezzo ridotto dalle famiglie, come in Belgio, o sono emessi dai datori di lavoro per aumentare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata dei dipendenti, come in Francia.La relazione evidenzia alcuni punti chiave per il successo di tali misure e l'aspetto più importante per il successo di tali misure è renderle facili da usare e convenienti. Ad esempio, i voucher sociali sono, per progettazione, molto semplici da usare. In Belgio, sovvenzionano fino al 70% del prezzo normale del servizio. Per i crediti d'imposta è importante non solo renderli disponibili attraverso la presentazione annuale delle tasse, ma applicarli proprio quando i servizi vengono acquistati, in modo che le famiglie non siano di tasca propria. Questo viene fatto in Svezia e da quest'anno anche in Francia.Un secondo fattore importante è incentivare gli accordi di lavoro che offrono le migliori condizioni di lavoro. Ad esempio, il credito d'imposta francese è disponibile per le famiglie che impiegano direttamente lavoratori dei servizi, ma questo accordo spesso comporta condizioni di salute e sicurezza inadeguate e nessun accesso alla contrattazione collettiva. La Svezia e il Belgio, d'altra parte, subordinano i loro approcci all'acquisto di servizi da organizzazioni di fornitori di servizi. Ciò ha portato a migliori condizioni di lavoro per i lavoratori dei servizi.Nel complesso, queste misure possono essere piuttosto costose per lo stato, ma possono essere efficaci nel ridurre l'informalità e migliorare l'equilibrio tra lavoro e vita privata delle famiglie, il tutto aumentando le entrate fiscali e riducendo la spesa per i sussidi di disoccupazione.In Italia i buoni lavoro che venivano utilizzati per retribuire i lavoratori occasionali, sono stati abrogati già da qualche anno e sono state introdotte nuove regole per i vaucer inps.Le prestazioni di lavoro occasionale ora sono gestite da inps attraverso nuove forme contrattuali ; il libretto di famiglia e il contratto di prestazione occasionale.Nel 2019, in media, l'1,3% della forza lavoro registrata nei paesi OCSE era impiegata come lavoratrice di servizi domestici non assistiti e molti altri si dedicano a lavori sommersi in questo settore. Questi lavoratori, la maggior parte dei quali sono donne, forniscono una varietà di servizi che supportano le famiglie nella loro vita quotidiana, come le pulizie, il bucato, il giardinaggio e la cucina. Con l'aumento dello stress temporale all'interno delle famiglie, questi servizi possono essere un importante contributo al benessere delle famiglie. Ciò è particolarmente importante per le donne, che trascorrono più del doppio del tempo al giorno in lavori domestici non retribuiti rispetto agli uomini. Nonostante la sua natura non retribuita, stime prudenti suggeriscono che le faccende domestiche non di cura contribuiscono al nostro benessere economico tanto quanto il valore aggiunto medio del settore manifatturiero nell'OCSE. costo del lavoro formale relativamente elevato per i lavoratori a basso reddito in molti paesi dell'OCSE ha contribuito allo sviluppo di un ampio settore informale dei servizi per la casa non di assistenza in molti paesi. I lavoratori non dichiarati generalmente non hanno accesso alle prestazioni sociali, a una sufficiente protezione della salute e della sicurezza e/o a una formazione correlata all'occupazione, il che lascia molti di loro in condizioni occupazionali, sociali e sanitarie vulnerabili. Per ridurre l'incidenza del lavoro informale, integrare i lavoratori vulnerabili nel mercato del lavoro e migliorare le opportunità di lavoro e di carriera per le donne altrimenti impegnate in lavori domestici non retribuiti, diversi paesi dell'OCSE hanno introdotto una serie di programmi per formalizzare l'occupazione e la produzione nel settore dei servizi domestici non di assistenza.
Questa guerra va combattuta contro il tiranno omicida seriale
Alessandra Servidori
Ho ascoltato ho letto ho guardato e guardo e sono sempre più convinta che non si può essere ambigui, obliqui : questa guerra va combattuto contro il tiranno omicida seriale e sono contro questa insolente maggioranza dei suoi sostenitori. Sono contro questi disfattisti dell’alleanza occidentale e continuo a sostenere la mia idea di riconciliazione che è fatta di perseveranza di continuare a fornire armi alla resistenza. Sono contro una Germania e un’Austria codina e i miei fratelli e sorelle italiane filo russe che giurano di volere bene agli orfani e alle vedove e poi cancellano coloro che gridano che non hanno cibo,rifornimenti,munizioni,sono trucidati e circondati dai barbari. Sono disgustata di una associazione filo sovietica come ANPI che è fatta di pochi reduci che rappresentano solo i loro antichi rancori e sono esterefatta dei giovani Dem che ospitano i filo russi nei loro incontri. Sono fiera di Biden che aiuta gli ucraini come ci aiutò in guerra nella riorganizzazione logistica con armi uomini e preziosissima intelligence e sono delusa dell’inerzia de quell’Europa che complice le elezioni in Francia non si è accorta che la guerra è in una nuova fase e che il nemico è già qui. Sono consapevole che Lagarde a capo della BCE deve agire enfatizzando sia il rischio al rialzo dell’inflazione sia quello al ribasso per la crescita applicando crediti più restrittivi nei prossimi mesi e ora del deprezzamento dell’euro contro il dollaro e il calo dei rendimenti delle obbligazioni di tutta la zona euro. E infine sono consapevole lucidamente consapevole che il Presidente Draghi , delinquenzialmente osteggiato da Conte e Salvini sta portando avanti con fatica il mandato richiestogli da Mattarella.Ma è stanco e dobbiamo solo pregare Dio che continui a non lasciarci in questo mare di politica devastante.
Ripristinare i vaucer si può si deve
startmag RIPRISTINARE I VAUCER SI PUO' SI DEVE
L’intervento di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente il Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio
Ripristinare i voucher significa rivitalizzare uno strumento di sostegno al reddito con il quale è possibile garantire opportunità di lavoro ad almeno 50mila giovani studenti, pensionati, cassintegrati, profughi e percettori di reddito di cittadinanza nelle attività stagionali in campagna.
I dati sulla disoccupazione diramati da Istat per gennaio 2022 segnalano un aumento della popolazione inattiva in età di lavoro e un aumento della disoccupazione della popolazione femminile: la crescita del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,6%, pari a +74mila unità) è frutto dell’aumento osservato tra le donne e tra chi ha meno di 50 anni. Il tasso di inattività sale al 35,0% (+0,2 punti).
Ovviamente preoccupa la situazione anche a fronte di manodopera richiesta da alcune categorie in particolare legate all’economia alimentare sopraffatta da crisi energetica e di approvvigionamento di materie prime.
Con l’arrivo nel nostro paese di profughi in gran parte donne e bambini che fuggono dalla guerra il governo si appresta ad organizzare l’assistenza, ma è evidente che la questione prevede un lungo e non breve periodo, dunque è necessario riflettere sulle opportunità di lavoro da offrire a questa popolazione, anche a fronte di una loro grande disponibilità a rendersi operativi.
In questo contesto il Governo valuti concretamente, come affermato anche da una categoria fortemente radicata sul territorio come Coldiretti, la reintroduzione del voucher “agricolo” strumento di sostegno al reddito con il quale è possibile garantire opportunità di lavoro ad almeno 50mila giovani studenti, pensionati, cassintegrati, profughi e percettori di reddito di cittadinanza nelle attività stagionali in campagna.
In una riunione operativa con la rappresentante Maria Cerabona come tavolo interistituzionale sulla prevenzione delle patologie professionali, si è convenuto che ora è fondamentale nell’ambito dell’allarme globale provocato dal coronavirus e l’attuale emergenza della guerra Ucraina l’emersione di una maggior consapevolezza sul valore strategico della filiera del cibo e delle necessarie garanzie di quantità, qualità e sicurezza, mettendone in evidenza tutte le fragilità sulle quali è necessario intervenire con misure di emergenza per salvare i raccolti.
Sicuramente l’Italia in questo momento non ha bisogno di posizioni ideologiche ma di scelte pragmatiche e i voucher in agricoltura servono subito per continuare a garantire le forniture alimentari di cui il Paese ha bisogno e non far marcire i raccolti nei campi ma anche per offrire un’occasione di integrazione del reddito alle tante persone con difficoltà occupazionali trasformando un problema in opportunità per il Paese.
In gioco ci sono le operazioni di raccolta primaverili ed estive, che vanno dalla frutta agli ortaggi, ma anche la vendemmia che tradizionalmente inizia in Italia ad agosto e continua in un percorso che prosegue a settembre e ottobre con la raccolta delle grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e che si conclude addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello. Un settore da primato del Made in Italy con l’Italia che è il primo produttore mondiale davanti alla Francia.
Ricordiamo che i voucher sono stati per la prima volta introdotti in Italia solo per la vendemmia il 19 agosto 2008, con circolare Inps, con l’obiettivo di ridurre burocrazia nei vigneti e dare una possibilità di integrazione del reddito a studenti e pensionati che sono andate perdute in seguito all’abrogazione dovuta ai casi di abuso favorito ad un eccessivo allargamento ad altri settori e che in realtà non hanno riguardato il settore agricolo.
Nel corso degli anni successivi l’agricoltura è stata l’unico settore che è rimasto praticamente “incatenato” all’originaria disciplina “sperimentale” con tutte le iniziali limitazioni (solo lavoro stagionale e solo pensionati, studenti e percettori di integrazioni al reddito) che gli altri settori non hanno mai più conosciuto fino all’abrogazione. Non è un caso che il numero di voucher impiegati in agricoltura sia praticamente rimasto stabile con circa 2 milioni di tagliandi venduti nell’anno prima dell’abrogazione del 2017. Più o meno gli stessi dei 5 anni precedenti, per un totale di 350mila giornate di lavoro che potrebbero aiutare molti italiani e italiane , non solo, in difficoltà per la mancanza di lavoro.
Per Laura Massaro giustizia è fatta.L'alienazione genitoriale è una grande violazione dei diritti
ALESSANDRA SERVIDORI Per Laura Massaro giustizia è fatta
Laura Massaro dopo 9 anni , vittima di violenza dell’ex compagno,, ha lottato con la giustizia per non farsi portare via il figlio come richiesto dall'ex compagno e oggi finalmente ha vinto. La sentenza in Cassazione ha accolto 'in toto' il ricorso presentato dalla madre 42 anni, romana, accusata di essere mamma alienante e per questo in lotta da anni, nelle aule di tribunale per evitare che le venisse portato via il figlio oggi dodicenne come richiesto dall'uomo da cui è separata da quando il bimbo era piccolissimo. I giudici hanno ora annullato la decisione di decadenza dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore e di trasferimento del bambino in casa-famiglia, ritenendo l'uso della forza in fase di esecuzione fuori dallo Stato di diritto. Secondo la Cassazione: l'alienazione parentale viene condannata e messa al bando, il superiore interesse del minore viene rimesso al centro anche rispetto al diritto alla bigenitorialità e viene detto che essi non sempre coincidono e che di fronte alla necessità per il bambino di ricostruire un rapporto con il padre bisogna sempre considerare il suo trauma nel distacco con l'unico affetto della mamma. Viene bandito l'uso della forza. In sostanza viene chiarito che se una bambina o un bambino esprime la volontà di stare con la madre si indaga e si mette al centro la sua volontà". la Cassazione ribadisce che "il richiamo alla sindrome d'alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre".La Suprema Corte, ha quindi cassato la decisione del tribunale che aveva disposto l'allontamento del bambino, la decadenza della responsabilità genitoriale e l'interruzione dei rapporti tra mamma e figlio "poiché ha inteso realizzare il diritto alla bigenitorialità rimuovendo la figura genitoriale della madre e ciò sulla base di apodittiche motivazioni che richiamano le consulenze tecniche, tutte volte all'accertamento dell'alienazione parentale, nonostante la stessa sia notoriamente un costrutto ascientifico".Nell'ordinanza si osserva che il diritto alla bigenitorialità, così come ogni decisione assunta per realizzarlo, non può rispondere a formula astratta "nell'assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita del minore, privato 'ex abrupto' del riferimento alla figura materna con la quale, nel caso concreto, come emerge inequivocabilmente dagli atti, ha sempre convissuto felicemente, coltivando serenamente i propri interessi di bambino, e frequentando proficuamente la scuola".La Cassazione, inoltre, ha ritenuto nullo il provvedimento dell'autorità giudiziaria di merito per non avere proceduto all'ascolto del minore. Quanto poi all'uso della forza per sottrarre il minore dal luogo ove risiede con la madre e collocarlo in una casa-famiglia, la Corte ha giudicato questa misura "non conforme ai principi dello Stato di diritto - riferisce Differenza Donna - in quanto prescinde del tutto dall'età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore".
La sfida di Marco Biagi di cui oggi c'è ancora più bisogno
LAVORO E POLITICA/ La sfida di Marco Biagi di cui oggi c’è ancora più bisogno
Pubblicazione: 16.03.2022 - Alessandra Servidori www.ilsussidiario.net
Sono 20 anni che Marco Biagi non è più con noi, ma le sue idee e proposte sul mercato del lavoro sono di un’attualità straordinaria
Sono 20 anni che il Prof. Marco Biagi non è più con noi. Ma ancora oggi, e ancora di più, i suoi lavori e le sue discipline di eccellente pragmatico studioso sono di un’attualità straordinaria incardinate nella realtà che viviamo nel mondo del lavoro al quale lui dedicò la sua opera e il suo sacrificio, che ancora oggi ci brucia sulla pelle, consumato dai brigatisti assassini perché lasciato solo dalle istituzioni per cui lavorava.
La ridefinizione di profili professionali interdisciplinari per far fronte alla richiesta di innovazione di un’economia massacrata dalla pandemia e dai ritardi di alcune riforme fondamentali di un mercato del lavoro ingessato, ci ricordano quello che lui ha proposto e scritto per “ciò che riguarda il profilo giuridico del mondo del lavoro e la conoscenza del dato legale che deve venire calata nella realtà economica e sociale in cui la regola è chiamata ad operare” (Diritto delle relazioni industriali, XII (2002), p. 3).
Per Marco Biagi “è buona regola, prima di formulare le proposte concrete e dettagliate di tipo legislativo, presentare in forma di studio, con opzioni aperte, un programma che possa raccogliere suggerimenti, contributi e consigli da parte dei vari interlocutori” (Biagi, Libro bianco sul mercato del lavoro, presentazione alla consulta dell’Ufficio delle politiche sociali e del lavoro, Roma 25 gennaio 2002). Oggi siamo di fronte a un’ennesima sfida di modernizzazione del mercato del lavoro che ha sempre guidato l’impegno del nostro Professore strappato alla vita da menti e proiettili di terroristi, belve furiose. La sfida del Governo di oggi è ancora quella di 20 anni fa: l’importanza della competenza, della mediazione e del pluralismo nel campo del diritto del lavoro, che nell’opera di Biagi non riguarda solo i contenuti, ma il metodo, l’approccio culturale, il superamento della concezione tolemaica della giurisprudenza del lavoro per metterlo in relazione con le trasformazioni dell’economia, dei mercati e dell’organizzazione del lavoro.
Marco Biagi rifiutava l’idea e la concezione di un diritto immutabile, ormai ibernato nell’ideologia, proteso a escludere e a ignorare quanto non fosse riconducibile ai soliti canoni. La vera differenza, infatti, sta nel fare o nel non fare, nell’innovare con responsabilità e coraggio o nel conservare con egoismo e ostinazione. Vent’anni dopo la sua opera rappresenta la verità e la sua legge è ancora il Faro delle possibili riforme (ancorché disattese) necessarie al mercato del lavoro, alle politiche attive, al nostro Paese.
Lo spunto costruttivo di Marco rappresenta sicuramente il punto alto della sua instancabile ricerca di ciò in cui credeva fermamente: l’esistenza, come scrive nel 2001, di “un percorso innovatore che andasse ben al di là delle appartenenze politiche”. Hanno ucciso l’uomo, ma le sue idee vivono ancora forti insieme a noi.
Venerdì 18 marzo, alle 17:30, l’autrice modererà l’incontro “Il riformismo per la dignità del lavoro” (Sala degli anziani di Palazzo d’Accursio a Bologna) dedicato a Marco Biagi. Intervengono Matteo Lepore, Giuliano Cazzola, Bruno Tabacci, Marco Bentivogli e Romano Prodi. Previsto il saluto di S.E. Card. Matteo Zuppi.
Attenzione lo smart working si modifica
Alessandra Servidori Attenzione lo smart working si modifica
Salvo proroghe dell’ultimo minuto dello stato di emergenza da COVID-19, il cui termine è attualmente fissato al 31 marzo 2022, le aziende che fino ad oggi hanno fatto ricorso al lavoro agile semplificato e che intendano mantenerlo come modello organizzativo strutturale, dal 1° aprile, dovranno predisporre accordi individuali con i lavoratori, secondo le modalità dettate dagli artt. da 18 a 23 della L. 81/2017 e dal Protocollo nazionale sul lavoro agile nel settore privato, che definisce le linee di indirizzo per favorirne la regolamentazione da parte della contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale.
La disciplina “ordinaria” dello smart working, infatti, prevede che l’accordo (a tempo determinato o indeterminato) sia redatto in forma scritta, ai fini della regolarità amministrativa e della prova. Quanto al contenuto, le parti dovranno concordare i giorni settimanali durante i quali il dipendente potrà lavorare al di fuori dei locali aziendali (può trattarsi di un giorno o di tutta la settimana lavorativa) e le modalità di svolgimento della prestazione, che potrà essere inquadrata senza precisi vincoli di orario – purché entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale – o di luogo di lavoro e organizzata per fasi, cicli e obiettivi.
Tramite l’accordo individuale trovano regolamentazione anche l’esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro, l’utilizzo degli strumenti di lavoro messi a disposizione del dipendente, nonché il tempo di riposo del lavoratore e le misure necessarie a garantirne il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni di lavoro.
Fino al prossimo 31 marzo, come anche chiarito da alcune FAQ pubblicate dal Ministero del Lavoro sul proprio sito istituzionale, il ricorso allo smart working resta semplificato (cfr. circolare del 2 gennaio 2022), ossia privo di accordo individuale con il lavoratore e con la possibilità per l’azienda di comunicare “massivamente”, tramite l’apposito applicativo informatico disponibile su Cliclavoro, i dati anagrafici dei lavoratori interessati, mediante l’invio di un unico file Excel; oltre ai nominativi dei lavoratori interessati, precisa il Ministero, occorre indicare anche la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile.
Si ricorda inoltre che, a seguito della conversione del DL n. 221/2021 con L. n. 11/2022, fino al 31 marzo 2022 i lavoratori fragili hanno diritto:
- a svolgere la prestazione lavorativa in smart working, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, così come definite dai contratti collettivi vigenti;
- a svolgere specifiche attività di formazione professionale, anche da remoto;
- se la prestazione non può svolgersi in modalità agile (sempre fino al 31 marzo), è prevista l’equiparazione del periodo di assenza dal servizio al ricovero ospedaliero.
Per ciò che concerne la gestione ordinaria dei lavoratori agili, giova ricordare che la decisione di optare per lo smart working è revocabile; le parti possono, infatti, recedere dall’accordo individuale e, quindi, tornare a rendere la propria prestazione “in presenza”, secondo le modalità tipiche del rapporto di lavoro subordinato.
In caso di accordo “a termine”, lo smart working cesserà alla scadenza indicata nell’accordo, mentre in caso di accordo a tempo indeterminato, il recesso è consentito rispettando un termine di preavviso di 30 giorni, elevato a 90 giorni nel caso in cui l’accordo venga stipulato con un lavoratore disabile, ex ART. 1 della L. n. 68/1999.
In presenza di un “giustificato motivo”, è invece possibile recedere liberamente:
- in caso di accordo a tempo determinato: senza il rispetto del termine prefissato;
- in caso di accordo a tempo indeterminato: senza il rispetto dei termini di preavviso.
In assenza di indicazioni normative, il recesso dall’accordo sul lavoro agile può essere esercitato sia in forma orale che scritta.
Tutti gli impatti del lavoro agile sulle donne www.startmagazin.it 8 marzo 2022
Alessandra Servidori
ALESSANDRA SERVIDORI
LA COMMISSIONE PER I DIRITTI DELLE DONNE E L'UGUAGLIANZA DI GENERE (FEMM) DEL PARLAMENTO EUROPEO ha realizzato uno studio in occasione della giornata dedicata alle donne SFIDE DEL LAVORO AGILE E SPECIFICO IMPATTO SULLA POPOLAZIONE FEMMINILE che ha illustrato il 3 marzo alla Camera e al Senato. Per l’8 marzo prossimo venturo ci auguriamo che il Parlamento esprima un suo parere e linee guida per ragionevolmente individuare le priorità del nostro paese. Un sintetico riassunto dello studio è il miglior modo per sostenere il nostro impegno.
Il lavoro da remoto è tradizionalmente considerato come un fattore di agevolazione dell'equilibrio tra lavoro e vita privata, essendo foriero di maggiore flessibilità oraria e spaziale e consentendo ai prestatori di lavoro la riduzione dei tempi dedicati allo spostamento ed una maggiore autonomia. A marzo 2020, con la prima ondata della pandemia da COVID-19 e la repentina introduzione di misure di isolamento sociale in funzione di tutela sanitaria, il numero dei lavoratori impegnati in attività di lavoro agile è aumentato in maniera esponenziale,ed ancora oggi a 2 anni dall’inizio continua ad essere una modalità molto usata dalle lavoratrici. Questa circostanza ha fatto emergere - in un contesto in cui la vita sociale era fortemente limitata - alcune sfide che il ricorso al lavoro agile comporta, descritte in dettaglio nel rapporto annuale sull'uguaglianza di genere nell'Unione europea per l'anno 2021 della Commissione europea. Lo svolgimento della prestazione lavorativa a distanza è stato infatti associato a specifici rischi psico-sociali, in relazione alle eventualità di maggiore intensità lavorativa, di orari più estesi di reperibilità, di incertezza dei confini tra vita professionale e familiare e di una sensazione di percepito isolamento4 . Possono quindi aver luogo forme di stress, depressione, esaurimento emotivo, burnout, ansia, ma anche difficoltà muscoloscheletriche, cefalea, stanchezza, disturbi del sonno o insonnia; sono stati anche segnalati nuovi fenomeni digitali quali il "presenteismo virtuale ", ovvero l'ansia di essere costantemente connessi con una disponibilità 24 ore su 24. Come evidenziato dal Parlamento europeo nella propria risoluzione del 21 gennaio 2021 (P9_TA(2021) 0021) sul diritto alla disconnessione tali effetti impongono ai datori di lavoro e ai sistemi di previdenza sociale un onere crescente e aumentano il rischio di violare il diritto dei lavoratori a condizioni di lavoro che rispettino la loro salute e sicurezza. Inoltre, dal punto di vista della progressione di carriera, si prospetta il rischio che il lavoratore diventi "invisibile" nella comunità di lavoro e che non abbia quindi accesso alle informazioni o a opportunità di promozione e formazione. Ancora maggiori sono risultate le sfide nel caso in cui le attività di lavoro agile abbiano avuto luogo contestualmente alla prestazione di assistenza non retribuita in un periodo caratterizzato dalla chiusura di scuole e di altre istituzioni di assistenza all'infanzia. In questo caso, l'impatto sulla popolazione femminile è stato particolarmente significativo. Il rapporto annuale sull'uguaglianza di genere nell'Unione europea per l'anno 2021 ha confermato come durante la pandemia le donne si siano fatte carico della gran parte dell'assistenza non retribuita e dei lavori domestici compreso il compito - del tutto nuovo - di supervisionare la didattica on-line. Il medesimo rapporto riporta alcuni dati, che suggeriscono come la crisi pandemica potrebbe avere accentuato il divario di genere preesistente: in media, durante la pandemia le donne dedicavano 62 ore settimanali alla cura dei bambini (contro le 36 ore degli uomini) e 23 ore settimanali ai lavori domestici (15 ore per gli uomini). Ancora, i sondaggi effettuati durante la pandemia hanno mostrato che il 29 per cento delle donne con bambini piccoli aveva difficoltà a concentrarsi sul lavoro a causa delle responsabilità familiari. Solo il 16 per cento degli uomini nella stessa situazione lamentava difficoltà analoghe. L'impatto è stato tale che alcuni osservatori temono che gli effetti della pandemia - e della crisi economica che ne è derivata - possano compromettere i progressi nell'uguaglianza di genere conseguiti negli ultimi decenni, tanto più che gli effetti della crisi sono stati più significativi nei settori che, tradizionalmente, impiegano un gran numero di forza lavoro femminile (salute, ospitalità, lavori domestici). La Commissione europea nel giugno 2021 ha pubblicato il Quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021- 2027: sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione (COM(2021) 323). Con specifico riferimento ai rischi del benessere psicosociale che possono derivare dal lavoro da remoto a tempo pieno, la Commissione ritiene necessario "un processo articolato in diverse fasi che implichi cambiamenti nell'ambiente di lavoro".
Oltre alla disponibilità di fondi europei dedicati (tra questi i fondi inerenti ai progetti Horizon, Magnet4Europe e Empower), si preannunciano le seguenti, principali iniziative specifiche: - l'aggiornamento, entro il 2023, del quadro legislativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro relativo alla digitalizzazione, con la revisione della direttiva relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro (direttiva 89/654/CEE del Consiglio) e della direttiva sulle attrezzature munite di videoterminali (direttiva 90/270/CEE del Consiglio); - l'avvio (anni 2023-2025), da parte dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, della campagna "Ambienti di lavoro sani e sicuri" per un futuro digitale sicuro e sano, che affronti specificamente i rischi psicosociali ed ergonomici; - la predisposizione, entro la fine del 2022, di un'iniziativa non legislativa in materia di salute mentale sul luogo di lavoro, la quale rechi orientamenti per le azioni in materia; - un seguito adeguato alla risoluzione del Parlamento europeo sul diritto alla disconnessione (sulla quale si veda oltre). Oltre ad esortare gli Stati membri ad aggiornare le legislazioni nazionali, a raccogliere dati e a monitorare la situazione, la Commissione europea ha anche invitato le parti sociali ad aggiornare, entro il 2023, gli accordi esistenti per affrontare le nuove questioni e a trovare soluzioni concordate per fare fronte alle sfide poste dal telelavoro. Anche il Parlamento europeo ha presentato proposte specifiche in due diverse risoluzioni, entrambe approvate il 21 gennaio 2021. Nella risoluzione sulla strategia dell'UE per la parità di genere ha rivolto tra l'altro: 18 1) l'invito alla Commissione europea a proporre un Care deal (patto di assistenza) per l'Europa, con l'adozione di un approccio globale nei confronti di tutte le esigenze e tutti i servizi di assistenza e la definizione di norme minime e orientamenti per la qualità dell'assistenza durante l'intero ciclo di vita, anche con riferimento ai bambini, agli anziani e alle persone con esigenze a lungo termine (par. 40); 2) l'esortazione agli Stati membri a recepire e attuare rapidamente e pienamente la direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare, anche con l'invito ad andare oltre le norme minime della direttiva stessa (par. 40); 3) la richiesta della predisposizione di servizi di assistenza all'infanzia e di assistenza a lungo termine, di qualità e a prezzi accessibili, che consentano - in particolare nel caso delle donne - il rientro al lavoro e che agevolino un buon equilibrio fra attività professionale e vita familiare (par. 41); 4) l'introduzione da parte degli Stati membri, per un breve periodo prestabilito, di crediti di assistenza, allo scopo di compensare le interruzioni di carriera per motivi di assistenza ai familiari, con il computo equo di tali crediti ai fini dei diritti pensionistici (par. 43); 5) la necessità di stimolare in modo significativo gli investimenti nei servizi, in particolare nell'assistenza sanitaria, nell'istruzione e nei servizi di trasporto, per far fronte alle esigenze della popolazione e contribuire all'indipendenza, all'uguaglianza e all'emancipazione delle donne (par. 51). Nella risoluzione sul diritto alla disconnessione il Parlamento europeo ha sostenuto il diritto dei lavoratori di non svolgere al di fuori dell'orario di lavoro mansioni o comunicazioni lavorative per mezzo di strumenti digitali (telefonate, e-mail o altri messaggi). La risoluzione ha invitato la Commissione a predisporre un quadro legislativo al fine di stabilire requisiti minimi sul lavoro a distanza in tutta l'Unione e di garantire "che il telelavoro non pregiudichi le condizioni di impiego dei telelavoratori" (punto n. 14). In quest'ottica, la risoluzione contiene in allegato una proposta articolata di direttiva, che il PE chiede alla Commissione europea di fare propria; la proposta introduce "prescrizioni minime che permettano ai lavoratori di utilizzare strumenti digitali (...) e di esercitare il diritto alla disconnessione e che garantiscano il rispetto del diritto dei lavoratori alla disconnessione da parte dei datori di lavoro" (art. 1). Ciò comporta anche che i datori di lavoro istituiscano un sistema "oggettivo, affidabile e accessibile" per la misurazione della durata dell'orario di lavoro giornaliero, pur nel rispetto del diritto alla vita privata e alla tutela dei dati personali (articolo 3). La proposta contiene tra l'altro norme di tutela contro trattamenti sfavorevoli (articolo 5) e assicura il diritto di ricorso (articolo 6). Merita, inoltre, menzione il parere del Comitato economico e sociale europeo (CESE) del 21 marzo 2021 sul tema "Telelavoro e parità di genere". Nel testo si rileva che il lavoro agile, se non supportato da un'adeguata analisi di genere, rischia di costituire non una forma di superamento delle disparità di genere esistenti, ma di inasprimento delle stesse (par. 1.3). Mettendo in luce il ruolo importante che le parti sociali possono svolgere nel promuovere il lavoro agile in una forma che contribuisca alla parità (par. 1.5), il CESE ha poi individuato alcuni prerequisiti fondamentali per un telelavoro neutro dal punto di vista del genere. Tra questi si citano: 1) l'accessibilità delle tecnologie e delle strutture e l'acquisizione di competenze e formazione digitali; 2) la disponibilità e l'accessibilità, anche economica, di infrastrutture e servizi di assistenza per bambini, persone con esigenze particolari e anziani, tramite un "care deal" per l'Europa che garantisca la prestazione di servizi di migliore qualità per tutti durante l'intero arco della vita; 3) l'attenzione a donne appartenenti a categorie sociali vulnerabili (disabili, genitrici sole, anziane, migranti, rom) o vittime di violenza; Il CESE sottolinea infine l'importanza di esaminare impatto e prerequisiti del lavoro agile in condizioni in cui la pandemia non sia l'aspetto dominante (par. 5.8). Si segnala, infine, che è stata oggetto di dibattito l'opportunità di integrare il piano di ripresa post-pandemico - adottato con il programma "Next Generation EU" - con la promozione delle attività di sostegno al settore dell'assistenza e, in generale, di quelle rilevanti ai fini dell'uguaglianza di genere . Il suddetto programma, infatti, non contempla - a differenza di quanto previsto per gli investimenti nei settori verde e digitale - una specifica quantità di risorse da destinare alle attività di assistenza all'interno dei Piani nazionali di ripresa e resilienza.
Un 8 marzo sotto tono anzi sotto le macerie
Alessandra ServidoriI NUMERI/ La difficile festa della donna nel lavoro
Pubblicazione: 07.03.2022 - Alessandra Servidori
I dati sul mercato del lavoro diffusi recentemente dall’Istat non sono purtroppo incoraggianti riguardo l’occupazione delle donne.
Un 8 marzo molto sotto tono : niente feste ma nessuna rassegnazione
L’altalena dei numeri sparati da istat sono avvilenti ma non ci rassegniamo .Le donne occupate sono 9 milioni 650mila cioè il 50,5%, e altrettante quelle senza un lavoro, gli uomini 13,1 milioni vale a dire il 67,6%. A trainare la tiepida ripresa occupazionale italiana sono i contratti a termine anche e soprattutto per le donne e i lavoratori più giovani, mentre a bilanciare in negativo ci sono gli autonomi e gli ultracinquantenni che perdono posizioni. Il tasso di disoccupazione scende di un soffio al 9% (-0,1%) e in maniera più consistente tra i giovani, attestandosi al 26,8% (-0,7%). Anche la sostanziale stabilità del numero di inattivi è frutto della crescita osservata per uomini e ultra 50enni e della diminuzione tra donne e persone con meno di 50 anni di età. Il tasso di occupazione complessivo è stabile al 59%, tornato ai livelli pre-Covid, quello di disoccupazione è inferiore di 0,6 punti rispetto ai livelli pre-Covid ma quello di inattività è salito dal 34,6% al 35,1%. Bisogna capire se l'occupazione temporanea di donne e giovani si stabilizzerà nel prossimo futuro, quando verrà meno l'incertezza legata alla pandemia che ancora ci attanaglia. Quindi bisogna tenere l’attenzione sulle lavoratrici e i lavoratori a tempo che hanno bisogno di stabilizzazione o di politiche attive, per garantire a tutti diritti, tutele, formazione e la perdita di 320mila occupati tra gli e le indipendenti rappresenta un danno all’economia e alla ripresa e la tiepida ripresina dimostra che l’aumento dell’occupazione è insufficiente, e che la precarietà è la scelta quasi assoluta delle imprese. Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (Inapp), ci dice che, nel flusso delle nuove assunzioni, quelle a tempo indeterminato per gli uomini sono il 18%, mentre quelle a tempo indeterminato per le donne sono solo il 14,5%; e che a sud è più difficile per le donne ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Cresce anche il numero di donne assunte con contratto a tempo parziale, e – poiché sappiamo che si tratta in buona parte dei casi di part-time involontario – questa non è una buona notizia. Una parziale risposta al divario di genere può venire dal disegno di legge fiscale , che reca una misura di equità per le donne. Come è noto il cumulo dei redditi familiari previsto nel nostro ordinamento disincentiva l’occupazione femminile, che di regola costituisce la fonte del secondo reddito familiare. Agendo sul cuneo fiscale, con una riduzione dell’aliquota per il secondo percettore, la norma contenuta nel ddl in discussione in Parlamento delinea un sistema di detassazione selettiva sostanzialmente mirata a incentivare l'offerta di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro dei giovani e dei secondi percettori di reddito, cioè principalmente delle donne. Intanto però l’assegno universale che dovrebbe essere erogato a fine marzo e di cui abbiamo ampiamente scritto ha bloccato le detrazioni previste dalla precedente normativa. Ci chiediamo se abbiamo motivo di attenderci una buona risposta positiva dell’offerta di lavoro femminile alla riduzione dell’Irpef ma siamo anche consapevoli che senza politiche attive concrete verso le donne, solo i fatti possono confermare queste attese. I fatti concreti appunto . Il 18 novembre scorso è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 162 che introduce modifiche in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, rispondendo a valori sanciti e perseguiti a livello europeo. Sono due le finalità principali: migliorare la trasparenza retributiva e incentivare le imprese al perseguimento della parità di genere attraverso l’istituzione di una certificazione che apre la via ad alcune forme di premialità. La trasparenza retributiva, e di tutti i meccanismi sottostanti (es.: criteri di selezione nelle assunzioni, nella formazione e nelle progressioni di carriera) può certamente aiutare ad individuare e perseguire situazioni di discriminazione,ma prima di tutto servirà alle imprese assistenza tecnica perchè va ricordato che la parità di genere nel lavoro non può essere ottenuta da una singola misura rivolta alle imprese (con oltre 50 dipendenti), ma richiede una combinazione di azioni in grado di incidere sulle possibili discriminazioni basate sul sesso che si manifestano attraverso l’operare del mercato del lavoro. Queste dipendono da fattori difficilmente aggredibili a livello di singola impresa e richiedono quindi interventi di sistema e responsabilità operativa di tutta la comunità.
I disabili in questa guerra sono ancora più fragili : andiamo avanti con le iniziative
Alessandra Servidori DARE FORMA E SOSTANZA ALLE INIZIATIVE IN EUROPA SULLA DISABILITA’ ancora di più oggi con la guerra in corso
L'European Social Network (ESN) di cui TutteperItalia è componente ha recentemente aderito alla European Disability Platform, per rappresentare la voce dei servizi sociali pubblici locali. La prima riunione del 2022 si è concentrata sulle azioni politiche in materia di disabilità della prossima presidenza ceca dell'UE nella seconda metà dell'anno, sul sostegno finanziario dell'UE ai servizi basati sulla comunità e sull'iniziativa della carta di disabilità dell'UE. La piattaforma sulla disabilità riunisce la Commissione europea, gli Stati membri dell'UE e le organizzazioni della società civile per facilitare l'attuazione di politiche sulla disabilità come la strategia dell'UE sui diritti dei disabili. In tale contesto, il governo ceco ha delineato le sue iniziative nel quadro della sua prossima presidenza dell'Unione europea, tra cui una conferenza sulla garanzia europea per l'infanzia per misurare il modo in cui viene affrontata la povertà infantile e una conferenza sul sostegno all'integrazione delle persone con disabilità nel mercato del lavoro. Sulla base della sua esperienza in materia di inclusione attiva e sostegno all'infanzia, ESN mira a contribuire attivamente a entrambi gli eventi.Attraverso la sua partecipazione alla piattaforma, ESN monitorerà e promuoverà le politiche dell'UE a sostegno dei servizi basati sulla comunità. In questa materia, la Commissione europea ha presentato come i diritti dei disabili e l'assistenza basata sulla comunità sono semplificati nei finanziamenti dell'UE. Ad esempio, i governi nazionali che attuano il Fondo sociale europeo+ dovrebbero includere misure per il passaggio dall'assistenza istituzionale a quella comunitaria nei loro programmi nazionali per l'inclusione sociale e la riduzione della povertà. La fornitura di servizi comunitari e familiari e le capacità umane incentrate sullo sviluppo di servizi sociali basati sulla comunità dovrebbero essere prioritarie (sostenute dal FSE+), prima degli sviluppi infrastrutturali sostenuti dal Fondo europeo di sviluppo regionale.La Commissione ha ricordato ai partecipanti il principio di partenariato che impone alle autorità di gestione di coinvolgere gli organismi pertinenti della società civile, come le organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità, nell'elaborazione dei programmi di finanziamento dell'UE. ESN promuove il principio di partenariato e ha anche recentemente aderito alla Comunità europea di pratica sul partenariato (ECoPP) per contribuire allo scambio delle migliori pratiche da parte delle autorità nazionali e regionali coinvolte nei finanziamenti dell'UE per l'inclusione sociale.La Commissione ha inoltre presentato i progressi compiuti nello sviluppo di una carta europea di disabilità da utilizzare in tutta l'UE entro la fine del 2023. Attualmente i governi nazionali non riconoscono reciprocamente le carte di invalidità, portando a difficoltà quando le persone con disabilità viaggiano in tutta l'UE.Infine, quest'anno la Commissione creerà il centro risorse Dell'UE accessibile, riunendo le autorità nazionali responsabili dell'attuazione delle norme in materia di accessibilità con esperti e professionisti di tutti i settori dell'accessibilità, offrendo la possibilità di condividere le buone pratiche in tutti i settori. Il centro sarà aperto ad autorità, associazioni, università, aziende e organizzazioni della società civile che promuovono l'accessibilità.ESN spera che la piattaforma sulla disabilità diventi un ulteriore canale di impegno con l'UE e i governi nazionali per modellare le politiche sulla disabilità, in particolare quando si tratta dello sviluppo di servizi di assistenza e supporto nella comunità. In collegamento con organizzazioni come ESN, la piattaforma dovrebbe svolgere un ruolo chiave nella valutazione dell'uso dei fondi dell'UE per lo sviluppo di programmi di inclusione sociale per le persone con disabilità nella comunità.
La Guerra in Russia : l'imperialismo che dobbiamo conoscere
Alessandra Servidori
L’Italia è uno dei Paesi europei meno favorevoli ( dichiarazione di Draghi) all’imposizione di sanzioni dure contro la Russia. Abbiamo in Russia settori, aziende e istituti di credito molto presenti .
L’Italia è uno dei paesi dell’Unione europea maggiormente legato economicamente alla Russia e pertanto approva sanzioni limitate in risposta alle mosse di Vladimir Putin. Questa posizione ha tre spiegazioni: la volontà di proteggere gli importanti rapporti economici; la dipendenza dalle forniture di gas russo per il soddisfacimento del fabbisogno energetico; una certa attenzione storica politico-culturale, sia a destra che a sinistra, per la Russia e/o per Putin.L’Italia è molto dipendente dalle importazioni di gas russo, che rappresenta il 43 per cento degli acquisti dall’estero (dati 2020). Seguono a distanza quello algerino (circa 23 per cento), quello norvegese (11 per cento) e quello del Gatar (10 per cento).Il nostro, inoltre, è uno dei paesi europei più vulnerabili a un’interruzione delle forniture russe: sia per i volumi importati, sia perché è molto legato alle condotte russe che passano per l’Ucraina, ovvero quelle che più probabilmente verrebbero interrotte in caso di guerra. L’Italia condivide quest’ultima vulnerabilità con l’Austria, che infatti rientra nel blocco degli stati europei meno inclini alla durezza sanzionatoria verso Mosca.Le sanzioni sono rivolte verso tutti i membri della Duma di stato (la camera bassa del parlamento russo) che hanno votato a favore del riconoscimento dei territori separatisti, verso ventisette individui o entità che minacciano direttamente l’integrità territoriale ucraina e verso le banche che finanziano i ribelli del Donbass (la regione dell’Ucraina orientale dove si trovano le repubbliche in questione).Il Ministero dell’Economia attraverso l’agenzia Sace controlla gli investimenti esteri e la Russia è il quattordicesimo mercato di destinazione per le esportazioni italiane, nel 2021 l’export italiano in Russia è valso 8 miliardi di euro, leggermente superiore ai valori del 2019 e nettamente rispetto a quelli del 2020 (7,1 miliardi). Le previsioni al 2024 indicano un incremento progressivo su base annua, da 8,8 miliardi nel 2023 a 9,1 nel 2024.Nel 2020, a fronte di esportazioni per 7,1 miliardi, le importazioni italiane dalla Russia sono valse 9,1 miliardi. Sace possiede un portafoglio di attività in Russia dal valore di circa 3,2 miliardi di euro e i resoconti fissano la quota di mercato dell’export italiano in Russia al 4,4 per cento. Si tratta di un valore superiore a quelli di Francia (3,5 per cento) e Spagna (1,3 per cento), ma inferiore a quello della Germania (10,2 per cento). L’Italia esporta in Russia principalmente macchinari, abbigliamento, apparecchi elettronici e prodotti chimico-farmaceutici. Vi importa, invece, soprattutto prodotti minerari, petroliferi e metallurgici. La bilancia commerciale pende nettamente dalla parte della Russia .Secondo la valutazione della Sace, il rischio politico in Russia è medio (52/100). Ma il rischio di guerra e disordini civili è considerato più alto (61/100), così come quello di credito (61/100) e di mancato pagamento dalla controparte bancaria (68/100) e corporate (74/100).I settori più sofferenti sono il calzaturiero e l’abbigliamento , molte società energetiche, industriali, e reti bancarie.
La genitorialità condivisa NON è condivisa
Alessandra Servidori La genitorialità condivisa non è condivisa https://www.ilsussidiario.net/news/genitorialita-condivisa-il-grande-assente-nella-riforma-della-giustizia/2294488/
La riforma della giustizia italiana all’attenzione di questi giorni sia per il ddl Cartabia approvato dal CDM sia per l’esito dei referendum sottoposti alla Suprema Corte tralascia colpevolmente una legge che a giudizio di maggioranza e opposizione ,va assolutamente modificata”.E’la 54/2006 che disciplina il principio ‘per cui entrambi i genitori hanno il diritto e il dovere a provvedere all’educazione, l’istruzione e il mantenimento dei figli, anche al di fuori del matrimonio’. Ma ‘al IV comma del articolo 337ter c.c. (nuovo articolo 155 c.c., ) e’ indicato che per provvedere ai bisogni dei figli, ciascun genitore fornisce quello che gli serve in proporzione delle risorse e l’assegno viene disposto soltanto ove sia necessario, per rispettare le proporzioni tra redditi e oneri. Tutti i tribunali hanno adottato un protocollo firmato dalla I sezione civile del Lazio e nel provvedimento del giudice, ‘sui compiti di cura previsti dalla legge, non viene indicato alcunche’, quindi spesso a causa di liti tra genitori ,il problema si scarica sui minori a cui viene a mancare il diritto al mantenimento. Contemporaneamente il minore non viene neanche ascoltato tradendo la legge che indicava, ad esempio, che il giudice disponesse l’ascolto del minore’, poiché successivamente nel 2013 con il decreto legislativo 154/2013 al Governo, con delega del Parlamento, e’ stato chiesto di prendere delle decisioni solo circa ‘l’equiparazione della filiazione naturale a quella legittima, e in questo caso il Governo ha incaricato addirittura il potere giudiziario’poiché è’ stato aggiunto: salvo che il magistrato ‘non lo ritenga contrario all’interesse del minore o manifestatamente superfluo’. Cosi’, a tradurre il linguaggio giuridico, tutti i frequenti mancati ascolti dei bambini in caso di affido diventano legittimi. Dove prima era obbligatorio ascoltare il minore’, adesso non lo e’ piu’. ‘La bigenitorialita’ non e’ un principio astratto, ma un valore posto dell’interesse del minore che deve essere adeguato ai tempi e al benessere del bambino’. Il rifiuto di un bambino di frequentare un genitore, ‘non e’ certamente un fatto fisiologico, denuncia un malessere che puo’ avere diverse origini’.La legge inoltre indica ‘una volonta’ di rendere realmente pari la condizione della donna anche all’interno della famiglia. Per quanto riguarda i Servizi Sociali, si deve porre attenzione alla genitorialità nel suo complesso e alle situazioni di separazione/divorzio, anche se in ritardo rispetto all'Europa e al resto del mondo. L'Italia ha un concetto di famiglia che risolve i problemi al suo interno e non richiede l'aiuto del sociale e fino a poco tempo fa si poteva contare su una serie di aiuti da parte della famiglia allargata , che adesso non esiste più e il sociale deve attivarsi per sostenerla ma in modo efficiente e corretto, posto che negli ultimi periodi si sono verificati degli abusi poi perseguiti giudizialmente di alcuni servizi ,e vero è che nelle politiche familiari non vengono individuati interventi specifici relativi ai genitori separati, a livello nazionale. Nel momento in cui è scardinato il principio regolatore dell’affidamento condiviso,ossia il riconoscimento paritetico dei diritti e dei doveri di entrambi i genitori nell’educazione e crescita dei figli la discriminazione tra genitore collocatario e non collocatario reintroduce quelle differenze che, soprattutto inizialmente, rendono più appetibile il primo ruolo rispetto al secondo,preferendo la soluzione del contenzioso a quello della mediazione. La società civile manifesta da lungo tempo un disagio crescente e insostenibile, senza riscontri significativi da parte delle istituzioni e dopo aver depositato numerosi disegni di legge per la riforma della legge 54/2006 tradita.