Editoriali
Nuovi diritti per le lavoratrici e lavoratori affetti da patologie oncologiche e gravi
Alessandra Servidori https://www.ildiariodellavoro.it/il-luogo-di-lavoro-come-comunita-di-tutela-per-le-persone-affette-da-patologia-oncologica/
Si sussegono ripetutamente sentenze del tribunale del lavoro contro datori di lavoro che, esaurito il periodo di comporto per motivi di malattia oncologica invalidante ingravescente licenziano la lavoratrice /lavoratore, senza applicare la norma che prevede di poter adottare secondo il CC 2087 e il dl 81/2008 provvedimenti ragionevoli e adibire il dipendente- peraltro non avvertito dello scadere del periodo di comporto- a mansioni non compatibili con il suo ridotto stato di salute e dunque incorrendo in grave discriminazione. La normativa che riguarda il trattamento del dipendente affetto da patologia grave è soggetta a molteplici interventi differenziati ma è bene ricordare che un terzo dei malati di cancro è in età lavorativa: nel 2022 oltre un milione e quatrocentomila lavoratori. Indagini sui costi sociali ed economici del cancro per i malati ed i caregiver hanno mostrato che il 70% dei malati ha difficoltà finanziarie e che per il 30% di loro la malattia ha influito negativamente sul lavoro fino a causarne, per alcuni, la perdita. I pazienti (e i caregiver) più penalizzati sono i lavoratori autonomi ed è ragionevole nella situazione attuale in cui si stanno ridefinendo le politiche integrate socio sanitarie che i diritti costituzionali alla salute ed al lavoro siano garantiti senza discriminazioni di genere o di tipologia di lavoro (subordinato o autonomo, pubblico o privato).Nella Missione 5 del PNRR sono stanziati 20 miliardi di euro per le politiche per il lavoro e in questo contesto vi sono riferimenti all’inserimento lavorativo di persone con disabilità. Supportare il malato oncologico che lavora è un investimento anche per la sostenibilità del sistema di welfare.La Commissione Lavoro della Camera ha avuto in esame cinque disegni di legge su “Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche”.È necessario che le misure di sostegno del “lavoratore oncologico”, finora previste esclusivamente per i dipendenti (permessi e congedi retribuiti, contributi figurativi, smart working e telelavoro, accomodamenti ragionevoli), siano estese in modo omogeneo a sostegno dei lavoratori autonomi e liberi professionisti, la cui tutela è ancora inadeguata.I ddl portano le firme di Gatta –Rizzetto-Locatelli – Seracchiani –Comaroli,Cattoi,Giaccone - che avevano trovato un accordo di massima sull’Atto Camera 2098. A parere di chi scrive comunque e per agevolare il lavoro si suggerisce di attenzionare : una parificazione normativa per tutti i dipendenti del lavoro pubblico e privato e possibilmente anche autonomo; tutelare i lavoratori dipendenti pubblici e privati affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche affinché conservino il posto di lavoro per tutto il periodo necessario alle cure o ai trattamenti che comportano condizioni psicofisiche non compatibili con l’attività lavorativa e, comunque, per un periodo non superiore a ventiquattro mesi dalla certificazione medica specialistica, salvo, ovviamente, che i CCNL di categoria non prevedano norme di maggiore favore. Tale congedo deve essere compatibile con la concorrente fruizione di altri eventuali benefìci economici o giuridici e la sua fruizione decorre dall’esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata e certificata, a qualunque titolo riconosciuti al dipendente, quali i periodi di congedo già oggi riconosciuti dalla contrattazione collettiva o da norme di legge in via generale per i casi di malattia; nei casi di malattie oncologiche, invalidanti e croniche che richiedono visite, esami strumentali e cure mediche frequenti, si propone di estendere a lavoratrici e lavoratori pubblici e privati le diciotto ore di permesso attualmente previste da CCNL a tali fini, ritenendo che queste attività facciano parte del percorso terapeutico del paziente; ai lavoratori /trici affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, decorso il termine di congedo riconosciuto ai sensi della proposta di legge in esame, è concesso l’accesso prioritario alla modalità di lavoro agile, ove possibile, ai sensi della legge n. 81 del 2017. Con riferimento al lavoro autonomo, si prevede, al ricorrere delle suddette malattie, la possibilità per il lavoratore di sospendere l’esecuzione della prestazione dell’attività svolta in via continuativa per il committente per un periodo fino a trecento giorni per anno solare. Questo è un elemento di innovazione perché la legge n. 81 del 2017, all’articolo 14, comma 1, prevedeva centocinquanta giorni; per i lavoratori autonomi, prevedere la corresponsione di un indennizzo per un congruo periodo, superiore a quello attualmente previsto;Agli oneri di queste nuove norme si provvede mediante corrispondente Fondo del Bilancio dello Stato per gli anni 2025/2026 e autorizzando il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio ;successivamente con adeguato monitoraggio con i Fondi del Piano nazionale Oncologico ( decreto Milleproroghe Ministero Salute gennaio 2023) . Con apposita Convenzione Inail e Istituti di cura e ricerca promossa dal Ministero del Lavoro e politica sociale. Peraltro il Piano europeo di lotta contro il cancro: “Migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti”, presentato a febbraio 2021, al cap. 6 chiede azioni concrete tese a migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti anche in considerazione dell’allungamento della sopravvivenza. E’ stato adottato in Italia il 26 gennaio 2023 con Intesa in Conferenza Stato-Regioni il Piano Nazionale Oncologico che pone l’attenzione sulla centralità del malato e sulla riduzione o eliminazione delle disuguaglianze nell’accesso agli interventi di prevenzione e cura. Individua obiettivi e linee strategiche in coerenza con il Piano europeo contro il cancro e recepito con provvedimenti propri dalle Regioni e dalle Province autonome che adotteranno le soluzioni organizzative più idonee in relazione alle esigenze della propria programmazione. Per quanto riguarda la prevenzione primaria, nel documento, secondo quanto previsto anche dal Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, viene dato ampio spazio al consolidamento delle azioni per favorire stili di vita salutari nei contesti di vita, partendo dall’ambiente scolastico fino ai luoghi di lavoro. Viene posta particolare attenzione al contrasto al tabagismo e al consumo dannoso e rischioso di alcol, nonché alla promozione dell’attività fisica e della sana alimentazione.Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, nel Piano oncologico si prevede il potenziamento dei programmi organizzati di screening, anche avvalendosi delle nuove Case di Comunità previste dal PNRR e normate col DM 77. Tra gli obiettivi c’è quello di allargare le fasce d’età per gli screening e quello di identificare precocemente i soggetti a rischio eredo familiare, anche attraverso specifici PDTA.A fianco delle attività di promozione della salute e prevenzione, nel Piano oncologico viene, inoltre, favorita un’assistenza sempre più domiciliare e integrata con l’ospedale e i servizi territoriali, attraverso la razionalizzazione dei processi di presa in carico e la definizione dei relativi aspetti operativi, consentendo di erogare servizi anche a distanza mediante team multiprofessionali. Ampio spazio è, infatti, dedicato al percorso del malato oncologico con particolare attenzione all’integrazione del percorso diagnostico-terapeutico, alla continuità assistenziale sul territorio, alle reti oncologiche e alla rete nazionale dei tumori rari (tumori rari solidi dell’adulto, tumori onco-ematologici, tumori pediatrici) al fine di potenziare l’assistenza per chi è affetto da forme rare di tumore e per i pazienti fragili; alla riabilitazione per i malati oncologici, alle cure palliative, allo sviluppo e implementazione della psico-oncologia, al ruolo del supporto nutrizionale, al follow up e alla qualità della vita e reinserimento sociale dei malati e dei lungo viventi oncologici e dei guariti dal cancro. Contemporaneamente il coordinamento interistituzionale per la prevenzione delle patologie oncologiche coordinato dall’istituto Ramazzini ha redatto una proposta di legge per sostenere i caregiver (http://www.tutteperitalia.it/tutteperitalia/editoriali2/965-disegno-di-legge-per-i-cargiver) E’ evidente che il luogo di lavoro diventa dunque una comunità particolarmente attenzionata per approvare e applicare in tempi veloci nuove norme di tutela della persona affetta da patologia oncologica e le audizioni in corso su Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche invalidanti croniche, sono particolarmente interessanti .
Disegno di Legge per i Cargiver
Per i/le cargiver italiani serve subito un profilo giuridico ,ea cura del Tavolo interistituzionale Malattie professionali abbiamo presentato un Testo a tutti i gruppi Parlamentari perché si favorisca il loro lavoro normativo.
Disegno di legge per l’introduzione e il riconoscimento economico di una indennità ai cargivers familiari. A cura del Tavolo interistituzionale Malattie professionali - Bologna 31/03/2023 Mandrioli Pannuti Servidori
La presente proposta di legge è finalizzata al riconoscimento, alla valorizzazione e alla tutela delle persone che si prendono cura di un familiare , persona cara, e a sostenere la conciliazione dell'attività di cura con la loro vita lavorativa e sociale e riconoscerne il fondamentale ruolo. Con l’auspicio che prioritariamente venga delineato, anche semplicemente per Decreto Ministeriale , per una questione di celerità nel dare risposte al cittadino, una prima fase per la “conta numerica” dei Caregiver familiari (la platea dei beneficiari) mediante un set appropriato di indicatori per una corretta valutazione anche del carico di cura individuale che genera l’assistenza prestata, in ragione delle condizioni di disabilità dell'assistito convivente, per poi passare ad una fase successiva - anche con legge parlamentare o di delega al Governo - per delineare sulla base della platea individuata , le misure minime di sostegno da erogare a livello nazionale e le risorse economiche stabilmente occorrenti, tenuto conto del progresso socio economico e dell’andamento demografico del Paese. Con la legge 205/2017, all’articolo 1, comma 255, è stata definita ed introdotta nel nostro Ordinamento Giuridico, la figura del caregiver familiare come colui che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di se', sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata, o sia titolare di indennità di accompagnamento. Si fa notare che a tutt’oggi non si individuata omogeneamente la platea dei Caregiver familiari, e, nel caso di individui con disabilità multipla (plurinvalidi) possa considerarsi come questi necessitino di una assistenza globale e continua di lunga durata, ovvero del supporto del Caregiver familiare. L’ultimo dato comunque approssimativo sul numero dei caregiver a cui rifarsi è quello dell’indagine Istat del 2018 sulla "Conciliazione tra lavoro e famiglia" secondo cui sarebbero oltre 2 milioni e 800 mila (il 7,7% della popolazione) le persone che assistono regolarmente figli o altri parenti di 15 anni e più in quanto malati, disabili o anziani. Si tratta del 9,4% delle donne tra i 18 e i 64 anni e il 5,9% degli uomini nella stessa fascia d’età, mentre nella fascia 45-64 anni la percentuale d’impegno sale al 12,2%.E’ dunque necessario prioritariamente istituire un set di indicatori omogenei che consenta una valutazione multidimensionale e multidisciplinare del singolo beneficiario, per definire se abbia titolo ad essere riconosciuto "caregiver familiare”, occorre analizzare i bisogni generali e particolari ma anche i diritti e doveri, per poter poi definire un quadro di misure volte alla tutela del Caregiver familiare nel solco del dettato costituzionale e degli atti internazionali vincolanti e quindi predisporre le necessarie provvidenze economiche peraltro previste dalle risorse del Fondo istituito con il comma 254 della legge sopra richiamata, Fondo che grazie agli stanziamenti che dal 2018 si sono via via accumulati nel Fondo ,nel 2020, con l’art. 1 comma 334 della Legge 178, è stato istituito un nuovo fondo, speculare al precedente oramai svuotato ma in essere, e finalizzato alla realizzazione di interventi legislativi per il Caregiver familiare, con una dotazione di 30 milioni annui per il triennio 2021-2023. Vero è che con emendamento parlamentare la finalità del Fondo del comma 254 originale che risiedeva presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è ora “destinato alla copertura finanziaria di interventi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attivita' di cura non professionale del caregiver familiare” , eliminando quindi la parola “Legislativi” che opera una mutazione delle finalità del fondo si è proceduto all’erogazione alla Regioni delle somme allocate, (e non direttamente ai Caregiver familiari come era invece nello spirito del legislatore iniziale). Successivamente è stato istituito un fondo che ripercorreva la natura originaria del primo Fondo con l’art. 1, comma 334, della Legge 178/2020 “destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attivita' di cura non professionale svolta dal caregiver familiare”. Occorre ricordare dunque come le risorse disponibili sul capitolo di entrata n. 839 della Presidenza del Consiglio dei ministri intestato al "fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza al caregiver familiare" (comma 254 L, 205/17) sono cresciute sino a 70 milioni di euro per il triennio 2018-2020 ( nel corso del 2° Governo Conte con emendamento parlamentare furono destinati al Fondo ulteriori 10 milioni di euro) e successivamente di altri 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 dall'articolo 1, comma 483, della legge n. 145 del 2018. A tutt’oggi in mancanza di corretta norma le risorse appaiono una palese distrazione del Fondo per un uso non consentito, tanto più se erogati alle Regioni e non direttamente ai caregiver familiari : a tutt’oggi le risorse trasferite alle Regioni che ammontavano a 68.314.662 euro, sono stati così suddivisi: per il 2018, 20.000.000 euro, per il 2019, 24.457.899 e per il 2020, 23.856.763.
L'ultimo decreto di riparto delle risorse, relativo al 2021 è stato utilizzato non nei confronti di chi si occupa a tempo pieno dei propri cari con gravissima disabilità e che da molto tempo chiede attenzione. I caregiver familiari, le persone che accudiscono i propri cari, chiedono una maggiore integrazione dei servizi stessi che ruotano intorno alla persona, alla famiglia, ai loro bisogni; chiedono di non rimanere invisibili e che il Fondo possa servire al loro sollievo.E’ oltremodo importante sottolineare che le condizione di sofferenza e disagio di chi ricopre tale ruolo ricade sul sistema economico e sanitario della regione e dello stato. Uno stato prolungato di difficoltà sfocia anche in patologie fisiche e psichiche delle quali dovrà farsi carico il sistema sanitario e assistenziale con impegno economico significativo.
Vero è che e il completamento della regolamentazione del “caregiver familiare” assicurando agli aventi diritto concrete misure di sostegno economico non lascia dubbi sul fatto che la tutela e quanto ne consegue in termini di benefici, contrariamente a quanto fatto in passato, si sposta dalla persona con disabilità la cui gravità era il discrimine per la fruizione dei sostegni, al caregiver familiare ove il peso della cura della persona con disabilità va interpretato come una componente - ma non la sola - per la definizione della condizione del caregiver familiare e quindi per la gradualità dei sostegni economici a questi destinati.
La definizione con legge della figura del Caregiver Familiare avvenuta nel 2017, tuttavia ad oggi non è stata seguita dall’emanazione di una norma nazionale attuativa di natura regolamentare in grado definire la procedura per dare attuazione a detto riconoscimento anche tenendo conto che il 3 ottobre 2022, il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità ha riscontrato la mancanza, nell'ordinamento giuridico nazionale, di misure efficaci per il sostegno dei caregiver familiari ed entro il 6 aprile per non essere soggetti a sanzioni dobbiamo presentare a ONU una legge sui caregivers e le risorse sono ferme al Ministero del Lavoro.
Relazione tecnica della proposta
Ponendo l’accento sul soggetto giuridico della norma del 2017 che è il caregiver fa miliare e non il suo assistito, la presente proposta di disegno di legge introduce alcune innovazioni, anche nel rispetto degli articoli 2, 3, 13, primo comma, 31, 32, 33, primo, secondo e quarto comma, 34, 35, primo e secondo comma, 36, 38, 117, secondo comma, lettere m), n), o), p) e 118, quarto comma, 119, quinto comma della Costituzione, in conformità alla Carta dei diritti fondamentali del l’Unione europea del 7 dicembre 2000 e alla legge 27 maggio 1991, n. 176, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione sui di ritti del fanciullo, New York il 20 novembre 1989, alla legge 3 marzo 2009, n. 18, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, nonché all’articolo 1, comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24, e in armonia con il quadro delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa in materia di disabilità. All’articolo 1, comma 1, si delinea la finalità della norma e il quadro di riferimento normativo che deve essere tenuto in considerazione per il raggiungimento dell’obiettivo di determinare una misura indennitaria diretta al caregiver familiare come descritta nei commi successivi. Viene quindi introdotta, al medesimo comma, l’indennità di cura ed assistenza per i caregiver familiari. Con il comma 2 si stabilisce che l’assegno ha natura indennitaria esclusivamente soggettiva ed è corrisposto al caregiver familiare, a domanda, ed è a titolo di riconoscimento del lavoro di cura da questi tivamente prestato in favore dell’assistito, o di più assistiti. Con il comma 3 si stabilisce la procedura con la quale, attraverso decreti del Presi dente del Consiglio dei ministri, o dell’autorità politica da questi delegata, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il parere degli altri Ministri eventualmente interessati, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i criteri e le modalità per l’erogazione ai caregiver familiari, in possesso dei requisiti previsti e nei limiti delle risorse annuali disponibili, di un assegno annuale unico, il cui importo è rideter minabile annualmente. Al comma 4 si definiscono i criteri per l’emanazione dei decreti di cui al comma 3 con i quali si provvede, in particolare: alla lettera a) all’individuazione dell’organismo che attiva la procedura di ascolto permanente di cui all’articolo 4, comma 3, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, e definisce le modalità di individuazione e nomina del caregiver familiare, purché convivente con l’assistito con disabilità, nonché i requisiti soggettivi che devono essere posseduti dal caregiver familiare ai fini della valida presentazione della domanda per la fruizione dell’assegno, oltre alla definizione del quadro dei bisogni individuali e generali del caregiver familiare, utile alla adozione o alla nuova attivazione, di ulteriori misure di sostegno da parte dei servizi territoriali alla persona nei confronti dei caregiver familiari. Con la lettera b) si prevede l’individuazione dell’organismo competente per la definizione del modello per la rilevazione dei dati di contesto del quadro di riferimento socio-economico territoriale, nonché dei servizi di sostegno alla persona che svolge la funzione di caregiver familiare, eventualmente disponibili, adattabili o di nuova istituzione, utili ad integrare i processi di verifica e di valutazione; alla lettera c) si prevede la definizione della procedura di verifica dei requisiti di cui alla lettera a), integrati dal quadro di riferimento di cui alla lettera b), necessari per la valutazione individuale, multidimensionale e multidisciplinare del caregiver familiare, successiva alla domanda a seguito della quale, mediante formazione di una graduatoria basata anche sull’effettivo carico di cura sostenuto dal caregiver familiare nei confronti di uno o più assistiti, lo stesso è ammesso alla fruizione dell’assegno annuale o all’accesso alle misure di sostegno individualizzate da verificare con cadenza periodica. Inoltre, alla lettera c), si stabilisce che la valutazione individuale di cui alla lettera c) è necessaria alla definizione delle ulteriori misure di sostegno individualizzate destinate al caregiver familiare anche se non ammesso al beneficio dell’assegno per carenza di uno o più requisiti soggettivi. Con il comma 5 si stabilisce che l’assegno non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è corrisposto dall’INPS entro il 31 dicembre di ogni anno. Con il medesimo comma si individua nell’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) il soggetto unico che, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, provvede all’esecuzione delle attività ad essa demandate, alla ricezione delle domande, alla comunicazione di accoglimento della domanda all’interessato, all’erogazione del l’assegno indennitario o, in caso di diniego della misura indennitaria, alla comunicazione di accesso alle eventuali misure di sostegno individualizzate come definite all’e sito della valutazione individuale, multidimensionale e multidisciplinare del caregiver familiare. Il comma 6 attribuisce all’INPS il compito di provvedere al monitoraggio delle domande accolte entro il 31 ottobre di ogni anno, inviando una relazione mensile al Presidente del Consiglio dei ministri, o all’autorità politica da questi delegata, al Ministro dell’economia e delle finanze e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Con il comma 7 si provvede a dettare norme per la determinazione annuale del l’importo dell’assegno. All’articolo 2, con il comma 1 si provvede ad una adeguata integrazione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 254, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Con il comma 2 si provvede alla copertura dell’integrazione di cui al comma 1 con risorse derivanti dal Fondo per la disabilità e la non autosufficienza di cui all’articolo 1, comma 330, della legge 27 dicembre 2019, n. 160. All’articolo 3 si dettano norme per l’efficientamento del riparto delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in quanto misure che, sebbene dirette all’assistito, rappresentano un sostegno indiretto all’attività di cura prestata dal caregiver familiare in ambito domiciliare. All’articolo 4, al fine di dare piena attuazione all’articolo 4, comma 3, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS è integrato con un rappresentante dell’Associazione nazionale di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 23 aprile 1965, n.458.
Note : Si ritiene utile, per opportuna considerazione, inserire anche un possibile aspetto previdenziale che a parere della scrivente comporterebbe un plafond riformatore complicato allo stato attuale e con le difficoltà che il sistema dovrebbe reggere : Per esempio Al caregiver familiare è riconosciuta la copertura di contributi figurativi, equiparati a quelli da lavoro domestico, a carico dello Stato per il periodo di assistenza e di cura effettivamente svolto in costanza di convivenza, a decorrere dal momento del riconoscimento della disabilità grave del soggetto assistito. In maniera interlocutoria per esempio : introdurre alcune misure di carattere previdenziale in favore della madre lavoratrice e del padre lavoratore, del caregiver familiare e dei soggetti che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari. Inoltre considerate le particolari condizioni usuranti dell'attività di caregiving familiare che determinano un'aspettativa di vita ridotta, il diritto di accedere al pensionamento anticipato e senza penalizzazioni al raggiungimento di trenta anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica, o al compimento di sessanta anni di età anagrafica e al raggiungimento di almeno venti anni di attività come caregiver familiare.
La proposta in questione dovrebbe essere meglio coordinata con le innovazioni legislative post pandemia, in particolare per una valutazione omogenea sul territorio nazionale delle procedure per la formazione delle graduatorie per l’accesso alle misure di sostegno.
31 Marzo 2023
Maternità ceduta : un nuovo schiavismo
https://www.ilsussidiario.net/news/maternita-surrogata-lo-schiavismo-fatto-passare-per-diritto/2546569/
Alessandra Servidori
Utero in affitto, maternità surrogata, gestazione per altri, ci sono molti modi per definire la questione lacerante tra chi è a favore e chi contrario. La verità è che una volta che il bambino nato da maternità surrogata viene in Italia, inizia la lotta per l’iscrizione all’anagrafe. Non è facile trovare un accordo nella proposta di legge in discussione ma è corretto che almeno ai figli siano riconosciuti diritti e pari dignità come gli altri. Anche la Corte di Cassazione distingue tra il no alla fecondazione surrogata e i diritti dei nati da tale pratica. Comunque, non è in discussione il fatto di consentire la maternità surrogata anche in Italia ma solamente di dare ai figli nati da queste procedure una legalità identica agli altri, di non creare cittadini con meno diritti tra chi è venuto al mondo in quel modo, non per sua scelta e di provvedere a una sanatoria per chi è già ricorso a questa pratica perché la tutela del bambino è prioritaria; ha diritto a un certificato di nascita, lo stato di cittadino italiano, di godere di assistenza sanitaria, diritto allo studio ecc. I bambini e le bambine hanno diritto anche di avere dei modelli genitoriali del ruolo materno e paterno che sono la maggioranza della società italiana di cui fanno parte senza scadere nella genderizzazione ostinata che in alcune scuole e dunque comunità istituzionali si tenta di far transitare violentemente come diritti di cittadinanza. I bambini sono figli di almeno uno dei due coniugi eterosessuali ,e comunque la pratica è già fuori legge da noi e perseguibile penalmente, ed è difficile solo pensare di voler decidere sulle leggi degli altri paesi, mentre una soluzione ragionevole può rendere perseguibile per il nostro Paese, la maternità surrogata anche se commessa all’estero. Altra questione su cui lavorare è quella di chiedere che l’Italia si adoperi presso le Nazioni Unite per arrivare a una Convenzione universale che si esprima contro l’utero in affitto . Sta di fatto che ospitare nel proprio utero un embrione sviluppato attraverso le tecniche di fecondazione in vitro, favorirne lo sviluppo fino alla fine della gravidanza compreso il parto e consegnare il bambino ai committenti è una pratica che non è detto che garantisca che sia lei la madre biologica, perché l’ovulo di solito ospita un ovocita già fertilizzato con uno spermatozoo di altri due donatori. Le coppie di donne possono fare la fecondazione eterologa all’estero, ormai facilmente accessibile in Europa, e poi partorire in Italia. I padri omosessuali per avere figli devono o adottarne uno o ricorrere alla maternità surrogata, che è una procedura estremamente costosa e quindi preclusa ai più. E possono farlo solo in Canada e negli Stati Uniti, gli unici due Paesi in cui la gestazione per altri è legale per le coppie di uomini non residenti. La scelta di un Paese piuttosto che un altro, si basa sul fatto che la gestazione d’appoggio, segue regole diverse. In Repubblica Ceca, Olanda, Romania e Armenia, la pratica è “tollerata”, quindi priva di una regolamentazione esplicita ed effettuata con criteri stringenti solamente in strutture pubbliche. InIndia, Cambogia, Thailandia, Russia e Messico, le donne possono affittare il proprio utero ma non donarlo. Gli aspiranti genitori devono pagare. In Brasile, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e Inghilterra, la maternità surrogata è consentita solo se la gestante non ci lucra sopra, non ricevendo alcun pagamento. NON è solo una questione amministrativa, né un problema ideologico, poiché non ne sono coinvolte solo“coppie” omosessuali : questa pratica della maternità surrogata riguarda più del 90% famiglie eterosessuali, con problemi ad avere figli. La mercificazione del corpo femminile e dei bambini è una distorsione che porta ad una mancata ragionevolezza sulla evidente strumentalizzazione del genere umano, anche perché è necessario rendere più semplice il percorso di adozione per tutti . La maternità comprata non è né un atto di libertà né un atto d’amore, la ritengo una forma di schiavismo, nessun esser umano può essere ridotto a mezzo: è un principio fondativo della nostra civiltà francamente irrinunciabile.
Povertà minorile : approvato Bando per contrastare il disagio psicologico in adolescenza
ALESSANDRA SERVIDORI Notizie dal Comitato Interministeriale strategico per il contrasto alla povertà educativa minorile.
Approvato il "Bando disagio psicologico in adolescenza", risultato di una forte sinergia e spirito di collaborazione tra istituzioni, fondazioni di origine bancaria e privato sociale. Grazie ai 30 milioni di euro del Fondo per il Contrasto della Povertà Educativa Minorile, sono previsti progetti triennali proiettati alla promozione del benessere e prevenzione del disagio psicologico degli adolescenti. L’approvazione del bando è frutto di un fattivo dialogo tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ACRI, l'Impresa sociale Con i Bambini e tutto il Comitato di Indirizzo Strategico del Fondo, per dare risposte concrete al benessere in adolescenza rendendo protagoniste le comunità educanti, mediante il coinvolgimento delle famiglie, delle scuole, delle parrocchie, dei servizi sociali territoriali e delle realtà del Terzo Settore.
Contratti a termine e decreto lavoro
Alessandra Servidori DECRETO LAVORO : CONTRATTI A TERMINE E D’INTORNINEL DECRETO LAVORO - 23 MAGGIO 2023 ORE 06:00
Contratti a termine: utilizzo più flessibile per le imprese. Con quali effetti? Quotidiano IPSOA
Consentire un utilizzo più flessibile dei contratti a termine da parte delle imprese mantenendo comunque fermo il rispetto della direttiva UE sulla prevenzione degli abusi. E quanto previsto dal decreto Lavoro che individua nuove causali per legittimare il contratto a termine oltre i 12 mesi in sostituzione di quelle attualmente in vigore. In particolare, i contratti potranno avere una durata superiore a 12 mesi, ma non a 2 anni, solo nei casi previsti dalla contrattazione collettiva, per esigenze tecniche, organizzative o produttive e in caso di sostituzione di altri lavoratori. Quali possono essere gli effetti delle nuove disposizioni sul mondo del lavoro?
Il governo ha modificato, ammorbidendoli , alcuni vincoli sull’utilizzo dei contratti a tempo determinato. Peraltro ricordo che proprio la Direttiva Ue rivolta a liberalizzare l’uso del contratto a termine del lavoro ingessato dai vincoli delle varie legislazioni fu recepita dall’Italia nel 2001. Sul tema nel decreto lavoro pubblicato il 4 maggio 2023 sulla Gazzetta Ufficiale è previsto un provvedimento che allenta le restrizioni del Decreto Dignità. In particolare, sono individuate nuove causali per legittimare il contratto a termine oltre i 12 mesi in sostituzione di quelle attualmente in vigore. L’intervento va a modificare quello arrivato nel 2018 con il cosiddetto Decreto Dignità, DL n. 87/2018, per cui era stata imposta una stretta all’utilizzo del lavoro a termine. Con il nuovo dl i contratti potranno avere una durata superiore a 12 mesi, ma non a 2 anni, solo nei casi previsti dalla contrattazione collettiva, per esigenze tecniche, organizzative o produttive e in caso di sostituzione di altri lavoratori. In particolare, sono state modificate le causali da indicare nei contratti di durata compresa tra i 12 e i 24 mesi, individuate all’ art 19 , comma 1, lettere a), b), b-bis), del decreto legislativo n. 81 del 2015, il Testo Unico sui contratti di lavoro. Un provvedimento pensato per contrastare la precarietà, scoraggiando il ricorso di contratti a termine e spingendo le aziende ad avviare più contratti a tempo indeterminato, che però spesso ha avuto l’effetto contrario, cioè quello di scoraggiare le assunzioni. Il Governo, dunque, è intervenuto per consentire un utilizzo più flessibile della tipologia contrattuale, mantenendo comunque fermo il rispetto della direttiva europea sulla prevenzione degli abusi. Pertanto, i contratti a termine nella diversificazione temporale sono regolamentati nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;in sostituzione di altri lavoratori. Come si legge nel testo del decreto, le nuove causali non si applicano ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni;ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;ai contratti stipulati da enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione. A questi, infatti, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore del Decreto Dignità. L’obiettivo principale del governo pare essere la causale, di cui si ritarda l’entrata in vigore rispetto all’inizio del contratto, limitandone quindi il campo di azione: è necessaria non più dopo un anno, come da decreto Dignità, ma dopo due, con la possibilità di modificare il limite in sede di contrattazione collettiva. Vero è che la causale è percepita come un costo rilevante da parte delle imprese e lo spostamento del limite di entrata in vigore della causale potrebbe comportare un aumento della durata dei contratti a tempo determinato. Sarebbe utile monitorare la quota di contratti con una durata di oltre un anno considerando la durata effettiva del contratto (proroghe incluse) e contemporaneamente monitorare i contratti appena sotto un anno, a indicare la rilevanza della causale, e quelli di durata inferiore a un mese, presumibilmente utilizzati per soddisfare la domanda residua di lavoro causata dall’assenza di contratti più prolungati. Si avrebbe la risposta certa se le imprese hanno di fatto rinunciato all’utilizzo di contratti a tempo determinato di durata superiore a un anno. Probabilmente dipende anche dalla grandezza delle imprese : le imprese più grandi e più produttive tendono a ricorrere meno al tempo determinato, e offrono in media contratti a tempo determinato di durata più lunga e con una più alta probabilità di trasformazione e saranno queste aziende più interessata dal nuovo intervento legislativo ma dipende anche dai settori : i determinati di lunga durata sono più concentrati nella manifattura, mentre le durate medie sono inferiori nel terziario (soprattutto nei comparti a basso valore aggiunto), dove pertanto ci si può attendere una reazione meno accentuata a eventuali cambiamenti. Certo è che nel clima economico favorevole che ha fatto seguito al duro periodo pandemico, molti dei giudizi espressi in merito alla ripresa occupazionale registrata hanno portato l’accento sulla preponderante quota (sul totale del lavoro dipendente) di lavoro temporaneo che l’ha caratterizzata ma è evidente che il calo sistematico dei contratti a tempo indeterminato negli ultimi anni hanno risentito dei molti cambiamenti che hanno modificato un diverso assetto dell’occupazione: la crescente internazionalizzazione dei mercati con il ridisegno della catena globale del valore e l’ingresso di nuovi player, unitamente alla grande crisi economica del 2008 e poi la crisi pandemica e sociale hanno determinato un riassetto del sistema produttivo, con un ridimensionamento del settore manifatturiero ed una forte espansione di quello terziario. A ciò si sono aggiunti gli interventi normativi che in maniera non sempre coerente hanno ridefinito di volta in volta le convenienze nelle scelte contrattuali per il reclutamento della manodopera. Pensare ad una generalizzata stabilizzazione del lavoro in settori a forte stagionalità come quello agricolo , agro alimentari e turistico risulta sicuramente difficile, così come regolare le prestazioni lavorative nella scuola non è un problema di mercato. È vero che il tempo determinato pesa parecchio da solo per le assunzioni e anche la somministrazione ha un suo bacino , ma una volta che si escludano le quattro fattispecie il peso delle assunzioni “pure” con contratti a termine scende come risultato della forte domanda di somministrazione e della ricostituzione del bacino di tempo determinato “prosciugato” dalle stabilizzazioni incentivate. Il peso delle assunzioni a Ctd “genuine” subisce nel tempo delle oscillazioni molto modeste , che è all’interno di questo insieme che avviene il maggior numero di trasformazioni contrattuali a tempo indeterminato, con un ruolo quasi di prova lunga e riducendo l’aurea di precarietà della forma contrattuale iniziale. Novità anche per i contratti cd a voucher :si alza da 10mila a 15mila euro la soglia entro cui sono ammesse le cosiddette prestazioni di lavoro occasionale, ma solo per chi opera nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e parchi di divertimento. La misura è prevista per le imprese che “hanno alle dipendenze fino a 25 lavoratori subordinati a tempo indeterminato”, innalzando quindi il limite precedente che era di 8 unità. La facoltà di utilizzare i voucher o buoni lavoro era già stata ampliata con la manovra 2023 che aveva elevato a 10mila euro il precedente limite annuo di 5mila euro. Sparisce il limite dei 29 anni di età per i contratti di apprendistato dei soli settori turistico e termale (e per un massimo di 3 anni). Certo è che va comunque seguita la questione che pone l’interrogativo se il livello dei contratti a termine complessivo sia eccessivo e ingiustificato e quanto siano valide le sottostanti ragioni: sostituzione di personale in malattia, maternità o altro, picchi produttivi, stagionalità strutturale, surrettizi periodi prova. Vanno monitorate le singole “funzioni” dei contratti a termine e l’effettiva esistenza di “posti di lavoro a termine” che non possono certamente dar luogo a “assunzioni a tempo indeterminato”. Ci sono poi anche gli abusi: quote non rispettate, reiterazione di contratti contro le norme e così via. Qui si apre la partita dei controlli: che non sono difficili se si punta sui limiti quantitativi. E molto si può fare, oltre che con le ispezioni, con la vigilanza documentale che implica lo sviluppo e il miglioramento delle competenze pubbliche nel trattamento dei numerosi dati che l’amministrazione possiede (e usa scarsamente, aiutata anche dalla scusa della privacy).
E noi per la Conferenza nazionale per l'economia circolare
Alessandra Servidori 17 maggio 2023 https://www.startmag.it/circular-economy/economia-circolare-alessandra-servidori/
5 a Conferenza nazionale sull'economia circolare, organizzata dal Circular Economy Network, in collaborazione con ENEA e con il patrocinio del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero delle imprese e del made in Italy e della Commissione europea.
La Commissione europea nel 2022 ha presentato una proposta di Direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori: una delle iniziative previste nel Piano d’azione per l’economia circolare per offrire ai consumatori la possibilità di una maggiore partecipazione all’economia circolare, in particolare fornendo loro informazioni migliori in merito alla durabilità e alla riparabilità di determinati prodotti e tutelandoli maggiormente dalle pratiche commerciali sleali. Il 23 marzo del 2023 ha quindi presentato la proposta di Direttiva (Green claims) sulle dichiarazioni green riportate nelle etichette dei prodotti e nella pubblicità. La finalità è contrastare le pubblicità che forniscono informazioni ambientali false, non provate, ingannevoli sulle caratteristiche di un prodotto o di un’azienda, ossia contro il cosiddetto greenwashing. La necessaria attenzione, fortemente sottolineata a livello europeo ma in verità un po’ sottovalutata nel nostro dibattito nazionale, alle scelte informate dei consumatori, quale fattore rilevante delle trasformazioni dell’economia in direzione circolare, è il focus di questa Conferenza , approfondito con un’accurata indagine che si è realizzata in partership. A che punto è l’Italia? I dati aggiornati confermano un buon posizionamento europeo del nostro Paese nella direzione della circolarità dell’economia: il tasso di utilizzo circolare dei materiali al 18,4% è ben più alto della media UE, per la produttività delle risorse siamo davanti alle altre principali economie europee con 3,2 euro generati per ogni kg di materiale consumato e anche nella percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, speciali e urbani, siamo in testa con un 72%. Attenzione però ai trend, che potrebbero portare a perdere questa nostra leadership europea. Nel tasso di utilizzo circolare abbiamo peggiorato le performance: eravamo al 19,5% nel 2019 e siamo scesi al 18,4% nel 2021. Nella classifica della circolarità fra le cinque principali economie europee (Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia) restiamo in testa, ma in quella sulle performance degli ultimi cinque anni perdiamo posizioni perché altri stanno cambiando più velocemente. Anche per questo non possiamo permetterci di stare seduti sugli allori dei risultati raggiunti, né frenare rispetto alle nuove iniziative europee in direzione della circolarità, ma al contrario mirare a continuare ad avere un ruolo di punta.Dopo un anno di lavoro delle aziende e associazioni che fanno parte del www.circulareconomynetwork.it. si è svolta la Conferenza nazionale sull’economia circolare dove abbiamo assunto importanti impegni per irrobustire la strategia europea.Rispettare il cronoprogramma e recepire tempestivamente le misure dell’Unione europea come dare piena e tempestiva attuazione alle azioni e alle misure previste, rispettando il cronoprogramma e integrando la Strategia con quanto previsto dai provvedimenti dell’Unione europea in via di adozione. Rafforzare il sostegno agli investimenti delle imprese nell’ambito della legge di riforma degli incentivi presentata dal Governo (Codice degli incentivi) finalizzare in maniera netta e incisiva allo sviluppo dell’economia circolare il credito di imposta previsto da Transizione 4.0 e altre misure di politica industriale, con particolare attenzione alle PMI. Prevedere misure di fiscalità ecologica nella legge delega Prevedere nella legge delega di riforma del sistema fiscale, colmando una lacuna del testo presentato dal Governo, misure di incentivazione per l’utilizzo di materie prime seconde, il riciclo e la riparazione, e sopprimere sussidi ambientalmente dannosi che ostacolano l’economia circolare. Sviluppare l’economia circolare delle materie prime critiche In linea con gli obiettivi indicati dal Critical material raw act dell’Unione europea, adottare misure nazionali in materia di ecodesign e di recupero e riciclo delle materie prime critiche, necessarie per la transizione energetica e digitale, anche utilizzando a tal fine risorse del piano REPowerEU. Garantire la realizzazione degli impianti previsti dal PNRR Accelerare i tempi di realizzazione degli impianti di riciclo e dei “progetti faro” già finanziati dal PNRR, lavorando ulteriormente per colmare le disparità tra il CentroSud e il Nord del Paese e garantire un’adeguata dotazione impiantistica con elevati standard tecnologici. Eventuali risorse aggiuntive dovranno essere destinate a progetti di alta qualità tecnologica e filiere strategiche per la circolarità. Dare piena attuazione al Programma nazionale di gestione dei rifiuti Implementare le azioni previste dal PNGR e aggiornare entro la fine del 2023, laddove necessario, i Piani regionali per raggiungere gli obiettivi di riciclo e di riduzione dello smaltimento in discarica previsti dalle direttive europee. Istituire nuovi sistemi EPR e dunque istituire sistemi di responsabilità estesa del produttore in ulteriori settori, quali il tessile, le costruzioni, l’arredamento, i veicoli e loro componenti, l’industria e la distribuzione alimentare. Accelerare e semplificare le normative sull’End of Waste Garantire il riconoscimento della cessazione della qualifica di rifiuti per materiali il cui riutilizzo può contribuire a sviluppare l’economia circolare, in un contesto in cui la rapida evoluzione delle tecnologie e delle possibilità di riciclo richiede una altrettanto rapida e costante evoluzione normativa. Particolarmente urgente è il provvedimento sui rifiuti da costruzione e demolizione, nonché quelli su plastiche miste, tessili, pile e accumulatori, terre da spazzamento stradale. Sviluppare la simbiosi industriale Promuovere la simbiosi industriale attraverso reti di impresa con finalità circolari, rigenerazione di “brown areas” in distretti circolari, piattaforme digitali per favorire l’incontro di domanda e offerta di materie prime seconde, procedure semplificate per il riconoscimento della qualifica di sottoprodotto. Promuovere la prevenzione e la riduzione dei rifiuti Adottare entro il 2023 il nuovo Programma nazionale di prevenzione e riduzione dei rifiuti. Il Circular Economy Network, promosso da un gruppo di imprese e di organizzazioni in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, opera per sostenere la transizione a un’economia circolare. A tal fine: costituisce una rete di dibattito, di scambio di informazioni e buone pratiche, per dare forza a una visione condivisa e a un’azione comune sui vari aspetti dell’economia circolare; effettua analisi delle criticità e delle barriere che frenano la transizione ecologica; elabora proposte per valorizzare le potenzialità di sviluppo dell’economia circolare in Italia; produce studi e ricerche, con attenzione all’elaborazione e all’iniziativa europea e internazionale, sui vari aspetti dell’economia circolare, con particolare attenzione alle sue ricadute positive per nuove possibilità di sviluppo, di benessere e di occupazione, per il risparmio di risorse naturali, per il clima, l’innovazione e la digitalizzazione; elabora proposte di strategie, politiche e misure, rivolte ai decisori politici, promuovendo una costante e costruttiva interlocuzione con le istituzioni ai vari livelli.E’ il senso concreto di un impegno civile che il gruppo porta avanti con grande determinazione
dl Lavoro StartMag e Radio in blu
Obiettivi e misure del decreto governativo approvato per il Primo Maggio. L’intervento di Alessandra Servidori Start Mag e Radio in Blu htpps://www.radioinblu.it/straming/?vid=0_widJ0990
Abbiamo impegnato un po di tempo a studiare la Bozza che oggi dovrebbe festeggiare il 1 Maggio dopo una giornata di riflessione amara su quella dedicata agli incidenti sul lavoro che come tutti gli anni si “arricchiscono” di promesse “mai più”. A mio parere si continua a confondere la funzione di assicurazione contro il rischio disoccupazione e la funzione sociale per contrastare la povertà.
I soldi non basteranno lo stesso e molte scelte sono rinviate a sistema poiché la riduzione del cuneo contributivo sul lavoro e il sostegno fiscale alle famiglie con figli a carico e disabili finanziate con una tantum temporale e sottoposte a controlli ravvicinati con la minaccia di togliere se non a norma il beneficio e comunque deludendo le aspettative perché caricate sui conti pubblici dei prossimi anni.
Ci si affida oggi a nuove piattaforme che nel recente passato non hanno funzionato per accreditare un raccordo funzionale digitale tra INPS e ANPAL (denominata nel Decreto SIISL) sollevando i centri per l’impiego di colpe e caricando le funzioni su percorsi di formazione per giovani e donne fortemente penalizzati da politiche inadeguate e soprattutto senza mettere mano purtroppo alle competenze confuse tra Stato e Regioni in materia di lavoro che crea sistematicamente deficit.L
a bozza del decreto rappresenta un documento complicatissimo da leggere e ancor più da applicare che farà faticare parecchio i patronati e i commercialisti. E mi chiedo quanto di ciò che OIL (Organizzazione internazionale del Lavoro) che il 24 Aprile aveva accolto con favore la Dichiarazione dei ministri del lavoro e dell’occupazione del G7, incentrata sulla necessità di investire nel capitale umano e nel lavoro dignitoso, ritroverà nel Decreto del Governo del 1 maggio.
La Dichiarazione infatti si focalizza sulla necessità di promuovere il lavoro dignitoso e la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori, l’apprendimento permanente e gli investimenti nello sviluppo delle competenze, un mercato del lavoro inclusivo e l’eguaglianza di genere, come pure il congedo di paternità nei luoghi di lavoro e nell’economia sociale e solidale. Essa sottolinea la situazione di incertezza per il futuro che i lavoratori, le lavoratrici e le loro famiglie si trovano a dover affrontare in un contesto segnato da una ripresa disomogenea dalla pandemia di COVID-19, dai cambiamenti climatici, dall’inflazione, dall’erosione dei salari reali e dai cambiamenti strutturali come le trasformazioni digitali e verdi e demografiche.
Sono convinta che per “rispondere a queste sfide, è importante investire nel capitale umano, in particolare nello sviluppo delle competenze e di un mercato del lavoro inclusivo, al fine di promuovere il lavoro di qualità e garantire il lavoro dignitoso, anche lungo le filiere globali di approvvigionamento, senza che nessuno sia lasciato indietro”, si legge nella Dichiarazione. Vero è che l’impatto delle diverse crisi sul mondo del lavoro che hanno prodotto maggiori disuguaglianze, in particolare per le donne e i giovani e questo particolarmente in Italia e lo sappiamo bene.
OIL ha sottolineato l’importanza di massimizzare l’offerta di lavoro attraverso lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi, anche per i lavoratori senior e le persone con disabilità. Rafforzare la partecipazione al lavoro attraverso il lavoro dignitoso è necessario per prevenire e ridurre le disuguaglianze, soprattutto quelle causate dai redditi reali e dall’alto tasso di inflazione. Garantire salari e retribuzioni adeguati, in particolare per i lavoratori sottopagati, salari minimi, legali o contrattati, sono fondamentali per garantire livelli di vita adeguati, limitare le disuguaglianze salariali e innalzare i redditi dei più poveri. Determinante la relazione tra la crescita salariale e la produttività e l’impatto della contrattazione collettiva sull’innalzamento della produttività, evidenziando la necessità di promuovere ambienti di lavoro sicuri e salubri, la conciliazione tra lavoro e vita privata, la diversità e l’inclusione, lo sviluppo delle carriere e l’apprendimento permanente.
Il “Piano d’azione adottato dai Ministri del lavoro del G7 compreso il nostro Ministro include impegni per: sostenere i lavoratori e le imprese nel miglioramento della partecipazione al lavoro e promuovere il lavoro dignitoso attraverso misure volte a ridurre le disuguaglianze; promuovere salari adeguati; garantire la salute e sicurezza sul lavoro; promuovere il benessere lavorativo; migliorare la gestione delle risorse umane e sostenere lo sviluppo delle carriere e delle professioni; promuovere il lavoro di qualità nel settore dell’assistenza e della cura; garantire il rispetto dei principi e dei diritti fondamentali del lavoro; sviluppare delle filiere globali di approvvigionamento più resilienti e sostenibili.
Dobbiamo andare oltre dunque questo decreto del 1 Maggio 2023 perché di aspettative ce ne sono tante di concretezza meno. Ma come dice la Presidente Meloni abbiamo davanti a noi oltre quattro anni di lavoro per mettere in cantiere tutto ciò che il Governo si è impegnato a realizzare, per adesso dobbiamo amaramente consolarci con quel poco che si può fare?
SICUREZZA SUL LAVORO : Cambiare per avere certezze
Alessandra Servidori https://www.ilsussidiario.net/news/sicurezza-sul-lavoro-i-segnali-che-chiedono-al-parlamento-una-riforma-organica/2528179/
28 aprile giornata internazionale per la prevenzione sicurezza salute sul lavoro
Nella sezione “Open data” del sito Inail sono disponibili i dati analitici delle denunce di infortunio – nel complesso e con esito mortale – e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di febbraio. Nel primo bimestre di quest’anno si registra, rispetto all’analogo periodo del 2022, una riduzione delle denunce di infortunio in complesso (dovuta soprattutto al notevole minor peso dei casi di contagio da Covid-19), un calo di quelle mortali e una crescita delle malattie professionali che sono state 10.399, 2.319 in più rispetto allo stesso periodo del 2022 (+28,7%). La nuova norma per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) conferma l'importante legame fra il PNRR e la tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Secondo un Decreto, l’INAIL con appositi protocolli di intesa con "aziende e grandi gruppi industriali" impegnati nella esecuzione dei singoli interventi previsti dal PNRR, promuove l’attivazione, tra gli altri di programmi straordinari di formazione in materia di salute e sicurezza che, fermi restando gli obblighi formativi spettanti al datore di lavoro, mirano a qualificare ulteriormente le competenze dei lavoratori nei settori caratterizzati da maggiore crescita occupazionale in ragione degli investimenti programmati. Sappiamo che è fondamentale potenziare al massimo la capacità di registrazione, elaborazione ed analisi delle informazioni raccolte sulle malattie da lavoro, al fine di individuare sempre meglio fattori di rischio e di esposizione e di porre in essere adeguate e mirate misure di prevenzione.E ci sarebbe anche un Piano nazionale di prevenzione sulle Malattie professionali per favorire la crescita delle conoscenze e competenze finalizzate ad incidere sui comportamenti di tutti i soggetti coinvolti. Sappiamo che le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, quelle del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare, anche nel primo bimestre del 2023, le prime tre malattie professionali denunciate, seguite dalle patologie del sistema respiratorio e dai tumori. In tema di ispezioni sul lavoro sono recentemente giunte alcune interessanti novità, dettagliate dall’INL-Ispettorato Nazionale Lavoro - nel Documento di programmazione della vigilanza per il 2023 con principali aggiornamenti in materia. L’Ispettorato ha rimarcato la crescente importanza assegnata alla tempestività delle risposte alle richieste, che arrivano direttamente dai lavoratori e dai soggetti che li rappresentano. Ecco perché l’Ispettorato ha inteso rafforzare lo “sportello utenza”, includendo anche la modalità “online” e spingendo ad un maggior utilizzo degli istituti previsti a tutela del dipendente come la conciliazione. Nel quadro delle novità contenute nel Documento , per quanto attiene all’attività di controllo sui percorsi di formazione/orientamento nell’ambito dei tirocini,in particolare sarà assegnata primaria importanza agli aspetti connessi alla salute e sicurezza nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, ed alla relativa formazione. Ciò permetterà di evitare incidenti anche gravi, come purtroppo già successo ,perciò speciale attenzione sarà riservata all’attività di prevenzione come anche agli iter di valutazione dei rischi, degli infortuni e delle malattie professionali. Inoltre, e ce lo auguriamo, si prevedono azioni mirate effettuate dall’Ispettorato per la rilevazione ed il contrasto delle violazioni della legge in tema di parità di genere, pari opportunità e discriminazioni sul luogo di lavoro. La programmazione della vigilanza per il 2023 vede edilizia, agricoltura, logistica e trasporti come i settori principali verso cui indirizzare i controlli relativi a salute e sicurezza nell’ambito della vigilanza cosiddetta di iniziativa. E in assenza almeno per ora di una unitaria Agenzia Nazionale ( presente sulla carta ma non operativa nei fatti ), si continua a trascurare l’irrinunciabile coordinamento tra gli ispettori dei molteplici, distinti organi di vigilanza (Inl,Inps,Asl,Vigili del fuoco) che continuano a non raccordarsi tra di loro e a non scongiurare le diverse applicazioni e persino interpretazioni delle leggi spesso lamentate dalle imprese a seconda della zona di intervento. Il nuovo Parlamento deve mettere mano ad una riforma organica. Nuove norme si rendono necessarie nel Testo Unico sulla sicurezza del lavoro e negli stessi codici penali e di procedura penale, anche per chiudere i varchi aperti da una giurisprudenza diventata purtroppo meno severa rispetto al passato.
ALESSANDRA SERVIDORI - 28 Aprile giornata internazionale per la prevenzione e salute sul lavoro . Gli infortuni sul lavoro NON sono una fatalità www.startmag
Ogni giorno ci sono infortuni nelle fabbriche, cantieri e scuole lavoro, dove muoiono ragazzi di 18 anni. Dato che non dobbiamo mai rassegnarci, bisogna porsi ma soprattutto porre delle domande. Noi dobbiamo chiedere al parlamento di oggi ciò che dal 2022 si chiede a quello di ieri: in primis bisogna fare funzionare bene tutti gli organi di vigilanza. Bisogna poi cambiare alcune norme dello stesso codice penale perché serve fare una Procura nazionale sulla sicurezza nei luoghi di lavoro specializzata e con competenze estese. La riduzione degli infortuni mortali sul lavoro deve passare attraverso una precisa organizzazione aziendale che definisca ruoli, responsabilità e compiti per la gestione della sicurezza. Un tema importante perché per le imprese vuol dire organizzare i ruoli di ciascun lavoratore e fare in modo che chi ha delle responsabilità, abbia anche i poteri per realizzare misure di sicurezza adeguate. E’ così, infatti, che si vede la serietà di un’impresa. Le lacune nella gestione della sicurezza aziendale si traducono inevitabilmente in un incremento degli infortuni mortali sul lavoro. Implementare la gestione della sicurezza e definire ruoli, compiti e responsabilità, significa prevenire. E la prevenzione è l’unico modo che abbiamo per invertire la tendenza degli infortuni mortali sul lavoro. Una indagine condotta dall’Osservatorio di Accredia in collaborazione con il Censis ci aiuta a comprendere come l’organizzazione della sicurezza aziendale rappresenti lo snodo cruciale per attuare una corretta ed efficace politica di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. E così, se ogni azienda fosse certificata con un sistema di gestione a norma si registrerebbero 80.000 incidenti in meno all'anno, con un risparmio in termini di costi sociali pari ad almeno 4 miliardi di euro. Di questi, circa 1,1 miliardi di euro riguarderebbero il settore delle costruzioni, 410 milioni quello tessile, 300 la metallurgia e 270 i trasporti. L’Ispettorato nazionale del lavoro INL, con la nota n. 1095 del 2023, ha indicato ai propri Uffici del territorio le priorità dell’attività di vigilanza nel corso del corrente anno e indicate nel documento di programmazione. In particolare, le azioni saranno dedicate alla prevenzione e promozione della sicurezza e della legalità mediante attività informative rivolte anche agli studenti prossimi all’inserimento nel mondo del lavoro, al contrasto dei fenomeni di irregolarità che pregiudicano i diritti dei lavoratori particolarmente vulnerabili, nonché, alla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro con azioni di contrasto al lavoro “nero”. Il documento di programmazione dedica, inoltre, una specifica sezione alle vigilanze mirate al recupero contributivo e assicurativo, e alle azioni di contrasto alle irregolarità relative alle misure di integrazione salariale e sostegno al reddito. Non solo contrasto agli infortuni sul lavoro e lavoro “nero” ma - come è consuetudine a dire il vero - l’obiettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro è quello di orientare prioritariamente l’attività di vigilanza verso tutti i fenomeni illeciti di particolare disvalore socio-economico.E’ evidente che l’Ispettorato vuole inoltre ricordare l’opportunità, se non la necessità, di coltivare collaborazioni e sinergie con altre autorità e altri organi di controllo, nonché “con le organizzazioni attive a presidio e tutela dei diritti dei lavoratori, della legalità e del corretto funzionamento del mercato del lavoro.” Del resto, le collaborazioni garantiscono da sempre una maggior efficacia degli accertamenti, se non altro per evitare sovrapposizioni di intervento e per garantire un razionale presidio del territorio.Il che non è proprio quello che accade perché i vari organismi raramente collaborano efficacemente. Vero è , seppure in aumento, l’organico ispettivo a disposizione dell’Agenzia non è ancora a livelli ottimali. Il documento di programmazione conta circa 1.600 ispettori effettivamente adibiti alla attività di vigilanza, dei quali soltanto 215 tecnici, ossia specializzati nella vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. A questi si aggiungono 884 ispettori dell’INPS, 210 ispettori dell’INAIL, 477 militari dell’Arma, questi ultimi prevalentemente destinati a funzioni di polizia giudiziaria. Ebbene, alla platea ispettiva dell’Agenzia - con esclusione quindi del personale INPS e INAIL - è chiesto di effettuare 75.000 accessi, con un incremento di circa il 18% delle ispezioni attivate nel corso del 2022. E’ lecito chiedersi se è credibile .Il documento di programmazione è sostanzialmente diviso in tre parti: una prima parte fornisce indicazioni sulle attività di prevenzione e promozione della sicurezza e della legalità; una seconda parte dedicata alla attività di accertamento avviata a seguito di specifica richiesta di intervento e una terza parte - la più cospicua - dedicata alla vigilanza di iniziativa. E’ da sottolineare l’importanza che merita l’attività di vigilanza che se avviata su denuncia, l’Ispettorato porrà prioritaria attenzione ai lavoratori particolarmente “vulnerabili”. In particolare, si chiede maggiore attenzione “al contrasto dei fenomeni di irregolarità che pregiudicano i diritti dei lavoratori minori, disabili e provenienti da Paesi terzi, nonché delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri. Per quanto riguarda la materia prevenzionistica i settori prioritari sui quali indirizzare la vigilanza nel corso del 2023 sono l’edilizia, l’agricoltura, la logistica e i trasporti. Per quanto concerne le azioni di contrasto al lavoro “nero” gli interventi avverranno prioritariamente nei settori in cui, sulla base dei dati statistici in possesso e tenuto conto di particolari situazioni territoriali (es. vocazione turistica-stagionalità), si riscontra mediamente una maggiore presenza di lavoro sommerso. In tale ambito l’Ispettorato dovrà peraltro dare applicazione al Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso attenzionando - così riporta il documento di programmazione - le attività svolte nell’ambito degli eventi fieristici e di intrattenimento, nonché le attività svolte in orario serale e notturno, nei fine settimana e nelle festività. Il documento di programmazione pone assoluta attenzione anche a tutti i fenomeni legati alle esternalizzazioni illecite dei processi produttivi ed ai distacchi illeciti “nonché ai fenomeni elusivi della responsabilità datoriale connessi ai nuovi modelli di organizzazione del lavoro e alla diffusione delle diverse tipologie lavorative proprie della GIG economy” e, chiaramente, a tutti i fenomeni di caporalato, per i quali si sottolinea ancora una volta la necessità di un approccio multi-agenzia e “in collaborazione sinergica con tutte le autorità competenti e le organizzazioni interessate al contrasto allo sfruttamento lavorativo”.Inoltre è importante ricordare la necessità di attenzionare tutte le forme di lavoro “grigio” (diversa qualificazione del rapporto di lavoro/corretto inquadramento/regime orario), il lavoro prestato attraverso piattaforme informatiche (in particolare quello prestato dai cc.dd. rider) - con specifico riferimento al rispetto delle norme prevenzionistiche ed al contrasto di possibili forme di discriminazione connesse al funzionamento degli algoritmi - ed i fenomeni illeciti con aspetti transfrontalieri.Il documento di programmazione dedica, una specifica sezione alle vigilanze mirate al recupero contributivo e assicurativo, entrambe indirizzate prioritariamente nei confronti di alcuni specifici ambiti settoriali (manifatturiero, logistica, trasporto aereo, GIG economy, grandi aziende e cooperative di produzione e servizi, agricoltura ecc. per quanto riguarda il recupero contributivo; settore servizi pubblicitari, fabbricazione e manutenzione di apparecchi di sollevamento e di macchine e macchinari, settore costruzione di navi e imbarcazioni, attività connesse alle sale da gioco ecc. per quanto concerne il recupero assicurativo).Ricordiamo che con la Legge 215/2021, pubblicata nella G.U. del 20 dicembre 2021 n. 301, è stato convertito in legge, con modificazioni, il Decreto Legge 146/2021, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. Stiamo parlando del cosiddetto “Decreto Fiscale” (o anche “Fisco Lavoro”), che contiene anche modifiche rilevanti al D. Lgs. 81/08, il ben noto Testo Unico Sicurezza sul Lavoro. Con l'entrata in vigore del decreto sono state introdotte misure preventive per una più efficace e professionale valutazione dei rischi, anche in merito alla sorveglianza sanitaria negli ambienti di lavoro, soprattutto nei cantieri, a tutela dei lavoratori. Le principali novità a partire da Gennaio 2022 sono la formazione adeguata e specifica dei datori di lavoro(già prevista per i dirigenti e i preposti) che diventa obbligatoria con aggiornamento periodico, così come stabilito nell'Accordo adottato in Conferenza Stato-Regioni;il rafforzamento della figura del preposto. Si definisce i due obblighi del datore di lavoro non delegabili: la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) la designazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi (RSPP).Dunque l’Ispettorato nazionale del lavoro con il documento di programmazione si impegna ad una attività stringente che, ci auguriamo possa portare ad un netto miglioramento della situazione , rimarcando che è fondamentale la collaborazione di tutte le strutture e gli organismi anche attraverso una piattaforma unica dei dati in possesso dei singoli uffici.
LA NUOVA CONTRATTAZIONE DEL DIRITTO DEL LAVORO
Alessandra Servidori LA NUOVA CONTRATTAZIONE DEL DIRITTO www.ildiariodellavoro.it 13 aprile 2023
Fuori dal recinto e dentro ad un perimetro tutelato
Quando invochiamo formazione e competenza per i l nostro sistema aziendale dobbiamo uscire dagli schemi del lavoro all’interno della azienda massificata e fordista. Dentro all’innovazione e la nuova sfida che stiamo affrontando sempre più vistosamente complessa dobbiamo anche impostare il nuovo diritto del lavoro suffragato da una contrattazione che non ha solo la subordinazione come accesso a un sistema di tutele perché la contrattazione individuale rivolta alla lavoratrice e al lavoratore deve essere agganciata ad un contesto lavorativo che si incardina soprattutto e prioritariamente sulla formazione e competenza della persona. La formazione è il bene primario a partire dalla scuola fino al termine della propria attività professionale. E’ chiaro che comporta molti investimenti ma questa è la risposta da una occupazione che soddisfi la persona e il mercato. Dobbiamo offrire alle aziende e dunque all’imprenditore e alle persone per avere maggiore e buona occupazione anche per affrontare cambiamenti rapidissimi contratti di lavoro incardinati sulle competenze delle persone che soddisfino le esigenze e utilizzati da aziende cd certificate cioè con una organizzazione del lavoro e dei sistemi permanenti di formazione . Riconoscere il ruolo e le competenze è fondamentale perché significa verificare lo stato effettivo di capacità professionali all’interno della comunità aziendale incardinando l’organizzazione alla formazione che accompagna l’evoluzione delle competenze a favore dell’occupabilità. Un sistema contrattuale che parta dallo Statuto dei lavori e che si cala sulla verifica dell’organizzzazione a cominciare dal management per tutta la trasversale dorsale aziendale per contrattualizzare individualmente la lavoratrice e il lavoratore è fondamentale. E’ evidente che a cominciare dal vertice aziendale le competenze possedute e dunque il suo riconoscimento è il valore aggiunto della competitività e della concorrenza ovviamente a patto che sia in grado di coinvolgere tutta la catena umana in attività sia produttive che di benessere personale. Ci stiamo domandando cosa si può fare per offrire e trattenere le persone nella aziende senza privarci di talenti e per fidalizzarli e dunque il contratto aggiuntivo è la soluzione al fianco della contrattazione collettiva. Piani di partecipazione produttiva legata ad obiettivi e remunerazioni adeguate ovviamente con cluasole di stabilità reciproca per azienda e persone che garantiscono la continuità del rapporto laddove soprattutto si è investito in formazione e contrastino i recessi. Da questo punto di vista il welfare aziendale incardinato su valori di sostenibilità è uno strumento importantissimo indirizzato su servizi per la qualità del lavoro e vita privata poiché le professionalità acquisite in azienda non passino ad altri facendo ovviamente un salto di qualità.
L'Italia è sempre più un Paese che non ama le donne
Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ IV/4 (2023) ISSN 2704-7245
Innovazioni e Pari opportunità Gender GAP. Italia in ritardo a cura di Alessandra Servidori
Il World Economic Forum (WEF), analizza dal 2006 il fenomeno del gender gap attraverso un indice, il Gender Gap Index, che viene poi pubblicato annualmente nel Gender Gap Report. I progressi verso la parità di genere vengono misurati su una scala da 0 a 1, dove 1 rappresenta la piena parità e 0 la piena disparità. Il report confronta lo stato attuale e l’evoluzione della parità di genere in quattro dimensioni chiave: Partecipazione economica e opportunità, Rendimento scolastico, Salute e sopravvivenza, Rappresentanza politica. L’edizione 2022 ha analizzato i progressi verso la parità di genere in 146 Paesi, e i risultati mostrano che la corsa verso la parità di genere non si sta riprendendo dopo lo shock della pandemia, e con l’aggravarsi delle crisi internazionali il rischio di un regresso della parità di genere globale si intensifica ulteriormente e nei 146 paesi coperti dall’indice 2022, il divario di genere maggiore si mostra nelle dimensioni della partecipazione economica e opportunità (60,3%) e nella dimensione della rappresentanza politica (22%); I risultati più vicini alla parità sono in materia di salute e sopravvivenza (95,8%) e rendimento scolastico (94,4%).Tra le macro-regioni considerate, l’Europa ha il secondo livello più alto di parità di genere (76,6%, dopo il Nord America che ha chiuso il 76,9% del gap), e sulla base delle previsioni dovrebbe colmare il divario entro 60 anni. Il Paese Ue migliore è la Finlandia, che è seconda al mondo dopo l’Islanda, con un punteggio pari a 86%, mentre l’Italia, con un punteggio di 72%, si colloca al 63esimo posto e si tenga conto che il monitoraggio della parità di genere è effettuato, a livello esclusivamente europeo, anche dall’European Institute For Gender Equality (EIGE) , e comparando i vari dati dei vari Rapporti compreso quello di Osservatorio JobPricing scopriamo che il tasso di crescita dei vari indici europei negli ultimi dieci anni ci dice che l’Italia è, dopo il Lussemburgo, il Paese che ha compiuto progressi all’interno dell’area considerata; al contrario Repubblica Ceca e Ungheria sono i Paesi che mostrano meno progressi nell’arco temporale considerato. Tuttavia, restringendo l’analisi agli ultimi 5 anni l’Italia è tra i Paesi che crescono più lentamente rispetto all’indice generale proposto dall’EIGE; in particolare, i miglioramenti del nostro Paese sono complessivamente inferiori rispetto alla media dei Paesi del sud Europa. Mentre l’Osservatorio JobPricing nostrano ci dice che le dimensioni in cui questi sono più significativi sono potere (meglio della media UE, ma peggio della media del sud Europa) e salute (meglio della media UE e della media del sud Europa): insomma non è facile farsi una idea compiuta perché ognuno utilizza criteri particolari e indici analizzati dal WEF ed EIGE sintetizzano il gender gap utilizzando degli indicatori diversi. Comunque, gli indicatori che più incidono nel totalizzare un punteggio inferiore rispetto alla media europea sono la partecipazione al mercato del lavoro, il potere sociale e la partecipazione e livello di istruzione conseguito. La partecipazione al mercato del lavoro combina due indicatori: il tasso di occupazione equivalente a tempo pieno (ETP) e la durata della vita lavorativa; il potere sociale, presentato per la prima volta, include invece dati sul processo decisionale nelle organizzazioni di finanziamento della ricerca, nei media e nello sport; il livello di istruzione conseguito e partecipazione prende infine in considerazione la percentuale di donne e uomini laureati e la partecipazione di donne e uomini all’istruzione e alla formazione formale e non formale nel corso della vita. Quello che emerge dalla lettura storica dei vari indici è che, sebbene il numero di donne con istruzione terziaria sia aumentato più degli uomini, meno donne hanno avuto la possibilità di partecipare ad attività di istruzione formale e informale durante l’anno della pandemia. Il vero divario di genere nell’ambito della conoscenza, così come misurato dall’EIGE, sta nella scelta delle aree disciplinari già alle scuole superiori, che si acuisce poi con la scelta delle università. È evidente che questa tipologia di divario ha un impatto molto forte su quanto accade nella fase successiva della vita delle donne: la carriera lavorativa. Le laureate sono maggiormente concentrate nelle discipline umanistiche. Gli ambiti disciplinari di Insegnamento, Linguistico e Psicologico vedono le donne superare l’80% di presenze, contro solo meno del 20% degli uomini. Gli ambiti disciplinari che registrano la parità tra i titoli conseguiti sono quelli di economia e di agraria e veterinaria, mentre si avvicina l’architettura e l’ingegneria civile. Le discipline informatiche ed ingegneristiche osservano invece una prevalenza maschile che, pur non arrivando agli stessi livelli delle discipline a maggior concentrazione femminile, si attesta tra il 70% e l’80%. Nonostante le differenze di scelta di corsi però, le donne ottengono voti più alti non solo a livello medio, ma in quasi tutte le aree disciplinari, ad eccezione di quello letterario e dell’Informatica e tecnologie ICT: ecco perché quando si parla di povertà educativa bisogna intervenire subito sull’orientamento scolastico delle ragazze verso le materie stem perchè agire efficacemente sul gender gap, dunque, significa far avvicinare le bambine e le ragazze alle materie STEM superando gli stereotipi che, ad oggi, portano le giovani a scegliere percorsi di tipo umanistico che nell’economia odierna ne potrebbero limitare le opportunità professionali. Dai dati Invalsi sappiamo che in matematica dalla seconda elementare la differenza rilevata non risulta statisticamente significativa, ma al quinto anno delle scuole primarie il divario di genere raggiunge l’ampiezza massima: 13 punti di distacco. Un dato che ci ricorda dell’importanza di investire sull’educazione alla parità e allo sviluppo delle capacità fin dai primi anni di scuola. Anche in terza media l’Italia è uno dei 6 stati su 39 rilevati dove i maschi vanno meglio delle ragazze nelle scienze. In 18 non vi sono differenze rilevanti, in altri 15 al contrario sono le studentesse a performare meglio. E poi vero è che fondamentale investire sulla valorizzazione delle potenzialità di tutte e tutti, a prescindere dal genere. Sono i dati Ocse a indicare che le ragazze che hanno maggiore fiducia nelle proprie capacità raggiungono risultati analoghi a quelli dei compagni nei test di matematica, ma in gran parte dei Paesi e delle economie che partecipano all’indagine Pisa, le ragazze ottengono risultati meno buoni rispetto ai ragazzi in matematica. Generalmente, le ragazze hanno meno fiducia rispetto ai ragazzi nelle proprie capacità di risolvere problemi di matematica o nel campo delle scienze esatte. Tuttavia, quando si confrontano i risultati di matematica tra ragazzi e ragazze con livelli simili di fiducia in sé stessi e di ansia rispetto alla matematica, il divario di genere scompare. Tali differenze possono essere ricostruite partendo dai dati della rilevazione Invalsi 2020/21, disaggregati per macroaree. Solo per citare alcuni dati in terza media, si attestano al livello di competenza 1 in matematica (il più basso) mediamente il 22,3% delle ragazze italiane (20,9% tra i maschi). Questa percentuale è più contenuta nel nord-est, dove scende al 15,1% e si attesta comunque al di sotto della media nel nord-ovest (17,5%) e nel centro (18,3%). Mentre sale al 30,9% nella ripartizione “sud” e al 34,6% in quella “sud e isole”. Ora la polarizzazione del lavoro e la crescente domanda di professionisti in ambito digitale e tecnologico implicano la crescente necessità di competenze che si ottengono prevalentemente nei percorsi STEM. L’autoesclusione sistematica delle ragazze da queste discipline è quindi un fattore che potenzialmente incrementerà la disoccupazione femminile e il gender pay gap di domani. L’occupazione femminile rimane anch’essa congelata: il ricorso al part-time non è solo frutto di una scelta volontaria, collegata alla necessità di conciliazione tra lavoro e vita familiare, ma nel mercato del lavoro italiano, negli ultimi anni, è stata più spesso una scelta delle imprese – più che per esigenze di lavoratori e lavoratrici – effettuata come mezzo di sostegno ai periodi di crisi economica. Secondo ISTAT però, il part-time cosiddetto involontario presenta l’ennesimo gap di genere: viene imposto maggiormente alle donne e, in generale, è più diffuso nei settori ad alta concentrazione femminile, quale ad esempio, i servizi alle famiglie. Altro fondamentale criterio per la misurazione del gender gap è il differenziale salariale. Il differenziale salariale di genere viene di solito definito come la differenza tra i salari medi degli uomini e i salari medi delle donne. Le ragioni per l’esistenza di questa differenza sono molteplici, molte di queste osservabili. Il gap sulle ore lavorate, ad esempio, è una di queste: se si considera il salario di un uomo che lavora full-time e di una donna che, pur svolgendo lo stesso ruolo, lavora part-time, il loro salario mensile sarà differente in quanto vi è un gap di tempo dedicato al lavoro. Ed è dimostrato che conducendo, attraverso Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ IV/4 (2023) ISSN 2704-7245 16 specifiche tecniche, analisi più approfondite ed accurate è comunque possibile dimostrare come spesso esista un differenziale salariale che non è riconducibile a nessuna caratteristica osservabile degli individui, e che quindi è potenzialmente riconducibile a mera discriminazione. In un progressivo rafforzamento delle azioni a livello istituzionale, sia nazionale che internazionale, è necessario attivare percorsi virtuosi, a tutti i livelli della cd. “società civile”: in famiglia, all’interno delle scuole e delle università, fino ad arrivare alle imprese. Proprio le imprese possono svolgere un ruolo centrale, attraverso iniziative interne di formazione e sensibilizzazione, attraverso l’introduzione o la modifica di policy in senso inclusivo, e attraverso il ruolo di promotrici di cambiamento che possono ricoprire all’interno della comunità. Ma attenzione alla cultura del business che è stata introdotta dalla Certificazione della Parità di Genere sui luoghi di lavoro, e il suo derivante strumento di misurazione dettato dalle linee guida UNI/PDR 125:2022 o dagli strumenti di misurazione proposti da altri Enti certificatori sbocciati come funghi e altri ancora, che pubblicizzano questa certificazione a pagamento come punta avanzata di un approccio che dovrebbe cambiare le cose ma porta in dote solo decontribuzioni alle imprese, perché la discriminazione femminile si supera con la cultura dell’organizzazione e non con premi per chi dimostra di non discriminare platealmente ma applica nei fatti l’esclusione delle donne che sempre più spesso difficilmente ricorrono in giudizio. Alessandra Servidori
Lavoro, sviluppo e welfare. Le proposte socialiste per il Paese” PROGRAMMA – Bologna 26/03/2023 Hotel Carlton
“Lavoro, sviluppo e welfare. Le proposte socialiste per il Paese” PROGRAMMA – Bologna 26/03/2023 Hotel Carlton – BOLOGNA -Programma della mattina
ore 10 – Apertura Marco Strada – Tesoriere Naz. e Segretario Psi Bologna-Francesco Bragagni – Segretario Reg. Psi E-R Matteo Lepore – Sindaco di Bologna-Dalle ore 10.30 alle 14 – Speech Coordina Alessandra Servidori Il lavoro in Italia, la strategia-dell’Unione Europe con il Next Generation Eu, il programma Gol e i fondi FSE-Marco Leonardi, Professore di Economia Università Milano e già Capo DIPE Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dignità, sussidi e valorizzazione del lavoro in un welfare che cambia-Elsa Fornero, già Ministro del Lavoro e Professoressa di Economia politica Università di Torino -La formazione strategica per lo sviluppo significa riempire il lavoro di occupazione cognitiva-Emmanuele Massagli, Presidente ADAPTLa logistica nuova frontiera del lavoro globale e nuove professionalità-Sonia Sovilla, Funzionaria Filt CGIL-Lavoro e organizzazioni produttive: incontro tra domanda /offerta sostenute da intermediazione e bilateralità -Alessandro Ramazza, Presidente Ebitemp-Separare le politiche attive per il lavoro dalle politiche di sostegno alla povertà oggi e in prospettiva con un reddito di cittadinanza modificato in Mia-Giuliano Cazzola, Giurista-Il Tasso di Occupazione femminile Ocse e il nostro anacronistico differenziale: come creare effettivo vantaggio competitivo-Barbara Maiani, Direttore del Personale e Consulente del lavoro Lavoro prevenzione salute all’interno del mondo e del mercato odierno e nei contesti produttivi-Cesare Damiano, già Ministro del Lavoro e componente del Consiglio d’amministrazione Inail -Gestione dei conflitti sul luogo di lavoro: sistema complesso e in continua evoluzione Roberto Camera, Esperto diritto del lavoro dirige il sito internet ttp://www.dottrinalavoro.it -Unione Europea e Direttiva Salario Minimo Italiano: è una azione che contrasta i bassi salari, il lavoro povero, la differenza salariale femminile?Marco Bentivogli, già dirigente nazionale Cisl ora coordinatore di Base Italia-
Conclude ENZO MARAIO SEGRETARIO NAZIONALE PSI
Dalle ore 15 Interventi e discussioni
“Lavoro, sviluppo e welfare. Le proposte socialiste per il Paese”PROGRAMMA – Bologna 26/03/2023 Hotel Carlton – BOLOGNA -Programma della mattina
ore 10 – Apertura Marco Strada – Tesoriere Naz. e Segretario Psi Bologna-Francesco Bragagni – Segretario Reg. Psi E-R Matteo Lepore – Sindaco di Bologna-Dalle ore 10.30 alle 14 – Speech Coordina Alessandra Servidori Il lavoro in Italia, la strategia-dell’Unione Europe con il Next Generation Eu, il programma Gol e i fondi FSE-Marco Leonardi, Professore di Economia Università Milano e già Capo DIPE Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dignità, sussidi e valorizzazione del lavoro in un welfare che cambia-Elsa Fornero, già Ministro del Lavoro e Professoressa di Economia politica Università di Torino -La formazione strategica per lo sviluppo significa riempire il lavoro di occupazione cognitiva-Emmanuele Massagli, Presidente ADAPTLa logistica nuova frontiera del lavoro globale e nuove professionalità-Sonia Sovilla, Funzionaria Filt CGIL-Lavoro e organizzazioni produttive: incontro tra domanda /offerta sostenute da intermediazione e bilateralità -Alessandro Ramazza, Presidente Ebitemp-Separare le politiche attive per il lavoro dalle politiche di sostegno alla povertà oggi e in prospettiva con un reddito di cittadinanza modificato in Mia-Giuliano Cazzola, Giurista-Il Tasso di Occupazione femminile Ocse e il nostro anacronistico differenziale: come creare effettivo vantaggio competitivo-Barbara Maiani, Direttore del Personale e Consulente del lavoro Lavoro prevenzione salute all’interno del mondo e del mercato odierno e nei contesti produttivi-Cesare Damiano, già Ministro del Lavoro e componente del Consiglio d’amministrazione Inail -Gestione dei conflitti sul luogo di lavoro: sistema complesso e in continua evoluzione Roberto Camera, Esperto diritto del lavoro dirige il sito internet ttp://www.dottrinalavoro.it -Unione Europea e Direttiva Salario Minimo Italiano: è una azione che contrasta i bassi salari, il lavoro povero, la differenza salariale femminile?Marco Bentivogli, già dirigente nazionale Cisl ora coordinatore di Base Italia-
Conclude ENZO MARAIO SEGRETARIO NAZIONALE PSI
Dalle ore 15 Interventi e discussioni
“Lavoro, sviluppo e welfare. Le proposte socialiste per il Paese”PROGRAMMA – Bologna 26/03/2023 Hotel Carlton – BOLOGNA -Programma della mattina
ore 10 – Apertura Marco Strada – Tesoriere Naz. e Segretario Psi Bologna-Francesco Bragagni – Segretario Reg. Psi E-R Matteo Lepore – Sindaco di Bologna-Dalle ore 10.30 alle 14 – Speech Coordina Alessandra Servidori Il lavoro in Italia, la strategia-dell’Unione Europe con il Next Generation Eu, il programma Gol e i fondi FSE-Marco Leonardi, Professore di Economia Università Milano e già Capo DIPE Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dignità, sussidi e valorizzazione del lavoro in un welfare che cambia-Elsa Fornero, già Ministro del Lavoro e Professoressa di Economia politica Università di Torino -La formazione strategica per lo sviluppo significa riempire il lavoro di occupazione cognitiva-Emmanuele Massagli, Presidente ADAPTLa logistica nuova frontiera del lavoro globale e nuove professionalità-Sonia Sovilla, Funzionaria Filt CGIL-Lavoro e organizzazioni produttive: incontro tra domanda /offerta sostenute da intermediazione e bilateralità -Alessandro Ramazza, Presidente Ebitemp-Separare le politiche attive per il lavoro dalle politiche di sostegno alla povertà oggi e in prospettiva con un reddito di cittadinanza modificato in Mia-Giuliano Cazzola, Giurista-Il Tasso di Occupazione femminile Ocse e il nostro anacronistico differenziale: come creare effettivo vantaggio competitivo-Barbara Maiani, Direttore del Personale e Consulente del lavoro Lavoro prevenzione salute all’interno del mondo e del mercato odierno e nei contesti produttivi-Cesare Damiano, già Ministro del Lavoro e componente del Consiglio d’amministrazione Inail -Gestione dei conflitti sul luogo di lavoro: sistema complesso e in continua evoluzione Roberto Camera, Esperto diritto del lavoro dirige il sito internet ttp://www.dottrinalavoro.it -Unione Europea e Direttiva Salario Minimo Italiano: è una azione che contrasta i bassi salari, il lavoro povero, la differenza salariale femminile?Marco Bentivogli, già dirigente nazionale Cisl ora coordinatore di Base Italia-
Conclude ENZO MARAIO SEGRETARIO NAZIONALE PSI
Dalle ore 15 Interventi e discussioni
Marco Biagi : il suo lavoro a 21 anni dal suo martirio
Alessandra Servidori https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/cosi-modernizzo-listituto-del-collocamento-2c933719
Nella sfida del governo del mercato del lavoro e dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro è importante valorizzare l’attualità del lavoro del Prof. Marco Biagi e quella rottura virtuosa rispetto agli schemi consolidati del passato, anche per le rilevanti innovazioni contenute nella Legge che porta il suo nome, che valorizza e amplia il superamento del monopolio pubblico del collocamento sancito dalla Corte di Giustizia europea dalla legge 24 del 1997 e dalla Convenzione OIL. Fu deciso che l’istituto del collocamento fosse modernizzato,e per scelta consapevole del legislatore comparatista Biagi nella convinzione che pervade ora tutto l’impianto della riforma e non più solo il segmento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro.Nella economia della conoscenza i paradigmi dello sviluppo economico e quelli della tutela del lavoratore non risultano strutturalmente collidenti, ma tendono anzi a convergere nella valorizzazione della persona. La legge Biagi è attualissima, incardinata nell’ambito della Strategia europea per l’occupazione con il metodo del coordinamento aperto per obiettivi che ci permette oggi di interfacciarci con il Consiglio e la Commissione per la modernizzazione dei servizi per l’impiego e della intera strumentazione giuridica di governo del mercato del lavoro impegnandoci con priorità in una effettiva rete di servizi per l’occupazione, con particolare attenzione ai giovani,donne,immigrati,specie nel sud,per l’accesso a servizi personalizzati e la partecipazione a efficienti schemi di politica attiva del lavoro, senza ulteriori ritardi nel rapporto tra Centri per l’impiego e agenzie di intermediazione,il tutto in capo ad Anpal augurandoci un ruolo virtuoso, ripensando la relazione tra Regioni in materia di difficile concorrenza su livelli dello Stato tra formazione e occupazione. A Marco Biagi massacrato dalle br per la sua devozione alle riforme indispensabili,un rinnovato forte sentimento di gratitudine con la promessa di andare avanti.
Radio in blu tutti i martedì mattina commento in diretta su lavoro sviluppo welfare
Alessandra Servidori https://www.radioinblu.it/streaming/?vid=_yhauhtyb
Sul Reddito di cittadinanza girano le bozze delle “novità” che dovrebbero essere discusse e poi ufficialmente approvate dal Ministro Calderone e poi mandate in CDM ,e per ora ad una attenta lettura delle interviste e delle righe a disposizione registriamo che al netto delle risorse della legge di bilancio per sostenere il costo delle bollette e non per l’assegno unico che è già stato finanziato con la legge di bilancio precedente, le risorse per il RDC che dovrebbe denominarsi MIA sono destinate ad una platea del 30 % in meno. Cio’ in conseguenza dell’ Isee abbassato da 9360 euro a 7.200 per la domanda di possibili percettori del sussidio prevedendo l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro e quindi formazione per essere occupati affidata all’ennesima nuova piattaforma digitale in capo ad Anpal ( ingessata perchè in preda a cambio di direzione) e comunque piattaforma che esiste già ma fino ad ora non ha dato segni di virtuoso funzionamento.Anzi. Lo slogan comunque legato alla politica è che i percettori del sussidio devono essere ridotti. Sappiamo bene che l’errore di fondo è confondere i sussidi per la povertà con le politiche attive. E’ qui la questione ed è legata ad una diminuzione da 8,8 miliardi a 7 miliardi senza una riforma vera e propria ma con una certa confusione . Una riforma complessiva è necessaria e possibile ma non a interventi /spezzoni come si sta procedendo. Rischiamo il dissanguamento delle risorse che in questi anni abbiamo speso cioè ben 15 miliardi per il circuito dei centri per l’impiego regionali senza avere risultati sull’occupabilità. Anpal ha fallito già con i Navigator che non riescono neanche ad essere assunti dalle Regioni. Noi prima di tutto dobbiamo avere i dati certi dai territori di chi è veramente in povertà, dobbiamo fare subito un lavoro di censimento, e stabilire che la soglia di povertà ha situazioni diverse : per esempio un anziano solo non autosufficiente in una città ha chiaramente bisogno di sostegni diversi da altri e solo chi è sul territorio, istituzioni e terzo settore, sanno darti il criterio di orientamento e offrire un sostegno personalizzato. Per le politiche attive per contrastare la disoccupazione abbiamo bisogno di una pluralità di operatori sul territorio per la formazione perché sappiamo bene quali sono le richieste delle aziende di basse qualifiche ma anche di alta formazione ma i tre quarti dei percettori di reddito di cittadinanza ha solo la terza media e spesso neanche quella.Dunque come investire i 4,2 miliardi per formazione del Pnrr e Gol ? devono essere spesi nel migliore dei modi e sappiamo bene che la politica degli sgravi alle aziende per assumere stabilmente NON funziona , anche perché non è il bene dell’azienda che chiede percorsi di nuove figure professionali formate. E’ come drogare il mercato con il metadone. Dobbiamo subito procedere alla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 che va cambiata perché questa confusione tra poteri delle Stato e delle Regioni e dei territori in 22 anni in materia di politiche attive e anche sanità NON ha funzionato e ci ha dissanguato. Mettere mano e subito all’Art 117 della Costituzione chiarendo il ruolo dello Stato e delle Regioni e soprattutto della Conferenza Stato Regioni è fondamentale. Partire da lì è possibile se la politica ha coraggio.
NULLA DA FESTEGGIARE:PERO'TENIAMO BOTTA
Alessandra Servidori 8 marzo NULLA DA FESTEGGIARE :PERO' TENIAMO BOTTA
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TUTTEPERITALIA con il Festival la Sicilia e la Calabria delle donne-Festival del genio femminile
INIZIATIVA NUOVA E POLITICAMENTE CORRETTA
ADERIAMO COME TUTTEPERITALIA AL FESTIVAL “ La Sicilia e la Calabria delle Donne – Festival del genio femminile"
Su proposta di STEFANIA SCOGLIO attivissima Socia siciliana di TUTTE PER ITALIA Associazione Nazionale che quest’anno compie 10 anni dalla sua fondazione aderiamo al Festival con l’obiettivo generale che è quello di valorizzare della presenza in territori di appartenenza di figure femminili che hanno donato con la loro forza significante il manifestarsi delle loro soggettività all’interno di differenti contesti, in tutti gli ambiti dell’espressività e i settori dell’arte, del pensiero, della scienza. Una molteplicità di voci, di sguardi, di immaginari diversissimi, che però formano le trame di un tessuto attraverso cui leggere i nostri territori, narrando simbolicamente di queste donne le “storie”, le “imprese”, l’impegno, i percorsi, i risultati raggiunti nei vari campi, in una parola il genio. Il festival, in breve, si propone di sottrarre all’invisibilità, divulgare e radicare nei territori le tante figure di donne vissute in Sicilia e in Calabria , cancellando l’assenza, colmando le lacune di un ingiusto “vuoto di memoria”, tentando il recupero non solo di nomi, ma di personalità versatili: volti e storie nei più diversi luoghi di Sicilia e Calabria segnati dalla loro presenza. Dopo la prima fortunata edizione dedicata alle “Donne in scena”, che ha visto come protagoniste le tante donne che hanno dominato la scena come musiciste, cantanti, attrici di cinema e teatro, scenografe, costumiste, danzatrici, e la seconda fortunatissima edizione dedicata alle “Donne di carta” ossia alle scrittrici e talora anche a personaggi femminili di opere letterarie, questa terza edizione affronterà il tema “Donne Politica e Istituzioni”, dalla storia antica ai nostri giorni, con la sola limitazione che le figure siano donne non più viventi. Per quanto attiene il tema di questa terza edizione, è appena il caso di ricordare che le Istituzioni sono Enti che si occupano di interessi generali, ma il termine ha una grande varietà di significati. Istituzioni sono le scuole, gli ospedali, le imprese economiche, la Difesa, i Tribunali. Istituzioni politiche sono i Partiti l’intero meccanismo dei Governi, i Sindacati ,le associazioni come noi. Noi come TUTTEPERITALIA ci mettiamo in cammino in questo viaggio di genere perché questo 8 marzo 2023 segni anche un abbraccio culturale e di impegno concreto , e dall'Emilia Romagna con LAURA BASSI VERATTI la prima docente universitaria bolognese di Filosofia sperimentale che nel 700 ha tracciato la strada dell'impegno accademico scientifico, faremo un viaggio nella sua storia e nel suo esempio.
Alessandra Servidori Fiorella Fiore Barbara Maiani Stefania Scoglio e tante tante altre …….
ESN IMPARARE DA POLONIA ROMANIA MOLDAVIA come sostenere i rifugiati ucraini che fuggono dalla maledetta guerra-
ALESSANDRA SERVIDORI
ESN IMPARARE DA POLONIA ROMANIA MOLDAVIA come sostenere i rifugiati ucraini che fuggono dalla maledetta guerra-
Noi lo facciamo un serio monitoraggio?
Mentre il primo anniversario della guerra in Ucraina inasprisce la tragedia sociale noi TUTTEPERITALIA come soci ESN –EUROP SERVICES NETWORK - abbiamo approfondito l'impatto sui servizi sociali in prima linea nella continua crisi umanitaria soprattutto coinvolgendo i paesi confinanti con l'Ucraina per conoscere le loro risposte immediate e le sfide alla luce dell'arrivo di milioni di rifugiati ucraini alle loro porte. Si è evidenziato i programmi messi in atto dai servizi sociali, il sostegno continuo che è stato necessario e ci ha aiutato a valutare come le autorità nazionali ed europee potrebbero aiutare il lavoro dei servizi sociali a lungo termine. Un anno dopo con Polonia Romania e persino Moldavia ancora più povera , abbiamo potuto apprezzare che il sostegno dei servizi sociali alle persone ucraine in fuga dalla guerra - per lo più donne con bambini - non riguardava solo la risposta iniziale, ma anche risposte generali che affrontano le esigenze di inclusione sociale a lungo termine. In alcuni comuni della Romania , la direzione dell'assistenza sociale della città ha guidato un'importante rete di agenzie locali e ONG per acquistare e distribuire prodotti essenziali come cibo non deperibile, acqua, prodotti per l'igiene o medicine essenziali. Le esigenze si sono evolute nel tempo; Mentre inizialmente l'alloggio era la questione più urgente, l'istruzione, la sanità e il sostegno finanziario sono ora al centro della scena.I servizi sociali comunali hanno sottolineato che i partenariati con le organizzazioni del terzo settore sono stati fondamentali per poter fornire sostegno negli ultimi 12 mesi, altrimenti non sarebbero stati in grado di far fronte solo al proprio bilancio.L'arrivo di bambini traumatizzati dalla guerra ha lasciato il segno e rappresentano le urgenze più evidenti che accudiscono insieme ai loro bambini con difficoltà di sviluppo cercando di assicurare loro un rifugio sicuro. Il dipartimento del Fondo sociale europeo presso il governo regionale della Slesia in Polonia, sottolinea che mentre la risposta iniziale della popolazione locale è stata molto positiva, c'è stato un calo di entusiasmo mentre la guerra si trascina e ora il governo regionale e locale insieme alle ONG deve assumersi ulteriori responsabilità per sostenere l'inclusione sociale dei rifugiati ucraini in un contesto di crescente povertà e malcontento sociale, che rende l'integrazione ancora più difficile. Promuovere l'integrazione nel mercato del lavoro dei rifugiati ucraini è fondamentale per la loro inclusione sociale in modo che possano contribuire finanziariamente all'economia ospitante e sentirsi inclusi nella società. All'inizio è evidente che si sono concentrati sugli aiuti umanitari, ma ora stanno affrontando le conseguenze economiche e dunque conoscere le loro qualifiche professionali e la loro formazione può aiutare a capire meglio come possono contribuire al mercato del lavoro, e stanno monitorando i loro dati per ottenere un quadro migliore in modo che i funzionari locali del lavoro siano più efficaci nell'attivazione professionale dei rifugiati e, si spera, riescano ad avere un impatto positivo nella loro più ampia integrazione sociale all'interno della comunità locale. In Romania l'integrazione nel mercato del lavoro è diventata una preoccupazione primaria per i servizi sociali nel comune insieme all'accesso alle prestazioni sociali, al sostegno dei bambini ucraini nelle scuole, all'accesso all'assistenza sanitaria e all'alloggio.I loro servizi locali offrono ai rifugiati consulenza sociale, prestazioni sociali in base alla loro situazione, come mense sociali o reddito minimo, e li indirizzano ad altre agenzie responsabili dell'istruzione, della salute e dell'occupazione.Queste testimonianze dimostrano che una parte fondamentale del successo dell'integrazione dei rifugiati ucraini nelle comunità locali in tutta Europa implica la cooperazione tra servizi e settori locali e tra autorità locali e nazionali in modo che coloro che lavorano localmente abbiano accesso alle risorse di cui i rifugiati hanno bisogno. Questi includono la creazione di ulteriori posti nelle strutture di cura ed educative come asili nido, club per bambini, asili e scuole; fornire a donne e bambini un sostegno psicologico regolare per aiutarli a superare il trauma della guerra; garantire l'accesso all'alloggio; indirizzandoli all'assistenza sanitaria, in particolare assicurando che i bambini abbiano le giuste vaccinazioni (tra cui morbillo, poliomielite e persino tubercolosi). Infine, l'inclusione sociale implica il lavoro attraverso le agenzie in modo che i rifugiati abbiano accesso a un lavoro in linea con le loro qualifiche professionali in modo che possano alzarsi in piedi e contribuire all'economia locale.E noi lo facciamo un serio monitoraggio ?
PD : il nuovo che non c'è
Alessandra Servidori PD : IL NUOVO CHE NON C'E'
Il rispetto per la vera democrazia insegnerebbe di togliersi il cappello di fronte ai risultati delle cd primarie del PD, ma la mia personale premessa al di là che Schlein è una giovane signora che ha vinto una competizione, tutto il percorso del PD è stato all’insegna della confusione, non ancora finita, opportunistica idea di democrazia diretta. Dunque, ha vinto Elly Schlein 54 a 46, e l’esito dimostra da un lato l’assurdità di uno statuto che fa eleggere il segretario del partito non dagli iscritti, come sarebbe logico, ma da una quarantenne un po’ snob apparentata alle sardine che ci eravamo augurati tornassero nella scatola. Si dimostra anche il distacco dell’apparato Pd dal sentire dei suoi elettori, dimostrazione anche lampante della lontananza che in questi anni il Pd ha avuto dalla società reale che non è solo società liquida di genere, persecuzione del patriarcato ossessivo, priorità della crisi climatica,idee politiche confuse legate alla pretesa dei diritti,l’ossessione compulsiva di non riconoscere chi e come ha vinto le elezioni ,con una presunzione ridicola di accuse di incompetenza,molto troppo similpentastellata.Il derby tra 2 candidati inizialmente 4, poi selezionati darwinamente in 2 ,che per mesi e mesi si sono spesso rincorsi per bastonare tutti gli sbagli compiuti dal partito negli ultimi anni e ovviamente chi lo ha guidato, mi è apparso anacronistico. Un coro senza pietà e soprattutto senza una proposta concreta sicuramente da parte di Schlein che di questo partito non faceva parte e un po’ meno di Stefano Bonaccini, che solo ultimamente da buon amministratore che è, al Congresso della Lega delle Cooperative ho finalmente sentito individuare nel Pnrr il rischio di una mancata opportunità di realizzazione come una clava che si abbatte sull’economia italiana .Forse una sinistra moderna con una identità definita, idee, proposte e politiche chiare sulla guerra e non pacifista taroccata,la ferma contrarietà per l’abolizione insana di una pur presente struttura industriale per affrontare invece con giudizio la crisi climatica e di confronto ragionata con la Ue, una politica del mercato del lavoro strettamente legata ad una formazione adeguata dei giovani, a una riforma del sistema di welfare, delle politiche familiari, del terzo settore, di inclusione per esercitare diritti e doveri di una giustizia sociale che freni lo strapotere di una magistratura quella sì inadeguata, credo che avrebbe aiutato la rinascita del Pd, che attenzione, non rappresenta l’intera sinistra. Perché quel milione e trecentomila che hanno partecipato domenica scorsa ai gazebo sono un popolo molto molto troppo eterogeneo , davvero tutti romanticamente desiderosi di cambiamento ? E’ una fragile ambiguità .Ora la cd sinistra, quello spazio lì, è occupato dai penta stellati che ne rincorrono la rimonta populista e flirtano con Elly, dai movimentisti reazionari e rivoluzionari travestiti da anarchici che si infiltrano terroristicamente nel dissenso civico, e altri che hanno interesse a squassare non a unire. AI gazebo spalancati a tutti ,diciamolo , non sono andati solo le cittadine e i cittadini che condividono una visione di mondo di paese di progetto collettivo che non ha più corrispondenza reale e concreta. Questo è bene averlo ben presente.
Il 4 febbraio in tutto il mondo è la giornata dedicata alla lotta contro il cancro :WORLD CANCER DAY
Alessandra Servidori Il 4 febbraio in tutto il mondo è la giornata dedicata alla lotta contro il cancro :WORLD CANCER DAY
https://www.startmag.it/sanita/giornata-cancro-piano-oncologico-nazionale/
Il 4 febbraio si celebra la giornata mondiale contro il cancro: è un buon momento per discutere del nuovo piano oncologico nazionale. L’intervento di Alessandra Servidori
Il 4 febbraio in tutto il mondo è la giornata dedicata alla lotta contro il cancro: il World Cancer Day.
Sarebbe l’occasione anche stavolta, come abbiamo già cominciato a fare da alcuni anni come associazioni e come TutteperItalia, ad una informazione e anche formazione vera su questa malattia devastante. Noi ci proviamo perché non tutti gli italiani sono stati debitamente informati che il 26 gennaio scorso è stato finalmente approvato il nuovo Piano oncologico nazionale, già ratificato dalla Conferenza Stato-Regioni, che ha come obiettivo di innovare profondamente gli strumenti socio sanitari dedicati a questa flagellante malattia che ha ripercussioni drammatiche anche sul lavoro.
COSA PREVEDE IL PIANO ONCOLOGICO NAZIONALE
Il piano oncologico nazionale, documento di pianificazione e indirizzo per la prevenzione del contrasto del cancro 2023-2027, approvato dopo un lungo iter, è legato ad un Fondo per la sua implementazione, che nasce nel decreto milleproroghe, con una dotazione pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni, ed è destinato al potenziamento delle strategie e delle azioni per prevenzione, diagnosi, cura e assistenza del malato oncologico, definite nel piano.
Le potenzialità di detto piano sono rappresentate da un approccio globale intersettoriale, con una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico, compreso il miglioramento delle cure e la prevenzione delle recidive, ponendo l’attenzione sulla centralità del malato e sulla riduzione o eliminazione delle diseguaglianze nell’accesso agli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione.
Le misure per “facilitare l’integrazione sociale e il reinserimento nel luogo di lavoro, compreso l’adattamento delle condizioni di lavoro per i malati di cancro – si legge nel Piano – dovrebbero essere parti integranti del percorso dei pazienti”.
GLI OBIETTIVI DELLA COMMISSIONE EUROPEA
È giusto rilevare che questo documento fissa soltanto le linee di indirizzo da perseguire per ridurre l’impatto dei tumori sulla società. Per confermare la volontà di svolgere la propria parte per ridurre l’epidemia dei tumori, serve che il governo metta a disposizione adeguate coperture finanziarie perché attraverso la Mission on Cancer e il Piano europeo di lotta contro il cancro, la Commissione europea ha chiesto a tutti gli stati membri di impegnarsi concretamente per salvare almeno tre milioni di vite e aumentare dal 47 al 75 per cento il tasso di sopravvivenza per tutti i tumori entro il 2030.
Traguardi che, secondo il piano d’azione stilato dalla Commissione, possono essere raggiunti agendo lungo chiare direttrici: potenziando i servizi di prevenzione (quasi 4 casi di cancro su 10 sono evitabili), migliorando l’accesso anche alle terapie più avanzate e la qualità della vita di chi ha superato la fase acuta della malattia (oltre 1,2 milioni di persone in Italia).
Per dare seguito a questi obiettivi, i singoli stati membri possono contare anche su una serie di iniziative e finanziamenti messi a disposizione da Bruxelles per complessivi 4 miliardi di euro. Sostegni che, per essere erogati, richiedono però che ogni paese specifichi le voci di spesa necessarie per il raggiungimento degli obiettivi fissati nel Piano. È il momento di stanziare le coperture finanziarie necessarie al rispetto di ogni singola voce indicata nel Piano per rafforzare la prevenzione, incrementare la diagnosi precoce, migliorare l’accesso alle terapie e garantire a tutti i sopravviventi i servizi sanitari e sociali di cui si continua ad avere bisogno anche una volta superata la fase acuta della malattia.
LE DISCRIMINAZIONI SUL LAVORO VERSO I MALATI DI CANCRO
Nonostante le tutele garantite dalla legge, molte persone subiscono penalizzazioni sul lavoro a causa di una malattia oncologica: discriminazioni, mobbing, demansionamento o comunque mancati avanzamenti di carriera. Sono forme di discriminazioni subdole, spesso difficili da contrastare perché sfuggono al controllo della legge: il cambiamento di un ruolo, l’allontanamento da compiti di responsabilità ricoperti prima della malattia, l’eccessiva rigidità nell’applicazione delle regole. E le cose sono più complicate per i lavoratori autonomi che godono di minori tutele: in questo caso la malattia può essere vista dai clienti come causa di scarsa affidabilità.
La legge considera discriminazioni sanzionabili quelle in cui una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga a causa di una condizione personale (per esempio, non ottenere una promozione per le condizioni di salute), oppure quelle in cui comportamenti apparentemente neutrali messi in atto dal datore di lavoro in realtà sono finalizzati a penalizzare una specifica persona (assegnare un premio di produttività esclusivamente sulla base del numero di giornate di presenza sul luogo di lavoro).
Si possono affrontare e gestire le diverse disabilità oncologiche sul luogo di lavoro, individuando le mansioni più idonee ed eventualmente adattandone le modalità di svolgimento alle specificità del singolo lavoratore anche in modalità smart, recuperando in tal modo professionalità che altrimenti potrebbero andare perdute. Alla medicina di precisione o medicina personalizzata devono corrispondere “accomodamenti personalizzati” sul posto di lavoro.
I RISCHI DELL’AUTONOMIA REGIONALE
Una ragionevole preoccupazione è la recente approvazione del DDL che consente la regionalizzazione differenziata di tutte le 23 materie; prevede un avvio della regionalizzazione con un finanziamento dei servizi trasferiti calcolato sulla “spesa storica”, a regime prefigura tasse regionali e il trattenimento dei tributi su base territoriale, rompendo ogni idea di perequazione. Ad esempio una maggiore autonomia legislativa, amministrativa ed organizzativa in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi darebbe l’avvio a un sistema assicurativo – mutualistico al di fuori di qualsiasi, anche labile (come attualmente), normativa nazionale.
La richiesta di contrattazione integrativa regionale per i dipendenti del SSN, a cui si aggiunge una autonomia in materia di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero professionale mette in atto una concorrenza fra Regioni e provocherà un ulteriore trasferimento di personale nelle Regioni più ricche, determinando un aumento della mobilità interregionale, in particolare dal Sud al Nord e un incremento delle diseguaglianze; già attualmente le differenze regionali, specie per il personale infermieristico, sono rilevantissime e vanno ridotte, non certo aumentate. Inoltre metterebbe dei freni alla contrattazione collettiva a livello centrale, la stipula di contratti a tempo determinato di “specializzazione lavoro” per i medici, alternativi al percorso delle scuole di specializzazione; la programmazione delle borse di studio per i medici specializzandi e la loro integrazione operativa con il sistema aziendale; l’adozione di decisioni basate sull’equivalenza terapeutica, tra medicinali contenenti differenti principi attivi alle quali AIFA dovrà rispondere entro 180 giorni nel merito adottando un parere obbligatorio e vincolante sull’intero territorio nazionale.
Nell’ambito di un Servizio sanitario nazionale volto ad assicurare il diritto alla salute per tutte le persone, se a bisogni differenti non si deve rispondere con uguali criteri, a problematiche identiche è indispensabile offrire soluzioni unificate a livello nazionale.
L’autonomia differenziata in sanità, dando luogo ad una molteplicità di sistemi organizzativi, rischia di eliminare ogni coerenza fra alcuni sistemi “regionalizzati” e i principi fondativi del Servizio sanitario nazionale, che inverano l’articolo 32 della Costituzione; avvia, in assenza di un “principio di supremazia” presente nella costituzione degli Stati federali, una irreversibile frammentazione del servizio sanitario, anche di fronte a grandi emergenze di carattere nazionale.
Sarebbe l’occasione anche quest’anno come abbiamo già cominciato a fare da alcuni anni come associazioni e come TutteperItalia ad una informazione e anche formazione vera su questa malattia devastante.Noi ci proviamo perché non tutti gli italiani sono stati debitamente informati che il 26 gennaio scorso è stato finalmente approvato il Nuovo Piano oncologico nazionale già ratificato dalla Conferenza Stato Regioni che ha come obiettivo di innovare profondamente gli strumenti socio sanitari dedicati a questa flagellante malattia che ha ripercussioni drammatiche anche sul lavoro. Il piano oncologico nazionale, documento di pianificazione e indirizzo per la prevenzione del contrasto del cancro 2023-2027, dopo un lungo iter approvato ,è legato ad un Fondo per la sua implementazione , che nasce nel decreto mille proroghe,con una dotazione pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni,ed è destinato al potenziamento delle strategie e delle azioni per prevenzione, diagnosi, cura e assistenza del malato oncologico, definite nel piano. Le potenzialità di detto piano sono rappresentate da un approccio globale intersettoriale, con una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico, compreso il miglioramento delle cure e la prevenzione delle recidive, ponendo l'attenzione sulla centralità del malato e sulla riduzione o eliminazione delle diseguaglianze nell'accesso agli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione. Le misure per "facilitare l'integrazione sociale e il reinserimento nel luogo di lavoro, compreso l'adattamento delle condizioni di lavoro per i malati di cancro - si legge nel Piano - dovrebbero essere parti integranti del percorso dei pazienti".E’ giusto rilevare che questo documento fissa soltanto le linee di indirizzo da perseguire per ridurre l’impatto dei tumori sulla società. Per confermare la volontà di svolgere la propria parte per ridurre l’epidemia dei tumori, serve che il Governo metta a disposizione adeguate coperture finanziarie perché attraverso la Mission on Cancer e il Piano europeo di lotta contro il cancro, la Commissione Europea ha chiesto a tutti gli Stati membri di impegnarsi concretamente per salvare almeno tre milioni di vite e aumentare dal 47 al 75 per cento il tasso di sopravvivenza per tutti i tumori entro il 2030. Traguardi che, secondo il piano d’azione stilato dalla Commissione, possono essere raggiunti agendo lungo chiare direttrici: potenziando i servizi di prevenzione (quasi 4 casi di cancro su 10 sono evitabili), migliorando l’accesso anche alle terapie più avanzate e la qualità della vita di chi ha superato la fase acuta della malattia (oltre 1,2 milioni di persone in Italia). Per dare seguito a questi obiettivi, i singoli Stati membri possono contare anche su una serie di iniziative e finanziamenti messi a disposizione da Bruxelles per complessivi 4 miliardi di euro. Sostegni che, per essere erogati, richiedono però che ogni Paese specifichi le voci di spesa necessarie per il raggiungimento degli obiettivi fissati nel Piano. E’ il momento di stanziare le coperture finanziarie necessarie al rispetto di ogni singola voce indicata nel Piano per rafforzare la prevenzione, incrementare la diagnosi precoce, migliorare l’accesso alle terapie e garantire a tutti i sopravviventi i servizi sanitari e sociali di cui si continua ad avere bisogno anche una volta superata la fase acuta della malattia. Nonostante le tutele garantite dalla legge, molte persone subiscono penalizzazioni sul lavoro a causa di una malattia oncologica: discriminazioni, mobbing, demansionamento o comunque mancati avanzamenti di carriera. Sono forme di discriminazioni subdole, spesso difficili da contrastare perché sfuggono al controllo della legge: il cambiamento di un ruolo, l’allontanamento da compiti di responsabilità ricoperti prima della malattia,l’eccessiva rigidità nell’applicazione delle regole. E le cose sono più complicate per i lavoratori autonomi che godono di minori tutele: in questo caso la malattia può essere vista dai clienti come causa di scarsa affidabilità. La legge considera discriminazioni sanzionabili quelle in cui una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga a causa di una condizione personale (per esempio, non ottenere una promozione per le condizioni di salute), oppure quelle in cui comportamenti apparentemente neutrali messi in atto dal datore di lavoro in realtà sono finalizzati a penalizzare una specifica persona (assegnare un premio di produttività esclusivamente sulla base del numero di giornate di presenza sul luogo di lavoro). Si possono affrontare e gestire le diverse disabilità oncologiche sul luogo di lavoro, individuando le mansioni più idonee ed eventualmente adattandone le modalità di svolgimento alle specificità del singolo lavoratore anche in modalità smart, recuperando in tal modo professionalità che altrimenti potrebbero andare perdute. Alla medicina di precisione o medicina personalizzata devono corrispondere “accomodamenti personalizzati” sul posto di lavoro. Una ragionevole preoccupazione è la recente approvazione del DDL che consente la regionalizzazione differenziata di tutte le 23 materie; prevede un avvio della regionalizzazione con un finanziamento dei servizi trasferiti calcolato sulla “spesa storica”, a regime prefigura tasse regionali e il trattenimento dei tributi su base territoriale, rompendo ogni idea di perequazione. Ad esempio una maggiore autonomia legislativa, amministrativa ed organizzativa in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi darebbe l’avvio a un sistema assicurativo – mutualistico al di fuori di qualsiasi, anche labile (come attualmente), normativa nazionale. La richiesta di contrattazione integrativa regionale per i dipendenti del SSN, a cui si aggiunge una autonomia in materia di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero professionale mette in atto una concorrenza fra Regioni e provocherà un ulteriore trasferimento di personale nelle Regioni più ricche, determinando un aumento della mobilità interregionale, in particolare dal Sud al Nord e un incremento delle diseguaglianze; già attualmente le differenze regionali, specie per il personale infermieristico, sono rilevantissime e vanno ridotte, non certo aumentate. Inoltre metterebbe dei freni alla contrattazione collettiva a livello centrale , la stipula di contratti a tempo determinato di “specializzazione lavoro” per i medici, alternativi al percorso delle scuole di specializzazione; la programmazione delle borse di studio per i medici specializzandi e la loro integrazione operativa con il sistema aziendale; l’adozione di decisioni basate sull’equivalenza terapeutica, tra medicinali contenenti differenti principi attivi alle quali AIFA dovrà rispondere entro 180 giorni nel merito adottando un parere obbligatorio e vincolante sull’intero territorio nazionale. Nell’ambito di un Servizio sanitario nazionale volto ad assicurare il diritto alla salute per tutte le persone , se a bisogni differenti non si deve rispondere con uguali criteri, a problematiche identiche è indispensabile offrire soluzioni unificate a livello nazionale. L’autonomia differenziata in sanità, dando luogo ad una molteplicità di sistemi organizzativi, rischia di eliminare ogni coerenza fra alcuni sistemi “regionalizzati”e i principi fondativi del Servizio sanitario nazionale, che inverano l’articolo 32 della Costituzione; avvia, in assenza di un “principio di supremazia” presente nella costituzione degli Stati federali, una irreversibile frammentazione del servizio sanitario, anche di fronte a grandi emergenze di carattere nazionale.
IL FONDO NUOVE COMPETENZE DEVE SOSTENERE LE LAVORATRICI
Alessandra Servidori IL Fondo nuove competenze deve sostenere le lavoratrici https://www.ildiariodellavoro.it/il-fondo-nuove-competenze-deve-sostenere-le-lavoratrici/
La politica del lavoro virtualmente può contare su una massa di risorse straordinarie e la Ministra Calderone ha ben presente che la formazione, sia di base che di nuove o rinnovate competenze dei lavoratori, è in cima alle urgenze da affrontare. E’ ben chiara nel Piano Nuove Competenze –PNC- quella costola del Pnrr che ne deve definire il quadro strategico e il PN C si occupa ora di disoccupati,giovani ,occupati destinatari di specifici percorsi che comprendono anche il programma GOL garanzia di occupabilità dei lavoratori con particolare attenzione ai giovani tra i 15 e 25 anni che sono destinatari di progetti incardinati su sistemi duali. Il Fondo nuove competenze- FNC- già attivo dal 2020 è implementato dallo scorso settembre 2022 da una nuova norma che ha rimpolpato le risorse del Fondo ( un miliardo) e ne ha modificato la disciplina. Si sa che il FNC si affianca ai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua previste da intese sindacali per rimodulare soprattutto l’orario di lavoro che in parte viene utilizzato appunto per percorsi formativi per aggiornamento delle figure professionali. Ed è qui che possiamo augurarci che vi sia da parte sia delle imprese che dei sindacati l’attenzione a dedicare la contrattazione collettiva, dunque gli accordi, soprattutto per le lavoratrici che sappiamo, sono sempre strozzate in ambito conciliazione vita lavoro e spesso non riescono a dedicare tempo alla loro formazione, così come ai lavoratori e alle lavoratrici che sono in cassa integrazione e che possono così dedicare attenzione alle offerte formative per innalzare le loro competenze. Il Fondo infatti sostiene la realizzazione delle attività formative mediante rimborso al datore di lavoro del costo dei contributi previdenziali e assistenziali per la parte dell’orario di lavoro dedicato alla formazione dei dipendenti. Per i docenti le aule e il materiale professionale didattico si possono usare le risorse dei fondi interprofessionali . Con la recente modifica si promuove il connubio delle attività formative con riduzione di orario di lavoro perché il contributo è del 100% della retribuzione per le ore destinate alla formazione nel caso appunto che gli accordi sindacali prevedano oltre alla rimodulazione dell’orario per percorsi formativi anche una riduzione dell’orario normale cioè 40 ore settimanali dell’art 3 dlgs 66/2003 a parità di retribuzione complessiva.E’ Inps che eroga ai datori di lavoro il finanziamento concesso su segnalazione di Anpal servizi .Dal 13 dicembre 2022 al 28 febbraio 2023 vi è la possibilità di presentare domande di progetti formativi su apposita piattaforma informatica “ My ANPAL”. Il decreto interministeriale che ha novellato tale iniziativa del 22 settembre 2022 circoscrive il sostegno del Fondo ad attività formative per l’acquisizione di determinate competenze professionali digitali e sostenibilità ambientale allineandosi con le priorità del PNRR e di Nex Generetion Eu. La formazione può avere una durata da 40 ore ad un massimo di 200 ore per ogni lavoratore /lavoratrice coinvolta che può acquisire una qualifica o singole competenze incluse nel repertorio delle qualifiche nazionali e rilascio di attestazione finale. La formazione deve essere erogata da soggetti qualificati e l’impresa che presenta istanza di accesso al Fondo non può essere soggetto erogatore della formazione e l’attività di controllo è in carico ad Anpal. Dunque con il Fondo Nuove Competenze si deve sostenere i percorsi di uscita e rientro nel mercato del lavoro per le donne che sono tutt’altro che infrequenti, spesso a causa della maternità, ma anche per variazioni negli assetti famigliari o per la necessità di prendersi cura di persone care. Uno dei problemi al momento del rientro dopo una lunga pausa è il deterioramento delle competenze. Per recuperare il gap maturato durante la lontananza dal mercato costruire percorsi formativi per consolidare le competenze in certi campi o per costruirne di nuove è fondamentale. i percorsi formativi rivolti alle job returner possono rappersentarendo significativi benefici dalla partecipazione, sia in termini di occupazione che di qualità del lavoro. I benefici possono crescere al crescere della durata dei corsi, e sono più evidenti per le donne in partenza meno qualificate.Ci sono buoni ottimi motivi per destinare il Fondo Nuove Competenze alle italiane. La situazione femminile non migliora. Malgrado la crescita, restano immutati i gap di genere nel mercato del lavoro e le criticità strutturali che determinano la bassa partecipazione femminile: occupazione ridotta, prevalentemente precaria, part time e in settori a bassa remuneratività o poco strategici. Tali asimmetrie si colgono ora anche nelle piattaforme digitali che intervengono nel mercato del lavoro, con il rischio di una nuova discriminazione 2.0. Pur avendo toccato quota 60,5% lo scorso ottobre, il valore più alto dal 1977, i tassi di occupazione di uomini e donne continuano a restare distanti (rispettivamente 69,5% e 51,4%) con un gap di genere del 18%. Il tasso di disoccupazione femminile è al 9,2% contro il 6,8% degli uomini, divario che aumenta per i giovani fra i 15 e i 24 anni con tassi del 32,8% per le ragazze e il 27,7% per i ragazzi. Anche la sfera della non partecipazione vede ancora penalizzate le donne con un tasso di inattività del 43,3 % contro il 25,3% degli uomini.È quanto emerge dal Gender Policies Report 2022, la pubblicazione dell’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) che ogni anno fotografa le differenze di genere nel mondo del lavoro. I dati relativi al primo semestre del 2022 confermano la specificità femminile del part time come forma di ingresso al lavoro. Su tutti i contratti attivati a donne il 49% è a tempo parziale contro il 26,2% maschile. In particolare, è a part time oltre la metà (51,3%) dei contratti a tempo indeterminato delle donne. Mentre tipicamente femminile è la condizione di “debolezza rafforzata” ossia la presenza di due fattori di criticità associati: la forma contrattuale precaria e il tempo parziale. Se consideriamo solo il lavoro a tempo determinato, che occupa il 38% dei contratti delle donne e il 43% di quelli degli uomini, si nota che della prima quota il 64% è part time e della seconda lo è il 32%. Nel 2021 l’incidenza di donne occupate che lavorano in part time è superiore rispetto agli uomini di circa 15 punti percentuali in Europa e di più di 22 punti in Italia. Il Gender Report, inoltre, coglie e fornisce esempi concreti di un nuovo fenomeno. Una nuova forma di discriminazione, ovvero quella legata all’uso degli algoritmi da parte delle piattaforme digitali. Tali strumenti, infatti, risentono del sistema di significati, idee e giudizi e con essi di stereotipi e pregiudizi di chi li ha ideati e costruiti. Ne deriva che nel mercato del lavoro digitale si riproducono esattamente gli atteggiamenti discriminatori che si riscontrano nei lavori tradizionali. Le menti che programmano gli algoritmi non sono diverse da quelle che, normalmente, scelgono chi assumere, promuovere, remunerare di più, licenziare e così via . La discriminazione algoritmica può dunque ugualmente agire e, in maniera implicita, produrre condotte discriminatorie di genere nel lavoro. Risulta inderogabile la necessità di approfondire il legame tra società digitale e discriminazioni, nelle sue evidenti connotazioni di genere. Si pensi, ad esempio, a come stereotipi e pregiudizi, che storicamente definiscono la percezione e la narrazione del femminile, possono essere tradotti in discriminazioni attraverso algoritmi deputati alla selezione del personale o alla definizione delle retribuzioni o a sistemi di valutazione delle performance.