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22 gennaio 2025 Camera Dei deputati partecipazione dei lavoratori e lavoratrici

 22 gennaio Camera Dei Deputati     ALESSANDRA SERVIDORI 

 Partecipazione  occasione che non possiamo perdere di dare anima e corpo all’art 46 della Costituzione perché si sviluppi quella convergenza che ha dato vita a  esperienze e iniziative nelle aziende che sono di grandi varietà dirette e pratiche organizzative,puntando a rinnovare la gestione dell’impresa, sia le relazioni industriali con una legislazione di sostegno e incentivi economici e sulla base di esperienze consolidate  esperienze aziendali e di gruppo, realizzate tramite la contrattazione collettiva.

La partecipazione non è solo un momento “istituzionale” a sé, ma si iscrive in un modello di relazioni industriali che ha già – e da tempo – dei solidi punti di riferimento che affidano un senso e un ruolo all’associazione dei lavoratori alla definizione delle prospettive dell’impresa.

L’articolo 4 del Dm 25 marzo 2016 ha fornito una prima definizione di “coinvolgimento paritetico” che può tradursi in coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti. Su questa definizione è intervenuta l’amministrazione finanziaria chiarendo che tali disposizioni sono finalizzate a incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando incrementi di efficienza e produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Al fine di beneficiare dello sgravio è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni di pari livello, importanza e dignità rispetto a quelle espresse dai responsabili aziendali. È certamente da ricordare in materia di partecipazione organizzativa l’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria su “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva […]” (c.d. “Patto della fabbrica”) del 28 febbraio-9 marzo 2018. 

 L’iniziativa della Cisl trae spunti e suggerimenti da alcune esperienze, con l’ambizione di costruire un sistema di partecipazione universalmente diffuso, in tutte le forme di datorialità, ivi incluse, ove compatibili, le organizzazioni no-profit, i centri di istruzione e formazione, le fondazioni e gli enti culturali (musei, teatri, ecc.), le pubbliche amministrazioni.

 Sicuramente dobbiamo partire da una prima fase di crescita , conoscenza, delle pratiche di esperienze di partecipazione diretta e organizzativa puntando a rinnovare sia la gestione delle imprese sia le relazioni industriali  anche in situazioni di emergenza come il lock down facendo emergere quelle carsiche sulla base poi di esperienze consolidate,  cercare un coinvolgimento e un appoggio legislativo  capace di produrre risultati per la produttività dell’intero sistema economico per i salari e la qualità del lavoro e qui si deve collegare la partecipazione organizzativa alla partecipazione strategica ( difficile e controversa) perché abbiamo tre nodi da sciogliere  : Il doppio canale cioè il rapporto tra i sindacati e le rappresentanze elette da tutti, il rapporto tra gli amministratori dell’impresa  solo informativi ,di consultazione o poteri di condizionamento ,la questione dell’estensione della legge  solo alle grandi imprese ma anche alle medie e piccole e senza il superamento degli interessi divergenti  finire per fare solo  maggiori diritti di informazione .

La partecipazione è strumento di modifica dell’organizzazione del lavoro  -partecipazione diretta o  partecipazione strategica dell’impresa e dunque dipende dall’ampiezza degli argomenti : sicurezza sul lavoro , commissioni paritetiche sistemi di qualità cottimi orari part time  dominati da logiche contrattuali  e la partecipazione  diretta ci deve prevedere le innovazioni tecnologiche e quindi gruppi di miglioramento i team autonomi ,i suggerimenti ,la formazione sul posto di lavoro le comunità professionali di pratiche anche nelle piccole imprese e ovviamente cercare di applicare  4.0 accordi sindacali e commissioni paritetiche sul premio di risultato

L’urgenza per l’innovazione tecnologica  : i progetti innovativi senza il coinvolgimento dei lavoratori sono fallimentari mentre se sono coinvolti risparmiamo  tempo e abbiamo più qualità la partecipazione riduce la resistenza al cambiamento e il progetto tecnico e organizzativo deve essere congiuntamente strutturato e partecipato con approccio sperimentale interattivo come forme di apprendimento continuo.

Dunque forme diverse di partecipazione ma comunque sinergiche con partecipazione organizzativa e sindacale con un apporto positivo del management e si troveranno forme diverse di coinvolgimento più adatte al contesto e le nuove forme di coinvolgimento si possono consolidare se il contesto normativo e legislativo favorisce anche forme strategiche alle decisioni nel lungo periodo non solo su un progetto a breve periodo perché i lavoratori si ritrovino nel percorso di successo dell’impresa e condividere i futuri guadagni

Oggi sperimentare vie di partecipazione e valorizzazione del lavoro po trebbe essere una soluzione strategica per uscire dalla stagnazione pluridecennale di salari e produttività.

 Certo non bi sogna dimenticare le differenze tra i vari sistemi di rappresentanza del lavoro. Nel nord Europa è diffuso il “canale doppio”: da un lato i rappresentanti dei lavoratori, dall’altro i rappresentanti sindacali, con compiti e ruoli differenti. In Italia è praticato il “canale unico” di rappresentanza secondo forme riconosciute in tutte le aziende sopra una certa dimensione. Da noi non è possibile, per fare un esempio, inserire dei rappresentanti dei la voratori nei consigli di amministrazione delle imprese senza che questi siano anche rappresentanti sindacali, cioè soggetti titolari di contrattazione con le imprese. Per questa prima differenza, attuare esperienze partecipative in Italia è più complesso e difficilmente sperimentabile attraverso strumenti legislativi che non abbiano prima definito la misura della rappresentanza (delle imprese e dei sindacati) e il ruolo che gli compete. E nemmeno le imprese hanno mai seriamente sollecitato forme di co-gestione tra ”operai e capitale” (nemmeno le imprese cooperative). Per non dire delle differenze strutturali delle aziende. In Italia, come è noto, più del 95% delle imprese è di piccola o piccolissima dimensione. In queste esperienze esiste certamente una minore separazione tra competenze imprenditoriali e competenze del lavoro (“per natura” mescolate fra loro) e una prassi inclusiva consolidata. Pur non essendo essa formalizzata le forme utili e necessarie di maggiore partecipazione del lavoro alla gestione delle imprese devono  essere sperimentate “dal basso” dalla contrattazione sindacale di secondo livello (ed eventualmente, dopo, sostenute e generalizzate da strumenti legislativi che ne facilitino la diffusione).Sicuramente non si deve  partire dalla “partecipazione economica” ma da una partecipazione all’organizzazione del lavoro e della produzione sia di beni che di servizi. Se il lavoro (e la sua rappresentanza unica) è protagonista consapevole della creazione del valore dell’impresa potrà a buon diritto “partecipare” anche alle scelte di impiego di quel plus-valore, sia in forme di cogestione che in forme di controllo (presenza nei consigli di amministrazione oppure in comitati di garanzia). Partire a rovescio, dalla co-gestione del capitale di impresa lo ritengo una scorciatoia impraticabile, e non gradita soprattutto da parte delle aziende e dei loro azionisti.

I piani azionari per i dipendenti sono la mani festazione di una concezione meno conflittuale dei rapporti tra imprenditori e lavoratori, ma fi nora non riflettono un organico disegno riforma tore che veda impegnate nella sua realizzazione le parti sociali. L’esiguità della diffusione di questa pratica te stimonia come lasciarla alle singole iniziative im prenditoriali significhi rinunciare a una strategia innovativa delle relazioni industriali che veda an che i lavoratori assumere un ruolo da protagoni sti.

La legge . Che si tratti della partecipazione agli organi di governo della società o dei piani di partecipazione finanziaria tutto deve rientrare nella negoziazione tra le parti. Inoltre, il passaggio dalla contrattazione collettiva diventa la sola condizione per beneficiare da parte sia dei lavoratori, sia delle imprese delle possibili agevolazioni fiscali. In questo contesto si prevede (art.21) anche la creazione di un nuovo soggetto il “Garante della sostenibilità delle imprese” che opera come meccanismo di certificazione della sostenibilità delle imprese, una qualifica alla quale contribuisce l’adozione degli strumenti partecipativi prima richiamati, con la possibilità, alla luce della certificazione, di ulteriori misure premiali (non specificate) definite dal Ministero delle Finanze. Sono queste direttrici che pongono non pochi interrogativi sull’esigenza di “spingere” le imprese sul terreno della responsabilità sociale attraverso meccanismi incentivanti, soprattutto alla luce di un’asimmetria con l’evoluzione della legislazione comunitaria notoriamente sempre più indirizzata verso regole prescrittive.

 Per chi si ricorda la storia dei consigli di gestione allora  cioè da un lato ilconflitto e dall’altro la collaborazione. Ciò che prevalse fu un’azione collaborativa dei consigli alla ricostruzione per garantire il lavoro e l’occupazione alle masse industriali e ai disoccupati e, quindi, orientata ad un obiettivo prioritario di aumento della produzione.In questa logica i rappresentanti dei lavoratori compirono uno sforzo notevole di elaborazioni, analisi, proposte per migliorare gli aspetti tecnici e produttivi delle attività aziendali in particolare industriali. Se i tempi del ritorno alla normalità produttiva furono relativamente brevi ciò lo si deve anche all’opera dei consigli di gestione. Tra tutti l’esempio dellaFiat è emblematico come testimoniano numerosi lavori di ricostruzione storica di quel periodo.

Poi è evidente che partecipazione può significare anche maggiore produttività  Stiamo parlando di dati 2023 ISTAT, gli ultimi disponibili, e il quadro è nero: la produttività del lavoro è scesa del 2,5 per cento, quella del capitale dello 0,9 per cento e la produttività totale di tutti i fattori è calata anch'essa del 2,5 per cento. Siamo di fronte a un drastico peggioramento perché se è vero che la produttività non è stata la materia in cui siamo storicamente andati meglio, almeno negli anni tra il 2014 e il 2023 si era registrato un incremento medio di quella del lavoro dello 0,5%. Le ore lavorate, invece, nel 2023 sono aumentate più del valore aggiunto. Anche dalla produttività del capitale arrivano notizie sconsolanti sullo stato degli investimenti in tecnologie dell'informazione e della comunicazione, lo 0,9 per cento in un anno indica un andamento a gambero dell'innovazione. Vale per questo caso lo stesso ragionamento di prima: non è che negli anni scorsi andasse a gonfie vele ma almeno nel periodo 1995-2023 la produttività del capitale era cresciuta dello 0,4 per cento medio annuo grazie a un valore aggiunto superiore a quello che viene chiamato l'input di capitale. La produttività totale dei fattori che, come sottolinea l'Istat, riflette l'efficienza complessiva in cui lavoro e capitale sono utilizzati nel processo di produzione. Un 2,5 per cento in meno in un solo anno denuncia lo stato di salute del sistema produttivo che non riesce a generare nemmeno il valore aggiunto degli anni precedenti. E che quindi corre il pericolo di allargare il gap di produttività nei confronti dei Paesi concorrenti. Ma invece guai a parlarne. E stavolta la responsabilità  è di tutti anche di  quelle dell'opposizione, della Confindustria e dei sindacati ma, appunto, anche del sistema dell'informazione. Ma il rischio di avviarci lungo quella via bassa della competitività, che segnerebbe una sconfitta storico del modello produttivo italiano, c'è tutto. Anche perché siamo davanti allo sviluppo di un nuovo ciclo di innovazione, legato all'intelligenza artificiale, e dobbiamo assolutamente arrivarci con un patrimonio tecnologico  adeguato .

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