Quale lavoro...... per lo sviluppo del nostro paese
Alessandra Servidori
Le politiche aziendali soffrono di mancanza di figure professionali di livello intermedio(operai specializzati ) che gli over 50 hanno e di figure professionali ad alta specializzazione stem che non rispondono all’offerta di lavoro. I ministri istruzione e formazione università e ricerca hanno un programma di filiera formativa robusta di bilanciamento tra formazione e lavoro che avrà un impatto notevole ma che parte da una verità : giovani italiani che ogni anno si spostano all’estero, per continuare gli studi o per cercare lavoro in un altro Paese, erano 21 mila nel 2010, sono stati oltre 91.400 lo scorso anno. Non lasciano l’Italia perché non trovano lavoro, lavori se ne trovano, parecchi, ma sono lavori sempre più poveri. Tanti giovani emigrano alla ricerca, innanzitutto, di salari migliori e le tematiche legate al lavoro giovanile e alla transizione tra generazioni, evidenziano la scarsa propensione delle imprese a promuovere il passaggio di competenze tra lavoratori anziani e giovani. La digitalizzazione delle PMI impone un ripensamento del ricambio generazionale, con una possibile sostituzione di lavoratori anziani con i più giovani ma preparati , ma soprattutto un'urgenza nel valorizzare le competenze degli over 50 , ora che possono insegnare in azienda il lavoro concreto ai giovani. L’incapacità dei salari di tenere il passo con l’inflazione dipende in gran parte da come funzionano i nostri contratti di lavoro. L’Italia è fatta di micro-imprese, oltre 4 milioni di aziende hanno meno di 10 addetti. Nessuna di queste imprese può permettersi un contratto aziendale di secondo livello, per sua natura più flessibile: per loro esiste solo il contratto collettivo nazionale di settore. I contratti nazionali sono negoziati, per il settore privato fra Confindustria e sindacato, per il settore pubblico fra sindacato e Aran, un’Agenzia dello Stato. Il problema è che questi contratti non vengono mai rinnovati a scadenza, o vicino alla loro scadenza. Dunque rinnovare subito i contratti e i salari- Dobbiamo chiederci se l’occupazione povera aiuta la produttività del Paese e la formazione di un capitale umano che poi alla prima occasione non emigri. Dunque formazione tramite i vari fondi UE che abbiamo a disposizione che sono parecchi .Dobbiamo tenere in equilibrio i salari, attrarre capitale umano nell’industria e così aumentare la produttività e la competitività. Siamo consapevoli della Bassa produttività, elevato debito pubblico, disoccupazione giovanile, ancora troppa disoccupazione femminile, scarsa digitalizzazione, disparità territoriali tra Nord e Sud. Sono questi alcuni dei problemi che l’Italia si trova ad affrontare, mentre gli equilibri mondiali sono sempre più precari e il ruolo dell’Europa rischia di essere sempre più marginale. In questo quadro di incertezza socio-economica il Pnrr rappresenta un’opportunità storica irripetibile, di cui è necessario cogliere la portata, D’ora in poi per stare in piedi l’Europa avrà bisogno di tanti Pnrr: per la difesa, per l’immigrazione, per le politiche industriali e occupazionali. Tutte queste cose o si fanno con decisioni e soldi in comune o non c’è nessun Paese che può farlo da solo. Dobbiamo costruire un’economia paziente, circolare e basata su innovazione, competenze, formazione/ lavoro e politica industriale, che organizzi e dia forza a tutte quelle energie inespresse per evitare una polverizzazione delle competenze in un Paese sempre più piccolo e sempre più vecchio. Abbiamo bisogno di non disperdere il capitale umano, siamo il terzo Paese al mondo che ne perde di più fra i ragazzi con il fenomeno dei Neet (Not [engaged] in Education, Employment or Training, cioè che non studiano, non lavorano e non si formano, Abbiamo bisogno di competenze a tutti i livelli. Mentre infuria la battaglia delle grandi competizioni sistemiche, noi abbiamo un valore che si è perso e dobbiamo rivitalizzarlo perché ci permetterà di fare la nostra parte e permettere di fare le transizioni necessarie, migliorando la qualità della nostra vita. Noi dobbiamo sostenere lo sforzo del Pnrr e accompagnarlo con delle politiche che mettano insieme soggetti privati e pubblici, che facciano dei patti e che si diano degli obiettivi per aiutare i produttori di reddito e valorizzare il lavoro di cui abbiamo bisogno. A patto che sia lavoro di qualità. Se non lo è, avremo da una parte dei lavoratori qualificati che vengono rubati da un’azienda all’altra perché c’è un mismatch tra quello che si chiede e quello che è disponibile, e dall’altra lavoro degradato. Ridisegnare il lavoro deve diventare una priorità, per poter dare vita e spazio al Pnrr.Solo per essere chiara e in prossimità della legge finanziaria una questione : i bonus sono un benefit a tempo e sempre e solo legati alle spese annuali.La carta per la famiglia è un aiuto ma si attesta ancora sull’isee ed è un bonus, non è strutturale ma sappiamo bene che abbiamo da realizzare una riforma strutturale della riforma del welfare che comporta la revisione della politica fiscale prima di tutto.
