Antologia Pasquale servidoriana.Per le amiche che mi leggono
Antologia Pasquale servidoriana
https://www.ildiariodellavoro.it/importante-sentenza-della-corte-europea-per-i-diritti-delluomo/
La Corte europea dei diritti umani (“Corte” o “Corte EDU”) si è pronunciata contro l’intervento chirurgico di riassegnazione del sesso come requisito obbligatorio in Romania per il riconoscimento del genere ed ha dichiarato che la necessarietà di tale intervento ai fini del riconoscimento viola i diritti delle persone trans. Il riconoscimento legale del genere (“RLG”) è quel processo attraverso il quale le persone trans possono chiedere di cambiare il loro nome ed il loro indicatore di genere nei registri amministrativi, nei registri ufficiali e nei loro documenti, come quello d’identità, i certificati di nascita o i certificati di stato civile.
Attualmente, in Europa non si è sviluppata una legislazione omogenea per ciò che concerne tale processo: le leggi nazionali degli Stati europei variano in larga misura ed i requisiti per accedervi possono comprendere da mere prassi burocratiche a pratiche mediche invasive, come la sterilizzazione. Vi sono inoltre Stati nei quali la procedura per ottenere il RLG non è stabilita esplicitamente dalla legge ed i casi vengono analizzati e valutati singolarmente dai giudici nazionali. Ad oggi, questo avviene in Bulgaria, Cipro, Italia, Lituania, Lettonia, Polonia e Romania. Tuttavia, se in Italia ed in Polonia la giurisprudenza ha chiarito quali siano le procedure ed i requisiti per il RLG, negli altri Stati in elenco si è concessa un’ampia discrezione al singolo giudice e ciò ha portato ad uno stato di incertezza legale. Hanno presentato ricorso dinnanzi alla Corte EDU. Secondo i ricorrenti, lo Stato rumeno avrebbe violato l’articolo 3 e l’articolo 8 della Convenzione perché la legislatura romena non stabilisce chiaramente quale debba essere la procedura di RLG da seguire.L’operazione di riassegnazione del sesso come requisito necessario per il RLG si configurerebbe come un’interferenza statale nella vita privata delle persone trans senza basi legali, che non persegue uno scopo legittimo e che non è necessaria in una società democratica. I ricorrenti hanno sostenuto che doversi necessariamente sottoporre al trattamento chirurgico per ottenere il RLG costituirebbe discriminazione basata sull’identità di genere tra coloro che vivono l’incongruenza di genere e le persone, invece, cisgender. Di conseguenza, tale requisito costituirebbe altresì una violazione dell’articolo 14 della Convenzione EDU. Inoltre la necessarietà dell’operazione chirurgica sarebbe in contrasto con il diritto al matrimonio contenuto nell’articolo 12 della Convenzione, considerando che tali interventi provocano sterilità.La Corte ha riconosciuto che le operazioni di riassegnazione del sesso hanno un notevole impatto sull’integrità fisica e che le corti nazionali romene non hanno né giustificato la necessarietà di tali operazioni, né hanno condotto una mise en balance tra gli interessi generali e quelli dei singoli cittadini che chiedono il RLG. A detta della Corte, che ha condannato questa situazione porrebbe le persone trans romene di fronte a un dilemma impossibile, un aut-aut esistenziale in cui le persone trans possono scegliere di sottoporsi ad un intervento chirurgico invasivo e rinunciare al loro diritto all’integrità fisica o, in alternativa, rinunciare a vedersi legalmente riconoscere la loro identità sessuale, il che ammonta, parimenti, ad una violazione del diritto alla vita privata. Inoltre, la Corte ha tenuto in considerazione che sempre meno Stati chiedono come requisito obbligatorio per il RLG l’operazione di riassegnazione del sesso: nel 2020 ventisei Stati membri del Consiglio d’Europa non esigevano più la chirurgia come requisito per il RLG. Per tali motivi, il requisito in oggetto costituisce un’interferenza statale non giustificata con il diritto alla vita privata come stabilito dall’articolo 8 della Convezione.
Alessandra Servidori
Alessandra Servidori
Chi cerca di lavorare ai fianchi di Mario Draghi non ce la può fare semplicemente perché non ha la stessa rete di collaborazione soprattutto internazionale che il Presidente del Consiglio si è costruito in anni di lavoro autorevole e condiviso dalle autorevoli teste pensanti europee. E’ il caso dell’alleanza con la Commissione paneuropea per la salute e lo sviluppo sostenibile, un gruppo indipendente e interdisciplinare di leader convocato dall'Ufficio regionale per l'Europa dell'OMS per ripensare le priorità politiche alla luce delle pandemie.Composta da ex capi di Stato e di governo, illustri scienziati ed economisti della vita, capi delle istituzioni sanitarie e di assistenza sociale e leader della comunità imprenditoriale e delle istituzioni finanziarie di tutta la regione europea, la Commissione riunisce individui con competenze ed esperienze eccezionali.Dunque Draghi a questo livello ispira le decisioni che riguardano il nostro paese perché il mandato della Commissione è quello di trarre insegnamenti dal modo in cui i sistemi sanitari dei diversi paesi hanno risposto alla pandemia di COVID-19 e formulare raccomandazioni sugli investimenti e le riforme per migliorare la resilienza dei sistemi sanitari e di assistenza sociale. Cerca di costruire un consenso su queste raccomandazioni e di elevare la sanità e l'assistenza sociale come priorità sociali e politiche, riconosciute come fondamentali sia per lo sviluppo sostenibile che per la coesione sociale.Il gruppo di 19 commissari è presieduto dal professor Mario Monti, presidente dell'Università Bocconi ed ex primo ministro italiano ed ex commissario europeo. Il professor Elias Mossialos, fondatore e direttore del Dipartimento di politica sanitaria della London School of Economics, è il coordinatore scientifico della Commissione e le sue deliberazioni sono sostenute da un comitato consultivo scientifico.Il lavoro della Commissione culminerà in una relazione che sarà pubblicata nel settembre 2021 con raccomandazioni sugli investimenti e le riforme volte a migliorare i sistemi sanitari e di assistenza sociale.Qualche giorno fa (il 16 marzo) la Commissione paneuropea ha invitato i governi le parti economiche e sociali e le organizzazioni internazionali a ripensare le loro ampie priorità politiche, a intensificare gli investimenti e le riforme nei sistemi sanitari e di assistenza sociale e a migliorare la governance globale dei beni pubblici, come la salute e l'ambiente.A meno che tutti e 3 gli sforzi non siano perseguiti vigorosamente, è improbabile che il mondo possa evitare nuove e devastanti pandemie o altre crisi sanitarie globali.La pandemia di COVID-19 ha gettato in forte difficoltà le disuguaglianze e le profonde linee di faglia che esistono in molte società. Ha rivelato che i nostri sistemi sanitari, finanziari, economici e di assistenza sociale esistenti erano mal preparati e scarsamente attrezzati per affrontare efficacemente la SARS-CoV-2. Cinque mesi dalla sua prima convocazione, la Commissione ha presentato questo invito all'azione – il primo risultato del suo lavoro – per alimentare discussioni nazionali e sovranazionali più ampie in corso su come affrontare le condizioni profonde che hanno permesso alla pandemia di COVID-19 di infliggere danni senza precedenti a vite ed economie. Fornisce orientamenti su come dovremmo dare priorità alla salute e allo sviluppo sostenibile ora per impostare i nostri sistemi e le nostre società sulla strada giusta per le generazioni a venire.Le principali proposte delineate nell'invito all'azione sono le seguente: individuare, valutare e rispondere ai rischi derivanti dalle attività umane, compresi i cambiamenti climatici, le infezioni zoonotiche emergenti e la resistenza antimicrobica, attraverso l'istituzione di un gruppo intergovernativo di esperti sulle minacce per la salute;riparare le fratture nella società e rinvigorire la fiducia nelle istituzioni identificando e impegnandosi con persone private del diritto di voto e migliorando l'accesso ai servizi sanitari e sociali;riconoscere che la spesa per l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale, l'istruzione e la ricerca è un investimento nel capitale umano e intellettuale che guida il progresso. In particolare, incorporare i rischi connessi alla salute (in tutta la salute umana, animale e ambientale) nelle analisi dei rischi utilizzate dalle istituzioni finanziarie internazionali, dalle autorità pubbliche e dal settore finanziario;creare a livello del G20 un comitato globale per la salute sul modello del Consiglio per la stabilità finanziaria per identificare le vulnerabilità che minacciano la salute degli esseri umani, degli animali e dell'ambiente e promuovere un trattato internazionale sulla pandemia; E incoraggiare la scoperta e lo sviluppo di medicinali, tecnologie mediche, soluzioni digitali e innovazioni organizzative e migliorare la trasparenza dei partenariati pubblico-privato. Questo sta facendo Mario Draghi: si prega di non disturbare il saggio manovratore.
La nota è del ministero del Lavoro e di Banca Italia ed è in base alle comunicazioni obbligatorie delle aziende che sono tenute a redigere. È una nota dolente del nostro Paese che continua inarrestabile ed è l’occupazione femminile, la peggiore in tutta Europa: solo il 31,3% delle donne ha un lavoro a tempo indeterminato, contro la media europea del 41,5%. Lo stipendio medio femminile resta uno dei più bassi d’Europa ed è di un quinto inferiore rispetto a quello degli uomini. Su base annua, invece, sono 312mila le donne che hanno perso il lavoro, 132mila gli uomini. A fine febbraio le posizioni lavorative occupate da donne erano circa 76.000 in meno rispetto a un anno prima; quelle occupate da uomini erano invece 44.000 in più: la differenza tra le due grandezze ammontava a circa 120.000 posizioni. Il divario può dipendere da molteplici condizioni tra cui l’eterogeneità dell’evoluzione della domanda di lavoro, più sfavorevole nei comparti dove la presenza femminile risulta più diffusa, e dall’offerta di lavoro. Ma è un disastro annunciato più volte, visto che già lo scorso giugno l’Ispettorato nazionale del lavoro segnalava che 37.611 lavoratrici neo/mamme si sono dismesse nel 2019. E non c’è da meravigliarsi dal momento che solo il 21% delle richieste di part-time o flessibilità lavorativa chiesto dalle lavoratrici con bimbi piccoli è stato accolto. Già alla fine della prima pandemia 1 donna su 2 ha rinunciato a lavorare a causa del Covid e il 31% annullava o posticipava la ricerca (inutile) di lavoro e 1 donna su 2 ha visto peggiorare la propria situazione economica, dichiarando di non poter sostenere una spesa imprevista, soprattutto tra le madri al nord al centro al sud. E la percentuale sale al 63% tra le 25-34enni e al 60% tra le 45-54enni e comunque 3 donne su 10 non occupate con figli a causa del Covid rinunciano a cercare un lavoro (Dati WeWorld). Le donne, in Italia, hanno anche molte meno prospettive di carriera rispetto al resto del continente. Il Career Prospects Index dell’Eige, che valuta l’autonomia nel lavoro, le tipologie di contratto, le possibilità di avanzamento di carriera e la probabilità di essere licenziate in caso di ristrutturazione aziendale, assegna al nostro Paese un punteggio di 52 su 100, contro la media europea di 64.
La Ministra Bonetti esulta perché in Senato è passato con legge delega (ddl del 2014) il provvedimento dell’assegno unico – 250 euro a figlio – per le famiglie che assorbirà da luglio le misure in corso: dagli assegni familiari alle detrazioni, al bonus bebè, agli sgravi per famiglie numerose. E sarà esteso a tutte le famiglie dei dipendenti, autonomi professionisti, incapienti, disoccupati. Ma sappiamo che una legge delega deve realizzare i regolamenti attuativi e ci vuole tempo e per ora ci sono solo 20 miliardi a disposizione e servirebbero altri finanziamenti e Bonetti assicura che il Governo sta ragionando per aumentare il plafond. Ma non è solo una questione di sussidi. Le donne in Italia vogliono entrare e rimanere nel mercato del lavoro. E per questo bisogna da subitissimo aumentare le politiche attive in favore delle italiane. Significa uno sforzo gigantesco per riavvicinare il gap tra domanda e offerta anche di nuove figure professionali e servirà affiancare capacità tecniche di formazione ed erogazione di servizi per facilitare l’occupabilità, ovviamente mettendo in piedi un sistema integrato sul territorio, servizi pubblici/privati per la prima infanzia e per la cura dei non autosufficienti, servizi per la riqualificazione professionale, servizi di accompagnamento al lavoro con decisioni chiare, percorsi attuativi rapidi, esecutori certi, finanziamenti assicurati. Significa rivoltare la contrattazione di prossimità come un calzino e dare al welfare aziendale certamente gli sgravi fiscali e contributivi ma soprattutto finalizzati ad aumentare i congedi, la flessibilità lavorativa, e bisogna implementare i fondi bilaterali e clausole sociali nei rinnovi contrattuali: così si sostengono le italiane e lo sviluppo.
OTTIMA PASQUA!!!!!!!