Alessandra Servidori- 3 novembre 2015
Donne e politica : saranno le signore a salvare la polis?
Qualcosa di nuovo si sta muovendo nella politica italiana “controllata” da un potere fortemente maschile che ancora oggi sceglie e decide chi mettere sugli scranni dell’impero tra le fila delle candidate. Parto dal tonico editoriale di Antonio Polito , audace Vice Direttore dell’”Ammiraglia dell’informazione”, perché denuncia una delega nonchè deriva giudizial/procural/rigorista dei partiti nel gestire le questioni dell’amministrar la cosa pubblica in difficoltà oggettive, veramente stupefacente e lucida. In questi giorni di sbornia della funesta vicenda di Marino, i fuochi d’artificio della chiusura di EXPO, la legge finanziaria che accende di nuovo la miccia dell’instabilità, Boeri che vuole fare il Ministro del lavoro e dunque -grato ai mezzi d’informazione che gli danno visibilità impunita -fa proposte di riforma indebita, la Libia che cerca il pretesto per scagliarci qualche missile, succede che le parlamentari e prima di loro gruppetti sparsi e non tanto rassegnati, si danno da fare per cercare ( devo dire accanitamente ) di creare il partito delle donne. Così è stato-senza dubbio- dal dicembre 2014 in cui una signora Isa Maggi ha convocato in maniera sia pur confusa e populista gli Stati generali delle donne, a Roma in una sede europea presa in prestito, per proporre idee e iniziative ,ben poco poi recepite dalle istituzioni ma ripetute in tante sedi regionali con la speranza che potesse fare “massa critica” e dare sviluppo alla voce e al potere femminile. Nell’iniziativa poi è comparsa la Senatrice Fedeli, rossa di capelli e cigiellina ,ora assurta all’era dell’obbedienza renziana che si è affrettata a metterci “sopra il cappello” per dirla al maschile. Così le signore- fuori dal parlamento e dai Ministeri - un po’ nostalgiche, un po’ vetero, un po’ deluse e sempre incapaci di mettersi d’accordo sulla ripartizione e il rispetto delle regole individuate e concordate (politicamente corrette e opportuniste alla maniera maschile) -,tanto che un silenzio assordante è sceso sull’eliminazione fisica degli organismi di parità- costituiti da donne- unico vero presidio antidiscriminatorio, sono diventate esse stesse preda di appetiti solo assembleari e tacite platee da convocare quando c’è da fare una conferenza stampa per spiegare cosa fa il Governo. Almeno in questi ultimi anni di riforme sociali e del lavoro se si fossero rese conto delle potenzialità di metter in moto politiche attive peraltro rintracciabili trasversalmente in tutti i settori nel processo riformatore in atto( se pur modeste ma presenti) , anziché assumere il ruolo di “tricoteuses” quando venivano coinvolte in azioni concrete abituate a far male la politica asservita e magari settaria, oggi, forti della competenza che potevano acquisire sarebbero state utili alla causa. Invece tacciono felici di un’occasione di gita romana al servizio del sistema. Ma ecco che le onorevoli parlamentari suonano le trombe e capitanate dalla Presidente Boldrini , fanno ciò che di utile sarebbe già potuto essere stato fatto se almeno avessero avuto il coraggio di affermare la loro forza in Parlamento stando appunto dalla parte delle donne italiane, anche creando quella Commissione per le politiche di pari opportunità che sarebbe stata fondamentale in momenti in cui c’era da fare squadra e superare così con la testa alta quella cultura di sudditanza maschile di cui soffre ancora l’emiciclo e in cui soccombe la democrazia paritaria sostanziale. Per la prima volta è stato istituito alla Camera l’Inter gruppo parlamentare per le donne, i diritti e le pari opportunità, e l’obiettivo è nobile : porre le questioni di genere al centro del dibattito politico-legislativo, sulla scia delle diverse esperienze internazionali già esistenti in Europa e negli Stati Uniti.
Composto da 80 deputate, espressione di tutti i gruppi che siedono a Montecitorio, l’intergruppo si è dato anche un comitato direttivo con funzioni di coordinamento e impulso dei lavori, del quale fanno parte una deputata per ciascun gruppo, oltre alle deputate dell’Ufficio di Presidenza.
L’Intergruppo, presieduto da Boldrini, saprà non essere un’arena ma diventare una sede di confronto bipartisan su iniziative legislative già all’esame del Parlamento e proporne di nuove, ma anche di promuovere i temi che riguardano la vita delle donne attraverso incontri, dibattiti ed eventi culturali e non solo un” Caffè letterario o peggio un salotto?. Sarà nostra cura seguire attentamente i lavori. Oltre che a fare un po’ di ordine e “tirare dentro” anziché escludere,l’Intergruppo di Montecitorio forse saprà essere quello che ora non è più la politica per le donne,dopo una stagione in cui comunque ,varie Onorevoli Ministre ,hanno cercato di essere interlocutrici in sedi internazionali dove è fondamentale esserci unite e compatte e con proposte concrete . Quando si arriva nei contesti globali soprattutto sulle riforme dei sistemi di welfare in cui è coinvolta l’Italia serve competenza e sintesi essenziale ,poiché nel regno Unito, in Francia in Spagna ,nella Ue , nella Germania una rete tra tutte le donne che appartengono alle istituzioni europee è fondamentale, soprattutto per dialogare e fare squadra in Parlamento, Commissione, Consiglio e personale delle rappresentanze nazionali a Bruxelles. Un dubbio solo : mi auguro che di politiche per le donne si tratti, donne che ancora subiscono discriminazioni e violenze inaudite ,madri che devono “essere custodite e aiutate sul lavoro” come dice Papa Francesco e non sia solo una frenetica iniziativa di truppe cammellate che avanza in direzione di quella stagione trans ed etero che pur esistendo e avendo diritti , con la scelta del Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, in questi anni ha dedicato risorse e investimenti notevoli strabiscamente dalla parte degli studi di gender, della omosessualità,ecc. Che non sono né la struttura di welfare rimodulato per le nuove povertà tra cui sono in maggioranza le donne, né sviluppo delle politiche occupazionali in ambito sia pubblico che privato di cui con grande fatica e pochi riconoscimenti, si è comunque impegnato il ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui orgogliosamente ho fatto parte attiva. Appunto dalla parte delle donne e del lavoro.
27 ottobre 2015- JOB 24 SOLE 24ORE
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Smart working - Nel disegno di legge poco di nuovo. Ma non perdiamo anche questa opportunità per lanciare davvero il «lavoro agile»
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Alessandra Servidori - Direttore del Centro Studi “Lavori e Riforme” del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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Il disegno di legge sul "lavoro agile"- scritto da Maurizio Del Conte, giovane giuslavorista tecnico di fiducia di Palazzo Chigi , autore anche degli altri otto schemi dei decreti del Jobs Act - , anticipato e perorato già un paio di anni fa dalla Europarlamentare Alessia Mosca , arriva in parlamento con un disegno di legge collegato alla Legge di stabilità. Nulla di nuovo, al di là dei 9 articoli che lo declina, poiché la cosìdetta flessibilità lavorativa, ancorata alla norma che pur rimane importante, per essere effettiva deve tramutarsi in prassi. E tutto ciò che illustra il ddl in parola, sottolinea l'importanza del lavoro flessibile che peraltro era già stato normato nel 2008 con l'introduzione della detassazione del salario di produttività; misura non strutturale ma che ripropone ogni anno la possibilità di uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori attraverso un Fondo stabilito allora nella Legge finanziaria, oggi Legge di stabilità. Istituito l'incentivo (art. 2 D.L. n. 93/2008), con l'intento di favorire la produttività delle aziende e dunque anche la flessibilità - provvedimento collegato soprattutto all'art. 8 della stessa norma, che prevedeva la possibilità di incentivare attraverso la deroga la contrattazione di prossimità - da allora "il lavoro agile" non è stato politicamente sviluppato. La causa sono le resistenze che ancora oggi ne frenano l'adozione. Anzi, è bene ricordare che, nel 2011, proprio per armonizzare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro con anche tipologie di lavoro agile, lo stesso Accordo Comune sottoscritto da tutte le parti sociali e varato nel marzo di quell'anno, subì molte resistenze tra le parti sociali. Per cui, pur prevedendo una serie di tipologie, compreso il telelavoro, il part time, l'orario di lavoro flessibile come soggetti a detassazione secondo art 2 della legge 93/2008 , gli accordi aziendali nelle piccole e medie aziende non sono stati sdoganati. E questo, secondo lo stesso Osservatorio del Politecnico sullo smart working, dimostra essere solo una opportunità realizzata dalle grandi aziende, e non dalle piccole e medie imprese di cui è fatto il 93% del tessuto produttivo italiano. La Legge di stabilità 2016 finalmente mette mano anche ai criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative di nuove disposizioni ,compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all'organizzazione del lavoro. I quali, come recita appunto la legge di stabilità,- saranno stabiliti con un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze. Per sviluppare nuove prassi legate alla conciliazione tempi di vita e di lavoro, questa potrebbe diventare la volta buona per contrattare caso per caso una seria flessibilità. La palla dunque passa ai sindacati che, nell'ambito delle relazioni industriali , dovranno prima di tutto studiare e poi convincere i datori di lavoro che per modernizzarsi si potrà concedere per legge ai dipendenti di lavorare fuori dai locali aziendali, anche per un solo giorno a settimana, attraverso dispositivi elettronici con lo stesso stipendio e la stessa copertura assicurativa ( anche allargata per l'occasione),operando così in mobilità anche con un coworking o da dove si vuole,purchè si raggiungano gli obiettivi stabiliti e assegnati e concedendo autonomia. Il ddl prevede proprio l'applicazione degli incentivi fiscali e contributivi rifinanziati dalla Legge di Stabilità 2016 ,bloccati l'anno passato per finanziare gli esodati, ma che quest'anno rifinanzia il Fondo per la contrattazione di secondo livello con 430 milioni per il 2016. Il 10% del quale, come recita il decreto Jobs Act n. 80 (43 milioni) potrà finanziare anche accordi per la flessibilità lavorativa nell'ambito della conciliazione tempi di vita e di lavoro. Peccato che si tenderà a perdere un "pochino di tempo", perché una ridondante Cabina di Regia interministeriale presso il Ministero del lavoro dovrà individuare le buone prassi che, peraltro,sono già state raccolte e analizzate dalla scrivente in un Osservatorio che dal 2012 in occasione appunto dell'Accordo Comune, ha avuto il compito di catalogare puntualmente gli accordi. Rintracciando nelle pieghe di virtuose aziende anche medie e piccole, quelle buone prassi che avevamo indicato nel marzo del 2011 ,dunque soggette a detassazione. Solo il 5% delle aziende medie e piccole italiane - ci segnala l' Osservatorio del Politecnico- ha avviato un progetto strutturato di lavoro agile. E, detto francamente, il management aziendale (di cosa parliamo nelle aziende piccole e medie?) non è nè attenzionato né abbastanza preparato (come peraltro i sindacati) a cogliere questa opportunità per ripensare l'orario e l'organizzazione e il luogo del lavoro in una ottica flessibile. L'effetto "novita'", poi, se non si tratta di una novità strutturata bene può rivelarsi solo una momentanea sperimentazione superficiale destinata a fallire. Solo ripensando culturalmente e scientificamente dentro ad ogni azienda l'organizzazione del lavoro, a fronte di nuovi modelli e di una responsabilità condivisa degli obiettivi che si possono raggiungere in modi diversi (e non inchiodati per otto ore ad un posto di lavoro), l'opportunità, forse, potrà rivelarsi una occasione positiva. Ma per questo ci vuole competenza e ragionevole innovazione e volontà di adottare dei modelli organizzativi anche per essere moderni e competitivi.
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ALESSANDRA SERVIDORI ITALIA EUROPA OCSE : donne ed economia -24 Ottobre 2015
Le conclusioni della relazione dell'OCSE (2014) - L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico parlano chiaro: le donne non solo influenzano il mercato, sono il mercato. La Relazione "The Female Economy" ovvero “«Il genere e lo sviluppo sostenibile: massimizzare il ruolo economico, sociale e ambientale delle donne” pubblicata in questi giorni deve far riflettere il sistema economico internazionale,ma soprattutto noi italiani . Secondo la Harvard Business Review, le donne,in realtà , rappresentano un mercato in crescita più grande di Cina e India insieme - più di due volte più grande, in realtà. Dato che l'83% delle decisioni di acquisto sono fatte da donne, sarebbe sciocco ignorare questa favolosa opportunità per la crescita futura. Eppure la maggior parte delle donne ritiene che i prodotti e servizi che vengono offerti non sono all'altezza delle loro aspettative. I settori peggiori sono quello finanziario e sanitario, dove il 91% delle donne si sentono incomprese dalle campagne pubblicitarie. La ragione è semplice: l'industria della pubblicità è dominato dagli uomini. Nelle agenzie di pubblicità, gli uomini rappresentano il 90% dei direttori artistici e solo un terzo di creativi sono donne (dati USA, perché non ci sono dati ancora per l'Europa). Le donne sono il mercato, ma sono trattate come se fossero solo un mercato di nicchia. Le norme utilizzate nel marketing sono norme maschili, dice l’OCSE . Un caso esemplare : il modo in cui le donne sono ritratte nella pubblicità, nella progettazione dei prodotti : donne perlopiù molto svestite e magrissime , il nero fortemente carico di sensualità domina il loro abbigliamento, mentre è appurato che le donne preferiscono colori vivaci e forme rotonde ,ma non volgari. Le donne che interessano il marketing sono "casalinghe sotto i 50", ma in 8 su 10 coppie entrambi i partner lavorano, e non appena una donna supera i 50 anni, non esiste per il marketing se non quello della pura assistenza alla disabilità ( assobenti, adesivi per dentiere,ecc)Un dato su cui riflettere è che le donne stanno entrando sempre più nel mercato del lavoro , più donne sono occupate sia nelle piccole imprese che in grandi aziende multi-nazionali. Aggiunto al loro potere di consumatori, questo è un ulteriore fattore che porta al crescente impatto delle donne nel mondo degli affari. Questo è ciò che intendiamo per "The Female Economy".L'OCSE stima che, se il tasso di partecipazione delle donne all'economia fosse identico a quello degli uomini, il PIL aumenterebbe del 16% in 10 anni. Inoltre dal punto di vista microeconomico, gli studi dimostrano che le aziende con più equilibrio di genere nei ruoli decisionali senior hanno indicatori di performance migliori. Nei paesi nordici, ora c'è una correlazione positiva tra il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro e il tasso di natalità. Questo suggerisce che più una donna lavora, e più figli ha. Si tratta di un circolo virtuoso che aumenta ulteriormente l'impatto del lavoro femminile per l'economia. In controtendenza è l’Italia, dove dai dati Istat sappiamo che la realtà è assai diversa : purtroppo sono sempre di più le italiane che rinunciano al lavoro per la maternità, donne che rinunciano alla maternità per il lavoro. Da dove la si guardi la condizione delle donne “fertili” è sempre più difficile. Tasso di natalità tra i più bassi del mondo occidentale, tasso di occupazione femminile ugualmente fra i più bassi, che continua a scendere come confermano gli ultimi dati dell’Istat, siamo arrivati al 46,4%.
L’OCSE ci pone alcune domande alle quali siamo chiamati a rispondere e velocemente : Se le donne hanno un forte impatto sull'economia in termini di lavoro e di consumo, perché non agiamo coerentemente per sostenere questa occupabilità femminile che chiede di entrare e rimanere sul mercato del lavoro?
Per esempio : la Francia è in procinto di unirsi ai paesi nordici al circolo virtuoso tra il lavoro delle donne e il tasso di natalità. Che dire del resto d'Europa?e di Noi Italiani ?
Le recenti disposizioni di tagli alla finanzia pubblica e i tagli alla spesa colpiscono le donne più degli uomini e impediscono loro di lavorare come vorrebbero. Abbiamo analizzato – e analizziamo oggi con la Legge Finanziaria -queste decisioni dal punto di vista di genere e del loro impatto macroeconomico?
Se le donne sono disponibili a investire più nel lavoro retribuito e regolare, gli uomini hanno bisogno di condividere più l'onere del lavoro non retribuito che è attualmente l'80% gestito da donne. Gli uomini sono davvero pronti a essere migliori alleati delle donne in questo?
A parole , sembrerebbe che a causa del chiaro posizionamento dell'Unione Europea, la parità di genere sia oggi un argomento chiave degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Inoltre, è stato adottato un nuovo quadro per il lavoro dell'Unione europea nei paesi partner con particolare attenzione alla parità di genere e l'empowerment delle donne. La Commissione giustizia e lavoro ha pubblicato la Road Map nel mese di settembre : un nuovo quadro per le attività dell'UE per il periodo tra il 2016 e il 2020 che è stato adottato non solo dalla Commissione Europea ma anche dal Servizio europeo di azione esterna. Lo scopo è quello di promuovere valori fondamentali quali la parità di genere nei paesi partner e sostenerli nel compiere progressi in questo campo. Questo supporto include lotta alla violenza contro le donne e le ragazze e consentendo loro di intraprendere azioni in materia di partecipazione civica e naturalmente partecipazione al lavoro. Inoltre, gli Obiettivi di nuova adozione su Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, tra cui la parità di genere, dovrebbero essere concentrati su : * Il nuovo quadro che considera successi e fallimenti del Piano di azione nello sviluppo 2010-2015 che dovrebbe andare oltre le promesse e le parole , ma intraprendere azioni e verificare risultati più o meno raggiunti facendo un resoconto leale e concreto . Esso si applica a partire dal 2016 se gli organi competenti del Consiglio saranno d'accordo e questo sarà il passo da conquistare poiché il dubbio concreto è che sia il Consiglio dei Ministri europei sia il Parlamento non aderiscano alle proposte della Commissione. Peraltro ci sono delle novità da tenere in considerazione : * Il finanziamento del quadro è assicurato da numerose strumenti di azione esterna dell'UE e modalità di aiuto. Il miglioramento dei diritti delle donne e delle ragazze è già finanziata con circa 100 milioni di euro. *Il campo della parità di genere sarà finanziato attraverso altri settori della cooperazione allo sviluppo.L'Unione europea e i suoi Stati membri si devono concretamente impegnare e subito ,in materia di protezione e la realizzazione delle ragazze ' e dei diritti delle donne. Noi in Italia dobbiamo sapere cogliere questa opportunità per schiodarci da quel 46,4% di occupazione femminile se vogliamo essere competitivi, smettendo di impegnare le poche risorse che abbiamo in azioni disaggregate tra una Presidenza Del Consiglio e di un Dipartimento che non si occupa di pari opportunità e un Ministero del Lavoro che ha tagliato risorse , competenze e cervelli per le politiche attive a favore dell’occupabilità femminile , dimenticando così tutto quel patrimonio a contrasto delle discriminazioni che negli ultimi sette anni avevamo acquisito soprattutto posizionando la nostra azione sulle politiche attive.
Lavoro e produttività, come funzionano i nuovi incentivi
Una parte molto interessante della legge di stabilità merita di essere ben spiegata, in quanto consegna alla contrattazione di prossimità un ruolo molto importante, posto che è sul luogo di lavoro che, anche attraverso le organizzazioni sindacali e buone relazioni tra imprese e lavoratori, si può ragionevolmente modificare sia l’organizzazione del lavoro che la flessibilità, e dunque diventa anche più virtuosa la produttività legata ad un reciproco interesse e benessere organizzativo che comprende anche la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
In più leggendo, attentamente il provvedimento, si prevede un coinvolgimento virtuoso degli utili per i dipendenti. Ricordiamo che una parte consistente di risorse per l’anno 2015 sono state utilizzate per coprire l’emergenza esodati nel capitolo dedicato al bilancio della spesa sociale, ma quest’anno la Legge di Stabilità ha ripristinato per il 2016 la detassazione dei premi produttività, una delle misure più attese per questa manovra finanziaria per la quale il Governo ha stanziato 430 milioni di euro per il 2016 e 589 milioni di euro per gli anni successivi.
Ricordiamo brevemente cosa comporta la detassazione del salario di produttività, introdotta nel 2008, misura non strutturale ma che ripropone ogni anno uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori. Nel 2013 i premi retributivi e le voci di salario legate agli incrementi della produttività sono stati concessi con tassazione agevolata al 10%, con un massimo di 2.500 euro di sconto fiscale riservato ai lavoratori con reddito annuo fino a 40mila euro. Per il 2013-2015 le risorse sono state stanziate sempre dalla Legge di Stabilità (art. 1, comma 481, legge 228/2012), che ha rimandato ad un successivo decreto attuativo i criteri di applicazione (DPCM del 22 gennaio 2013), pubblicato in GU n.75 del 29 marzo 2013.
Per il 2016 è allo studio un nuovo meccanismo di incentivazione, con sconto fiscale direttamente in busta paga. Inoltre oltre alla detassazione la Legge 2016, ora al vaglio di Bruxelles, ha previsto anche l’ampliamento della platea di beneficiari, innalzando il plafond dei redditi ammessi all’incentivo a quelli fino a 50mila euro. L’incentivo (art. 2 D.L. n. 93/2008), è stato istituito con l’intento di favorire la produttività delle aziende, fino ad oggi il tetto massimo era tra i 30mila ed i 40mila euro, escludendo così i quadri che ora possono godere dell’agevolazione fiscale. Il limite massimo di importo che potrà essere assoggettato a tassazione agevolata del 10%, se legato al raggiungimento di obiettivi di produttività e redditività aziendali, è stato fissato a 2.500 euro (2.000 euro lordi per le aziende che non coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro). Stesso limite e stessa aliquota agevolata (imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%) per gli utili distribuiti dalle aziende ai dipendenti.
Inoltre sempre la legge 2016 ha stabilito che le somme e i valori dei fringe benefit concessi ai dipendenti (art. 51, comma 2 D.P.R. n. 917/1986) e quelli di importo non superiore a 258 euro (art. 51, comma 3 ultimo periodo D.P.R. n. 917/1986) non concorrono, entro questi limiti, a formare il reddito di lavoro dipendente, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme detassate; i premi produttività, fino al limite massimo di 2.000 euro (2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del lavoratore o del suo nucleo familiare ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE); resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.
I criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative della nuova disposizione, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro, saranno stabiliti con un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Per sviluppare nuove prassi legate alla conciliazione tempi di vita e di lavoro, questa deve diventare la volta buona.
Alessandra Servidori
ROMA SABATO 17 TEATRO ADRIANA : Nasce Generazione famiglia, la rete associativa che collabora con tutte le altre realtà associative presenti sui territori che abbiano tra loro gli stessi fini : informazioni sulla fondamentale libertà sociale ed educativa; contribuire ad organizzare eventi culturali a favore della famiglia e contro iniziative che ne ledono la dignità e i diritti, difendere nelle scuole il diritto di priorità della famiglia nell’educazione dei figli anche su temi delicati come l’identità sessuale e le relazioni affettive contro l’ossessione del gender; intervenire con forme di aperta espressione dei propri valori e delle proprie istanze, sulle proposte non condivise di legge sulle unioni civili,contro l’ideologia diffusa del gender che minaccia lo sviluppo biologico dei bambini e bambine. Gli impegni assunti è di diffondere le nostre riflessioni e le nostre iniziative che comportano l’organizzazione di momenti di discussione con i genitori e gli insegnanti, la costituzione di circoli territoriali, l’iniziativa per il giorno 4 dicembre di non mandare a scuola i bambini come dimostrazione evidente di dissenso rispetto alla decisione,già avviata attraverso materiali diseducativi e la legge sulla mal riforma della scuola , di introdurre nelle scuole moduli formativi di gender. Alla tavola rotonda alla quale hanno partecipato numerosi esperti di temi sociali, si sono evidenziate convergenze straordinarie su come,insieme proseguire questo percorso. Vista la potenza di fuoco che i sostenitori delle teorie del gender hanno impiegato era praticamente impossibile non doversi confrontare con esse, soprattutto se nel mio caso, i compiti istituzionali e professionali sono rivolti ad occuparsi di discriminazione ,politiche sociali e del lavoro. Per sette anni sono stata consigliera nazionale di parità,orientata ad occuparmi delle discriminazioni che subiscono le donne nel lavoro,che sono ancora tante e per le quali,purtroppo ,nonostante una buona legislazione a tutela, la maternità rappresenta ancora un prezzo maggiore da pagare per entrare e restare nel mercato del lavoro. Pensiamo solo che il tasso di fecondità è da tempo sotto quello del ricambio naturale e a quanto ancora rimane da fare per sostenere l’occupabilità femminile e dunque anche le politiche attive. A un certo punto mi sono trovata a dover considerare che la questione principale, ma non per me e per le effettive situazioni in cui ci trovavamo nel mercato del lavoro, era diventata quella di natura sessuale con delle forzature evidenti, sia come impegno politico che di impiego delle risorse disponibili. Basta vedere quali sono le priorità dell’UNAR ,l’ufficio presso la Presidenza del Consiglio che dovrebbe occuparsi di contrastare il razzismo e che invece è diventato il caposaldo delle teorie del gender. Credo nella dualità , anzi nella complementarietà tra uomo e donna,nella vita e nel lavoro,e avverto una singolare sensazione di isolamento come se impiegassi il mio tempo a rammendare calzette. Se poi non mi adeguo alla moda delirante si rischia di uscire di scena e di non vedere apprezzato il proprio lavoro. Quando penso alla teoria sui nuovi diritti,mi torna in mente un verso di Dante, riferito ad una sovrana dell’antichità “LICITO FE’ CIO’ CHE LIBITO IN SUA LEGGE”. Anche l’Unione Europea subisce le pressioni della lobby del gender: l’Europa è una specie di Paradiso terrestre dei diritti ed è vista come tale da milioni di povere persone che attraversano il mare e i confini per raggiungerla. Ma la crisi ha messo in evidenza che occorre ripensare in profondità i diritti soggettivi selezionando quelli che sono veramente fondamentali e meritevoli di tutela,perché indispensabili e non perché legati a mere pulsioni iper-soggettive e narcisistiche. L’espansione esasperata dei diritti diventa esasperazione,talora appunto delirante. A fronte di risorse limitate bisogna scegliere le vere priorità. C’è poi da dire che ci sono delle verità nascoste : il CES a Parigi pochi giorni fa , dunque il CONGRESSO DEI SINDACATI EUROPEI, non ha neanche nominato la questione del gender tra le priorità ma ha rimarcato come peraltro la ROAD MAP della commissione Europea del 15 agosto che la priorità sui diritti è il lavoro, la parità salariale,la lotta alla poverta’. Ciò che succede nelle scuole oggi è mala/educazione perché la questione non è quella di non riconoscere le differenze. Per secoli gli omosessuali sono stati derisi e perseguitati ignobilmente, dobbiamo educare i giovani al rispetto degli altri anche perché ancora oggi, per esempio, succede che l’omosessualità, anche solo presunta, è oggetto di atti di bullismo sia maschile che femminile. Ciò che è intollerabile è l’indottrinamento della teoria del gender,la pretesa di farne una filosofia di vita migliore di tutte le altre, a costo di sconvolgere persino l’antropologia. Nei secoli l’umanità ha conosciuto la poligamia e la poliandria prima di approdare all’idea del matrimonio. Ma di mezzo c’erano sempre uomini e donne,non persone dello stesso sesso. E al bambino che nasce da un utero in affitto nessuno pensa che razza di vita confusa tra sentimenti e realtà vivrà? E il diritto di un bambino e di una bambina in questa delirante scelta di coppie che vorrebbero risolvere la loro crisi di identità che sta alla base dell’omosessualità ignorando lo shok culturale provocato, chi ci pensa? In buona sostanza dobbiamo con intelligenza e sapienza contrastare questa viscida e insana azione di penetrare nella testa e nell’anima dei nostri bambini per inculcare ciò che antiumanistico, antiscientifico, antiantropologico e aberrante : contrastiamo con tutte le nostre forze il pensiero unico perverso.
14 - 10 - 2015 Alessandra Servidori
Siamo seri: pensiamo all’occupazione femminile che è e rimane un problema grande. Due grandi e importanti Fondazioni, La Thomson Reuters e la Rokfeller, autorevoli voci internazionali, hanno pubblicato oggi una ricerca sulle difficoltà nel bilanciare la vita privata con quella lavorativa delle donne che è e rimane il vincolo maggiore oltre alla fatica di sviluppare la carriera, avere un pari salario ed entrare e rimanere nel mercato del lavoro nelle 20 nazioni del G20 compresa ovviamente anche l’Europa.
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Alessandra Servidori 15 OTTOBRE 2015
Sulla contrattazione di prossimità ci giochiamo lo sviluppo economico e processi strutturali anche per la parità.
La discussione aperta tra Renzi la Confindustria e il sindacato “de sinistra” ha una sua ragione d’essere e per la prima volta mi vede assolutamente d’accordo con i così detti (una volta) “padroni filo/governativi”.Sulle Pari opportunità dalle pagine di questa rubrica ho ricordato poche ore fa l’obiettivo che la UE si ri/data in materia di politiche attive, segnando purtroppo ancora il passo sull’occupabilità femminile posto che nella Comunità e soprattutto in Italia non si smuove più di tanto. Anzi. Pari indipendenza economica per le donne e gli uomini; parità di retribuzione per lavoro di pari valore , parità nel processo decisionale, dignità , integrità e fine della violenza di genere e promozione della parità tra i sessi anche al di fuori dell'UE sono le priorità. Sulla parità di retribuzione e salariale come già segnalato da autorevoli fonti , siamo abbastanza in difficoltà ma la soluzione può trovarci appunto anche a livello nazionale e nel confronto UE sulla contrattazione di prossimità. Con la riforma del lavoro e l’agenzia unica nazionale per il lavoro,sia l’attività ispettiva che l’attività promozionale con le parti sociali non potrà più essere solo di tipo sanzionatorio ma prevalentemente e soprattutto deve essere ricondotto ad una emersione del lavoro poco e male retribuito, ad un rispetto del dettato costituzionale e dello statuto del lavoro, ad iniziative in azienda e sul territorio ,perché in ambito istituzionale poiché dopo la Direttiva del 2006 della Ue e il nostro recepimento, le azioni di intervento per rafforzare le iniziative di politica attiva per irrobustire l’occupabilità sono ancora molto diverse e scollegate istituzionalmente tra di loro. Ma siamo convinte che fondamentale è il ruolo giocato in Italia dalla contrattazione integrativa nel determinare i salari che sarà vincente, poiché vi è un differenziale salariale di genere dimostrato da una corrispondenza negativa tra la presenza femminile in azienda e la probabilità che vengano adottati premi salariali di performance. Gli interventi possibili per migliorare la situazione non sono semplici ma il risultato finale si otterrà dalla combinazione di più interventi come la flessibilità lavorativa per tutti uomini e donne per cui non è la presenza in azienda ma è il risultato che conta. Sicuramente si tratta di un problema che non si risolve lasciando libera azione al mercato. Requisiti necessari sono una volontà politica ed una spiccata sensibilità di genere soprattutto delle parti sociali. L'ambito prevalente su cui intervenire è la remunerazione materiale e immateriale del fattore tempo. Fino a che la cultura aziendale premiante sarà ancorata al tempo quantitativamente speso sul lavoro, né donne né giovani, che hanno il diritto di costruirsi una qualità della vita, riusciranno a beneficiare di premi e percorsi di carriera ancorati al merito e soggetti a defiscalizzazioni, che rappresentano sia per l’azienda sia per le risorse umane un elemento di maggiore produttività. Fino a che la parte variabile del salario sarà il luogo principale della formazione delle discriminazioni indirette, il gap non si ridurrà. Sul sito del CESLAR è riprodotta e a disposizione di tutti,www.ceslar.unimore.it una piccola ed essenziale foglio/guida per far capire alle lavoratrici e ai lavoratori come è composta la busta paga ,la retribuzione e il salario e dunque insieme ai partners del mercato del lavoro ,( organizzazioni datoriali, sindacali, consulenti ) distribuiremo sui luoghi di lavoro questo strumento : conoscere dunque è un passo fondamentale per poi tutelarsi in caso di discriminazione e comunque rafforzare la contrattazione di prossimità con strumenti anche di welfare aziendale preziosi.
Alessandra Servidori SIAMO STANCHINE 14 OTTOBRE 2015
Siamo seri : pensiamo all’occupazione femminile che è e rimane un problema grande. Due grandi e importanti Fondazioni La Thomson Reuters e la Rokfeller autorevoli voci internazionali hanno pubblicato oggi una ricerca sulle difficoltà nel bilanciare la vita privata con quella lavorativa delle donne che è e rimane il vincolo maggiore oltre alla fatica di sviluppare la carriera, avere un pari salario ed entrare e rimanere nel mercato del lavoro nelle 20 nazioni del G20 compresa ovviamente anche l’Europa. L’età fa la differenza rispetto alla speranza e alla fiducia di diventare risorse umane “women work “ : sotto i 35 anni il 45 % delle “ragazze” pensano abbastanza positivo rispetto al fatto che gli uomini non godano di un miglior accesso allo sviluppo professionale e dunque di avere abbastanza pari opportunità ; mentre più grandi diventano più la speranza diminuisce e prendono atto che la diversità di trattamento la fa da padrona. In Italia poi la Ricerca racconta che ben il 57% delle intervistate ,sono convinte che gli uomini siano più favoriti, condividendo con le donne Arabe e SUD Coreane intervistate,la consapevolezza che non vi è equità tra lavoratrici e lavoratori,. Le italiane primeggiano nella graduatoria negativa e non sono da sole, nel rivelare, se pur ancora con grande difficoltà , di essere sottoposte a molestie sessuali sui luoghi di lavoro ,ovviamente tacciono per ovvie paure di ritorsioni. Siamo poi arrivate in parecchi paesi ,in Italia siamo ben il 32%, addirittura ad ammettere , quasi fosse una vergogna, che i figli “intralciano gli avanzamenti professionali”.La parità dunque è lontana , molto lontana, e ricordiamoci sempre che ben il 62% della crescita dell’occupazione in Europa prima della crisi era dovuto a una maggior partecipazione femminile alla forza lavoro. Tuttavia molto del capitale umano potenziale delle donne era ed è, ahimè, ancora, in particolare dopo la grande crisi economica, inutilizzato dal mercato del lavoro. Il lavoro femminile è, infatti, un fattore determinante della cosiddetta “parità di genere” e dell’indipendenza economica delle donne, ma certamente importante anche per l’economia di un Paese nel suo complesso. Un recente studio dell’Ocse dimostra, non a caso, che dimezzare il divario di genere nel mondo del lavoro potrebbe portare a una crescita del Pil di ben il 6% entro il 2030. Ma siamo un po’ stanchine di sentircelo dire paternalisticamente senza poi dare avvio a politiche serie e concrete.E’ noto,infatti, come i livelli occupazionali, e le relative dinamiche, delle donne siano, ovviamente, strettamente collegati alla maternità, che è e rimane un grande valore sociale. Ma evidentemente non per tutti. Ce lo diciamo da tanto e troppo tempo , ma pare che solo le politiche di protezione possano essere concepite come strumento da adottare , come se con la maternità finisse il valore sociale delle donne. Invece la questioni prima per l’aumento della partecipazione femminile alla forza lavoro è la compatibilità dei carichi familiari, in particolare quelli legati ai figli piccoli,e il lavoro di cura che non sono solo i figli piccoli, che non possono essere solo sul groppone femminile. La commissione Europea il 15 agosto- zitta zitta- ha ri/lanciato l’ennesima ROAD MAP proprio per sviluppare politiche attive per l’entrata e la permanenza delle donne , tutte ,nel mercato del lavoro, compresi i congedi parentali, la flessibilità lavorativa,la bilateralità e il welfare familiare. Per tutti uomini e donne. Ed è bene sapere che la situazione è molto varia in Europa : vi sono paesi come la Germania,la Finlandia ,il Regno Unito , in cui le donne hanno normalmente elevati tassi di occupazione,ma si registrano bassi tassi di partecipazione al mercato del lavoro solo per le madri di bambini piccoli. Invece in Svezia, Danimarca e Slovenia le giovani madri, bilanciano bene lavoro e famiglia. Cerchiamo allora di capire come aggiustare il tiro anche da noi senza continuare a flagellarci inutilmente e rimboccandoci le maniche per smuovere chi ci governa.
Alessandra Servidori 12 OTTOBRE 2015
Domenica la mia amica Fiorella insegnante in una scuola superiore mi ha telefonato raccontandomi la novità : la scorsa settimana è arrivata in tutte le scuole secondarie la Guida Operativa per le attività di alternanza scuola lavoro, un tomino di oltre 90 pagine, che dovrebbe insegnare agli insegnanti , come procedere per applicare concretamente , ad anno scolastico già iniziato e soprattutto a POF, Piano formativo avviato e programmato sia nella didattica che nella teoria , le così dette Istruzioni per l’uso di quanto previsto dalla normativa dai commi 33 al 43 dell’art 1 della legge 13 luglio 2015 denominata renzescamente LA BUONA SCUOLA alias “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione ecc,ecc,ecc” .Corredata da una documentazione massiccia che parte dagli Orientamenti europei e quadro normativo nazionale e via via si articola lungo le finalità dell’alternanza scuola lavoro ,passando tra la sottolineatura fondamentale del raccordo tra scuola, territorio e mondo del lavoro, fino a spingersi all’evidenza dei bisogni formativi e al ruolo degli istituti tecnici finanche a istituire il registro nazionale per l’alternanza scuola lavoro che dovrà testimoniare e raccogliere tutti i protocolli d’Intesa e monitorare i laboratori territoriali per l’occupabilità , nonché tempi e metodi della programmazione , la Bussolona /Guida dovrebbe con modulistica necessaria allegata per applicare le “istruzioni per l’uso per niente facili” indicare e sostenere gli insegnanti in quella che è la vocazione-indotta dalla norma- di andarsi a cercare le imprese che generosamente offriranno il loro tutoraggio e la loro esperienza pratica a tutti gli studenti italiani, a partire dalle classi terze, dunque dove e come dovranno svolgere un numero di ore di alternanza pari a 200 nei licei e 400 negli istituti tecnici e professionali. Il vulnus più evidente di questo passaggio è il non ennesimo collegamento tra percorso scolastico e quello indispensabile di formazione professionale che la legge nazionale non prevede( alla faccia della riforma costituzionale che continua ad assegnare alle Regioni il compito esclusivo dell’istruzione professionale) appunto ai percorsi di formazione professionale dopo l’istituto superiore che deve avvicinare i giovani al mestiere- Quindi se facciamo sì un passo verso il collegamento tra scuola e impresa, saltiamo -per non andare in rotta di collisione con le Regioni- il pezzo forte ed economico su cui è incardinata la formazione professionale regionale che rappresenta ancora la rete degli enti di formazione spesso vecchi e inadeguati sia nei moduli che negli stessi insegnanti che raramente si aggiornano. E così continuiamo a sbagliare a danno ovviamente sia delle imprese che dei giovani poiché le figure professionali richieste dal mercato del lavoro ,in continua strepitosa modernizzazione, non sono rintracciabili in tempi adeguati . Così come la partita delle certificazioni delle competenze slegate dalla certificazione dei contratti : sedi e soggetti diversi non aiutano alla continuità della regolarizzazione del mercato del lavoro e dunque anche a valorizzare le esperienze formative che i giovani fanno senza soluzione di continuità, sia in Italia che all’estero e che potrebbero invece tutte essere parte del CV che rintracciamo nel famoso libretto formativo. La programmazione e la messa in opera dell’alternanza scuola/lavoro subito e non domani dei propri studenti richiede poi una governance del processo di tipo manageriale poiché posta la generosità delle imprese a sottoscrivere le convenzioni previste, tutto il percorso richiede un tempo molto molto serrato da dedicare all’attuazione della realizzazione del percorso e ovviamente anche le insegnanti dovranno essere assistite. E francamente così come il Ministro del lavoro Giovannini aveva promesso 150.000 esperti per imparare come utilizzare i Fondi del Fondo sociale Europeo per sostenere il lavoro e dunque trovare le risorse( poi mai visti!) è legittimo chiedersi dove troveranno i colleghi altri esperti nel Ministero dell’Istruzione per realizzare questa scommessa, che rappresenta comunque una grande opportunità. Ci vogliono esperti interdisciplinari di rango in materia di Istruzione, formazione,lavoro, per partire e subito per far incontrare le insegnanti e le imprese e dunque metterci insieme per il bene comune dei nostri giovani e del nostro mercato.
Alessandra Servidori
Il giovane toscano Presidente,una ne dice cento ne pensa ma non siamo per niente informati di come vanno i conti e sappiamo che entro il 15 di ottobre –dunque meno di una settimana- Bruxelles e dunque Mamma Europa attende le proposte che il Governo Italiano farà per la legge di stabilità 2016 che poi andrà comunque varata dal governo entro il 31 dicembre 2015. Sappiamo che ci stanno lavorando …però e però i primi annunci di tasse coatte, ci stanno disorientando. Nella fantasia collettiva renziana , insufflata da quella giornalistica che ormai è quasi completamente piallata, questo governo avrebbe dovuto avere due caratteristiche: a) incarnare sobri costumi; b) stangare sodo per rimettere in ordine i conti attraverso riforme della spesa e rilanciare con le risorse così risparmiate,i consumi e lo sviluppo . La prima evidenza è che i costumi sobri non li ha adottati e prova ne è che mai come ora si vedono in giro macchine e scorte, aerei di Stato che si spostano da una provincia ad un’altra come fossero tapirulan. C’è da dire però che questo è il meno. Infatti noi per sobrietà intendiamo una maggiore severità verso i privilegi della classe politica,ma invece no,perché i vitalizi dei parlamentari forse si razionalizzeranno solo dalla prossima lontana –hai noi!_ legislatura. Ma la questione più seria è la stangata che comunque sta per arrivare.La stangata sta per arrivare, ed è un male perché , solo spremere le tasche degli italiani oggi significa raccattare euri destinati a vaporizzarsi sul braciere della spesa pubblica che rimane- hai noi- sempre quella. Attenzione al sistema bancario che comunque,beneficiato da Draghi, non ha ancora messo a disposizione risorse per i mutui e dunque gli italiani stanno ancora ricomprando titoli del nostro debito pubblico, e solo diminuendo il debito pubblico e liberando risorse per la crescita si riuscirà a vedere una vera ripresa. Al di là di quello che dice Padoan infatti,con una spallata confindustriale mai così filogovernativa come oggi, non si vedono significativi dati di risalita anche perché alcune iniziative sul mercato del lavoro, per esempio, non sono state neanche previste. Noi consigliamo di alleggerire di vincoli (quindi di protezioni) il mercato del lavoro delle professioni; alleggerire il peso del sistema pensionistico sugli odierni lavoratori; alleggerire la gestione pubblica dell’economia restituendo produzioni e servizi al mercato, aprire al mercato di qualità l’istruzione e trovare all’istruzione un mercato, così che ai nostri giovani possiamo garantire un livello alto di competenze e dunque di competitività. Perché solidità del nostro sistema produttivo significa anche anteporre le riforme e le liberalizzazioni ai prelievi e alle tassazioni.