VERGOGNA,VERGOGNA ,VERGOGNA e disgusto
Alessandra Servidori VERGOGNA;VERGOGNA,VERGOGNA e disgusto per chi fomenta l’antipolitica-25 ottobre 2017
Martedì sera prima serata rai 2 dunque televisione di Stato : la rappresentazione più volgare della politica italiana, con un noto attore che fa anche la pubblicità della pasta nostrana che, come onorevole del parlamento italiano , si fa fare una prestazione orale da una minorenne in un locale attiguo al Vaticano. E poi avanti così tra droga assassini, loschi scambi e degenerazione più trucida, colloqui in locali frequentati da prelati,ecc,ecc, ecc.Il film si chiama Subburra e lungi da me l’atteggiamento moralista( anche se comprensibile) mi chiedo ma perché devo pagare un canone coatto per vedere un film con la presunzione di fare cultura peraltro sostenuto con i soldi di Stato che massacra il nostro Paese? Vergogna, vergogna, vergogna e disgusto
FERMATE IL BULLO GUASTATORE
Alessandra Servidori FERMATE IL BULLO GUASTATORE
La storiaccia di Renzi che prende a sassate Visco e tramite lui Mattarella e Gentiloni e anche Draghi ,è la dimostrazione di quanto questa “classe dirigente” non solo non dirige più niente,ma incapace , è e rimane ostaggio di un giovanotto guastatore che con la sua corte dei miracoli, capeggiata dalla Boschi,dentro fino collo alla questione Etruria con lei per prima, il babbo e il fratello che ne hanno maneggiato risorse, fa emergere ancora una volta una situazione ingestibile e indecorosa per il nostro paese. Prima andiamo al voto e prima forse, ci leviamo di dosso questo stantio puzzo di intrallazzo oltretutto indecente. Se pensiamo che oggi il tg 2 ha aperto il telegiornale con la faccia di Lotti, altro pupillo/ministro indagato, perché ha messo in legge finanziaria un provvedimento per riconoscere ai figli di immigrati sportivi di poter partecipare a campionati italiani mentre a Roma giustamente i terremotati chiedono aiuto per ricostruire portandosi sulle carrette i detriti , ci viene ancora più disgusto. Sì perché come siamo arrivati a questo punto senza cacciare Renzi e i suoi adepti fuori dalla storia del nostro Paese?Sulla questione Bankitalia e Consob e vigilanza ci sono responsabilità evidenti che l’ecumenico Casini non farà mai venire a galla relative alle BAD BANK e di cui il toscanello ha responsabilità grandi.In tempi non recenti feci presente quanta morbosa e delirante gestione del sistema bancario abbiamo potuto subire appunto da BANKITALIA che NON è più la Banca degli Italiani e le rsponsabilità nascoste . Aumenta comunque il debito italiano in questo ultimo mese e non è vero che diminuisce : proprio quello che il governo si deve impegnare ad abbattere - in rapporto al Pil - Secondo il dato comunicato da Bankitalia, a maggio 2017 il debito delle Amministrazioni pubbliche è stato pari a 2.278,9 miliardi, in aumento di 8,2 miliardi rispetto ad aprile ed è tuttora riconducibile alla spesa della pubblica amministrazione che anziché essere ridimensionata continua a salire,infatti i dati di Bankitalia segnalano l'aumento dello stock di una ventina di miliardi, per colpa del fabbisogno della Pa. E ovviamente non ci possiamo meravigliare se aumentano il discredito di Bruxelles sul rispetto del Patto di stabilità poiché riferito alla correzione del deficit strutturale (che viene calcolato in base ai conteggi dei cosiddetti output gap che l’Italia e alcuni Paesi hanno chiesto di modificare) soprattutto per quanto riguarda il rientro nel 2017-ormai agli sgoccioli- che ad oggi non possiamo dimostrare. Il debito pubblico italiano è il più grande dell’ area euro in termini assoluti e il secondo dietro alla Grecia in termini percentuali se confrontato con il prodotto interno lordo. Non essere riusciti a ridurne il carico è uno dei grandi fallimenti. La vicenda del “salvataggio delle 4 bad bank “ e delle precedenti questioni sollevate sempre da queste pagine in occasione della ricapitalizzazione della Banca d’Italia, ci impone una riflessione seria. La nostra Costituzione –all’art 1 -prevede che lo Stato, come emanazione politica del Popolo, abbia il potere e il dovere costituzionale di esercitare la sovranità politica e monetaria nell'interesse supremo dei cittadini dai quali ha ricevuto il mandato popolare. Se “La Sovranità” appartiene al Popolo, dovrebbe esercitarla anche e sopratutto sulla emissione della propria moneta. In realtà- e le ultime vicende lo dimostrano- lo Stato ha consentito alla Banca Centrale ancora denominata erroneamente Banca d’Italia, controllata da privati, di esercitare in sua vece il potere sovrano di creare moneta e gestire il credito, di conseguenza le banche hanno acquisito il monopolio sull’emissione della moneta e attraverso la gestione “privatistica” del credito e il controllo del debito pubblico,determinano e condizionano il sistema monetario e quindi il destino economico del nostro paese ora è drammaticamente debitore perché attualmente il nostro sistema bancario è in mano a un ristretto gruppo di banchieri privati che, in perfetta sintonia e complicità con la classe politica corrotta e attraverso vari sotterfugi istituzionali, è riuscito ad assumere il totale controllo sull’emissione della moneta divenendo di fatto proprietario e gestore di tutto il denaro in circolazione e rendendo schiavo il popolo. In Italia la Banca Centrale di emissione di banconote è denominata “Banca d’Italia” ma in realtà non è “pubblica” o “dello Stato” come ingenuamente è indotta a credere la gente comune, sopratutto per la generica ma ingannevole definizione di “Istituto di diritto pubblico” contenuta nel suo statuto. La Banca d’Italia in pratica è e si comporta come una S.p.A. ed è gestita da privati e anche se continua ad apparire a tutti come “la Banca Centrale dello Stato Italiano”, in realtà Bankitalia è “di fatto privata” perché controllata per il 90%, attraverso “le quote”, dalle maggiori banche private italiane e da alcune grandi Assicurazioni come “Le Generali” e solamente il 5% di quote è posseduto dall’INPS come “ente pubblico”,e da una parte trascurabile dall’Inail. Tutto ciò è in contrasto con quanto stabiliva lo stesso Statuto di Bankitalia che all’Art. 3, recitava “in ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale di Enti Pubblici. Il 16 dicembre 2006 il Governo Prodi approva una modifica dell’Art. 3 dello Statuto, che ora recita così: “il trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto”. Cioè la Banca stessa decide chi può detenere le quote/azioni, sia esso pubblico o privato, senza dover rendere conto di nulla a nessuno. Il gioco è fatto. Così la ricchezza di un Paese prodotta dal Popolo passa in mani altrui,viene massacrato il principio sovrano che la moneta è stata inventata per “agevolare” gli scambi dei beni e dei servizi prodotti col lavoro dai cittadini, quindi la moneta ha valore solo perché gli stessi cittadini la accettano e la fanno circolare usandola come mezzo di scambio dei beni. Le banche non producono nessuna “vera ricchezza” ma solo “l’unità di misura” dei beni oggetto dello scambio, esse creano dal nulla il nostro denaro, ne assumono illecitamente la proprietà e poi ce lo prestano lucrando enormi profitti con l'applicazione di un interesse. Questa è la verità ed è un fatto. E veniamo alla Commissione nazionale per le società e la Borsa (meglio nota come Consob), istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216, è un' autorità amministrativa indipendente , dotata di personalità giuridica e piena autonomia la cui attività è rivolta alla tutela degli investitori –dunque ai cittadini-, all' efficienza, alla trasparenza e allo sviluppo del mercato. Durante tutti questi anni cosa ha fatto? Quando accumulavamo il debito pubblico che oggi pesa come un macigno ? Ovviamente l’ Europa condanna . Le quattro banche salvate dall’Italia, CariChieti, CariFerrara, Cassa Marche e Banca Etruria, vendevano alla gente prodotti inadatti guasti ai clienti che probabilmente non sapevano cosa stessero comprando e questo ha avuto conseguenze personali gravissime.E l’Espresso in questi giorni sta dimostrando quanto togliendo ai risparmiatori i banchieri si sono arricchiti, spostando capitali a loro intestati. Così per il furto del risparmio tradito che ha massacrato gli italiani non basterà la Commissione di inchiesta a sistemare questa truffa perpetrata. Noi lo capiamo bene e tolleriamo ancora questo ladrocinio e questo declino della nostra storia?
In onore di DAPHNE
EUROPA è anche la morte orribile di Daphne Galizia
Malta è paese Ue sempre rappresentato come un paradiso terrestre che Daphne Galizia giornalista coraggiosa aveva cominciato a svelare come crocevia di traffici finanziari molto illeciti. Documentazione certa di compromissione della premier dame Muscat su tangenti ,petrolio, fondi stranamente floridi. Nessuno però l’ha saputa difendere e la mafia governativa l’ha fatta saltare in aria; nessuno ha mai detto mezza parola sull’arroganza con cui Malta ha impedito agli immigrati fuggiti dalla guerra e dallo sterminio, di attraccare alle coste maltesi i barconi stracarichi e così almeno salvare quello sterminio di massa di tanti tantissimi bambini nel mediterraneo sempre più rosso di sangue. Ecco che un manto omertoso e silenzioso rischia di nascondere chi ha organizzato l’assalto e chiuso la bocca dell’indipendenza giornalistica. Daphne non era abulicamente “savianesca” e in cerca di pubblicità : aveva cercato e chiesto aiuto alle forze di sicurezza per aver ricevuto minacce da quando,documentata concretamente, aveva dato vita ad una inchiesta internazionale indipendente secondo la quale il mediterraneo e precisamente Malta fa da base per l’evasione fiscale in UE e aveva cominciato ad agitare il sistema finanziario corrotto nel 2016 attraverso documentazione che dimostravano -papers panama- come venne fuori il nome della moglie del candidato premier laburista maltese Muscat, con proprietà nei paradisi off shore : nel giugno 2017 la vittoria di Muscat. Allora è legittimo chiedersi a che barbarie stiamo assistendo ? Anche in Italia i mass media non hanno alcuna intenzione di sfiorare la cancrena in espansione che ha già annientato servitori dello Stato e giornalisti. Già nel 2005 imprenditori italiani attraverso il clan di Casal di Principe riciclavano il proprio tesoro a Malta, aprendo locali notturni, ristoranti e società di gaming: questo, secondo i detective, il piano dei Casalesi e i magistrati che hanno inviato subito una rogatoria alle autorità della Valletta. L’obiettivo : seguire il giro dei soldi , bloccare il riciclaggio. Peccato che la risposta di Malta si è fatta attendere e sempre , e quando arriva risulta incompleta. Il risultato è che del possibile tesoro offshore di Gomorra finora non si è più avuta notizia. Italiani residenti a Malta,azionisti di società sull’isola che non pubblicano bilanci: impossibile dunque sapere quali siano il patrimonio e l’attività economica delle aziende. L’unica certezza è che queste società sono attive. Lo stato della Ue è diventato la meta preferita di tanti connazionali per spostare affari e patrimoni. Un paradiso fiscale a chilometro zero, dove riciclare montagne di denaro frutto di racket, estorsioni, spaccio. Nessuna dogana da superare, nessun aereo da prendere. Bastano un paio d’ore di navigazione da Pozzallo o Portopalo di Capo Passero. Una valigetta piena di contanti, spesso semplicemente un bonifico, e il gioco è fatto. Milioni di euro sporchi investiti nell’economia legale. Ripuliti e fatti fruttare grazie a tasse bassissime, talvolta addirittura nulle. Un sistema sicuro, soprattutto. Perché Malta è un Paese dell’Ue, anche recentemente presidente di turno del Consiglio europeo, dove circola l’euro e nessuno controlla chi arriva dall’Italia. Non c’è dunque bisogno di inventarsi stratagemmi: è sufficiente che le autorità non siano troppo zelanti. E, visto come sono andate le cose finora, qualcuno alla Valletta deve aver chiuso più di un occhio sull’origine dei soldi che negli ultimi anni sono approdati sull’isola. E’ più facile far saltare in aria una coraggiosa giornalista per chiuderle la bocca.
QUI BRUXELLES a voi Roma : differenze di genere
ALESSANDRA SERVIDORI 11 OTTOBRE 2017
Europa :l’indice sull’uguaglianza di genere 2017 misura progressi a passo di lumaca –I risultati presentati il 10 ottobre da EIGE Istituto europeo per l’uguaglianza di genere nell’Unione a Bruxelles sono molto preoccupanti. L’indice si articola in sei domini principali lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute e due domini satellite ,violenza contro le donne e disuguaglianze intersezionali. Esso mette in risalto i campi in cui sono necessari miglioramenti e dovrebbe assistere i decisori politici nell’elaborare misure per la parità di genere più efficaci. L’aggiornamento fornisce il quadro della situazione attuale in Europa,si registrano passi in avanti, ma il progresso complessivo è molto lento. Il punteggio attuale dell’UE è salito di appena quattro punti rispetto a dieci anni fa, attestandosi a 66,2 punti su 100. In cima alla classifica troviamo la Svezia con 82,6 punti, mentre la Grecia è scivolata all’ultimo posto con 50 punti. L’Italia, ha compiuto un passo in avanti, attestandosi al 14° posto nella graduatoria dei 28 paesi.Siamo ancora molto lontani dall’essere una società che ha realizzato la parità di genere; in tutti i paesi dell’Unione europea, ci sono margini di miglioramento. In alcuni ambiti il divario si è addirittura ampliato rispetto a dieci anni fa. L’ indice sull’uguaglianza di genere indica chiaramente se e quanto le politiche governative rispondono efficacemente ai bisogni specifici delle donne e degli uomini. I nuovi risultati dell’indice sull’uguaglianza di genere ci dicono che la diseguaglianza è presente in tutti gli ambiti di vita; ciò significa che l’Europa ha il dovere di agire. La commissione Ue pare sia intenzionata a proporre ulteriori misure per promuovere il ruolo delle donne e assicurare pari retribuzione a parità di mansione. Puntare all’uguaglianza non vuol dire cercare di rendere le donne più simili agli uomini, ma creare un ambiente in cui entrambi i sessi abbiano pari opportunità di scelta e piena partecipazione alla vita sociale, lavorativa e familiare. La spinta maggiore verso la parità di genere nell’ultimo decennio riguarda l’accesso alle posizioni apicali e di governo, soprattutto nel settore privato. E’ quindi dimostrato che la pressione politica e dell’opinione pubblica può essere efficace, poiché ha contribuito a una maggiore presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società private. Tuttavia, sebbene l’uguaglianza di genere nell’accesso ai ruoli decisionali sia migliorata di quasi 10 punti nell’ultimo decennio, attestandosi a 48,5, questo parametro continua a registrare il punteggio più basso. Ciò è in gran parte la diretta conseguenza della diseguale rappresentanza di uomini e donne nella vita politica e rivela una carenza di democrazia nel governo dell’Unione. Quest’anno l’indice sull’uguaglianza di genere presenta una più articolata panoramica della distribuzione del potere. Infatti, oltre a includere i dati relativi ai ruoli decisionali nel settore della politica e dell’economia, l’indagine rivela chi occupa i posti di comando nei media, nella ricerca e nello sport. Sebbene le donne siano in netta maggioranza nei corsi di giornalismo (dove costituiscono i due terzi dei laureati), solo in poche raggiungono posizioni di vertice nel settore dei mezzi di comunicazione. Il potere decisionale nel mondo dei media resta in gran parte in mano agli uomini; basti pensare che le donne rappresentano solo il 22 % dei presidenti dei consigli direttivi delle emittenti pubbliche nell’UE. Nel settore del finanziamento della ricerca, meno di un terzo (27 %) dei direttori degli organismi di finanziamento sono di sesso femminile. La situazione è ancora peggiore nel settore sportivo: le donne detengono appena il 14 % delle posizioni di vertice nelle federazioni sportive di tutt’Europa. In 12 paesi si è registrato addirittura un arretramento in termini di uso del tempo da parte di uomini e donne soprattutto in ambito famigliare. Appena un uomo su tre cucina e svolge lavori domestici quotidianamente, a differenza della grande maggioranza delle donne (79 %). Inoltre, gli uomini hanno più tempo per attività sportive, culturali e ricreative. Le donne migranti hanno un carico di lavoro di cura dei familiari particolarmente alto rispetto alle donne nate nell’UE (rispettivamente, il 46 % e il 38 %).Per la prima volta questa edizione dell’indice mostra anche i divari tra diversi gruppi di donne e uomini. L’età, il livello di istruzione, il paese di nascita, la disabilità e il tipo di famiglia possono rendere la vita di alcuni completamente diversa rispetto al resto della popolazione. Per esempio, i migranti hanno un rischio di povertà doppio rispetto alle donne e agli uomini nati nell’UE. I giovani di sesso maschile valorizzano meno le opportunità di istruzione rispetto alle ragazze, mentre le madri sole hanno maggiori difficoltà nell’accedere ai servizi sanitari e odontoiatrici rispetto alle coppie con bambini. In specifico affrontando solo i risultati inerenti il lavoro che nella graduatorie delle emergenze è al terzo posto in quanto in questi ultimi dieci anni cioè dal 2005 al 2015 ha segnato solo un incremento di 1,5 punti nel punteggio, evidenziamo che Il divario di genere nell’occupazione segna ancora 16 punti e riflette una partecipazione inferiore complessiva nel mercato del lavoro in tutta europa e una maggiore partecipazione al part time di donne rispetto agli uomini. Ancora si registra una partecipazione femminile con scarso livello di istruzione,sono la metà degli uomini poco qualificati e comunque la manodopera femminile con bassi livelli di qualifiche è a rischio elevato di disoccupazione di lunga durata e ha un’occupazione precaria. Molto limitata la partecipazione al mercato del lavoro delle donne con bambini,indipendentemente dal fatto che vivano con un partner o siano donne sole .Il divario di genere ne rapporto segnale ben 11 punti di differenza tra le famiglie monoparentali e 28 punti tra le coppie con bambini e in entrambi i casi il maggior svantaggio è riferito alle donne .La bassa partecipazione al mercato del lavoro è un ostacolo all’obiettivo Europa 2020 che prevede il raggiungimento del 75% di impiego femminile e resta fondamentale un impegno primario nel rafforzare le politiche sociali integrando i principi della parità di genere in tutti i provvedimenti per una occupazione sicura e adattabile , con equi salari e tempi di vita e di lavoro equilibrati. Solo il il 23% delle donne e il 27% degli uomini può richiedere un po 'di tempo durante le ore lavorative a prendersi cura di questioni familiari o personali,considerando che le donne siano caregivers primarie, la sfida nel conseguire l'equilibrio tra vita professionale e vita riguarda principalmente la loro partecipazione nell'occupazione e nella loro condizioni di impiego. La Commissione europea sta approntando nuovi standard per i genitori,per la paternità e la cura che dovrebbero essere recepiti da tutti gli Stati membri dell'UE : misure attraverso il diritto legislativo e non legislativo, l’iniziativa che porta il nome New Start mira ad abilitare genitori e altre persone con responsabilità caregivers per meglio bilanciare la loro occupazione e la vita personale e migliorare la condivisione del lavoro di cura tra donne e uomini. Disposizioni di equilibrio tra vita e lavoro disponibili per tutti e in tutti i settori e nelle professioni potrebbero quindi facilitare la riduzione dei divari e divisioni nell'occupazione. i Settori STEM quindi informatici e digitalizzati, l'istruzione, la salute e le attività sociali rimangono campi dove la segregazione è molto evidente e con quasi nessun cambiamento negli ultimi 10 anni. Occorre affrontare la segregazione di genere nel mercato del lavoro e contemporaneamente nell'istruzione. L 'apprendimento permanente e la formazione relativa ai lavori, come indirizzato in l'Agenda per le nuove competenze per l'Europa, sono un'occasione per affrontare la sovra-e sotto-rappresentazione delle donne e uomini in certi settori e occupazioni.
MALINCONICO AUTUNNO
Alessandra Servidori
E’ un autunno struggente con giornate e colori straordinariamente caldi e ai primi di ottobre il popolo italiano ancora abbronzato pare essere destinato a sorbirsi i malanni dei partiti e dell’informazione alla ricerca di una politica che non c’è più. Dopo aver gufato l’eccellente risultato tedesco in cui il giorno dopo alla chiusura delle urne si è aperto un negoziato politico e programmatico, sicuramente complicato e non breve, ma certo nella sua realizzazione : abbiamo ben visto il governo della “grande coalizione” fin dal primo momento in cui si è realizzata, alla luce del sole e non negli sgabuzzini di partiti, come avviene da noi, che rappresentano solo i loro malandati gruppi dirigenti. Peraltro è ciò che prevede la democrazia parlamentare e la Costituzione tedesca e in Italia il populismo imperante e l’incapacità di avere una classe dirigente che possa onorare questo Paese e questo titolo , dopo aver denigrato il sistema che si rivela sempre di più il più forte e stabile d’Europa dovrebbe imparare dalla Mutti come dare una regolata a quella proposta di legge elettorale pasticciata e impresentabile al popolo italiano di cui straparlano nelle segrete stanze: abbiamo subito il maggioritario, il bipolarismo, l’alternanza maccaronicamente declinate per salvare i magnanimi lombi e la bulimia del potere. Siamo a ridosso delle elezioni e ci propongono una legge elettorale incomprensibile a loro stessi che balbettano sia in TV che sui giornaloni facendoci solo capire che con tutta probabilità non ci consegneranno un vincitore – perché nessuno avrà voti a sufficienza e le vecchie coalizioni del bipolarismo che videro realizzare un fatiscente sistema politico ora non si possono replicare poiché è evidente che cinque stelle, forza italia e compagnia , e pd frantumato ,rappresentano un panorama tripolare. Con le manie di protagonismo dei vari leaderetti è evidentemente impossibile fare le coalizioni preventive e anche post eventuale vittoria consumandosi quotidianamente un conflitto acido, inconcludente con una proposta demenziale che viaggia su un proporzionale (senza nemmeno il correttivo del voto disgiunto), l’azzeramento della soglia di sbarramento (altrimenti del 3%) per quelle liste che si presenteranno apparentate a quelle maggiori, cosa che, alla faccia della pretesa semplificazione maggioritaria, degenererà in un proliferare di listarelle individuali o poco più , con un 5 stelle che si è inventato il metodo berlusconiano e prodiano del “candidato premier” grande bugia consumata da chi ha voluto prendere per i fondelli gli italiani facendoci credere-ma bastava leggere la Costituzione che non lo prevedeva- che con il nostro voto avremmo potuto anche scegliere e nominare il capo del Governo . Dunque la Germania avrà il quarto governo Merkel, nei tempi e nei modi necessari per fare in modo che duri la legislatura e produca decisioni (sulle quali alla prossima occasione i tedeschi si esprimeranno promuovendo o bocciando chi le avrà prese),mentre noi Italiani siamo in balia di chi non ha nè la forza nè l’intelligenza di dare vita ad un’alleanza vasta o addirittura un “governo del Presidente” che eviti il vuoto e il ritorno alle urne dopo tre mesi, con una povertà e una litigiosità politica culturale e normativa che sbarra la strada alla realizzazione di ciò che altrove è considerato normale e dove soprattutto vive e si confronta democraticamente una classe dirigente degna di essere definita così e di stare alla guida di un paese.
1 ottobre PAPA FRANCESCO a BOLOGNA: il lavoro prima di tutto
1 ottobre Papa Francesco a Bologna : il lavoro prima di tutto e per tutti
Alessandra Servidori
Il Papa è arrivato sotto le due torri in una giornata di pioggia tenace e molesta, ma siamo in moltissimi ad accoglierlo. E prima sul sagrato di San Petronio e poi per noi insegnanti in San Domenico l’argomento principale è stato il lavoro. Bisogna trovare il metodo per riparare l’ascensore sociale che sembra rotto, per rinnovare la grande tradizione di laboriosità e di cooperazione solidaristica di queste terre e per un’economia che abbia al centro l’uomo e l’impegno e anche la nostra scelta deve essere quella di comprometterci e di sacrificarci per non deludere coloro che cercano lavoro e i giovani che studiano con la speranza di potersi costruire un progetto di vita. Il Papa ha affrontato senza preamboli il tema del lavoro e soprattutto quello della sua espressione negativa, “cioè la situazione difficile, a volte angosciante, della mancanza di lavoro e l’esigenza di dialogo tra le parti sociali”. “Cercate di portare avanti”, ha esortato, “ soluzioni stabili e capaci di aiutare a guardare al futuro per rispondere alle necessità delle persone e delle famiglie” Francesco ha esortato a non piegare mai la solidarietà alla logica del profitto, perché “cercare una società più giusta non è un sogno del passato ma un impegno”, “L’accoglienza e la lotta alla povertà passano in gran parte attraverso il lavoro”, ha ribadito, “non si offre vero aiuto ai poveri senza che possano trovare lavoro e dignità”. E ancora “il recente “Patto per il lavoro” che ha visto tutte le parti sociali e anche la Chiesa firmare un comune impegno per aiutarsi nella ricerca di risposte stabili, non di elemosine, è un metodo importante che auspico possa dare i risultati sperati”. La crisi economica attuale e anche “crisi etica, spirituale e umana”, ha sottolineato vi è la necessità di “togliere centralità alla legge del profitto e assegnarla alla persona e al bene comune”.San Petronio, “Pater et Protector”, è sempre raffigurato con nelle mani la città. Chiesa, Comune e Università sono gli “aspetti costitutivi” di Bologna. “Quando essi dialogano e collaborano tra loro, si rafforza il prezioso umanesimo che essi esprimono e la città respira, ha un orizzonte”, ha ammonito, “vi incoraggio a valorizzare questo umanesimo di cui siete depositari per cercare soluzioni sapienti e lungimiranti ai complessi problemi del nostro tempo, vedendoli sì come difficoltà ma anche come opportunità di crescita e di miglioramento”.
Malattie professionali. ecco la guida amichevole
Alessandra Servidori 27 settembre 2017
Continua il nostro impegno per le donne egli uomini e le loro famiglie che incontrano la malattia .Ecco la Guida amichevole che abbiamo preparato con una partnership veramente straordinaria e che diffondiamo su tutto il territorio nazionale sempre dalla parte delle persone e del lavoro , che rappresenta una condizione indispensabile per la dignità e la qualità di vita.
WORD CANCER DAY- TUTTEPERITALIA-NOITUTTIPERBOLOGNA-CESLAR UNIMORE-COMUNE di BOLOGNA- ISTITUTO RAMAZZINI--INPS-INAIL- CGIL/Cdlm Bologna- CISL Bologna area metropolitana- UIL Bologna E/R-
Patologie oncologiche,invalidanti,ingravescenti e malattie professionali.Quello che è importante saper per le famiglie,per le lavoratrici e i lavoratori -QUESTA Guida amichevole intende fornire aggiornate e utili informazioni a chi nel proprio percorso di vita si è imbattuto nella malattia tumorale, per potersi orientare con consapevolezza sulle possibilità esistenti di esercizio dei propri diritti e affrontare così meno faticosamente il delicato momento familiare e professionale. Nel momento attuale di sempre maggiore complessità, questo strumento vuol orientare circa i percorsi da compiere quando si incontra la malattia oncologica e invalidante, nel complessivo assetto sanitario, assistenziale, previdenziale: nella convinzione piena che “Insieme è meglio”, questo risultato è stato ottenuto grazie alla proficua collaborazione di territorio, Istituzioni, Associazioni- potete scaricarla sul sito
Legge elettorale : rose con molte spine
Alessandra Servidori . Rose con molte spine : un testo da maneggiare con precauzione.
24 settembre 2017
Per cercare di capire la proposta di legge elettorale depositata .La Commissione Affari Costituzionali della Camera voterà martedì prossimo per l’adozione del nuovo testo base della legge elettorale presentato dal relatore Fiano,il giorno successivo, mercoledì 27 alle 17, è stato fissato il termine per presentare gli emendamenti. La proposta di riforma è identica per le 2 Camere.
L’articolo 1 si riferisce alla Camera dei deputati. L’elettore dà un voto unico che vale per una lista proporzionale bloccata corta in una circoscrizione plurinominale e per il candidato nel collegio uninominale. Se più liste sono collegate in una coalizione ad un medesimo candidato uninominale e l’elettore vota solo il candidato nel collegio, i voti così espressi sono spalmati pro quota tra le liste proporzionali secondo le opzioni già espresse dagli altri elettori (ad es. se 9 elettori votano solo il candidato e ci sono due liste collegate, di cui la prima col doppio dei voti della seconda, 6 voti si spalmano sulla prima e 3 sulla seconda). Le coalizioni devono essere omogenee sul piano nazionale. Nei 232 collegi (225 in 18 regioni, 1 in Val d’Aosta e 6 in Trentino Alto Adige) è eletto il candidato che arriva primo. 12 sono eletti come sempre nei collegi esteri. I restanti 386 seggi sono attribuiti con la proporzionale, metodo del quoziente: gli sbarramenti sono del 10% per le coalizioni e del 3% per le liste, nonché del 20% regionale (o due collegi vinti) per le liste delle minoranze linguistiche.
L’articolo 2 stabilisce un identico sistema per il Senato, dove i collegi saranno 109 (102 in 18 regioni, 1 in Val d’Aosta e 6 in Trentino Alto Adige). 6 sono gli eletti all’estero. I restanti 200 sono eletti con la proporzionale.
L’articolo 3 dà una rapida delega per il ritaglio di collegi e circoscrizioni.
Dal punto di vista della rappresentanza il sistema sarebbe migliorativo perché adotterebbe le soluzioni europee (liste bloccate corte e collegi uninominali maggioritari) invece dell’anomalia italiana, tra le grandi democrazie, del voto di preferenza. Nel nuovo testo sono presenti quote di genere. In ogni coalizione nessuno dei due generi può superare la quota del 60% nei collegi uninominali a livello nazionale. La stessa quota è prevista per i partiti per ciò che riguarda i nomi dei listini proporzionali. Il punto positivo è che se passasse la riforma avremmo norme di garanzia di genere anche al Senato, mentre mancano nel testo ora vigente. Il vero problema è però che nei collegi maggioritari uninominali e nei listini bloccati nel proporzionale il 40/60 non garantisce: alle donne potrebbero essere assegnati solo collegi dati per perdenti e nel listino le candidate potrebbero finire in coda. La proposta lascia carta bianca ai partiti nella “nomina” di quelli che dovrebbero essere democraticamente eletti per rappresentare il Paese e dal punto di vista della governabilità i problemi rimarrebbero poiché se le opzioni degli elettori restano frammentate, senza una lista o coalizione che superi il 40%, dalle urne non uscirà nessun vincitore e si cercherà di comporre difficili coalizioni post-elettorali con ruolo rilevante della Presidenza della Repubblica. L’unica differenza è che si inserisce un limitato correttivo maggioritario legato ai collegi, mentre nelle leggi vigenti la disproporzionalità era solo dovuta allo sbarramento e alla soglia del 40%, difficilmente raggiungibile, per accedere al premio alla Camera.
Sono sparite le preferenze dal testo e sono 173 i giorni che mancano alla scadenza naturale della legislatura(15 marzo 2018). Sulle possibilità che venga approvata si hanno molti dubbi .
MERKEL REGINA D'EUROPA
Alessandra Servidori Germania al voto : MERKEL Cancelliera regina d’Europa - 23 settembre 2017
Angela Merkel è l’ultimo vero leader democratico rimasto sulla faccia del mondo tra il nazionalismo nefasto di Trump- che non ha voluto stringerle la mano- e il populismo arrogante di Putin che credeva di farle paura scatenandogli un cane contro. Li ha superati tutti Merkel con i suoi dodici anni al potere aspirando oggi legittimamente a governare per altri 4 anni la Germania: ha stretto la mano da” capo” a Bush,Obama ,Blair,Cameron, Sarkozj ,Hollande,forte del suo carattere deciso ma calmo come il suo cognome che in tedesco merkel significa “ritardo”. Nel 2011 è stata insignita della medaglia presidenziale a Washington ma nel 2017 Trump sfida la sua ragionevolezza contrapponendole all’apertura del commercio internazionale la chiusura netta e la contrapposizione alla Nato e agli accordi di Parigi sul clima. La signora Merkel genera tutt’ora molte speranza al di là dei confini tedeschi : questa condottiera priva di vanità in un incontro a Berlino la sentii affermare parole straordinarie :” In presenza di uomini autoritari e vanitosi provo una repulsione fisica e mi viene voglia di sedermi lontano”. Nata nella Germania dell’Est in un paesino dove ancora oggi le scritte stradali sono in cirillico, ha una grande forza di volontà,intelligenza e ambizione incardinata sulla consapevolezza di quanto poteva e sapeva fare, con un umorismo naturale,allergica alle lusinghe con un team di lavoro composto da parecchie signore,Merkel si candida per il quarto mandato con una formazione in Fisica,la libertà e la dignità umana come capisaldi della sua missione: prima ministro di Kohl per le politiche femminili e giovanili, poi ministro dell’Ambiente e dal 1999 Capo della Germania democratica. Ora rispedisce in patria i migranti se i loro paesi non sono più considerati pericolosi,firma patti con la Turchia, depotenzia il partito di estrema destra sceso al 9%,ha portato la Germania ad una disoccupazione minima,il sistema economico e bancario che regge,anzi traina la ripresa europea:lei resiste,osserva,ascolta,non racconta nulla di sé,lavora moltissimo e non dà mai nulla per scontato.
UN SUPER MINISTRO ECONOMICO UE?
Alessandra Servidori Un super ministro per l’economia europea ? 19 settembre 2017
A parole sono d’accordo in molti dei 27 della ue ma la tensione che c’è nell’aria è tantissima . I problemi sono per ordine di grandezza : che nazionalità avrà il privilegio di dare i natali al super ministro , a chi deve fare capo ( al Consiglio,alla Commissione, al Parlamento ) di cosa si deve occupare ( di finanza, di economia , di politica economica estera, dell Eurogruppo,della moneta unica , di un possibile Fondo monetario ,dei bilanci pubblici dei componenti della ue ?) In buona sostanza tante idee poche condivise ma soprattutto molto moltissimo dipenderà dalla conferma di Merkel fortissima Cancelliera tedesca – la cui rinomina è quasi scontata- che è ben consapevole del passaggio strettissimo che l’economia europea sta ancora traversando e un ministro in comune dovrebbe comunque fare i conti con problemi di bilanci ancora sofferenti soprattutto in materia di lavoro. Nella corsa che già sta scaldando i motori per il 2019 quando ci saranno le elezioni europee entreranno a gamba tesa le candidature alla BCE ,al Fondo Monetario e l’unica che in questo momento può vantare una certa forza è la Germania con i suoi dati occupazionali ed economici di forte positività. C’è chi in questi giorni ci taccia di essere dei gregari ma ,non è che la questione ci consoli, in ben pochi degli altri 26 paesi può vantare delle economie “allegre” e quindi molta voce in capitolo su questa prestigiosa nomina di super ministro .In verità Mario Draghi è colui che ha guidato la BCE non bene,benissimo e ha sostenuto in inverni e autunni di scossoni sui mercati prima un programma di acquisto dei titoli di Stato e di obbligazioni aziendali da parte della Banca Centrale Europea ed ora si sta preparando con un equilibrio straordinario ad uscire morbidamente dall’emissione del quantitative easing tenendo a bada,nell’eurozona, il pericolo di un dollaro forte a causa della gestione disinvolta di Trump sparato sulla deregolamentazione finanziaria e il taglio delle tasse. In un anno l’euro ha guadagnato oltre il 14% nei confronti del dollaro anche perché l’economia europea è in ripresa e Trump si è dato una calmata. Noi adesso dobbiamo predisporre una legge di bilancio che faccia tagli strutturali non meno del 6% del prodotto interno lordo e non una legge che guarda ai voti da prendere piuttosto che a sostenere la lentissima crescita italiana. Dobbiamo ridurre il deficit e rilanciare la produttività e il lavoro lasciando il populismo elettorale ricco di orpelli elettorali a chi non ha tra i suoi obiettivi il bene del Paese. La legge di bilancio dunque ha due scopi ben chiari : la prima, investire sulle politiche attive per i giovani e le donne che aiutano nella transizione o dalla formazione al lavoro vera emergenza oggi nel mercato anche perché non dimentichiamo –dati istat ultimissimi- in Italia oggi lavora solo il 38% dei residenti; la seconda possiamo presentarci a testa alta nella discussione di una nuova Europa senza chiedere deroghe e sconti sulla pelle comunque e sempre del popolo italiano.
Paradossoitaliano:meno donne occupate e più donne negli incidenti sul lavoro
INCIDENTI SUL LAVORO- PUBBLICATO il 4 settembre su Il Diario del lavoro
Il paradosso italiano: meno donne occupate ma più morte sul lavoro
A Lucca in questi giorni due operai hanno perso la vita sul lavoro e poche ore prima un altro giovane ha avuto la stessa sorte. La notizia è molto significativa anche perché supportata dai dati INAIL di questi giorni in cui gli infortuni sul lavoro stanno aumentando, comparati ai dati del 2016 proprio un mese dopo che l’istituto aveva significativamente, presentando il suo Rapporto sull’attività annuale, illustrato le sue linee guida per contrastare sia gli incidenti sul lavoro che le malattie professionali registrati nell’anno 2016. Infatti nel 2016 le denunce d’infortunio,hanno avuto un incremento dello 0,7% rispetto al 2015 (4.201 casi in più).
La quota più consistente delle denunce 500.621 casi, (78,1% del totale) si registrava nella gestione Industria e servizi, presentando un incremento dell’1,4% rispetto l’anno precedente e ancora oggi si registrano nei settori dei servizi.
E’ interessante analizzare oggi,nella sezione “Open data” di Inail i dati analitici, delle denunce di infortuni e malattie professionali rilevati a luglio 2017; sono pubblicate anche le tabelle del “modello di lettura” con i confronti “di mese” (luglio 2016 vs luglio 2017) e “di periodo” (gennaio-luglio 2016 vs gennaio-luglio 2017). Per esempio, nel confronto “di mese”nel luglio 2017 si sono avute 46.390 denunce, con un aumento del 3,6% rispetto a luglio 2016. L’incremento è stato rilevante per i settori di attività economica: attività professionali, scientifiche e tecniche (+11,5%), fornitura di acqua, reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento (+6,7%) e Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (+5,8%).
L’analisi per classi di età evidenzia che l’aumento si concentra nelle classi iniziali fino ai 29 anni (+8%) e nelle classi dai 45 ai 69 anni (+6%). Le denunce di infortunio mortale sono aumentate di 3 unità (69 contro le 66 di luglio 2016) e per gli infortuni, confronto “di periodo” nel periodo gennaio-luglio 2017 si sono avute 380.236 denunce, con un aumento del 1,3% rispetto al periodo gennaio-luglio 2016.
L’analisi per classi di età evidenzia che l’aumento si concentra nelle classi iniziali dai 15 ai 29 anni (+3,6%) e nelle classi dai 45 ai 69 anni (+3,8%). Le denunce di infortunio mortale sono state 591, erano 562 nel 2016. La distribuzione per settore produttivo evidenzia aumenti di particolare rilievo per il complesso delle attività manifatturiere (55 contro i 46 del periodo gennaio-luglio 2016), nelle costruzioni (60 a fronte dei 50 dell’anno precedente), nelle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (17 attuali rispetto agli 8 registrati fino a luglio 2016) e nella sanità e assistenza sociale (12 contro 3) e l’analisi per classi di età evidenzia che l’aumento delle denunce è relativo alle classi tra i 25 e i 49 anni (complessivamente, per le classi in questione, si hanno 266 denunce contro le 211 del periodo gennaio-luglio 2016).
Un’ attenta analisi di genere anche di questo ultimo periodo, consolida un dato grave e cioè che più di un infortunio su tre ha interessato la componente femminile dei lavoratori (un incremento dell’1,4%). Rispetto al numero complessivo delle denunce, la quota degli infortuni in itinere, avvenuti cioè nel tragitto casa-lavoro-casa, per le donne si conferma decisamente più elevata rispetto agli uomini, sia in valore assoluto che in percentuale . L’incidenza del “rischio strada” sulle lavoratrici è ancora più marcata se si prendono in considerazione le denunce dei casi mortali: per le donne, più di un decesso su due (52,7%) è avvenuto in itinere, mentre tra gli uomini lo stesso rapporto è di circa uno su cinque .
Questo divario di genere si mantiene anche sommando le denunce dei casi mortali avvenuti in itinere e quelli in occasione di lavoro, entrambi con coinvolgimento di un mezzo di trasporto: tra le donne, infatti, quasi due decessi su tre (63,6%) sono legati al “rischio strada” rispetto al 38,8% degli uomini. Questo probabilmente perché le donne sono occupate per oltre il 50% nel ramo dei servizi, in attività solitamente meno pericolose di quelle industriali, ma comunque soggette al rischio che si corre negli spostamenti tra l’abitazione e il luogo di lavoro, anche molto frequenti e ripetuti in attività come quelle del personale domestico e di assistenza sociale domiciliare, in cui prevale nettamente la quota femminile. Segnaliamo che anche i dati sull’occupazione Istat agosto 2017 continuano a dimostrare che l’occupazione femminile non cresce :infatti tra giugno e luglio 2017 l'occupazione è cresciuta di 59 mila unità: un aumento che però non ha incluso donne e giovani. La disoccupazione femminile in particolare è relativa alle donne dai 34 anni in su, che raggiunge il 13,2% (+3,2%). Andamento inverso invece per la disoccupazione maschile che scende all’11,1% (- 2,2%). Un dato preoccupante, quello femminile, cui se ne aggiunge un altro relativo alla fascia di età: il tasso di disoccupazione giovanile, quella compresa tra i 15 e i 34 anni, torna al 40%.
L’incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni – scrive l’Istat – sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari al 10,9% (cioè poco più di un giovane su 10 è disoccupato. Noi aggiungiamo che ci sono tra i giovani le giovani donne. Il Governo deve assumersi la responsabilità di intervenire subito anche attraverso la legge di bilancio. Condivido le sollecitazioni del Presidente della Commissione lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, secondo il quale gli interventi devono riguardare i sostegni all’apprendimento: alternanza, apprendistato, assegno di ricollocazione, credito d’imposta per spese in formazione, ampliamento delle risorse e della capacità operativa dei fondi interprofessionali. Così come tutti, soprattutto le donne lavoratrici, dovrebbero beneficiare di versamenti figurativi quando la loro attività si rivolge a beni pubblici come l’apprendimento stesso, la cura dei familiari, la procreazione realizzando in tal modo anche i presupposti per l’anzianità contributiva. E ancora tutti dovrebbero avere ridotto il costo indiretto del lavoro, non per generosa e contingente concessione ma per strutturale riequilibrio tra contribuzioni e prestazioni spesso sproporzionate: sicurezza, ammortizzatori, malattia, previdenza da gestione separata Inps.
Alessandra Servidori
Un focus sulle pensioni al femminile
Alessandra Servidori Un focus sulle pensioni al femminile 31 agosto 2017
Trattamenti previdenziali sempre più stretti anche per le donne. Interessante il punto delle pensioni al femminile dopo la riforma del 2012,e da segnalare la possibilità di lasciare prima il lavoro (opzione donna) allargata dalla Legge di Stabilità anche a chi ha maturato i requisiti della ex anzianità entro il 2015, ma solo accettando un assegno più magro. A differenza degli altri Paesi, in Italia la pensione di vecchiaia è stata sempre insidiata dalle rendite d’anzianità, vale a dire i trattamenti che si possono ottenere in anticipo rispetto all’età pensionabile canonica: 60 anni le donne e 65 gli uomini, almeno nei rapporti di lavoro privato. Una particolarità destinata col tempo a scomparire, soprattutto riguardo alle donne. Già nel 2011, ad esempio, l’età anagrafica minima da accoppiare all’ anzianità contributiva utile per ottenere la pensione anticipata era di 60 anni. Una soglia pari a quella prevista appunto per la vecchiaia. L’innalzamento dei limiti di età per poter beneficiare della pensione di vecchiaia, è iniziato nel 1993 con la riforma Amato. A quel tempo, le donne italiane potevano lasciare il lavoro a 55: il limite più basso d’Europa. A partire dal 2012 è cambiato tutto. L’equiparazione dell’età pensionabile delle donne con quella degli uomini era già stata decisa con la manovra economica dell’estate del 2011 in cui era stato disegnato un percorso che doveva iniziare nel 2014 per raggiungere il traguardo nel 2026. La riforma Monti-Fornero ha accelerato quel cammino. Dal 1° gennaio 2012, infatti, l’età delle donne del settore privato (per quelle del settore pubblico si era già provveduto nel 2010) è salita a 62 anni ed è stato ulteriormente elevata a 63 anni e 9 mesi nel 2014 e 2015, a 65 anni nel 2016 e a 66 a partire dal 2018. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è stato di 3 anni e mezzo (l’età è passata da 60 a 63 anni e mezzo). Soglia che è salita ulteriormente a 64 e 9 mesi nel 2014, poi a 65 e 6 mesi nel 2016, sino a raggiungere i 66 anni dal gennaio del 2018. A questi numeri, dal 2013 occorre aggiungere gli adeguamenti demografici all’attesa di vita. Per l’uscita anticipata dal lavoro non resta quindi che una strada: quella che la legge Maroni del 2004 (confermata dalla riforma Monti-Fornero) riserva alle lavoratrici dipendenti, con almeno 57 anni di età (autonome con almeno 58 anni), disposte a optare per il meno vantaggioso calcolo contributivo della pensione. Affinché si potesse usufruire realmente di questa scappatoia, però, era necessario raggiungere i requisiti entro il 30 novembre 2014 (30 dicembre per le dipendenti del pubblico impiego). Per questa formula, infatti, occorreva mettere nel conto la vecchia «finestra mobile» (che indica il tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l’effettivo pensionamento) e, dunque, bisognava essere a posto ben 12 mesi prima (18 mesi prima le autonome). In pratica, questo significa che, dal momento che l’età da accompagnare ai 35 anni di contributi è nel frattempo salita a 57 e 3 mesi, per via del primo adeguamento alle speranze di vita, occorreva compiere i 57 anni entro agosto 2014. Ebbene, l’opzione donna, grazie alla Legge ex di stabilità ora legge di Bilancio 2017, è divenuta possibile anche per coloro che hanno maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2015, ancorché la decorrenza del trattamento pensionistico ricada in data successiva. Ultimamente ci possono essere novità sulle ipotesi di allargare la pensione anticipata 2017 a varie categorie di lavoratori e contribuenti, in modo da rendere più flessibile l'uscita dal lavoro. Ipotesi che, al momento, sono in cantiere in attesa della trattativa del tavolo delle negoziazioni di riforma delle pensioni che si concluderà con la legge di Bilancio 2018 di fine anno tavolo che si è aperto il 30 agosto. In gioco, oltre all'innalzamento dei requisiti necessari per la pensione anticipata e per le pensioni di vecchiaia dal 2019, anche le possibili variazioni a favore dei giovani (la "Fase 2" delle pensioni dell’accordo governo/sindacati), l'allargamento dell'Ape social, in attesa del decreto definitivo dell'anticipo pensionistico volontario di settembre e, infine, le misure volte ad agevolare l'uscita delle donne , per le quali dovrà trovarsi un meccanismo alternativo anche per l’opzione donna. Nel confronto aperto con i sindacati il Governo Gentiloni ritiene impraticabile la possibilità che si torni indietro sugli aumenti dei requisiti di uscita per le pensioni anticipate e di vecchiaia dal 2019. Con l'allungamento della speranza di vita e, dunque, del godimento della pensione, il meccanismo tende a spostare in avanti anche l'età di maturazione della pensione di vecchiaia e dell'uscita anticipata. Si dovranno attendere i dati demografici definitivi dell'Istat, ma la sensazione è quella che dal 2019 verranno richiesti 5 mesi in più di lavoro, con uscita per la pensione anticipata a 64 anni e per la vecchiaia a 67. Lo spostamento scongiurerebbe un pesante passivo per l'Inps e per la ragioneria dello Stato . Tuttavia, la via d'uscita potrebbe essere trovata nell'allargamento delle categorie che necessitino della pensione anticipata alle quali è riconosciuta un’ uscita anticipata attraverso l’ape sociale , meccanismo che non va ad incidere direttamente sui canali previdenziali essendo configurati, dal punto di vita della contabilità, agli ammortizzatori sociali. Comunque fermo restando l'uscita a 63 anni, si parla di un abbassamento dei requisiti contributivi. Tra le ipotesi appunto, c'è la possibilità del riconoscimento dello sconto sui versamenti fino a due anni,pertanto, nel caso di pensione anticipata con Ape social, i 36 anni necessari per l'uscita delle lavoratrici che svolgano attività faticose, diventerebbero 36. E i 30 previsti per tutte le altre categorie scenderebbero a 28. Ma solo per le donne che abbiano avuto figli.
Ripresa no, ripresina,forse,ma molto ina
Alessandra Servidori - Ripresa no, ripresina,forse,ma molto ina . 30 agosto 2017
La campagna elettorale droga i dati economici che ci vengono somministrati dai più svariati osservatori più o meno credibili sia a livello nazionale che internazionale al ritmo di pacchetti settimanali sempre più contraddittori. Sbaglia chi al Governo si lancia in proclami esaltati di ottimismo.Una propria opinione la si può avere analizzando anche la situazione che si vive a casa propria. Per esempio ,dai dati pubblicati dall’ufficio studi della CGIA la via Emilia non è più un luogo per artigiani. La “fuga” dei piccoli imprenditori, schiacciati dalla coda lunga della crisi e dalle logiche sempre più aggressive della grande distribuzione, continua infatti anche in questi mesi del 2017. E i numeri dell’emorragia sono impietosi: dal 2009 a oggi l’Emilia Romagna ha perso per strada 16.466 aziende artigiane, pari all’11,3% del totale. Erano 145mila, ora sono 128mila. Dunque il famoso “modello emiliano” è in fondo alla classifica tra le aree produttive del nord. Nessuno in questi otto anni ha visto chiudere in termini percentuali così tante piccole imprese. La Lombardia, ad esempio, con cui spesso l’Emilia si paragona, è in calo del 7%. Anche il dato nazionale è migliore, visto che il calo si ferma al 9,9%. Nell’anno che molti industriali hanno salutato come quello del definitivo rilancio post-crisi, l’Emilia-Romagna si scopre fragile al pari, se non peggio, degli altri, perché le attività artigianali in passato la regione Emilia Romagna aveva il primato sono in declino. Per il 2017 il calo delle piccole ditte è dell’1,2%, altre 1.624 sparite, e anche qui la flessione è la più alta rispetto al resto del Nord-Est. Ma il centro studi di Mestre va ancora più a fondo, spiegando come acausa della crisi siano spariti interi mestieri. Le categorie più colpite sono autotrasportatori, falegnami, edili e produttori di mobili. Mentre reggono meglio parrucchieri, estetisti, taxi e quelli che lavorano nel settore alimentare. Lungo è anche l’elenco dei motivi che hanno portato a questo crollo: La crisi, il calo dei consumi, tasse, burocrazia, mancanza di credito e costo degli affitti sono le principali cause che hanno costretto molti piccoli imprenditori ad abbassare la saracinesca della propria bottega.Un ruolo, in negativo, lo gioca la grande distribuzione, perché negli ultimi 15 anni le sue politiche commerciali si sono fatte sempre più aggressive, per molti artigiani e piccoli negozianti non c’è stata via di scampo. L’unica soluzione è stata gettare la spugna. La crisi dei consumi delle famiglie ha fatto il resto. La timida ripresa del “carrello della spesa” ha toccato quasi solo ipermercati e discount, mentre la piccola distribuzione, fatta di botteghe artigiane e piccoli negozi di vicinato, resta al palo. E anche la CNA,regina dell’artigianato romagnolo, contemporaneamente denuncia contrazione del numero di imprese soprattutto le imprese artigiane sentono ancora il prezzo della crisi economica in Romagna. A dirlo è l’indagine TrenRa della Cna di Ravenna. Nel 2016 le imprese artigiane sono diminuite di 103 unità (-0,95%) ma negli ultimi otto anni il comparto ha perso il 12,1 per cento delle aziende, pari a 1.470 realtà produttive. L’emorragia continua nel 2017: il movimento anagrafico complessivo delle imprese ha visto chiudere altre 921 ditte (-2,28%) con una consistente diminuzione nel settore artigiano: -164 unità imprenditoriali (1,53%, si è passati da 10.716 a 10.552 aziende). Il settore tessile-abbigliamento-calzaturiero registra una ulteriore contrazione e chiude a -1,95% rispetto al dato del 2015.La meccanica di produzione, uno dei settori maggiormente penalizzato dalla crisi economica, vede un decremento delle imprese del settore pari al tre percento , confermando i trend negativi che hanno caratterizzato i quattro anni precedenti . Ragionando per aggregati, il settore manifatturiero (agroalimentare, sistema moda, meccanica e legno/arredo) registra una diminuzione dell’1,17%.L’edilizia, vero traino della crescita dell’Albo delle Imprese Artigiane fino al 2008, prosegue la contrazione (-1,24%), confermando le forti difficoltà del settore. Dal 2008, il comparto ha perso oltre il 14% delle imprese registrate. Per quanto concerne il settore dei trasporti, il 2015 si chiude con un decremento delle imprese iscritte all’Albo dell’1,95%, da ascriversi esclusivamente al trasporto merci (90% delle imprese del settore). Nella manutenzione e riparazione di auto e motoveicoli si registra una diminuzione dell’1,71%. Nell’ambito delle attività professionali, si registra un -0,86% per il settore informatico: un ulteriore ridimensionamento dopo la battuta d’arresto di fine 2015 (-2,50%), per un settore che nel corso del 2014 era cresciuto di quasi il 2%.Questo spaccato di dati ci fa capire che in pochi si azzardano a chiamarla ripresa economica - ad eccezione ovviamente del governo - ma dopo un decennio di crisi qualcosa si sta finalmente muovendo. Il termine più usato dagli economisti è quello di “ripresina”, proprio per sottolineare i molti ostacoli che la congiuntura italiana deve ancora superare prima di poter dichiarare il cessato allarme.L’aumento del Pil potrebbe essere di circa un punto percentuale nel 2017 ma è evidente che non è un tasso di crescita soddisfacente ma per ora bisogna accontentarsi e questa è la verità.La crescita del Pil sia trascinata soprattutto dal buon andamento delle esportazioni, mentre il mercato interno continua a fare molta fatica. Le famiglie più povere, le aziende più deboli e il Mezzogiorno stanno ancora soffrendo. Si tratta di un’ampia fetta del Paese che non partecipa alla ripresa economica, un fenomeno peraltro che non si registra solo in Italia ma in tutto l’Occidente.Dai dati che ci giungono dgli Stati Uniti, dove il Pil è in forte crescita da moltissimi trimestri Apple, Facebook e Google scoppiano di salute ma danno da lavorare a poche decine di migliaia di persone. La vittoria di Trump è figlia delle crescenti diseguaglianze all’interno della prima economia al mondo e della perdurante crisi di moltissime famiglie. in Italia si potrà affermare che la ripresa sarà solida e sostenibile solo quando ci sarà una ripresa del mercato del lavoro: e di questo per ora non c’è traccia, anche perché l’automazione e la sempre maggiore diffusione del lavoro precario rendono ancora più difficile la riduzione della disoccupazione. Dunque la timida ripresina cerca di esistere ma non può essere esaltata; continuerà a esserlo fino a che l’Italia non riuscirà a superare alcuni ostacoli a partire dalla riduzione della spesa pubblica improduttiva e dunque quando vedremo scendere il debito pubblico e utilizzare le risorse risparmiate per tagliare il cuneo fiscale, allora si potrà iniziare a pensare a una ripresa vera e propria. Fino ad allora si andrà avanti con una congiuntura trainata solo da alcuni settori, come per esempio il turismo e l’agroalimentare. Infatti è necessario adottare politiche di lungo periodo per attrarre investimenti stranieri e creare occupazione. I governi pensano troppo al breve termine; adesso sarebbe invece il momento di ridurre il debito pubblico con interventi strutturali, perché un contesto di tassi bassi come quello attuale difficilmente si ripeterà in futuro.
Legge di bilancio :cantiere ormai chiuso
Alessandra Servidori Agosto 26 -2017
LEGGE DI BILANCIO : il meething di Rimini è il cantiere-ormai chiuso- della manovra
C’è chi dice-e non a torto- che di politica non se ne fa più,neanche alle feste dell’Unità dove i compagni del pd si parlano tra di loro,ma c’è un appuntamento a fine estate che raccoglie non solo il popolo di comunione e liberazione (tantissimi giovani) ma chi vuol scoprire quali sono i rumors del prossimo autunno dei palazzi. Così si viene a sapere, soprattutto dalle parole di ministri illuminati come Calenda, cosa bolle nella pentola della temuta legge di bilancio.L’impianto base è ormai pronto. Due assi portanti la prima è il dimezzamento dei contributi previdenziali pagati dalle imprese per tutti i nuovi assunti al di sotto dei 32 anni. Il maxi sconto durerebbe per i primi due anni di contratto, anche se resta in piedi l’ipotesi di un periodo più lungo, fino a tre anni. E farebbe scendere l’aliquota contributiva dal 30-33% di adesso, c’è una leggera variazione a seconda dei casi, giù fino al 15%-17,5%. Lo sconto non potrebbe comunque superare i 3.250 mila euro l’anno. Il taglio dei contributi non avrebbe effetti sulla futura pensione del lavoratore. La somma non versata dall’azienda sarebbe coperta dallo Stato. Ed è per questo che l’operazione ha un costo: intorno al miliardo di euro per il primo anno, sui due miliardi una volta a regime. Una volta passati due anni dall’assunzione con il maxi sconto a differenza di quanto fatto con il Jobs act, resterebbe comunque una riduzione dei contributi,contenuta di 4 punti percentuali rispetto all’aliquota standard del 30-33%, per scendere quindi al 26-29% e destinata a durare fino alla fine della carriera, anche se il dipendente cambia azienda. E con un effetto da dividere in due parti: per metà a vantaggio delle imprese come riduzione dei contributi da versare; per l’altra metà a vantaggio del lavoratore con un aumento della sua busta paga. L’intervento ridurrebbe il costo del lavoro in modo stabile: i nuovi lavoratori a costo più basso rimpiazzerebbero progressivamente quelli, più costosi, che lavorano già e con un meccanismo stavolta simile al Jobs act, con la progressiva sostituzione dei lavoratori tutelati dal vecchio articolo 18 con quelli che hanno il nuovo contratto a tutele crescenti.Ma a conti fatti avrebbe un costo molto più alto rispetto allo sconto biennale e dunque in alternativa alla sconto di 4 punti per tutta la vita si potrebbe puntare sull’apprendistato, che nei primi cinque mesi dell’anno è cresciuto del 27%. Il dimezzamento dei contributi sarebbe legato all’assunzione stabile degli apprendisti, al termine del periodo massimo di durata del contratto, che è di tre anni. Anche l’apprendistato ha un peso dei contributi molto basso, il 10%. In caso di stabilizzazione l’aliquota salirebbe al 15/17,5%. Più cara ma comunque molto più vantaggiosa rispetto a quella standard, rappresentando un forte incentivo alla stabilizzazione. Altra misura pronta è sui centri pubblici per l’impiego: stabilizzando 1.500 precari e assumendo altre 1.600 persone reduci dalle Province, più anche i dipendenti di Anpal, l’Agenzia per le politiche attive del lavoro, con un finanziamento per Anpal servizi di 20 milioni di euro l’anno. Altra spesa è l’assegno di ricollocazione, il bonus in formazione per i disoccupati che accettano di riconvertirsi ,poiché finita la sperimentazione su base individuale - che ha dato pochi risultati , con un’adesione intorno all’8% - lo strumento dovrebbe essere indirizzato verso le crisi aziendali, come per esempio nell’unico caso in cui è stato utilizzato, Almaviva, dove ha dato risultati molto migliori, con un’adesione vicina al 90%.In buona sostanza in un clima elettorale già molto spinto il governo sta predisponendo una legge di bilancio molto pesante sul versante della spesa ed elettoralmente leggera sui sacrifici. L’Italia non può permettersela perché fino ad ora NON ha dimostrato di saper risanare i conti pubblici e la manovra dovrebbe per essere credibile trovare oltre 30 miliardi di risorse per diminuire il cuneo fiscale ,sostenere i giovani e gli investimenti. Calenda a Rimini,lo ha detto,e con non poco coraggio,sconfessando un bel po’ i facili entusiasmi dei suoi disinvolti colleghi