TERZO SETTORE :finalmente la legge delega
Alessandra Servidori
FINALMENTE IL RIORDINO DEL TERZO SETTORE
Commento al Disegno di legge: "Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale" (2617).
La Camera dei Deputati il 25 maggio 2016 ha dato il via libera definitivo alla nuova normativa-n.2617- sul Terzo settore , che introduce innovazioni molto attese nel mondo del volontariato e del non profit, dopo l’ulteriore esame del Senato avvenuto il 30 marzo 2016 .E’ importante il riordino di questo settore in quanto il bilanciamento tra tempi di vita e di lavoro per i lavoratori e le lavoratrici spesso in un sistema sussidiario tra servizi pubblici e privati, chiama in causa questi centri di servizio per il volontariato accreditati e dunque di sostegno all’organizzazione del lavoro e delle famiglie. Questo settore chiamato sempre terzo ma destinato a diventare sempre più importante, coinvolge 300 mila organizzazioni non profit, per un valore di 63 miliardi di euro nel solo 2011, ma anche 6,63 milioni di italiani, vero motore del terzo settore. Uno sforzo che ha colto tutte, le tante criticità che hanno impedito al Terzo Settore di essere il volano sociale, ma anche economico, del nostro Paese, perché spesso ingessato in un abito stretto e burocratico. Una “carta d’identità” che aiuta a configurare e tracciare il perimetro del Terzo settore, che comporterà anche un Registro Unico Nazionale, suddiviso in specifiche sezioni. Uno strumento il più possibile trasparente, accessibile e continuamente aggiornato. Le novità sono davvero tante, dalla riforma dei Centri di Servizio per il Volontariato, all’ introduzione di misure agevolative volte a favorire gli investimenti delle imprese e delle cooperative sociali, all’ istituzione del Servizio Civile Universale, alla revisione dei criteri di accesso all’istituto del 5 per mille , alla nascita della Fondazione Italia Sociale. La decisione del Governo di investire in questo ambito è tangibile, anche in termini economici, se si pensa non solo agli stanziamenti nella Legge di Stabilità, (140 milioni nel 2016, 190 per il 2017 e il 2018), ma anche al Fondo per sostenere i progetti delle associazioni delle organizzazioni di volontariato. Con questa riforma, e con i successivi decreti legislativi, si dà piena attuazione a quanto previsto dall’ articolo 118 della Carta Costituzionale ovvero l’impegno programmatico delle istituzioni della Repubblica nel favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale”. Un breve sviluppo del testo ci aiuta a comprenderne l’importanza,ovviamente legata al percorso delle deleghe .Il Terzo settore viene definito (art.1) come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi. Viene tuttavia precisato che non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche e stabilito che alle fondazioni bancarie, in quanto enti che concorrono al perseguimento delle finalità della presente legge, non si applicano le disposizioni contenute in essa e nei relativi decreti attuativi. Nei decreti è prevista (art.4) la stesura di un Codice per il Terzo Settore contenente le disposizioni generali applicabili a tutti gli enti, la definizione delle forme e delle modalità di organizzazione, amministrazione e controllo, nonché le modalità di tutela dei lavoratori e della loro partecipazione ai processi decisionali. In particolare, è evidenziata la necessità di istituire un registro unico del settore per superare la molteplicità dei registri locali e nazionali. Il nuovo registro unico, la cui responsabilità di gestione dovrà essere posta in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si porrà come porta di accesso ai benefici fiscali. L’iscrizione dovrà essere obbligatoria per i soggetti che si avvalgono di finanziamenti pubblici, europei o di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni. Iscrizione tassativa anche per le realtà che esercitano attività in convenzione con enti pubblici. Per evitare forme di dumping contrattuale, si stabilisce che le imprese del Terzo settore dovranno garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.L'articolo 5 disciplina la delega finalizzata al riordino ed alla revisione della normativa in tema di attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. Viene richiamata in particolare la necessità di valorizzare i princìpi di gratuità, democraticità e partecipazione dell’iniziativa volontaristica. I decreti legislativi dovranno introdurre, tra l'altro, criteri e limiti relativi al rimborso spese per le attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa. L'istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore, quale organismo di consultazione degli enti del Terzo settore a livello nazionale, vuole superare il sistema degli Osservatori nazionali per il volontariato e per l'associazionismo di promozione sociale. In tema di impresa sociale (art.6) i decreti legislativi dovranno, tra l'altro, procedere ad una precisa qualificazione dell'impresa sociale quale organizzazione privata che svolge attività d'impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell'oggetto sociale, adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività e quindi rientra a pieno titolo nel complesso degli enti del Terzo settore.L'articolo 7 individua i criteri che dovrà seguire la riforma delle funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sugli enti del Terzo settore. Le funzioni sono esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con i Ministeri interessati e con l'Agenzia delle entrate, nonché, per quanto concerne gli aspetti inerenti alla disciplina delle organizzazioni di volontariato di protezione civile, con il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri. L’art.8 indica la necessità di riformare il Servizio civile nazionale volontario per i giovani tra i 18 e i 28 anni, traghettando l’attuale sistema verso un nuovo “servizio civile universale” stabilendo alcuni princìpi e criteri direttivi tra i quali:la difesa non armata della Patria e la promozione dei valori fondativi della Repubblica;la definizione di uno stato giuridico specifico per chi presta un tipo di servizio che non deve in alcun modo essere associabile ad un rapporto di lavoro e dunque non deve essere soggetto a tassazione;un meccanismo di programmazione, di norma triennale dei contingenti di giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti di età compresa tra 18 e i 28 anni che possono essere ammessi, tramite bando pubblico, al servizio civile universale;un limite di durata del servizio, non inferiore a otto mesi complessivi, e comunque, non superiore ad un anno,l'organizzazione delle attività dovrà adattare le finalità del servizio con le esigenze di vita e di lavoro del volontario;valorizzazione delle competenze acquisite sul campo.L'articolo 9 stabilisce i princìpi e i criteri direttivi per introdurre misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo settore e di procedere al riordino e all'armonizzazione della relativa disciplina tributaria e delle diverse forme di fiscalità di vantaggio. Tra i princìpi e i criteri direttivi indicati: la revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, anche connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall'ente; la razionalizzazione delle agevolazioni fiscali connesse all'erogazione di risorse al terzo settore; la riforma dell'istituto del cinque per mille, anche con lo scopo di rendere noto l'utilizzo delle somme devolute con tale strumento normativo;la razionalizzazione dei regimi fiscali di favore relativi al terzo settore.Prevista anche, in favore degli enti, l’assegnazione di immobili pubblici inutilizzati, nonché dei beni immobili e mobili confiscati alla criminalità organizzata. Pensata come una istituzione capace di attrarre le donazioni di imprese e cittadini – prestiti, erogazioni a fondo perduto o anticipazioni di capitale –a favore degli enti del Terzo settore, la “Fondazione Italia Sociale” (art. 10) opera nel rispetto del principio di prevalenza dell'impiego di risorse provenienti da soggetti privati, svolge una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell'intervento pubblico ed è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, senza obbligo di conservazione del patrimonio o di remunerazione degli investitori.Con una dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2016, sostiene, mediante l'apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo settore, caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti maggiormente svantaggiati. L'articolo 11 indica le disposizioni di copertura finanziaria. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito per il solo 2016 un Fondo articolato in due sezioni (la prima di carattere rotativo, con una dotazione di 10 milioni di euro, la seconda di carattere non rotativo, con una dotazione di 7,3 milioni di euro) destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni. Il provvedimento prevede (art. 12) che entro il 30 giugno di ogni anno il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasmetta alle Camere una relazione sull'attività di vigilanza.
Importantissime tra le finalità perseguite dalla delega è la revisione della disciplina contenuta nel codice civile in tema di associazioni e fondazioni, da attuare secondo precisi principi e criteri direttivi:semplificazione e revisione del procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica;definizione delle informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi;previsione di obblighi di trasparenza e informazione anche con forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell'ente nonché attraverso la loro pubblicazione nel suo sito internet istituzionale;disciplina del regime di responsabilità limitata delle persone giuridiche;garanzia del rispetto dei diritti degli associati;applicazione alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente attività di impresa, delle norme del codice civile in materia di società e di cooperative e mutue assicuratrici (di cui ai titoli V e VI del libro V) in quanto compatibili;disciplina del procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi introdotto dalla riforma del diritto societario. L’impresa sociale dovrà avere queste caratteristiche: svolgere attività d'impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;destinare i propri utili prioritariamente al conseguimento dell'oggetto sociale; adottare modalità di gestione responsabili e trasparenti; favorire il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività.I decreti delegati dovranno :individuare i settori in cui può essere svolta l'attività d'impresa nell'ambito delle attività di interesse generale;prevedere le forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell'oggetto sociale;prevedere il divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione degli utili al conseguimento degli obiettivi sociali;prevedere l'obbligo di redigere il bilancio;coordinare la disciplina dell'impresa sociale con il regime delle attività di impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;prevedere la nomina, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza. E' infine previsto il riordino della disciplina tributaria e delle varie forme di fiscalità di vantaggio a favore degli enti del Terzo settore, da attuare in base alle seguenti linee-direttrici :revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, anche connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall'ente;razionalizzazione delle agevolazioni fiscali connesse all'erogazione di risorse al terzo settore;riforma dell'istituto del cinque per mille, anche con lo scopo di rendere noto l'utilizzo delle somme devolute con tale strumento normativo;razionalizzazione dei regimi fiscali di favore relativi al terzo settore;introduzione di misure per la raccolta di capitali di rischio e, più in generale, per il finanziamento del Terzo settore;assegnazione di immobili pubblici inutilizzati;revisione della disciplina delle ONLUS. Seguiremo con grande attenzione lo sviluppo delle deleghe.
Perché la morte con prepotenza delle tante donne private del diritto alla vita non sia vana.
Alessandra Servidori Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Perché la morte con prepotenza delle tante donne private del diritto alla vita non sia vana.
Forza donne italiane,forza! Delitti atroci inspiegabili assurdi che lacerano gli affetti,donne barbaramente uccise,violenze operate sia dagli assassini che da una giustizia e un sistema di società ancora profondamente maschilista che davvero non vuole risolvere questo orrore che si ripete. Uomini che ammazzano selvaggiamente le compagne che possiedono e non amano. Bisogna smettere di indignarsi e basta, bisogna smettere di farne spettacoli televisivi e teatrali, bisogna smettere di firmare protocolli che non si applicano sul territorio. Cambiare dunque la cultura della violenza nella nostra società per aiutare la nuova e giovane Italia che cresce ad avere rispetto l’una dell’altro. La giustizia italiana tollera il femminicidio reputandolo un reato minore e persino le Nazioni Unite hanno individuato in Italia il problema grande di inciviltà. Le donne ammazzate sono protagoniste della leggerezza irriverente del talk show sui fatti di sangue,spot e campagne della Presidenza del Consiglio dispendiose sono quasi ridicole. Prevale sempre l’idea di amore malato quando la belva è maschio e gli vengono offerte dagli psichiatri professoroni attenuanti di impossibili giustificazioni che consentono poi sentenze miti. Noi ci ribelliamo e non accettiamo i protocolli di intesa che non entrano nelle scuole e nella società per far capire quanto la malvagità e la prepotenza di una prevaricazione di un popolo su di un altro sia sleale e illegittima. Il male va conosciuto e allontanato con argomenti di comprensione, verità e storia e agisce sulle coscienze dei giovani e delle giovani generazioni. Il rispetto dell’identità femminile e il ruolo delle donne va approfondito conosciuto e discusso nelle aule scolastiche nei centri di aggregazione giovanili con buonsenso e professionalità duratura e costruttiva senza delegare a improbabili corsi di gender di parolai il compito di ristabilire un ordine naturale di riconoscenza e convivenza aiuto e reciprocità tra bambini e bambine ,ragazzi e ragazze,uomini e donne grandi e più grandi.
ELEZIONi e politica : donne sulle onde donne sugli scogli
Alessandra Servidori ELEZIONI e politica : Donne sulle onde e donne sugli scogli dell’economia
Il giovane e spavaldo Presidente del Consiglio paga la sua arroganza ma la fa pagare anche a noi : prima verso gli elettori e le elettrici molto arrabbiati per la situazione di declino del paese,poi per l’avanzata dei movimenti e dei partiti protestatari sui quali ormai una buona parte degli italiani si va affidando .E oltre tutto dobbiamo anche difenderci dall’ironia della stampa internazionale che ci massacra, mentre nel mediterraneo non solo affondano i barconi e noi siamo gli unici che salviamo i disperati da morte certa,ma la malavita prolifera là dove lo Stato non c’è. All'indomani del primo turno delle elezioni comunali in Italia, l'exploit della candidata del Movimento cinque stelle a Roma, Virgina Raggi, sottolinea la vittoria dell'esponente avvocato "anti-establishment" e il grande vantaggio di Raggi sugli avversari. La dimostrazione di forza per il populista Movimento 5 Stelle al primo turno delle elezioni pone non c’è dubbio una sfida al primo ministro Matteo Renzi che non accenna ad accusare il colpo ricevuto sulla capitale dell’Italia.Si convinca Renzi : Raggi vince il primo turno per diventare la prima donna sindaco della Città eterna e pur non avendo la maggioranza assoluta parteciperà al ballottaggio per Roma, la città degli eterni problemi diventata anche la capitale della corruzione continua .Così anche a Bologna la stanchezza e l’astenia politica apre la strada alla seconda donna sotto i riflettori di queste disgraziate elezioni comunali : Lucia Borgonzoni leghista e candidata del centro destra porta Virginio Merola PD al ballottaggio ,là dove la rossa Bologna è diventata così sempre più rosa. A Napoli la candidata Valeria Valente Pd va subito a casa mentre a Torino Chiara Appendino sempre 5 Stelle se la gioca con Piero Fassino PD della vecchia guardia. In buona sostanza attendiamo i risultati che strada facendo ci vengono consegnati ma quello che ci preoccupa non poco ora è la situazione della nostra bella penisola e della crisi che questi comuni dovranno affrontare. Cittadini e cittadine.. La spesa pubblica, elevatissima e causa di una pressione fiscale abnorme, non accenna a calare. Lo scorso anno essa è aumentata di 52 miliardi di euro e le tasse sono cresciute di quasi 26 miliardi. Rispetto al 2014, nel 2015 le uscite correnti del bilancio pubblico sono passate da 483,8 miliardi a 536,4 miliardi, mentre le entrate tributarie suono salite da 407,5 miliardi a 433,4 miliardi. Questi i dati di analisi congiunte Centro studi di Unimpresa Cgia sull’andamento del bilancio pubblico nel 2015 e nel 2014. Con numeri come quelli esposti, l’esigenza essenziale dello Stato per rendere sostenibile il suo bilancio, sarebbe quella di un buon aumento del pil, aiutato da una riduzione delle spese in conto capitale, stante una situazione di bassi tassi perdurante per il tempo del Quantitative easing. L’Ufficio studi della Cgia ricorda che dall’inizio della crisi (2007) ad oggi, nel nostro Paese il pil è sceso di oltre 8 punti, i consumi delle famiglie di 6,5 punti e gli investimenti quasi 27,5 punti percentuali. La disoccupazione, invece, è pressoché raddoppiata. Se nel 2007 ammontava al 6,1%, il dato medio del 2015 oscilla tra l’ 11,4% e il 12%. Per recuperare il terreno perso ci vorrà molto tempo. Se nel prossimo futuro il pil crescesse di almeno 2 punti ogni anno, il nostro Paese tornerebbe alla situazione pre-crisi solo nel 2020. E così non sarà; l’Ocse rivede al ribasso le sue stime per il Pil italiano per il 2016, prevedendo una crescita all’1%, 0,4 punti percentuali in meno rispetto all’outlook di novembre. Confermata invece la stima di +1,4% per il 2017. Sia nel 2016 sia negli anni successivi (2017 e 2018) le entrate totali delle pubbliche amministrazioni dopo la legge di Stabilità non caleranno e anzi continueranno ad aumentare. Saliranno di 10,6 miliardi nel 2016 rispetto al 2015 (da 788,7 a 799,3 miliardi), di 20,7 miliardi nel 2017 rispetto al 2016 e di 25 miliardi nel 2018 rispetto al 2017.
DIRITTO E POTERE -Scena terza
Alessandra Servidori - Diritto e potere scena terza- 29 maggio 2016
Proseguiamo con il domestico testo della nostra caparbia volontà di “Illuminare” da qui a ottobre, le ragioni del dissenso che ci animano sul sentiero del governo renzista,in attesa del referendum sulla Costituzione modificata dall’animosità del giovane toscano che, non sopportando il dissenso, ci chiama inciucisti antiblebiscitari , con quel frasario da boy scout misto a conservatorismo che,in questo contesto,parliamo da riformisti conservatori, ci fa anche piacere. Nella seconda scena della narrazione intitolata Diritto e potere, abbiamo accennato ai provvedimenti che si trovano nel testo sottoposto al popolo italiano: cerchiamo di riprendere da lì . Una delle parole d’ordine che il trio boschirenziverdini ripete a manovella è “semplificazione politica all’insegna della realizzazione della governabilità e dl vero bipolarismo“ . Ma non è vero. Infatti il binomio Italicum/ Revisione Costituzione, porterà ad un partito della nazione ballerino a seconda delle convenienze desiderate dal giovanotto bulimico- o da chi vincerà- con un parlamento dittatoriale composto da una camera di nominati dai partiti che come un caleidoscopio si formeranno a seconda dell’ impavido opportunismo di una maggioranza e un para/senato di disegnati per di più con il doppio lavoro e l’immunità. La distanza fra il monocameralismo e il bicameralismo con il Senato trasformato in camera di regioni discreditate è evidentemente una scellerata scelta che pagheremo con un pasticcio nell’attività legislativa del paese e di immobilismo di sviluppo dello stesso . L’Italicum impedisce la competizione fra coalizioni al primo turno e proibisce gli apparentamento al ballottaggio : così al primo turno vi sarà una insalata russa di liste che con la soglia del 3%, mireranno semplicemente a conquistare qualche seggio e al ballottaggio i due partiti/liste rimasti in campo si cercheranno alleati che troveranno attraverso la compra/vendita di strapuntini. Le preferenze così si distribuiranno su tre poli. PD,5Stelle,Orfani della destra .Chi vincerà sottometterà con il ricatto. Così deve essere chiaro che non si costruisce un bipolarismo ma un inciucismo dittatoriale. La dittatura dunque è la forma di governo che verrà fuori da quanto hanno cambiato e dal chiaro ridimensionamento dei poteri del Presidente della Repubblica. Mattarella o chi per lui non dovrà più nominare il Presidente del Consiglio, che sarà automaticamente il capo del partito che avrà ottenuto il premio di maggioranza, e non potrà più opporsi allo scioglimento del Parlamento quando quel capo di maggioranza lo riterrà opportuno e benefico per i suoi interessi di partito. Vediamo allora di ritornare a palla sulle ragioni che ci mantengono lucidamente dissidenti. L’economia italiana, nonostante una confindustria Bocciana filogovernativa ma spaccata, per il secondo anno consecutivo, non aprirà la “finestra di opportunità” come declama Padoan per agganciare definitivamente la ripresa, visto che a fine anno,nella situazione più ottimistica, aumenteremo il pil di un punto (dopo che sempre il Pierpaolo assicurava il +1,6%). Ancora : i giornali tutti renziani ed epurati dai dissidenti continuano a giudicare positiva una congiuntura che ci vede crescere della metà della media euro e di un terzo della se pur instabile Spagna, esattamente arrancando non solo nel settore manifatturiero dietro la Gran Bretagna, Germania, Francia, dove siamo in coda su orario produttività e costo del lavoro. E sempre i mass media e i pupilli della comunicazione fasulla , si sbracciano nell’evocare il sole dell’avvenire sulla rivoluzione industria 4.0 quando, signori miei, ricordiamoci bene , stiamo parlando di epoche di rivoluzione industriale: 1-meccanizzazione,2-industrializzzazione,3automatizzazione ,4 –ora- dunque di digitalizzazione. Ma stiamo prendendoci in giro? Il contesto internazionale cambia uniformemente per tutti, ma l’Italia cresce sempre meno degli altri, siamo in una situazione di stagnazione-deflazione, di una mancanza di politica economica peraltro evidentemente sbagliate, con il debito pubblico di 2.229 miliardi il nuovo record storico, e non serve chiedere sui vincoli europei qualche decimale di flessibilità. Non possiamo correre dietro a questioni politiche interne, perché se andiamo a studiare o più semplicemente a leggere i dati sul nostro export vediamo con certezza che è frenato dai paesi “emergenti”. Il nostro export extra europeo in questo trimestre è il peggiore dal 2009, con 2,3 miliardi di minori incassi. Le crisi in Brasile e in Cina e in Nord Africa con i migranti ,e i rapporti con la Russia,la brexit della Gran Bretagna bloccano gli interscambi commerciali che abbiamo,e la produzione industriale dell’eurozona a marzo cala di 8 decimi (contro aspettative di crescita piatta), mentre quella di febbraio è stata ribassata da meno 0,8% a -1,2. Il saldo degli investimenti esteri in Italia è sceso dai quasi 13 miliardi del 2014 ai 2,4 del 2015 e non dà segni di recupero. La politica consiste nella capacità di creare le condizioni per le riforme. Insomma gli investimenti produttivi e la crescita sono la priorità non la campagna elettorale.
SICUREZZA SUL LAVORO
SICUREZZA SUL LAVORO : LEGGI ANALISI DEI TESTI IN DISCUSSIONE IN COMMISSIONE LAVORO a cura di Alessandra Servidori
http://formiche.net/2016/05/26/sicurezza-sul-lavoro-ecco-le-norme-confronto/
Diritto e potere Scena 2
Alessandra Servidori -
http://formiche.net/2016/05/25/cosa-faranno-regioni-con-riforma-della-costituzione/
Diritto e potere scena 2- mercoledì 25 maggio 2016
Già da queste pagine abbiamo più volte affrontato nel merito gli argomenti delle politiche intraprese da questa confusa legislatura. Ci soffermiamo ancora -e fino ad ottobre lo faremo sistematicamente- sulla vicenda che ha spaccato e spacca l’Italia in questi giorni. Che non è la campagna elettorale che chiamerà i cittadini italiani a scegliersi i prossimi amministratori ( di cui ancora una volta non emergono i programmi dei vari candidati) ma tutta incentrata su una dimensione politica molto debole,soprattutto che danneggia l’avvenire e le scelte che possono aiutare l’italia ad uscire dalla secca. Stiamo parlando ancora una volta di Riforma della Costituzione Italiana. E dobbiamo pretendere da chi ha presentato la legge sobrietà e obiettività, competenza e non furore. Se poi NON sono in grado di approfondire il merito e ne fanno solo una questione di vittoria o sconfitta,il popolo italiano saprà poi decidere. La fiducia si guadagna anche argomentando le scelte compiute dettagliatamente. Di cosa si parla nel merito : di come ridurre i parlamentari , del ruolo e dei componenti del Senato delle autonomie locali e della prevista ma non certa -capacità di svolgere un ruolo di dinamicità del percorso legislativo-, del nuovo sistema di elezione del Presidente della Repubblica , della elezione e scelta dei componenti della Corte Costituzionale, dell’abolizione del Cnel, della competenza e risorse delle Regioni ,dell’equilibrio dei poteri a favore dell’esecutivo poiché stando l’Italicum ( peraltro in attesa di pronuncia sulla possibile incostituzionalità sollevati da alcuni tribunali) di consentire ad un partito o coalizione che ha vinto al primo turno e non con una maggioranza consistente di voti, di governare il futuro che avanza. E il futuro è già l’oggi. Meditiamo dunque nel merito dei problemi che L’Italia sta vivendo. Una politica industriale governativa carente che deve fare i conti con le novità incalzanti del 4.0 cioè figlia della quarta rivoluzione industriale, che porterà alla produzione del tutto automatizzata e interconnessa. Presenta rischi e opportunità: la perdita di 5 milioni di posti paventata da uno studio diffuso al World Economic Forum, ma anche lo sviluppo dello Smart Manufacturing-L’Italia ne esce con un pareggio (200mila posti creati e altrettanti persi), meglio di altri Paesi come Francia e Germania. A livello di gruppi professionali le perdite si concentreranno nelle aree amministrative e della produzione: rispettivamente 4,8 e 1,6 milioni di posti distrutti. Secondo la ricerca compenseranno parzialmente queste perdite l’area finanziaria, il management, l’informatica e l’ingegneria.Cambiano di conseguenza le competenze e abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività. Proprio perché lo scenario è in rapida evoluzione, dobbiamo attrezzarci per cogliere i benefici dello Smart Manufacturing, l'innovazione digitale nei processi dell'industria. Dunque una politica industriale nuovissima che vivrà e se il territorio e le Regioni sapranno riconvertire e valorizzare le risorse umane. Ma se con la proposta di Riforma Costituzionale si priveranno le Regioni di risorse ma si darà a loro il compito di governare il settore dell’industria è legittimo porsi la domanda : come ? Come coinvolgere Università ,centri di ricerca, città metropolitane, piccole e medie aziende che sono il nostro patrimonio? Da Palazzo Chigi?
INVITO :27 maggio UNIMORE INSIEME CONTRO IL CANCRO
INVITO AGLI AMICI E AMICHE 27 maggio 2016
CESLAR-DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA-UNIMORE
Facoltà di Medicina –Dipartimento Giurisprudenza
UNA Mattinata DI STUDIO, RIFLESSIONI e PROPOSTE CONCRETE PER LE POLITICHE Attive contro il cancro
AULA CONVEGNI UNIMORE-MODENA
il 27 maggio dalle ore 10 alle ore 13 –Via S.Gemignano 3- Insieme contro il cancro
Apertura lavori Rettore – Saluti Preside Giurisprudenza Preside Medicina
Presentazione Road Map Barbara Maiani: da dove siamo partiti dove andiamo
Coordina la mattinata : Rosanna Santonocito-JOB 24 Il Sole 24 Ore
Interventi programmati delle Associazioni capolista del Manifesto :
Noi tutti per Bologna
TutteperItalia
Istituto Ramazzini
AIL-Modena
Lotus –Reggio
Susan Komen
Ant-Modena
Onconauti Go forlive
Lilt
Lill
AIG
Obiettivo lavoro
Europa Donna
Il cesto di ciliegie
Rappresentante Curia Modena
Conclusioni operative Alessandra Servidori
*Hanno aderito:
SENATORE MAURIZIO SACCONI- Presidente Commissione Lavoro Senato
SENATORE GIOVANNI BATTAFARANO-Presidente Associazione Lavoro e Welfare
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Cronaca di una campagna elettorale referendaria tra diritto e potere.Scena 1
Alessandra Servidori
Cronaca di una campagna elettorale referendaria tra diritto e potere. Scena 1
Matteo Renzi e Maria Elena Boschi hanno dato il via alla campagna di ottobre per il sì in due città diverse. Lui a Bergamo , lei a Reggio Emilia. Le cronache giornalistiche e televisive hanno evidenziato che sia il giovane toscano che la coetanea ministra hanno evocato due persone che nella storia del PC I hanno avuto un ruolo dominante: Enrico Berlinguer e Nilde Iotti. Ma tirare per la giacchetta (da morti) i due miti non ha reso onore a nessuno dei due della coppia più scalpitante del momento. Basta documentarsi un po’ e viene fuori la vera storia di Berlinguer e Iotti in un contesto a fine anni ottanta molto curioso. Berlinguer e Iotti sono stati in tempi diversi ma eguali per stile e valori, due convinti sostenitori e Leonilde- detta Nilde-in persona madre costituente, di una modifica della Carta ma in un percorso sicuramente bicamerale. Cosa che come ben sappiamo non è accaduta vista la modalità del transito mercenario della legge in parola. L’Enrico stimato dal suo popolo per il coraggio innovatore nel rivisitare il partito ancora troppo vetero filo/sovietico, sappiamo bene che teorizzò l’abolizione del senato e la diminuzione dei parlamentari ai tempi in cui i socialisti e i democristiani dominavano la scena, soprattutto per rilanciare un partito in declino. Ma fu proprio Iotti, robusta figura di garanzia istituzionale in quanto Presidente della Camera, che modificò la posizione dell’intero Pci, immaginando un percorso equilibrato- appunto costituente- in cui il Senato diventasse una camera delle Regioni e il parlamento fosse coinvolto con il rispetto che si deve a chi rappresenta- eletto però- il popolo italiano . Non il pasticcio che ci troviamo di fronte oggi . Se si fosse percorso la via della costituente parlamentare il tema serio e decisivo come quello della vita del Paese e di un cambiamento della Carta per una governabilità stabile sarebbe stato realizzato . Questo governo al contrario, con una evidente arroganza e una limitata competenza, ha strattonato la Costituzione Italiana in 40 articoli , disegnando confusamente un Senato che non si capisce come sarà formato, che competenze avrà e che razza di salvacondotto -detta pomposamente immunità- avranno i suoi componenti, per lo più come aggravante, tutti in cravatta. Alla faccia della parità e democrazia rappresentativa per cui Boschi mentre firmava per la raccolta di sì a Reggio Emilia,evocava strumentalmente e contraddicendosi nei fatti, il ruolo delle donne italiane chiamate al voto 70 anni fa,nella città che dette i natali a Iotti . Si crea con questa proposta di legge un mostro che divide il popolo italiano, una Camera delle Autonomie che sarà un doppione della attuale Conferenza Stato Regioni già di per sé complicata nel ruolo di funzione istituzionale , che annienta però l’autonomia delle Regioni ordinarie, gli toglie le risorse ma contemporaneamente e schizofrenicatamente gli assegna competenza esclusiva in materia di industria , artigianato, e rafforza quelle a statuto speciale che, si sa ,sono bacini incontrollati di sprechi. Dunque il dannato Titolo V partorito dalla pessima Legge Bassanini che ci è costata e ci costa uno sfondamento sistematico della spesa pubblica e dunque l’aggravamento del debito pubblico,continua e continuerà a straripare con i dipendenti delle ex province nascosti nei sottoscala ma pur sempre retribuiti, con una Europa indebolita - balbettante- che rimanda i conti di bilancio italiano al 2017. Brutta partenza per una campagna elettorale.
ISTAT :ITALIA ALLA DERIVA
ALESSANDRA SERVIDORI - ISTAT :ITALIA ALLA DERIVA
Rapporto Istat : una depressione inarrestabile del nostro Paese .Si tratta di un nuovo record negativo, non si era mai arrivati così in basso. Il dato avrà conseguenze nefaste sull'invecchiamento della popolazione e sull'economia. Un paese con pochi giovani ha una domanda debole e un'economia stagnante e rischia di precipitare nella spirale senza uscita della stagnazione secolare. Andando poi a studiare a fondo il Rapporto dalle stime è confermata la frenata della spinta alla natalità da parte anche degli immigrati,ma non da oggi ma bensì dal 2012.Oggi in Italia siamo 60 milioni e viviamo fino a 80 anni e incrociando poi i dati delle regioni e delle dimissioni ospedaliere( per cui la Ministra Lorenzin aveva anticipato ieri in una dichiarazione “la tragedia delle poche nascite è apocalittica”) in Emilia Romagna e Toscana, ad esempio,abbiamo in calo delle nascite compreso tra il 3 e il 5%, quindi,per la prima volta regioni famose per i loro sistemi di welfare accogliente, segnano il passo in linea con il dato nazionale. Riguardo alle cause, ci sono più fattori. Intanto lo stesso invecchiamento della popolazione ha ridotto il numero di donne giovani, tra quelle in età fertile, rendendo le gravidanze più difficili e definendo le nuove mamme “attempate”. E' un dato sociale ormai acclarato, inoltre, quello secondo cui le coppie aspettano a fare i figli per vari motivi, legati tra l'altro anche all'instabilità economica e quindi alla crisi, ma non soltanto. C’è incertezza sul futuro e la famiglia paga le cause non mettendo più al mondo figli. La questione più sconcertante è che persiste una confusione tra i dati segnalati dai vari istituti e ministeri sul mercato del lavoro e ovviamente sulla nuova occupazione. Mentre infuria la bufera sulle campagne elettorali fatte a suon di colpi di machete sugli scandali ,i temi del sostegno alla famiglia non li trovi nei programmi dei candidati. Dunque la famiglia , sì quella indicata dalla nostra “Cattedrale Costituzionale” ,fatta da un uomo e una donna che procreano,che sono e rimangono il miglior ammortizzatore sociale che ha permesso allo Stato di stare ancora in piedi,facendosi ancora carico delle inefficienze per i disabili,i minore,gli anziani,i figli che non trovano lavoro e restano in casa con i genitori ,disoccupati e privi di speranza per il futuro. L’aggressione sociale e culturale inflitta alla famiglia con imposizioni fiscali e strumentalizzando la lotta contro l’omofobia con l’equiparazione alle unioni civili, tartassando la scuola con programmi scolastici deliranti e sceneggiando anche attraverso i media la famiglia allargata, quella invece c’è negli slogan dei futuri sindaci.E però e però ,senza famiglia stabile disposta a mettere al mondo figli e ad educarli e ad amarli,la società entra in crisi profonda e questo è evidente già da ora. Dunque i dati di Istat oggi confermano che questo governo e quelli che verranno hanno problemi emergenti che vanno oltre le unioni civili e la riforma della costituzione violata, con i quali isterismi demagogici hanno occupato e occuperanno i prossimi mesi della politica nostrana. Chi verrà eletto avrà il problema di imboccare la via maestra della ripresa economica,della crescita della conseguente creazione di posti di lavori perché i giovani di oggi possano contare su un reddito sufficiente quando non solo si ritireranno dal lavoro, ma prima ancora possano procreare e investire in un progetto di vita . Allora Renzi per una volta sola,faccia il Presidente del Consiglio e faccia concretamente quello che dice e che non fa :”Il debito pubblico va ridotto non perché ce lo chiede l’Europa ma perché ce lo chiedono i nostri figli”.Altrochè flessibilità consociativa e il padre di famiglia solo per esibire la prole a Francesco!
NOTIZIE PER LE DONNE:IN CHIESA PER VIVERE ANCORA PIU' A LUNGO!
Alessandra Servidori NOTIZIE PER LE DONNE : IN CHIESA PER VIVERE ANCORA PIU' A LUNGO
Un amico mi ha mandato il risultato di uno studio USA molto interessante condotto su una coorte del Nurses’ Health Study pubblicata online first su Nurses’ su JAMA Internal Medicine dal quale risulta che donne che vanno spesso in chiesa vivono più a lungo. E si ammalano meno di cancro e di malattie cardiovascolari. Uno studio Usa che pone interrogativi seri poiché l’importanza dei numeri e la durata del follow up sono assolutamente di peso. Il team diretto da Tyler J. VanderWeele della Harvard T.H. Chan School of Public, USA e colleghi hanno valutato la correlazione tra la frequentazione di funzioni religiose e la mortalità in una coorte di donne, utilizzando le risposte raccolte attraverso un questionario e seguendole per 16 anni. La maggior parte delle partecipanti a questo studio era di religione cattolica o protestante. Tra le 74.534 donne che nel 1996 avevano risposto al questionario, 14.158 hanno riferito di andare in chiesa più di una volta a settimana, 30.410 una volta a settimana, 12.103 meno di una volta a settimana e 17.872 di non andarci mai. Le più assidue frequentatrici di servizi religiosi mostravano in generale meno sintomi depressivi ed erano più spesso sposate e non fumatrici. Inoltre in questo gruppo di donne nel corso dei 16 anni di follow up si sono registrati 13.537 decessi, tra i quali 2.721 per malattie cardiovascolari e 4.479 per cancro. Tuttavia le grandi frequentatrici di funzioni religiose hanno presentato un rischio di mortalità ridotto del 33% durante i 16 anni di follow up, rispetto a quelle che non mettevano mai piede in chiesa. Quelle che frequentavano la chiesa una volta a settimana hanno visto il loro rischio di mortalità ridursi del 26%, mentre le frequentatrici meno assidue potevano contare comunque su una riduzione di mortalità del 13%. Lo studio suggerisce dunque che chi partecipa a funzioni religiose più di una volta a settimana, presenta un rischio di morire per cause cardiovascolari e per tumori ridotti rispettivamente del 27% e del 21%, rispetto a quelle che non vanno mai in chiesa. Secondo gli autori un importante contributo a questa riduzione di mortalità va ricercato nella minor presenza di sintomi depressivi, in un maggior ottimismo di fondo, in una meno frequente abitudine al fumo e nel poter contare su un supporto sociale .E’ ovvio che sono risultati tuttavia che non possono essere generalizzati, ammettono gli autori, anche perché la maggior parte delle partecipanti erano cristiane, bianche, lavoravano come infermiere e potevano contare dunque su un buon salario e su un bagaglio di conoscenze che predisponeva ad uno stile di vita salutare. Non è possibile dunque rintracciare in questo studio un sicuro rapporto causale tra l’andare in chiesa e il veder abbattuto il proprio rischio di morte e d’altronde non è ipotizzabile il fatto di poter organizzare un trial randomizzato caso-controllo su chi va in chiesa e chi no. Ma la notizia e comunque interessante.
MANIFESTO del BUONSENSO a difesa della Costituzione NO
ALESSANDRA SERVIDORI - No alla costituzione violata – MANIFESTO del BUONSENSO
Ai giovani che mi chiedono un parere sul referendum sulla Costituzione io rispondo così.
*Prima di tutto per non offendere l’intelligenza degli italiani giovani e grandi e scivolare nella rassegnazione nell’oblio dell’antipolitica ,è necessario dare un buon esempio del modo in cui bisogna discutere il merito delle riforme sottoposte a referendum, contrastando la tendenza a farne un plebiscito sul Governo.
* Democrazia –demos-crazia- significa idee e progetti politici capaci di suscitare consenso, partecipazione, sostegno non rassegnazione . Una riforma costituzionale va promossa da un Parlamento legittimo.
*Questo è un Parlamento illegittimo in quanto eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale e antidemocratica : deputati e senatori nominati e non eletti; premio di maggioranza abnorme che ha scollato gli eletti dagli elettori. La Corte costituzionale si è pronunciata contro testualmente “ Si è rotto il rapporto di rappresentanza” . Quella sentenza avrebbe dovuto tempestivamente, per mezzo d’una nuova legge elettorale conforme alla Costituzione, portare a nuove elezioni, per ristabilire il rapporto di rappresentanza. Esiste una questione di legittimità che è una diffida su questo governo ,che ha votato una riforma costituzionale forte di un incostituzionale premio di maggioranza.
*Questo è un Governo illegittimo e non può essere governo costituente: sono i governi dei dittatori quelli che, preso il potere, si danno la propria costituzione: costituzione non come patto sociale e garanzia di convivenza ma come strumento, arma violenta del proprio potere. E’ il popolo e la sua rappresentanza, in democrazia che sono “costituenti”. I governi, poiché sono espressione non di tutta la politica, ma solo d’una parte, devono rispettare la Costituzione, non violarla forti dei numeri acquisiti nella compravendita di parlamentari.
*L’arroganza e la prepotenza hanno dominato e continuano a dominare il percorso parlamentare ostaggio : disegni di legge imposti all’approvazione del Parlamento con minacce di scioglimento, di epurazione, sostituzione dei dissenzienti, transumazioni di mercenari parlamentari alla riffa di posti e favori, eliminazioni delle discussioni parlamentari, caducazione di emendamenti, fino ai voti di fiducia, come se la Costituzione e le istituzioni fossero materia appartenente al governo, fino a raggiungere la questione di fiducia posta addirittura agli elettori, sull’approvazione referendaria della riforma con una spregiudicatezza vergognosa, con la morte della politica soffocata dalle minacce.
*Noi entriamo nel merito di questo testo non solo nel metodo come vorrebbero coloro che trattano il popolo come asservito .Le riforme costituzionali sono anche tecniche. A ogni modifica della collocazione delle competenze e delle procedure corrisponde una diversa allocazione del potere.
*Nel testo in oggetto di analisi per l’effetto congiunto della legge elettorale e della riforma costituzionale, è evidente l’umiliazione del Parlamento elettivo davanti all’esecutivo; l’esecutivo, un organo che, non essendo “eletto”, potrà derivare dall’iniziativa del Presidente della Repubblica che – come è già avvenuto – agirà per ottenere la fiducia della Camera.
*In merito alla definizione delle competenze legislative da esercitare insieme dalla Camera e dal Senato,nella tradizione costituzionale il Senato non ha tanto la funzione di garanzia contro eventuali eccessi della Camera (anche perché nella nostra storia è stata sempre, fino agli anni recentissimi, espressione dei medesimi rapporti fra maggioranza e opposizioni), ma piuttosto la funzione di rappresentare istanze differenziate della società. La scelta, quindi, di configurare esplicitamente il Senato come camera rappresentativa delle istituzioni territoriali — le Regioni — poteva apparire ineccepibile. Il problema è il modo in cui la riforma lo fa, non mettendo i nuovi senatori nelle condizioni di esprimere unitariamente la volontà delle rispettive Regioni, e negando al Senato funzioni di efficace dialogo e raccordo con la Camera e con il Governo sui temi delle autonomie e dando ai senatori una immunità incomprensibile. La composizione del Senato è la rappresentazione più lampante dell’ignoranza legislativa : non si capisce se i senatori rappresenteranno le Regioni in quanto enti, i gruppi consiliari oppure le popolazioni; non si capisce poi se saranno effettivamente scelti dagli elettori o dai Consigli regionali. Saranno eletti – si scrive – dai Consigli regionali “In conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri”. Ma, se queste scelte saranno vincolanti, non ci sarà elezione ma, al più ratifica; se non saranno vincolanti, come si può parlare di “conformità”.Il testo sottoposto a referendum fa una scelta radicalmente sbagliata sul regionalismo: non limitandosi a correggere alcuni evidenti errori, da tutti ammessi, della riforma del 2001, ma configurando un nuovo quadro nel quale l’autonomia legislativa delle Regioni viene praticamente ridotta a zero, senza nemmeno il beneficio di una maggiore chiarezza nel riparto di competenze e quindi senza scongiurare il rischio del contenzioso Stato-Regioni. Vera è l’oscurità insita in norme come quelle che riservano alla competenza «esclusiva» dello Stato materie tipicamente regionali quali il governo del territorio, ma limitandole al compito di dettare «disposizioni generali e comuni». Che significa «disposizioni generali e comuni», al di là dell’ovvietà per cui le norme legislative sono «astratte e generali» e non contengono provvedimenti concreti, e valgono in tutto il territorio nazionale? Non è vero che le Regioni con l’attuale Costituzione siano «ferme al livello amministrativo». Al contrario, è proprio da questa riforma che uscirebbe un sistema di Regioni (diseguali fra loro per dimensione, per cultura istituzionale prevalente, per capacità operative) ridotte al rango di super-Province (abolite le storiche Province amministrative), prive della possibilità di esprimere le potenzialità dell’autonomia sul terreno legislativo. Sappiamo bene che in Italia da sempre si confrontano due «scuole» del diritto amministrativo, quella «romana»,e quella «nordica», cui corrispondono diverse sensibilità sul tema dell’autonomia. In ogni caso, il principio dell’autonomia è iscritto fra i principi fondamentali della Costituzione (art. 5).Non si può nei fatti negare e garantire i diritti fondamentali dei cittadini sociali e civili che vadano tutelati egualmente in tutto il territorio (ciò a cui provvedono già norme precise della Costituzione vigente): bisogna lasciare spazio reale alle iniziative delle comunità territoriali substatali, sostituendosi al tradizionale centralismo dello Stato «napoleonico» anche per garantire quella comunità sociale e sussidiaria che è la vera forza in campo per lo sviluppo del paese. Il cambiamento prospettato avverrebbe oltre tutto senza nemmeno il contrappeso di una vera «Camera delle Regioni» in grado di intessere un dialogo non subalterno con le istanze centrali.
* Il cambiamento prospettato NON assicura neanche il rispetto della parità dei diritti di rappresentanza tra uomini e donne nelle presenze parlamentari avendo ancora una volta negato nei fatti l’incipit non solo della Costituzione Italiana ma della Carta dei Diritti Universali,senza norme di garanzia che operino questa civile democrazia. Ecco perché la riforma non è un passo avanti, ma uno indietro.
* Un pasticcio vergognoso una incomprensibile e volgare violazione dell’intelligenza costituzionale ricorrendo a frasi sconnesse a citazioni di articoli della sovrana Costituzione operante palesemente massacrata (art 71,art 65,57,sesto,ecc… comma, secondo ecc..periodo, una lunghissima fila di numeri e citazioni pasticciate di incompetenti pseudo costituzionalisti ignoranti): un decreto mille proroghe in buona sostanza .Nel pasticcio la questione più evidente è l’accentramento a favore dello Stato , dell’esecutivo a danno dei cittadini e della loro rappresentanza parlamentare. Una Costituzione che NON è patto solenne che unisce un popolo sovrano che così sceglie come stare insieme in società: questo pasticcio non unisce ma divide. Non si tratterà di un giudizio su una Costituzione destinata a valere negli anni, ma di un voto su un governo temporaneamente in carica. Abbiamo già ora una campagna referendaria in cui il governo ha una presenza battente, come se si trattasse d’una qualunque campagna elettorale a favore di una parte politica, e farà valere il “plusvalore” che assiste sempre coloro che dispongono del potere e delle risorse economiche, complice anche un’informazione ormai quasi completamente allineata.
*Noi dobbiamo assicurare una informazione corretta e anche tecnica : noi non possiamo accettare per i nostri figli la razionalizzazione d’una trasformazione essenzialmente incostituzionale, che rovescia la piramide democratica. Le decisioni politiche, da tempo, si elaborano dall’alto, in sedi riservate e poco trasparenti, e vengono imposte per linee discendenti sui cittadini e sul Parlamento, considerato un intralcio e perciò umiliato in tutte le occasioni che contano. La democrazia partecipativa è stata sostituita da un sistema opposto di oligarchia riservata.
*Le “riforme” che si stanno compiendo chiamate costituzionali sono in realtà adeguamenti della Costituzione a questa realtà oligarchica. Poiché siamo per la democrazia, e non per l’oligarchia, siamo contrari a questo adeguamento spacciato come riforma di
un esistente che non ci piace affatto perché portatore di disgregazione costituzionale e di latenti istinti autoritari come quelli consumati a proposito di una chiara violazione del diritto di intendere la famiglia pavesati nella recente legge sui diritti civili. Si tratta evidentemente dell’occupazione dei posti strategici dell’economia, della politica e della cultura che forma l’ideologia egemonica del momento. Si tratta, per portare a compimento questo disegno, di eliminare o abbassare gli ostacoli (pluralismo istituzionale, organi di controllo e di garanzia) che frenano il libero dispiegarsi del potere che si coagula negli organi esecutivi. Non occorre eliminarli, ma appiattirli ugualizzarli, standardizzarli,che significa l’opposto del far opera costituente.
*Per quanto poi riguarda l’eliminazione dei costi della politica e di organismi come il CNEL , sono argomenti deboli molto deboli, perché oltre al costoso cnel (servito solo a piazzare ex sindacalisti e neanche a raccogliere dati sui contratti e l’economia reale che potevano farci capire come si era ingessato il diritto del lavoro), la riduzione dei costi della politica avrebbe potuto essere perseguito in diversi altri modi: riduzione drastica del numero dei deputati, perfino abolizione pura e semplice del Senato in un contesto di garanzie ed equilibri costituzionali efficaci. Non è stato così.
Si è voluto puntare sulla demagogia alimentata nella lunga tradizione antiparlamentare e antipolitica di cui questo governo è la rappresentazione più plastica . Aver unificato in un unico voto referendario tanti argomenti tanto diversi (forma di governo e autonomie regionali) è un e trucco costituzionalmente scorretto, che impedisce di votare sì su quelle parti della riforma che, prese per sé e in sé, risultassero eventualmente condivisibili.
*Dov è in questo Testo la sovranità del Popolo che l’art. 1 della Costituzione pone e che l’art. 11 autorizza bensì a “limitare”, ma precisando le condizioni (la pace e la giustizia tra le Nazioni) e vietando che sia dismessa e trasferita presso poteri opachi e irresponsabili?Il popolo sovrano è stato spodestato. Se manca la sovranità, cioè la libertà di decidere da noi della nostra libertà, quella che chiamiamo costituzione non più è tale. pL’impegno er il No al referendum ha il significato di opporsi alla perdita della nostra sovranità, difendere la nostra libertà.
BOSCHI e Pari Opportunità
Alessandra Servidori
E ora il /la Ministra per le Pari opportunità -http://formiche.net/2016/05/12/consigli-non-richiesti-maria-elena-boschi-pari-opportunita/
Mentre ci stavamo chiedendo che fine hanno fatto le politiche di Pari opportunità dopo che la sua fedelissima deputata aveva lasciato l’incarico a Palazzi Chigi,Matteo Renzi ha dato la delega alle Pari opportunità alla Ministra Boschi . Nell’augurare garbatamente alla Ministra un buon lavoro , diamo alcuni consigli non richiesti per non perdere altro tempo prezioso posto che nella frenesia di unioni civili messe in fiducia, le politiche di Pari opportunità tutte dirottate sui gay che occupano l’altro Ufficio per le Pari Opportunità di generi (UNAR), anche con cospicui finanziamenti, ci auguriamo che Boschi metta un po’ di ordine. Le signore Ministre sono state darwinamente eliminate e sottodimensionate. Al Ministero degli Esteri dopo Mogherini ci è andato un signore, alla Famiglia un altro signore , all’Economia dopo Guidi un altro ragazzone transumato dall’Europa, alle Politiche Regionali dopo la sfortunata Lanzetta, un altro signore. Più o meno esperti e uomini. I vari organismi di Pari opportunità dopo una stagione di iniziative e di alleanze soprattutto interdisciplinari per gestire le sempre più corrose risorse che dal 2008 in poi sono state tagliate dall’emergenza economica, non si fanno funzionare. E neanche a dirlo non solo con poca spesa ma anche come scelta politica di azzeramento , li hanno bloccati. Chissà come funzionerà quella cabina di regia che il ministero del lavoro doveva mettere in piedi per usare quei 40 milioni ( il 10% delle risorse previste dal DLGS 81/2015 e finanziato con la legge di stabilità per il 2016) per defiscalizzare le prassi di flessibilità lavorativa agganciate alla produttività che per uomini e donne che lavorano e per aziende illuminate si possono dirottare e usare per la conciliazione tempi di vitae di lavoro sia per il lavoro pubblico che privato? Boschi riuscirà nel suo essere una e trina , valorizzare il ruolo di alcuni provvedimenti che possono sostenere le politiche di Pari opportunità. E le associazioni femminili che in queste ore si congratulano con Boschi , si accontentano di qualche sfilata sul red carpet del Governo e del Quirinale per i 70 anni del voto alle donne? Le politiche di rango sono anche quelle che assicurano la parità e dunque entrambi maschi e femmine in Parlamento. Ma come agirà Boschi in rappresentanza delle politiche di pari opportunità in merito l’adeguamento delle leggi regionali elettorali alla legge Maturani che prevede norme di garanzia di genere. In caso contrario sappiamo che avremo un nuovo Senato con una clamorosa assenza di parità di genere .Infatti se passerà la riforma costituzionale per la quale la Ministra Boschi si è tanto battuta e sulla quale ho idee ben chiare non condividendone il contenuto di merito, la situazione sarà evidentemente priva di voci e talenti e di potere. E le Ministre in carica rimaste ai timoni della nave renziana, Madia,,Lorenzin,Pinotti,Giannini, cosa ne pensano ?hanno silenziato la loro origine e indole femminile?Si sono sottomesse? Bisogna essere omosessuali per essere destinatarie di politiche attive per le donne? L’Europa ci massacrerà anche per questo : i dati della disoccupazione femminile e più ancora delle giovani , e le prossime amministrative puniranno questa stagione di disinteresse, e ancora di più un referendum che porta in campo una orribile legge su una Costituzione violata e imbastardita che di tutela della parità di genere femminile non ha nessun rispetto.
CROZZA o CARO!
Alessandra Servidori CROZZA o CARO! -
http://formiche.net/2016/05/09/crozza-la7-satira/
Sono passati due venerdì da quando l’adorabile CROZZA ha proclamato il nuovo trio governativo toscano : “lo zar, la zarina,il lazzarone”, con quell’umorismo schietto ligure che ha come freccia mordente lo sguardo disincantato sulla realtà. E una delle funzioni principali della satira è quella di affrontare i problemi scomodi,presumendo che il pubblico abbia un cervello. E infatti il pubblico del venerdì di Crozza sia in teatro che a casa davanti alla televisione respira aria fresca E sicuramente, senza mai sfiorare il ridicolo o la querela Crozza è uno degli ultimi uomini di spettacolo vero che liberamente ,senza alcuna volgarità, rappresenta una dimensione della politica che in molti apprezzano e condividono. E però e però nonostante gli audiens aumentino c’è una soggezione di fondo, in una stagione politica evidentemente dittatoriale, che sconcerta: c’è un silenzio assordante di quella gran parte di italiani che nella campagna elettorale in corso non saranno sicuramente attratti dall’integralismo destroso, né tantomeno dall’arroganza “dell’insalata russa” che ora governa l’Italia .Dunque colui che salva il genere letterario che ritrae con intenti critici e morali personaggi e ambienti della realtà e dell’attualità, in toni che vanno dalla pacata ironia alla denuncia più acre,letteralmente parlando, il satiro moderno, colui che non ha ambizioni politiche né tantomeno, come ha sornionamente preannunciato un editoriale del Foglio di Cerasa, sarebbe stato indeciso se rimanere alla 7 o transumare alla Rai con un miglior contratto offertogli per silenziare la crociata,ha avuto il coraggio ,che non è di molti, di rimanere lì dovè e non perché Cairo l’editore gli ha offerto un ingaggio più conveniente ma perché è libero. E la libertà è impagabile. E il suo popolo delle meraviglie lo ama per questo. La satira è sparita o sta sparendo perché nessuno l'ha difesa, neanche la nuova sinistra, che ora la teme. Il revisionismo era ed è già di casa, e mentre si tollera il cabaret, e per i meno lobotomizzati rimane solo il Maurizio nazionale, ci viene in mente che la satira intelligente ,non quella trucida di Vauro e della Guzzanti, ma quella di Indro Montanelli , di Lelio Luttazzi , raffinate penne e oratori indimenticabili, ad un certo punto sparirono dalla TV che cominciò a censurarli anche per i loro acuti e colti editoriali conditi di una satira elegante: occhi e voci e parole di una stagione politica in cui i comportamenti della classe politica di entrambi gli schieramenti erano attraversati da commenti e riflessioni che ci hanno spalancato gli occhi e la testa sulla realtà. Poi ognuno ha fatto e fa le scelte che vuole, ma mettere il silenziatore alla satira è pura follia.
Lo sciopero contro la scuola è contro i giovani
Il commento di Alessandra Servidori-
http://formiche.net/2016/05/03/lo-sciopero-unitario-contro-la-scuola-e-contro-giovani/
I sindacati ri/scendono in piazza il 12 maggio sventolando la bandiera unitaria contro la riforma della scuola e miratamente contro l’alternanza formativa. Ma se c’è una cosa che è utile nella riforma n.107/2015 è l’introduzione dell’alternanza per incrementare le opportunità di lavoro, attuata negli istituti tecnici e professionali per 400 ore e per i licei per 200, nel triennio, essendo i percorsi inseriti nel piano formativo triennale.
Vero è che gli istituti scolastici, dunque dirigenti, insegnanti e anche famiglie, tutti insieme sono impegnati a trovare la strada organizzativa e anche economica per agganciare le aziende che si prestano a fare da “maestri” ai ragazzi sui luoghi di lavoro. Sappiamo bene che il contesto sociale non è poi così tanto favorevole, ma la società deve responsabilizzarsi per far incontrare le esigenze che i giovani devono poter conoscere prima di incontrare “il magico mondo del lavoro”.
Ai giovani servono sicuramente nuovi moduli formativi (e qui i programmi devono aggiornarsi e anche i docenti devono studiare!). Non esiste l’alibi che usano alcuni sindacati secondo cui la formazione alternanza scuola lavoro è uno sfruttamento del lavoro giovanile, così come non esiste l’alibi degli insegnanti che c’è un appiattimento delle logiche di mercato dominato dalla ricerca del profitto a scapito della formazione umanistica.
L’obiettivo della legge è molto nobile: infatti sarà la prassi e l’esperienza sul campo che consegnerà ai giovani studenti la capacità di auto orientamento “tirando fuori”, dunque “educere”, la valorizzazione delle loro vocazioni personali. Le nostre scuole sono troppo ancora ancorate a trasmettere nozioni: ci vuole pratica e concretezza finalizzata alle persone sia con discipline tradizionali che con attività pratiche ed esperienze a scuola, in azienda, in famiglia.
La nostra scuola è troppo ferma sulle esperienze teoriche e trascura le applicazioni pratiche accentuando così la frattura tra cultura e vita tra realtà e convivenza civile. Dobbiamo porci l’impegno di contaminare tutti gli ambienti della società in questa missione di avvicinare, accompagnare, orientare e sostenere i giovani con tutto quel ben di Dio che abbiamo a disposizione: percorsi all’estero, collaborazione con il terzo settore, con le aziende, con i musei, gli ordini professionali, gli istituti culturali. E’ una sfida di tutti e non si scende in piazza contro!
03/05/2016