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Sui diritti delle donne memoria per Giorgia Meloni e Eugenia Roccella

 ALESSANDRA SERVIDORI

Sui diritti delle donne, memoria

 per la  Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni e Ministro Eugenia Roccella sul tema Relazione sulla attuazione della Legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza

 

L’obiettivo principale della Legge 194/78 è garantire la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari.L’articolo 1 stabilisce che «lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio» l 30 luglio 2021 è stata trasmessa al Parlamento la “Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della Legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (Legge 194/78) Tale relazione cercava di fotografare la situazione di più di 2 anni fa; quindi, i numeri potrebbero non corrispondere alla realtà odierna. In più tali dati non sono accurati nel dettaglio e poco utilizzabili in quanto in formato pdf e non corrispondenti completamente ai numeri dell’Istituto Nazionale di Statistica.Secondo i dati della Relazione, l’Italia è tra i Paesi con i più bassi tassi di abortività al mondo: 5,4 interruzione ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni.

In base a tale relazione il numero di IVG nel 2020 è stato di 66.413, con una riduzione del 9,3% rispetto al 2019. Questo dato è in continua diminuzione dal 1983, anno in cui si è osservato il più alto numero di IVG in Italia, 234.801 casi. Si evidenziano forti differenze territoriali tra Regioni diverse; la Liguria, in rapporto alla popolazione, è la Regione in cui vengono effettuati più IVG (7,4 per mille), quasi il doppio rispetto alla Basilicata (3,8), Regione in cui se ne effettuano di meno.Relativamente al tipo di procedura utilizzata si osserva che il 35% delle IVG totali è praticato con la metodica farmacologica. Anche su questo aspetto esistono forti differenze territoriali; sempre in Liguria c’è il dato più alto di IVG farmacologiche (circa il 60% del totale), mentre in Molise è del 2%.Un confronto con altri Stati europei mostra che in diversi Paesi in cui si fa uso della RU486, tale procedura viene praticata nella maggior parte dei casi di IVG. Inghilterra e Galles hanno una percentuale dell’85% sul totale, Francia del 72%, valori più che doppi rispetto all’Italia.Un altro indice analizzato nella relazione prende in considerazione la mobilità delle donne dalla Regione di residenza a quella in cui si effettua l’IVG. Il 30% delle donne residenti in Molise effettua l’IVG in strutture sanitarie al di fuori della propria Regione. Dalla Basilicata si spostano il 26% delle donne, dall’Umbria il 13%.Tra le differenze regionali si evidenzia anche la percentuale di strutture sanitarie in cui è possibile effettuare IVG. Nel 2020 solo in Valle d’Aosta nel 100% delle strutture si può effettuare IVG. La media nazionale è del 63,8%, mentre il dato più basso è della Campania con il 27,9%.

In merito alle obiezioni di coscienza da parte di ginecologi, anestesisti e personale non medico, si osservano anche in questo ambito forti differenze territoriali.In totale la percentuale di ginecologi obiettori nel 2020 è del 67%, anestesisti del 45% e personale non medico del 36%.Ci sono aree come la Provincia di Bolzano o il Molise dove 5 ginecologi su 6 non sono disponibili ad intervenire per effettuare una IVG. Complessivamente, l’obiezione di coscienza è più diffusa nel Sud dell’Italia dove le percentuali di obiettori sono mediamente più alte rispetto al resto del Paese.

 I dati sono stati il risultato di  centinaia di richieste di accesso civico generalizzato per avere  dati delle singole strutture e solo fino al 2021, quindi solo parziali :  sui  dati aggregati e chiusi che il Ministero fornisce annualmente in formato pdf è evidente  manca  la volontà di rendere facilmente accessibili le informazioni riguardo alla 194 (informazioni che dovrebbero essere aggiornate e dettagliate). Relativamente alle ASL, molte collaborano con le associazioni richiedenti attraverso il link alla relazione di attuazione..

In merito all’IVG e obiezione di coscienza, a volte è una questione logistica – magari sono in un reparto dove non c’è il punto IVG. Di per sé questo potrebbe non essere un impedimento – così come potrebbe non esserlo la presenza di obiettori. L’aspetto principale rimane la logistica. Cioè sarebbe possibile garantire il servizio di IVG se fosse organizzato bene. L’obiezione di coscienza è l’aspetto che più colpisce, soprattutto quando la percentuale è molto alta, ma non basta come criterio per sapere se la legge 194 è ben applicata oppure no. La legge prevede l’obiezione di coscienza (articolo 9 della legge 194). Quell’articolo dovrebbe essere applicato meglio perché “l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”. La contraddizione è che la  legge dice che il servizio di IVG deve essere sempre garantito,ma non in che modo.  L’aborto è sempre stato un argomento moralmente controverso,  non si parla quasi mai se non in termini di dolore inconsolabile e di scelta drammatica e traumatica. Lo stigma e il senso di colpa vengono usati per rendere una scelta non davvero una scelta, ma una inevitabile ferita. Si dimentica spesso che l’alternativa all’aborto volontario è la gravidanza imposta. Che è una alternativa moralmente ripugnante e che sarebbe anche una alternativa molto difficile da garantire, costituzionalmente vietata e soprattutto l’obiezione di coscienza di struttura è vietata dalla legge. Come molte delle prestazioni sanitarie, la situazione è a macchia di leopardo. Purtroppo, in questi anni, il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è stato smantellato con le varie leggi di aziendalizzazione, con la scelta di privilegiare il privato. Per legge l’aborto è garantito gratuitamente e quindi fuori dal mercato privato. Questo in parte è la ragione delle difficoltà che si trova davanti una donna che cerca di abortire poiché non è mai un servizio a pagamento. I consultori che dovrebbero essere la prima tappa per chi chiede una IVG spesso non sono in grado di dare risposte in tempi rapidi. Non hanno una e-mail o un numero di telefono a cui scrivere o chiamare e le donne, specialmente le più giovani, sono invece abituate a comunicare per le vie brevi. Inoltre, l’obiezione di coscienza non è ben regolamentata come avviene in altri Paesi. Non c’è alcun incentivo a occuparsi di IVG, c’è invece un disincentivo visto che è una prestazione medica, da cui con una lettera o più spesso con una comunicazione orale, il medico si può esonerare e semplificarsi la vita. Inoltre, i turni a cui è sottoposta una ginecologa/o all’interno di un ospedale sono spesso molto sovraccarichi di lavoro, vista anche la cronica carenza di personale attivo. La vera obiezione la compiono quindi i direttori sanitari e generali delle ASL/ASP/Ospedali che non hanno tra gli obiettivi di budget su cui sono remunerati nulla che riguardi la contraccezione e l’aborto. Se venisse loro decurtato lo stipendio della parte di incentivazione economica per non aver applicato la 194, la situazione sarebbe diversa : organizzerebbero  un sistema per far funzionare i servizi, incentiverebbero l’uso di aborto farmacologico, attiverebbero un outsourcing (servizi esternalizzati ad associazioni/cooperative).L’aborto farmacologico potrebbe essere fatto a casa dalla donna in telemedicina, questo aumenterebbe il loro potere di scelta mentre toglierebbe potere ai medici e alle istituzioni. Contraccezione ed aborto non vengono insegnati ai medici nelle Facoltà di Medicina, né alle ostetriche, né alle/agli infermieri/i. Se poi nella maggior parte delle cliniche/scuole di specialità, non si praticano aborti, né chirurgici, né farmacologici (vedi università cattoliche e 35% degli Ospedali), come si può imparare a svolgere il percorso della IVG dalla richiesta/colloquio con la donna, alla scelta tra IVG medica e chirurgica, alla attuazione del procedimento, se non lo si vede nemmeno durante i cinque anni di specialità in ostetricia e ginecologia? Le linee guida 2020 vanno verso la de-ospedalizzazione, ma a livello regionale la situazione è molto eterogenea. Le modifiche istituzionali del SSN, la sua regionalizzazione e aver trasformato le Unità Sanitarie Locali in aziende ha portato ad enormi differenze tra Regioni e Ospedali /ASL e a dover regolamentare tutto ogni volta in ogni Regione in base a chi governa in quel periodo. Il Ministro Speranza in agosto 2020 ha  emanato le Linee di indirizzo che comunque non prevedono alcuna sanzione per le Regioni che non le applicano. Il Medico di Medicina Generale (MMG) in Italia, in base alla 194/78, può fare certificazione/attestazione per chiedere IVG, anche per via telematica. L’obiezione di struttura  è vietata per legge ma di fatto il 35% degli Ospedali la applica e nessuno si oppone. Andrebbero sanzionati i Direttori Generali e le Amministrazioni che non garantiscono contraccezione e aborto gratuito come stabilisce la Legge 54/75 e la 194/78.

Come in altri Paesi europei l’obiezione davvero dovuta a problemi di coscienza è una parte davvero ristretta, forse il 5-10% dei casi, come mostra il libro di Livia Turco i “Per non tornare al buio – Dialoghi sull’aborto”, pubblicato nel 2017. Se ci fosse riconoscimento economico, di carriera, scientifico per queste persone, l’obiezione di coscienza si ridurrebbe a numeri minimi. Se poi si permettesse alle ostetriche di svolgere almeno le IVG mediche, come fanno in Svezia, Irlanda, Regno Unito, e anche chirurgiche, come in Francia, certamente il problema si ridurrebbe ancora di più. Siamo un paese lento, con istituzioni che non si modificano facilmente. Aver reso il SSN un Sistema Sanitario Regionale (SSR) ovvero un sistema con modifiche regionali che si applicano anche a protocolli medici studiati e validati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è molto discutibile. Ci sono Governatori Regionali che  decidono su come, dove e fino a quando si debba svolgere un processo medico come una IVG motivandolo  per proteggere le donne.  A marzo 2022 sono stati portati a processo davanti ai TAR da varie associazioni femminili i governatori di Piemonte, Umbria e Marche per non aver applicato le Linee di indirizzo e la 194.

 

Personalmente sono più che convinta che il benessere della donna vada garantito

 

1) con la Prevenzione, magari con la gratuità del Preservativo e percorso gratuito per l'accesso agli anticoncezionali, soprattutto per minorenni ed educazione sessuale nelle scuole superiori;

2) con l'Eliminazione dell'Obiezione di Coscienza  e facilitazione dei percorsi farmacologici esistenti;

3) con la garanzia del diritto alla riproduzione per tutti/e in un contesto sanitario non misogino e non omo-transfobico;

4) con la garanzia di parti indolori;

5) con la trasformazione della ITG in ITG-Volontaria.                  

 6) con politiche attive per sostenere la natalità e quindi sostegni economici e certezza del diritto al lavoro                  

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