Per la prima volta l’Inps sviluppa se pur parzialmente, con l’intento di migliorarne la stesura, il Bilancio di genere
Per la prima volta l’Inps sviluppa se pur parzialmente, con l’intento di migliorarne la stesura, il Bilancio di genere, peraltro previsto sia dalle direttive europee che dalla legislazione italiana. Le donne e gli uomini continuano a ricoprire ruoli diversi e ad assumere responsabilità differenti nella società. È dunque essenziale analizzare il bilancio da una prospettiva di genere al fine di fornire informazioni sui diversi effetti che l’assegnazione di bilancio può avere sull’uguaglianza di genere.
Il bilancio di genere si fonda sull’impegno dell’Ue a favore dell’integrazione della dimensione di genere sancito dall’articolo 8 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. I bilanci sensibili al genere e le relative politiche sono volti a contribuire al conseguimento dell’uguaglianza di genere e a favorire una crescita e un’occupazione più sostenibili e inclusive.
Obiettivo del bilancio di genere è accrescere la partecipazione a un processo che si traduca in bilanci sensibili al genere e, di conseguenza, promuovere la trasparenza e la rendicontabilità. Ai fini di un bilancio di genere efficace, sono necessari volontà politica, leadership e dati disaggregati per genere. La dichiarazione congiunta del Parlamento, del Consiglio e della Commissione allegata al quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2014-2020 prevede che le tre istituzioni “integreranno, secondo opportunità, elementi capaci di rispondere alle problematiche di genere” nel bilancio dell’Ue.
Tuttavia, l’impegno strategico per la parità di genere 2016-2019 della Commissione indica che il bilancio di genere non è applicato sistematicamente al bilancio generale dell’Ue. Dunque il nostro Paese deve contribuire a testare quali elementi capaci di rispondere alle problematiche di genere sono applicati nell’attuale Qfp. Laddove non siano stati integrati elementi sensibili al genere, è importante condividere quali azioni ha intrapreso la Commissione per colmare eventuali lacune e con quali tempistiche.
Soprattutto in che modo la Commissione assumerà un ruolo da leader per garantire che il bilancio di genere, incluso un monitoraggio efficace ed effettivo, sia integrato nell’intero processo del prossimo Qfp e nei bilanci prossimi al fine di assicurare che i gruppi più vulnerabili beneficino dei fondi dell’Ue. Ed è auspicabile dunque che la Commissione inserisca un chiaro riferimento all’uguaglianza di genere in una delle rubriche del Qfp; applichi l’uguaglianza di genere come obiettivo orizzontale; e destini una linea di bilancio specifica per ciascun obiettivo in materia di uguaglianza di genere al fine di accrescere la trasparenza.
La Commissione intende migliorare lo scambio di conoscenze in materia di bilancio di genere tra gli Stati membri e le autorità locali; b) la raccolta di dati disaggregati per genere necessari per l’analisi di genere dei bilanci; la capacità tecnica dei suoi funzionari di attuare e valutare i bilanci sensibili al generee creerà il monitoraggio e la valutazione dell’integrazione dell’uguaglianza di genere nell’attuazione del (co)finanziamento dell’Ue.
Dunque Inps, importantissimo Istituto, ha iniziato un Progetto , che sicuramente andrà affinato ma già è una ottima notizia. Peraltro è utile ricordare che già aveva affrontato negli anni precedenti nell’ambito delle periodiche Rendicontazioni sociali, a partire dal 2017 il tema del Bilancio di genere che ha trovato collocazione nei Piani di performance come specifico Progetto triennale finalizzato a definire le linee guida per la redazione di un Bilancio di genere da parte dell’Inps.
Tale Progetto, nella fase di impostazione delle linee progettuali ha potuto giovarsi del confronto con il Comitato unico di garanzia e, in particolare, delle indicazioni di un gruppo di lavoro interdisciplinare. I risultati conseguiti a conclusione del percorso progettuale a fine 2019 in ordine alla definizione delle linee guida per il bilancio di genere evidenziano in particolare alcuni prioritari ambiti di intervento: la riclassificazione per genere delle voci del bilancio Inps (“neutrali al genere”,“destinate a rimuovere le diseguaglianze di genere”, “sensibili al genere”), operata in coerenza con i criteri adottati dalla Ragioneria dello Stato in ordine alla redazione del Bilancio di genere delle Amministrazioni Centrali;· le modalità operative, in sede di predisposizione del bilancio di genere, per la progressiva riconciliazione dei dati finanziari delle spese di bilancio con le informazioni sulle prestazioni istituzionali erogate all’utenza, disaggregate per genere e relative all’anno di competenza;· in materia di entrate contributive, la valutazione delle misure attive rivolte alle politiche di genere: nel progetto, ad esempio, è stata condotta un’analisi delle agevolazioni contributive alle imprese per l’inserimento nella contrattazione di secondo livello di misure per la conciliazione tra vita privata e vita professionale (art. 25 del decreto legislativo 80/2015);· infine, ma non ultimo, le politiche rivolte al personale interno in ottica di genere, attraverso il monitoraggio costante e sistematico degli indicatori relativi alle azioni dell’amministrazione finalizzate a ridurre le diseguaglianze di genere trail personale dell’Istituto.
A questo riguardo, nell’ambito del progetto è stata condotta un’indagine longitudinale sui divari retributivi del personale dell’Istituto, per individuare gli effetti delle distinzioni di genere e i principali fattori che li determinano, per contribuire in tal modo anche alla più puntuale definizione dei contenuti del Piano delle azioni positive.E come sopra accennato va ricordata, inoltre, la collaborazione avviata negli ultimi anni con il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) per il Bilancio di genere relativo al Rendiconto generale dello Stato. L’Inps partecipa ai lavori contribuendo alla scelta e fornitura di indicatori di interesse per la misurazione dei divari di genere nella società e curando vari focus pubblicati nella Relazione annuale.
Alcuni focus contenuti nelle Relazioni al Parlamento sul Bilancio di genere sono basati su ricerche condotte nell’ambito del progetto VisitInps in particolare dedicati:
1) ai divari di genere nelle aspettative occupazionali e di reddito dei giovani laureati senza lavoro
2) alla fruizione del congedo di maternità fra le lavoratrici dipendenti del settore privato
3) alla consapevolezza previdenziale degli uomini e delle donne.In buona sostanza da pag 424 del Rapporto sono riportati ,aggiornati aggiornati al 2019, i principali risultati scaturiti dal monitoraggio degli interventi dell’amministrazione in materia di conciliazione dei tempi di lavoro e di vita privata oltre che relativi ai programmi di formazione. Inoltre, sarà oggetto di interesse l’analisi delle spese per il personale disaggregate per genere e un’indagine sui divari retributivi tra donne e uomini.
Finalmente una vera azione positiva e materiale di studio riflessione e azione per migliorare e proseguire come ha specificato anche recentemente all’incontro con la rete delle donne della sanità il 13 ottobre al Quirinale il Presidente Mattarella sul versante imprescindibile dei diritti delle donne “Il percorso verso la parità di genere è avviato e inarrestabile. Dobbiamo solo capire insieme come fare ad accelerarlo”
Alessandra Servidori Caro Pietro Ichino NON sono d’accordo con te e tantomeno con Toti
https://www.startmag.it/sanita/perche-lidea-di-una-separazione-coatta-degli-anziani-e-unaberrazione/?ct=t(RSS_EMAIL_CAMPAIGN)
L’idea di prevedere l’isolamento o comunque la separazione coatta agli anziani è profondamente sbagliata sia sul piano pratico , sia sul piano costituzionale come prevede la nostra Cattedrale Costituzionale : “Gli individui sono uguali senza distinzioni di «condizioni personali e sociali» (art. 3 Cost.), quindi anche di età. Non tutti gli anziani sono fragili e non tutti i fragili sono anziani. Questi al Governo hanno già più volte massacrato la nostra Costituzione e servirebbe comunque una legge per limitare la libertà di circolazione «per motivi di sanità» (art. 16 Cost.), così come per imporre un trattamento sanitario preventivo – l’isolamento – a fini di tutela della salute (art. 32 Cost.). Le statistiche hainoi!,hanno una vitalità breve e mutevole se vero è che secondo ISS il Covid circola ovunque anche se con entità diverse tra regione e regione,poi secondo i vari virologi e presunti esperti presenti in tv e su tutti i giornali,varia quotidianamente. La mortalità è dell'11,8% ma si basa sui positivi di cui abbiamo certezza, sono maggiormente uomini, anziani con patologie gravi pregresse e tra le vittime, le donne sono solo il 30% ( e questo Pietro lo considero un punto a favore della mia tendenza a misurare le differenze di genere ). Si registrano meno decessi tra i 20 e i 29 anni ma stanno aumentando anche nei 50 enni. Questa in sommaria sintesi l'analisi sulla situazione del virus in Italia che si modifica continuamente sia da parte dell'Istituto Superiore di Sanità,sia da altre fonti istituzionali con bollettini inquietanti. E caro Pietro inoltre ravviso ampiamente principi antidiscriminatori violati sulla base proprio della nostra Costituzione e delle direttive internazionali recepite. Assistiamo in vero ad una involuzione del discorso politico, quindi tanto più bisogna stare molto attenti a non dare per scontati i traguardi che tanti di noi avevano dato per acquisiti in materia antidiscriminatoria, che rende possibile la tutela della singola persona contro la discriminazione e che contemporaneamente dà messaggio sulla plausibilità, sulla possibilità di intervenire in varie situazioni ed è proprio in momenti come questi e in materia di tutela della salute che è necessario non essere discrezionali. I responsabili delle discriminazioni possono essere privati ma capita che siano anche enti pubblici, pubbliche amministrazioni e questo è ancora più grave per certi aspetti: l’ente pubblico dovrebbe garantire accoglienza e supporto e invece a volte determina una discriminazione. È un punto delicato perché in un periodo come questo, cioè in un periodo di crisi, è forte la tentazione di alcuni ad evidenziare le contrapposizioni o comunque le lotte tra bisogni e le lotte tra risposte a questi bisogni. In un periodo in cui una risposta per tutti i bisogni forse non c’è, tocca a tutti fare delle scelte. Scelte che toccano tutti: gli enti locali, le imprese, il terzo settore, le famiglie, che sono le quattro componenti prioritarie di un territorio. Quando le risorse sono scarse e non riescono a dare risposte a tutti i bisogni, il contrasto alle discriminazioni, la valorizzazione delle pari opportunità, del pari accesso, in base alle normative vigenti ma anche in base alle risposte che ci sono nei vari territori, diventa un punto cruciale dell’azione di governo dell’ente locale. Azione di governo che deve mirare a garantire parità di accesso e giustizia, affiancando a questo un’attenta azione di tipo culturale. L’informazione e la sensibilizzazione della società è uno strumento fondamentale per un contrasto efficace alle discriminazioni, e solo citando le principali normative,per far riflettere chi condivide la tesi dell’isolamento per italiani over 65. A cominciare dalla (Convenzione europea dei diritti dell'Uomo- 1950) , in quanto la Convenzione é vincolante per gli stati ed é possibile per il privato attivare le tutele previste contro il proprio stato. Art. 14;proseguendo ” Il trattato di Amsterdam (1997) Art. 13; La carta di Nizza del 2000 (Carta fondamentale dei diritti) Art. 21; Trattato di Lisbona - 2007 (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) Art. 10 ;E ancora in merito all’effettività della tutela il divieto di discriminazione esso è sancito dall’articolo 13 della CEDU che garantisce la parità di trattamento nel godimento dei diritti riconosciuti nella Convenzione compresa l’età. Per non parlare che una simile decisione può dare origine addirittura ad una class action, essendoci poi una nuova legge sull’azione di classe in Italia prevista dal Ddl n. 844 recante “Disposizioni in materia di azione di classe”, approvato definitivamente dal Parlamento nell’aprile 2019, introduce una disciplina organica dell’azione di classe nel Libro IV, nuovo Titolo VIII-bis “Dei procedimenti collettivi” (artt. da 840-bis a 840-sexiesdecies) del Codice di Procedura Civile (Cpc). L’acquisto di valore giuridico vincolante e di rango di diritto primario della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che contiene un titolo appositamente dedicato all’Uguaglianza, ha consentito di rafforzare l’azione dell’Unione nella lotta contro le discriminazioni riconducendone il nucleo essenziale nell’ambito della tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. D’altro lato, l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, introdotta dal Trattato di Lisbona, oltre a porre delicate questioni sul piano giuridico-istituzionale, è in grado di influire sull’azione anti-discriminatoria dell’Unione e del Consiglio d’Europa.Organismi insieme alla Corte di Giustizia ai quali non mi parrebbe dignitoso né utile dover ricorrere in caso di assunzioni governative di provvedimenti discriminatori verso le e gli anziani italiani.
Alessandra Servidori 2 novembre www.ildiariodellavoro.it
Vecchi al ''confino''? La Costituzione (e il buon senso) lo vieta. Ecco perché non concordo con Pietro Ichino
Pietro Ichino NON sono totalmente d’accordo con te: l’idea di prevedere l’isolamento o comunque la separazione coatta agli anziani è demenziale sia sul piano pratico (a meno che non sia operato un TSO a tutti i milioni di italiani over), sia sul piano costituzionale: gli individui sono uguali senza distinzioni di «condizioni personali e sociali» (art. 3 Cost.), quindi anche di età. Questi barbari al Governo hanno già più volte massacrato la nostra Costituzione e servirebbe comunque una legge per limitare la libertà di circolazione «per motivi di sanità» (art. 16 Cost.), così come per imporre un trattamento sanitario preventivo – l’isolamento – a fini di tutela della salute (art. 32 Cost.).Le statistiche ahinoi!, hanno una vitalità breve e mutevole se vero è che secondo ISS il Covid circola ovunque anche se con entità diverse tra regione e regione. La mortalità è dell'11,8% ma si basa sui positivi di cui abbiamo certezza, sono maggiormente uomini, anziani con patologie gravi pregresse e tra le vittime, le donne sono solo il 30%. Si registrano meno decessi tra i 20 e i 29 anni ma stanno aumentando anche nei 50 enni.
Questa in sintesi l'analisi sulla situazione del virus in Italia che si modifica continuamente dall'Istituto Superiore di Sanità. E caro Pietro inoltre ravviso ampiamente principi antidiscriminatori violati e anticostituzionali. Le norme contro le discriminazioni oggi applicabili in Italia sono la provvisoria conclusione di un lungo processo storico tutt'ora in corso che si é sviluppato a partire dalla graduale integrazione internazionale e dall'affermarsi di principi universali che hanno trovato ingresso nei diversi ordinamenti con gradi diversi di incisività ed efficacia.
Ed è proprio una considerazione poi sovrana che supporta la mia contrarietà: il diritto antidiscriminatorio comunitario ha una lunga e potente storia a cominciare dalla (Convenzione europea dei diritti dell'Uomo-1950) La Convenzione é vincolante per gli stati ed é possibile per il privato attivare le tutele previste contro il proprio stato. Art. 14 “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.” Il trattato di Amsterdam (1997) Art. 13: “Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la religione, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali”.
La carta di Nizza del 2000 (Carta fondamentale dei diritti) Art. 21: “Non discriminazione 1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.Trattato di Lisbona - 2007 (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) Art. 10: “Nella definizione e nella attuazione delle sue politiche e azioni l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale”. E ancora in merito all’effettività della tutela il divieto di discriminazione è sancito dall’articolo 13 della CEDU che garantisce la parità di trattamento nel godimento dei diritti riconosciuti nella Convenzione. “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.
Dunque una simile decisione condivisa da Pietro Ichino può dare origine addirittura ad una class action, essendoci poi una nuova legge sull’azione di classe in Italia prevista dal Ddl n. 844 recante “Disposizioni in materia di azione di classe”, approvato definitivamente dal Parlamento nell’aprile 2019, introduce una disciplina organica dell’azione di classe nel Libro IV, nuovo Titolo VIII-bis “Dei procedimenti collettivi” (artt. da 840-bis a 840-sexiesdecies) del Codice di Procedura Civile (Cpc). Sono inoltre inserite alcune nuove disposizioni di dettaglio che disciplinano le comunicazioni a cura della cancelleria e gli avvisi in materia di azione di classe e l’elenco delle organizzazioni e associazioni legittimate all’azione di classe.Non tenendo conto poi che una simile scelta oltretutto avanzata dal comico Grillo a proposito dell’eliminare le persone anziane dal diritto di voto prima del diritto alla salute, rappresenta una deriva fatiscente dei valori che si presume ogni istituzione deve garantire ai suoi cittadini.
Altra considerazione se l’azione è proposta nei confronti dei gestori di pubblici servizi o di servizi di pubblica utilità come appunto il ssn o l’esercizio di voto, a tal fine il tribunale deve tenere conto di quanto eventualmente previsto dalle carte dei servizi e dunque se l’azione di classe viene accolta, il tribunale pronuncia una sentenza di condanna con la quale liquida le somme dovute a coloro che hanno aderito all’azione o stabilisce il criterio omogeneo per liquidarle assegnando alle parti un termine di massimo 90 giorni per addivenire a un accordo di liquidazione (decorso il quale provvede egli stesso alla liquidazione).Con danni erariali immensi. A proposito di contrapporre la salute all’economia.Di anziani e covid si è già da tempo cominciato a vaneggiare come varie fonti ci riportano (Life news) per esempio in Olanda dove pare gli anziani siano lasciati privi di cure intensive.Una forma di eutanasia avanza neanche tanto silenziosamente stando alle dichiarazioni di Toti, presupponendo che l’eutanasia ha origini naziste nel considerare il malato, l’anziano, il disabile, l’improduttivo (alla Toti) non più una persona di cui prendersi cura, ma un peso sociale, nient’altro che un costo dispendioso.
Si legga il libro della Senatrice Liliana Segre e si vergogni chi pensa che ai nostri anziani si debba imporre l’isolamento o come dice Ichino la separazione coatta in base a statistiche e medicina preventiva. Se poi vogliamo essere ancora più lucidi che dire sui nostri Italiani e Italiane più illuminati come Draghi, Cassese, Montalcini che non è più tra noi per vecchiaia, ma ha continuato fino a tardissima età a supportarci scientemente. Per non parlare delle donne medico e scienziate oggi sempre più presenti - rileva la Fnomceo, dove è necessario che anche i sistemi organizzativi ne tengano conto. Occorre, ad esempio, che si modifichino i contratti, introducendo modalità flessibili di impiego. Tra gli over 70 è ancora il numero di uomini cinque volte quello delle colleghe: 45.293, a fronte di 9.108 donne. Addirittura sei volte tra gli over 75, ma non tutti i medici uomini e donne vicini al pensionamento hanno scelto per nostra fortuna quota 100. Evviva Draghi che ha 73 anni!
Alessandra Servidori
Dalla parte delle ispettrici e ispettori del lavoro: politiche attive anche per loro
Di Alessandra Servidori | 30/10/2020 -
Blog
Oltre 6 mila ispettori tra Inail, lavoro e Inps combattono in prima linea il Covid. Ma ora hanno bisogno di aiuto. Il punto di Alessandra Servidori
Sono solo 6.046 in tutta Italia, più forse 1000 nel 2021 (dati di fine 2019 , senza le uscite avvenute recentemente dal lavoro per quota 100) suddivisi in ispettori del lavoro, dell’Inps, Inail. Nato nel 2017 per razionalizzare la galassia degli ispettori, divisi tra Inps, Inail e ministero, l’Inl Ispettorato nazionale Lavoro, doveva diventare l’agenzia unica per le ispezioni. Ha raccolto gli ispettori delle direzioni territoriali del lavoro e doveva servire da punto centrale di coordinamento per tutti gli ispettori di Inps e Inail.
Un ulteriore elemento di criticità, che ha anche determinato un’emorragia di personale ispettivo nel corso degli ultimi anni, è lo sbilanciamento fra professionalità richiesta e stipendio corrisposto: ad esempio, mediamente un ispettore del lavoro (ordinario o tecnico) percepisce una retribuzione mensile pari a 1.500-1.600 euro, cui si aggiunge un salario accessorio che può arrivare fino a 3,000 euro lordi annui.
Questo crea un notevole gap salariale con gli ispettori di vigilanza dell’Inps e dell’Inail, cui sono correttamente riconosciute dalla contrattazione integrativa un’indennità – in virtù delle responsabilità derivanti dall’attività svolta e un salario accessorio mediamente più alto, per maggiore disponibilità di fondi di Ente. Ma la strada è ancora lunga, se non bloccata.
Intanto le banche dati delle varie amministrazioni ancora non sono comunicanti. Continua a calare il numero degli ispettori perché in molti uffici, Quota 100 ha ridotto gli amministrativi, così chi deve controllare sul territorio, resta invece in ufficio a coprire i buchi. E la lotta al Covid ha comportato e comporta tutt’ora per gli ispettori del lavoro,un surplus di lavoro convulso dato dall’esiguo numero di persone,dal rincorrere dei decreti circolari e note esplicative e dall’assegnazione di nuove competenze in materia di verifiche Covid 19 pur non volendo gravare sulle aziende in un momento di crisi così particolare dovuta alla forzata chiusura delle attività. Una Direttiva di secondo livello 2020 che fornisce indicazioni e obiettivi agli ispettori del territorio è aggiornata continuamente dal Ministero del lavoro con attività di prevenzione promozione della sicurezza e legalità e la centralità delle lavoratrici e lavoratori ai quali va assicurata priorità di intervento.
Le attività delle ispettrici e degli ispettori si è straordinariamente intensificata sia per le tutele per la salute sia per le attività di accertamento e di verifica amministrativa contabile relativa ai macro settori: agricoltura, costruzioni, logistica trasporto, attività manifatturiere, commercio all’ingrosso e dettaglio, noleggio agenzie di viaggio servizi di supporto alle imprese, servizi alle imprese.
n buona sostanza la prevenzione, l’irregolarità e il contrasto al lavoro nero, le frodi relative alle misure di sostegno al reddito ecc : un lavoro intensissimo anche e sopratutto sull’uso degli ammortizzatori sociali modificati che stanno comportando controlli sul corretto utilizzo per contrastare atteggiamenti fraudolenti delle risorse pubbliche; e contemporaneamente controllare poi la riscossione veritiera dei nuovi premi in vigore dal gennaio 2019 per la verifica del rischio con relazioni dettagliate delle ispezioni compiute. Inimmaginabile che con il numero esiguo di ispettori e ispettrici si possa controllare le segnalazioni di intervento nei settori che non hanno subito interruzioni di attività,delle aziende operanti in deroga alle misure ristrettive per il covid, alle domande per presentare e usufruire della cig con effetto addirittura retroattivo, delle assunzioni e trasformazioni e riqualificazioni dei rapporti di lavoro,dei lavoratori e lavoratrici in smart working,della comunicazione delle aziende per la ripresa di attività.
A questo lavoro enorme si aggiunge l’indicatore delle tutele contributive, le conciliazione monocratiche le diffide accertative, la tempestività dei servizi urgenti all’utenza e ovviamente le informazioni, la prevenzione e la promozione. Le linee di indirizzo prevedono un presidio sul territorio costante continuo incessante di relazioni comuni con le istituzioni e le parti sociali e di intervento operativo scritto sulla carta ma impossibile da effettuare concretamente per la quantità di adempimenti richiesti a queste donne uomini garanti della regolarità del lavoro e soprattutto si chiede di ottemperare loro agli indicatori delle performance operativa per il processo di servizi all’utenza e alla vigilanza.
A distanza di tre anni dalla nascita dell’Inl, quindi, restano ancora moltissimi nodi da sciogliere e tante (troppe) questioni aperte. L’idea di fondo che ha portato alla creazione dell’Inl si muove su due direttrici, entrambe rimaste lettera morta: la semplificazione e la razionalizzazione delle attività di vigilanza, che dovrebbero passare non solo dalla creazione di un nuovo Ente preposto ma anche – o forse anzitutto – da una riscrittura delle norme in materia, così da arrivare auspicabilmente a un avvicinamento delle procedure, se proprio non è possibile una loro omogeneizzazione; la creazione di una rete che veda più soggetti coinvolti sotto un’unica regia – in linea con quanto accade nei Paesi europei più avanzati, in cui non esiste l’italiana frammentazione di competenze –, così da avere un’orchestra in cui ognuno suoni la propria parte di spartito, ma tutti siano diretti da un unico direttore d’orchestra. In situazione pandemica che non è più solo emergenza Covid queste lavoratrici e lavoratori vanno sostenuti con nuove assunzioni e politiche attive.
Dalla parte delle ispettrici e ispettori del lavoro: politiche attive anche per loro
Di Alessandra Servidori | 30/10/2020 -
Blog
Oltre 6 mila ispettori tra Inail, lavoro e Inps combattono in prima linea il Covid. Ma ora hanno bisogno di aiuto. Il punto di Alessandra Servidori
Sono solo 6.046 in tutta Italia, più forse 1000 nel 2021 (dati di fine 2019 , senza le uscite avvenute recentemente dal lavoro per quota 100) suddivisi in ispettori del lavoro, dell’Inps, Inail. Nato nel 2017 per razionalizzare la galassia degli ispettori, divisi tra Inps, Inail e ministero, l’Inl Ispettorato nazionale Lavoro, doveva diventare l’agenzia unica per le ispezioni. Ha raccolto gli ispettori delle direzioni territoriali del lavoro e doveva servire da punto centrale di coordinamento per tutti gli ispettori di Inps e Inail.
Un ulteriore elemento di criticità, che ha anche determinato un’emorragia di personale ispettivo nel corso degli ultimi anni, è lo sbilanciamento fra professionalità richiesta e stipendio corrisposto: ad esempio, mediamente un ispettore del lavoro (ordinario o tecnico) percepisce una retribuzione mensile pari a 1.500-1.600 euro, cui si aggiunge un salario accessorio che può arrivare fino a 3,000 euro lordi annui.
Questo crea un notevole gap salariale con gli ispettori di vigilanza dell’Inps e dell’Inail, cui sono correttamente riconosciute dalla contrattazione integrativa un’indennità – in virtù delle responsabilità derivanti dall’attività svolta e un salario accessorio mediamente più alto, per maggiore disponibilità di fondi di Ente. Ma la strada è ancora lunga, se non bloccata.
Intanto le banche dati delle varie amministrazioni ancora non sono comunicanti. Continua a calare il numero degli ispettori perché in molti uffici, Quota 100 ha ridotto gli amministrativi, così chi deve controllare sul territorio, resta invece in ufficio a coprire i buchi. E la lotta al Covid ha comportato e comporta tutt’ora per gli ispettori del lavoro,un surplus di lavoro convulso dato dall’esiguo numero di persone,dal rincorrere dei decreti circolari e note esplicative e dall’assegnazione di nuove competenze in materia di verifiche Covid 19 pur non volendo gravare sulle aziende in un momento di crisi così particolare dovuta alla forzata chiusura delle attività. Una Direttiva di secondo livello 2020 che fornisce indicazioni e obiettivi agli ispettori del territorio è aggiornata continuamente dal Ministero del lavoro con attività di prevenzione promozione della sicurezza e legalità e la centralità delle lavoratrici e lavoratori ai quali va assicurata priorità di intervento.
Le attività delle ispettrici e degli ispettori si è straordinariamente intensificata sia per le tutele per la salute sia per le attività di accertamento e di verifica amministrativa contabile relativa ai macro settori: agricoltura, costruzioni, logistica trasporto, attività manifatturiere, commercio all’ingrosso e dettaglio, noleggio agenzie di viaggio servizi di supporto alle imprese, servizi alle imprese.
n buona sostanza la prevenzione, l’irregolarità e il contrasto al lavoro nero, le frodi relative alle misure di sostegno al reddito ecc : un lavoro intensissimo anche e sopratutto sull’uso degli ammortizzatori sociali modificati che stanno comportando controlli sul corretto utilizzo per contrastare atteggiamenti fraudolenti delle risorse pubbliche; e contemporaneamente controllare poi la riscossione veritiera dei nuovi premi in vigore dal gennaio 2019 per la verifica del rischio con relazioni dettagliate delle ispezioni compiute. Inimmaginabile che con il numero esiguo di ispettori e ispettrici si possa controllare le segnalazioni di intervento nei settori che non hanno subito interruzioni di attività,delle aziende operanti in deroga alle misure ristrettive per il covid, alle domande per presentare e usufruire della cig con effetto addirittura retroattivo, delle assunzioni e trasformazioni e riqualificazioni dei rapporti di lavoro,dei lavoratori e lavoratrici in smart working,della comunicazione delle aziende per la ripresa di attività.
A questo lavoro enorme si aggiunge l’indicatore delle tutele contributive, le conciliazione monocratiche le diffide accertative, la tempestività dei servizi urgenti all’utenza e ovviamente le informazioni, la prevenzione e la promozione. Le linee di indirizzo prevedono un presidio sul territorio costante continuo incessante di relazioni comuni con le istituzioni e le parti sociali e di intervento operativo scritto sulla carta ma impossibile da effettuare concretamente per la quantità di adempimenti richiesti a queste donne uomini garanti della regolarità del lavoro e soprattutto si chiede di ottemperare loro agli indicatori delle performance operativa per il processo di servizi all’utenza e alla vigilanza.
A distanza di tre anni dalla nascita dell’Inl, quindi, restano ancora moltissimi nodi da sciogliere e tante (troppe) questioni aperte. L’idea di fondo che ha portato alla creazione dell’Inl si muove su due direttrici, entrambe rimaste lettera morta: la semplificazione e la razionalizzazione delle attività di vigilanza, che dovrebbero passare non solo dalla creazione di un nuovo Ente preposto ma anche – o forse anzitutto – da una riscrittura delle norme in materia, così da arrivare auspicabilmente a un avvicinamento delle procedure, se proprio non è possibile una loro omogeneizzazione; la creazione di una rete che veda più soggetti coinvolti sotto un’unica regia – in linea con quanto accade nei Paesi europei più avanzati, in cui non esiste l’italiana frammentazione di competenze –, così da avere un’orchestra in cui ognuno suoni la propria parte di spartito, ma tutti siano diretti da un unico direttore d’orchestra. In situazione pandemica che non è più solo emergenza Covid queste lavoratrici e lavoratori vanno sostenuti con nuove assunzioni e politiche attive.
post di Alessandra Servidori START MAG 28 Ottobre 2020
In tutta Europa in ottobre si svolge la campagna di prevenzione del cancro che è una delle principali priorità della Commissione europea nel settore della salute. Nei suoi orientamenti politici la presidente Von der Leyen fa riferimento a “un piano europeo di lotta contro il cancro, per aiutare gli Stati membri a combatterlo più efficacemente e a migliorare le cure” per ridurre le sofferenze causate da questa malattia e per far sì che l’Europa assuma un ruolo guida nella lotta contro il cancro.
La commissaria per la salute Stella Kyriakides ha sottolineato i quattro pilastri del piano europeo di lotta contro il cancro: prevenzione, diagnosi precoce, cura e assistenza di follow-up. Il piano europeo di lotta contro il cancro sarà collegato ad altre priorità della nuova commissione e ha il sostegno dei deputati al Parlamento europeo, degli Stati membri e delle parti interessate che collaborano con la commissione per migliorare la prevenzione e la cura del cancro in Europa.
In questi giorni su iniziativa della commissione per i diritti e l’uguaglianza (Femm) si sta svolgendo la settimana dedicata alla salute di genere e la problematica della prevenzione e cura delle patologie oncologiche è stata al centro di una comunicazione programmatica particolare. Lo scorso febbraio la commissione Ue ha avviato una consultazione per novellare un Piano europeo di lotta ed essendo una delle missioni europee di ricerca e innovazione dal 2021 rientrerà nel quadro Orizzonte Europa.
Da decenni la commissione europea si occupa di cancro assieme agli Stati membri dell’Ue e alla società civile, in stretta collaborazione con l’Oms, il Centro Comune di ricerca, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Il cancro è la seconda causa di mortalità nei paesi dell’Ue dopo le malattie cardiovascolari, tuttavia, il 40% dei tumori può essere prevenuto mettendo in pratica quanto già sappiamo. Si tratta anche di una delle numerose malattie non trasmissibili che condividono fattori di rischio comuni e la cui prevenzione e controllo andrebbero a beneficio della maggior parte dei cittadini.
Secondo le relazioni sullo Stato della salute nell’Ue, il cancro è riconosciuto come una delle principali cause di decesso prematuro nell’Ue. Incide non solo sulla salute individuale, ma anche sui sistemi sanitari e sociali nazionali, sui bilanci governativi, sulla produttività e sulla crescita dell’economia, compresa una forza lavoro sana.
Per il 2020 la Fondazione Aiom — nata per collegare il mondo dell’oncologia con i pazienti e per mettere a loro disposizione i risultati della ricerca — stima che in Italia siano stati diagnosticati circa 377.000 nuovi casi di tumori maligni (esclusi i carcinomi della cute non melanomi): 195.000 negli uomini e 182.000 nelle donne. Un numero assoluto in aumento, a causa dell’invecchiamento della popolazione italiana. Anche per il 2020 il tumore più frequentemente diagnosticato è il carcinoma mammario (54.976, pari al 14,6% di tutte le nuove diagnosi di tumore) seguito dal carcinoma del colon-retto, polmone, prostata e vescica. Negli uomini il carcinoma della prostata è ancora la neoplasia più frequentemente diagnosticata e nelle donne il carcinoma mammario.
In termini di numeri assoluti si nota, rispetto al 2019, un aumento delle nuove diagnosi di melanoma e di carcinoma del pancreas in entrambi i sessi. Tra le donne, continua ad aumentare il carcinoma polmonare (conseguenza dell’aumentata abitudine al fumo) e il carcinoma mammario (conseguenza dell’estensione della fascia d’età sottoposta a screening in alcune regioni italiane e di una aumentata consapevolezza delle donne nel caso di formazioni sospette mammarie). I tassi di incidenza standardizzati evidenziano tuttavia nel periodo 2008-2016 una riduzione di incidenza in entrambi i sessi del tumore dello stomaco, del fegato (grazie anche alla vaccinazione antiepatite B e alle terapie antiepatite C), del colon-retto (conseguenza dell’implementazione dello screening). Negli uomini sono in riduzione i tassi di incidenza del tumore del polmone (anche per le campagne di prevenzione antifumo), del carcinoma prostatico (minor ricorso al PSA come test di screening). Nelle donne sono in aumento invece i tassi di incidenza del cancro polmonare. In aumento in entrambi i generi i tassi di incidenza standardizzati per il melanoma.
Questi andamenti dei tassi di incidenza riflettono le abitudini dei cittadini italiani nei decenni passati e le loro variazioni. Ma l’analisi degli andamenti dei tassi di incidenza è estremamente importante per poter comprendere anche gli effetti degli interventi sanitari intrapresi nel passato e poter identificare quelli necessari per il futuro. Un altro dato importante è quello relativo alla riduzione dei tassi di mortalità stimati per il 2020 rispetto al 2015: sono in diminuzione sia negli uomini (-6%) che nelle donne (-4,2%), legati ai progressi ottenuti in ambito diagnostico-terapeutico.
Inoltre, si registra una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi del 63% nelle donne (in cui il tumore più frequente è quello mammario, mediamente a buona prognosi) e del 54% negli uomini: ottimi risultati anche quando paragonati a quelli di altri Paesi europei. E continuano ad aumentare i prevalenti, cioè le persone che vivono dopo aver avuto una diagnosi di tumore: nel 2020 si stima siano oltre 3 milioni e 600.000 (aumento del 3% annuo), un terzo dei quali può essere considerato guarito.
Alessandra Servidori ILDIARIODELLAVORO 27 ottobre 2020
Il parlamento europeo per l'eguaglianza di genere, prima iniziativa Ue contro il cancro
Su iniziativa della commissione FEMM, il Parlamento europeo ha organizzato la sua prima settimana europea sull'uguaglianza di genere durante l'ultima settimana di ottobre 2020 dal 26 al 29. Il 2020 è un anno speciale, che segna il 25° anniversario della Dichiarazione e della Piattaforma d'azione di Pechino. Questo importante traguardo offre un'eccellente opportunità per discutere i risultati e le sfide future per il progresso dei diritti delle ragazze e delle donne e dell'uguaglianza di genere. La Settimana europea sull'uguaglianza di genere, fornisce un contributo tanto necessario alla lunga battaglia per l'emancipazione delle donne e l'uguaglianza di genere, nonché maggiore visibilità e riconoscimento per l'integrazione della dimensione di genere in tutte le aree politiche. La maggior parte delle commissioni che prendono parte alla Settimana sull'uguaglianza di genere hanno organizzato eventi, mentre alcune altre esamineranno gli aspetti dell'integrazione della dimensione di genere nei loro settori di competenza entro la fine dell'anno. La commissione speciale per battere il cancro del Parlamento europeo (BECA), in associazione con la commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (FEMM),ha organizzato un'audizione su "Battere il cancro al seno: sfide e opportunità" oggi martedì 27 ottobre 2020 dalle 13.45 alle 14.30, con partecipazione a distanza. L'audizione è stata organizzata nel contesto del mese di ottobre sulla consapevolezza del cancro al seno .Questo evento ha rappresentato un'opportunità per ascoltare i contributi degli esperti della dott.ssa Isabel T. Rubio, presidente, European Society of Breast Cancer Specialists - EUSOMA e di Jürgen Vanpraet, amministratore delegato, Think Pink Europe sullo stato di avanzamento della malattia in materia di ricerca, prevenzione, individuazione, conoscenza e competenza condivise, parità di accesso alle cure e supporto a pazienti e operatori sanitari. L'UE in prima linea per lo sviluppo di trattamenti all’avanguardia. La lotta contro il cancro al seno rappresenta una priorità nell'ambito delle politiche europee e degli investimenti in ricerca. Con l'obiettivo e l'impegno di mettere le pazienti al centro del processo di cura, l'UE ha promosso in tutta Europa la nascita di Breast Unit, ossia centri specializzati in tutti gli aspetti del cancro al seno, dalla diagnosi fino al trattamento e alla ricostruzione. Inoltre, l’Iniziativa della Commissione europea sul cancro al seno (European Commission Initiative on Breast Cancer - ECIBC), guidata dal Centro Comune di Ricerca, con sede a Ispra (Varese), ha sviluppato anche aggiornandole nuove linee guida e raccomandazioni per garantire qualità e uniformità delle cure in tutta Europa. Queste attività di cooperazione dimostrano il ruolo guida dell’UE nella lotta contro il cancro al seno e l'importanza di un'azione coordinata per la salute di tutti i cittadini europei. Il Centro Comune di Ricerca dell’Unione europea, in prima linea nella lotta contro il cancro al seno, coordina i lavori dell'Iniziativa della Commissione europea sul cancro al seno, progetto di ampio respiro che coinvolge 35 paesi (gli stati membri dell’UE più Islanda, Macedonia, Montenegro, Norvegia, Serbia, Svizzera e Turchia). Orientata ai bisogni delle pazienti, l’iniziativa mira, attraverso la raccolta di dati e pareri scientifici, allo sviluppo di uno schema europeo per assicurare la qualità delle terapie per il cancro al seno lungo tutto il processo di screening e trattamento. L’obiettivo di questa iniziativa è migliorare la qualità delle cure e ridurre le disuguaglianze. Ogni donna deve ricevere le stesse cure di qualità in tutta l’Europa, e l'ECIBC sta sviluppando linee guida a livello europeo per specialisti medici, pazienti e legislatori che includeranno circa 90 “best practice” e raccomandazioni su questioni pratiche come pianificare ed eseguire programmi di screening, o quali tecniche di biopsia e analisi dei tessuti adoperare per ciascuna paziente. Questo dovrebbe migliorare universalmente la qualità del trattamento e fornire un nuovo punto di riferimento per i professionisti. L'ECIBC ha anche stabilito i requisiti di formazione per gli operatori sanitari coinvolti nel processo, come radiografi o radiologi. Le linee guida messe a disposizione di tutti i medici e le strutture dei paesi aderenti, che già oggi hanno accesso a un sito internet completo e sempre aggiornato con informazioni, studi e analisi. La nascita di centri specializzati in grado di fornire un’assistenza a 360 gradi nella cura del cancro al seno ha portato a un aumento della sopravvivenza del 18% a cinque anni, rispetto alle altre strutture di cura.I dati sono confermati da uno studio che ha analizzato l’effetto della creazione di strutture multidisciplinari, come le Breast Unit, sulle prospettive di sopravvivenza delle pazienti. Lo studio, pubblicato dal BMJ (British Medical Journal) nel 2012, è stato condotto sul periodo 1995-2000. Già nel 2006 l'UE ha avviato un programma a lungo termine per concentrare la cura del cancro al seno nelle Breast Unit in tutta Europa, stabilendo un sistema di certificazione di qualità per lo screening e le strutture specializzate. Questo impegno è culminato in diverse iniziative e progetti grazie ai quali oggi le pazienti possono accedere a centri senologici all’avanguardia e certificati.Il tumore al seno è la neoplasia più diffusa nel genere femminile, colpisce una donna su nove nell’arco della vita, con circa 53.000 nuove diagnosi in Italia solo nel 2019. Ma grazie ai costanti progressi della ricerca, la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è aumentata fino all’87%. Tuttavia c’è ancora molto da fare per raggiungere il pieno obiettivo: curare tutte le donne. Siamo anche noi donne a doverlo completare, ricorrendo alla prevenzione, informandoci e diffondendo l conoscenza di questa malattia alle altre donne, giovani e anziane.Oggi è possibile avere diagnosi sempre più precoci, accurate e accessibili sempre a più donne, trattamenti più mirati, efficaci e tollerabili. Molte pazienti tuttavia aspettano risposte specifiche per le forme più aggressive che non rispondono alle terapie oggi disponibili, come accade per il tumore al seno triplo negativo, che colpisce soprattutto in giovane età, e per il carcinoma mammario metastatico, che riguarda circa 36.000 donne in Italia. AIRC negli ultimi cinque anni ha messo a disposizione molte risorse per un progetto quinquennale che ha avviato a inizio 2020 punta ad approfondire le conoscenze su alcuni marcatori molecolari. Questi vengono utilizzati per capire in anticipo quali pazienti con tumore del seno metastatico in fase attiva trarranno benefici dalla terapia ormonale in associazione a farmaci a bersaglio molecolare e quali mostreranno invece resistenza alle cure. Oggi per queste pazienti sono disponibili vari farmaci a bersaglio molecolare, e altri sono in fase avanzata di sviluppo, per cui sarà sempre più importante mettere a punto dei test per guidare la scelta del composto più adatto a ciascuna paziente. Cominciare la terapia con il farmaco giusto sarà sempre più importante. Già nel 1987 ,novellato e aggiornato in raccomandazioni poi nel 2018 la Ue ha promosso il Codice etico contro il cancro che consistenti in 12 regole raccolte, su iniziativa della Commissione europea, per informare i cittadini sulle azioni che ciascuno può intraprendere nella propria vita quotidiana per diminuire il rischio di sviluppare un tumore. Queste norme possono influenzare sia la vita di chi le mette in atto sia quella di chi gli sta vicino: si stima che il 30 per cento dei tumori in Europa potrebbe essere evitato se tutti seguissero i comportamenti suggeriti dal Codice.Di seguito:
1) Non fumare Il Tabacco è la principale causa di decessi e malattie prevenibili nel mondo, nonché la prima causa di tumore maligno. 2) Libera la tua casa e l’ambiente dove lavori dal fumo. Il fumo di tabacco è cancerogeno anche per chi lo inala in maniera passiva. Organizzazione Mondiale della Sanità. 3) Mantieni il peso nella norma. 4) Svolgi attività fisica ogni giorno e limita il tempo che trascorri seduto. 5) Segui una dieta sana. 6) Se bevi alcolici, limitane l'assunzione. Per prevenire il cancro è meglio evitarli del tutto. 7) Evita un'eccessiva esposizione al sole, soprattutto per i bambini, e utilizza le protezioni solari. Non usare lettini abbronzanti. 8) Osserva le istruzioni in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro per proteggerti dall'esposizione ad agenti cancerogeni noti. 9) Accerta di non essere esposto a concentrazioni naturalmente elevate di radon presenti in casa e fai in modo di ridurne i livelli. 10) Per le donne: l'allattamento al seno riduce il rischio di cancro per la madre. Se puoi, allatta il tuo bambino. 11) Assicurati che i tuoi figli partecipino ai programmi di vaccinazione, in particolare contro l'epatite B e, per le femmine, contro il papillomavirus umano. 12) Partecipa ai programmi organizzati di screening per il cancro dell'intestino, del seno e del collo dell'utero.
Alessandra Servidori
GOVERNO MISOGINO .
ALESSANDRA SERVIDORI
Una pandemia femminile ammorba l'Italia e la situazione per le italiane è drammatica. Oggi 21 Ottobre 2020 più che mai
In Italia il reddito medio delle donne è il 59,5% di quello degli uomini
Secondo lʼEu Gender Equality Index, il Belpaese si conferma ultimo nellʼUnione europea per quanto riguarda il mondo del lavoro al femmini.E la diversità dei redditi si riflette anche nel gettito fiscale, con una minore aliquota media per le donne. I dati emergono dalla relazione sul Bilancio di Genere del Ministero dell'economia.Dunque
talia fanalino di coda - Pur avendo registrato complessivamente i maggiori progressi nel periodo 2005-2017 per contrastare il gander gap, secondo l'Eu Gender Equality Index, l'Italia si conferma ultima in Unione europea per quanto riguarda il mondo del lavoroTasso di occupazione femminile - Secondo i dati raccolti nella relazione, il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2019 si attesta al 50,1% e registra una distanza di 17,9 punti percentuali da quello maschile, con divari territoriali molto ampi. Nello specifico, a Nord il tasso di occupazione delle donne è pari al 60,4%, mentre nel Mezzogiorno si attesta al 33,2%.
Mancata partecipazione al mondo del lavoro - Questo quadro è confermato dal tasso di mancata partecipazione al lavoro che raggiunge livelli più elevati (33%) per le donne più giovani e livelli più bassi (19,2%) per la fascia d'eta 45-54 anni, con notevoli divari territoriali e di genere. Dal 41,5% per le donne nel Mezzogiorno (contro 28,8% per gli uomini), si passa al 17,5% per le donne al Centro (contro 12,3% per gli uomini) e al 12,7% per le donne al Nord (contro il 7,9% per gli uomini).
Qualità del lavoro - Sul fronte della qualità del lavoro, appare in crescita la percentuale di donne che hanno un'occupazione part-time (32,9% nel 2019), involontariamente nel 60,8% dei casi. Le donne, inoltre, si laureano molto più rispetto agli uomini, con un divario di 12,2 punti percentuali, e più di una donna su quattro (26,5%) risulta sovraistruita rispetto al proprio impiego. Sempre guardando al mondo femminile, è particolarmente alta l'incidenza di lavori dipendenti con bassa paga (11,5% contro 7,9% per gli uomini).
Queste evidenze sulle disuguaglianze di genere nei redditi, quando non derivanti da vere e proprie discriminazioni sul mercato del lavoro a scapito delle donne, sono in larga parte il riflesso della 'specializzazione' di genere tra lavoro retribuito e non, in virtù della quale le donne più frequentemente accettano retribuzioni inferiori a fronte di vantaggi in termini di flessibilità a orari.
Famiglia e lavoro - Se si considera poi la partecipazione al mondo del lavoro della fascia d'eta 25-49 anni, si rileva un forte gap occupazionale (74,3) tra le donne con figli in età prescolare e quelle senza. Questo dimostra la difficoltà di conciliare vita lavorativa.
Molto allarmanti sono anche i dati dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro sulle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, che, oltre ad un continuo aumento dal 2011, ci segnalano anche per il 2019, un fortissimo divario di genere: le dimissioni volontarie coinvolgono le madri nel 73% dei casi Si tratta per lo più di giovani con poca anzianità di lavoro, occupate prevalentemente nel terziario, con qualifiche basse
Sostegno alle madri - Questo problema è legato anche al fatto che la percentuale di bambini con meno di tre anni presi in carico da parte di asili nido pubblici raggiunge solo il 12,5% nel 2017. Ancora più bassa è quella relativa ai servizi integrativi per la prima infanzia (1%). Sul fronte dei congedi parentali, sebbene sia in aumento il numero dei padre che ne usufruiscono (63,3mila nel 2019) è ancora significativamente inferiore al numero delle madri (233,6mila).
Dunque Conte e il suo governo si limitano a dare da luglio un assegno destinato all'80% delle famiglie con figli che vedremo sarà molto esiguo. Non interviene sui servizi come i nidi,né sui congedi per assistenza familiari,né sull 'estensione dei fondi bilaterali per congedi parentali e si limita a riproporre opzione donna per la pensione( 35 anni di contributi e 58 anni di età), Governo misogino
Alessandra Servidori https://www.startmag.it/blog/dispersione-e-abbandono-scolastico-cosa-succede-in-italia/
Abbandono e dispersione scolastica nella UE : in Italia banchi a rotelle per contrastarli ? E la povertà educativa vola
Nel 2019, la quota di coloro che abbandonano prematuramente l'istruzione e la formazione nell'UE era del 10,2%. In altre parole, un individuo su dieci di età compresa tra i 18 ei 24 anni con al massimo un livello di istruzione secondaria inferiore secondo ISCED (è la classificazione internazionale di riferimento per l'organizzazione dei programmi educativi e delle relative qualifiche per livelli e ambiti. ) non è stato impegnato in alcuna ulteriore istruzione e formazione nelle quattro settimane precedenti l'indagine. L'obiettivo di Europa 2020 è quello di ridurre i tassi di abbandono scolastico nell'UE al di sotto del 10% entro il 2020. Nel 2019, questa quota era già inferiore al 10% nella maggior parte delle regioni e secondo il metodo della NOMENCLATURA DELLE UNITÀ TERRITORIALI PER LA STATISTICA (NUTS)con alcune delle quote più basse concentrate nell'Europa orientale e nelle regioni della capitale. Tra le regioni dell'UE, la percentuale più bassa di giovani che abbandonano prematuramente l'istruzione e la formazione (1,7%) è stata registrata nella regione costiera / insulare di Jadranska Hrvatska (Croazia). C'erano altre tre regioni in cui non più di 1 giovane su 50 ha abbandonato prematuramente: le regioni della capitale della Repubblica Ceca e della Lituania - Praga e Sostinės regionas (entrambe 1,9%) - e la regione greca di Kentriki Makedonia (2,0%).Le quote regionali più elevate di giovani che abbandonano prematuramente l'istruzione e la formazione erano spesso concentrate nelle regioni insulari e / o periferiche dell'UE, dove è probabile che una percentuale sproporzionatamente elevata di studenti debba lasciare la casa se desidera seguire un particolare corso di istruzione terziaria o programma, lasciando dietro di sé una maggiore concentrazione di abbandoni precoci.Anche la quota di coloro che abbandonano prematuramente l'istruzione e la formazione è stata relativamente elevata nella maggior parte dell'Europa meridionale e nella maggior parte della Bulgaria e della Romania. La regione bulgara sudorientale di Yugoiztochen ha registrato la quota più elevata di abbandoni precoci, con il 27,2% nel 2019.Sebbene la percentuale di coloro che abbandonano prematuramente l'istruzione e la formazione fosse relativamente bassa negli Stati membri dell'UE occidentali, i loro ex centri industriali spesso registravano quote più elevate, ad esempio: Provincia di Liegi (Belgio) o Nord-Pas de Calais (Francia). L’abbandono scolastico in Italia è uno dei temi più importanti da monitorare per il contrasto alla povertà educativa. E’ frequente che sia chi viene da una famiglia più povera a lasciare gli studi prima del tempo. Il paradosso è che per quanto si tratti di un tema così cruciale per la nostra società, è anche molto difficile darne una misurazione esatta. Dispersione e abbandono scolastico sono fenomeni che comprendono situazioni molteplici, su cui non sempre esistono dati. Solo per fare alcuni esempi, rientrano nelle casistiche della dispersione tanto l’interruzione del percorso di studi quanto l’evasione dell’obbligo di frequenza. Ma comprende anche situazioni più sfuggenti alle statistiche, come l’aver ottenuto un titolo di studio che non corrisponde affatto alle reali competenze acquisite. Ci sono diversi indicatori che provano ad offrire una misura del fenomeno nella sua complessità. La scelta metodologica adottata a livello europeo consiste nel misurare la percentuale di persone tra 18 e 24 anni senza diploma superiore, non inseriti in alcun percorso di studio o formaziA fronte di una media italiana del 14% di giovani in uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, 5 regioni –Sardegna Sicilia Puglia Calabria Campania-superano questa percentuale, mentre le altre si trovano al di sotto della media italiana. Il dato permette anche di misurare la distanza o l'avvicinamento all'obiettivo del 10% stabilito dall'Ue. one. Un indicatore utile, perché consente confronti tra gli stati europei, le regioni e le realtà locali. o le 3 regioni con più giovani tra 18 e 24 anni senza il diploma e fuori da percorsi di istruzione e formazione sono le stesse che presentano la maggiore dispersione tra il primo e l'ultimo anno delle superiori. Si tratta di Sardegna (21,2% di abbandoni, 33% di dispersioni tra primo e ultimo anno), Sicilia (20,9%, 28,3%) e Campania (19,1%, 29,2%). Mentre si registrano valori difformi per alcune regioni del nord, come la Lombardia, dove a una quota di abbandoni non eccessiva rispetto al resto del paese (12%) corrisponde un tasso di dispersione di oltre un punto sopra la media (25,8%). O dell'Italia centro-settentrionale, come Toscana e Emilia Romagna, dove i due dati segnalano tendenze in apparenza opposte. Le ragioni di questi scostamenti dipendono da come sono costruiti gli indicatori. Quello sull'abbandono include la possibilità che i ragazzi usciti da scuola abbiano comunque ottenuto una qualifica professionale (della durata di almeno due anni). Oppure che abbiano proseguito gli studi in scuole non statali. Aspetti che purtroppo non è possibile monitorare con i dati a disposizione sulla dispersione, per mancanza di dati. Il dato sulla dispersione ha però il merito di segnalare quanto possono incidere interruzioni e cambi sul percorso di studi inizialmente scelto. A livello Ue si sono ha individuate tre possibili azioni La prevenzione dell’abbandono scolastico include quelle iniziative che riguardano il miglioramento dell’insegnamento e della cura già nella prima infanzia e successivamente l’orientamento scolastico e professionale.Le politiche di molti Paesi europei infatti prevedono investimenti consistenti nei sistemi di orientamento scolastico e professionale, per rivedere e ampliare i servizi al fine di consentire agli studenti una maggiore comprensione delle proprie attitudini, così da poter effettuare scelte consapevoli rispetto alle prospettive di formazione o di impiego. Nelle misure preventive rientrano anche le iniziative rivolte alla prima infanzia, come ad esempio la frequenza obbligatoria a partire dai tre anni, come in Ungheria, o i piani di istruzione prescolastica come in Finlandia.Altre politiche di prevenzione si basano sull’aumento della flessibilità – nelle tempistiche della didattica e nei piani didattici – e sulla permeabilità dei percorsi educativi, sull’introduzione di misure di discriminazione positiva– cioè la disparità di trattamento in favore di chi appartiene a una minoranza o a una categoria debole – per determinati gruppi e sull’offerta di attività extracurriculari. Le misure di intervento per contrastare l’abbandono scolastico si focalizzano perlopiù sul sostegno individuale agli studenti più svantaggiati. È stato dimostrato per esempio che l’offerta di sostegno linguistico agli studenti di origine straniera diminuisce il rischio di abbandono tra gli ultimi arrivati.Si è rivelato molto utile anche il coinvolgimento diretto dei genitori.In molti Paesi sono state introdotte delle misure per monitorare l’assenteismo dei ragazzi e nelle scuole sono state inserite figure professionali specializzate nel sostenere gli studenti negli aspetti relativi alla salute e al benessere psicologico. Le misure di compensazione per ridurre l’abbandono scolastico mirano a riportare all’interno di percorsi di istruzione e formazione coloro che li hanno abbandonati precocemente, con l’obiettivo di far acquisire loro competenze fondamentali e completare l’istruzione di base.Vi sono Paesi che offrono percorsi alternativi, attraverso l’istruzione della seconda opportunità.In Romania, per esempio, questi percorsi vengono promossi soprattutto nelle zone rurali e in aree con ampia presenza di popolazione rom, proponendo formazione professionale, attività extracurriculari e sostegno psicopedagogico.I problemi della pandemia sicuramente stanno aggravando questa situazione,ma le indicazioni della Ue sono di investire le risorse sulle strategie per contrastare questo fenomeno sapendo che i 6,1 MLD per SCUOLA, UNIVERSITA', DIRITTO STUDIO nell’ultima manovra, sono un’offesa al buonsenso.Si finanzia con 1,2 miliardi di euro a regime l'assunzione di 25.000 insegnanti di sostegno e sono stanziati 1,5 miliardi di euro per l'edilizia scolastica; è' previsto un contributo molto basso di 500 milioni di euro l'anno per il diritto allo studio, 500 milioni di euro l'anno per il settore universitario. Così è difficile contrastare seriamente la povertà educativa , si potevano risparmiare le risorse usate per i banchi a rotelle e utilizzare i banchi che già esistevano invece di mandarli al macero come abbiamo dovuto vedere in immagini che gridavano vendetta allo spreco.
Alessandra Servidorihttps://www.ilsussidiario.net/news/occupazione-femminile-i-consigli-a-conte-per-passare-dalle-parole-ai-fatti/2081991/
Bene Presidente Conte : aspettiamo i fatti per l’occupazione femminile.
Il Presidente del Consiglio Conte ha annunciato che sono pronti i provvedimenti per intervenire sull’occupazione femminile. Vogliamo nero su bianco, risorse dedicate, e soprattutto i decreti attuativi perché di annunci non ce ne facciamo niente e delle promesse neanche. Da parecchio tempo abbiamo inviato i nostri contributi sia alla Presidenza del consiglio che al Ministro per gli affari europei per sostenere la questione femminile drammaticamente in coda a tutte le graduatorie che ratificano la situazione disastrosa sia in Italia che a livello internazionale a confronto con gli altri paesi.L’impegno contenuto nella risoluzione di maggioranza approvata e l’assicurazione che una parte significativa" delle risorse del Recovery "sarà destinata a questo scopo", ha affermato il premier Giuseppe Conte alla Camera e Senato nelle comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre si materializzerebbe con l'assegno unico per i figli e il miglioramento dei servizi per conciliare il lavoro femminile delle madri lavoratrici. Già su queste pagine abbiamo più volte suggerito amichevolmente i provvedimenti da adottare e le nostre priorità perché ci sono certo le madri lavoratrici ma anche le giovani e le donne adulte disoccupate . Prima di tutto il Lavoro : * bisogna innovare la contrattazione alleggerendo quella nazionale e irrobustendo quella di prossimità per investire nell’innovazione e nella riorganizzazione aziendale perché la flessibilità lavorativa consente di bilanciare i tempi di vita e di lavoro; *Investire nell’educazione e nella formazione perché vi siano concrete opportunità per tutti e contrastare le discriminazioni , orientando i giovani e le donne verso professioni emergenti*tutelare la concorrenza con l’ingresso e la nascita di nuove imprese femminili sburocratizzando gli ostacoli amministrativi e sviluppando servizi alle imprese di piccole dimensioni che sono spesso a conduzione familiare; * Incentivare la bilateralità e i fondi bilaterali per sostenere i congedi per accudire i famigliari e sostenere l’occupabilità femminile attraverso fondi che intervengono per il sostegno al reddito in caso di allontanamento dal lavoro per problemi famigliari* Welfare aziendale come congedo e benefit per servizi alla famiglia e fiscalità di vantaggio per le imprese che implementano i benefit e le assunzioni femminili- Poi non meno importante è intervenire sulla Pubblica Amministrazione e giustizia civile: * Investire in ricerca scientifica , nell’intelligenza artificiale ,ricerca biomedica e innovazione e sostenere le donne che si iscrivono a facoltà e corsi scientifici,sostenere il settore privato e le Università nella ricerca di base;Investire nella sanità e nella salute dei cittadini e della prevenzione delle malattie ereditarie con vaccinazioni mirate ; Investire nelle infrastrutture e nella legalità e contrastare l’evasione fiscale. Francamente la scelta di attribuire un assegno unico per i figli motivandolo che sarebbe un aiuto alla famiglia e alla maternità non ci pare opportuno perché sono i servizi che servono al sostegno dell’occupazione femminile poiché la questione della cura non si risolve solo pensando ai figli ma soprattutto ai familiari disabili e agli anziani che sono maggiormente colpiti da questa pandemia che è destinata a durare nel tempo. Dunque è necessario intervenire su sostegni strutturali e non mancette dispersive come il reddito di cittadinanza che ha rappresentato uno spreco e soprattutto un incentivo al lavoro nero e alla truffa a danno dello Stato.
È il momento di scommettere sui lavoratori IL RIFORMISTA 15/10/2020 giovedì 15 ottobre 2020 __
Alessandra Servidori
Serve un vero cambio di passo per migliorare il sistema di formazione all’interno delle aziende e investire, dunque,sulla qualità umana delle persone. È poi urgente una seria strategia di sostegno per le mamme lavoratrici
La formazione è uno dei talloni d’Achille
che le nostre aziende stanno fronteggiando in questi anni e che non dipende solo dal momento storico che stiamo vivendo. Nel decreto di agosto dl 104/2020, diventato operativo il 21 settembre tramite la firma del decreto, è riconosciuto per il 2021 la possibilità, finora consentita per il solo 2020 per i contratti collettivi di lavoro di secondo livello, di stipulare apposite intese per la rimodulazione dell’orario di lavoro.
In questo modo ci si potrà organizzare in base alle mutate esigenze organizzative e produttive
dell’impresa, parte dell’orario viene quindi finalizzato a percorsi di formazione, disponendo
che la suddetta rimodulazione possa essere realizzata anche per favorire percorsi di ricollocazione dei lavoratori e lavoratrici.
Di conseguenza è stato incrementato di 500 milioni di euro la dotazione del fondo nuove competenze istituito in Alpal, per le politiche attive del lavoro per coprire gli oneri di questi percorsi di formazione. L’attivazione delle risorse
è subordinata alla sottoscrizione, entro il 31 dicembre, di specifiche intese tra le Parti che prevedano la realizzazione di progetti formativi, il numero dei lavoratori coinvolti nell’intervento e il numero di ore dell’orario di
lavoro da destinare a percorsi per lo sviluppo delle competenze nonché, nei casi di erogazione
della formazione da parte dell’impresa, la dimostrazione del possesso dei requisiti tecnici, fisici e professionali di capacità formativa per lo svolgimento del progetto stesso. Il decreto interministeriale appena varato,prevede in 250 ore il limite massimo delle ore da destinare allo sviluppo delle competenze per lavoratore. Anpal valuterà le richieste in collaborazione
con le Regioni interessate che terranno conto della contestuale programmazione dei propri progetti di formazione
continua. Sulla base del numero di domande accolte verrà stabilito l’importo massimo riconoscibile al datore di lavoro,
distinto tra il costo delle ore di formazione e i relativi contributi previdenziali e assistenziali.
C’è da sottolineare che alla realizzazione
degli interventi possono partecipare i Programmi Operativi
Nazionali e Regionali di Fondo Sociale Europeo, i Fondi Paritetici Interprofessionali, costituiti ai sensi dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n.388 nonché, per le specifiche finalità, il Fondo per la formazione e il sostegno al reddito
dei lavoratori di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
In buona sostanza si tratta di una pioggia di risorse che andranno tutte sotto la voce formazione
e dovranno essere selezionate su progetti ben distinti da Anpal, in modo da non
rischiare di portare lo stesso progetto su più tavoli e fonti di fi nanziamento presentate da
vari enti. Contemporaneamente sempre nel decreto agosto la Ministra Bonetti ha stanziato
3 milioni per un bonus casalinghe motivandolo che serve per la loro formazione ma
evidentemente anacronistico sia nelle motivazioni che nella cifra, in pratica si dice alle donne di starsene a casa a fare corsi di formazione per un eventuale futuro lavorativo.
Sappiamo bene che nel nostro Paese le donne
non entrano nel mondo del lavoro non per assenza
di titoli e competenze ma perché manca
un welfare per conciliare vita-lavoro e una
strategia di sistema di sostegno alla maternità.
Quello che serve alle mamme lavoratrici sono
congedi parentali coperti all’80%, asili nido
gratuiti e a lungo orario, servizi per l’infanzia,
incentivi per la maternità.
In buona sostanza la pioggia di risorse che
arriva su Anpal, ancora in difficoltà sia con
le Regioni sia con i centri per l’impiego, sia
con i finanziamenti per garanzia giovani e gli
orientamenti in arrivo dalla UE linee guida del
Recovery Fund, metteranno a dura prova il sistema
formazione già indebolito, a meno che
non subentri un rigoroso cambio di passo che
scelga alcune vere priorità che servono per lo
sviluppo del mercato del lavoro e per scommettere
sulla qualità umana delle persone come
condizione per potere entrare nel futuro.
ALESSANDRA SERVIDORI