Rappresentazione avvilente del teatrino politico italiano tra urla e schiamazzi
Alessandra Servidori
Va in scena una rappresentazione avvilente del teatrino politico italiano tra urla e schiamazzi
Towanda! era una mitica amazzone ma è anche una frase di Idgie Threadgoode tratta dal film Pomodori verdi fritti alla fermata del treno:è anche l’urlo della simpatica protagonista che nel film agiva come la giustiziera degli oppressi ; Harambee! E’ L’urlo che nei villaggi in Kenya, con le strade in terra battuta, può capitare di sentire quando l'autobus si impantana e l'autista faccia scendere tutti per farlo spingere : così dopo la kermesse Leopolda di Renzi ,Francesca Puglisi capitana le donne pidiessine e Richetti uomini avviliti : tutti all’attacco di un partito agonizzante,mentre il Presidente della Camera Fico,populista grillino ambizioso , pur di non farsi trasportare dall’autista, mette in scena la patetica scalata al Quirinale con carabinieri, uomini di scorta,giornalisti tutti a piedi dietro di lui in una patetica squadra costata all’erario statale una cifra esorbitante .Il Presidente della Repubblica ha a che fare con un panorama di personaggi a dir poco bizzarri e impresentabili ed una prospettiva di governo del paese raccapricciante . Noi italiani,ci meritiamo tutto questo?Siamo praticamente gli unici a livello europeo a non aver conservato un nucleo di culture politiche che altrove, invece, resistono e continuano a garantire la tenuta del sistema. Ci meritiamo un tempo buio in cui a mancare è il respiro nazionale? Al Nord ha vinto lo spirito anti-europeista da un lato e anti-immigrazione dall’altro,mentre al Sud ha vinto la prospettiva dell’assistenzialismo: i partiti tradizionali hanno assecondato questo processo populista con promesse irrealizzabili e ora abbiamo a che fare con dei giamburrasca impreparati .Occorre una profonda ricostruzione del sistema politico italiano: il centrodestra e il centrosinistra – così come li abbiamo conosciuti – non esistono più. Ma d’altronde erano ultimamente una finzione, privi di una solida cultura e visione politica alla loro base. La partita, ora, è nelle mani del Capo dello Stato che potrà fare affidamento sulle procedure e sui protocolli previsti dal nostro sistema costituzionale. Sulla base dei dati finora disponibili, comunque, la soluzione più probabile può essere solo un governo del Presidente. Siamo sempre con Lei Presidente!
Presidente Mattarella 2:lasciatelo lavorare
Alessandra Servidori Presidente Mattarella 2 : lasciatelo lavorare
Una domenica strana, è come quella atmosfera che prepara il temporale :inquieta e dolorante. Siamo nelle mani del Presidente Mattarella dopo quelle consultazioni ridicole di attori politici che non hanno a cuore il bene della nostra bell’Italia. Il giorno in cui Bruxelles ci sta giustamente preparando la sanzione per le bugie dette sia sul salvataggio delle banche popolari e di MPS sia per Alitalia,risorse impiegate dagli spergiuri che hanno detto,mentendo, che NON erano aiuti di Stato, siamo molto preoccupati dell’acuirsi delle tensioni internazionali in aree vicine all’Italia, a cominciare dalla Siria dove i bombardamenti nell’alba hanno infuocato le immagini che ci sono arrivate,chiare e terribili.Noi siamo in balia di partiti e movimenti che non considerano la situazione delicatissima delle scadenze importanti e imminenti dell’Unione Europea, i contrasti nel commercio internazionale. E la nostra congiuntura economica, che rischia di invertire il trend positivo avuto fin qui :la Banca d’Italia ha certificato che l’economia ha rallentato il ritmo nei primi mesi di quest’anno, accentuando una tendenza a frenare che era già iniziata a fine 2017: la produzione industriale ha dato segnali preoccupanti, e il pil nel primo trimestre cresce ancora, ma meno di un anno fa. La spinta è rallentata rispetto al 2017, anche se non ancora tale da mettere a rischio la crescita,ma i timori sono più che giustificati anche in considerazione della situazione internazionale, caratterizzata dalle tensioni sul commercio globale scatenate dai dazi imposti da Trump e dal pericolo che Usa e Russia si misurino sul piano militare nel drammatico scenario siriano. Tutta l’economia europea, Germania compresa, si sta lasciando alle spalle il picco di crescita e , complice l’imminente uscita del Regno Unito dalla Ue, il secondo semestre dell’anno può riservare brutte sorprese a tutta l’eurozona. Fino ad ora Mario Draghi ci ha sostenuto ma il rialzo dei tassi per la programmata fine della politica monetaria accomodante da parte della Bce, peserà sui conti pubblici su cui già gravano le cosiddette “clausole di salvaguardia” Ue (nel caso aumenterebbe l’Iva nel 2019) e la necessità di una manovra correttiva per gli scostamenti già registrati nel 2018.E noi siamo senza governo e abbiamo già un problema grave perché i principali gestori di fondi internazionali hanno da tempo lasciato capire che c’è il rischio che i nostri titoli di Stato possano essere svenduti con l’avvicinarsi del momento in cui la Bce cesserà di acquistarli e dunque proteggerli. Dunque il Presidente Mattarella cerca di dare vita ad un governo che persegua la crescita senza tralasciare il risanamento della finanza pubblica, e rispetti i parametri europei su deficit e debito oppure sappia proporre riforme così radicali e innovative da negoziare con credibilità una loro modifica virtuosa a Bruxelles.Siamo con Lei Presidente.
Lasciate lavorare Mattarella
Alessandra Servidori Lasciate lavorare il Presidente Mattarella
Il Presidente Mattarella, sta lavorando: per favore non disturbiamolo. Ai partiti rissosi ,inconcludenti e bulimici di potere deve chiedere un patto d’acciaio, che metta ordine nel possibile futuro del nostro Paese.I problemi che pesano come macigni sulla nostra pelle e la viltà della classe dirigente e non solo quella politica, che cerca di mascherare le sue responsabilità con veti demenziali sono uno spettacolo avvilente. Bisogna chiarire che i vincoli di una sovranità sovranazionale europea, avvertita sempre di più come nemica dei cittadini italiani come realtà che ci umilia e ci impoverisce, sono la nostra ancora. E invece L’Europa con le sue regole di economia di mercato e di lavoro,lo sviluppo di una integrazione equilibrata e la solidarietà atlantica è la nostra risorsa più forte e con tutti problemi che abbiamo nel momento in cui non esprimiamo autorevoli esponenti politici e non resettiamo l’apparato burocratico non possiamo competere sul contesto internazionale. L’Europa si può migliorare certo,ma la responsabilità di aver ceduto i nostri gioielli di famiglia e le nostre partecipazioni in società come Eni ,Enel ,Poste italiane , l’uso spavaldo di Cassa Depositi e prestiti come sussidio agli azionisti Telecom, come sembra ora essere di nuovo la cassaforte del debito pubblico , e i soldi ricavati dalle privatizzazioni sono stati usati per aumentare la spesa dello Stato e alla fine il debito è cresciuto. Ma i proventi dovevano servire a tagliare il debito non ad accrescere la spesa e comunque i mostri come le municipalizzate sono ancora lì che succhiano soldi. E sul versante del lavoro deve diventare primario il piano nazionale Industria 4.0 del Governo italiano affrontato da un punto di vista lavoristico, oggi lasciato ai margini di un dibattito pubblico e anche scientifico ancora tutto concentrato sui fattori tecnologici abilitanti e sulle risorse economiche necessarie per la sua implementazione. La prospettiva lavoristica consente infatti di comprendere le profonde novità che il nascente paradigma di Industria 4.0 può introdurre nei mercati del lavoro (interni ed esterni all’ impresa), nelle relazioni industriali e in generale nell’idea stessa di lavoro e di fare impresa contribuendo ad evidenziare come anche le regole del lavoro e le politiche attive possano diventare fattori abilitanti dei nuovi processi produttivi. Attraverso l’individuazione delle principali sfide che si pone a lavoratori e imprese – dalla crisi della subordinazione giuridica, al rinnovato ruolo delle competenze, dal rischio di disoccupazione tecnologica, alle nuove relazioni industriali di prossimità e di tipo partecipativo – bisogna approfondire quali possono essere le leve di azioni e gli ambiti di riflessione per governare il cambiamento in atto mettendo al centro la persona che lavora e non la tecnologia con cui si lavorerà in futuro. È solo in questa prospettiva, che può farsi largo e affermarsi una rinnovata consapevolezza della funzione storica e politica di quel ramo dell’ordinamento giuridico ricondotto sotto l’espressione “diritto del lavoro” non solo come diritto distributivo di tutele e risorse ma anche, e prima ancora, come diritto della produzione. Un ramo dell’ordinamento giuridico dunque non necessariamente destinato a scomparire col superamento del paradigma fordista, ma semmai a rinnovarsi per abilitare ed equilibrare, in termini di giustizia sociale, il nuovo modello produttivo sotteso a Industria 4.0.Presidente, chieda patti chiari: siamo con Lei.
La prevenzione,la salute e la sicurezza sul lavoro e anche questione di genere femminile
Alessandra Servidori
La prevenzione la salute e la sicurezza sul lavoro è anche una questione di genere
Gli incidenti sul lavoro di questi ultimi giorni , in aumento rispetto anche all’anno passato,riportano all’attualità un problema non risolto in Italia nonostante la ricca normativa in merito e le lavoratrici risultano le più penalizzate soprattutto nel tragitto casa lavoro , nella frequenza dei corsi di prevenzione e nella predisposizione per loro di attrezzi adeguati come camici ,zoccoli, caschi, guanti, strumenti di tutor ecc a misura femminile che non vengono adeguatamente predisposti. Con l’emanazione del D.Lgs. 81/08 si era introdotta una concezione nuova di salute e sicurezza sul lavoro, non più ”neutra” ma in grado di considerare le “differenze di genere” in relazione alla valutazione del rischio e alla predisposizione delle misure di prevenzione. Nella norma viene sottolineato come la probabilità che si produca un’alterazione dello stato di salute non dipende solamente dalla natura e dall'entità dell’esposizione ma anche dalle condizioni di reattività degli esposti. Vengono così individuate delle categorie di lavoratori che potrebbero essere maggiormente suscettibili ai rischi lavorativi in base ad alcuni fattori quali l’età, il sesso, l’origine etnica, la posizione contrattuale e le disabilità. Inoltre il D.Lgs. 81/08 - in ampliamento al D.Lgs 626/94 - prende in considerazione gli aspetti organizzativi associati allo svolgimento dell'attività lavorativa, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli collegati allo stress lavoro-correlato.
A fronte di una legge che stabilisce la tutela della salute nei luoghi di lavoro orientata al genere, le indicazioni richiamate nel D.Lgs 81 non sempre risultano di facile applicazione. La prima difficoltà nell’applicazione del D.Lgs 81 è ancora oggi data dalla mancanza di metodi standardizzati che tengano conto dell’approccio di genere per valutare il rischio occupazionale - secondo il classico schema che prevede l’identificazione dei pericoli e le misure da adottare per prevenire il danno.
L’approccio di genere dovrebbe prendere in considerazione diversi fattori che didatticamente vengono ripartiti in due gruppi, definiti “sesso” e “genere” (purtroppo la ridondanza del termine crea molta confusione). Il “sesso” si riferisce alle differenze biologiche (anatomiche, ormonali e fisiologiche) che contraddistinguono l’essere maschio o femmina. Il “genere” si riferisce alla costruzione sociale della mascolinità e della femminilità riferendosi a tutti i condizionamenti socio-culturali che portano a definire ruoli lavorativi, sociali e familiari diversi per uomini e donne.
Nella ridondante ancora oggi Commissione di cui fanno parte un numero infinito di parti sociali prevista dal dlgs 81/2008 si sarebbero dovuti inserire i fattori inerenti al “sesso” e “genere” nella valutazione del rischio occupazionale, che però ancora oggi tranne alcuni cenni nei disciplinari della valutazione, sono ancora clamorosamente disattesi. Alcune interessanti indicazioni vengono dalla medicina di genere che associa le diverse caratteristiche biologiche - maschili e femminili - agli effetti diversi osservati in lavoratori e lavoratrici, parimenti esposti ai rischi “specifici” - chimico, fisico, biologico, ergonomico, e di sovraccarico muscolo-scheletrico. Per esempio, tra uomini e donne esistono numerose differenze nell’assorbimento, nel metabolismo e nell’eliminazione degli agenti chimici che, a parità di esposizione, possono modificare il rapporto dose/effetto, diversamente conosciuto come “soglia di esposizione”. I limiti espositivi sono stati finora elaborati in modalità “neutra” e sebbene siano cautelativi - molto al di sotto della dose in grado di indurre danni - non rappresentano soglie universalmente valide, potendo variare in base al sesso, a fattori genetici e agli stili di vita. In Emilia Romagna abbiamo dato vita ad un tavolo interistituzionale molto attivo che ha come obiettivo proposte per prevenire le malattie professionali e ha già elaborato con successo due strumenti che vengono distribuiti gratuitamente in tutti posti di lavoro che consistono in due guide sulla prevenzione delle patologie oncologiche,ingravescenti,invalidanti e sui diritti per i caregiver familiari e stiamo affrontando gli agenti che possono sul luogo di lavoro creare patologie ancora non riconosciute dall’inail come indenizzabili.Ovviamente un occhio particolare è dedicato alle lavoratrici e ai lavoratori e alle loro famiglie sulla legislazione operante e sui diritti e i doveri che bisogna conoscere(www.tutteperitalia.it) Ancora molto molto difficile risulta valutare il rischio occupazionale in ottica di genere per gli aspetti organizzativi e sociali - a cui non è ancora stato possibile attribuire caratteristiche riconoscibili e quantizzabili di pericolo. Un esempio in tal senso è quello relativo alla segregazione occupazionale che definisce l’occupazione non in base alle attitudini dell’individuo, bensì al sesso di appartenenza. Ancora molti settori lavorativi presentano un’occupazione prevalentemente femminile o maschile - segregazione orizzontale - e, all’interno di uno stesso settore, spesso le mansioni affidate alle donne differiscono da quelle affidate agli uomini - segregazione verticale - con le donne maggiormente presenti in occupazioni precarie, ruoli subordinati e con retribuzione inferiore a quella maschile come dimostrano i recentissimi dati di Banca Italia. Questo fenomeno, oltre ad essere socialmente iniquo, potrebbe modificare la valutazione del rischio occupazionale. Purtroppo, ancora oggi, stereotipi sociali rallentano la consapevolezza riguardo la segregazione occupazionale, e limitano l’applicazione corretta del D.Lgs. 81/08.Altro aspetto organizzativo che dovrebbe essere considerato riguarda il lavoro domestico e di cura familiare, spesso sbilanciato tra il genere femminile e maschile, creando, per le donne, un doppio carico lavorativo che, in Italia, sopperisce all’assenza di un idoneo sistema di welfare. Quando le richieste lavorative eccedono le capacità individuali di risoluzione, lo squilibrio avvertito dal lavoratore/lavoratrice può generare il cosiddetto “stress lavoro correlato” che può indurre uno stato di malattia sia psichico che fisio-patologico. Tuttavia, la non specificità delle patologie stress-correlate rende ancora difficile stabilire un nesso casuale tra lo “stress” e lo stato di malattia. Risulta evidente che i presupposti metodologici in uso per promuovere la salute e la sicurezza occupazionale necessitino di un’ampia revisione critica per promuovere l’equità di genere e soprattutto sensibilizzare le aziende nell’investire risorse adeguate per la prevenzione come le Direttive europee ci indicano e lo stesso OIL promuove con quel vigore che noi non riusciamo responsabilmente assumere.
Buona Pasqua?in verità siamo poco sereni
Alessandra Servidori Facciamo il punto perché c’è da stare poco sereni
In queste ore si sono scatenati gli auguri di una buona Pasqua serena : ma come si fa a stare sereni con tutto il marasma economico e finanziario che stiamo vivendo e su cui il popolo italiano è ben poco attenzionato? Complici anche i talk show in cui tutti si urlano improperie e difficilmente viene fuori la verità. Allora mi sento di fare una azione positiva dimenticandomi le raccomandazioni che un ex ministro mi faceva sovente quando lavorando al suo fianco come tecnica mi zittiva dicendomi : “No questa proposta no perché politicamente non accettabile”.Ecco appunto per me i conti prima di tutto per la politica invece no. Allora è necessario dire agli italiani che i corvi della speculazione economica volteggiano sullo stivale : poche ore fa una delle più grandi società finanziarie del mondo, l’americana Blackrock, ha suggerito agli investitori di stare lontani dai titoli di stato italiani. È il primo cenno che indica come i mercati siano pronti ad una nuova guerra speculativa. Bruxelles, ci ha detto senza troppi convenevoli due cose: dovete fare il DEF (il documento previsionale di economia e finanza) entro la data prestabilita, perché la scadenza del 30 aprile è “obbligatoria” e non facoltativa o, peggio, indicativa; ricordatevi che c’è uno scarto nei conti 2018 rispetto a quanto previsto nella manovra di bilancio presentata dal governo Gentiloni a fine 2017 (mancano all’appello circa 5 miliardi) e dunque andrà fatta una manovra correttiva, così come dovete avere ben chiaro a saldi invariati per il 2019 occorrono 25 miliardi, se non volete che scattino le clausole di salvaguardia cioè l’aumento dell’Iva, altrochè flat tax ,e reddito di cittadinanza e abolizione della legge Fornero che solo lei costerebbe 100 miliardi..Totale dunque a bocce ferme 30 miliardi e i mercati finanziari basano le loro valutazioni sulle intenzioni dei governi e aspettano di vedere se e quando ci sarà un governo italiano e il programma .La questione più importante poi a livello europeo è che tutti i Paesi dell’area Spagna, Francia,per ultimi sono rientrati nel vincolo ue del 3% ovvero nelle sbarre della gabbia che Lega e non solo vogliono sforare popularisticamente, così cacciandosi fuori dall’eurotendenza che invece rivede tutte le nazioni rientrare nelle braccia europee e se si apre una procedura per disavanzo eccessivo saremmo isolati e presi di mira.Dunque le scadenze vanno onorate e subito : a ottobre la legge finanziaria , entro fine anno si arriverà a un accordo in sede eu discusso da Ecofin e dal Consiglio sulla riforma delle istituzioni finanziarie e l’Unione bancaria e per l’Italia è importante avere una posizione certa e solida rappresentativa degli interessi del Paese : dunque il pericolo di una asta dei titoli pubblici o una Borsa debole ci massacrerebbe. Allora il Presidente deve proporre di fare un governo partendo dalla condivisione di alcune scelte programmatiche, e non da accordi politici cui poi far seguire un programma. E siccome tutte le scelte fondamentali sono economiche o ricadono sul terreno della finanza pubblica, tanto vale iniziare subito..Dicano tutti mercoledì cosa andrebbe scritto nel documento di programmazione economica, e su quei pronunciamenti si tenti di costruire le necessarie alleanze di governo. La coperta è cortissima e i margini di manovra, salvo voler fare la fine della Grecia, non ci sono. Si prenderà atto che la distanza che separa ciò che si può e si deve fare con ciò che si è raccontato agli italiani in vista del voto è talmente siderale e vergognosa da richiedere un concorso solidale di tutte le forze. Si scoprirà, cioè, che nessuna delle combinazioni di cui si blatera nei talk show che sono teoricamente disponibili a far sì che qualcuno formi una maggioranza di governo e qualcun altro l’opposizione, sono davvero praticabile. Il presidente Mattarella dovra’ prendere seriamente in considerazione, un governo di unità nazionale, con tutti dentro. Che politicamente avrebbe il vantaggio di evitare alleanze dirette considerate scomode per tutti i partiti vittime consapevoli dei veti incrociati, e sul piano delle opzioni programmatiche, in particolare della politica economica, consentirebbe di condividere l’onere di scelte difficili e sicuramente lontane dalle promesse affidate alla propaganda elettorale. Dunque c’è da stare poco sereni.
Le 4 Signore di forza italia fanno primavera
Alessandra Servidori
Le quattro signore di Forza Italia fanno primavera
Silvio Berlusconi ha finalmente ha onorato le figure femminili che in Forza Italia hanno lavorato a testa bassa per anni senza sottomissione strumentale al capo ma riconoscendo in lui l’unico che ancora oggi da vero capitano politico è in grado di dividere l’acqua dall’olio. Così Carfagna,Gelmini,Bernini,Scarsellati, ( e prima di loro anche Prestigiacomo dette prova di fermezza e competenza )siedono sui seggi più importanti del Parlamento alla faccia della parità di genere che in questi anni è sempre stata invocata ma mai perseguita con strascichi di invidia e di confusione tra i luoghi delle donne che non si sono occupati mai di economia e sviluppo del Paese che è rimane in difficoltà. Quattro Signore dai curricula eccellenti alle quali è legittimo chiedere dunque di cambiare passo,senza strappi, ma perché loro sono in grado di farlo : sui temi del lavoro, dell’industrializzazione internazionale, del rigore sul debito pubblico che ci trascina verso il basso, sull’assetto del welfare e delle politiche sociali che hanno cambiato pelle in tutto il mondo tranne che da noi. Le promesse dispensate durante la campagna elettorale, specie in Italia, sono oggi più che mai da prendere con le dovute distanze. Tutto sta per cambiare in fretta per i principali partiti e a maggior ragione tenuto conto della probabilità di un parlamento ingovernabile va presa in mano la situazione. Le promesse e le coperture gridano vendetta e basta studiare con serietà l’analisi condotta dall’Osservatorio sui conti statali e si capiscono i motivi che farebbero decollare il debito pubblico, mettendo a rischio il bilancio dello Stato. In merito alla flat tax proposta dal centro destra soprattutto non si sa dove verranno trovate le risorse e dunque diventa un flop perché mancano all’appello quasi 54 miliardi, che se non saranno coperti, andranno a rimpinguare il deficit e il debito salirà al 135,8% del Pil smentendo l’obiettivo del 112,8%. Per quanto riguarda il superamento del limite del 3% nel rapporto fra deficit e Pil, è un errore bisogna puntare al pareggio di bilancio. Il debito dovrebbe diminuire di 40 punti in dieci anni, cioè al 91,6% del Pil nel 2028. Con un deficit al 3%, per raggiungere l’obiettivo di abbattere il debito di 40 punti ci vorrebbe una crescita nominale (inflazione compresa) nella media dei prossimi 10 anni. Obiettivo piuttosto difficile da centrare, tanto più che i 5 Stelle, promettono ancora ( anche se in maniera più sfumata) circa 103, 4 miliardi di misure. La priorità gentili amiche , è quella di abbattere il debito pubblico: se in campagna elettorale non si è parlato abbastanza di come eliminare il macigno, e si è parlato di aumenti di spesa o di tagli di tasse finanziati in deficit ora i rischi che si corrono con un debito così alto, che ha oltrepassato la soglia del 130% rispetto al PIL sono evidenti. Perchè con una soglia così alta, ci sono tre possibili pericoli: il rischio di attacchi speculativi, soprattutto se si diffonde l’idea che il Governo possa impugnare il debito e dichiarare la bancarotta, come stava per fare nel 2012. Un debito pubblico così elevato non fa crescere l’economia, soprattutto nel medio periodo e un Paese con un debito così alto non può indebitarsi ulteriormente perché come avvertono gli studi internazionali potrebbe ripresentarsi una crisi monetaria ed economica e noi siamo ancora in apnea con il sistema bancario debolissimo (vedi scandali Monte dei Paschi).L’economia italiana nonostante tutto sta crescendo ed è bene approfittare per ridurre la spesa e il debito, piuttosto che per abbassare il carico fiscale. È questo il momento propizio per intervenire al fine di conseguire il pareggio di bilancio. Chi ci governa deve cercare di contenere la spesa per tre anni per raggiungere il pareggio di bilancio e se si volessero ridurre le tasse, allora basterebbe tagliare ulteriormente la spesa.
Come ? bisogna affrontare la questione dell’organizzazione dello Stato, la spesa di gestione delle pubbliche amministrazioni, ma anche degli enti territoriali. Quanti comuni ci sono in Italia, quante Prefetture, quante forze di polizia? La guardia forestale è stata fusa con i carabinieri ma il risparmio è stato zero. Perché si fanno certe cose se non c’è il risparmio? Un tema grosso sono le pensioni: la questione è se si debba in qualche modo ricalcolare il loro livello, ovviamente al di sopra di una certa soglia di reddito ma sopprimere la Legge Fornero è tornare indietro e massacrare i giovani.E poi soprattutto la povertà e la disabilità che aumentano : siamo un paese di anziani che vanno aiutati e sostenuti con forze fresche di giovani al lavoro. Signore di Forza Italia insieme con chi ha a cuore la nostra bella Patria cambiamo passo e saremo una grande e fortissima squadra di governo.
Quando le signore in parlamento sono merce di scambio
Alessandar Servidori
Quando le Signore in Parlamento sono merce di scambio
Sarà quel che sarà è ciò che succede ora in Parlamento è la dimostrazione di una strumentalizzazioni bieca delle donne elette trattate come palline da flipper dai capi politici. Così succede che Anna Maria Bernini stimata avvocato eletta nelle file di Forza Italia buttata in pasto al cavaliere, al posto del principe Romani supponente fidato che avrebbe già dovuto fare un passo di lato, e sulla giostra, comunque consenziente, viene catapultata la signora Casellati , non priva di ambiziosa escalation posto che si è dimessa dal Consiglio nazionale della magistratura in odore di scambio già dopo la sua elezione del 4 marzo. Signore entrambe di ottimo rango ma sempre armi della ritorsione politica tra leader della destra ma di una classe politica che è in declino inarrestabile. Mi indigno certo di fronte a quel che succede in queste ore ,per questo scempio che vede signore stimate nel calderone sul quale noi elettori non esercitiamo alcun controllo. E assistiamo alla disgregazione tra chi pretende di farla da padroni con l’evidente scempio della nomina delle due cariche più importanti con un azzeramento della situazione politica che cambia come un caleidoscopio vertiginoso di ora in ora. Da una parte Berlusconi ,Salvini e Meloni( sempre più apprezzata per il garbo con cui cerca di destreggiarsi tra i due che si contendono la poltrona traballante della destra) l’inesperto Di Maio che parla sempre di meno e lascia il carabiniere Toninelli a tenere il comando;una sinistra frastagliata opaca e sfuggente, mentre la merce in vendita siamo noi. E mentre il FMI ci alita sul collo e la BCE ci vigila potentemente, il nostro debito pubblico sale e nella nevrosi inconcludente si guarda al 2019 , azzardando addirittura il pronostico che si vada a votare il 26 maggio 2019, in concomitanza con le già convocate elezioni europee,comunque con un alto tasso di frammentazione del quadro politico attuale. L’uesta attrazione fatale poi dei penta stellati e di Salvini per il modello Putin internazionale,che comunque è contro ogni valore della nostra democrazia rappresentativa prevista dall’articolo 46 della nostra Costituzione, è uno dei valori più messi in discussione così come un rapporto con l’Europa più integrato contro una idea nazionalista predominante; il bilancio dello Sato in equilibrio contro l’idea della deroga tra entrate e uscite che ci schiaccia all’ultimo posto della graduatoria sullo sviluppo in Europa già in preda alla falce dei dazi che ci colpiranno. |
ONORE A MARCO BIAGI ORA E SEMPRE
Alessandra Servidori ONORE A MARCO BIAGI OGGI E SEMPRE
Se Marco Biagi avesse avuto la scorta non saremmo riusciti ad ucciderlo". Le parole di Cinzia Banelli, la compagna So delle Brigate Rosse caddero nell'aula del tribunale di Bologna dove comparve come imputata, in teleconferenza, al processo per l'uccisione del giuslavorista. Condannati gli altri del commando lei ha beneficiato della protezione dello Stato e ancora oggi vive con falsa identità e a nostre spese,la ex "compagna So". Galesi, Lioce, Morandi,Blefari Melazzi tutti invece brigatisti assassini che hanno avuto l’onore delle prime pagine. Una vergogna come ha detto anche ieri il Capo della Polizia Gabrielli : hanno sempre rilasciato interviste, scritto libri venduti a peso d’oro dove spiegavano persino come si esercitavano al tiro per massacrare meglio. Apologia del reato con l’aiuto di giornalisti e testate che per il mercato pagano le loro delittuose testimonianze ancora oggi sui giornali e in televisione come se fossero delle fiction. Ricordo bene invece l'articolo del settimanale Panorama redatto sulla base di un allarme terrorismo dei servizi segreti e pubblicato qualche tempo prima dell'omicidio del professor Biagi. Affermò allora la Banelli "Leggemmo l'articolo e capimmo che poteva costituire un problema. Veniva indicata chiaramente una persona come Biagi come possibile obiettivo. Avremmo dovuto fare più attenzione, osservare possibili cambiamenti nella situazione del professore. Dovevamo controllare che non fosse solo. Invece arrivò alla stazione di Bologna da solo". Anche io amica di Marco ,leggendo Panorama quel martedì gli telefonai e gli dissi di non esporsi più ma lui,la domenica mattina all’angolo dell’edicola senza che sentisse Giorgio suo padre, mi confessò che aveva chiesto la protezione inutilmente. Noi non dimentichiamo che lo Stato non seppe e non sa ancora oggi difendere i suoi servitori leali e coraggiosi e che la mercanzia della stampa permette al diritto “dell’informazione” di pubblicizzare il terrorismo, come ha fatto recentemente Purgatori. E’ bene ricordare nell’anniversario della morte dell’amico geniale e coraggioso che l'interesse nei confronti di Marco Biagi iniziò da parte delle br con la collaborazione con il Comune di Milano, con il 'Patto di Milano'. Lui diventò, poi, un vero e proprio obiettivo nell'estate 2001, "nel momento in cui il Libro Bianco, di cui lui era il principale autore, diventò un obiettivo politico". La decisione finale di uccidere Biagi, disse allora e ancora oggi protetta Banelli, fu presa nel gennaio 2002. Lo hanno massacrato il 19 marzo 2002 sotto casa: una esecuzione di cui lo Stato anche verso la famiglia deve sentirsi colpevole : non c’è perdono, non si dimentica.
E LE DONNE IN PARLAMENTO SEMPRE TROPPO POCHE
Alessandra Servidori E le donne in Parlamento sempre troppo poche!
Ritengo importante una lucida riflessione sulla presenza delle donne nelle istituzioni politiche e più in generale nei “luoghi dove si decide” sulla base di un’idea di “democrazia paritaria”, “pari opportunità”, adempimento del mandato costituzionale contro le discriminazioni, senza schiacciarlo dentro al rapporto uomo-donna ancora visto come “questione femminile”.Voglio comunque precisare che le signore possono portare cambiamenti a regole, linguaggi, modi, tempi, strutture di potere, che sono state create in assenza delle donne, funzionali perciò a un sesso solo, fondate sulla divisione tra ciò che è politico e ciò che “non è politico” –tra cittadino e persona, sfera pubblica e vita privata-, cioè su confini che sono saltati da tempo. Le difficoltà cominciano in quella anticamera del parlamento o dei consigli regionali, provinciali, comunali, che sono i partiti, nonostante il loro declino da molto tempo. La tendenza all’ “inclusione”, non si nega che sia soprattutto il risultato delle lotte delle donne. Ma, nella forma in cui si manifesta, risponde visibilmente anche alla necessità di un sistema politico ed economico, di un modello di sviluppo e di civiltà in crisi, bisognoso di risorse meno usurate: donne, giovani, e, meglio ancora donne giovani, possibilmente di aspetto gradevole. Ma diciamocelo senza vittimizzare : le donne sono state sistematicamente discriminate nell’accesso ai ruoli apicali di ogni settore professionale e allora misure antidiscriminatorie sono ancora fortemente necessarie per garantire un loro diritto. Si tratta di una questione di funzionalità dell’organo. Infatti, “Organi squilibrati nella rappresentanza di genere … risultano … potenzialmente carenti sul piano della funzionalità, perché sprovvisti dell’apporto collaborativo del genere non adeguatamente rappresentato”. “Soltanto l’equilibrata rappresentanza di entrambi i sessi in seno agli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, garantisce l’acquisizione al modus operandi dell’ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere” (posizione assunta dal TAR Lazio, sent. n. 6673 del 2011,) Infine, è da segnalare “La discriminazione verso il genere femminile nella vita civile rappresenta una diseconomia, perché comporta la rinuncia a metà delle risorse disponibili” (posizione assunta dal Consiglio di Stato, Parere n. 1801 del 2014,). Dunque partiamo dalla constatazione che la bassa presenza di donne incide negativamente sulla qualità dell’organo decisionale.Un Parlamento formato per lo più da uomini, soprattutto quando chiamato a decidere su temi importanti, lo fa carente della sensibilità, del punto di vista, del modo di pensare e discutere di entrambi i sessi. Una discriminazione ai danni delle donne è una discriminazione ai danni di una fetta consistente della società (la metà) e dunque una discriminazione che produce diseconomia, privando gli organi decisionali delle competenze di cui sicuramente sarebbero portatrici moltissime donne ancora lasciate ai margini. A mala pena oggi le signore hanno raggiunto il tetto del 30% in Parlamento, i Governi non ancora paritari e anche gli organi esecutivi delle Regioni si stanno avviando faticosamente verso una composizione rispettosa dell’equilibrio di genere. Grazie alle riforme costituzionali, agli interventi legislativi, alle interpretazioni giurisprudenziali dei giudici comuni e della Corte costituzionale; grazie alle battaglie delle donne e delle associazioni,ma con poca sensibilità nuova da parte dei partiti politici , comunque la situazione femminile all’interno delle istituzioni è migliorata negli ultimi anni. I parlamentari che, ormai quasi quindici anni fa, avevano approvato la riforma dell’art. 51 Cost., avevano messo ben in luce come i nuovi principi costituzionali non potessero costituire un semplice “punto di arrivo”, semmai un “punto di partenza”. Occorreva, infatti, l’impegno del legislatore e del mondo politico per evitare il rischio che la riforma rimanesse lettera morta. Un passo quindi è stato fatto, ma anche questi sforzi non possono rappresentare un “punto di arrivo”. Anzitutto, bisogna sempre ricordare che le norme non bastano, e che per promuovere una parità effettiva il cambiamento “formale” deve essere accompagnato da un processo “culturale” e “sostanziale”. Ciò è dimostrato, per esempio, dall’esperienza delle Regioni dove, nonostante la diffusa presenza di norme antidiscriminatorie, le donne elette nei Consigli regionali sono ancora molto poche. Persistono evidentemente degli ostacoli di tipo culturale e sociale che portano gli elettori, ma anche le elettrici, a preferire candidati uomini. Inoltre, la situazione attuale deve essere valutata anche alla luce dell’incidenza della presenza femminile nelle Assemblee elettive e, in generale, nei luoghi decisionali, rispetto ai contenuti della politica. Ci si deve cioè con molta onestà domandare se la “politica al femminile” sia riuscita ad apportare un incremento della qualità della decisione parlamentare. Le donne non devono essere presenti in Parlamento per rappresentare le donne: sarebbe pertanto sbagliato svolgere questa valutazione guardando unicamente all’incidenza che ha avuto l’incremento della componente femminile in Parlamento sui “temi femminili”. È vero che se la competenza di una donna in politica non si esaurisce di certo nei suoi sforzi per migliorare la condizione della donna nella società, in presenza di una più consistente compagine femminile in Parlamento questo miglioramento non può però non esserci. Molto c’è da fare. I dati sulla natalità, rivelano ancora una volta la fatica delle donne lavoratrici a costruirsi una vita familiare piena (nel 2017 i nati sono stati ben il 16% in meno rispetto al 2008); ma si pensi ancora al gap nelle retribuzioni (una ricerca condotta da OD &M Consulting - conferma che, su un campione di 380 mila lavoratori del settore privato, gli stipendi delle donne soffrono uno scarto considerevole rispetto agli stipendi degli uomini. Il gap è del 12,7% per la categoria degli operati, del 7,2% per i quadri). E ancora, si pensi allo squilibrio di genere esistente nella categoria dei dirigenti d’azienda. Nonostante la legge n. 120 del 2011 abbia riequilibrato la composizione dei cda nelle società, poco o nulla è accaduto con riferimento alle fasce immediatamente inferiori, quelle appunto dei dirigenti. Ma non basta la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza, la costruzione di un Inter-gruppo parlamentare per le donne, l’approvazione di disposizioni in materia di sicurezza e contrasto alla violenza di genere, norme sul telelavoro nella pubblica amministrazione con la Legge Madia), manca ancora il vero e proprio “salto di qualità” che ci si attenderebbe in considerazione dell’incremento della presenza di donne nei luoghi della decisione. Gli sforzi ad oggi profusi non sono ancora soddisfacenti. Leggiamo i dati delle recenti elezioni che parlano da soli:
Alla Camera entrano 210 donne su un totale di 630 deputati, il 33%; al Senato ne entrano 107 su 315 senatori eletti, il 34 %.Nel 2013 alla Camera le donne costituivano il 31%, mentre al Senato erano il 29%.I miglioramenti sono davvero minimi. Ci aspettavamo risultati migliori perché il Rosatellum prevede espressamente strumenti per promuovere la parità di genere.I dati migliorano se si considerano solo gli eletti all'uninominale: alla Camera entrano 83 donne su un totale di 232 deputati (36 per cento) eletti col sistema maggioritario. Al Senato entrano 45 donne su 116 eletti (39 per cento).Per quanto riguarda la composizione rispetto al partito risulta che nel centro-destra, le donne sono il 30,5 per cento alla Camera e il 31,8 al Senato.Nel Movimento 5 stelle, le donne sono il 41,6 % alla Camera e il 38,4 al Senato. Per il centro-sinistra le donne sono il 30,6 % dei deputati e il 33,9 % dei senatori. Su base regionale, i dati sono diversi tra i due rami del Parlamento: al Senato è il Centro a eleggere più donne, mentre alla Camera ne elegge di più il Sud. Il Nord presenta quote molto simili sia alla Camera che al Senato. Nel Lazio sono state elette 16 donne su 50 consiglieri, il 32 %.In Lombardia elette 18 donne su 80, un drammatico 22 % .
Il demenziale Rosatellum prevede l'alternanza di genere nelle liste di partiti e collegi, una misura che avrebbe dovuto garantire una rappresentanza di donne non inferiore al 40 per cento alla Camera e al Senato. La nuova orribile legge prevede infatti che nelle liste dei collegi plurinominali i candidati devono essere collocati secondo un ordine alternato di genere. Alla Camera nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento nel totale dei collegi uninominali, inoltre nessuno dei due generi può occupare la posizione di capolista nei collegi plurinominali in misura superiore al 60 per cento. Al Senato le stesse norme valgono a livello regionale.Questo sistema, inficiato da un lato con l'esistenza di collegi elettorali "più o meno certi" e dall'altro con le candidature multiple, ha dato luogo a una elusione della legge sulle "quote rosa". I partiti hanno ovviato all'alternanza di genere candidando le stesse donne su liste diverse. E le donne hanno accettato!Così le candidate sono state "spalmate" in più collegi mantenendo nella realtà al di sotto del 40 per cento la quota delle candidate. Le pluricandidature femminili sembravano vantaggiose ma da subito ho segnalato che nella realtà il sistema si poteva trasformare, come poi è avvenuto, in un boomerang per le donne. Con questo sistema infatti le donne devono necessariamente risultare elette in un solo collegio e in caso di vittoria in più collegi, devono lasciare automaticamente il posto a chi le segue nella lista, che per legge è un uomo.
8 MARZO DELLA DONNA INFORMATA
https://youtu.be/RvSq7_Ob700 8 MARZO 2018 ORGANIZZATA DA TUTTEPERITALIA
MODENA :UNIVERSITA' -DIPARTIMENTO GIURISPRUDENZA VIA S.GEMINIANO 5 ORE 10/12,30
Giovedì 8 Marzo 2018 dalle 16 alle 18
La giornata della donna informata
CAREGIVER : chi CURA UN FAMILIARE
Le novità sui permessi al lavoro, congedi,
risorse economiche stanziate a livello
territoriale e nazionale, proposte di legge
Distribuzione di una guida essenziale gratuita per chi
assiste un familiare e vuole sapere come muoversi
BOLOGNA Parrocchia Abbazia di San Giuliano
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Giovedì 8 Marzo 2018 dalle 16 alle 18
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Voto ma sono delusa,molto delusa.Da tutti
ALESSANDRA SERVIDORI 3 marzo VOTO ma sono molto molto delusa. Da tutti. Sappiamo bene che la campagna elettorale e soprattutto i programmi con i quali si sono presentati sono pieni di impensabili realizzabili obiettivi nella situazione di debito in cui ci ritroviamo e dunque la scelta è tra il meno peggio e per quel che mi riguarda il mio voto al Senato va ad Annamaria Bernini che si è sempre preoccupata delle persone disabili e delle loro famiglie. Una delle poche signore messe in lista che ha competenza oltre che saggezza politica. E dunque per me vale la regola che si votano persone credibili e almeno che godono la nostra fiducia. I partiti hanno fatto a gara a chi promette di più in un clima di assoluta schizofrenia dei candidati a disprezzo delle persone in carne ed ossa che ha reso quelle promesse inutili anzi spesso irritanti controproducenti e indecorose .Il numero delle signore e signori ragazze e ragazzi che NON andranno a votare e dunque si asterranno sarà il segno tangibile che i miei sentimenti sono condivisi ma io esercito il mio diritto di voto e soprattutto non voto scheda bianca perché si rischia che ai seggi i brogli li facciano da padroni e francamente non voglio essere complice di questo meccanismo perverso elettorale. La legge elettorale maledetta non farà raggiungere la maggioranza e si dovrà tornare al voto con Gentiloni e questa compagine diretta sempre dal toscano antipatico e bulimico che predica, agisce e ha agito male non solo sul versante nazionale ma anche europeo. Chi ha massacrato l’antipolitica sono stati prima di tutto i vari persecutori della così detta casta-non esclusi i giornali e i giornalisti di punta- dunque anche una sinistra spaccata e un movimento penta stellato ignorante e incapace di governare la cosa pubblica come si chiede ad una classe dirigente credibile. Applicando dunque la regola della riduzione del danno nel centro-destra io al Senato ho Bernini e lei voto. Avremmo bisogno di stabilità, senza la quale siamo destinati a tornare nel mirino della speculazione finanziaria, che è lì in agguato prontissima a sferrare un nuovo attacco come quello del 2011; la centralità dell’Europa, che non significa esserle subordinati, ma consapevoli che per noi non c’è futuro senza; il sostegno alla ripresa economica in atto, con riforme coraggiose e un intervento strutturale sul debito pubblico; la riforma degli assetti istituzionali mettendo mano alla Costituzione, questa volta seriamente, e quindi attraverso l’unico strumento autorizzato, e cioè un’assemblea Costituente. Il 5 marzo è fondamentale il ruolo del presidente della Repubblica. Se non vincerà nessuno, ci sarà la proclamazione degli eletti, l’iscrizione di ciascuno di loro ai vari gruppi parlamentari sapendo però che potranno trasferirsi da un gruppo all’altro come è sempre dannosamente successo. Dopo la ripartizione effettiva dei seggi, il 23 marzo, le camere si riuniranno per eleggere i rispettivi presidenti. E lì forse si potranno sperimentare le alleanze. Ma sappiamo che stavolta per le elezioni dei due presidenti di Camera e Senato potrebbe anche scatenarsi un disastroso tutti contro tutti non essendoci nessuna maggioranza, le due nomine e la formazione di una maggioranza di governo, potrebbe rivelarsi illusoria. A partire da martedì 3 aprile, dopo Pasqua – cominceranno le consultazioni al Quirinale. Mattarella,dovrà valutare chi, numeri alla mano, è in grado di indicargli una maggioranza (in entrambe le camere) possibile, e di verificare la fondatezza e dare un incarico, che probabilmente sarà solo esplorativo, per massima prudenza e per mantenere al riparo il governo uscente (Gentiloni) nel disbrigo degli affari correnti ( in Germania il governo Merkel è tuttora esecutivo, nonostante si sia votato a settembre). Tuttavia, pur muovendosi rigorosamente lungo i binari costituzionali, il Capo dello Stato,dovrà incoraggiare, senza preclusioni ma con determinazione, la formazione di un governo capace di rispondere alle attese interne e internazionali e di evitare il ritorno subitaneo alle urne, anche con una legge elettorale nuova (che richiede pur sempre una maggioranza che la voti). Sapendo fin d’ora che saranno cinque, le ipotesi di lavoro. Uno: le larghe intese, cioè centro-sinistra più Forza Italia. Due: un esecutivo populista-sovranista, che sommi ai 5stelle Salvini e Meloni. Tre: alleanza antifascista, cioè 5stelle più la sinistra e una parte del Pd. Quattro: governo di unità nazionale, che presuppone l’iniziale chiamata di tutte le forze a farne parte, salvo verifica di chi poi effettivamente ci sta. Cinque: continuazione del governo Gentiloni, con un voto di fiducia che con tutta probabilità si baserebbe sulle astensioni (alla Camera) e sulle assenze dall’aula al Senato (dove l’astensione è equiparata al voto contro).Alla vigilia del voto non ci resta che sperare nel metodo socratico e nel ruolo di Mattarella. Tutto il resto sarà niente.
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OMS bacchetta l'Italia per la mancanza dis ervizi alla maternità
Alessandra Servidori
L’Italia è ancora una volta bacchettata dall’OMS per il mancato rispetto dei diritti per la maternità.
I nuovi LEA italiani promulgati recentemente ( livelli di assistenza sanitaria ) sono sotto osservazione dell’OMS (organizzazione mondiale per la sanità) e posti in fondo alla graduatoria dei servizi offerti per l’assistenza alla maternità . Infatti i lea prevedono delle novità ma lasciano ancora insoluti alcuni servizi gratuiti del servizio sanitario sia della diagnosi prenatale che per l’anestesia epidurale alle donne che lo chiedono al momento del parto. E’ sì gratuito per tutte, indipendentemente dall’età, lo screening con bitest e traslucenza nucale e solo in presenza di un risultato sospetto dello screening o di altri fattori di rischio personali, come precedenti gravidanze con anomalie cromosomiche o familiarità per malattie genetiche, si può accedere gratuitamente agli esami invasivi, amnio e villocentesi. Cambia anche l’offerta relativa alle tre canoniche ecografie di controllo nell’arco dei nove mesi, che diventano due: una da fare entro il primo trimestre per datare la gravidanza, la seconda, la morfologica, da effettuare nel secondo trimestre. La terza ecografia, quella tradizionalmente prevista tra la 30a e la 32a settimana, ora è gratuita solo in presenza di un rischio di patologia materna o fetale. I nuovi LEA prevedono invece un’ecografia gratuita alla 41a settimana, per verificare la quantità di liquido amniotico presente nell’imminenza del parto. Ma questo cambio di passo a detta dei servizi di ginecologia è dovuto sostanzialmente ai tagli che sono apportati agli ambulatori e alla mancanza spesso di strumenti idonei come gli ecografi e soprattutto i medici ginecologi sempre meno numerosi. Così come la prevenzione alle donne in attesa, dell’abolizione della curva glicemica prescritta per la diagnosi precoce del diabete gravidico, che ora si è deciso di raccomandare e offrire sulla base delle evidenze disponibili, ma solo alle donne che presentano particolari condizioni di rischio, come l’obesità o diabete nel corso di precedenti gravidanze. La qualcosa è incredibilmente irresponsabile posto che in Italia sempre più donne partoriscono a mala pena un solo figlio, intrda età e che la diagnosi di diabete in gravidanza è una patologia sempre più riscontrata. Ora L’OMS ha pubblicato una raccomandazione per l’applicazione dell’analgesia durante il travaglio ( epidurale) e in Italia la pratica molto poco diffusa rispetto ad altri Paesi comporterà un salto e una assunzione di responsabilità per garantire come recita il Documento OMS dedicato a come rendere la nascita un’esperienza positiva e dunque anche applicare l’analgesia epidurale e applicare la pratica per le donne sane che chiedono sollievo dal dolore durante il travaglio. In Italia si applica nel 18% dei parti mentre in Francia nel 75% e in Spagna nel 60% . Spesso capita che l’epidurale non sia disponibile per mancanza del medico e tutto ciò malgrado dai nuovi Lea e dunque dal 2017 sia previsto “ che le procedure di controllo del dolore nella fase del travaglio/ parto siano entrate ufficialmente e che tutte le Regioni devono assicurare “Le donne italiane hanno diritto a partorire senza il pregiudizio ancora molto radicato che le perseguita strumentalmente secondo il quale il controllo farmacologico del dolore anestetizza il dolore e compromette il travaglio: la salute è benessere generale e quindi anche assenza di dolore. Così le disuguaglianze aumentano anche per mettere al mondo un figlio : chi può permetterselo si assicura il medico anestesista in ospedale pagando il servizio, chi non ha la disponibilità economica continua a partorire e infelicemente con dolore.
EMBRACO/ITALIAnella morsa internazionale
Alessandra Servidori -22 febbraio 2018
La vicenda dell’azienda Embraco e dei suoi lavoratori si inserisce in una questione molto più ampia in cui noi italiani soprattutto in ambito Ue dobbiamo acquisire più autorevolezza se puntiamo ad un’Europa che ritrovi lo slancio delle origini e sappia al contempo dare risposte moderne e convincenti alle attese dei suoi cittadini. Noi italiani ed europei dobbiamo sapere interloquire con le grandi potenze, ora rafforzando il nostro sistema di alleanze, ora intessendo partenariati di mutua convenienza superando l’idea di una politica estera come mera ancella delle ragioni dell’economia, ossia funzionale a garantire gli approvvigionamenti energetici e gli sbocchi alle nostre esportazioni. Globale, dunque, per visione e per vocazione non può che essere l’Italia nel “metodo” della sua proiezione internazionale. E’ impensabile difendere gli assetti strategici e il patrimonio industriale, scientifico e tecnologico,tutelare l’integrita delle reti e delle infrastrutture critiche in altri termini salvaguardare quel nucleo duro di interessi nazionali che non può non essere promosso a meno di arrecare danno all’intera collettivita se non rimanendo fortemente ancorati alla scelta atlantica, ricercando denominatori comuni solidi con i nostri partner europei. Attenendoci a una accorta combinazione di fermezza e dialogo con quei grandi player che, pur non appartenendo al novero delle liberaldemocrazie occidentali, possono comunque stabilire con noi convergenze specifiche su priorita’ condivise, oppure vanno compresi, e conseguentemente contenuti, nelle loro posture ostili sul terreno non convenzionale. La questione della azienda italiana è l’ultima di una lunga serie che stiamo perdendo e noi dobbiamo capire in fretta che si è delineato un nuovo Trattato franco-tedesco che confermerà l’asse fra le due capitali nella sua connotazione di perno intorno al quale ruoterà il futuro dell’Unione, di conseguenza, molto, per noi, dipenderà da come sapremo coltivare sul piano bilaterale i nostri rapporti con la Germania e con la Francia.Sopratutto sul piano economico e occupazionale condividendo le stesse aree di manifattura industriale prima di tutto per potenziare il decision making al centro dei rapporti e per smorzare gli appetiti dei portatori di interessi periferici o settoriali. In materia di costo del lavoro e politiche occupazionali dunque l’asse si deve rafforzare : noi abbiamo un costo del lavoro enormemente più alto e un welfare massacrato dalla spesa pubblica che alimenta il debito, un apparato sindacale e imprenditoriale impreparato a raccogliere le grandi sfide. Sapendo che tra la Francia e il nuovo Governo di coalizione tedesco stanno maturando nuove sintonie, sui temi migratori e di governance dell’Eurozona, non necessariamente collimanti con i nostri desiderata e soprattutto con le nostre parziali capacità di avere una visione necessaria di cambiamento delle relazioni industriali e del mercato del lavoro.Per esempio è bene cambiare in fretta la nostra posizione sulla la proposta di direttiva per il recepimento del Fiscal Compact, presentata il mese scorso, perché a parere di chi scrive , limitando le deroghe alle regole del six pack alle circostanze eccezionali, e alle sole riforme con un impatto positivo e diretto sui conti, a noi serve.L’Europa continuerà a essere il nostro benchmark di riferimento, ma il suo sostegno e i suoi interventi perequativi saranno sempre piu condizionati alla nostra capacita di meritarceli. Sappiamo quello che bisogna fare: riforme incisive per accrescere la produttivita delle nostre imprese, la cui inadeguatezza e la radice di tutti i nostri mali; un assetto istituzionale piu moderno che riduca il cuneo fiscale e che favorisca l’efficacia dell’azione di governo; la promozione delle sinergie inter-istituzionali necessarie per fare sistema scardinando la resistenza delle strutture a mettere a fattor comune poteri, competenze e saperi; investimenti massicci e lungimiranti in ricerca, sviluppo, formazione e istruzione; ma pure un atteggiamento responsabile a Bruxelles, volto a dissolvere i sospetti sul fatto che vogliamo solo allontanare nel tempo la soluzione dei nostri squilibri di finanza pubblica trincerandoci dietro l’avanzo primario.
Guida amica per Caregiver
TUTTEPERITALIA www.tutteperitalia.it
Per le /i CAREGIVER … GUIDA AMICA per il lavoro invisibile delcaregiver ovvero colei/colui che si prende cura di un familiare
Cosa è importante sapere
Ad oggi in Italia non è disponibile una rilevazione sistematica della popolazione che si prende cura, a differenza di altri Paesi europei. Gli unici dati disponibili riguardano le indagini multiscopo dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Sono stimate in Italia 3.329.000 le persone tra i 15 e 64 anni che prestano regolarmente attività familiare di cura ad adulti anziani, malati, disabili. E sempre secondo l’indagine dell’ISTAT sulla conciliazione tra lavoro e famiglia i caregivers familiari sono prevalentemente donne impegnate ad assistere più di una persona nella combinazione bambini, anziani,disabili. Si stima che il caregiver familiare svolga anche 7 ore al giorno di assistenza diretta e 11 ore di sorveglianza, per una media di 8-10 anni nel caso di persone anziane non autosufficienti, per tutta la vita nel caso di disabilità congenita grave. Condizione quest’ultima che diviene ancor più gravosa con l’avanzare dell’età e della condizione di fragilità dei genitori. La durata nel tempo e l’intensità del lavoro di cura impattano pesantemente sulla vita del familiare che si prende cura, stravolgendone la quotidianità ed il progetto di vi e compromettendone anche la salute.
La legislazione in Italia
* Decreto Legislativo n.502/92 e successive modificazioni, con riferimento all’art.1, commi 1,2,3,7 e 8;
*Legge 8 novembre 2000, n. 328, "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"
*L’amministratore di sostegno (Legge n. 6 del 9 gennaio 2004) è la persona nominata dal Giudice Tutelare al fine di assistere, sostenere, rappresentare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, chi per effetto di un'infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere in tutto o in parte all'espletamento delle funzioni della vita quotidiana.
*“Piano nazionale della cronicità (PNC)” approvato il 15 settembre 2016 dalla conferenza Stato-Regioni
* DPCM 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza […]” che prevedono la valutazione multidimensionale, la presa in carico del paziente e dei familiari, il coinvolgimento nella definizione del “Progetto di assistenza individuale” (PAI) e diversi interventi di supporto come l’educazione terapeutica a pazienti e caregiver, counselling per la gestione della malattia o della disabilità e la prevenzione delle complicanze, gruppi di sostegno, supporto psicologico e sociale;
Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.112 Revisione della disciplina in materia di impresa sociale
Legge 205/2017, co. 255 - Si definisce caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18.
È bene precisare che le assistenti alla persona, spesso straniere, assunte privatamente dalle famiglie italiane per essere aiutate nella propria attività di cura a lungo termine (le cosiddette badanti), non rientrano nella definizione di caregiver familiare. Infatti, il termine caregiver si riferisce al familiare (o amico, o vicino) che entra nella relazione di cura per motivazioni di tipo affettivo,non economico.
L’ Emilia-Romagna, è la prima Regione italiana ad adottare una normativa per andare incontro ai bisogni di chi si prende cura di una persona cara.La l.r. 2/2014 riconosce e promuove, nell’ambito delle politiche del welfare, la cura familiare e la solidarietà come beni sociali,in un’ottica di responsabilizzazione diffusa e di sviluppo di comunità. «Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura ed assistenza)
NOTIZIE FONDAMENTALI
Congedi
Permessi di breve durata: con la legge 104 del 1992 lo Stato ha previsto la possibilità di usufruire di permessi lavorativi retribuiti per assistere i propri familiari o affini. In particolare viene data la possibilità al lavoratore di assentarsi dal lavoro per 3 giorni al mese. Questa agevolazione può essere tradotta in mezze giornate, oppure frazionata in ore. Requisito per beneficiarne è un’accertata condizione di “handicap grave” della persona cara.
Congedi di lungo termine: il congedo biennale retribuito è stato introdotto dalla legge 388/2000 (art.80, comma 2) e ripreso dal d.lgs.26 marzo 2001, n. 151. Il congedo spetta per due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa. È frazionabile. Per poter usufruire di questo diritto, il caregiver deve abitare allo stesso domicilio della persona bisognosa di assistenza. Limiti: misure utilizzabili solo dai lavoratori che devono prendersi cura di parenti con grave disabilità e solo i lavoratori pubblici e privati hanno diritto a questi congedi. Nel caso del congedo di lungo termine, si richiede la co-residenza. Inoltre, una sola persona per famiglia ha diritto ad usufruire dei congedi. La legge prevede i seguenti aventi diritto, in ordine di priorità:
1) il coniuge convivente o, per effetto della legge n. 76/2016, la parte dell’unione civile convivente;
2) il padre o la madre, nell’ipotesi di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile;
3) uno dei figli conviventi, nell’ipotesi di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile convivente o di entrambi i genitori;
4) uno dei fratelli o sorelle conviventi, nell’ipotesi di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile convivente o di entrambi i genitori o dei figli conviventi;
5) un “parente o affine entro il terzo grado convivente” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Dal momento che l’art. 78 del codice civile non è stato espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, tra un parte dell’unione civile e i parenti dell’altra non si costituisce un rapporto di affinità. Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un unione civile può usufruire del congedo straordinario ex art. 42, comma 5, D. Lgs.151/2001 solo nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta a un parente dell’unito, non essendo riconoscibile, in questo caso, rapporto di affinità.
Nel caso di cura del proprio figlio si ha diritto ai congedi parentali.
È fondamentale verificare se il proprio contratto collettivo preveda (ulteriori) disposizioni di miglior favore.
Controllare il proprio CCNL è importante per accertare la possibilità di telelavoro che può rappresentare un’opportunità per le persone con disabilità e per tutti coloro che incontrano maggiori difficoltà nell’inserimento lavorativo o nel mantenimento del proprio impiego, come le persone impegnate in attività di assistenza di familiari malati, i genitori con figli piccoli.( Accordo interconfederale del 09/06/2004 (firmato da CONFAPI, CGIL, CISL, UIL).
Part time . Il decreto legislativo n. 81/2015, accorda priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ai caregivers (coniuge, figli, genitori) di persone con gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti. Tale priorità è concessa anche al lavoratore o alla lavoratrice che assiste una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità e che necessita di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Istituto delle ferie solidali, ai sensi dell’articolo 24 del d.lgs. n. 151/2015 in forza del quale i lavoratori possono donare i riposi e le ferie da loro maturati ai colleghi, per consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che, per le particolari condizioni di salute, necessitano di cure costanti. Tale opportunità dev’essere attivata nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi
Indennità di accompagnamento Il sistema nazionale prevede anche una misura di sostegno economico pagato dall’INPS, rivolta a tutti i cittadini che abbiano un’invalidità totale e permanente al 100% e siano al contempo impossibilitati a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, oppure a compiere le attività di vita quotidiana da soli. E’ una cifra modesta (512 euro al mese), che non basta ad acquistare un servizio di cura professionale. Non ci sono vincoli di reddito per richiesta o accesso.
Fondo per le non autosufficienze. Istituito dall’art I c1264 dalla legge 27 dicembre 2006 n.296 per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell’assistenza socio-sanitaria ,con l’intento di fornire sostegno a persone con gravissime disabilità e anziani non autosufficienti e favorire la permanenza presso il proprio domicilio
evitando l’istituzionalizzazione. Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali e sono stanziate e ripartite annualmente .
Legge di bilancio 2018 del 23 dicembre 2017- Legge 205/2017, co. 254 che istituisce il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare: stanziamento di 60 milioni di euro per il triennio 2018/2020 per creare misure volte a supportare le persone che assistono i familiari dei malati .Le risorse sono destinate alla copertura finanziaria di interventi legislativi a carattere nazionale,finalizzanti al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver.
Guida a cura di Alessandra Servidori www.tutteperitalia.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.