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LAVORO E WELFARE : ANDARE AVANTI -LE NOSTRE PROPOSTE TUTTEPERITALIA

Servidori (work in progress) MANIFESTO  PASQUALIZIO SU LAVORO E WELFARE TUTTEPERITALIA 

Lavoro

 Il progetto di legge ‘’Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, nonché di procedure di controllo e informazione’’ è stato approvato dalla Camera e si trova ora all’esame del Senato. Trattandosi  oltreché di un percorso per una migliore e più garantita tutela del c.d. lavoro povero, di un’ importate riforma delle politiche retributive, contrattuali e delle relazioni industriali, FI ne sollecita l’approvazione definitiva al fine di provvedere al più presto la predisposizione e l’entrata in vigore dei decreti delegati per il perseguimento  dei seguenti obiettivi:

-        assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi; contrastare il lavoro sottopagato, anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e a specifiche categorie di lavorator;

-        definire, per ciascuna categoria, i contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, al fine di prevedere che il trattamento economico complessivo minimo del contratto maggiormente applicato sia – ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione - la condizione economica minima da riconoscersi ai lavoratori nella stessa categoria;

-        stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali, nell'interesse dei lavoratori; contrastare i fenomeni di concorrenza sleale posti in essere mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati ad abbassare il costo del lavoro e a ridurre le tutele dei lavoratori (c.d. dumping contrattuale).

-        *Sia per individuare i contratti maggiormente applicati che per contrastare forme di dumping contrattuale è fondamentale definire l’ambito di applicazione ovvero la categoria che in un regime di libertà sindacale è affidato alla contrattazione delle part a cui non può supplire la legge. Occorre pertanto in fase di prima applicazione fare riferimento alle ‘’categorie’’ previste dall’Archivio nazionale della contrattazione presso il Cnel.

-        Se deve essere la contrattazione collettiva il principale strumento per estendere  erga omnes il trattamento complessivo previsto nei contratti maggiormente applicati diventa indispensabile  stimolare il rinnovo dei contratti che avviene con un ritardo medio di 38 mesi ed è quindi inadeguato a tutelare le retribuzioni  dal costo della vita. e’ questo sicuramente uno dei motivi delle basse retribuzioni che si lamentano in Italia. Per rimediare a queste criticità, secondo  Forza Italia, è necessario favorire la contrattazione decentrata e di prossimità allo scopo di poter ‘’scambiare’’ nel luogo di lavoro una maggiore produttività e migliore qualità del lavoro con retribuzioni di risultato più elevate. Questi obiettivi possono essere conseguiti tramite adeguate politiche di detassazione che favoriscano queste tipologie di retribuzione e le erogazioni del c.d. welfare aziendale. Quanto alla contrattazione  nazionale  Forza Italia propone di istituzionalizzare l’istituto della mediazione del governo nelle vertenze contrattuali. La mediazione non è una novità ma ha sempre fatto parte della prassi delle relazioni industriali, con interventi in situazioni specifiche su richiesta, di volta in volta, delle parti o di particolare situazione di conflittualità. Può essere utile – viste le difficoltà sul terreno dei rinnovi fisiologici dei contratti nazionali specie in alcune categorie, fare della mediazione del governo un passaggio normale nel corso delle procedure di rinnovo. In pratica si tratterebbe di rendere obbligatorio, dopo un arco temporale predefinito in cui i negoziati non sono conclusi, un tentativo di conciliazione. Nel caso che l’iniziativa non abbia esito positivo, trascorso un altro arco temporale predefinito, il governo è tenuto a formulare una proposta di accordo di rinnovo sulla base dei materiali e delle posizioni fino allora emersi  nel corso de negoziato. La proposta non è una forma di arbitrato vincolante per le parti , ma avrebbe comunque un rilievo politico significativo.

-        *Va avviato con urgenza un processo legislativo che caratterizzi l’ attuale come la legislatura della partecipazione attiva dei lavoratori alla vita delle imprese, tenendo conto dei progetti di legge di iniziativa popolare rivolti  a dare piena attuazione all’art. 46 della Costituzione.

Lavoro temporaneo

-        Osservando le esperienze compiute nella disciplina dei contratti a termine in altri paesi (in particolare la Spagna) si avanzano le seguenti proposte: a) abolire ogni forma di causalità per proroghe o rinnovi nell’arco di 24 mesi; b) prevedere – anche con misure di incentivazione fiscale – che la conclusione del contratto a termine non comporti l’estinzione automatica del rapporto di lavoro, ma l’obbligo dell’impresa di offrire, ove possibile, al lavoratore una proposta di ricollocamento previo svolgimento se necessario di un periodo di formazione. Se il lavoratore rifiuta  l’offerta o si determina  l’impossibilità di ricollocarlo, in mancanza di un posto adeguato, si verifica l’estinzione del contratto con una maggiorazione sul tfr secondo tabelle definite nell’ambito della contrattazione collettiva; c), per il lavoro stagionale  si potrebbe prevedere un tipo di contratto a tempo indeterminato ma la prestazione lavorativa si effettua quando occorre. Nei periodi di non lavoro, i lavoratori, , se hanno i requisiti contributivi necessari , percepiscono le prestazioni previste o, altrimenti, hanno la possibilità di provvedervi. Questa condizione lavorativa  indurrebbe le aziende ad avvalersi, all’occorrenza, del medesimo personale, in regime di continuità del rapporto di lavoro, 

Sicurezza del Lavoro

Nel dibattito sugli infortuni  non si fa quasi mai riferimento alle norme (dlgs n.81/2008 e successive modifiche) che assegnano delle funzioni essenziali ai rappresentanti dei lavoratori in azienda  o a livello del territorio. E’ prevista un’intera Sezione (la VII) dove sono indicate forme di consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori eleggibili in tutte le aziende anche se piccole. I poteri di questi lavoratori sono effettivi;  possono disporre senza perdere la retribuzione del tempo necessario per svolgere i loro compiti e soprattutto il rappresentante ‘’ può fare ricorso alle autorità competenti  qualora  ritenga che le misure di prevenzione e protezione  dai  rischi  adottate  dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro’’. Ma questi  rappresentanti dei lavoratori corrono rischi di rappresaglia? Può darsi, ma sono in grado di difendersi, sulla base delle tutele sono già previste dal TU: ‘’Chi è chiamato dagli altri lavoratori a svolgere tale funzione ‘’non   può   subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria  attività e nei suoi confronti si applicano le  stesse  tutele  previste  dalla legge per le rappresentanze sindacali’’.  In sostanza, ognuno deve essere ‘’ispettore di se stesso’’ e dei propri colleghi

Va reso effettivo il coordinamento dei servizi ispettivi di Inps e Inail per poter svolgere in una volta sola controlli incrociati sulla regolarità complessiva dell’azienda e sulla posizione contributiva, assicurativa e di sicurezza dei lavoratori. Oggi ogni ispettore guarda alla materia di sua competenza e il coordinamento è affidato alla buona volontà. Dietro però ci sono anche questioni tecniche e informatiche: noi abbiamo un accesso molto parziale alle banche dati di Inps e Inail con le informazioni sulle aziende controllate. Occorre superare la frammentazione, la disomogeneità delle ispezioni e un piano organico della prevenzione” e di totale coinvolgimento di tutti i corpi ispettivi in un’unica regia nazionale” e a puntare ad una formazione dei lavoratori reale e non apparente.

 Va altresì utilizzata la sanzione della sospensione dell’attività di impresa inadempiente,  una misura che si sta rivelando efficace, tanto che negli ultimi anni si è passati da alcune centinaia a migliaia di casi.

Fra i risultati conseguiti , va rinnovata ’intesa  quinquennale siglata  dal INL con INAIL per la condivisione dei database in materia di vigilanza, a favore del processo di implementazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, previsto dal Testo unico in materia di salute e sicurezza.

Nell’ambito di una riforma della sanità andrebbe rivista un’impostazione sostanzialmente ideologica che risale all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978: la teoria della tutela unitaria della salute (prevenzione, cura e riabilitazione) che assegnò anche la problematica infortunistica alle ASL (per fortuna un referendum ha sottratto alle ASL le funzioni in materia di ecologia). In precedenza l’Inail aveva una competenza esclusiva ed era dotato persino di proprie strutture ospedaliere (i c.d. traumatologici). E’ abbastanza comprensibile che nel personale delle ASL oberate dai problemi della sanità siano carenti le figure professionali in grado di intervenire sulla sicurezza dei macchinari e sull’organizzazione del lavoro. Per inciso: i medici del lavoro sono in Italia 5,5mila su 14 milioni di lavoratori.

Lavoro sommerso e irregolare

 La lotta al lavoro sommerso, oltre a consentire il recupero di regolarità retributiva, contributiva e fiscale per il lavoratore,  è un fattore determinante per promuovere una maggiore sicurezza del lavoratore.

Lo sfruttamento e il caporalato  non si rinvengono solo in agricoltura, oggi i luoghi dello sfruttamento riguardano i migranti, i riders, la logistica, l’assistenza. Per contrastare il caporalato del terzo millennio bisogna intervenire su piattaforme digitali e grandi organizzazioni, ll “Portale nazionale del sommerso, pertanto, deve essere portato a regime consentendo al INL la  raccolta dei dati e  del monitoraggio del lavoro sommerso, indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi  assegnati dal PNRR nella materia di competenza dell’INL. Oltre ad una maggiore e più incisiva azione dei ispezioni e controlli, è opportuno un impegno dei soggetti sociali attraverso: a) gli accordi di riallineamento, con precise scadenze e tappe per transitare da una situazione territoriale o settoriale di sottosalario all’erogazione del trattamento complessivo minimo previsto nei contratti maggiormente applicati; b) una forma di ravvedimento operoso da parte dell’impresa inadempiente che, in questo modo, viene sottoposta a sanzioni più ridotte. Ovviamente misure siffatte devono svolgersi nell’ambito di un arco temporale predefinito, trascorso il quale sono maggiorate le sanzioni per le aziende che non hanno aderito e che vengono trovate in condizioni di irregolarità.

Per contrastare l’evasione nel lavoro autonomo è necessario potenziare la fatturazione elettronica. In via sperimentale per incentivare un interesse ad emettere fattura si potrebbe applicare – in quanto compatibili – le norme previdenziali previste per i liberi professionisti: una parte del contributo pensionistico dovuto dal lavoratore viene addebitato in fattura al cliente.

Retribuzioni

E’ materia di dibattito il confronto tra le retribuzioni italiane e quelle di altri paesi. Nel fare questo confronto si lamenta una situazione di inferiorità delle retribuzioni italiane. Mettendo in secondo piano la differente dinamica della produttività del lavoro. Dal 1995 il prodotto per ora lavorata è cresciuto in Italia di appena il 7 per cento contro il 26 per cento dell’area dell’euro nel suo complesso. Il PIL pro capite italiano, che a parità di potere di acquisto nel 1995 era di 9 punti superiore a quello medio dell’area dell’euro, nel 2019 era inferiore di 10 punti. Il fatto è che le retribuzioni medie sono più basse perché sono più basse, rispetto ad altri paesi, quelle più elevate. In Italia solo il 9 per cento dei lavoratori percepisce un reddito lordo annuo  superiore a 40mila euro. Tuttavia, negli ultimi anni, sia le misure di  sostegno al reddito durante la pandemia e dopo, sia i provvedimenti sulla decontribuzione hanno interessato, in varie misure,  i redditi fino a 35mila euro, quando  il segmento di contribuenti con un reddito superiore a quel limite (divenuto per legge la soglia ufficiale del benessere) paga il 56% dell’Irpef e come è noto non ha percepito alcun beneficio. E’ questa una situazione squilibrata e iniqua che va recuperata attraverso le nuove aliquote della riforma fiscale.  

*Pensioni

Misure per la transizione -- All’inizio del 2025 ripartirà, dopo il blocco introdotto nel 2019,   una delle norme più importanti della riforma Fornero: l’adeguamento automatico dei requisiti anagrafici e contributivi del pensionamento di anzianità agli incrementi dell’attesa di vita. E’ bene prendere nota, al di là delle polemiche, che la riforma Fornero nei 12 anni dalla sua entrata in vigore ha subito   deroghe e dirottamenti  di ogni tipo   che a regime hanno bruciato ben 48 miliardi dei risparmi previsti ed hanno consentito a 950mila soggetti di andare in quiescenza attraverso le regole e i requisiti previgenti. è esaurita la fase in cui  i governi succeduti al Conte 1 hanno cercato di tenere in piedi il sistema con impalcature provvisorie. Occorre mettere mano a lavori di ristrutturazione che abbiano presente il vero problema delle pensioni in Italia: la crisi demografica. Non può reggere un sistema in cui continueranno ad aumentare il numero dei pensionati delle generazioni del baby boom, che arrivano al traguardo in condizioni da anziani/giovani, portatori di una storia lavorativa e contributiva lunga e ininterrotta che consentirà loro di godersi il trattamento per almeno un paio di decenni, in proprio, e per altri anni da parte dei titolari della reversibilità (in particolare le vedove). Mentre sul versante di chi paga le platee continuano a ridursi per un motivo banale ma ineludibile: i rimpiazzi non sono adeguati perché non sono nati.

-        Prevedere l’applicabilità del principio della automaticità delle prestazioni (articolo 2116 c.c.) anche ai lavoratori parasubordinati senza partita IVA.

-         Proposta concreta : orientata alla costruzione di un sistema pensionistico pubblico basato su due componenti o “pilastri”, entrambi a carattere obbligatorio: una pensione di base finanziata dalla fiscalità generale, su base universalistica, destinata a garantire, sia pure mediante la presenza e la maturazione di alcuni requisiti, a tutti i cittadini anziani prestazioni minime adeguate alle loro esigenze di vita; e una pensione di secondo livello calcolata secondo il vigente sistema contributivo, volta a garantire prestazioni aggiuntive correlate ai contributi versati dai singoli soggetti nel corso della loro vita.

-        Attenzione a ridimensionare “opzione donna”, rendendola utilizzabile a sempre meno donne e con requisiti sempre più alti per l’età e stringenti perché debbono essere o caregiver o disoccupate o invalide, che è l’unica misura a costo zero perché in regime totalmente contributivo. Per salvare questa misura sacrosanta, e magari migliorarla un tantino, occorreva bocciare quota 100 che nessuno può sostenere fosse per i più poveri. Vanno riaffrontati altri due titoli:Colf, Badanti e Caregiver che con le attuali condizioni rischiano di stare ben al di sotto dell’assegno sociale e gli immigrati. O si fanno le convenzioni con i paesi extraUE, oppure, se e quando tornano al paesello, restituire quanto versato a Inps anche per favorire un loro turn ower che se no sono spinti, contro i loro desideri, a stare in Italia fino alla pensione con annessi ricongiungimenti familiari.

MISURA Suggerita ALBERTO BRAMBILLA Pres.Itinerari previdenziali

 

 Per aumentare il potere d'acquisto delle famiglie e quindi aumentare in modo razionale i consumi la proposta chiave è il "contrasto di interessi" che riesce a dare una soluzione a tutti questi temi senza causare perdite di gettito per l’erario. L’idea è la seguente: per un periodo sperimentale di 3 anni tutte le famiglie possono portare in detrazione dalle imposte dell'anno il 50% delle spese effettuate con regolare fattura elettronica (incrocio dei codici fiscali) nel limite di 5.000 euro annui per una famiglia di 3 componenti che aumenta di 500 euro per ogni ulteriore componente; nel caso di incapienza sono previste misure compensative (quota asili nido, mense ecc.). I lavori/servizi detraibili sono: manutenzione della casa (lavori idraulici, elettrici, edili, tappezzerie, mobili), manutenzione di auto, moto e biciclette, piccoli aiuti domestici. 

Risultati: 1) la famiglia, indipendentemente dal reddito, risparmia 2.500 euro di IRPEF (è come pagare i lavori, IVA compresa, al 50% che è una bella concorrenza agli irregolari) il che equivale a una quattordicesima mensilità che, per redditi fino a 35mila euro (il grosso dei contribuenti come emerge dall’Osservatorio di Itinerari Previdenziali), rappresenta una riduzione del 50% del cuneo fiscale. 2) Gli irregolari, diffusissimi da noi vengono drasticamente ridotti, si inizia un “circolo virtuoso” e si spezza la catena per la quale nero tira nera; questo è forse il maggiore risultato dell’intera operazione: si riafferma la legalità3) Lo Stato non fa un guadagno stratosferico, anche se le entrate migliorano almeno del 15% che, su un’evasione tra IVA (evasa per 8 fatture su 10), contributi e imposte pari a circa 160 miliardi, vale comunque 24 miliardi (giusto lo sminamento delle clausole IVA). Oltre ai contributi sociali evasi (si stimano 20 miliardi l'anno) incassa anche più IRPEF, IRES, IRAP. 

Per un Paese ad alta infedeltà fiscale il contrasto di interessi è l’unica soluzione possibile: perché non sperimentarla? Quali sono gli ostacoli? Solo politici, ideologici e burocratici. E poi, perché mai gli attuali evasori dovrebbero emergere se si riduce l’IRPEF o si applica la flat tax quando per beneficiarne dovrebbero pagare il 24% di contributi sociali, l’Inail, l’IVA e le altre incombenze fiscali?  Ultima domanda: perché non si è mai fatto se la prima proposta è del 2004? Perché è mancato il coraggio e la voglia di un cambiamento vero, fuori dai lacci della burocrazia e finalmente a favore dei nostri concittadini, soprattutto quelli onesti.

 *Misure di riforma  a valere per i nuovi assunti

Un nuovo modello previdenziale obbligatorio dovrebbe essere costituito  su due componenti: una prestazione pensionistica di base finanziata dal fisco, secondo la logica universalistica, destinata a garantire a tutti i cittadini anziani bisognosi prestazioni adeguate alle esigenze di vita; un secondo livello, di tipo contributivo puro, o addirittura costituito su basi di capitalizzazione, garantirebbe prestazioni aggiuntive correlate ai contributi versati dai singoli soggetti nel corso della loro vita (anche questo secondo pilastro avrebbe rilievo generale e, quindi, carattere obbligatorio). Resterebbe la possibilità di pensioni complementari volontarie costruite nelle forme attuali, aggiornate e sostenute da agevolazioni fiscali più adeguate.

*Welfare aziendale

Le varie forme di integrazione al welfare pubblico hanno registrato un consistente sviluppo negli ultimi anni, anche favorite da agevolazioni fiscali. La previdenza complementare (come la sanità integrativa) interessa ormai milioni di persone; e il welfare aziendale e territoriale si è diffuso nella contrattazione decentrata raggiungendo migliaia di aziende con vari tipi di benefit rispondenti ai bisogni personali e familiari di vario tipo. Lo sviluppo di tali istituti pone l’esigenza di valutarne attentamente la dimensione e le finalità per renderli utili a integrare in modo equilibrato il sistema pubblico.–

Le competenze, definiscono il valore del lavoro. I lavori che richiedono poca formazione si trovano  nei paesi industrializzati in fondo alla scala salaria .La differenza di competenze e professionalità richieste e la conseguente differenza di retribuzioni porta a un aumento significativo delle disuguaglianze.  L’IA :  le competenze umane, non si sostituisce ad esse: sebbene l’IA sia in grado di eseguire attività che richiedono conoscenze implicite, non è affidabile sui fatti e sui numeri. Questo comporta che i lavoratori non esperti e non addestrati non saranno comunque in grado di svolgere attività particolarmente rischiose. Viene invece data la possibilità ai lavoratori con un’adeguata base di competenze di aumentare il proprio livello professionale.  allo stato attuale dei fatti, l’automazione è superiore rispetto ai nuovi posti di lavoro. Se, dunque, da un lato vi è lo sviluppo di nuove competenze e nuovi impieghi, dall’altra vi sono settori in cui l’occupazione diminuirà. tutto dipenderà dall’utilizzo che si farà di queste nuove tecnologie. l’IA impiegata per sorvegliare e reprimere  o, al contrario, al suo utilizzo per lo sviluppo di vaccini e cure mediche. È di fondamentale importanza saper sfruttare gli strumenti a disposizione per migliorare le condizioni lavorativeIl rischio nel mondo del lavoro non è tanto la scomparsa della domanda di lavoro, quanto più la svalutazione delle competenze umane a fronte di competenze raggiungibili con l’IA. Questo può però contribuire a ridurre le disuguaglianze nelle professionalità e, di conseguenza, nei redditi. Riconosciuto il potenziale dell’IA pertanto chiediamoci  non più quali sono le conseguenze dell’IA, ma cosa vogliamo che essa faccia per noi. L’Università le Fondazioni Universitarie come incubatore strutturale del raccordo formazione/aziende/territorio

*PREMIO DI RISULTATO Dalla Germania negli ultimi anni sono arrivate proposte di graduale riduzioni interessanti, come la possibilità, sempre nel settore metalmeccanico, di convertire il premio di risultato annuale in ore di lavoro da ridurre per chi ha impegni di natura formativa o di cura di figli o persone anziane.Ci sono esempi e sperimentazioni in Grecia, Svezia, Islanda e Francia. Le sperimentazioni più avanzate, fino  alla riduzione effettiva dell’orario di lavoro sono da riscontrare, nel contesto internazionale, a livello aziendale, dove la conciliazione  e le esigenze di produttività e esigenze organizzative (dei lavoratori e dell’impresa) può essere costruita a partire dalle singole peculiarità. Ci sono poi mercati del lavoro molto diversi dai nostri, come quello americano, nel quale la percentuale di occupati che lavora più di 40 ore a settimana è di dieci punti maggiore rispetto a quella europea, dove l’intervento della contrattazione collettiva è fondamentale. Quello che emerge è che vi sia oggi un fermento che non ha portato però a soluzioni uguali per tutti sia rispetto alle modalità di riduzione (o spesso di rimodulazione) dell’orario sia rispetto al livello regolativo che norma tali interventi. Questo perché gli approcci ad un tema così complesso non possono che considerare sia l’eterogeneità dei processi produttivi tra diversi settori e anche tra diverse aziende all’interno del medesimo settore, sia il substrato sociale e culturale dei paesi coinvolti.Complessivamente il ruolo della contrattazione collettiva emerge come trasversale, infatti, come mostra un recente rapporto di Eurofound, in 14 paesi dei 27 della Unione Europea l’orario contrattuale è inferiore alle 40 ore stabilite per legge.La normativa in materia di orario di lavoro a livello comunitario è ferma alle direttive del 1993 e del 2000 e che sarebbe quanto mai opportuno un processo, certamente non facile, di coordinamento a livello europeo in materia per evitare i noti fenomeni di dumping su un tema che impatta tanto sui livelli occupazionali che sulla produttività del fattore lavoro. Tra 30 anni avremo otto milioni di italiani in età da lavoro in meno. I nuovi sistemi di organizzazione del lavoro e le nuove tecnologie consentono guadagni di produttività e riduzione della fatica. Ridurre e rimodulare gli orari è urgente. Tra un terzo e la metà dell'energia a livello globale è impiegata per la climatizzazione degli immobili. Ridurre i giorni di apertura dei luoghi di lavoro consente di ridurre il consumo energetico (e le emissioni) per la climatizzazione e per la mobilità in modo considerevole. Il workfrorn anywhere consente di ridurre e rimodulare gli orari attorno alla persona e diventare smart working ma non in automatico. Se non costruimmo architetture nuove del lavoro, c'è il rischio dell'ibridomania ovvero il degrado del lavoro ibrido senza orario perché si lavora sempre ma si è pagati 8 ore. Non solo, ci sarà un distacco crescente di opportunità tra chi avrà autonomia e libertà nell'organizzazione del lavoro e chi per attività avrà più difficoltà a remotizzare l'attività. Per il lavoro manuale, il lavoro di cura e in genere il lavoro non remotizzabile sarà decisivo ridurre gli orari e aumentare i salari. Lo scongelamento delle vecchie rigidità di spazio e tempo di lavoro deve prevedere un orario di cittadinanza, la possibilità di flessibilità vere per volontariato, cultura, formazione. Piu gradi di libertà per più spazio alle passioni e al proprio equilibrio. I fenomeni delle "grandi dimissioni", l'aumento delle dimissioni volontarie e del quiet quitting, la tattica opossum per cui, nonostante il lavoro chieda più partecipazione, si fa il minimo indispensabile (ci si finge morti, come l'opossum). Il lavoro e la sua contrattualistica basata sullo scambio prestazione/lavoro sono sempre più inadeguati. Il lavoro per obiettivi ha senso se dentro la condivisione di un progetto di realizzazione, di crescita di costruzione di valore comune, di solidarietà. Per questo, la "settimana corta" è una tappa intermedia in attesa che la nuova cultura d'impresa e del lavoro comprenda che i nuovi ingredienti del lavoro sono l'autonomia e libertà insieme a responsabilità, fiducia e rispetto.

 

*Occupazione femminile

Sospinta dalla redistribuzione delle opportunità occupazionali e dal rafforzamento della domanda di lavoro nel terziario, la crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con conseguente riduzione dei livelli di inattività, si associa alla progressiva diffusione del part-time. Il rafforzamento delle posizioni di lavoro in essere nel mercato del lavoro dipendente interessa sia le donne italiane che quelle straniere (che aumentano gradualmente la loro presenza nel mercato del lavoro regionale). Nel 2023, dopo la flessione dell’anno precedente, torna a rafforzarsi la crescita delle posizioni di lavoro nel caso delle donne italiane mentre flette leggermente quella delle straniere. La significativa presenza di donne tra le persone in cerca di occupazione, ma anche l’elevata numerosità di quante potrebbero far parte delle forze di lavoro (forze di lavoro potenziali) sono sicuramente due importanti indicatori delle difficoltà che ancora oggi limitano l’effettivo inserimento delle donne nel mercatodel lavoro.

Dall’Utilizzo dei fondi bilaterali ( Accordo confederale) per periodi di congedo o utilizzo della flessibilità per il bilanciamento lavoro/cura ,all’utilizzo del Fondo complementare ( strutture) per recuperare i fondi per i servizi alle famiglie (nidi-residenze anziani/disabili  che abbiamo sottratto al pnrr ,all’orario di lavoro (che segue) e alla retribuzione per obiettivi alla  promozione  concretamentedel La legge di sostegno allo sviluppo, su base negoziale, delle esperienze partecipative dei lavoratori alla vita delle imprese. Queste infatti hanno senso solo le parti sociali  mantengono  un approccio cooperativo e il datore di lavoro non ha determinato ragioni di conflitto. La riscoperta della identità e delle radici cristiane della organizzazione significa anche rilettura della dottrina sociale della Chiesa e delle sue encicliche, non certo per collateralismo clericale ma per apprezzamento di fonti culturali ben più solide di certa saggistica che trova smentite dai fatti già nel breve periodo.

 

*Lavoro autonomo

Dall’indagine Delphi Inapp-Cansis risulta che, in Italia, i lavoratori autonomi sono più di cinque milioni e rappresentano nel nostro paese circa il 21% dei lavoratori.I dati relativi all’incremento del lavoro autonomo dal 2008 al 2021, rivelano esserci una contrazione del lavoro dipendente sulla fascia d’età più giovani (under 35) a favore del lavoro indipendente. Da parte dei giovani, quindi, emerge una propensione a valutare la libera professione come possibile opzione d’impiego. Tuttavia, è opportuno segnalare che anche tra i lavoratori over 55 si registra questa tendenza di crescita.

Nonostante da tempo in Italia sia stato avviato un processo di ripensamento del sistema delle tutele anche per i lavoratori autonomi, vi sono ancora numerosi fronti che meritano l’attenzione non solo del legislatore ma anche delle parti sociali. Infatti, una rilevante difficoltà che il lavoratore autonomo incontra in Italia è quella della mancanza di rete: ciò comporta minor accesso alle informazioni, minor collaborazioni e minori opportunità di sviluppo delle competenze. Inoltre, chi oggi ha una partita iva fatica a costruirsi una progettualità di vita a causa della mancanza di garanzie nel pagamento e della concorrenza che aumenta.Lo scenario di un’economia digitale, inoltre, porta con sé il rischio di un tendenziale deprezzamento del lavoro (e, quindi, di una svalutazione delle competenze) con la conseguenza che il lavoratore autonomo che voglia elevare il proprio potere contrattuale in funzione della propria professionalità e specialità debba investire in conoscenza e formazione continua. Il composito universo del lavoro autonomo con la sua eterogeneità di profili professionali e culture di lavoro continuerà a essere un asset importante per il sistema Paese, questo dovrà essere sostenuto anche attraverso la progettazione di un adeguato sistema di tutele e assistenza compatibili con la natura del lavoro indipendente e funzionali alle esigenze che questo presenta. Su modello della Associazione Vivace , che ha l’obiettivo di rappresentare il variegato mondo del lavoro autonomo occupandosi di tutela, assistenza, formazione e informazione di chi lavora con Partita Iva, farsi promotori  di tutelare la professionalità e creare una rete di informazioni e cooperazione tra freelance. Inoltre, persegue la volontà di costruire welfare e servizi mirati senza snaturare l’autonomia dei lavoratori indipendenti. Tra gli obiettivi si riscontra anche la volontà di rappresentare i lavoratori autonomi garantendo tempi e pagamenti certi, una fiscalità e un compenso equi, condizioni di lavoro rispettose della salute, tutele previdenziali dignitose e un’attenzione prioritaria al rispetto e allo sviluppo della professionalità. La legge n. 81/2017, conosciuta anche come Jobs Act degli autonomi o Statuto dei lavoratori autonomi. In questa legge, sono state rinforzate alcune forme di tutela (la maternità obbligatoria, la necessità di essere pagati nelle giuste tempistiche, i congedi parentali) e ne sono state inserite delle nuove (la formazione, la forma scritta del contratto).Equo compenso significa  tutela del reddito dei lavoratori autonomi :  opportuno ricorrere a dei meccanismi di riconoscimento di un equo compenso,o per fronteggiare temporanei momenti di incapacità lavorativa e reddituale per cause di forza maggiore. Creare   community, per favorire  la possibilità,, di incontrare altri freelance e creare collaborazioni mirate, scambio di lavori e competenze, creare rete, contatti tra i liberi professionisti affinché questi possano interfacciarsi confrontarsi e condividere parte del proprio lavoro tra colleghi , lo sportello del lavoro autonomo, per offrire servizi di orientamento e consulenza per chi vuole aprire la Partita Iva, oltre ad un più ampio servizio di accompagnamento durante tutto il periodo della vita lavorativa (su contratti, obblighi di legge, ricerca di finanziamenti etc…).

FISCO

Il fisco non deve avere innanzitutto una funzione esclusivamente impositiva, ma di sostegno, individuando le azioni virtuose da perseguire promuovendo le giuste agevolazioni e semplificazioni. In termini generali crediamo inoltre che le risorse del PNRR debbano favorire la costituzione di società e associazioni di lavoratori autonomi, sostenendo con misure specifiche la libera professione di donne e giovani in particolare coloro che sono residenti al sud. In materia di fisco chiediamo che:

  • il regime forfettario deve essere conservato, prevedendo al contempo la deducibilità delle spese relative alla formazione, alla digitalizzazione e alla stipula di polizze assicurative sanitarie, anche per la non auto sufficienza, infortunistiche, e per la responsabilità civile e professionale;
  • ridurre i costi amministrativi e fiscali di start up, in particolare, considerata la persistente difficoltà di accesso al credito per un professionista, soprattutto nella fase di avvio dell’attività, l’attuale regime agevolato al 5% chiediamo che venga portato al 2% per gli under 35 e che vengano neutralizzati gli anni in cui il professionista ha fatturato meno di 5000 euro (per esempio in caso di maternità, malattia o nel caso di cura dei figli);
  • È inoltre indispensabile prevedere forme strutturali di contributi a fondo perduto che siano rivolti ai lavoratori autonomi (non esclusivamente a coloro costituiti sottoforma di impresa) in particolare a donne e giovani alla prima esperienza lavorativa, in quanto il sistema del credito non sempre fornisce le risposte e i sostegni adeguati;
  • Ridurre la doppia tassazione sui contributi versati alle Casse per aumentare le misure di welfare erogate dalle stesse.

 EQUO COMPENSO E TUTELA CONTRATTUALE

Proporre un intervento che non pregiudichi la libera autodeterminazione del compenso tra un lavoratore autonomo e il proprio committente, ma che definisca un perimetro all’interno del quale evitare gli abusi e i comportamenti patologici, in particolare:

  • Vietare le prestazioni gratuite, soprattutto se richieste dalla PA;
  • Introdurre regole che limitino il potere dei cd. “committenti forti”, ovvero coloro che hanno un elevato numero di professionisti che svolgono la medesima attività o che hanno un fatturato molto consistente, che proprio per la loro forza economica inibiscono il professionista nella definizione del giusto compenso;
  • Prevedere la nullità di clausole vessatorie che limitino le tutele del professionista, prevedendo l’obbligatorietà della forma scritta per tutti gli incarichi superiori ad un determinato importo economico;
  • Tempi certi e percorsi agevolati per contestare i ritardi e i mancati pagamenti;
  • Siano rilanciate le convenzioni tra i Centri per l’Impiego e le associazioni di rappresentanza del lavoro autonomo, oltre che per informare e orientare il professionista, anche come sedi di risoluzione conciliative delle possibili controversie;
  • Confermare il ruolo del Tavolo del Lavoro autonomo istituito presso il Ministero del Lavoro, incrementando la propria attività, in particolare introducendo una commissione che possa prevedere criteri e definizione dell’equo compenso per specifiche categorie di lavoratori o di committenti.


FORMAZIONE E POLITICHE ATTIVE

Le competenze sono indispensabili per un lavoratore autonomo. Essere aggiornato, preparato, in linea con quanto il mercato e i committenti chiedono è indispensabile per garantire un futuro alla propria professione. Il PNRR e il programma GOL può essere una base di partenza, che deve necessariamente svilupparsi in queste direttrici:

  • Per i beneficiari dell’ISCRO passare all’attuazione ed erogazione delle politiche attive;
  • Attivare dentro il programma GOL la presa in carico del lavoratore autonomo che chiude la partita iva o è una partita iva inattiva (cd. dormiente), ma anche per coloro che una volta terminata la fruizione dell’ISCRO, non avendo chiuso la partita iva, sono ancora in una condizione di difficoltà professionale;
  • Prevedere voucher per la formazione continua, in particolare per giovani under 35 e donne;
  • Introdurre in ogni azione formativa il bilancio e la certificazione delle competenze, oltre a prevedere una misura di formazione sulle competenze manageriali e trasversali di start up.

La formazione deve essere necessariamente tarata sulle caratteristiche del lavoro autonomo, evitando di duplicare interventi pensati e realizzati per il lavoro subordinato.

PRESTAZIONI GESTIONE SEPARATA INPS

Le prestazioni oggi in essere, da dati ufficializzati dalla stessa INPS, dimostrano come queste siano poco utilizzate dagli stessi professionisti: se da una parte si evidenzia una difficoltà nel reperire informazioni e procedere con le richieste, dall’altra emerge che le attuali prestazioni sono costruite in larga parte su esigenze che non sempre rispecchiano quelle del professionista, con grande attenzione al tema della non auto sufficienza (sia direttamente per il libero professionista, sia come sostegno legata alla cura dei propri famigliari). Per questo riteniamo sia necessario intervenire su una revisione degli attuali parametri di alcune principali prestazioni:

  • Prevedere una “prestazione universalistica minima” di tutela della maternità in favore delle collaboratrici e professioniste iscritte alla Gestione Separata in regola con i versamenti che non riescono ad accedere all’attuale prestazione per mancanza di requisiti. La nuova misura andrebbe a coprire quello che si definisce “il periodo di astensione obbligatoria”, ma che con la legge 81/17 viene, per le libere professioniste di fatto superato, attraverso l’erogazione di una tantum di importo variabile in base all’Isee e all’anzianità di contribuzione.
  • Per quanto concerne la paternità, in un’ottica sempre maggiore di allargamento al diritto alla genitorialità, è necessario prevedere anche per le partite iva iscritte alla Gestione Separata Inps la necessità di prevedere un periodo di “astensione retribuita” per poter stare con i propri figli.
  • I professionisti che versano alla Gestione Separata, avendo affrontato situazioni problematiche di salute opportunamente certificate, possano ricevere un rimborso forfettario alla malattia di un importo massimo di spesa di 500 euro, da riparametrare in base all’indicatore Isee e al regime fiscale della lavoratrice (se forfettario o ordinario)

Infine, riconoscere la contribuzione figurativa per i periodi di malattia con ricovero ospedaliero.Per quanto riguarda la prestazione dell’ISCRO il numero delle persone che chiedono di accedervi è ancora basso. I parametri inseriti nella fase di sperimentazione sono troppo
ristrettivi per rendere fluido l’accesso; al contempo si è alzato il contributo a carico delle partite iva per finanziare questa prestazione. Come vIVAce riteniamo urgente e necessario chiedere una nuova fase di sperimentazione, con i seguenti correttivi:

  1. Avere nell’anno di presentazione della domanda un reddito non superiore ai 15.000 euro (e non 8.299,76, come indicato dall’INPS per il 2022) e comunque inferiore al 30% dei redditi dei due anni precedenti;
  2. Essere titolari di partita Iva da almeno 2 anni, alla data di presentazione della domanda (e non da 4 anni);
  3. Annullare l’aumento contributivo per gli anni 2022/2023;
  4. Predisporre interventi per informare adeguatamente gli iscritti alla gestione separata, coinvolgendo le sedi INPS, le Associazioni di rappresentanza, i Patronati e i CAF.

Il diritto alla pensione è un diritto di tutti. Da sempre le partite iva che versano in Gestione Separata Inps si trovano delle pensioni che non garantiscono una vecchiaia dignitosa.

Per questo ai fini del raggiungimento del minimale contributivo annuo, si consideri un imponibile reddituale legato ad un periodo almeno triennale, così che l’anzianità contributiva non sia soggetta alla variabilità del reddito, ma gli effetti delle fluttuazioni tipiche del lavoro autonomo vengano mitigati almeno dal punto di vista previdenziale.Per assicurare una pensione dignitosa ai lavoratori autonomi, garantendo meccanismi di flessibilità in uscita dal lavoro, favorendo inoltre l’accesso alla previdenza complementare.

 ALESSANDRA SERVIDORI     22 marzo 2024

 

 

 

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