Editoriali
Papa FRANCESCO le donne la Chiesa
Alessandra Servidori
Papa Francesco ora riposa in Santa Maria Maggiore e come cattolica , un po' fuori dal coro, consapevole di assumermi la responsabilità che comunque si paga in termini di dissenso di altri, lascio andare le miei riflessioni più sincere.Anche pochi giorni fa non ho condiviso con il referente della pastorale del lavoro della Curia la promozione di un evento ancora sulla falsa riga di quello dell’anno scorso sulla prevenzione salute e sicurezza sul lavoro perché troppo impostato su testimonianze di familiari delle vittime. Bisogna assumersi la responsabilità di agire concretamente. Ho avuto come pecora il privilegio di crescere in tarda età con un maestro unico come Giacomo Biffi che mi ha fatto da pastore fino ad assolvermi dei miei peccati che altri non hanno mai capito quanto dolore e pentimento possono aver massacrato la vita di una donna. Giacomo Biffi teologo eccelso sarebbe potuto essere un ottimo Pontefice ma avversato dalle correnti del clero, ne parlava comunque serenamente e ha lasciato questa terra concedendomi il tempo utile per imparare il Vangelo. Dunque da San Luca , Sant’Agostino,San Matteo e oltre il Cardinale ha sempre valorizzato il ruolo delle donne della Chiesa e mi ha insegnato quanto ancora di strada nei secoli a venire si poteva fare e non si è fatto e non si farà. Dunque ho letto con interesse Lucetta Scaraffia , docente di storia contemporanea che per anni ha collaborato con l’Osservatore romano, ha scritto decine di libri e si è espressa in questi giorni ( come sempre) molto direttamente e in contrasto con il pontificato di Francesco. Certo è che Papa Bergoglio ha lasciato una eredità pesante al suo successore e condivido la verità sulla presenza delle donne nella Chiesa e nonostante i gesti simbolici di Francesco , il peso della presenza femminile non è cambiato. A cominciare dalle congregazioni che si stanno riunendo prima del Conclave e questa assenza prova che alle donne è riservato solo il ruolo di esecutrici anche se nella Chiesa Cattolica lavoriamo , pensiamo, proponiamo, discutiamo, stimoliamo e Papa Francesco lo aveva capito. Da subito ha lavato i piedi di una carcerata musulmana e poi ancora negli anni ha sempre privilegiato questo gesto , accompagnato da una visione molto innovatrice per il ruolo femminile che doveva essere oltre la presidenza della Caritas e nelle parrocchie come perpetue : nella Evangelii Gaudium ha sottolineato come le donne sono indispensabili e una loro presenza più incisiva nella Chiesa in ruoli di pari dignità dei maschi è fondamentale. Per il Giubileo del 2015 ha aiutato con carità a promuovere la possibilità di una donna che ha abortito di confessarsi con un sacerdote sciogliendo il vincolo odioso che la gerarchia ecclesiastica dimostra tutt’ora nei confronti di coloro che hanno interrotto una gravidanza.E ancora il riconoscimento di Maria Maddalena come apostola tra gli apostoli aprendo nuove possibilità al riconoscimento dell’identità e dignità femminile e in seguito l’apertura di due ministeri – accolitato e lettorato - alle letture femminili al servizio all’altare e la catechesi che è da secoli gestito da cattoliche. Io mi auguro che la nuova Commissione voluta da Francesco per il diaconato femminile lavori ad un percorso di crescita della consapevolezza che la presenza nella Chiesa anche a seguito di tante cattoliche nominate da Lui sia un processo inarrestabile . La questione della violenza e degli abusi sessuali in seno alla Chiesa cattolica è una verità seria che va affrontata con l’impulso che ha dato Francesco prese dal Vangelo di Matteo: sono il titolo e le prime parole del nuovo Motu proprio di Francesco dedicato alla lotta agli abusi sessuali commessi da chierici e religiosi, nonché alle azioni o alle omissioni dei vescovi e dei superiori religiosi «dirette a interferire o eludere» le indagini sugli abusi, anche a carico di suore. Il Papa ricorda che i «crimini di abuso sessuale offendono Nostro Signore, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli», e menziona la particolare responsabilità che hanno i successori degli apostoli nel prevenire questi reati ed il documento stabilisce nuove norme procedurali per combattere gli abusi sessuali e assicurare che vescovi e superiori religiosi rendano conto del loro operato. È una normativa universale, che si applica all’intera Chiesa cattolica. Vos estis lux mundi pone l’accento sull’importanza di tutelare i minori (persone con meno di 18 anni) e le persone vulnerabili. Viene infatti ampliata la nozione di “persona vulnerabile”, non più ristretta alle sole persone che non hanno “l’uso abituale” della ragione, fino a comprendere anche i casi occasionali e transitori di incapacità di intendere e di volere, nonché le disabilità di ordine fisico. Non più silenzio omertoso dunque e affidiamo soprattutto alle giovani donne la speranza e gli strumenti per aprire nuove possibilità di una presenza autorevole e indispensabile.
MODENA UNIMORE -5 MAGGIO- Parliamo di letteratura ebraica
UNIMORE -UNIVERSITA’DEGLI STUDI
MODENA/REGGIO EMILIA – Dipartimento studi linguistici e culturali – San Geminiano
MODENA 5 MAGGIO 2025 -h 15,45/17,45
Patrimonio culturale immateriale e percorsi di diritto, religione, letteratura
Paul Ricoeur, Chaim PotoK e la letteratura ebraica
Relatori
Prof. Daniele Cananzi (Università degli Studi Mediterranea)
Prof Fabio Franceschi ( Università di Roma La Sapienza)
Interventi programmati :
Dott.sa Basira Hussen -Unimore-
Dott.sa Elena Siclari -Università degli Studi Mediterranea -
Introduce e presiede : Prof.ssa Alessandra Servidori - Componente CT- PdCM per la Nuova Strategia Nazionale di contrasto all’antisemitismo
CONCLUDE
Prof. Vincenzo Pacillo UNIMORE
Ancora su AI : riflettiamo
Intelligenza artificiale e selezione del personale: governance degli algoritmi, inclusione e ruolo degli stakeholder
L’intelligenza artificiale sta ridefinendo il profilo della selezione del personale, come emerge dall’interessante articolo a firma di Giampaolo Colletti, pubblicato su Il Sole 24 Ore del 23 aprile 2025, nel quale viene illustrato il quadro tracciato dall’Osservatorio Zucchetti HR 2025. Secondo l’indagine, il 70% dei manager intervistati individua nell’IA una leva strategica per l’automazione dei processi decisionali in ambito lavorativo, in particolare per l’analisi dei dati, la valutazione dei curriculum vitae e la formulazione di suggerimenti formativi. L’IA viene descritta come uno strumento già ampiamente diffuso, in grado di supportare l’efficienza operativa e rafforzare l’allineamento tra gestione delle risorse umane, benessere organizzativo e innovazione. Tuttavia, lo stesso articolo rivela – seppur in modo implicito – una visione tecnocratica della trasformazione digitale, che tende a presupporre un’intrinseca neutralità dell’algoritmo e assegna alla dirigenza HR il compito esclusivo di governarne le applicazioni, con un focus quasi esclusivo sugli esiti aziendali e produttivi.
Ci permettiamo di suggerire invece un’angolazione, dell'esplorazione sul tema, maggiormente orientata ai profili giuridici e sistemici, mettendo in evidenza come l’introduzione dell’IA nei processi di selezione comporti anche un’ineludibile ridefinizione dei rapporti tra tecnologia, diritto e democrazia inclusiva. Laddove l’articolo del Sole 24 Ore delinea gli stakeholder come attori interni all’impresa – in primis i responsabili HR, i dirigenti e i fornitori di soluzioni digitali – la nostra riflessione insiste sull’esigenza di ampliare il perimetro della partecipazione, prevedendo meccanismi di consultazione stabile tra le organizzazioni associative del lavoro e le realtà rappresentative delle categorie più esposte al rischio di esclusione, come le persone con disabilità, i lavoratori migranti o chi presenta percorsi atipici e discontinui.
La differenza di impostazione è significativa: mentre dal contributo giornalistico si evince come il coinvolgimento degli stakeholder appaia funzionale alla personalizzazione delle politiche di benessere e alla fidelizzazione del personale, nell'approccio che suggeriamo, il dialogo tra soggetti eterogenei è inteso come presidio etico e istituzionale per la prevenzione dei bias algoritmici e per la legittimazione democratica dei criteri di selezione. Non si tratta, dunque, di integrare ex post una funzione sociale a un processo già automatizzato, ma di costruire sin dall’origine un sistema trasparente, contestabile e inclusivo, nel quale i criteri di valutazione siano co-determinati anche da chi quotidianamente rischia di essere escluso.
L’AI Act europeo, che ha correttamente classificato i sistemi di IA per la selezione del personale come tecnologie ad “alto rischio”, impone una serie di obblighi formali – come audit, tracciabilità, supervisione umana – che, pur rappresentando un avanzamento significativo, non sono da soli sufficienti a prevenire discriminazioni indirette derivanti da dati incompleti, distorti o selettivamente rappresentati. Un esempio emblematico riguarda le disabilità non dichiarate nei CV, le carriere discontinue dovute a responsabilità di cura o malattie anche rare, invalidanti e progressive, oppure l’uso di linguaggi e format non conformi agli standard professionali dominanti, che l’IA può interpretare come segnali di inadeguatezza.
Per questi motivi, riteniamo che sia necessario promuovere tavoli permanenti di confronto tra professionisti HR, esperti giuridici, enti regolatori e associazioni rappresentative dei gruppi vulnerabili, capaci di elaborare linee guida settoriali e standard comuni in materia di equità algoritmica.
Un confronto aperto e strutturato tra esigenze operative delle imprese e diritti delle persone renderà possibile evitare che l’IA, invece di costituire un’opportunità di democratizzazione dell’accesso al lavoro, diventi un ulteriore strumento di selezione escludete, con conseguenze sociali che oggi non siamo in grado di immaginare se non in minima parte.
Nel modello auspicato, gli stakeholder non sono meri destinatari o regolatori esterni del processo, ma co-protagonisti nella definizione delle metriche, nella valutazione d’impatto e nella gestione delle segnalazioni. A differenza dell’approccio verticale evidenziato nell’articolo, che si affida alla governance tecnica delle imprese e alle dinamiche di mercato, proponiamo una governance dialogica e partecipativa, nella quale il pluralismo sociale venga riconosciuto come risorsa interpretativa e non come ostacolo alla semplificazione algoritmica.
L’intelligenza artificiale applicata alla selezione del personale rappresenta un banco di prova decisivo per la tenuta dei principi costituzionali di uguaglianza e non discriminazione, tanto più nei confronti delle persone con disabilità. In tal senso, la trasformazione digitale non può essere pensata come un’evoluzione neutra dei processi, ma come uno spazio normativo e politico in cui ridefinire, in chiave inclusiva, il significato stesso di “merito”, “potenziale” e “valore professionale”. La sfida che ci attende non è soltanto tecnica, ma, sopratutto, culturale e istituzionale: si tratta di scegliere se delegare agli algoritmi il compito di selezionare i talenti, oppure se costruire collettivamente i criteri con cui la società del lavoro del futuro sarà chiamata a riconoscerli.
Francesco Alberto Comellini
Componente del Comitato Tecnico Scientifico dell'Osservatorio Permanente sulla Disabilità - OSPERDI ETS
Disabilità e d'intorni
FAC ovvero Francesco Alberto Comellini su disabilità e d'intorni
Il DEF 2025 introduce misure rilevanti per la disabilità, tra cui fondi per università e AFAM, ma manca ancora una strategia strutturata e sistemi di monitoraggio efficaci. Persistono criticità in ambito lavorativo e sul ruolo dei caregiver familiari. Proposta l’introduzione di un indice oggettivo (IPSA) per valutare l’efficacia delle politiche. La programmazione resta frammentata e priva di indicatori condivisi.
Quadro programmatico e risorse per la disabilità nel DEF 2025: sintesi analitica e confronto tendenziale
Il Documento di Economia e Finanza 2025 introduce un insieme di misure che, pur mantenendo una struttura prevalentemente aggregata nella rappresentazione delle politiche sociali, segnano alcuni avanzamenti rilevanti in materia di disabilità, non autosufficienza e diritto allo studio. Si conferma il rifinanziamento del Fondo per le non autosufficienze e, in generale, una stabilità del peso delle prestazioni sociali sul PIL. Tuttavia, nonostante alcuni passi in avanti, permane l’assenza di una strategia nazionale strutturata e monitorabile per l’inclusione delle persone con disabilità, sia nell’ambito delle politiche assistenziali che in quello dell’autonomia individuale e lavorativa.
Particolare attenzione per quel che ci occupa, viene dedicata, in via programmatica, al rafforzamento del diritto allo studio nella formazione superiore. Tra le misure previste, si segnala l’assegnazione di 13 milioni di euro annui per le università e 3 milioni per le istituzioni AFAM, destinati a interventi mirati per studenti con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento, somme peraltro da riconsiderare alla luce dei dati delle rilevazioni ANVUR che potranno rese note entro il terzo trimestre 2025. Questo rappresenta un segnale di discontinuità rispetto al DEF 2024, che non contemplava stanziamenti specifici a tale scopo. Tuttavia, l’assenza di criteri pubblici di assegnazione e di sistemi di monitoraggio dell’impatto rende difficile una valutazione di efficacia. In ambito scolastico, ad esempio, è confermato l’aumento dell’organico degli insegnanti di sostegno a partire dall’anno scolastico 2025/2026, ma la misura non è integrata da un piano complessivo sul diritto allo studio degli alunni con disabilità né da strumenti valutativi.
Sul piano lavorativo, le misure riportate nel DEF 2025 restano generiche. Non sono individuabili strumenti specifici per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, nonostante i dati contenuti nella Relazione al Parlamento sulla Legge 68/1999 (anni 2020-2021) evidenzino tassi di scopertura particolarmente elevati. In dettaglio, nel settore privato risultavano vacanti oltre 151.000 posizioni riservate, pari a circa il 32% delle quote previste, mentre nel settore pubblico la scopertura si attestava attorno a 11.000 posti, pari al 17% del totale. L’assenza di stanziamenti dedicati e di interventi mirati a ridurre la frammentazione tra politiche attive, collocamento mirato e sistema di incentivi evidenzia una criticità sistemica che permane anche nel DEF 2025.
Per quanto riguarda i caregiver familiari, non si registra nel DEF 2025 l’attuazione della disciplina introdotta con la Legge di Bilancio 2017, né l’istituzione (o re-istituzione) di un fondo strutturale dedicato. Sebbene siano in discussione in Parlamento numerose proposte di legge in materia, la programmazione economico-finanziaria nazionale continua a ignorare tale figura, la cui rilevanza sociale è invece sempre più riconosciuta anche in sede europea.
Nel confronto con i documenti di economia e finanza del 2024, si evidenzia un progresso sul piano della visibilità finanziaria degli interventi per disabilità nel settore dell’istruzione superiore, ma persistono significative carenze in termini di integrazione delle politiche, misurabilità degli impatti e governance multilivello. La prospettiva di una programmazione inclusiva resta dunque affidata alla discrezionalità attuativa, senza vincoli strutturali o indicatori comuni.
L’adozione di strumenti oggettivi di valutazione, come un ipotetico indice di pressione sociale aggregata (IPSA) di nuova istituzione, proposto anche in via sperimentale, potrebbe rappresentare una soluzione utile per misurare in modo comparabile nel tempo e tra territori l’efficacia degli investimenti in politiche per la disabilità. L’IPSA potrebbe essere costruito come indicatore composito (anche modulare), articolato su tre assi principali: incidenza della spesa pubblica specificamente destinata alla disabilità in rapporto al PIL e alla popolazione target; tasso di accesso e permanenza nei servizi educativi, lavorativi e assistenziali da parte delle persone con disabilità; livello di copertura degli obblighi previsti dalla normativa vigente (ad esempio, Legge 68/1999, normativa sul sostegno scolastico e universitario, misure per la vita indipendente, ecc.).
In assenza di tali strumenti, anche i miglioramenti quantitativi introdotti nel DEF 2025, ove realizzati, rischiano di non tradursi in effettivi e percepiti avanzamenti nella tutela dei diritti e nella partecipazione delle persone con disabilità alla vita educativa, lavorativa e sociale del Paese.
Francesco Alberto Comellini -Comitato Tecnico Scientifico-Osservatorio Permanente sulla Disabilità -info @ osperdi.it
INTELLIGENZA ARTIFICIALE : RISCHI E OPPORTUNITA'
INTELLIGENZA ARTIFICIALE : RISCHI MA SOPRATUTTO OPPORTUNITA' SE........Tutteperitalia
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L’Intelligenza artificiale sta ridisegnando gli equilibri globali nei settori tecnologico, economico e politico. Mentre Stati Uniti e Cina avanzano, l’Europa è ferma a un bivio: restare un semplice consumatore di tecnologie sviluppate altrove o riconquistare un ruolo di leadership nell’innovazione strategica. Ora poi con la situazione di dominio globale di forze internazionali la situazione è sempre più delicata. l’Ia non si limita più a modellare il futuro, ne sta diventando il principale artefice. Se l’Europa vuole sopravvivere in questo scenario, deve prendere decisioni urgenti in materia di ricerca, infrastrutture e governance. Per anni, i giganti tecnologici americani si sono sfidati in una competizione aspra ma regolata da un equilibrio interno. I team tecnici che hanno contribuito a reinventare l’Ia sono sempre stati strenui difensori di ricerca e sviluppo in modalità open-source, moderati solo dalle norme aziendali. Tuttavia, questi equilibri e le dinamiche di mercato sono radicalmente cambiati nel 2022, quando OpenAI ha scelto un modello chiuso e proprietario, rigidamente controllato. Questa svolta ha innescato una reazione a catena nel settore. Alcune aziende, tra cui Meta hanno scelto un approccio opposto, rilasciando open-source il loro modello di linguaggio LLaMA, rendendolo accessibile all’intero ecosistema tecnologico e finanziario internazionale. Una decisione che, se da un lato rifletteva l’orientamento accademico dei team di ricerca, dall’altro era un’operazione strategica ben ponderata: piuttosto che tentare di competere direttamente contro di loro, Meta ha deciso di ridefinire la distribuzione del potere tecnologico.In questo scenario di collaborazione aperta, DeepSeek è inizialmente apparso come un colpo di scena tecnologico – una start-up agile e veloce, capace di scardinare la gerarchia globale dell’Ia. Vero è però che l’azienda ha potuto contare su oltre un miliardo e mezzo di dollari in hardware e spende quasi un miliardo di dollari all’anno in capacità computazionali. Sebbene più piccolo rispetto ai colossi occidentali, DeepSeek ha costruito il proprio successo poggiandosi proprio sul loro open-source e introducendo miglioramenti brillanti e molto ben finanziati. Sono il suo crescente peso globale e la sua influenza nel mercato asiatico a segnalare uno spostamento geopolitico di primo ordine. La supremazia dell’Occidente nell’Ia non è più scontata e l’Europa, che negli ultimi vent’anni ha lasciato crescere il suo ritardo tecnologico, è l’area più esposta a questa transizione. Ora come evitare il declino e diventare un attore determinante nel futuro dell’Ia ?Esiste ancora una finestra di opportunità, che passa attraverso la creazione di un Centro europeo di ricerca sull’Intelligenza artificiale, sul modello del Cern. Significa trasformare l’Ia in una disciplina scientifica rigorosa, così come la termodinamica – sviluppata trent’anni dopo la macchina a vapore – ha fornito le basi teoriche per l’intera rivoluzione industriale. Un istituto del genere consentirebbe all’Europa di sviluppare un approccio indipendente all’Ia, consolidando la ricerca, arginando la fuga di cervelli e promuovendo soluzioni sostenibili per il suo impatto energetico. E tutto questo a un costo ridotto: le stime indicano che un centro europeo sull’Ia richiederebbe appena un ventesimo del budget del Cern, sfruttando l’infrastruttura computazionale esistente e connettendosi alla rete ad alta velocità Geant. L’idea di un Cern per l’Ia non è nuova: è stata inserita nel Piano nazionale della ricerca italiano del 2019, ripresa nel rapporto di Mario Draghi sulla competitività europea, discussa alFrench AI Summit e persino menzionata dai vertici della Commissione europea. Tuttavia, la politica europea sull’Ia resta ambigua. L’iniziativa InvestAI della Commissione sembra puntare più sulla creazione di grandi infrastrutture computazionali che sulla ricerca fondamentale. Questo modello – che ricalca il modello americano – rischia di accentuare la dipendenza europea dalla tecnologia straniera, piuttosto che dare all’Europa una propria agenda strategica nell’Ia. L’Europa, dunque, non dovrebbe limitarsi a replicare il modello della Silicon Valley, ma sfruttare i propri punti di forza per comprendere, perfezionare e governare questa rivoluzione. Dare priorità alla ricerca e al capitale umano rispetto agli investimenti in infrastrutture computazionali aiuterebbe non solo l’Europa, ma l’intero ecosistema globale dell’Ia, rendendolo più equilibrato e sostenibile.
Un ecosistema globale dell’Ia, equilibrato e sostenibile, potrebbe anche fungere da pre-requisito per l’accettazione più ampia di ciò
che l’Europa è in grado di offrire per assicurare un uso della stessa Ia che sia al contempo efficace e sicuro: il meglio (e non il peggio) delle sue qualità regolatorie. L’Europa viene spesso criticata per la sua propensione a eccedere nella regolazione delle attività umane. È una propensione innegabile ed è giusto chiederne correzioni e limitazioni, specie nell’area delle alte tecnologie. Si è notato – lo ha scritto da ultimo Mario Draghi – che l’ottemperanza al Gdpr (il regolamento sulla protezione dei dati personali) è costata alle piccole imprese tecnologiche europee sino al 12% dei loro profitti. È un dato che segnala l’irrinunciabile necessità di semplificazioni. Tuttavia, eliminare ogni regola, proclamare la libertà assoluta e definire quindi la democrazia incompatibile con la libertà non sono gli antidoti adeguati contro l’eccesso di regolazione. Tanto meno lo sono laddove è di scena l’Ia, la quale può produrre effetti che sono da evitare per nulla di meno della salvaguardia stessa dell’umanità. Sappiamo bene che l’Ia non è il frutto di una volontà distruttiva, né dell’intento di esercitare dominio sugli altri. Sappiamo che essa è, al contrario, un frutto della ricerca scientifica più genuina, i cui effetti a beneficio di tutti possono essere semplicemente enormi. Tuttavia, sappiamo altrettanto bene dei disastri umani che scaturiscono non da disegni umani, ma dall’interconnessione di azioni umane. Ebbene, sono i disastri di questo genere quelli che possono scaturire da un uso non regolato dell’Ia. I sistemi di Ia generalista producono immagini, video, voci e testi che di per sé non sono riconoscibili come artificiali. Che cosa succede se tutti questi prodotti sono presentati e usati come se fossero veri e se arrivano a formarsi segmenti di opinione pubblica fondati su questa falsa impressione? Ci sono sistemi che si avvalgono di tecniche subliminali, che vanno al di là della nostra consapevolezza. Che cosa succede se vengono utilizzate con lo scopo di orientare i nostri comportamenti? Per non parlare degli algoritmi che raccolgono dati, li usano per classificare le persone, o gruppi di persone, con l’effetto che queste saranno assoggettate a trattamenti deteriori su questa sola base.
Ebbene, come dobbiamo considerare queste ipotesi, tutt’altro che ipotetiche? Implicazioni naturali di libertà d’impresa da garantire in ogni società libera? O, al contrario, manifestazioni di un potere abusivo, che una società libera non può permettere? Una società è libera quando i suoi cittadini interagiscono fra di loro esercitando ciascuno la propria libertà. Mentre il tasso di libertà è, a dir poco, ridotto quando qualcuno di loro esercita non libertà, ma potere nei confronti di altri. Il che accade tutte le volte che un privato cittadino adotta decisioni che producono effetti nella sfera di altri, senza il loro consenso e addirittura a loro insaputa. È questo che non è compatibile con una società libera ed è anche per limitare e possibilmente prevenire un tale potere che il potere pubblico esiste ed è legittimato dai cittadini.
In conclusione: un’Europa indipendente e competitiva nelle tecnologie dell’Ia può essere tanto un pilastro (e non già un beneficiario dipendente da altri) di un sistema di Ia stabile e cooperativo, quanto la fonte delle equilibrate risposte regolatorie che la comunità globale dovrà comunque dare al dilemma cruciale che ha davanti, quello fra libertà e potere. “Fewer rules, better people” potrebbe esserne il principio ispiratore. Oggi è una formula molto popolare come titolo di libri, di articoli e di lezioni. Può essere una piattaforma condivisa per il futuro, sempre che tutti siamo disposti a condividerne anche i limiti.
Abilitazione scientifica nazionale e disabilità
Abilitazione Scientifica Nazionale e disabilità: inquadramento giuridico e proposta normativa di adeguamento sistemico.
FAC di Francesco Alberto Comellini*
Il sistema di reclutamento universitario italiano, disciplinato dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240, e imperniato sulla procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), si fonda su criteri standardizzati di valutazione della produzione scientifica, applicati in maniera uniforme, indipendentemente dalle condizioni soggettive dei candidati. Tale assetto non contempla, allo stato attuale, misure volte a compensare gli effetti di discontinuità accademiche determinate da situazioni di disabilità o di impegno in attività di cura familiare prolungata e gravosa.
Questa rigidità valutativa determina, nei fatti, un effetto discriminatorio indiretto, in contrasto con i principi di uguaglianza sostanziale, di non discriminazione e di inclusione, sanciti dagli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione. Tali principi sono rafforzati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che con la sentenza n. 275 del 2016 ha riaffermato la preminenza dei diritti incomprimibili delle persone con disabilità, anche in presenza di vincoli organizzativi e finanziari. Sul piano sovranazionale, il diritto all’accomodamento ragionevole trova esplicito riconoscimento nell’art. 2 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18) e nell’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE, entrambe fonti vincolanti ai sensi dell’art. 117, comma 1, della Costituzione.
L’istituto dell’accomodamento ragionevole, elaborato originariamente in ambito internazionale, è stato progressivamente recepito nel diritto italiano, dapprima in forma indiretta nel contesto lavoristico e antidiscriminatorio (D.lgs. 216/2003, attuativo della Direttiva 2000/78/CE, e L. 67/2006), poi attraverso la giurisprudenza costituzionale e amministrativa, e infine mediante una compiuta codificazione normativa ad opera dell’art. 17 del D.lgs. 3 maggio 2024, n. 62. Quest’ultimo ha introdotto il nuovo art. 5-bis nella legge 5 febbraio 1992, n. 104, stabilendo che l’accomodamento ragionevole è costituito dall’“insieme delle misure e degli adattamenti, anche organizzativi, che possono essere richiesti alle amministrazioni pubbliche, ai concessionari di pubblico servizio e ai soggetti privati, anche in qualità di datori di lavoro, per garantire i diritti della persona con disabilità, qualora il rispetto della disciplina generale non risulti sufficiente a tal fine”. Si tratta, dunque, di un principio generale, pienamente operante anche in ambito accademico e selettivo, laddove l’uniformità procedurale rischi di compromettere l’equità sostanziale.
In questo contesto si colloca la proposta di modifica dell’articolo 16 della legge n. 240/2010, mediante l’introduzione di un nuovo comma 9-bis, che riconosca esplicitamente il diritto a misure di accomodamento ragionevole nell’ambito della procedura ASN per le persone con disabilità e per i caregiver familiari. Le misure proposte, calibrate in modo proporzionato e non lesive del merito, introducono esplicitamente forme compensative per i soggetti in condizione di disabilità o di cura gravosa. In particolare, ai candidati con disabilità documentata (ai sensi dell’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104) o con patologie invalidanti, nonché ai soggetti che abbiano svolto attività di caregiver familiare, o che tale attività sia ancora in essere alla data di indizione della procedura selettiva, per un periodo continuativo o frazionato pari almeno alla metà dell’intervallo massimo di osservazione previsto dal regolamento ministeriale per la valutazione scientifica, è riconosciuto il diritto di richiedere, a titolo di accomodamento ragionevole, l’incremento fino a un terzo dei limiti temporali massimi ordinariamente previsti per la valutazione della produzione scientifica, ove ciò risulti necessario per compensare le oggettive discontinuità derivanti dalla condizione di disabilità o dall’attività documentata di cura. Tali soggetti possono inoltre accedere, in via compensativa, a una valutazione qualitativa dei prodotti scientifici, anche in presenza di valori-soglia inferiori ai parametri quantitativi standardizzati.
Tali misure si pongono anche in coerenza con i principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa, che ha più volte ribadito l’esigenza di una valutazione analitica e motivata dei percorsi scientifici individuali (TAR Lazio, n. 8494/2019), e la possibilità per le commissioni di adottare criteri differenziati, anche più selettivi o adattati, nel rispetto delle cornici regolamentari (TAR Lazio, n. 3972/2016). In questa prospettiva, l’introduzione normativa di accomodamenti ragionevoli per candidati che abbiano affrontato o siano in condizioni di disabilità o di cura gravosa non rappresenta una deroga ma una attuazione del principio di equità sostanziale, che trova ulteriore legittimazione nel dovere di assicurare un giudizio individualizzato e imparziale. Inoltre, la previsione di figure tecniche a supporto delle commissioni nei casi di disabilità documentata è coerente con la necessità, più volte affermata in sede giurisdizionale, di garantire che i membri delle commissioni dispongano di competenze pertinenti e funzionali alla corretta comprensione del percorso scientifico del candidato.
La proposta si inserisce, inoltre, nel solco tracciato dall’art. 35-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che disciplina le modalità di accesso al pubblico impiego da parte delle persone con disabilità, imponendo la valutazione delle abilità residue nelle procedure concorsuali, al fine di assicurare condizioni di parità tra i candidati. Analogamente, l’estensione controllata dei limiti temporali e l’introduzione di criteri valutativi personalizzati nelle procedure ASN mirano a garantire pari opportunità effettive, in coerenza con il principio di uguaglianza sostanziale. Si tratta di un allineamento sistemico volto ad assicurare che le procedure selettive pubbliche, anche nel settore universitario, non siano strutturalmente ostative alla partecipazione di soggetti in condizione di svantaggio, come affermato anche nella più recente giurisprudenza amministrativa.
Tali misure trovano legittimazione anche nel sistema vigente di valutazione ASN, che prevede differenti orizzonti temporali per gli indicatori bibliometrici e non bibliometrici (da 5 a 15 anni), in base alla fascia accademica e al tipo di parametro. L’intervento legislativo proposto, quindi, non altera il modello valutativo, ma lo integra con una clausola compensativa a tutela di condizioni oggettive di svantaggio, in linea con il principio di eguaglianza sostanziale.
In aggiunta, la proposta prevede il supporto di un referente per l’accessibilità e la non discriminazione, quale figura tecnica di garanzia incaricata di agevolare l’applicazione degli accomodamenti ragionevoli, assicurare il rispetto dei diritti procedurali dei candidati e vigilare sulla conformità delle procedure ai principi di parità. Tale figura non incide sui profili scientifici della valutazione, ma svolge una funzione di raccordo e assistenza. La sua individuazione è demandata a criteri definiti con decreto ministeriale, previa consultazione dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità e delle Associazioni di categoria per la tutela delle persone con disabilità e dei loro caregiver familiari, comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Esse si inseriscono in una riflessione più ampia, emersa anche nel corso delle audizioni parlamentari, svolte nelle precedenti legislatura, in sede di discussione sulla riforma del reclutamento universitario, secondo cui le scelte fondamentali relative all’accesso alla docenza universitaria dovrebbero essere definite dalla legge, in coerenza con l’art. 33, comma 6, della Costituzione, e non rimesse alla completa autonomia regolamentare degli atenei o a discipline secondarie di fonte amministrativa. Questo orientamento si fonda sull’esigenza di assicurare uniformità, trasparenza e imparzialità delle procedure, evitando disparità di trattamento e garantendo il rispetto dei diritti soggettivi coinvolti. Alla luce di tale principio, l’introduzione legislativa di misure di accomodamento ragionevole nel sistema ASN – attualmente regolato da atti ministeriali di natura tecnico-regolamentare – risulta coerente con l’impianto costituzionale e rafforza la legalità sostanziale del sistema, vincolando anche le successive fasi applicative e valutative.
Un ulteriore elemento di rafforzamento della proposta normativa consiste nell’integrazione delle commissioni giudicatrici ASN con professionalità esperte in materia di disabilità, inclusione e fragilità sociali, laddove siano presenti situazioni documentate che ne giustifichino il coinvolgimento. Tale integrazione, di natura tecnica e consultiva, rappresenta una garanzia di imparzialità e adeguatezza valutativa, in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale e con le best practices internazionali.
L’introduzione di misure strutturate di accomodamento ragionevole nelle procedure di abilitazione scientifica nazionale si configura dunque come un adeguamento necessario dell’ordinamento a principi già immanenti nella Costituzione e nelle fonti sovranazionali vincolanti per lo Stato. Tali misure non sono eccezioni né deroghe tollerate, ma componenti essenziali di un sistema di valutazione equo, fondato sul riconoscimento della diversità delle condizioni individuali e sull’obbligo giuridico di rimuovere gli ostacoli che impediscono l’effettiva parità nell’accesso alla funzione docente. La valorizzazione delle carriere accademiche non può prescindere da strumenti che, nel rispetto del merito, riconoscano il valore del percorso e delle circostanze, e garantiscano l’equilibrio tra uniformità procedurale e giustizia sostanziale. In tal senso, l’accomodamento ragionevole cessa di essere una misura eccezionale per diventare un presidio di legalità costituzionale e di qualità istituzionale del sistema universitario.
* Componente del Comitato Tecnico Scientifico dell'Osservatorio Permanente sulla Disabilità
Prof.Vincenzo Pacillo Lotta all'antisemitismo
Prof.Vincenzo Pacillo Unimore Ordinario Dipartimento studi lingustici e culturali UNIMORE
La laicità, quando è viva, non è una formula di neutralità asettica. È un principio giuridico che diventa gesto politico. E se è laicità sostenibile, come dovrebbe essere nella prospettiva della sostenibilità sociale, allora non solo resiste al tempo, ma genera. Genera spazi di riconoscimento, produce linguaggi condivisi, costruisce fiducia. È un’architettura istituzionale che non si accontenta di garantire a ciascuno il proprio recinto privato, ma si preoccupa di far dialogare quei recinti, di trasformarli in stanze comunicanti. La laicità sostenibile non è il silenzio sul religioso, ma la possibilità di parlarne senza paura. È lo sforzo di costruire una convivenza non nonostante le differenze, ma attraverso di esse.
Ecco perché la lotta all’antisemitismo non può essere affidata né soltanto alla memoria, né soltanto alla repressione. Essa interroga la tenuta stessa della laicità, nella sua forma più alta: quella che genera cittadinanza anche a partire dalle fratture storiche, dalle appartenenze forti, dalle alterità incomprese. Combattere l’antisemitismo significa riconoscere che l’identità ebraica – nella sua dimensione religiosa, storica, culturale, diasporica e normativa – costituisce una parte strutturale della nostra società. E che ogni gesto di esclusione, di rimozione, di marginalizzazione, non colpisce solo gli ebrei: colpisce la democrazia stessa.
Per questo non basta vigilare. Occorre progettare. La Strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo – nelle sue cinque linee d’azione – fornisce una mappa. Ma ogni mappa, si sa, ha bisogno di lettori. E i primi lettori devono essere le amministrazioni pubbliche: scuole, università, comuni, enti sanitari, istituzioni culturali. Non come meri esecutori di disposizioni, ma come attori consapevoli di una nuova stagione della laicità.
Una proposta concreta, allora, potrebbe essere l’istituzione – in ogni amministrazione locale sopra i ventimila abitanti – di un referente per la laicità sostenibile e il contrasto all’antisemitismo. Una figura formata secondo linee guida nazionali e dotata degli strumenti necessari per dare attuazione concreta alla strategia. Questo referente dovrebbe essere in grado di monitorare l’applicazione delle misure previste, promuovere percorsi formativi per il personale scolastico, educativo e sanitario, favorire la conoscenza delle festività ebraiche e delle esigenze simboliche e culturali della comunità, attivare protocolli di sicurezza e dialogare stabilmente con le realtà religiose e culturali del territorio. Non si tratterebbe di moltiplicare le burocrazie, ma di rendere generativa la macchina pubblica, affinché la laicità non resti una formula astratta, bensì una forma viva di democrazia inclusiva. È in questa direzione che la laicità generativa si distingue da una concezione meramente negativa o difensiva della laicità. Essa non si limita a separare, ma si assume il compito di mediare, di generare forme nuove di inclusione, di abitare le differenze senza negarle. La lotta all’antisemitismo, da questo punto di vista, non può essere ridotta a esercizio commemorativo o a risposta episodica, ma deve diventare una prassi ordinaria e strutturata della libertà democratica. Deve cioè tradursi in misure operative, in azioni continue, in dispositivi istituzionali capaci di rendere visibile la presenza ebraica come parte costitutiva del tessuto civico.
In questo orizzonte, il ruolo delle amministrazioni pubbliche non è marginale né sussidiario: è centrale e strutturale. Sono esse, infatti, a poter incarnare quotidianamente il principio della laicità generativa, rendendolo effettivo nei luoghi della formazione, del lavoro, della sanità, della cultura. La responsabilità che grava su questi attori non è dunque solo giuridica, ma profondamente politica e simbolica: si tratta di farsi garanti di una cittadinanza inclusiva che non riduca le differenze a variabili da normalizzare, ma le riconosca come risorse da valorizzare nella costruzione di un tessuto democratico più giusto e più profondo.
In questo quadro, un ruolo essenziale spetta anche all’università, che non può limitarsi a trasmettere saperi codificati, ma deve contribuire a formare professionalità consapevoli della complessità culturale e religiosa del contesto democratico. La costruzione di una laicità generativa passa attraverso la formazione di dirigenti pubblici, educatori, operatori sociali e sanitari capaci di leggere i fenomeni religiosi non come eccezioni da gestire, ma come dimensioni strutturali della cittadinanza. È dunque necessario che i percorsi universitari, in particolare nei settori giuridico, pedagogico e delle scienze sociali, integrino moduli dedicati alla gestione del pluralismo religioso, alla storia dell’antisemitismo, alle strategie di prevenzione della discriminazione.
Parallelamente, sarà fondamentale sviluppare indicatori qualitativi e quantitativi in grado di misurare l’efficacia delle politiche pubbliche in materia di contrasto all’antisemitismo. Questi strumenti dovranno valutare non solo l’adozione formale delle misure previste dalla Strategia nazionale, ma anche il loro impatto concreto: la diffusione delle buone pratiche, il grado di consapevolezza degli operatori pubblici, la presenza di protocolli attivi, la qualità del dialogo con le comunità ebraiche, la riduzione degli episodi di intolleranza nei luoghi pubblici. Solo se sostenuta da una formazione adeguata e da un monitoraggio costante, la laicità potrà davvero trasformarsi in una pratica generativa di libertà, in una forma di democrazia che non solo dichiara l’inclusione, ma la rende visibile, concreta e quotidiana.
IA ..... adesso e quello che verrà
Alessandra Servidori AI…….....
L’Intelligenza Artificiale e il mio sentire femminile di persona già adulta da un bel po’ e sempre alla ricerca delle opportunità che può rappresentare l’evoluzione delle nuove tecnologie : impegnata nello studio costante di quello che è stato che è e che verrà. E poi che non sono ancora disabile.
Già nel 2020 l’Unesco aveva lanciato l’allarme scrivendo che l’AI ha il potere di «diffondere e rafforzare gli stereotipi e i pregiudizi di genere, che rischiano di emarginare le donne su scala globale» facendole rimanere indietro nella sfera economica, politica e sociale. L’AI è una novità deflagrante che deve essere compresa nei suoi limiti, rischi, potenzialità, Parlare di AI e innovazione potrebbe sembrare una contraddizione. Se nei paesi in via di sviluppo il digital gender gap si manifesta come mancato accesso alle tecnologie digitali, nelle economie avanzate si traduce in scarsa presenza femminile nelle carriere e nell’imprenditorialità digitali e abbiamo bisogno di studiare gli effetti amplificanti della IA sul rafforzamento di bias e comportamenti non inclusivi. E infatti non solo come donna l’IA, se non progettata con una prospettiva inclusiva, rischia di perpetuare gli stereotipi di genere e di ampliare le disuguaglianze esistenti. Ma è anche una immensa opportunità da osservare senza timori,vero anche se francamente la temo e mi devo affrancare. L’aiuto dell’Intelligenza Artificiale sta diventando sempre più importante nell’ottimizzazione dei processi, nell’elaborazione intelligente dei flussi informativi e, alla fine, nel rendere più agili le decisioni. I dati confermano il gap di genere delle materie STEM: solo il 43% delle donne italiane possiede competenze digitali di base, contro una media europea del 52%. Inoltre, le donne sono sottorappresentate nei ruoli decisionali nell’ambito dell’IA, sia nella ricerca che nell’industria con una presenza pari al 10% e secondo Bureau Veritas Italia , la quantità di donne professioniste dell’ICT è ferma al 16% da 10 anni. Allora cominciamo con il dire che l’IA apprende dai dati che le forniamo, nutrendosi in particolare di dati provenienti da Internet, dove gli stereotipi di genere sono ancora purtroppo presenti, il rischio è che possa assorbirli e perpetuarli. Modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) possono produrre contenuti sessisti, anche la terminazione legata al lavoro e al welfare essendo la maggior parte degli algoritmi scritta da uomini, le donne e le persone con fragilità sono prese poco o nulla in considerazione nel campo dell’IA. L’impatto sul lavoro è quello che forse preoccupa di più certamente per rischi e opportunità: l’IA sostituirà alcune funzioni, alcuni compiti che svolgiamo attualmente,chi ha difficoltà con una particolare abilità ora può ottenere e riuscire meglio in quel particolare compito come parlare un’altra lingua, essere più creativo ,poi certo grazie all’IA nasceranno nuove regole e nuovi compiti da svolgere e quindi nuove opportunità per tutti noi ma i problemi di formazione per le giovani donne l’entrata e la permanenza nel mercato del lavoro se non sostenuta da integrazioni potenti di strumenti vantaggiosi-almeno fino a che non diventa strutturale il recupero- riprodurrà ancora le stesse forbici di genere. L’equilibrio tra vita e lavoro – è una delle cifre del nostro tempo. un principio divenuto di grande attualità, in un momento storico in cui lo sviluppo tecnologico ha reso più labile il confine tra vita professionale e vita privata. Ma il discorso sul work life balance comprende anche tutte quelle attività relative alla cura delle persone (bambini o anziani) o alla gestione della vita quotidiana, e che dunque toccano direttamente temi come la parità di genere, i bisogni dei caregiver, e il diritto alla genitorialità. Le politiche pubbliche devono fare la loro parte ma molto possono fare le aziende per agevolare l’aiuto familiare per nascite, la parità tra i sessi, il contrasto alla povertà, la salute durante la maternità e i diritti sociali. Si devono fare politiche attive con piani di esistenza e non solo di assistenza. Bisogna reimmaginare un sistema di long care che sia sostenibile. Ci sono tanti fronti aperti di riforma, che riguardano l’introduzione di un sistema misto previdenziale, pubblico e complementare, oltre alla volontà di avere un Codice del terzo Settore, asset strategico del nostro Paese, allo scopo di semplificare i processi amministrativi e operativi, facilitare e incentivare i tanti volontari attivi, spina dorsale delle politiche sociali promuovendo con le istituzioni le nuove politiche di welfare generativo, in risposta alle esigenze sempre più diversificate di lavoratori, famiglie, anziani, caregiver, persone con fragilità. La platea dei bisogni negli ultimi anni si è ampliata con un livello maggiore di complessità che va governato con strumenti nuovi e soprattutto con una progettualità concreta. E ‘un tema di grande rilevanza: i genitori e i caregiver nel mondo del lavoro, un argomento che tocca la vita di milioni di persone. E siamo ben consapevoli che nel mercato digitale ( sono tanti e diversi) per esempio la sfida è conciliare la promozione della concorrenza con la sicurezza informatica e la formazione consapevole dei cittadini e cittadine perché il mercato vastissimo entra nella sua fase di attuazione, la Commissione europea sta verificando se le soluzioni proposte dalle aziende tecnologiche dominanti sono conformi agli obblighi regolamentari. Tuttavia, questo processo sta facendo emergere nuove preoccupazioni su potenziali effetti collaterali e conseguenze indesiderate. Una di queste preoccupazioni è che le misure a favore della concorrenza possano indebolire l'integrità e la sicurezza delle piattaforme, esponendo gli utenti finali a violazioni dei dati, truffe e rischi per la privacy. Infatti, le linee guida sono state redatte con un approccio indipendente dal modello di business interessato e, pertanto, i mercati digitali sono soggetti ai medesimi obblighi indipendentemente dal modello di business adottato e bisogna saper affrontare problemi di sicurezza e rendere possibile trovare soluzioni per promuovere la concorrenza senza compromettere la sicurezza. E prima ancora intervenire per rendere equilibrato il contenuto nel merito dei processi dei contenuti diversificati per utenze. Il policy making, infatti, è l’arte di bilanciare interessi altrettanto rilevanti, sebbene contrastanti. Pertanto, i cd policy maker non dovrebbero favorire un obiettivo a scapito di un altro. In questo scenario, sarebbe ugualmente inaccettabile promuovere la concorrenza trascurando i rischi per la sicurezza o, al contrario, dare la priorità alla protezione dei consumatori trascurando la necessità di favorire la concorrenza. Dunque continuiamo a studiare e impegnarci a capire per intercettare opportunità e difficoltà perché è l’unico modo per procedere verso la responsabilità condivisa e non vittimizzare sul nuovo che avanza.
ABILITA' RESIDUE - La frontiera del poter fare
Alessandra Servidori www.il sussidiario.net
La riforma della non autosufficienza coinvolge anche la questione delle cd abilità residue che sono tutto ciò che la Persona è in grado di fare in autonomia, cioè senza l’aiuto di altri . La norma sulle abilità residue per le persone con disabilità e dsa che è divenuta legge con il decreto del 30 aprile 2022 n. 36 con riferimento al procedimento per l’assunzione del personale non dirigenziale del dlgs 165/2001 forse per carenza di personale non formato adeguatamente in materia per la redazione dei bandi concorsuali, è quasi non attuata. Attualmente a livello Europeo la valutazione delle abilità residue finalizzata al reinserimento lavorativo viene affrontata necessariamente in équipe in quanto le problematiche sono vaste e riferibili non solo alla mancata abilità o partecipazione delle persone da esaminare, ma anche alle caratteristiche specifiche del posto di lavoro; gli aspetti strettamente legati alla clinica rappresentano quindi solo una parte della complessa valutazione. Negli Stati Uniti invece si è sviluppata una vera e propria gara nel ricercare e validare varie metodiche per la valutazione delle FCE (Functional Capacity Evaluation); segnalo che numerosi siti internet vendono a caro prezzo metodiche ed apparecchiature, per lo più di tipo isocinetico o software sofisticati, che garantiscono una precisa valutazione di alcuni segmenti corporei o delle capacità attitudinali dei soggetti esaminati per un determinato tipo di lavoro: i motivi di tanto interesse sembrano però essere di natura economica più che filantropica. In Italia, e in Italia all’INAIL, nell’ambito del “Collocamento mirato” (ricollegato al Decreto Presidenziale del 13/01/2000 ), è stato varato un protocollo d’intesa tra INAIL e CONFINDUSTRIA. L’INAIL ha istituito presso ciascuna sede territoriale una équipe costituita da: MEDICO LEGALE MEDICO SPECIALISTA DELLA PATOLOGIA MEDICO DEL LAVORO ASSISTENTE SOCIALE L’équipe si può avvalere di altre eventuali professionalità quali lo psicologo, il fisiatra, l’architetto, l’esperto in tecnologie riabilitative e/o di consulenze specialistiche interne . Inoltre si raccorda con le strutture socio/sanitarie coinvolte nel progetto di reinserimento lavorativo . Nel 2022 sempre Inail ha emanato linee guida in materia di collocamento mirato che rappresentano però meri strumenti di indirizzo a livello nazionale aziendale che pur riconoscendo che la materia è di competenza regionale ha l’obiettivo di dare un orientamento e un supporto. Il danno, la disabilità e l’handicap sono i pilastri fondamentali della riabilitazione, i concetti essenziali attorno ai quali si sviluppa il lavoro di tutti i settori preposti alla diagnosi, cura e reinserimento nel mondo del lavoro e nell’ambito della società delle persone che risultano affette da una menomazione. Nel campo riabilitativo e sociale negli ultimi anni abbiamo assistito ad una sorta di rivoluzione di tipo sia concettuale sia per quanto riguarda il tipo di approccio nei confronti delle persone che necessitano di un aiuto medico e/o sociale. La prima differenza si nota nel titolo della classificazione; i termini “Disabilità” ed “Handicap” sono stati sostituiti rispettivamente da “Attività” e “Partecipazione”. La ragione di questo cambiamento è stata di eliminare completamente la connotazione negativa legata alla terminologia precedente e ha una stretta connessione con il commento che la settimana scorsa ho affrontato su questo sito in merito per esempio al PAI piano assistenziale cioè il Progetto assistenziale individualizzato e successivamente nell’ambito dell’applicazione della Legge sulla non autosufficienza il cd Progetto di vita. Seguire lo sviluppo della Riforma- decreto legislativo 3 maggio 2024 n. 62 sulla disabilità -è un impegno costante anche perché fondamentale la composizione e le funzioni delle unità valutative multidimensionali preposte all’elaborazione del progetto di vita. In linea generale l’unità valutativa multidimensionale è delineata tentando un punto di equilibrio tra il fine di ottenere una partecipazione larga, estesa e plurale e multidisciplinare nel predisporre l’insieme dei sostegni e delle tutele assistenziali, e – per converso – l’obiettivo di non rendere le commissioni organismi pletorici e dunque di difficile e lento funzionamento. E nel decreto mille proroghe però l’avvio strutturale è rimandato al 2027 rispetto al 2026 previsto.
Da oggi Francesco Alberto Comellini -FAC-pubblica commenti e documenti per TutteperItalia
FRANCESCO ALBERTO COMELLINI a proposito di ......
Ai sensi del D.P.C.M. 12 gennaio 2024, recante “Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione 2024-2026”.
Alcuni stralci della relazione a cura di FAC 1. PREMESSE 1.1. Il contesto generale della Strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale La Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026 (di seguito “Strategia IA”) rappresenta l’evoluzione programmatica, in coerenza con l’approccio europeo, finalizzata a promuovere l’adozione dell’IA a beneficio di cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione (PA). La Strategia IA valorizza i paradigmi dell’etica, della responsabilità sociale e dell’inclusività, impegnandosi a garantire che lo sviluppo e l’implementazione dei sistemi di IA avvengano nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone, tra cui quelli delle persone con disabilità (Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con Legge 3 marzo 2009, n. 18). A livello normativo, l’IA si colloca oggi in un quadro complesso: da un lato, il Regolamento UE (AI Act) in via di definizione a livello europeo e, dall’altro, gli orientamenti già espressi dalla Commissione Europea (si vedano, tra gli altri, la Comunicazione COM(2021) 101 final sulla strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 e il Piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali del 4 marzo 2021, COM(2021) 102 final). Nel contesto italiano, la Legge 22 dicembre 2021, n. 227 e i relativi decreti legislativi attuativi (si vedano, in particolare, il D.Lgs. 13 dicembre 2023, n. 222 e il D.Lgs. 3 maggio 2024, n. 62) introducono importanti novità circa il ruolo della Pubblica Amministrazione per la piena accessibilità, fisica e digitale, e per la tutela dei lavoratori con disabilità, promuovendo l’adozione di “accomodamenti ragionevoli” e la nomina di un dirigente o di un responsabile dedicato al processo di inserimento lavorativo delle persone con disabilità. 1.2. Normativa di riferimento in materia di inclusione delle persone con disabilità La normativa interna e sovranazionale tutela espressamente la dignità e i diritti fondamentali delle persone con disabilità, imponendo obblighi di accessibilità, inclusione e non discriminazione. Tra i principali riferimenti normativi: • Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (ONU, 2006) e Protocollo opzionale (L. n. 18/2009). • Direttiva (UE) 2024/2841, che sottolinea il diritto delle persone con disabilità alla libera circolazione e alla scelta della residenza. • Normativa interna sul collocamento mirato: Legge 12 marzo 1999, n. 68 e ss.mm.ii. • Legge 9 gennaio 2004, n. 4 (cd. “Legge Stanca”) in materia di accessibilità e superamento delle barriere digitali. • Legge 22 dicembre 2021, n. 227, e relativi decreti legislativi di attuazione (tra cui D.Lgs. 13 dicembre 2023, n. 222; D.Lgs. 3 maggio 2024, n. 62). • Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Missione 5, Componente 2, Riforma 1.1, e disposizioni urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al lavoro (D.L. 4 maggio 2023, n. 48 convertito in L. 3 luglio 2023, n. 85). • Riferimenti settoriali, come il D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105 in materia di equilibrio tra vita professionale e familiare per i genitori e i prestatori di assistenza; la L. 27 dicembre 2017, n. 205 (commi 254-255) sul riconoscimento del caregiver familiare; la L. 8 ottobre 2010, n. 170 sui disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Contestualmente, assumono particolare rilevanza il complesso della normativa vigente sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, il ruolo cruciale delle tecnologie di IA inclusive e le sinergie tra amministrazioni pubbliche, sindacati e imprese. 1.3. Rilevanza del tema per i lavoratori con disabilità e/o DSA La rivoluzione digitale e l’introduzione di sistemi di IA nei processi operativi della Pubblica Amministrazione comportano rischi e opportunità. Per i lavoratori con disabilità e con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), tali tecnologie possono costituire leve abilitanti, a condizione che siano progettate e implementate in modo conforme ai principi di universal design e di accomodamento ragionevole. Viceversa, una mancata considerazione degli aspetti di accessibilità e inclusività rischia di accentuare disuguaglianze e discriminazioni. Di qui, l’esigenza di verificare che ogni misura pianificata nella Strategia IA, nel Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (ed. 2024-2026 e suo Aggiornamento 2025) e nelle Linee Guida AgID (“Linee Guida per l’adozione, l’acquisto e lo sviluppo di sistemi di IA nella Pubblica Amministrazione” in consultazione pubblica) risulti coerente con l’ampio dettato normativo, con i principi costituzionali di uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.) e con gli obblighi internazionali ed europei in materia di non discriminazione. ......... Omissis
Si mette in evidenza la necessità di:
- Adeguare la Strategia IA e le relative Linee Guida AgID ai principi di inclusione, non discriminazione e tutela dei diritti fondamentali delle persone con disabilità e dei lavoratori con DSA o fragilità.
- Inserire esplicitamente, in ciascuna fase del ciclo di vita dell’IA, l’obbligo di valutare e monitorare gli impatti sui lavoratori con disabilità, prevedendo accomodamenti ragionevoli e standard di accessibilità.
- Coordinare gli interventi con le disposizioni nazionali introdotte da L. n. 227/2021, D.Lgs. n. 222/2023, D.Lgs. n. 62/2024 e, più in generale, dalle norme vigenti sull’accessibilità (L. n. 4/2004), sul collocamento mirato (L. n. 68/1999), sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) e sulla privacy (Reg. UE 2016/679).
- Garantire la sinergia con i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro e con la contrattazione integrativa, affinché le implicazioni organizzative dell’IA, in termini di mansioni, orari di lavoro, sicurezza e controllo, siano condivise con le parti sociali, prevedendo tutele specifiche per i lavoratori con disabilità.
È auspicabile, infine, che gli strumenti applicativi (dalle circolari attuative fino ai manuali operativi per i referenti IA nelle singole PA) riflettano queste istanze, evitando dispersioni e ridondanze e garantendo coerenza sistematica.
Trump e compagnia : noi non siamo figlie e figli di un Dio Minore
Alessandra Servidori NOI NON SIAMO FIGLIE E FIGLI DI UN DIO MINORE
Arrivano inviti a vari eventi come se nulla fosse mentre il mondo che conosciamo è sconvolto da Trump e la sua banda che con molti atteggiamenti predatori vuole affondare il coltello nella piaga ucraina ed europea con non solo l’immagine ma con i fatti di una America forte e tracotante mentre invece è indebolita non solo dal forte disavanzo commerciale e dal grande debito pubblico, ma anche dalla competizione di altre potenze. Si parla anche in Italia dei dazi e siamo disorientati dai vari disequilibri internazionali che si vanno delineando. E la verità è che l’attuale politica americana è farneticamente anti-occidentale . E vero è che l’America con l’Europa, èstata fino ad oggi la punta di diamante dell’Occidente, inteso come luogo di libertà, di democrazia e di innovazione scientifica e tecnologica. E appena neanche un mese fa il nuovo governo americano si è presentato al mondo con un marchio tecnologico ben visibile nella presenza fisica dei più importanti “gigacapitalisti” americani alla cerimonia di insediamento ma altrettanto vero è che lo sviluppo tecnologico, anche nelle sue punte più elevate, non è più appannaggio esclusivo dell’Occidente e può benissimo avvenire in sistemi non occidentali. La Cina, e India, sono i più vistosi, ma ci sono anche altri Paesi e dunque mentre questi acquisiscono dunque selettivamente alcuni pezzi delle skills di solito attribuite all’Occidente, Trump sta navigando in direzione opposta ad alcuni tratti occidentali, con scelte irrevocabili dichiarate di fronte al mondo. Affonda l’Alleanza Atlantica,proclama Putin e la Russia “potenza mondiale”, in nome della “pace”. Eppure Putin non solo è aggressore responsabile della guerra, ma è l’esponente di punta della contrapposizione netta ai valori occidentali e sponsor dichiarato del modello delle democrazie “illiberali”, che proprio in Russia abbiamo più volte visto in azione nelle sue manifestazioni più violente e lesive dei diritti. E anche i nostrani putiniani puri spergiurano che l’obiettivo è quello di indebolire la Cina ma è talmente disgustoso vedere come vi è una comune affinità muscolare e autoritaria tra i due presidenti Putin e Trump, che condividono la stessa concezione del potere e della democrazia: il primo fondato sulla forza, la seconda fondata solo sul consenso (anche se strappato col ricorso a menzogne, intrusioni e manipolazioni), senza i correttivi e i limiti imposti dal diritto e dalla Costituzione. Poi Trump è di una arroganza spregevole : appoggia le tecnologie informatiche, e promuove un progetto per l’intelligenza artificiale da 500.000 miliardi, che vede tornare in campo lo Stato (purtroppo inteso e re-interpretato come lo Stato sono io ), appare invece tutt’altro che amico della scienza e degli scienziati, forse perché questi non promettono ritorni immediati, o, più probabilmente, perché le loro ricerche e i loro responsi navigano spesso in direzione contraria agli interessi dei gruppi economici e finanziari di cui è rappresentante, come l’industria del petrolio. No trumpista dunque all’accodo sul clima che rigetta da sempre sì ai tagli alla ricerca scientifica, firmati con entusiasmo a danno di Università, organizzazioni culturali, centri di ricerca, costringendo inoltre ricercatori e scienziati a ritirare pubblicazioni che contengano termini che alludono alla diversità di genere e all'inclusione. Trump si presenta al mondo infatti anche come un demolitore dell’ordine istituzionale vigente, sia all’interno, sia a livello internazionale, ossia di un ordine basato sulle regole giuridiche, invece che sulla forza e sull’arbitrio. Certo vero è che a volte varie di quelle regole siano state inapplicate o distorte dagli stessi occidentali, in nome di interessi di parte, e spesso a svantaggio delle parti più deboli. Ma oggi sta accadendo che le regole del diritto internazionale e del diritto costituzionale, i princìpi su cui gli Stati e l’autorità pubblica sono stati costruiti, soprattutto in Europa, vengano clamorosamente dismessi dallo stesso presidente degli Stati Uniti. L’Amerikano ha intenti predatori, come nel caso delle terre rare in Ucraina o del progetto su Gaza, o fa proposte tacciabili di grave illegalità, come quelle sulla Groenlandia o sul Canada, in ossequio all’idea che tutto si possa conquistare con la forza o con i soldi. Sul piano interno, ogni giorno, invece di attenersi a quel doveroso metodo istituzionale per chi assuma pubbliche decisioni in uno Stato democratico, firma i suoi ordini esecutivi, come se fossero l’unica modalità per assumere pubbliche decisioni. In altri termini, Trump, sta cercando di portare a termine il tentativo già avviato nella sua scorsa presidenza di “fare della presidenza un potere incontrollato” e “autosufficiente”, ossia “indipendente dagli altri poteri. E’ una auto-legittimazione di tipo nuovo, basata esclusivamente sul consenso degli americani e perfino sulla pretesa investitura da Dio, ma priva di tutte quelle procedure e di quei contrappesi che il diritto impone alla politica per garantire un governo davvero democratico. Noi ci chiediamo : ma come funzioneranno i famosi “contropoteri” del sistema americano, ossia le Corti, la Corte Suprema, i poteri statali, resi spesso oggetto di pesanti minacce, e anche le cosiddette commissioni che regolano indipendentemente lo Stato (anche queste poco amate e prese di mira), per arginare la straripante illegalità del presidente. Anche i rappresentanti del partito repubblicano devono rapidamente decidere se accodarsi in questa sbornia di potere, che trascina gli Stati Uniti verso una distruzione democratica e istituzionale, o dare qualche segno di non allineamento, o di aperto dissenso. E noi Italiani cosa aspettiamo per riappropriarci della nostra inviolabilità della libertà individuale e la sicurezza dei diritti di proprietà, garantiti da un governo rappresentativo e costituzionale e allearci tra paesi ragionevoli Europei ( non tutti ovvio!) e dare vita ad un gruppo di governo di persone colte e coraggiose che sostenga l’attualità di una stagione di alleanza che difenda i nostri valori ,la nostra economia,il nostro futuro ?Coraggio su la testa .
DDL partecipazione utili d'impresa: passato alla Camera
Alessandra Servidori FINALMENTE CI SIAMO ! DDL AC 1573 Partecipazione lavoratrici e lavoratori alla gestione degli utili d'impresa passato in Aula. AVANTI ora al Senato !!!
Dopo una discussione in Commissione , vivacizzata da alcuni emendamenti poi in parte recepiti nel testo finale -è approdato in Aula alla Camera il ddl AC 1573 , legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle aziende che rappresenta un importante passo verso un cambiamento epocale. Si chiude il modello della distribuzione del reddito e del controllo esogeno della produttività, che ha caratterizzato l'era delle rivoluzioni industriali ma che ora è incapace di garantire la sostenibilità del welfare che per anni ha rappresentato uno strumento indispensabile alle politiche industriali: capitale umano, fonti di finanziamento, costi dell'energia, innovazione nei processi produttivi, analisi settoriali, crisi aziendali, sistema di contribuzione,sistemi di benefit e imposte fiscali transitavano soprattutto attraverso il sistema di welfare . Il modello ridistributivo dei guadagni di produttività previsto dall’art 46 nel tempo era già stato adottato da grandi aziende ,ma ora con la legislazione di riferimento vi è la possibilità di disegnare un nuovo modello redistributivo dei guadagni di produttività derivanti dal coinvolgimento diretto delle persone cd risorse umane ,dalle nuove tecnologie, basato sulla partecipazione, a fronte delle grandi transizioni in atto, nell’ambito delle nuove politiche industriali che devono essere calate nel contesto sociale. La competitività deve essere interpretata come un fattore di crescita, sviluppo e aumento del benessere individuale e collettivo. In questo quadro, quindi, è fondamentale investire soprattutto nella formazione e nel capitale umano a individuare gli obiettivi di produttività che si pongono le imprese insieme al management. Il Ddl prevede 15 articoli che devono essere implementati dalla contrattazione collettiva e regolano 4 diverse forme di partecipazione: quella gestionale,economica gestionale,organizzativa e consultiva coadivata da un Fondo per la partecipazione messo a bilancio. Lo sviluppo della norma- di tipo volontario- in capo alla contrattazione collettiva prevede a proposito del trattamento fiscale , che le somme derivanti dalla distribuzione ai lavoratori dipendenti di una quota di utili di impresa non inferiore al 10 per cento degli utili complessivi sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento, entro il limite di importo complessivo di 5.000 euro lordi, se erogate in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Posto che secondo norma vi è la possibilità che, nelle aziende, siano previsti piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori,tali piani possono individuare oltre agli strumenti di partecipazione dei lavoratori al capitale della società previsti dalle disposizioni del codice civile anche l'attribuzione di azioni in sostituzione di premi di risultato, ferma restando la previsione di cui all’articolo 1, comma 184-bis, lettera c), della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), secondo cui tali azioni, qualunque ne sia il valore e indipendentemente dalle condizioni stabilite dall’articolo 51, comma 2, lettera g), del TUIR, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggette all’imposta sostitutiva del 10 per cento per i premi di risultato. Si dispone, altresì, che per l’anno 2025 i dividendi corrisposti ai lavoratori e derivanti dalle azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato, per un importo non superiore a 1.500 euro annui, sono esenti dalle imposte sui redditi per il 50 per cento del loro ammontare . Il DDL prevede anche un importante ruolo per il CNEL. Si stabilisce, infatti, l'istituzione presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro della commissione nazionale permanente con funzioni interpretative e di indirizzo sull'attuazione della partecipazione dei lavoratori alle aziende. Con questo passaggio in Senato questo traguardo che finalmente attua l'articolo 46 della Costituzione ci auguriamo venga definitivamente raggiunto. Il nostro paese si trova in una situazione di estrema fragilità, dovuta soprattutto all'elevata tassazione e alla debolezza delle finanze pubbliche. Diventa quindi ancora più importante spingere quelle riforme,come quelle già previste in Costituzione sulla partecipazione dei lavoratori e lavoratrici dell’Art 46, a livello nazionale ed europeo, che possono rendere l'economia più dinamica e innovativa.
DONNE AL LAVORO 10 e 11 marzo Antoniano via Guinizzelli 13 BOLOGNA Incontri gratuitii
Associazione Nazionale TUTTEPERITALIA con le Associazioni ZONTA CLUB BOLOGNA - INNER WHEEL - CENTRO STUDI PROGETTO DONNA E DIVERSITY MGMT con il Patrocinio del Ministero dell’Università e Ricerca
IN RICORDO DEL PROF. MARCO BIAGI organizza due mezze giornate informative gratuite per donne in cerca di occupazione e studentesse che si affacceranno al mondo del lavoro LUNEDI 10 MARZO MARTEDI 11 MARZO 2025 ore 16-19
incontri gratuiti con rilasciato attestato partecipazione
“Una corretta politica delle pari opportunità deve innanzitutto basarsi su interventi diretti ad abolire ogni pratica discriminatoria e quindi qualsiasi tipo di differenziale retributivo, a parità di lavoro svolto. Al tempo stesso, però, la presenza femminile nel mondo del lavoro deve essere promossa a tutti i livelli e resa possibile operando con gli strumenti propri di un’economia di mercato.” MARCO BIAGI (pag 76 Libro Bianco 2001)
Cercare e trovare lavoro nell’Italia di oggi non è semplice soprattutto per le donne. Le donne giovani continuano ad essere preoccupate di come muoversi sul territorio sapendo bene che il lavoro è cambiato ed è necessario avere informazioni precise su quello che chiede oggi l’impresa. Ogni incontro è organizzato in sei tavoli tematici dove ci sarà una/un relatrice/ore esperto dell'argomento che risponderà alle domande poste dalle donne rispetto a dubbi e bisogni relativi al tema trattato. Ogni persona può spostarsi sugli altri tavoli seguendo e informandosi sugli argomenti che stanno più a cuore.
Gli incontri interattivi gratuiti sono tenuti da professioniste e professionisti della materia.
Argomenti dei Tavoli
TAVOLO 1 Cosa sappiamo e cosa pensiamo di saper fare: dal C.V. al colloquio di selezione Relatrice Roberta Bortolucci Coordinatrice Maria Mantini Satta
TAVOLO 2 I recenti provvedimenti per l’occupazione femminile Relatore Carlo Emanuele Pupo Coordinatrice Carla Facchini
TAVOLO 3 Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro Relatrice Alessandra Servidori Coordinatore Francesco Alberto Comellini
TAVOLO 4 I profili professionali richiesti e l’AI Relatrice Barbara Maiani Coordinatore Giacomo Forcione
TAVOLO 5 La discriminazione diretta e indiretta Relatrice Sonia Alvisi Coordinatrice socia Inner Wheel
TAVOLO 6 Lavoro e tutela della genitorialità Relatrice Francesca Pizzi Coordinatrice Stefania Berti È necessario iscriversi entro e non oltre il 25 febbraio 2025 scrivendo a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Sarà rilasciato un attestato di partecipazione
La Sede è:
ANTONIANO - VIA GUINIZZELLI 13 - Aula OFF – Bologna Lunedi 10 marzo 2025 ore 16-19 - Martedì 11 marzo 2025 ore 16-19 ISCRIVETEVI Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
prevenzione salute sicurezza e uE
Alessandra Servidori La strategia e i programmi di lavoro dell’EU-OSHA. Prevenzione salute sicurezza
La strategia dell’EU-OSHA Agenzia europea per la prevenzione salute e sicurezza pubblicata in questi giorni per il periodo 2025-2034 affronta problematiche in evoluzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (SSL), preparando l’Agenzia a reagire di fronte a importanti sviluppi sociali, come la transizione verde e digitale , e l’invecchiamento della forza lavoro. L’Agenzia si concentra su tre linee d’azione: mettere a disposizione conoscenze per l’elaborazione delle politiche, sviluppare strumenti atti a prevenire i rischi e sensibilizzare al fine di promuovere una cultura della prevenzione, rimanendo al contempo sostenibile sul piano ambientale e sociale. L’adozione della strategia stimolerà l’EU-OSHA a creare un valore ancora maggiore grazie a una più stretta collaborazione con l’UE e i partner nazionali. L’Agenzia ha posto questa etica della collaborazione al centro della strategia per massimizzare i risultati del proprio lavoro. La situazione nell'UE per quanto riguarda gli infortuni e le malattie professionali rimane una sfida significativa. Nonostante i miglioramenti ottenuti nel corso dei decenni, ci troviamo ancora di fronte a gravi conseguenze per i lavoratori, le aziende e la società. Ogni anno si registrano oltre 3.300 infortuni mortali sul lavoro e circa 170.000 decessi per malattie professionali. I dati indicano che dobbiamo continuare a impegnarci per migliorare la sicurezza e la salute sul lavoro. Anche l'impatto economico è notevole, con costi pari a circa il 3,3% del PIL. La legislazione, la formazione e lo sviluppo di strumenti analogici e digitali hanno permesso di compiere progressi significativi in materia di SSL. Questi miglioramenti hanno portato a migliori sistemi di gestione della SSL, a una maggiore consapevolezza dei rischi specifici e a innovazioni tecniche che riducono i rischi per la salute. La riduzione complessiva degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali dalla metà degli anni '90 è in gran parte dovuta a migliori misure di prevenzione, organizzative e tecniche, sostenute da cambiamenti economici, tecnologici e da una migliore assistenza medica. Inoltre, le organizzazioni internazionali e l'UE hanno svolto un ruolo cruciale nell'ammodernamento della legislazione in materia di SSL e nella promozione di sforzi globali per ambienti di lavoro più sicuri. Nonostante questi miglioramenti, in alcuni settori si è registrata una stagnazione. La percentuale di lavoratori esposti ai rischi tradizionali per la sicurezza e la salute, come il rumore, la polvere e gli agenti chimici, è rimasta stabile dal 2005. Anche i rischi ergonomici, tra cui i movimenti ripetitivi e la permanenza prolungata in posizione seduta, non sono diminuiti in modo significativo. L'attuazione e l'applicazione delle normative in materia di SSL non sono progredite in modo uniforme in tutti i settori, con alcune aree che registrano una limitata conformità. Inoltre, il passaggio a lavori più amministrativi ed emotivamente impegnativi ha portato a un aumento delle sfide psicosociali ed emotive, con un'attuazione limitata delle misure di mitigazione. L'incompleto rispetto delle norme di SSL è più evidente nei settori con modalità di lavoro mobili, a domicilio e non standard. Queste tipologie di lavoro spesso non hanno un rapporto chiaro tra datore di lavoro e lavoratore, e ciò mina il principio della responsabilità del datore di lavoro in relazione alle condizioni di lavoro. L'aumento del lavoro sommerso e illegale complica ulteriormente il panorama della SSL, poiché questi lavoratori spesso si trovano ad affrontare condizioni peggiori e non sono adeguatamente rappresentati nelle statistiche. Inoltre, la crescente prevalenza del lavoro fisicamente inattivo pone seri rischi per la salute, contribuendo a malattie diffuse come l'obesità. Persistono notevoli disparità nelle condizioni di lavoro tra gli Stati membri dell'UE e le catene di approvvigionamento globali continuano a presentare una distribuzione iniqua dei rischi per la SSL.L'attuale strategia dell'EU-OSHA delinea le sue priorità per un decennio e definisce nelle tre linee d'azione strategiche i seguenti obiettivi:Fornire prove e conoscenze sui rischi attuali, nuovi ed emergenti per quanto riguarda il loro impatto sulla sicurezza e la salute e la loro prevenzione, a sostegno dell'elaborazione delle politiche e della ricerca. Promuovere e facilitare lo sviluppo di strumenti e risorse per responsabilizzare le reti e i partner dell'Agenzia a migliorare la prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro sul luogo di lavoro.Promuovere azioni di sensibilizzazione e di messa in rete per consentire all'Agenzia e alle sue parti interessate di promuovere una cultura positiva della prevenzione dei rischi sul lavoro.
Nuove linee strategiche contro l'antisemitismo.Sono pronte
Dichiarazione del Presidente Meloni in occasione del Giorno della Memoria e dell'80° Anniversario della Liberazione di Auschwitz - ECCO TUTTEPERITALIA SOTTOSCRIVE La Strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo, un documento articolato e di scenario che fissa obiettivi e azioni concrete per contrastare un fenomeno abietto che non ha diritto di cittadinanza nelle nostre società.
27 Gennaio 2025
Ottant’anni fa l’orrore della Shoah si è mostrato al mondo in tutta la sua terrificante forza.
Il 27 gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz sono stati abbattuti, e insieme ad essi è crollato anche quel muro che impediva di vedere chiaramente l’abominio del piano nazista di persecuzione e di sterminio del popolo ebraico.
Uomini, donne, bambini e anziani strappati dalle loro case, costretti a lasciare tutto, portati nei campi di sterminio e uccisi solo perché di religione ebraica. Un piano la cui premeditata ferocia fa della Shoah una tragedia che non ha paragoni nella storia.
Un piano, quello condotto dal regime hitleriano, che in Italia trovò anche la complicità di quello fascista, attraverso l’infamia delle leggi razziali e il coinvolgimento nei rastrellamenti e nelle deportazioni.
Un abisso a cui si contrappose il coraggio di tanti Giusti, che non esitarono a disobbedire e a rischiare la propria stessa vita per salvare quella di migliaia di innocenti.
Oggi celebriamo il Giorno della Memoria della Shoah, ricordiamo i nomi e i cognomi delle vittime e rinnoviamo la memoria di quei fatti, anche attraverso la testimonianza dei sopravvissuti e dei loro discendenti.
Testimoni viventi di una pagina orribile del nostro passato, ai quali rendiamo ancora una volta il nostro ringraziamento. Perché, se oggi conosciamo ciò che è accaduto, lo dobbiamo soprattutto a loro. “Sono vivo affinché possa testimoniare. C'era un disegno più grande per me, e andrò avanti a ricordare fin che vivrò”, ha detto Sami Modiano. È un insegnamento straordinario, che dobbiamo far nostro per coltivare la memoria e accrescerne, sempre di più, la consapevolezza nelle giovani generazioni.
L’antisemitismo non è stato sconfitto con l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz. È una piaga che è sopravvissuta alla Shoah, ha assunto declinazioni diverse e si propaga attraverso strumenti e canali nuovi. Combattere l’antisemitismo, in tutte le forme in cui si manifesta, antiche e moderne, è una priorità di questo Governo.
Impegno mai venuto meno e che intendiamo portare avanti con forza e determinazione, anche attraverso l'elaborazione della nuova Strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo, un documento articolato e di scenario che fissa obiettivi e azioni concrete per contrastare un fenomeno abietto che non ha diritto di cittadinanza nelle nostre società.
22 gennaio 2025 Camera Dei deputati partecipazione dei lavoratori e lavoratrici
22 gennaio Camera Dei Deputati ALESSANDRA SERVIDORI
Partecipazione occasione che non possiamo perdere di dare anima e corpo all’art 46 della Costituzione perché si sviluppi quella convergenza che ha dato vita a esperienze e iniziative nelle aziende che sono di grandi varietà dirette e pratiche organizzative,puntando a rinnovare la gestione dell’impresa, sia le relazioni industriali con una legislazione di sostegno e incentivi economici e sulla base di esperienze consolidate esperienze aziendali e di gruppo, realizzate tramite la contrattazione collettiva.
La partecipazione non è solo un momento “istituzionale” a sé, ma si iscrive in un modello di relazioni industriali che ha già – e da tempo – dei solidi punti di riferimento che affidano un senso e un ruolo all’associazione dei lavoratori alla definizione delle prospettive dell’impresa.
L’articolo 4 del Dm 25 marzo 2016 ha fornito una prima definizione di “coinvolgimento paritetico” che può tradursi in coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti. Su questa definizione è intervenuta l’amministrazione finanziaria chiarendo che tali disposizioni sono finalizzate a incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando incrementi di efficienza e produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Al fine di beneficiare dello sgravio è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni di pari livello, importanza e dignità rispetto a quelle espresse dai responsabili aziendali. È certamente da ricordare in materia di partecipazione organizzativa l’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria su “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva […]” (c.d. “Patto della fabbrica”) del 28 febbraio-9 marzo 2018.
L’iniziativa della Cisl trae spunti e suggerimenti da alcune esperienze, con l’ambizione di costruire un sistema di partecipazione universalmente diffuso, in tutte le forme di datorialità, ivi incluse, ove compatibili, le organizzazioni no-profit, i centri di istruzione e formazione, le fondazioni e gli enti culturali (musei, teatri, ecc.), le pubbliche amministrazioni.
Sicuramente dobbiamo partire da una prima fase di crescita , conoscenza, delle pratiche di esperienze di partecipazione diretta e organizzativa puntando a rinnovare sia la gestione delle imprese sia le relazioni industriali anche in situazioni di emergenza come il lock down facendo emergere quelle carsiche sulla base poi di esperienze consolidate, cercare un coinvolgimento e un appoggio legislativo capace di produrre risultati per la produttività dell’intero sistema economico per i salari e la qualità del lavoro e qui si deve collegare la partecipazione organizzativa alla partecipazione strategica ( difficile e controversa) perché abbiamo tre nodi da sciogliere : Il doppio canale cioè il rapporto tra i sindacati e le rappresentanze elette da tutti, il rapporto tra gli amministratori dell’impresa solo informativi ,di consultazione o poteri di condizionamento ,la questione dell’estensione della legge solo alle grandi imprese ma anche alle medie e piccole e senza il superamento degli interessi divergenti finire per fare solo maggiori diritti di informazione .
La partecipazione è strumento di modifica dell’organizzazione del lavoro -partecipazione diretta o partecipazione strategica dell’impresa e dunque dipende dall’ampiezza degli argomenti : sicurezza sul lavoro , commissioni paritetiche sistemi di qualità cottimi orari part time dominati da logiche contrattuali e la partecipazione diretta ci deve prevedere le innovazioni tecnologiche e quindi gruppi di miglioramento i team autonomi ,i suggerimenti ,la formazione sul posto di lavoro le comunità professionali di pratiche anche nelle piccole imprese e ovviamente cercare di applicare 4.0 accordi sindacali e commissioni paritetiche sul premio di risultato
L’urgenza per l’innovazione tecnologica : i progetti innovativi senza il coinvolgimento dei lavoratori sono fallimentari mentre se sono coinvolti risparmiamo tempo e abbiamo più qualità la partecipazione riduce la resistenza al cambiamento e il progetto tecnico e organizzativo deve essere congiuntamente strutturato e partecipato con approccio sperimentale interattivo come forme di apprendimento continuo.
Dunque forme diverse di partecipazione ma comunque sinergiche con partecipazione organizzativa e sindacale con un apporto positivo del management e si troveranno forme diverse di coinvolgimento più adatte al contesto e le nuove forme di coinvolgimento si possono consolidare se il contesto normativo e legislativo favorisce anche forme strategiche alle decisioni nel lungo periodo non solo su un progetto a breve periodo perché i lavoratori si ritrovino nel percorso di successo dell’impresa e condividere i futuri guadagni
Oggi sperimentare vie di partecipazione e valorizzazione del lavoro po trebbe essere una soluzione strategica per uscire dalla stagnazione pluridecennale di salari e produttività.
Certo non bi sogna dimenticare le differenze tra i vari sistemi di rappresentanza del lavoro. Nel nord Europa è diffuso il “canale doppio”: da un lato i rappresentanti dei lavoratori, dall’altro i rappresentanti sindacali, con compiti e ruoli differenti. In Italia è praticato il “canale unico” di rappresentanza secondo forme riconosciute in tutte le aziende sopra una certa dimensione. Da noi non è possibile, per fare un esempio, inserire dei rappresentanti dei la voratori nei consigli di amministrazione delle imprese senza che questi siano anche rappresentanti sindacali, cioè soggetti titolari di contrattazione con le imprese. Per questa prima differenza, attuare esperienze partecipative in Italia è più complesso e difficilmente sperimentabile attraverso strumenti legislativi che non abbiano prima definito la misura della rappresentanza (delle imprese e dei sindacati) e il ruolo che gli compete. E nemmeno le imprese hanno mai seriamente sollecitato forme di co-gestione tra ”operai e capitale” (nemmeno le imprese cooperative). Per non dire delle differenze strutturali delle aziende. In Italia, come è noto, più del 95% delle imprese è di piccola o piccolissima dimensione. In queste esperienze esiste certamente una minore separazione tra competenze imprenditoriali e competenze del lavoro (“per natura” mescolate fra loro) e una prassi inclusiva consolidata. Pur non essendo essa formalizzata le forme utili e necessarie di maggiore partecipazione del lavoro alla gestione delle imprese devono essere sperimentate “dal basso” dalla contrattazione sindacale di secondo livello (ed eventualmente, dopo, sostenute e generalizzate da strumenti legislativi che ne facilitino la diffusione).Sicuramente non si deve partire dalla “partecipazione economica” ma da una partecipazione all’organizzazione del lavoro e della produzione sia di beni che di servizi. Se il lavoro (e la sua rappresentanza unica) è protagonista consapevole della creazione del valore dell’impresa potrà a buon diritto “partecipare” anche alle scelte di impiego di quel plus-valore, sia in forme di cogestione che in forme di controllo (presenza nei consigli di amministrazione oppure in comitati di garanzia). Partire a rovescio, dalla co-gestione del capitale di impresa lo ritengo una scorciatoia impraticabile, e non gradita soprattutto da parte delle aziende e dei loro azionisti.
I piani azionari per i dipendenti sono la mani festazione di una concezione meno conflittuale dei rapporti tra imprenditori e lavoratori, ma fi nora non riflettono un organico disegno riforma tore che veda impegnate nella sua realizzazione le parti sociali. L’esiguità della diffusione di questa pratica te stimonia come lasciarla alle singole iniziative im prenditoriali significhi rinunciare a una strategia innovativa delle relazioni industriali che veda an che i lavoratori assumere un ruolo da protagoni sti.
La legge . Che si tratti della partecipazione agli organi di governo della società o dei piani di partecipazione finanziaria tutto deve rientrare nella negoziazione tra le parti. Inoltre, il passaggio dalla contrattazione collettiva diventa la sola condizione per beneficiare da parte sia dei lavoratori, sia delle imprese delle possibili agevolazioni fiscali. In questo contesto si prevede (art.21) anche la creazione di un nuovo soggetto il “Garante della sostenibilità delle imprese” che opera come meccanismo di certificazione della sostenibilità delle imprese, una qualifica alla quale contribuisce l’adozione degli strumenti partecipativi prima richiamati, con la possibilità, alla luce della certificazione, di ulteriori misure premiali (non specificate) definite dal Ministero delle Finanze. Sono queste direttrici che pongono non pochi interrogativi sull’esigenza di “spingere” le imprese sul terreno della responsabilità sociale attraverso meccanismi incentivanti, soprattutto alla luce di un’asimmetria con l’evoluzione della legislazione comunitaria notoriamente sempre più indirizzata verso regole prescrittive.
Per chi si ricorda la storia dei consigli di gestione allora cioè da un lato ilconflitto e dall’altro la collaborazione. Ciò che prevalse fu un’azione collaborativa dei consigli alla ricostruzione per garantire il lavoro e l’occupazione alle masse industriali e ai disoccupati e, quindi, orientata ad un obiettivo prioritario di aumento della produzione.In questa logica i rappresentanti dei lavoratori compirono uno sforzo notevole di elaborazioni, analisi, proposte per migliorare gli aspetti tecnici e produttivi delle attività aziendali in particolare industriali. Se i tempi del ritorno alla normalità produttiva furono relativamente brevi ciò lo si deve anche all’opera dei consigli di gestione. Tra tutti l’esempio dellaFiat è emblematico come testimoniano numerosi lavori di ricostruzione storica di quel periodo.
Poi è evidente che partecipazione può significare anche maggiore produttività Stiamo parlando di dati 2023 ISTAT, gli ultimi disponibili, e il quadro è nero: la produttività del lavoro è scesa del 2,5 per cento, quella del capitale dello 0,9 per cento e la produttività totale di tutti i fattori è calata anch'essa del 2,5 per cento. Siamo di fronte a un drastico peggioramento perché se è vero che la produttività non è stata la materia in cui siamo storicamente andati meglio, almeno negli anni tra il 2014 e il 2023 si era registrato un incremento medio di quella del lavoro dello 0,5%. Le ore lavorate, invece, nel 2023 sono aumentate più del valore aggiunto. Anche dalla produttività del capitale arrivano notizie sconsolanti sullo stato degli investimenti in tecnologie dell'informazione e della comunicazione, lo 0,9 per cento in un anno indica un andamento a gambero dell'innovazione. Vale per questo caso lo stesso ragionamento di prima: non è che negli anni scorsi andasse a gonfie vele ma almeno nel periodo 1995-2023 la produttività del capitale era cresciuta dello 0,4 per cento medio annuo grazie a un valore aggiunto superiore a quello che viene chiamato l'input di capitale. La produttività totale dei fattori che, come sottolinea l'Istat, riflette l'efficienza complessiva in cui lavoro e capitale sono utilizzati nel processo di produzione. Un 2,5 per cento in meno in un solo anno denuncia lo stato di salute del sistema produttivo che non riesce a generare nemmeno il valore aggiunto degli anni precedenti. E che quindi corre il pericolo di allargare il gap di produttività nei confronti dei Paesi concorrenti. Ma invece guai a parlarne. E stavolta la responsabilità è di tutti anche di quelle dell'opposizione, della Confindustria e dei sindacati ma, appunto, anche del sistema dell'informazione. Ma il rischio di avviarci lungo quella via bassa della competitività, che segnerebbe una sconfitta storico del modello produttivo italiano, c'è tutto. Anche perché siamo davanti allo sviluppo di un nuovo ciclo di innovazione, legato all'intelligenza artificiale, e dobbiamo assolutamente arrivarci con un patrimonio tecnologico adeguato .
20 novembre giornata internazionale bambini e adolescenti
Alessandra Servidori
Mi hanno chiesto di anticipare un commento in preparazione della giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza che è stabilita il 20 novembre ogni anno dal 1954 dall’Onu. Aspettando la relazione annuale del Parlamento e del Garante per l’Infanzia italiano accenno a qualche considerazione. Un esame del quadro statistico storico evidenzia la incessante diminuzione del numero di bambini e bambine, ragazzi e ragazze e specularmente l’invecchiamento della popolazione sul quale ovviamente traballa il nostro sistema di sostegno sociale in particolare per quello che riguarda il welfare. Sul fronte familiare, l’instabilità coniugale risulta in aumento, vista la crescita di separazioni e divorzi, da cui deriva un aumento dei nuclei monogenitoriali anche causati da una povertà in salita. Anche le adozioni nazionali, internazionali e affidamento familiare risultano in calo, mentre cresce l’accoglienza di bambini e bambine, ragazzi e ragazze nei servizi residenziali per minorenni. Relativamente all’educazione e alla scuola, al contrario di quanto accade per i servizi educativi per la prima infanzia, gli iscritti della scuola dell’infanzia aumentano e il tasso di scolarità è vicino a quello della scuola primaria che, tuttavia, ha un lieve trend di decrescita. La dispersione e l’abbandono scolastica sale nella scuola secondaria di secondo grado con notevoli differenze territoriali. Le Linee guida del Comitato Onu per la redazione dei rapporti governativi periodici, è utilizzato per l’elaborazione del rapporto quinquennale all’Onu sullo stato di applicazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176 ed è il riferimento per costruire un quadro che poi si realizza concretamente attraverso il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza che opera dal 2018 per promuovere informare e comunicare lo stato delle politiche a favore dell’infanzia e adolescenza e l’impatto storico che ne risulta sulla popolazione italiana. Ne sono strettamente correlate le linee di bilancio dedicate all’infanzia e all’adolescenza, per far valere il principio di non discriminazione e il diritto all’istruzione, di garantire la partecipazione di bambini, bambine e adolescenti ai progetti che li riguardano e ai programmi di sviluppo sostenibile e di diffondere fra bambini e bambine, ragazzi e ragazze la conoscenza dei loro diritti. Personalmente è fondamentale essendo componente del Comitato per il contrasto alla povertà educativa minorile approfondire il tema della povertà ed esclusione sociale di bambini e bambine, ragazzi e ragazze in Italia. Si rileva che la povertà è un fenomeno complesso che non comprende solo la sfera economica e che è strettamente connesso all’esclusione sociale, perché si ripercuote sull’opportunità di crescita individuale. Solo recentemente sono stati messi a punto indici di deprivazione materiale specifici per bambini e bambine, ragazzi e ragazze e contemporaneamente è stata modificato attraverso uno studio mirato i criteri di misurazione di povertà relativa e assoluta ed è emerso come siano numerosi i minori di età in una situazione di deprivazione, poiché non hanno accesso a un insieme di beni e servizi essenziali per uno standard di vita accettabile. Il rischio di povertà è in aumento nelle famiglie con almeno un figlio minorenne e cresce con l’aumentare del numero dei figli.E peraltro incide l’assottigliarsi dei contingenti delle donne in età riproduttiva, che nella compressione del periodo fertile e a parità di propensione a fare figli, garantiscono via via un numero sempre più ridotto di nati. E poi la verità è che se anche le donne mettono al mondo bambini la loro occupazione è fortemente instabile ovvero percaria in quanto mancano ancora a tutt’oggi servizi per l’infanzia la non autosufficienza e la terza età per non parlare della flessibilità lavorativa che NON consente un equilibrio tra vita e lavoro, un sistema fiscale che punisce il reddito familiare e una mancanza di congedi parentali che pesano sia per le lavoratrici che per i lavoratori che devono sostituire il sistema di sostegno del welfare in declino per problemi di debito pubblico. L’assottigliarsi del numero di bambini e bambine, ragazzi e ragazze è palese in ogni ambito della vita quotidiana, a partire dalla famiglia, in cui la crescita delle nuove generazioni è caratterizzata sempre più da contesti di vita a prevalenza adulta, in cui più rare sono le occasioni di confronto e condivisione con fratelli e cugini, di pari età. I tassi di copertura segnalano un trend di decrescita, della frequenza scolastica in tutti gli ordini scolastici presi in considerazione, con valori preoccupanti nelle scuole secondarie di II grado. Nell’ambito della dispersione scolastica rientrano gli alunni che si ritirano ufficialmente entro il 15 marzo; non vengono valutati per assenze dovute a motivi familiari; non vengono valutati per interruzione scolastica in corso d’anno per motivi sconosciuti alla scuola; non vengono valutati perché mai frequentanti, sebbene iscritti. Per abbandono scolastico si intende la mancanza di informazioni di giovani che non è possibile conoscere e questo è un elemento molto grave con differenze territoriali diverse tanto che continuiamo a registrare in moltissimi ambiti tre confini del nostro paese nonostante il Riparto del Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale e adozione del Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà con cui è stato adottato il primo Piano per gli ai trienni dal 2018 e sempre di seguito, dal Pnrr e da un coordinamento interministeriale per politiche per la famiglia, sostegno della maternità e della paternità, conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, misure di sostegno alla famiglia, genitorialità e natalità (anche per contrastare la crisi demografica); e ancora in materia di politiche per le adozioni – anche internazionali – di minorenni italiani e stranieri, di politiche per l’infanzia e l’adolescenza – anche con riferimento allo sviluppo dei servizi socioeducativi per la prima infanzia –, in materia di politiche in favore delle persone con disabilità – anche con riferimento a quelle per l’inclusione scolastica –, l’accessibilità e la mobilità. I dati diffusi dall'Istat dimostrano che sono le bambine, i bambini e gli adolescenti i più colpiti dalla povertà in Italia. Sono infatti 1,29 milioni i minori in povertà assoluta (il 13,8% del totale), il valore più alto dal 2014, rispetto al 9,7% della popolazione totale.(Ottobre 2024) . La povertà e l’esclusione sociale dei minorenni ci mostrano, da una parte, che la prospettiva di sguardo del bambino non coincide necessariamente con quella dell’adulto – e per tale ragione è necessario aprire all’ascolto dei minorenni sui temi che riguardano la loro quotidianità e il loro vissuto – dall’altra che la condizione di povertà economica nell’infanzia preclude il fiorire e lo sviluppo di attitudini, talenti e aspirazioni, anche se non è la povertà di reddito l’unico fattore che incide sul benessere del bambino, è necessario investire per rimuoverla affinché non rappresenti un fattore di mortificazione delle potenzialità di ciascun bambino e bambina, ragazzo e ragazza. Parliamo di 1 bambino su 7 che vive in povertà assoluta in Italia : siamo di fronte ad una situazione in cui servono provvedimenti immediati per affrontare l’emergenza e una strategia nazionale, per assicurare a tutte le bambine e i bambini e gli adolescenti le stesse opportunità di crescita. Perchè loro sono il nostro futuro e un Paese che non investe sui suoi giovani non ha futuro.
TUTTEPERITALIA ADERISCE E PROMUOVE LA CARTA DEI DIRITTI
Alessandra Servidori * www.ilsussidiario.com
Nell’epoca della cd Responsabilità sociale dell’impresa che sovente è richiamata dalla normativa internazionale, l’iniziativa di docenti del centro interdipartimentale Orfect Prof Vincenzo Pacillo e Basira Hussen- Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia- FAR Dipartimentale Azione 10, nell’area La laicità come valore fondante dell’Unione Europea e le relazioni di lavoro,hanno promosso la CARTA DELLEBUONEPRASSI PER IL RISPETTO DELLA LIBERTÀ DI RELIGIONE E DI CONVINZIONE NEI LUOGHI DI LAVORI che aiuta concretamente la comunità lavorativa a dialogare e a comprendere le reciproche diversità tra uomini e donne di diverse etnie e superare possibili difficoltà.Questa iniziativa in una stagione di particolari tensioni risponde all’esigenza di integrare il quadro normativo esistente con linee guida operative che rendano più efficace e concreta l’applicazione dei principi di non discriminazione e tutela delle convinzioni religiose. La normativa, pur essendo chiara nei suoi principi generali, può risultare complessa da applicare in situazioni specifiche e la Carta può fornire indicazioni concrete su come gestire casi particolari (ad esempio, l’uso di simboli religiosi, l’osservanza di pratiche religiose durante l’orario di lavoro, o la gestione di giorni di riposo per festività religiose), garantendo così un’applicazione uniforme delle regole in diversi contesti aziendali. Molte delle problematiche relative alla discriminazione religiosa derivano da incomprensioni o da una mancanza di sensibilità e la carta può servire da strumento educativo e preventivo, fornendo al datore di lavoro e ai dipendenti linee guida chiare su come rispettare e promuovere la libertà religiosa in azienda, riducendo così il rischio di contenziosi legali,affrontando un più ampio concetto di diversità e inclusione sul posto di lavoro, promuovendo una cultura aziendale accogliente,MIGLIORA il benessere e la produttività dei dipendenti, favorendo un ambiente di lavoro più sereno e rispettoso delle diversità e delle reciproche necessità e flessibilità. Nell’ambito organizzativo aiuta a gestire permessi per festività religiose,i turni di lavoro, la gestione dell’abbigliamento religioso. Queste linee guida offrono soluzioni pratiche che bilanciano le esigenze del datore di lavoro con i diritti dei dipendenti, evitando conflitti può diventare un elemento distintivo nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa (CSR) e può dimostrare di essere un’azienda che migliora così la propria reputazione e favorisce buone relazioni con i propri stakeholder. Uno strumento pratico che ci sostiene nelle trasformazioni sociali e culturali , che rispondano ai bisogni di una forza lavoro sempre più diversificata, con problematiche che già da ora emergono ed è un valido complemento al sistema giuridico, non solo per garantire l’applicazione effettiva dei diritti e dei doveri. Uno dei principi cardine della Carta è il riconoscimento della diversità religiosa e culturale perché in un mondo globalizzato e interconnesso, la presenza di persone con diverse fedi religiose nei luoghi di lavoro è una realtà ineludibile e può rappresentare una risorsa che arricchisce l'ambiente lavorativo e promuove una maggiore inclusione sociale.Tra le buone prassi fondamentali della Carta troviamo l’impegno a promuovere politiche aziendali che eliminino qualsiasi forma di discriminazione, diretta o indiretta, e gli accordi contrattuali e le prassi aziendali devono essere formulate in modo tale da non escludere o penalizzare coloro che professano una fede diversa dalla maggioranza; incoraggia le imprese a sviluppare politiche contrattuali di accomodamento ragionevole,che consentano come diversity management, di costruire un ambiente di lavoro inclusivo, nel quale tutti i lavoratori e le lavoratrici si sentano rispettati e valorizzati,e adottare politiche di gestione della diversità che assicurino una partecipazione attiva di tutti i dipendenti di trovare soluzioni che consentano ai lavoratori di celebrare le festività religiose senza pregiudicare la continuità produttiva, includendo l'introduzione di giorni di congedo flessibili o la possibilità di scambiare i turni con altri dipendenti, impegnandosi a monitorare costantemente l’applicazione delle politiche di inclusione e ad aggiornare periodicamente la carta delle buone prassi, tenendo conto dei feedback dei lavoratori e delle evoluzioni normative e sociali possiamo credibilmente ottenere una situazione di maggiore benessere per tutti. Questa Carta sostiene insieme genere, handicap,religione e raccoglie legislazioni italiane internazionali pragmaticamente indirizzando la comunità lavorativa ad una assunzione di responsabilità positiva e soprattutto condivisa.
Alessandra Servidori componente Comitato Interministeriale Diritti Umani
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