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Editoriali

A Trieste noi cattolici ci siamo chiarite le idee

Alessandra Servidori    A Trieste ci siamo chiarite le idee

Dopo le Europee e il caos della Francia divisa esattamente in tre parti elettorali e Macron che dovrà comunque cercare di formare un Governo è sempre più urgente collaborare per costruire una agenda per il 202472029 ue . Non sarà semplice rendere l’Ue più forte e accrescere la sovranità europea, affrontando le questioni centrali connesse alle sue priorità politiche, nonché alla sua capacità di agire di fronte alla nuova realtà geopolitica e a sfide sempre più complesse. Elaborata nel corso dei mesi, l’agenda che guarda al futuro dell’integrazione europea è stata approvata durante il Consiglio europeo del 27 giugno. Un documento di una decina di pagine, varato non senza obiezioni e malumori di alcuni Paesi membri, che dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – essere sviluppato e concretizzato nel prossimo quinquennio parallelamente alle riforme istituzionali suggerite dalla Conferenza sul futuro dell’Europa (maggio 2021-maggio 2022) e al processo di allargamento che guarda a Balcani, Ucraina, Moldova e Georgia. La premessa al documento ricorda alcuni punti fermi dell’Ue fra cui pace, sicurezza, cooperazione economica, lotta al cambiamento climatico, ruolo costruttivo nella “rivoluzione digitale”.Un’Europa libera e democratica è il primo capitolo. Democrazia e partecipazione dei cittadini sono intesi come un elemento fondamentale, assieme alla promozione della diversità culturale e del patrimonio culturale. L’Unione europea deve “continuare a essere la più accesa sostenitrice dell’ordinamento giuridico internazionale, difendendo strenuamente le Nazioni Unite e i principi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite.Un’Europa forte e sicura. Qui si nota come soprattutto la guerra in Ucraina abbia imposto il tema della sicurezza e della difesa. L’invasione su vasta scala dell’Ucraina è anche un attacco contro un’Europa libera e democratica. L’Unione europea rimarrà al fianco dell’Ucraina nella sua lotta per mantenere l’indipendenza e la sovranità e riconquistare l’integrità territoriale entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Sosterremo inoltre la sua ricostruzione e il perseguimento di una pace giusta. L’Europa – aggiungono – deve essere un luogo in cui le persone siano e si sentano libere e sicure. Ma per accrescere la sicurezza “serve una solida base economica”.Un’Europa prospera e competitiva. I Capi di Stato e di governo si dicono “determinati a rafforzare la base della nostra competitività a lungo termine e a migliorare il benessere economico e sociale dei cittadini. Appare l’impegno a rafforzare il potere d’acquisto dei cittadini, a creare buoni posti di lavoro e assicurare la qualità dei beni e dei servizi in Europa. Quindi un ulteriore impegno, tante volte risuonato in passato e rimasto perlopiù sulla carta: “Colmeremo i nostri divari in termini di crescita, produttività e innovazione con i partner internazionali e i principali concorrenti”.All’interno del mercato unico si vuole agire in diversi settori: energia, finanza, telecomunicazioni, commercio estero, spazio, intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche, semiconduttori, 5G/6G, sanità, biotecnologie, tecnologie a zero emissioni nette, mobilità, prodotti farmaceutici. Non ultima, la promessa: Portare a buon fine le transizioni verde e digitale. Per affermare, infine, che “la crescita economica deve andare a vantaggio di tutti i cittadini”, dove finalmente si parla di protezione sociale, formazione e istruzione, opportunità per i giovani. L’Agenda strategica è approvata. Ora il difficile, ma non impossibile compito, di andare oltre le parole. Alla crisi di partecipazione che viene fatta coincidere con l’astensionismo elettorale non credo che corrisponda una crisi di idealità, quanto il fatto che le persone più che essere contate amerebbero contare. Vorrebbero che la propria voce e il proprio pensiero potessero avere un impatto. Molte persone non cercano qualcuno a cui delegare ogni cosa, l’uomo o la donna soli al comando che risolve i problemi di tutti. Credo che in questo nostro tempo, sia uno dei grandi equivoci. L’uomo solo al comando può solo far naufragio: se naufragasse da solo non sarebbe niente, ma spesso porta a naufragare intere comunità umane. Far sentire la voce e poter contare rappresentano la grande sfida sia per la società sia per la Chiesa, in questo nostro tempo, per i cattolici è importante. Una sfida che richiede di assumere dei rischi e che qua e là comincia a farci osservare dei germogli belli e significativi. Bisogna far crescere dei germogli e aiutare i giovani a sentirsi utili ,perché  questi germogli rappresentano il futuro  a bisogna  prendersene cura e  farli crescere: i giovani sono un grande segno di speranza. Dovremmo avere il coraggio di riconoscere che oggettivamente in questo tempo non sappiamo che pesci pigliare: si tratta di un salutare smarrimento. La pastorale sociale e del lavoro credo possa dare il suo contributo soprattutto per rigenerare una coscienza popolare. In questi anni, in un certo senso, siamo vissuti sotto la dittatura dell’esperto, che sapeva risolvere tutti i problemi. La storia ci insegna che non necessariamente va così. C’è bisogno di ritornare a riconoscere il valore del concetto di ‘popolare’, che nel nostro tempo decliniamo troppo come forma di fama riconosciuta da parte dei più. Dunque rigenerare una coscienza popolare sui temi di fondo e sui valori credo che sia una delle grandi sfide da raccogliere nel nostro tempo

Lavoro e ancora lavoro-Luglio 2024 Nuova professionalità

Nuova Professionalità Luglio 2024 ALESSANDRA SERVIDORI

 Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/2 (2024)

Innovazioni e Pari opportunità Lavoro e, poi, ancora lavoro a cura di Alessandra Servidori

L’appuntamento Europeo ci costringe a ragionare con una visione allargata sulle proposte che riguardano il mercato del lavoro certamente stando con i piedi ben piantati a terra. Partire dunque da ‘‘Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, nonché di procedure di controllo e informazione’’ trattandosi oltreché di un percorso per una migliore e più garantita tutela del c.d. lavoro povero, di un’importante riforma delle politiche retributive, contrattuali e delle relazioni industriali, è evidente che sollecitarne l’approvazione definitiva al fine di provvedere al più presto la predisposizione e l’entrata in vigore dei decreti delegati per il perseguimento degli obiettivi maggiormente urgenti è una questione di buonsenso. Dobbiamo, anche per essere competitivi a livello internazionale, assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi in quanto è materia di dibattito il confronto tra le retribuzioni italiane e quelle di altri paesi. Nel fare questo confronto si lamenta una situazione d’inferiorità delle retribuzioni italiane. Mettendo in secondo piano la differente dinamica della produttività del lavoro. Dal 1995 il prodotto per ora lavorata è cresciuto in Italia di appena il 7 per cento contro il 26 per cento dell’area dell’euro nel suo complesso. Il PIL pro capite italiano, che a parità di potere di acquisto nel 1995 era di 9 punti superiore a quello medio dell’area dell’euro, nel 2019 era inferiore di 10 punti. Il fatto è che le retribuzioni medie sono più basse perché sono più basse, rispetto ad altri paesi, quelle più elevate. In Italia solo il 9 per cento dei lavoratori percepisce un reddito lordo annuo superiore a 40mila euro. Tuttavia, negli ultimi anni, sia le misure di sostegno al reddito durante la pandemia e dopo, sia i provvedimenti sulla decontribuzione hanno interessato, in varie misure, i redditi fino a 35mila euro, quando il segmento di contribuenti con un reddito superiore a quel limite (divenuto per legge la soglia ufficiale del benessere) paga il 56% dell’Irpef e come è noto non ha percepito alcun beneficio. È questa una situazione squilibrata e iniqua che va recuperata attraverso le nuove aliquote della riforma fiscale. Ed è evidente che è importante contrastare il lavoro sottopagato, anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e a specifiche categorie di lavoratori, definire, per ciascuna categoria, i contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, al fine di prevedere che il trattamento economico complessivo minimo del contratto maggiormente applicato sia – ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione - la condizione economica minima da riconoscersi ai lavoratori nella stessa categoria; stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali, nell’interesse dei lavoratori; contrastare i fenomeni di concorrenza sleale posti in essere mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati ad abbassare il costo del lavoro e a ridurre le tutele dei lavoratori (c.d. dumping contrattuale). Sia per individuare i contratti maggiormente applicati che per contrastare forme di dumping contrattuale è fondamentale definire l’ambito di applicazione ovvero la categoria che in un regime di libertà sindacale è affidato alla contrattazione delle parti a cui non può supplire la legge. Occorre pertanto in fase di prima applicazione fare riferimento alle “‘‘categorie’’ previste dall’Archivio nazionale della contrattazione presso il Cnel. Se deve essere la contrattazione collettiva il principale strumento per estendere erga omnes il trattamento complessivo previsto nei contratti maggiormente applicati diventa indispensabile stimolare il rinnovo dei contratti che avviene con un ritardo medio di 38 mesi ed è quindi inadeguato a tutelare le retribuzioni dal costo della vita. È questo sicuramente uno dei motivi delle basse retribuzioni che si lamentano in Italia. Per rimediare a queste criticità, è necessario favorire la contrattazione decentrata e di prossimità allo scopo di poter ‘‘scambiare’’ nel luogo di lavoro una maggiore produttività e migliore qualità del lavoro con retribuzioni di risultato più elevate. Questi obiettivi possono essere conseguiti tramite adeguate politiche di detassazione che favoriscano queste tipologie di retribuzione e le erogazioni del c.d. welfare aziendale. Quanto alla contrattazione nazionale è importante proporre di istituzionalizzare l’istituto della mediazione del governo nelle vertenze contrattuali. La mediazione non è una novità ma ha sempre fatto parte della prassi delle relazioni industriali, con interventi in situazioni specifiche su richiesta, di volta in volta, delle parti o di particolare situazione di conflittualità. Può essere utile – viste le difficoltà sul terreno dei rinnovi fisiologici dei contratti nazionali specie in alcune categorie, fare della mediazione del governo un passaggio normale nel corso delle procedure di rinnovo. In pratica si tratterebbe di rendere obbligatorio, dopo un arco temporale predefinito in cui i negoziati non sono conclusi, un tentativo di conciliazione. Nel caso che l’iniziativa non abbia esito positivo, trascorso un altro arco temporale predefinito, il governo è tenuto a formulare una proposta di accordo di rinnovo sulla base dei materiali e delle posizioni fino allora emersi nel corso del negoziato. La proposta non è una forma di arbitrato vincolante per le parti, ma avrebbe comunque un rilievo politico significativo. L’avvio negli ultimi tempi di un processo legislativo che caratterizzi l’attuale come la legislatura della partecipazione attiva dei lavoratori alla vita delle imprese, tenendo conto dei progetti di legge di iniziativa popolare rivolti a dare piena attuazione all’art. 46 della Costituzione e nel caso di quello presentato dalla Cisl è fondamentale. Sul “Lavoro temporaneo”, osservando le esperienze compiute nella disciplina dei contratti a termine in altri paesi – in particolare la Spagna, sarebbe saggio: a) Abolire ogni forma di causalità per proroghe o rinnovi nell’arco di 24 mesi. b) Prevedere – anche con misure di incentivazione fiscale – che la conclusione del contratto a termine non comporti l’estinzione automatica del rapporto di lavoro, ma l’obbligo dell’impresa di offrire, ove possibile, al lavoratore una proposta di ricollocamento previo svolgimento se necessario di un periodo di formazione. Se il lavoratore rifiuta l’offerta o si determina l’impossibilità di ricollocarlo, in mancanza di un posto adeguato, si verifica l’estinzione del contratto con una maggiorazione sul tfr secondo tabelle definite nell’ambito della contrattazione collettiva. c) Per il lavoro stagionale si potrebbe prevedere un tipo di contratto a tempo indeterminato, ma la prestazione lavorativa si effettua quando occorre. Nei periodi di non lavoro, i lavoratori, se hanno i requisiti contributivi necessari, percepiscono le prestazioni previste o, altrimenti, hanno la possibilità di provvedervi. Questa condizione lavorativa indurrebbe le aziende ad avvalersi, all’occorrenza, del medesimo personale, in regime di continuità del rapporto di lavoro. Da ultimo, ma non per importanza, rivedere le norme che assegnano funzioni essenziali ai rappresentanti dei lavoratori in azienda o a livello del territorio in materia di salute e sicurezza. I poteri di questi lavoratori sono effettivi; possono disporre senza perdere la retribuzione del tempo necessario per svolgere i loro compiti e soprattutto il rappresentante può «fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro». Ma questi rappresentanti dei lavoratori corrono rischi di rappresaglia? Può darsi, ma sono in grado di difendersi, sulla base delle tutele sono già previste dal TU: «Chi è chiamato dagli altri lavoratori a svolgere tale funzione ‘‘non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali». In sostanza, ognuno deve essere “‘‘ispettore di sé stesso’’ e dei propri colleghi. Va reso effettivo il coordinamento dei servizi ispettivi di Inps e Inail per poter svolgere in una volta sola controlli incrociati sulla regolarità complessiva dell’azienda e sulla posizione contributiva, assicurativa e di sicurezza dei  lavoratori. Oggi ogni ispettore guarda alla materia di sua competenza e il coordinamento è affidato alla buona volontà. Dietro però ci sono anche questioni tecniche e informatiche: noi abbiamo un accesso molto parziale alle banche dati di Inps e Inail con le informazioni sulle aziende controllate. Occorre «superare la frammentazione, la disomogeneità delle ispezioni e “un piano organico della prevenzione” e di totale coinvolgimento di tutti i corpi ispettivi in un’unica regia nazionale» e puntare ad una “formazione dei lavoratori reale” e non apparente. Va altresì utilizzata la sanzione della sospensione dell’attività di impresa inadempiente, una misura che si sta rivelando efficace, tanto che negli ultimi anni si è passati da alcune centinaia a migliaia di casi. Fra i risultati conseguiti, va rinnovata l’intesa quinquennale siglata dal Inl con Inail per la condivisione dei database in materia di vigilanza, a favore del processo di implementazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, previsto dal Testo unico in materia di salute e sicurezza. Nell’ambito poi di una auspicabile riforma della sanità andrebbe rivista un’impostazione sostanzialmente ideologica che risale all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978: la teoria della tutela unitaria della salute (prevenzione, cura e riabilitazione) che assegnò anche la problematica infortunistica alle Asl (per fortuna un referendum ha sottratto alle Asl le funzioni in materia di ecologia). In precedenza, l’Inail aveva una competenza esclusiva ed era dotato persino di proprie strutture ospedaliere (i c.d. traumatologici). È abbastanza comprensibile che nel personale delle Asl oberate dai problemi della sanità siano carenti le figure professionali in grado di intervenire sulla sicurezza dei macchinari e sull’organizzazione del lavoro. Per inciso: i medici del lavoro sono in Italia 5,5mila su 14 milioni di lavoratori. Alessandra Servidori

Cosa resta del giorno

 

ALESSANDRA SERVIDORI        

Una questione durante la campagna elettorale che non ho potuto commentare per inopportunità è stata  gli stati generali della natalità “auspicati fortemente” dalla Ministra Roccella e poi realizzati  dal forum delle associazioni familiari, sono quanto di più zirconico si può fare .E già da 4 anni  che si dicono sempre le stesse cose e  quest’anno addirittura si è avuto il coraggio di affermare che “Il Tour della Natalità è un’opportunità senza precedenti per mobilitare e coinvolgere attivamente il territorio nella ricerca di soluzioni efficaci per affrontare la crisi demografica che affligge il nostro paese.”Ma mai  durante queste giornate nessuno dei relatori/relatrici ha avuto la coscienza di dire che sono da  decenni  non  si svelano gli ‘’abusi sociali’’ compiuti in nome delle pensioni, e delle politiche pubbliche appena decente  e solo di carattere monetario per la famiglia.  E qui sta il punto chiave della nostra storia. Al sostegno dei figli e delle famiglie il welfare all’italiana assegna il 4% dell’intera spesa sociale che è la metà di quella media europea. In termini di Pil alla maternità e ai figli è dedicato circa l’1% che è  pari a 1/17° di quanto è destinato alle pensioni. Dal 1995 ad oggi vi è stata una vera e propria spoliazione di risorse dalle politiche per la famiglia (e la natalità) a quelle pensionistiche. Negli anni ’60, sia pure in un contesto demografico profondamente diverso dall’attuale, la spesa per assegni familiari (AF) era pressoché corrispondente a quella per le pensioni. Gli AF  allora erano misura di carattere universale, fino alla riforma del 1988 che introdusse l’assegno al nucleo familiare (Anf )  il principale, se non addirittura l’unico, strumento a tutela della famiglia,  ragguagliato al reddito e al numero dei componenti. La riforma del sistema pensionistico, attuata dalla Legge Dini-Treu nel 1995 (dettata, parola per parola, al governo da pare dei sindacati), stabilì, a copertura, una riallocazione dei contributi a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) la cui aliquota contributiva, dal 1° gennaio 1996, passò di colpo dal 27,5% al 32,7% (in seguito al 33%). Per non aumentare il costo del lavoro, la legge operò, ad oneri invariati, una ristrutturazione della contribuzione sociale: l’aliquota dell’Anf passò dal 6,2% al 2,48%, quella per la maternità dall’1,23% allo 0,66%.  Altri tagli riguardarono gli ammortizzatori sociali. E la politica della casa? L’aliquota ex Gescal (un tempo rivolta a finanziare l’edilizia popolare) passò dallo 0,70% prima, allo 0,35% poi, e infine allo  zero assoluto. In euro, a prezzi 1996, la diminuzione delle risorse disponibili  fu di 4,6 miliardi  di lire per l’Anf, di 0,6 miliardi per la maternità, di 1,4 miliardi per asili ed edilizia sociale, per un totale di 6,6 miliardi.  A prezzi 2008, le risorse disponibili, trasferite alla voce pensioni, corrisposero a 8,5 miliardi l’anno. Più chiaramente –  come documentò  la Cei  in un saggio <Il cambiamento demografico> pubblicato da Laterza  – dal 1996 al 2010 la riallocazione di risorse destinate alla famiglia, in senso lato, ha finanziato il sistema pensionistico per un ammontare che, a prezzi 2008, mobilitò e trasferì un volume finanziario pari a circa 120 miliardi di euro.  Ma non basta; perché all’interno della Gestione prestazioni temporanee dell’Inps (che eroga le prestazioni previdenziali <minori> in quanto non pensionistiche), la voce <assegno al nucleo familiare> – nonostante la riduzione dell’aliquota - continuò ad incassare dai datori di lavoro circa un miliardo in più di quanto spendeva: l’avanzo veniva riversato, nella logica del bilancio unitario dell’Inps, nel calderone delle gestioni pensionistiche e delle altre prestazioni. Anzi il paradosso contabile era tale per cui, quando un governo decideva di aumentare nella legge di bilancio l’ANF, non si avvaleva degli avanzi di bilancio, ma stanziava direttamente le risorse occorrenti. L’istituzione dell’Assegno unico universale (AUU) ha rappresentato l’inizio di una inversione di rotta con novità importanti. Tuttavia, vengono segnalati alcuni limiti. In primo luogo, la quota universale è relativamente bassa, rispetto ad altre esperienze. In particolare, in Germania – dove le recenti politiche familiari sono riuscite a frenare la denatalità e a invertire la tendenza – l’importo della parte universale è superiore ai 200 euro. Un altro punto di riferimento è rappresentato dai costi sostenuti per i figli dalle famiglie italiane. Alcuni demografi e ricercatori della Banca d’Italia, ospitati dal prestigioso Neodemos on line,  hanno pubblicato delle stime a partire dai dati sui consumi, segnalando una spesa media di 645 euro al mese per ciascun figlio. Simulando, poi, di quanto dovrebbe migliorare il reddito affinché una famiglia mantenga inalterato il proprio livello di benessere dopo l’arrivo di un figlio, si ottiene un valore medio pari a 720 euro (510 per le famiglie povere e 763 per le altre). Tutto ciò ovviamente considerando i soli aspetti economici del problema dell’inverno demografico. Aspetti che insieme al tormentone della precarietà e della crisi degli alloggi concorrono certamente – anche se non in modo esclusivo o prevalente – alla sfarinamento della filiera della riproduzione sociale. Non solo .Roccella si è inventata il bollino blu delle aziende che adottano un cd Codice etico per affermare ( ma non nei fatti haimè!) che sono aziende attente alla maternità…..Il Codice per le imprese in favore della maternità dovrebbe essere  uno strumento di autodisciplina  con l’obiettivo di creare un clima culturale ed economico di collaborazione tra datore di lavoro e dipendenti rispetto al tema della maternità, affinché questa non debba rappresentare per le donne un desiderio alternativo alla carriera.L’iniziativa sostiene, in un senso più ampio e senza sostituirla, la misura PNRR della certificazione della parità di genere , di cui personalmente ( ma poi i dati ce lo dicono!)ho un giudizio profondamente negativo , che vincola l’accesso a sgravi fiscali e contributivi, oltre a punteggi premiali nella partecipazione ad appalti pubblici, all’adozione di policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree maggiormente critiche per la crescita professionale delle donne, e che viene rilasciata da organismi di certificazione accreditati in conformità alla prassi UNI/PdR 125:2022.Il Codice segue l’approccio trasversale e strategico del Governo sul tema della natalità che, come certificato dall’ISTAT, anche nell’anno trascorso e quello in corso ha fatto toccare all’Italia un nuovo record negativo che non sembra arrestarsi, con effetti ormai percepibili sull’economia, sul mercato del lavoro e sul modello sociale.I comportamenti organizzativi individuati dal Codice per l’intervento da parte di imprese e organizzazioni, sono:il favore per la continuità di carriera delle madri,le iniziative di prevenzione e cura dei bisogni di salute,l’adattamento dei tempi e modi di lavoro. Inutile sottolineare che hanno adottato questo documento 111  grandi imprese che naturalmente ne vogliono trarre beneficio per la loro immagine. Ma quanto fino ad oggi( fine giugno2024) acqua all’occupazione femminile hanno portato queste cd iniziative? Non esiste una base dati esauriente, aspetto che impedisce una valutazione efficace degli effetti per esempio del Pnrr. E questo vuol dire sprecare una grande opportunità perché il Piano, se orientato bene, potrebbe avere conseguenze molto positive. La garanzia di un’occupazione stabile e di qualità come  strumento centrale per rimuovere il gap di genere. Per garantire alle donne l’accesso al mercato occupazionale è infatti cruciale liberare tempo dai lavori di cura, il cui carico è sulle loro spalle. Per questo bisogna migliorare la medicina di prossimità, le attività di formazione, le opportunità della transizione ecologica e digitale. L’insufficiente autonomia economica ha una grossa responsabilità negli episodi di violenza, sotto varie forme. Il Pnrr è un classico caso di gender data gap. È infatti difficile monitorare in assenza di dati, con flussi di informazioni estremamente lacunosi. Parliamo ogni giorno di come i dati costruiscono il nostro presente e il nostro futuro. Dovremo partire fin d’ora nel riconsiderare il modo in cui vengono raccolti,  Non è quindi solo una questione della quantità delle informazioni messe a disposizione, ma anche della loro qualità: Solo cambiando l’approccio alla conoscenza numerica dei fenomeni si possono fare previsioni accurate, dobbiamo continuare a misurare per agire, e per questo dobbiamo pretendere un’individuazione e raccolta di dati di genere. Se non ci sono dati non è perché qualcuno li produce e non li dà, ma perché il Pnrr non è stato concepito metodologicamente per far sì che queste priorità trasversali possano essere monitorate. Da noi lo sviluppo dello Stato sociale è avvenuto tramite l’espansione della spesa per trasferimenti e servizi pubblici, senza un parallelo rafforzamento delle capacità statuali indispensabili per programmare, attuare, monitorare e correggere le varie misure. Reddito di cittadinanza, riforma fiscale, revisione del sistema pensionistico e delle aliquote contributive: il governo è intervenuto (o si appresta a farlo) su alcuni delicati pilastri del cosiddetto «contratto sociale» che regola i rapporti fra cittadini e Stato. Toccare questi pilastri significa modificare il dare e l’avere, ossia l’equilibrio fra ciò che si ottiene sotto forma di prestazioni e ciò che si paga in tasse e contributi. Soprattutto per le categorie più deboli, anche piccoli cambiamenti rischiano di mettere a rischio la capacità di rispondere a vulnerabilità e bisogni. Inoltre, l’entità e il disegno specifico dei provvedimenti hanno importanti implicazioni di sistema, impattano sui livelli di occupazione e di diseguaglianza, sulla competitività delle imprese, persino sulla demografia. Per questo è importante che il governo operi entro una cornice programmatica ampia e coerente e decida sulla base di accurate valutazioni tecniche. Le riforme sinora adottate non sono state accompagnate da  dati e analisi d’impatto. Il RdC è stato abolito solo di nome, al suo posto ci ritroviamo con due diversi sussidi: l’ Assegno di Inclusione (Adi) e il Sostegno alla Formazione e al Lavoro (Sfl). A tutt’oggi mancano tasselli essenziali perché entrambe le misure possano funzionare, a cominciare dal sistema informativo per la gestione degli accessi, lo smistamento dei richiedenti, l’incontro fra bisogni e offerte di formazione. La comunicazione con i beneficiari è stata pessima, il percorso burocratico per l’accesso al Sfl si profila come una sorta di via crucis. Si ha inoltre l’impressione che nessuno si sia posto il problema del nesso fra riforma del RdC, salario minimo (o almeno le verifiche sul rispetto dei minimi contrattuali), agevolazioni contributive, riforma fiscale (pensiamo al vecchio problema degli incapienti).Le politiche pubbliche risentono della mancanza di quella infrastruttura tecnica a supporto del policy making presente negli altri Paesi europei. Da noi lo sviluppo dello Stato sociale è avvenuto tramite l’espansione della spesa per trasferimenti e servizi pubblici (il «sociale», appunto), senza un parallelo rafforzamento e articolazione delle capacità statuali indispensabili per programmare, attuare, monitorare, valutare e correggere le varie misure, in relazione ai loro effetti. Questo deficit è il principale responsabile degli squilibri interni che ancora caratterizzano lo Stato sociale italiano nonché del suo scollamento rispetto al proprio corrispettivo sul versante del prelievo, lo Stato fiscale. Senza capacità di governo, le politiche pubbliche non «imparano», ogni riforma riparte da zero. Nel settembre del 2022, la Commissione aveva invitato i governi «a effettuare sistematicamente valutazioni d’impatto distributivo» sia ex ante sia in seguito all’attuazione.  Un orizzonte temporale di quattro anni e mezzo consentirebbe di effettuare un investimento straordinario in capacità istituzionali e di trarne subito vantaggio in termini di qualità delle politiche pubbliche. Ecco queste considerazioni le posso fare oggi con franchezza e a volte in campagna elettorale filtrando i toni e anche i contenuti le ho avanzate lasciando però spesso i discorsi ( molto impegnativi ) privi di dovuti approfondimenti.La verità fa male.

 

 

 

 

Candidata alle Europee 2024 : firmato il Manifesto dichiarazione Forum per la disabilità di impegno

EUROPA DISABILITY FORUM

MANIFASTO EDF Dichiarazione di impegno dei candidati alle Elezioni europee 2024:

LA SOTTOSCRITTA ALESSANDRA SERVIDORI  Candidata Italiana di FORZA ITALIA per la circoscrizione Nord Est mi impegno :

*Costruire un futuro inclusivo per le persone con disabilità Mi impegno a promuovere i diritti delle persone con disabilità in conformità con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) e a contribuire a costruire un futuro inclusivo per le persone con disabilità nell'Unione europea (UE), in caso di mia elezione al Parlamento europeo.

* Mi impegno a sostenere la ricostituzione dell'Intergruppo Disabilità del Parlamento Europeo e ad aderirvi in qualità di componente. Mi impegno a collaborare con il movimento della disabilità per garantire l’adempimento della Strategia dell’Unione Europea sui diritti delle persone con disabilità, compresa una revisione per incorporare nuove iniziative e azioni faro dal 2025 al 2030.

*Mi impegno anche a raggiungere gli obiettivi del Manifesto EDF sulle Elezioni europee 2024, in particolare: 1. Promuovendo la partecipazione significativa delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni rappresentative alla vita politica e pubblica dell'UE. 2. Realizzando un’Unione dell’uguaglianza per le persone con disabilità: un’Unione con la CRPD delle Nazioni Unite come bussola, che combatte le forme intersezionali di discriminazione basate sul genere, sulla razza o sull’origine etnica, sulla religione o sulle convinzioni personali, sulla disabilità, sull’età o sull’orientamento sessuale. 3. Introducendo politiche e un nuovo bilancio dell’UE volti a sostenere l’inclusione e le pari opportunità per le persone con disabilità in tutti gli ambiti della vita, nonché la loro vita indipendente nella comunità. 4. Adottando ulteriore legislazione che garantisca l’accessibilità per le persone con disabilità e realizzi i loro diritti di libera circolazione nell’UE. 5. Rafforzando la protezione delle persone con disabilità nell’UE e nel resto del mondo, anche sostenendo l’UE nel diventare un promotore più forte dell’attuazione della CRPD a livello mondiale.

Con la presente mi impegno affinché nulla sulle persone con disabilità venga deciso senza le persone con disabilità. Nome: Alessandra Servidori- Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. - Paese: ITALIA  Partito: FORZA ITALIA  Dichiaro di essere ufficialmente candidata alle elezioni del Parlamento europeo di giugno 2024.

Sito web/social media ufficiali : www.forzaitalia.it  www.tutteperitalia.it

Inviato via mail a   Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.           Alessandra Servidori

MI CANDIDO CON FORZA ITALIA ecco il mio programma

                                       i voti bisogna chiederli !!!   vai a votare alle europee e scrivi SERVIDORI in lista  FORZA ITALIA 

ELEZIONI EUROPEE 2024 8-9 GIUGNO CIRCOSCRIZIONE NORD EST EMILIA-ROMAGNA, FRIULI-VENEZIA GIULIA, TRENTINO ALTO ADIGE, VENETO RAFFORZARE L‘EUROPA- Scrivi la preferenza  su FORZA ITALIA SERVIDORI 

L'Europa deve essere un luogo dove, nonostante le diverse identità e storie nazionali, possiamo superare le divisioni e costruire insieme un destino comune, soprattutto per le nuove generazioni. La nostra visione di un'Europa unita si fonda su valori imprescindibili: pace, unità e prosperità.

LE MIE AREE DI IMPEGNO Dipendenza energetica È fondamentale ridurre la dipendenza energetica dell'Europa dalla Russia per garantire la nostra sicurezza e autonomia. Supporto ai giovani e alle economie È essenziale rafforzare gli Stati e le loro economie con nuove politiche europee per accrescere il benessere sociale e materiale, promuovendo politiche per la natalità e la famiglia. Riforma del mercato del lavoro Mi impegno a migliorare continuamente il mercato del lavoro, valorizzando le relazioni industriali e supportando l'occupazione giovanile e femminile, seguendo l'eredità di Marco Biagi. Diritti e doveri dei lavoratori Bisogna bilanciare diritti e doveri, incentivando la partecipazione dei lavoratori nei processi aziendali e promuovendo un modello di sviluppo che supporti lavoro dignitoso e sicurezza sociale. Promozione della salute e sicurezza Impiegherò i fondi europei per progetti che migliorano la salute e la sicurezza sul lavoro, consolidando il sistema sanitario nazionale e quello integrativo. Valorizzazione della tradizione cristiana e culturale europea Difendere e valorizzare la nostra tradizione cristiana e culturale è cruciale per mantenere l'Europa forte e influente a livello globale. INSIEME È MEGLIO!

ELEZIONI EUROPEE 2024 8-9 GIUGNO CIRCOSCRIZIONE NORD EST EMILIA-ROMAGNA, FRIULI-VENEZIA GIULIA, TRENTINO ALTO ADIGE, VENETO INSIEME È MEGLIO! PER CONTARE IN EUROPA Come percepiamo oggi l'Europa? È un ente che ci rappresenta o ci limita? Al cuore della mia visione per l'Europa ci sono le persone, i loro diritti e doveri, le famiglie, le imprese e le città che formano la nostra comunità. La comunità europea è la nostra manifattura, le nostre imprese, e la nostra capacità di sviluppare modelli di sviluppo sostenibili e competitivi. È la libertà di scelta e l'attenzione verso i più fragili, è il nostro ricco patrimonio culturale e sociale. L'Europa che desidero è quella che valorizza prima di disciplinare, che riconosce prima di regolare. Una Europa dove ogni cittadino conta. IL MIO PERCORSO, LE MIE CONVINZIONI Esperta in politiche del lavoro e welfare, ho servito come componente del Consiglio di Indirizzo per la politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dal 2023, componente del Consiglio per il Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile. Docente universitaria e dirigente sindacale, ho dedicato la mia vita all'istruzione e al benessere sociale, promuovendo politiche inclusive e sostenibili. IMPEGNI PER IL FUTURO Lavoro e Inclusione Sociale, continuerò a lottare per politiche del lavoro che rispettino diritti e i doveri dei lavoratori, promuovendo l'occupazione giovanile e femminile e sostenendo i lavoratori più fragili e le Salute e Sicurezza, impiegherò la mia esperienza per garantire che le direttive europee sulla salute e sicurezza siano pienamente implementate, usando i fondi europei per progetti che migliorino la qualità della vita dei cittadini. PER UN EUROPA CHE METTE AL PRIMO POSTO LE PERSONE, LA CULTURA E IL BENESSERE COMUNE

                                                                             FORZA ITALIA   

Elezioni Europee : per una Europa libera . Qualche idea in pillole

ELEZIONI EUROPEE : idee concrete  ALESSANDRA SERVIDORI in libertà (1)

Perchè dare la disponibilità alla candidatura per le elezioni Europee : la politica può tornare a essere il luogo del confronto e della sintesi fra progettualità di interesse generale, che è valore concreto per mettere fuori gioco le troppe compagnie di ventura e valorizzare invece il bene di molti.

Nelle elezioni per il Parlamento europeo, dove vige lo sbarramento del 4% per poter avere degli eletti, è evidente il fenomeno dell’appello alle piccole formazioni, ma in un momento complicato come questo i partiti liberali e democratici come Forza Italia storicamente collocato nel centro/sinistra, si rivolge anche a donne e uomini , personalità apprezzabili per il percorso al servizio delle associazioni e delle istituzioni perché c’è bisogno di ristabilire filiere (plurali e radicate in vari contesti) attraverso cui si possano formare, testare e poi dare la possibilità a persone  adatte per offrire al Paese una classe dirigente degna di questo nome e amministrare così la cosa pubblica. Ci vuole un po’ di coraggio per affrontare una svolta  e prospettive che possono essere interessanti se si lavora in un contesto di pluralismo virtuoso che aspetta ora più che mai alla sfera politica. Dunque al lavoro con chi crede in un progetto concreto.


ALE'CAMERA DEI DEPUTATI martedì 9aprile 2024

                                                  Alessandra Servidori ALÉ

 Il racconto di una vita attraverso l’esperienza civica, sociale, economica e politica                                                            Ediz.Pendragon                        Parliamone insieme 

              MARTEDI 9 APRILE 2024 dalle Ore 12 alle ore 13,30  

     ROMA GRUPPI PARLAMENTARI Camera dei Deputati

 SALA COLLETTI 6° Piano  UFFICI VIA DEL VICARIO 21 –ROMA –Accredito per la partecipazione mail:  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.      Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

LAVORO E WELFARE : ANDARE AVANTI -LE NOSTRE PROPOSTE TUTTEPERITALIA

Servidori (work in progress) MANIFESTO  PASQUALIZIO SU LAVORO E WELFARE TUTTEPERITALIA 

Lavoro

 Il progetto di legge ‘’Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, nonché di procedure di controllo e informazione’’ è stato approvato dalla Camera e si trova ora all’esame del Senato. Trattandosi  oltreché di un percorso per una migliore e più garantita tutela del c.d. lavoro povero, di un’ importate riforma delle politiche retributive, contrattuali e delle relazioni industriali, FI ne sollecita l’approvazione definitiva al fine di provvedere al più presto la predisposizione e l’entrata in vigore dei decreti delegati per il perseguimento  dei seguenti obiettivi:

-        assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi; contrastare il lavoro sottopagato, anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e a specifiche categorie di lavorator;

-        definire, per ciascuna categoria, i contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, al fine di prevedere che il trattamento economico complessivo minimo del contratto maggiormente applicato sia – ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione - la condizione economica minima da riconoscersi ai lavoratori nella stessa categoria;

-        stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali, nell'interesse dei lavoratori; contrastare i fenomeni di concorrenza sleale posti in essere mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati ad abbassare il costo del lavoro e a ridurre le tutele dei lavoratori (c.d. dumping contrattuale).

-        *Sia per individuare i contratti maggiormente applicati che per contrastare forme di dumping contrattuale è fondamentale definire l’ambito di applicazione ovvero la categoria che in un regime di libertà sindacale è affidato alla contrattazione delle part a cui non può supplire la legge. Occorre pertanto in fase di prima applicazione fare riferimento alle ‘’categorie’’ previste dall’Archivio nazionale della contrattazione presso il Cnel.

-        Se deve essere la contrattazione collettiva il principale strumento per estendere  erga omnes il trattamento complessivo previsto nei contratti maggiormente applicati diventa indispensabile  stimolare il rinnovo dei contratti che avviene con un ritardo medio di 38 mesi ed è quindi inadeguato a tutelare le retribuzioni  dal costo della vita. e’ questo sicuramente uno dei motivi delle basse retribuzioni che si lamentano in Italia. Per rimediare a queste criticità, secondo  Forza Italia, è necessario favorire la contrattazione decentrata e di prossimità allo scopo di poter ‘’scambiare’’ nel luogo di lavoro una maggiore produttività e migliore qualità del lavoro con retribuzioni di risultato più elevate. Questi obiettivi possono essere conseguiti tramite adeguate politiche di detassazione che favoriscano queste tipologie di retribuzione e le erogazioni del c.d. welfare aziendale. Quanto alla contrattazione  nazionale  Forza Italia propone di istituzionalizzare l’istituto della mediazione del governo nelle vertenze contrattuali. La mediazione non è una novità ma ha sempre fatto parte della prassi delle relazioni industriali, con interventi in situazioni specifiche su richiesta, di volta in volta, delle parti o di particolare situazione di conflittualità. Può essere utile – viste le difficoltà sul terreno dei rinnovi fisiologici dei contratti nazionali specie in alcune categorie, fare della mediazione del governo un passaggio normale nel corso delle procedure di rinnovo. In pratica si tratterebbe di rendere obbligatorio, dopo un arco temporale predefinito in cui i negoziati non sono conclusi, un tentativo di conciliazione. Nel caso che l’iniziativa non abbia esito positivo, trascorso un altro arco temporale predefinito, il governo è tenuto a formulare una proposta di accordo di rinnovo sulla base dei materiali e delle posizioni fino allora emersi  nel corso de negoziato. La proposta non è una forma di arbitrato vincolante per le parti , ma avrebbe comunque un rilievo politico significativo.

-        *Va avviato con urgenza un processo legislativo che caratterizzi l’ attuale come la legislatura della partecipazione attiva dei lavoratori alla vita delle imprese, tenendo conto dei progetti di legge di iniziativa popolare rivolti  a dare piena attuazione all’art. 46 della Costituzione.

Lavoro temporaneo

-        Osservando le esperienze compiute nella disciplina dei contratti a termine in altri paesi (in particolare la Spagna) si avanzano le seguenti proposte: a) abolire ogni forma di causalità per proroghe o rinnovi nell’arco di 24 mesi; b) prevedere – anche con misure di incentivazione fiscale – che la conclusione del contratto a termine non comporti l’estinzione automatica del rapporto di lavoro, ma l’obbligo dell’impresa di offrire, ove possibile, al lavoratore una proposta di ricollocamento previo svolgimento se necessario di un periodo di formazione. Se il lavoratore rifiuta  l’offerta o si determina  l’impossibilità di ricollocarlo, in mancanza di un posto adeguato, si verifica l’estinzione del contratto con una maggiorazione sul tfr secondo tabelle definite nell’ambito della contrattazione collettiva; c), per il lavoro stagionale  si potrebbe prevedere un tipo di contratto a tempo indeterminato ma la prestazione lavorativa si effettua quando occorre. Nei periodi di non lavoro, i lavoratori, , se hanno i requisiti contributivi necessari , percepiscono le prestazioni previste o, altrimenti, hanno la possibilità di provvedervi. Questa condizione lavorativa  indurrebbe le aziende ad avvalersi, all’occorrenza, del medesimo personale, in regime di continuità del rapporto di lavoro, 

Sicurezza del Lavoro

Nel dibattito sugli infortuni  non si fa quasi mai riferimento alle norme (dlgs n.81/2008 e successive modifiche) che assegnano delle funzioni essenziali ai rappresentanti dei lavoratori in azienda  o a livello del territorio. E’ prevista un’intera Sezione (la VII) dove sono indicate forme di consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori eleggibili in tutte le aziende anche se piccole. I poteri di questi lavoratori sono effettivi;  possono disporre senza perdere la retribuzione del tempo necessario per svolgere i loro compiti e soprattutto il rappresentante ‘’ può fare ricorso alle autorità competenti  qualora  ritenga che le misure di prevenzione e protezione  dai  rischi  adottate  dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro’’. Ma questi  rappresentanti dei lavoratori corrono rischi di rappresaglia? Può darsi, ma sono in grado di difendersi, sulla base delle tutele sono già previste dal TU: ‘’Chi è chiamato dagli altri lavoratori a svolgere tale funzione ‘’non   può   subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria  attività e nei suoi confronti si applicano le  stesse  tutele  previste  dalla legge per le rappresentanze sindacali’’.  In sostanza, ognuno deve essere ‘’ispettore di se stesso’’ e dei propri colleghi

Va reso effettivo il coordinamento dei servizi ispettivi di Inps e Inail per poter svolgere in una volta sola controlli incrociati sulla regolarità complessiva dell’azienda e sulla posizione contributiva, assicurativa e di sicurezza dei lavoratori. Oggi ogni ispettore guarda alla materia di sua competenza e il coordinamento è affidato alla buona volontà. Dietro però ci sono anche questioni tecniche e informatiche: noi abbiamo un accesso molto parziale alle banche dati di Inps e Inail con le informazioni sulle aziende controllate. Occorre superare la frammentazione, la disomogeneità delle ispezioni e un piano organico della prevenzione” e di totale coinvolgimento di tutti i corpi ispettivi in un’unica regia nazionale” e a puntare ad una formazione dei lavoratori reale e non apparente.

 Va altresì utilizzata la sanzione della sospensione dell’attività di impresa inadempiente,  una misura che si sta rivelando efficace, tanto che negli ultimi anni si è passati da alcune centinaia a migliaia di casi.

Fra i risultati conseguiti , va rinnovata ’intesa  quinquennale siglata  dal INL con INAIL per la condivisione dei database in materia di vigilanza, a favore del processo di implementazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, previsto dal Testo unico in materia di salute e sicurezza.

Nell’ambito di una riforma della sanità andrebbe rivista un’impostazione sostanzialmente ideologica che risale all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978: la teoria della tutela unitaria della salute (prevenzione, cura e riabilitazione) che assegnò anche la problematica infortunistica alle ASL (per fortuna un referendum ha sottratto alle ASL le funzioni in materia di ecologia). In precedenza l’Inail aveva una competenza esclusiva ed era dotato persino di proprie strutture ospedaliere (i c.d. traumatologici). E’ abbastanza comprensibile che nel personale delle ASL oberate dai problemi della sanità siano carenti le figure professionali in grado di intervenire sulla sicurezza dei macchinari e sull’organizzazione del lavoro. Per inciso: i medici del lavoro sono in Italia 5,5mila su 14 milioni di lavoratori.

Lavoro sommerso e irregolare

 La lotta al lavoro sommerso, oltre a consentire il recupero di regolarità retributiva, contributiva e fiscale per il lavoratore,  è un fattore determinante per promuovere una maggiore sicurezza del lavoratore.

Lo sfruttamento e il caporalato  non si rinvengono solo in agricoltura, oggi i luoghi dello sfruttamento riguardano i migranti, i riders, la logistica, l’assistenza. Per contrastare il caporalato del terzo millennio bisogna intervenire su piattaforme digitali e grandi organizzazioni, ll “Portale nazionale del sommerso, pertanto, deve essere portato a regime consentendo al INL la  raccolta dei dati e  del monitoraggio del lavoro sommerso, indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi  assegnati dal PNRR nella materia di competenza dell’INL. Oltre ad una maggiore e più incisiva azione dei ispezioni e controlli, è opportuno un impegno dei soggetti sociali attraverso: a) gli accordi di riallineamento, con precise scadenze e tappe per transitare da una situazione territoriale o settoriale di sottosalario all’erogazione del trattamento complessivo minimo previsto nei contratti maggiormente applicati; b) una forma di ravvedimento operoso da parte dell’impresa inadempiente che, in questo modo, viene sottoposta a sanzioni più ridotte. Ovviamente misure siffatte devono svolgersi nell’ambito di un arco temporale predefinito, trascorso il quale sono maggiorate le sanzioni per le aziende che non hanno aderito e che vengono trovate in condizioni di irregolarità.

Per contrastare l’evasione nel lavoro autonomo è necessario potenziare la fatturazione elettronica. In via sperimentale per incentivare un interesse ad emettere fattura si potrebbe applicare – in quanto compatibili – le norme previdenziali previste per i liberi professionisti: una parte del contributo pensionistico dovuto dal lavoratore viene addebitato in fattura al cliente.

Retribuzioni

E’ materia di dibattito il confronto tra le retribuzioni italiane e quelle di altri paesi. Nel fare questo confronto si lamenta una situazione di inferiorità delle retribuzioni italiane. Mettendo in secondo piano la differente dinamica della produttività del lavoro. Dal 1995 il prodotto per ora lavorata è cresciuto in Italia di appena il 7 per cento contro il 26 per cento dell’area dell’euro nel suo complesso. Il PIL pro capite italiano, che a parità di potere di acquisto nel 1995 era di 9 punti superiore a quello medio dell’area dell’euro, nel 2019 era inferiore di 10 punti. Il fatto è che le retribuzioni medie sono più basse perché sono più basse, rispetto ad altri paesi, quelle più elevate. In Italia solo il 9 per cento dei lavoratori percepisce un reddito lordo annuo  superiore a 40mila euro. Tuttavia, negli ultimi anni, sia le misure di  sostegno al reddito durante la pandemia e dopo, sia i provvedimenti sulla decontribuzione hanno interessato, in varie misure,  i redditi fino a 35mila euro, quando  il segmento di contribuenti con un reddito superiore a quel limite (divenuto per legge la soglia ufficiale del benessere) paga il 56% dell’Irpef e come è noto non ha percepito alcun beneficio. E’ questa una situazione squilibrata e iniqua che va recuperata attraverso le nuove aliquote della riforma fiscale.  

*Pensioni

Misure per la transizione -- All’inizio del 2025 ripartirà, dopo il blocco introdotto nel 2019,   una delle norme più importanti della riforma Fornero: l’adeguamento automatico dei requisiti anagrafici e contributivi del pensionamento di anzianità agli incrementi dell’attesa di vita. E’ bene prendere nota, al di là delle polemiche, che la riforma Fornero nei 12 anni dalla sua entrata in vigore ha subito   deroghe e dirottamenti  di ogni tipo   che a regime hanno bruciato ben 48 miliardi dei risparmi previsti ed hanno consentito a 950mila soggetti di andare in quiescenza attraverso le regole e i requisiti previgenti. è esaurita la fase in cui  i governi succeduti al Conte 1 hanno cercato di tenere in piedi il sistema con impalcature provvisorie. Occorre mettere mano a lavori di ristrutturazione che abbiano presente il vero problema delle pensioni in Italia: la crisi demografica. Non può reggere un sistema in cui continueranno ad aumentare il numero dei pensionati delle generazioni del baby boom, che arrivano al traguardo in condizioni da anziani/giovani, portatori di una storia lavorativa e contributiva lunga e ininterrotta che consentirà loro di godersi il trattamento per almeno un paio di decenni, in proprio, e per altri anni da parte dei titolari della reversibilità (in particolare le vedove). Mentre sul versante di chi paga le platee continuano a ridursi per un motivo banale ma ineludibile: i rimpiazzi non sono adeguati perché non sono nati.

-        Prevedere l’applicabilità del principio della automaticità delle prestazioni (articolo 2116 c.c.) anche ai lavoratori parasubordinati senza partita IVA.

-         Proposta concreta : orientata alla costruzione di un sistema pensionistico pubblico basato su due componenti o “pilastri”, entrambi a carattere obbligatorio: una pensione di base finanziata dalla fiscalità generale, su base universalistica, destinata a garantire, sia pure mediante la presenza e la maturazione di alcuni requisiti, a tutti i cittadini anziani prestazioni minime adeguate alle loro esigenze di vita; e una pensione di secondo livello calcolata secondo il vigente sistema contributivo, volta a garantire prestazioni aggiuntive correlate ai contributi versati dai singoli soggetti nel corso della loro vita.

-        Attenzione a ridimensionare “opzione donna”, rendendola utilizzabile a sempre meno donne e con requisiti sempre più alti per l’età e stringenti perché debbono essere o caregiver o disoccupate o invalide, che è l’unica misura a costo zero perché in regime totalmente contributivo. Per salvare questa misura sacrosanta, e magari migliorarla un tantino, occorreva bocciare quota 100 che nessuno può sostenere fosse per i più poveri. Vanno riaffrontati altri due titoli:Colf, Badanti e Caregiver che con le attuali condizioni rischiano di stare ben al di sotto dell’assegno sociale e gli immigrati. O si fanno le convenzioni con i paesi extraUE, oppure, se e quando tornano al paesello, restituire quanto versato a Inps anche per favorire un loro turn ower che se no sono spinti, contro i loro desideri, a stare in Italia fino alla pensione con annessi ricongiungimenti familiari.

MISURA Suggerita ALBERTO BRAMBILLA Pres.Itinerari previdenziali

 

 Per aumentare il potere d'acquisto delle famiglie e quindi aumentare in modo razionale i consumi la proposta chiave è il "contrasto di interessi" che riesce a dare una soluzione a tutti questi temi senza causare perdite di gettito per l’erario. L’idea è la seguente: per un periodo sperimentale di 3 anni tutte le famiglie possono portare in detrazione dalle imposte dell'anno il 50% delle spese effettuate con regolare fattura elettronica (incrocio dei codici fiscali) nel limite di 5.000 euro annui per una famiglia di 3 componenti che aumenta di 500 euro per ogni ulteriore componente; nel caso di incapienza sono previste misure compensative (quota asili nido, mense ecc.). I lavori/servizi detraibili sono: manutenzione della casa (lavori idraulici, elettrici, edili, tappezzerie, mobili), manutenzione di auto, moto e biciclette, piccoli aiuti domestici. 

Risultati: 1) la famiglia, indipendentemente dal reddito, risparmia 2.500 euro di IRPEF (è come pagare i lavori, IVA compresa, al 50% che è una bella concorrenza agli irregolari) il che equivale a una quattordicesima mensilità che, per redditi fino a 35mila euro (il grosso dei contribuenti come emerge dall’Osservatorio di Itinerari Previdenziali), rappresenta una riduzione del 50% del cuneo fiscale. 2) Gli irregolari, diffusissimi da noi vengono drasticamente ridotti, si inizia un “circolo virtuoso” e si spezza la catena per la quale nero tira nera; questo è forse il maggiore risultato dell’intera operazione: si riafferma la legalità3) Lo Stato non fa un guadagno stratosferico, anche se le entrate migliorano almeno del 15% che, su un’evasione tra IVA (evasa per 8 fatture su 10), contributi e imposte pari a circa 160 miliardi, vale comunque 24 miliardi (giusto lo sminamento delle clausole IVA). Oltre ai contributi sociali evasi (si stimano 20 miliardi l'anno) incassa anche più IRPEF, IRES, IRAP. 

Per un Paese ad alta infedeltà fiscale il contrasto di interessi è l’unica soluzione possibile: perché non sperimentarla? Quali sono gli ostacoli? Solo politici, ideologici e burocratici. E poi, perché mai gli attuali evasori dovrebbero emergere se si riduce l’IRPEF o si applica la flat tax quando per beneficiarne dovrebbero pagare il 24% di contributi sociali, l’Inail, l’IVA e le altre incombenze fiscali?  Ultima domanda: perché non si è mai fatto se la prima proposta è del 2004? Perché è mancato il coraggio e la voglia di un cambiamento vero, fuori dai lacci della burocrazia e finalmente a favore dei nostri concittadini, soprattutto quelli onesti.

 *Misure di riforma  a valere per i nuovi assunti

Un nuovo modello previdenziale obbligatorio dovrebbe essere costituito  su due componenti: una prestazione pensionistica di base finanziata dal fisco, secondo la logica universalistica, destinata a garantire a tutti i cittadini anziani bisognosi prestazioni adeguate alle esigenze di vita; un secondo livello, di tipo contributivo puro, o addirittura costituito su basi di capitalizzazione, garantirebbe prestazioni aggiuntive correlate ai contributi versati dai singoli soggetti nel corso della loro vita (anche questo secondo pilastro avrebbe rilievo generale e, quindi, carattere obbligatorio). Resterebbe la possibilità di pensioni complementari volontarie costruite nelle forme attuali, aggiornate e sostenute da agevolazioni fiscali più adeguate.

*Welfare aziendale

Le varie forme di integrazione al welfare pubblico hanno registrato un consistente sviluppo negli ultimi anni, anche favorite da agevolazioni fiscali. La previdenza complementare (come la sanità integrativa) interessa ormai milioni di persone; e il welfare aziendale e territoriale si è diffuso nella contrattazione decentrata raggiungendo migliaia di aziende con vari tipi di benefit rispondenti ai bisogni personali e familiari di vario tipo. Lo sviluppo di tali istituti pone l’esigenza di valutarne attentamente la dimensione e le finalità per renderli utili a integrare in modo equilibrato il sistema pubblico.–

Le competenze, definiscono il valore del lavoro. I lavori che richiedono poca formazione si trovano  nei paesi industrializzati in fondo alla scala salaria .La differenza di competenze e professionalità richieste e la conseguente differenza di retribuzioni porta a un aumento significativo delle disuguaglianze.  L’IA :  le competenze umane, non si sostituisce ad esse: sebbene l’IA sia in grado di eseguire attività che richiedono conoscenze implicite, non è affidabile sui fatti e sui numeri. Questo comporta che i lavoratori non esperti e non addestrati non saranno comunque in grado di svolgere attività particolarmente rischiose. Viene invece data la possibilità ai lavoratori con un’adeguata base di competenze di aumentare il proprio livello professionale.  allo stato attuale dei fatti, l’automazione è superiore rispetto ai nuovi posti di lavoro. Se, dunque, da un lato vi è lo sviluppo di nuove competenze e nuovi impieghi, dall’altra vi sono settori in cui l’occupazione diminuirà. tutto dipenderà dall’utilizzo che si farà di queste nuove tecnologie. l’IA impiegata per sorvegliare e reprimere  o, al contrario, al suo utilizzo per lo sviluppo di vaccini e cure mediche. È di fondamentale importanza saper sfruttare gli strumenti a disposizione per migliorare le condizioni lavorativeIl rischio nel mondo del lavoro non è tanto la scomparsa della domanda di lavoro, quanto più la svalutazione delle competenze umane a fronte di competenze raggiungibili con l’IA. Questo può però contribuire a ridurre le disuguaglianze nelle professionalità e, di conseguenza, nei redditi. Riconosciuto il potenziale dell’IA pertanto chiediamoci  non più quali sono le conseguenze dell’IA, ma cosa vogliamo che essa faccia per noi. L’Università le Fondazioni Universitarie come incubatore strutturale del raccordo formazione/aziende/territorio

*PREMIO DI RISULTATO Dalla Germania negli ultimi anni sono arrivate proposte di graduale riduzioni interessanti, come la possibilità, sempre nel settore metalmeccanico, di convertire il premio di risultato annuale in ore di lavoro da ridurre per chi ha impegni di natura formativa o di cura di figli o persone anziane.Ci sono esempi e sperimentazioni in Grecia, Svezia, Islanda e Francia. Le sperimentazioni più avanzate, fino  alla riduzione effettiva dell’orario di lavoro sono da riscontrare, nel contesto internazionale, a livello aziendale, dove la conciliazione  e le esigenze di produttività e esigenze organizzative (dei lavoratori e dell’impresa) può essere costruita a partire dalle singole peculiarità. Ci sono poi mercati del lavoro molto diversi dai nostri, come quello americano, nel quale la percentuale di occupati che lavora più di 40 ore a settimana è di dieci punti maggiore rispetto a quella europea, dove l’intervento della contrattazione collettiva è fondamentale. Quello che emerge è che vi sia oggi un fermento che non ha portato però a soluzioni uguali per tutti sia rispetto alle modalità di riduzione (o spesso di rimodulazione) dell’orario sia rispetto al livello regolativo che norma tali interventi. Questo perché gli approcci ad un tema così complesso non possono che considerare sia l’eterogeneità dei processi produttivi tra diversi settori e anche tra diverse aziende all’interno del medesimo settore, sia il substrato sociale e culturale dei paesi coinvolti.Complessivamente il ruolo della contrattazione collettiva emerge come trasversale, infatti, come mostra un recente rapporto di Eurofound, in 14 paesi dei 27 della Unione Europea l’orario contrattuale è inferiore alle 40 ore stabilite per legge.La normativa in materia di orario di lavoro a livello comunitario è ferma alle direttive del 1993 e del 2000 e che sarebbe quanto mai opportuno un processo, certamente non facile, di coordinamento a livello europeo in materia per evitare i noti fenomeni di dumping su un tema che impatta tanto sui livelli occupazionali che sulla produttività del fattore lavoro. Tra 30 anni avremo otto milioni di italiani in età da lavoro in meno. I nuovi sistemi di organizzazione del lavoro e le nuove tecnologie consentono guadagni di produttività e riduzione della fatica. Ridurre e rimodulare gli orari è urgente. Tra un terzo e la metà dell'energia a livello globale è impiegata per la climatizzazione degli immobili. Ridurre i giorni di apertura dei luoghi di lavoro consente di ridurre il consumo energetico (e le emissioni) per la climatizzazione e per la mobilità in modo considerevole. Il workfrorn anywhere consente di ridurre e rimodulare gli orari attorno alla persona e diventare smart working ma non in automatico. Se non costruimmo architetture nuove del lavoro, c'è il rischio dell'ibridomania ovvero il degrado del lavoro ibrido senza orario perché si lavora sempre ma si è pagati 8 ore. Non solo, ci sarà un distacco crescente di opportunità tra chi avrà autonomia e libertà nell'organizzazione del lavoro e chi per attività avrà più difficoltà a remotizzare l'attività. Per il lavoro manuale, il lavoro di cura e in genere il lavoro non remotizzabile sarà decisivo ridurre gli orari e aumentare i salari. Lo scongelamento delle vecchie rigidità di spazio e tempo di lavoro deve prevedere un orario di cittadinanza, la possibilità di flessibilità vere per volontariato, cultura, formazione. Piu gradi di libertà per più spazio alle passioni e al proprio equilibrio. I fenomeni delle "grandi dimissioni", l'aumento delle dimissioni volontarie e del quiet quitting, la tattica opossum per cui, nonostante il lavoro chieda più partecipazione, si fa il minimo indispensabile (ci si finge morti, come l'opossum). Il lavoro e la sua contrattualistica basata sullo scambio prestazione/lavoro sono sempre più inadeguati. Il lavoro per obiettivi ha senso se dentro la condivisione di un progetto di realizzazione, di crescita di costruzione di valore comune, di solidarietà. Per questo, la "settimana corta" è una tappa intermedia in attesa che la nuova cultura d'impresa e del lavoro comprenda che i nuovi ingredienti del lavoro sono l'autonomia e libertà insieme a responsabilità, fiducia e rispetto.

 

*Occupazione femminile

Sospinta dalla redistribuzione delle opportunità occupazionali e dal rafforzamento della domanda di lavoro nel terziario, la crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con conseguente riduzione dei livelli di inattività, si associa alla progressiva diffusione del part-time. Il rafforzamento delle posizioni di lavoro in essere nel mercato del lavoro dipendente interessa sia le donne italiane che quelle straniere (che aumentano gradualmente la loro presenza nel mercato del lavoro regionale). Nel 2023, dopo la flessione dell’anno precedente, torna a rafforzarsi la crescita delle posizioni di lavoro nel caso delle donne italiane mentre flette leggermente quella delle straniere. La significativa presenza di donne tra le persone in cerca di occupazione, ma anche l’elevata numerosità di quante potrebbero far parte delle forze di lavoro (forze di lavoro potenziali) sono sicuramente due importanti indicatori delle difficoltà che ancora oggi limitano l’effettivo inserimento delle donne nel mercatodel lavoro.

Dall’Utilizzo dei fondi bilaterali ( Accordo confederale) per periodi di congedo o utilizzo della flessibilità per il bilanciamento lavoro/cura ,all’utilizzo del Fondo complementare ( strutture) per recuperare i fondi per i servizi alle famiglie (nidi-residenze anziani/disabili  che abbiamo sottratto al pnrr ,all’orario di lavoro (che segue) e alla retribuzione per obiettivi alla  promozione  concretamentedel La legge di sostegno allo sviluppo, su base negoziale, delle esperienze partecipative dei lavoratori alla vita delle imprese. Queste infatti hanno senso solo le parti sociali  mantengono  un approccio cooperativo e il datore di lavoro non ha determinato ragioni di conflitto. La riscoperta della identità e delle radici cristiane della organizzazione significa anche rilettura della dottrina sociale della Chiesa e delle sue encicliche, non certo per collateralismo clericale ma per apprezzamento di fonti culturali ben più solide di certa saggistica che trova smentite dai fatti già nel breve periodo.

 

*Lavoro autonomo

Dall’indagine Delphi Inapp-Cansis risulta che, in Italia, i lavoratori autonomi sono più di cinque milioni e rappresentano nel nostro paese circa il 21% dei lavoratori.I dati relativi all’incremento del lavoro autonomo dal 2008 al 2021, rivelano esserci una contrazione del lavoro dipendente sulla fascia d’età più giovani (under 35) a favore del lavoro indipendente. Da parte dei giovani, quindi, emerge una propensione a valutare la libera professione come possibile opzione d’impiego. Tuttavia, è opportuno segnalare che anche tra i lavoratori over 55 si registra questa tendenza di crescita.

Nonostante da tempo in Italia sia stato avviato un processo di ripensamento del sistema delle tutele anche per i lavoratori autonomi, vi sono ancora numerosi fronti che meritano l’attenzione non solo del legislatore ma anche delle parti sociali. Infatti, una rilevante difficoltà che il lavoratore autonomo incontra in Italia è quella della mancanza di rete: ciò comporta minor accesso alle informazioni, minor collaborazioni e minori opportunità di sviluppo delle competenze. Inoltre, chi oggi ha una partita iva fatica a costruirsi una progettualità di vita a causa della mancanza di garanzie nel pagamento e della concorrenza che aumenta.Lo scenario di un’economia digitale, inoltre, porta con sé il rischio di un tendenziale deprezzamento del lavoro (e, quindi, di una svalutazione delle competenze) con la conseguenza che il lavoratore autonomo che voglia elevare il proprio potere contrattuale in funzione della propria professionalità e specialità debba investire in conoscenza e formazione continua. Il composito universo del lavoro autonomo con la sua eterogeneità di profili professionali e culture di lavoro continuerà a essere un asset importante per il sistema Paese, questo dovrà essere sostenuto anche attraverso la progettazione di un adeguato sistema di tutele e assistenza compatibili con la natura del lavoro indipendente e funzionali alle esigenze che questo presenta. Su modello della Associazione Vivace , che ha l’obiettivo di rappresentare il variegato mondo del lavoro autonomo occupandosi di tutela, assistenza, formazione e informazione di chi lavora con Partita Iva, farsi promotori  di tutelare la professionalità e creare una rete di informazioni e cooperazione tra freelance. Inoltre, persegue la volontà di costruire welfare e servizi mirati senza snaturare l’autonomia dei lavoratori indipendenti. Tra gli obiettivi si riscontra anche la volontà di rappresentare i lavoratori autonomi garantendo tempi e pagamenti certi, una fiscalità e un compenso equi, condizioni di lavoro rispettose della salute, tutele previdenziali dignitose e un’attenzione prioritaria al rispetto e allo sviluppo della professionalità. La legge n. 81/2017, conosciuta anche come Jobs Act degli autonomi o Statuto dei lavoratori autonomi. In questa legge, sono state rinforzate alcune forme di tutela (la maternità obbligatoria, la necessità di essere pagati nelle giuste tempistiche, i congedi parentali) e ne sono state inserite delle nuove (la formazione, la forma scritta del contratto).Equo compenso significa  tutela del reddito dei lavoratori autonomi :  opportuno ricorrere a dei meccanismi di riconoscimento di un equo compenso,o per fronteggiare temporanei momenti di incapacità lavorativa e reddituale per cause di forza maggiore. Creare   community, per favorire  la possibilità,, di incontrare altri freelance e creare collaborazioni mirate, scambio di lavori e competenze, creare rete, contatti tra i liberi professionisti affinché questi possano interfacciarsi confrontarsi e condividere parte del proprio lavoro tra colleghi , lo sportello del lavoro autonomo, per offrire servizi di orientamento e consulenza per chi vuole aprire la Partita Iva, oltre ad un più ampio servizio di accompagnamento durante tutto il periodo della vita lavorativa (su contratti, obblighi di legge, ricerca di finanziamenti etc…).

FISCO

Il fisco non deve avere innanzitutto una funzione esclusivamente impositiva, ma di sostegno, individuando le azioni virtuose da perseguire promuovendo le giuste agevolazioni e semplificazioni. In termini generali crediamo inoltre che le risorse del PNRR debbano favorire la costituzione di società e associazioni di lavoratori autonomi, sostenendo con misure specifiche la libera professione di donne e giovani in particolare coloro che sono residenti al sud. In materia di fisco chiediamo che:

  • il regime forfettario deve essere conservato, prevedendo al contempo la deducibilità delle spese relative alla formazione, alla digitalizzazione e alla stipula di polizze assicurative sanitarie, anche per la non auto sufficienza, infortunistiche, e per la responsabilità civile e professionale;
  • ridurre i costi amministrativi e fiscali di start up, in particolare, considerata la persistente difficoltà di accesso al credito per un professionista, soprattutto nella fase di avvio dell’attività, l’attuale regime agevolato al 5% chiediamo che venga portato al 2% per gli under 35 e che vengano neutralizzati gli anni in cui il professionista ha fatturato meno di 5000 euro (per esempio in caso di maternità, malattia o nel caso di cura dei figli);
  • È inoltre indispensabile prevedere forme strutturali di contributi a fondo perduto che siano rivolti ai lavoratori autonomi (non esclusivamente a coloro costituiti sottoforma di impresa) in particolare a donne e giovani alla prima esperienza lavorativa, in quanto il sistema del credito non sempre fornisce le risposte e i sostegni adeguati;
  • Ridurre la doppia tassazione sui contributi versati alle Casse per aumentare le misure di welfare erogate dalle stesse.

 EQUO COMPENSO E TUTELA CONTRATTUALE

Proporre un intervento che non pregiudichi la libera autodeterminazione del compenso tra un lavoratore autonomo e il proprio committente, ma che definisca un perimetro all’interno del quale evitare gli abusi e i comportamenti patologici, in particolare:

  • Vietare le prestazioni gratuite, soprattutto se richieste dalla PA;
  • Introdurre regole che limitino il potere dei cd. “committenti forti”, ovvero coloro che hanno un elevato numero di professionisti che svolgono la medesima attività o che hanno un fatturato molto consistente, che proprio per la loro forza economica inibiscono il professionista nella definizione del giusto compenso;
  • Prevedere la nullità di clausole vessatorie che limitino le tutele del professionista, prevedendo l’obbligatorietà della forma scritta per tutti gli incarichi superiori ad un determinato importo economico;
  • Tempi certi e percorsi agevolati per contestare i ritardi e i mancati pagamenti;
  • Siano rilanciate le convenzioni tra i Centri per l’Impiego e le associazioni di rappresentanza del lavoro autonomo, oltre che per informare e orientare il professionista, anche come sedi di risoluzione conciliative delle possibili controversie;
  • Confermare il ruolo del Tavolo del Lavoro autonomo istituito presso il Ministero del Lavoro, incrementando la propria attività, in particolare introducendo una commissione che possa prevedere criteri e definizione dell’equo compenso per specifiche categorie di lavoratori o di committenti.


FORMAZIONE E POLITICHE ATTIVE

Le competenze sono indispensabili per un lavoratore autonomo. Essere aggiornato, preparato, in linea con quanto il mercato e i committenti chiedono è indispensabile per garantire un futuro alla propria professione. Il PNRR e il programma GOL può essere una base di partenza, che deve necessariamente svilupparsi in queste direttrici:

  • Per i beneficiari dell’ISCRO passare all’attuazione ed erogazione delle politiche attive;
  • Attivare dentro il programma GOL la presa in carico del lavoratore autonomo che chiude la partita iva o è una partita iva inattiva (cd. dormiente), ma anche per coloro che una volta terminata la fruizione dell’ISCRO, non avendo chiuso la partita iva, sono ancora in una condizione di difficoltà professionale;
  • Prevedere voucher per la formazione continua, in particolare per giovani under 35 e donne;
  • Introdurre in ogni azione formativa il bilancio e la certificazione delle competenze, oltre a prevedere una misura di formazione sulle competenze manageriali e trasversali di start up.

La formazione deve essere necessariamente tarata sulle caratteristiche del lavoro autonomo, evitando di duplicare interventi pensati e realizzati per il lavoro subordinato.

PRESTAZIONI GESTIONE SEPARATA INPS

Le prestazioni oggi in essere, da dati ufficializzati dalla stessa INPS, dimostrano come queste siano poco utilizzate dagli stessi professionisti: se da una parte si evidenzia una difficoltà nel reperire informazioni e procedere con le richieste, dall’altra emerge che le attuali prestazioni sono costruite in larga parte su esigenze che non sempre rispecchiano quelle del professionista, con grande attenzione al tema della non auto sufficienza (sia direttamente per il libero professionista, sia come sostegno legata alla cura dei propri famigliari). Per questo riteniamo sia necessario intervenire su una revisione degli attuali parametri di alcune principali prestazioni:

  • Prevedere una “prestazione universalistica minima” di tutela della maternità in favore delle collaboratrici e professioniste iscritte alla Gestione Separata in regola con i versamenti che non riescono ad accedere all’attuale prestazione per mancanza di requisiti. La nuova misura andrebbe a coprire quello che si definisce “il periodo di astensione obbligatoria”, ma che con la legge 81/17 viene, per le libere professioniste di fatto superato, attraverso l’erogazione di una tantum di importo variabile in base all’Isee e all’anzianità di contribuzione.
  • Per quanto concerne la paternità, in un’ottica sempre maggiore di allargamento al diritto alla genitorialità, è necessario prevedere anche per le partite iva iscritte alla Gestione Separata Inps la necessità di prevedere un periodo di “astensione retribuita” per poter stare con i propri figli.
  • I professionisti che versano alla Gestione Separata, avendo affrontato situazioni problematiche di salute opportunamente certificate, possano ricevere un rimborso forfettario alla malattia di un importo massimo di spesa di 500 euro, da riparametrare in base all’indicatore Isee e al regime fiscale della lavoratrice (se forfettario o ordinario)

Infine, riconoscere la contribuzione figurativa per i periodi di malattia con ricovero ospedaliero.Per quanto riguarda la prestazione dell’ISCRO il numero delle persone che chiedono di accedervi è ancora basso. I parametri inseriti nella fase di sperimentazione sono troppo
ristrettivi per rendere fluido l’accesso; al contempo si è alzato il contributo a carico delle partite iva per finanziare questa prestazione. Come vIVAce riteniamo urgente e necessario chiedere una nuova fase di sperimentazione, con i seguenti correttivi:

  1. Avere nell’anno di presentazione della domanda un reddito non superiore ai 15.000 euro (e non 8.299,76, come indicato dall’INPS per il 2022) e comunque inferiore al 30% dei redditi dei due anni precedenti;
  2. Essere titolari di partita Iva da almeno 2 anni, alla data di presentazione della domanda (e non da 4 anni);
  3. Annullare l’aumento contributivo per gli anni 2022/2023;
  4. Predisporre interventi per informare adeguatamente gli iscritti alla gestione separata, coinvolgendo le sedi INPS, le Associazioni di rappresentanza, i Patronati e i CAF.

Il diritto alla pensione è un diritto di tutti. Da sempre le partite iva che versano in Gestione Separata Inps si trovano delle pensioni che non garantiscono una vecchiaia dignitosa.

Per questo ai fini del raggiungimento del minimale contributivo annuo, si consideri un imponibile reddituale legato ad un periodo almeno triennale, così che l’anzianità contributiva non sia soggetta alla variabilità del reddito, ma gli effetti delle fluttuazioni tipiche del lavoro autonomo vengano mitigati almeno dal punto di vista previdenziale.Per assicurare una pensione dignitosa ai lavoratori autonomi, garantendo meccanismi di flessibilità in uscita dal lavoro, favorendo inoltre l’accesso alla previdenza complementare.

 ALESSANDRA SERVIDORI     22 marzo 2024

 

 

 

DOSSIERINO 8 MARZO 2024 MA..............

                                                                      Dossierino 8 marzo 2024 MA ……………..

ILRESTODELCARLINO.NET- Alessandra Servidori  Se avessimo coerenza anziché fare convegni di denuncia sulla mancanza di bambini,di occupazione femminile,di “lavoro buono” flessibile , se fossimo veramente  intenzionati a risolvere la questione femminile senza ipocrisia, un po’ di quei miliardi persi nel superbonus 110%  li avremmo  investiti in strumenti di  vera politica attiva. Non in sussidi a tempo come l’esonero della contribuzione previdenziale per chi ha tre figli (  ne abbiamo a malapena 1,5 a italiana),una certificazione di genere sterile che premia gli enti e le aziende ma non aumenta l’occupazione femminile;lo stop generalizzato allo smart working che secondo  i dati registrati  dell'Osservatorio nazionale  evidenzia che i vantaggi ottenibili  dal lavoro da remoto si  sono  misurati  in miglioramento della produttività,riduzione dell’assenteismo;riduzione dei costi per gli spazi fisici e per i e le lavoratrici riduzione dei tempi e costi di trasferimento;miglioramento del work-life balance; aumento della motivazione e della soddisfazione. Se vogliamo veramente sostenere le donne italiane siamo seri: usiamo i fondi del Piano Complementare ( 36 miliardi per infrastrutture) per recuperare gli asili nido che ci aveva promesso il Pnrr e le case della salute per gli anziani  e persone non autosufficienti. Freneremmo in parte l’emorragia  delle dimissioni  femminile sul lavoro aumentate dall’anno scorso. Potenziamo  concretamente l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità   di  conversione del premio di   risultato 2023 in tempo, nei c.d. welfare days, nel limite della capienza dell’importo del premio , di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa: Se è una buona contrattazione contrasta il gender gap. Intanto avanti! Coraggio per le lavoratrici della Perla, coloro che lottano per  il diritto  alla libertà economica e a un lavoro e  chi combatte contro il martirio delle donne.

IL SUSSIDIARIO.NET Alessandra Servidori -Se l’8 marzo ma anche il 7 e magari il 9 vogliamo parlare di questione femminile dobbiamo avere il coraggio di dirci la verità. 1-Parliamo di certificazione di parità di genere(legge del n.162 /2021 ) che dal 2022 alle aziende private in possesso della certificazione di genere UNI/Pdr 125:2022 è concesso un bonus contributivo sul versamento dei contributi previdenziali complessivi a carico del datore di lavoro  nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda ,compreso un riconosciuto punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti. Il contributo, erogato agli Organismi di Certificazione accreditati per un massimo di €12.500 a impresa, €2.500 ad  erogati direttamente per coprire le spese di servizi di consulenza e accompagnamento alla certificazione, tramite sistema di voucher. Ma questo “business” che impatto ha avuto sull’aumento dell’occupazione femminile? E riduzione di gender gap nelle imprese ?Che piccole micro e medie imprese si sono certificate ? Il Tavolo  interministeriale previsto dalla legge  che  concorre al funzionamento del Sistema di certificazione della parità di genere con approfondimenti, elaborazione di proposte e monitoraggio delle attività ha prodotto dati sull’impatto concreto ? A parte la pletora dei componenti cd  di assistenza tecnica fornita da enti di consulenza convenzionati , quante donne sono state assunte con questo “bollino”? quante imprese certificate hanno modificato l’organizzazione del lavoro ?  Leggiamo i Dati sulle dimissioni  sul lavoro 2022 dell’Ispettorato del lavoro nazionale  pubblicati nel gennaio 2024 ci confermano che” la scelta di abbandonare il luogo di lavoro  è : 44.699 convalide riferite a donne, il 96,8% (43.284 provvedimenti) attiene a dimissioni volontarie, il 2,3% (1.032) a dimissioni per giusta causa e lo 0,9% (383) a risoluzioni consensuali. Delle 16.692 convalide riferite a uomini, 16.161 (anche in questo caso il 96,8% del totale) riguardano dimissioni volontarie, 236 (1,4%) dimissioni per giusta causa e 295 (1,8%) risoluzioni consensuali. Il dato di partenza fotografa, anche per il 2022, il profondo squilibrio di genere nei destinatari dei provvedimenti di convalida: le donne rilevano per il 72,8% di tutte le 61.391 convalide ampiamente intese (M+F), ma sono anche il 72,8% delle dimissioni volontarie, l’81,4% delle dimissioni per giusta causa e il 56,5% delle risoluzioni consensuali.Nel 2021  (il 71,8%) si riferivano a donne e  il  (28,2%) a uomini : il dato negativo continua a crescere- Medicina di genere 48° Congresso dell’Associazione di Medici di Direzione Sanitaria Ospedaliera), “Tutt’ora, negli studi clinici randomizzati controllati, solo il 20% dei pazienti arruolati sono donne, così come soltanto la metà degli studi clinici su cui si basano  le  evidenze e le linee guida prendono in considerazione analisi sul genere. Tra queste, soltanto il 35% fa analisi per sottogruppi. Come società scientifica che si occupa di ricerca e formazione  non possiamo non porre l’attenzione sul fatto che, che in questo momento, il 90% dei farmaci che abbiamo sviluppato e che stiamo utilizzando sono stati studiati e sviluppati per il genere maschile, così come il 70% dei dispositivi.Nel campo della prevenzione dobbiamo arrivare a una sovrapposizione totale degli indicatori di salute nei due generi. Queste conoscenze, se usate bene in prevenzione, possono incidere fortemente sui fattori di rischio che, in modo diverso, espongono a maggiore rischio  di sicurezza un genere anziché un altro. Occupazione femminile e lavoro : Dal Servizio studi della Camera, le donne occupate sono circa 9,5 milioni, i maschi occupati sono circa 13 milioni. Una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità e ha particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l'attività lavorativa. La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52/%, da esigenze di conciliazione e per il 19% da considerazioni economiche. Il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5 per cento, divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34% in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni. C’è tanto ancora da fare e poco da festeggiare : lo abbiamo scritto , spiegato, proposto anche con strumenti innovativi come l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità   di  conversione del premio di   risultato 2023 in tempo, ossia nei c.d. “welfare days”, nel limite della capienza dell’importo del premio ,  di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa.

LA RAGIONE UE Alessandra Servidori- Il lavoro femminile rimane sempre una questione affrontata  lamentosamente a ridosso delle mitiche ricorrenze e quasi mai legato alle politiche economiche che potrebbero se modificate  risolvere alcuni problemi.  A NY ho fotografato una ragazza in un cantiere di un edificio al 28 esimo piano : qui in Italia nei cantieri  abbiamo standardizzato  questa attività solo maschile ed  è pressoché impossibile vedere donne impegnate nei lavori di muratura oppure nelle attività artigianali che richiedono competenze specifiche legate al mondo delle costruzioni, è più facile trovarne negli uffici delle aziende edili. Ma vero è che non regge che questo è dovuto a un ostacolo di natura biologica: le donne non hanno meno forza e le informazioni e i dati disponibili sull’occupazione femminile nelle costruzioni sono quanto mai lacunosi, spesso non aggiornati e non infrequentemente contraddittori tra le diverse fonti. Possiamo sostenere l’interesse femminile nei confronti del settore ( che non conosciamo)  come la modalità di impiego a tempo pieno o part-time, i differenziali salariali, i profili di carriera, l’adeguamento della formazione professionale fino ad arrivare alla disponibilità dell’attrezzatura di sicurezza, non sempre adatta alle caratteristiche del corpo femminile, nonostante la grande rilevanza che questi accessori rivestono nel migliorare le condizioni di sicurezza nei cantieri e i dati che giornalmente interessano gli irresponsabili incidenti. Per aumentare l’occupazione femminile possiamo impegnarci anche in questa direzione attraverso il Fondo Complementare dedicato alle infrastrutture per la costruzione di asili per bimbi e residenze per non autosufficienti dedicando alle scuole professionali un’attenzione alle giovani che così formate potrebbero  puntare anche su servizi per conciliare il tempo di vita e di lavoro : l’incidenza del tragico bonus 110% nell’edilizia che certifica tutta la sua enormità scellerata ha sottratto risorse essenziali che potrebbero essere restituite , anche solo nel medio periodo, a quei servizi essenziali per la formazione e l’occupazione femminile. Fatti e non parole.

7 Marzo 2024 Donne : basta ipocrisie

Basta ipocrisie. Servono riforme strutturali-

 IL RESTO DEL CARLINO – 7 marzo 2024

Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, critica l'ipocrisia nella questione femminile e propone di investire i fondi in strumenti di vera politica attiva anziché in sussidi temporanei, per favorire l'occupazione femminile e contrastare il gender gap.

Se fossimo veramente intenzionati a risolvere la questione femminile senza ipocrisia, un po’ di quei miliardi che sono persi nel superbonus 110 li avremmo investiti in strumenti di vera politica attiva, non in sussidi a tempo come l’esonero della contribuzione previdenziale per chi ha tre figli (ne abbiamo a malapena 1,5 a italiana), una certificazione di genere sterile che non aumenta l’occupazione femminile. Li avremmo usato per superare lo stop generalizzato allo smart working: secondo i dati dell’Osservatorio nazionale, infatti, i vantaggi ottenibili dal lavoro da remoto si sono misurati in miglioramento della produttività, riduzione dell’assenteismo, riduzione dei costi per gli spazi fisici e per i e le lavoratrici, riduzione dei tempi e dei costi di trasferimento; miglioramento del work-life balance; aumento della motivazione e della soddisfazione. Se vogliamo veramente sostenere le donne italiane siamo seri: usiamo i fondi del Piano Complementare (36 miliardi per infrastrutture) per recuperare gli asili nido che ci aveva promesso il Pnrr e le case della salute per gli anziani e le persone non autosufficienti: freneremmo in parte l’emorragia delle dimissioni femminili sul lavoro, aumentate dall’anno scorso. Potenziamo concretamente l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità di conversione del premio di risultato 2023 in tempo, nei cosidetti ‘welfare days’, nel limite della capienza dell’importo del premio, di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa: una buona contrattazione contrasta anche il gender gap. Intanto avanti! Coraggio per le lavoratrici della Perla, coloro che lottano per il diritto alla libertà economica e a un lavoro e chi combatte contro il martirio delle donne.

Più Europa anche per la sicurezza sul lavoro

Alessandra Servidori   Più Europa anche per la sicurezza sul lavoro : noi collaboriamo ? Dalla situazione tragica non sembra

 "LA RAGIONE " Giovedì 22 febbraio 2024

La questione del riordino  della materia su prevenzione salute sicurezza sul lavoro è fondamentale e il Ministero del lavoro non può limitarsi,insieme all’intero governo, a decreti di urgenza che si accavallano ma non incidono, e soprattutto se la materia è severamente europea , si applichino le direttive che anche OIL ci indicano da anni inapplicate. L'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA), agenzia tripartita con sede a Bilbao,  istituita nel 1996 ha come  obiettivo  di promuovere la condivisione delle conoscenze e delle informazioni al fine di contribuire alla promozione di una cultura della prevenzione del rischio. L'Agenzia ha sviluppato una piattaforma web che offre consulenza gratuita alle imprese.Inoltre la commissione Europea ha prodotto un Quadro strategico  in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027 molto dettagliato . Tale quadro strategico è sostenuto da: i) il rafforzamento della base di conoscenze comprovate; ii) un solido dialogo sociale; iii) la mobilitazione di finanziamenti; iv) migliori misure di applicazione; e v) attività di sensibilizzazione e di formazione. L'obiettivo del quadro strategico è quello di portare le priorità comuni in materia di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori al centro dell'attenzione delle istituzioni dell'UE, degli Stati membri, delle parti sociali e di altre parti interessate pertinenti. Si applica a tutte le parti interessate che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro (amministrazioni nazionali, compresi gli ispettorati del lavoro, datori di lavoro, lavoratori e altri attori pertinenti in materia di SSL) e crea un quadro di azione, cooperazione e scambio.La Commissione collabora con gli Stati membri e le parti sociali per: i) affrontare il cambiamento nel nuovo mondo del lavoro; ii) migliorare la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in linea con l'approccio "zero vittime" (Vision Zero); e iii) migliorare la preparazione in caso di potenziali crisi sanitarie future.La Commissione invita gli Stati membri ad aggiornare ed elaborare le loro strategie nazionali in materia di SSL in linea con tale quadro strategico, in cooperazione con le parti sociali, al fine di garantire che le nuove misure siano applicate nella pratica valutandone  l'eventuale adeguamento in un contesto in rapida evoluzione

La povertà educativa discrimina i giovani

Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 8

Innovazioni e Pari opportunità a cura di Alessandra Servidori

La povertà è una piaga del nostro mondo avanzato sulla quale si interrogano economisti, sociologi e studiosi di altre discipline già da molto tempo. Come è possibile che in una società avanzata, dove tecnologia, istituzioni e cultura hanno raggiunto traguardi così alti non si riesca a sradicare la povertà? Tra le diverse forme di povertà, poi, quella dei bambini e dei ragazzi è certamente la più ingiusta: sia perché è evidente che “non è colpa loro”, sia perché, accompagnandosi spesso con la povertà educativa, ha effetti non limitati al presente, ma destinati a durare per molti anni con conseguente disagio di lungo periodo per le persone e con effetti negativi di lungo termine sul progresso economico e sociale del Paese. Il pericolo è dunque il perpetuarsi di uno svantaggio ingiusto di generazione in generazione. Tra povertà intesa quale deprivazione materiale e povertà educativa c’è un circolo vizioso che si alimenta in ambedue i sensi. Essere poveri sul versante materiale aumenta il rischio di essere poveri dal punto di vista educativo e viceversa. Una condizione sfavorevole di partenza può avere effetti di lungo periodo perché i bambini che nascono in condizioni di pregiudizio e ai quali vengono negate le opportunità di apprendere e condurre una vita autonoma ed attiva, rischiano di diventare gli esclusi di domani. In Italia sono 1,4 milioni i minori che vivono in uno stato di povertà assoluta, il triplo rispetto allo scorso decennio, mentre circa 2,2 milioni si trovano in una condizione di povertà relativa. Questi indicatori in termini economici sono diversi da Paese a Paese, in Italia la povertà assoluta è generata da un calcolatore messo a disposizione dall’Istat per determinarne il valore. In una famiglia di due adulti e due bambini (0-3; 4-10), ad esempio, è di circa 1.500 euro. La povertà relativa è invece attribuita a chi percepisce e vive con un reddito del 50% in meno rispetto alla media nazionale. Un dato in netta crescita. Secondo l’Istat, infatti, l’IPE – Indice di Povertà Educativa, si definisce attraverso quattro dimensioni: Partecipazione, Resilienza, Capacità di intessere relazioni e Standard di vita; ma si riferisce solo a un target di giovani tra i 15 e i 29 anni. La mancanza di dati aggiornati a livello locale e il range, che non comprende tutte le fasce dell’età evolutiva, su cui si basano queste metriche, non ci fornisce un quadro completo. Vero è comunque che la povertà educativa che ne deriva crea un danno dai primi anni di vita per poi limitare i livelli di apprendimento delle competenze nei periodi successivi. Ecco, quindi, che la disuguaglianza che si sviluppa nel minore povero è elevata al quadrato, perché nascere in una famiglia svantaggiata non è spesso una condizione transitoria, è Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 9 un fatto che può segnare e condizionare tutta la vita. Inoltre, quando si discute di famiglie svantaggiate e povere, non consideriamo solo la povertà assoluta e relativa come indigenza ed esclusione sociale ma anche e ovviamente la povertà culturale, relazionale, ambientale. I bambini che provengono dalle famiglie più svantaggiate hanno meno opportunità di prendere parte ad attività sportive e sociali che contribuiscono alla loro qualità di vita, alle relazioni sociali e in generale al loro livello di soddisfazione nella vita. Crescendo incontrano maggiori ostacoli nel diventare componenti attivi della società, nel trovare lavori di buona qualità e stabili e nel realizzare dunque il proprio potenziale. Se poi sulle condizioni su indicate si innestano anche le problematiche del crescere in un territorio anch’esso svantaggiato, la situazione del disagio si eleva al cubo. La dimensione familiare è, dunque, centrale, come lo è l’ambiente circostante, perché entrambe influenzano la crescita dell’individuo. Occorre intervenire sul contesto, perché il bambino impara lì dove vive e impara dalle abitudini, dalle manifestazioni, dai comportamenti con cui entra in contatto. Migliorare i contesti (familiari ed esterni) contribuisce a risolvere la povertà all’origine. La struttura della famiglia, ad esempio, i nuclei monogenitoriali (48,1%) e quelli composti da entrambi i genitori ma dove sono presenti tre o più minori a carico (32,2%) rappresentano le tipologie familiari a maggiore rischio. Come pure l’intensità lavorativa della famiglia; i minori che vivono in famiglie a molto bassa e bassa intensità di lavoro sono a maggior rischio di povertà di coloro che vivono in famiglie a media ed alta intensità lavorativa. L’incidenza della povertà minorile si conferma in proporzioni quasi doppie rispetto a quella della popolazione adulta nel suo complesso. I dati certificano il fallimento delle politiche di contrasto alla povertà minorile messe in atto finora. È indispensabile cambiare strada per proteggere i bambini, le bambine e gli adolescenti del nostro paese da un impoverimento in continua crescita, e porre riparo ad una evidente “ingiustizia generazionale” che oggi pesa sulle loro spalle. È necessario sostenere con forza la richiesta al Governo di raddoppiare le risorse del Fondo Sociale Europeo Plus da destinare in modo specifico alla Garanzia Infanzia (Child Guarantee), per assicurare ai bambini servizi essenziali per la loro crescita, e di rivedere le modalità di attribuzione del reddito sociale per sostenere in particolare le famiglie con bambini. Per evitare che la povertà materiale si trasformi in povertà educativa per intere generazioni, è evidente un investimento maggiore sull’educazione e sui servizi locali ad essa connessa, e che i fondi stanziati, a partire da quelli del PNRR, diano priorità alle zone dove la povertà minorile è più acuta, per attivare “zone ad alta densità educativa” che proteggano bambini, bambine e adolescenti dagli effetti drammatici della povertà sul loro percorso di crescita. Se si pensa che siamo la terza nazione in Europa con il più alto tasso di abbandono scolastico dopo la Romania c’è sicuramente un problema di sistema. Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 10 Esiste però un’intera comunità educante attiva in modo distintivo sui diversi territori italiani, un ponte tra le opportunità e l’accesso a queste. Parliamo di centri di aggregazione, case-famiglia e associazioni, microcosmi in cui i bambini possono permettersi di “crescere”. Dal 2016 esiste un fondo che attualmente si avvale di 700 milioni di euro per il contrasto alla povertà educativa minorile in Italia, grazie a un protocollo d’intesa fra le Fondazioni di origine bancaria, l’ACRI (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio SpA) e il Governo, con la collaborazione del Forum Nazionale del Terzo settore. Il fondo ha dato vita ad un progetto che durerà fino alla fine del 2025. Si chiama Villaggio educante e coinvolge 17 Comuni del FriuliVenezia Giulia, 1.200 bambini, 100 insegnanti ed educatori e oltre 50 operatori del settore. Un’opportunità per integrare 4 nuove strutture di asili nido ampliando scuole dell’infanzia esistenti e avviare laboratori permanenti con attività extrascolastiche come danza, arte, musica, inglese, psicomotricità e pet education, anche per i non iscritti. Sono previsti, inoltre, programmi di sostegno alla genitorialità in cui è anche possibile confrontarsi tra famiglie. Per i docenti, invece, è stato costituito un progetto di formazione continua multidisciplinare per sviluppare un modello operativo dinamico e coerente con gli obiettivi di contrasto alla povertà educativa. Il Fondo gestito da un Comitato interministeriale, entro giugno, pubblicherà un Bando a cura di Acri che si occuperà di disagio psicologico minorile per cercare di contribuire a contrastare questo fenomeno che ultimamente affligge molti bambini. Integrazione e inclusione possono nascere soltanto dove è prevista una progettualità educativa che sfrutti ampie reti di collaborazione e di confronto. Il compito da portare avanti, tra le istituzioni responsabili della presa in carico, è di creare sinergie e alleanze sempre più strette. La comunità, più che in passato, oggi è consapevole che l’intervento educativo offerto ha bisogno di sponde con l’esterno e, per questo, non si chiude in sé stessa, non ritiene di essere in sé bastante, e ricerca sempre più frequentemente alleanze e collaborazioni, in un’ottica di condivisione della responsabilità, di ampia partecipazione. E anche di cambiamento, se è vero che “accogliere e accompagnare” significa sviluppare un percorso esistenziale rendendosi conto che i cambiamenti sono tanto dei soggetti quanto dei contesti e, quindi, avendo cura di tenere i collegamenti tra il soggetto che cambia, il contesto che cambia, e quindi il rinnovamento delle risorse di cui il bambino ha bisogno. Per questa via, la comunità di accoglienza, assieme alla scuola e alle altre agenzie educative, diviene capace di educare cittadini attivi e partecipi, in grado di liberarsi dalle catene della povertà educativa, della stereotipia familiare per conquistare migliori condizioni di benessere, di qualità di vita, di inclusione e di produttività all’interno delle dinamiche della convivenza civile. Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 11 A proposito di povertà assoluta: una commissione istituzionale con capofila Istat sta elaborando criteri di definizione di questa fondamentale realtà italiana e internazionale. La metodologia di stima della povertà italiana modificata, in parte da una classificazione delle spese per i consumi delle famiglie, e l’aggiornamento della popolazione di riferimento delle stime sulla base di nuovi dati censurati, sono stati presentati in Istat. Dopo due anni i frutti di questo impegno che ha comportato la revisione delle diverse componenti del paniere di povertà assoluta (alimentare, abitativa e residuale), la ridefinizione delle soglie, i coefficienti di risparmio utilizzati dalle famiglie, l’articolazione dei territori nelle diverse aree del paese, si sono presentati diversi complessi problemi di natura concettuale (definizione di povertà, misurazione del welfare, reference budget, ecc.) e si è estesa la riflessione sulla misura della povertà assoluta ai più recenti approcci di tipo multidimensionale e al superamento di una visione esclusivamente basata sui dati di spesa monetaria, con uno sguardo attento anche alle altre componenti del benessere, non solo a quelle di natura strettamente economica. L’adozione della nuova metodologia è anche l’occasione per riflettere sugli sviluppi futuri e formulare raccomandazioni che aiutino a delineare il cammino da seguire nell’intervallo tra i successivi aggiornamenti fisiologici. E questo proprio a partire da una profonda e ampia riflessione sulla stessa definizione concettuale della povertà per poi consegnare alla politica le decisioni più efficaci per destinare risorse a questo importante problema. Il concetto di povertà assoluta, o estrema, e la sua misurazione empirica, sono stati a lungo considerati una questione riguardante esclusivamente i paesi in via di sviluppo, laddove nei paesi occidentali sviluppati, con l’eccezione significativa degli Stati Uniti, si è preferito guardare alla povertà relativa. Ciò dipendeva in parte dalla presunzione che in questi paesi la povertà estrema, la privazione di mezzi di sussistenza indispensabili, fosse stata eliminata dall’azione congiunta dello sviluppo e dei sistemi di welfare. Anche l’Unione Europea ha adottato, con l’indicatore “a rischio di povertà”, un concetto di povertà relativa. Con il progetto ABSP0 (measuring and mentoring absolute poverty, European Commission 2021) si sta valutando non solo la fattibilità, ma l’opportunità di sviluppare una misura monetaria di povertà assoluta che rappresenti un potere di acquisto di beni e servizi comparabile tra paesi e nel tempo, ad integrazione delle misure esistenti. Tra i paesi europei l’Italia è l’unico che, a livello della statistica ufficiale, dal 1997 utilizza per stimare l’incidenza della povertà e il suo andamento nel tempo sia la povertà relativa che quella assoluta. Per Il Rapporto finale del progetto ABSP0, la maggior parte degli indicatori di povertà assoluta utilizzati nei paesi sviluppati configurano un riferimento (benchmark) considerevolmente più alto della pura sussistenza e si riferiscono alla accessibilità di beni di consumo ritenuti necessari o desiderabili dai membri di una determinata società, oggetto di valutazione dal punto di vista dell’accertamento della povertà non sono solo i bisogni, o le Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/1 (2024) ISSN 2704-7245 12 capacità, in astratto, ma la disponibilità di, e accesso a capacità combinate o bisogni intermedi (cibo nutriente, acqua pulita, un’abitazione adeguata, istruzione di base, libertà riproduttiva, sanità). Forse la strada migliore è quella di procedere, in parallelo all’indagine sulla povertà assoluta così come è effettuata da ISTAT, con tutti i perfezionamenti e aggiornamenti che sono stati fatti e che si faranno, alla ricostruzione di contesti omogenei dal punto di vista della disponibilità di beni pubblici considerati essenziali e delle modalità di accesso, in modo da procedere poi ad analisi per piccole aree. I lavori dettagliati della Commissione sono reperibili su «La povertà assoluta: revisione della metodologia e prospettive di misura del fenomeno» 1. Ricordiamo gli ultimi dati italiani. Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente). Questo peggioramento è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione. L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 28,9%, si ferma invece al 6,4% per le famiglie composte solamente da italiani. L’incidenza di povertà relativa si attesta al 10,9% (stabile rispetto all’11,0% del 2021) e le famiglie sotto la soglia sono 2,8 milioni. Alessandra Servidori

Recensione libro Alè Il sussidiario .net

https://www.ilsussidiario.net/news/letture-cosi-limpegno-personale-puo-innovare-le-politiche-sociali/2653765/

L'attività di Alessandra Servidori si è sviluppata negli ultimi decenni nei luoghi, ufficiali e non, in cui l'impegno sociale diventa pratica quotidiana

 Alessandra Servidori (Ansa)

Il titolo è già un programma “Alè, il racconto di una vita attraverso l’esperienza civile, sociale, economica e politica” (Ed. Pendragon, pagg. 127, € 15). Alè non è solo l’abbreviazione del nome dell’autrice, ma è, ancora di più in questo caso, un programma di vita e di impegno quotidiano. Come dire: diamoci da fare. È vero che i problemi italiani sono tanti e difficili, ma è anche vero che con l’impegno di tutti e di ciascuno è possibile da una parte mettere a fuoco le diverse realtà e dall’altra cercare di avviare possibili e praticabili soluzioni.L’impegno di Alessandra Servidori, compagna e moglie di Giuliano Cazzola, si è sviluppato negli ultimi decenni nei luoghi, ufficiali e non, in cui l’impegno sociale diventa pratica quotidiana così come scoprendo la necessità di muoversi nella concretezza delle sempre troppo poche possibilità operative.Basta scorrere l’indice del libro per avere l’immagine delle tante dimensioni di questo impegno. Dai diritti della maternità, alla tutela della disabilità, dal tema dell’occupazione all’esempio di Marco Biagi, dalla sanità al sindacato, dal tema dell’immigrazione al carovita, dalla violenza contro le donne ai rigurgiti di antisemitismo.Con posizioni decise e spesso controcorrente. Per esempio, quando afferma: “L’inclusione delle donne diventa il parametro della efficienza di un mercato del lavoro nel quale sono insufficienti gli intermediari capaci di accompagnare chi vuole lavorare a una occupazione, mentre molte imprese sono rattrappite dalla difficoltà di reclutamento”. È quindi necessario “dare una spallata alle tradizionali politiche attive che si sono rivelate autoreferenziali. Le stesse organizzazioni di rappresentanza possono fare molto se, superando vecchi pregiudizi, decidono di dedicarsi al collocamento attraverso i patronati o gli enti bilaterali”.È proprio la compartecipazione, o per dirla in sindacalese, la bilateralità, uno strumento di azione continuamente richiamato perché poco possono fare le regole, anche le più stringenti, se non vi è la convinzione che la responsabilità e i comportamenti possono fare la differenza a vantaggio di tutti.In questa prospettiva è anche il richiamo all’inclusione nelle scuole, un tema di estrema attualità non solo per i disabili, ma anche per emarginati e immigrati. “L’inclusione – afferma Servidori – non è solo una questione di accessibilità fisica. L’inclusione è anche un processo dinamico che richiede un continuo lavoro di innovazione. Non si tratta solamente di mettere i bambini con bisogni speciali nella stessa classe con i bambini normodotati, ma si tratta di lavorare per garantire che tutti abbiano le stesse opportunità di apprendimento e di crescita”. In tutto il libro emerge una grande volontà costruttiva. Per sollecitare non solo più coraggiose politiche pubbliche, ma anche un impegno lungo la direttrice del rispetto e della valorizzazione di ogni persona. E per rimuovere gli ancora troppi ostacoli che limitano la dignità delle persone.

 

Start mag : come andare in europa

https://www.startmag.it/economia/italia-patto-di-stabilita/

Alessandra Servidori -Prima dei nomi fondamentale il programma dei candidati italiani per l’Europa

Il patto di stabilità e crescita con la unione Europea che andrà in vigore a metà 2024 deve divenire la carta elettorale  per poter consapevolmente  aderire all’ambito internazionale comunitario,poiché alla fine dei conti concreti sulla situazione italiana avremo comunque un deficit di  1,5 di Pil nel periodo  di vigenza del patto tra i 4 e i 7 anni che ad oggi ha accumulato oltre il 140%   di debito ( e  ricordiamoci che sono escluse dal conteggio le spese di difesa e investimenti) sale comunque la spesa corrente che non è spesa per lo sviluppo. E la spesa per gli interessi del debito – 90 miliardi-supera enormemente la spesa per l’istruzione  che è di 70 miliardi per istruzione,università ricerca. Gli altri Paesi Europei hanno debiti sotto i 90 % del Pil e la Nota di aggiornamento finanziaria (Nadef)  prevede per il 2024 il 4,3%  con un conseguente nuovo debito di 90 miliardi con una spesa di interessi di oltre 95 miliardi nel 2025 : il patto di stabilità europeo impone una riduzione di almeno il 1,5% e noi dobbiamo prevedere un efficientamento della macchina e dunque spesa pubblica , spesa assistenziale corrente, eliminando la flat tax,la decontribuzione,il Tir(trattamento integrativo di reddito)trasformando l’assegno unico in servizi anziché soldi,rivedendo l’isee.Sicuramente l’Europa ha bisogno di nuove regole ma anche noi  abbiamo bisogno di condivisione  della sovranità quindi significa condividere nuove strategie che in passato attraverso l’America ,la Cina ,la Russia   ci hanno assicurato sicurezza ,export,energia ma  che ora sono diventate incerte o inaccettabili.Dobbiamo federalizzare le spese compresa ovviamente quella sui beni primari e sulla sicurezza, scelte fiscali europee, razionalizzare le spese e procedere  alle  complicate privatizzazioni ma per investire in sviluppo e soprattutto in infrastrutture che combini gli interessi del mercato con azioni  di società competitive e di consentire allo Stato di poter conservare gli standard di qualità soprattutto per quanto riguarda  per esempio ferrovie . Per quanto riguarda gli investimenti del pnrr preoccupa ciò che è su Italia domani  un dataset su milestone e target ma, oltre a non includere (senza spiegazioni) le scadenze di rilevanza italiana, non contiene dati completi sulle misure. In particolare non conosciamo l'importo e il contenuto dettagliato delle riforme e degli investimenti, nuovi o  modificati che siano, inclusi quelli della nuova missione dedicata all'energia, il Repower Eu. Per ciò che riguarda i progetti: il relativo dataset è stato aggiornato poco prima dell'approvazione del piano rivisto. Ciò significa che, considerando la cadenza trimestrale dell'aggiornamento, fino a marzo non avremo dati che rispecchiano la situazione effettiva degli interventi attualmente finanziati dal piano e non ci sono dati sull'avanzamento dei lavori e della spesa per i progetti e sono sempre meno le informazioni sulle scadenze. Rimediare e subito è fondamentale. Per ora la BCE si è fermata peraltro non ci sono motivi per continuare ad aumentare i tassi di interesse,ma non ci sono certezze su cosa succederà nei prossimi mesi sui risultati dell’inflazione. La situazione dell’euro zona è molto diversa da quella degli Stati Uniti.La disoccupazione si è abbassata ma le ore lavorate sono ancora troppo poche e abbiamo settori in difficoltà. La ripresa dei salari tarda ad arrivare e il loro recupero è tutto in capo al rinnovo della maggior parte dei contratti scaduti e non ora legati alla produttività. Abbiamo dati del manifatturiero molto deboli e segnali ancora parzialmente negativi del credito tra prestiti e mutui.Dunque costruire un programma per andare alle elezioni europee significa avere una piattaforma chiara senza ambiguità prima di tutto per l’ Italia  nel contesto comunitario e attivare una campagna elettorale concreta e soprattutto chiara.

 

 

La finanza che ci interessa conoscere

 

Alessandra Servidori                 La finanza italiana che ci interessa conoscere

Parlando alla conferenza di Riga, in Lettonia, per il decimo anniversario dell’introduzione dell’euro nel paese baltico, Panetta ha sottolineato come "il settore bancario europeo si conferma frammentato lungo linee nazionali". Ed "è pertanto difficile immaginare una unione del mercato dei capitali pienamente funzionante se le banche non sono in grado di operare liberamente in tutta l'area dell'euro", ha ribadito. Per il Governatore, infatti, "nei prossimi anni l'Europa si troverà a operare in un contesto politico internazionale più complicato rispetto al passato. Essa dovrà allo stesso tempo realizzare obiettivi ambiziosi in ambiti quali la difesa, la transizione digitale e la lotta ai cambiamenti climatici. Una vera e propria unione del mercato dei capitali aumenterebbe le probabilità di successo". Parlando poi del ruolo dell’euro, il Governatore ha sostenuto che la valuta comune influenza il ruolo dell’Europa nel mondo: "La finanza è uno strumento al servizio del benessere collettivo, e l'euro non fa eccezione: gli obiettivi e le implicazioni della moneta unica vanno ben oltre la sfera monetaria. Il successo dell'euro come valuta di riserva internazionale influenza il ruolo dell'Europa nel panorama economico e finanziario mondiale; incide sulla nostra collocazione geopolitica, sulla nostra autonomia strategica", ha concluso. "La revisione del quadro normativo del sistema finanziario ha subito una forte accelerazione che ha sicuramente ottenuto il risultato di migliorare la resilienza delle banche”. Tuttavia, “la natura stessa del processo di revisione, pressato spesso dal clima di emergenza e orientato soprattutto alla stabilità, non ha portato a uno sviluppo coeso e coordinato delle regole, ma a un quadro generale eccessivamente complesso”. il Presidente dell'ABI, Antonio Patuelli, ha consegnato e illustrato il 24 gennaio in una serie di incontri istituzionali a Bruxelles sulle priorità del settore bancario. Secondo il Presidente dei banchieri italiani, il focus dovrà spostarsi sulla competitività e la crescita: “C'è bisogno (…) di un sistema normativo e regolatorio più semplice, efficiente e anche flessibile perché la natura senza confini del digitale e l'evoluzione della fintech chiedono un rapido adeguamento alla situazione in continuo cambiamento". ABI chiede, dunque, alle istituzioni – anche in vista delle elezioni europee del 9 giugno - di avviare una valutazione globale del quadro normativo esistente per verificare l'impatto e l'efficienza dei regolamenti. Un lavoro che, dovrebbe precedere l'esame di qualsiasi eventuale nuova proposta legislativa nel settore dei servizi finanziari. Secondo ABI, la valutazione del quadro normativo complessivo dovrebbe anche essere mirata a rendere finalmente concreto e attuale il principio di proporzionalità, "sempre enunciato ma mai applicato". Per Patuelli "assume particolare importanza la revisione di alcune regole sulla ristrutturazione dei crediti. Bisogna, infatti, evitare assolutamente che la riscrittura di queste norme finisca per ostacolare le misure a sostegno dei debitori in difficoltà, determinanti in una fase economica tanto incerta". Inoltre, "diventa fondamentale collocare le proposte e le azioni per il rilancio dell'Unione del mercato dei capitali all'interno di una nuova visione complessiva che coinvolga tutte le istituzioni e gli attori principali". In vista della prossima legislatura europea, ABI auspica anche una proposta legislativa volta a ridisegnare il quadro macroprudenziale, "assicurando la coerenza dell'impianto complessivo e la chiarezza dei ruoli di ciascuno strumento, nonché dei poteri attribuiti a ciascuna Autorità".Inoltre La Presidente  di Ania Maria Bianca Farina ha definito “inderogabile” il completamento e l’ammodernamento di un sistema di welfare pubblico-privato, in linea con le scelte già compiute in altri Paesi avanzati, “in modo da affrontare per tempo, con strumenti adeguati, le sfide della sostenibilità finanziaria, dell’adeguatezza delle prestazioni da garantire ai cittadini e dell’invecchiamento della popolazione”. Ciò vale, per la numero uno di ANIA, con riguardo alla previdenza, dove a fronte delle esigenze di contenimento della spesa pubblica non c’è una sufficiente mobilitazione del risparmio privato dato che alle forme integrative confluisce appena il 4% del considerevole risparmio finanziario posseduto dalle famiglie italiane, con un’incidenza delle forme previdenziali integrative sul PIL inferiore al 10% contro l’oltre 100% nel Regno Unito e 200% nei Paesi Bassi. Ma vale per la sanità dove, complici i tempi di attesa, sempre di più i cittadini ricorrono al privato con una spesa out of pocket che ha superato i 40 miliardi. Per Maria Bianca Farina "Il settore assicurativo (…) è disponibile a sviluppare in sinergia con il sistema pubblico aree strategiche come il risparmio previdenziale e la tutela sanitaria, al fine di migliorare la protezione sociale dei cittadini e determinare ritorni positivi per l'economia del Paese". A questo fine, ANIA ritiene necessario un riordino delle normative di riferimento, anche con un "testo unico" in ambito sanitario. 

ALE' libro pubblicato e Lettera a Sergio Mattarella

Alessandra Servidori il mio nuovo libro ALE' -"Sono convinta che promuovere la centralità della persona per lo sviluppo della società, per la vitalità economica, nel principio della sussidiarietà, della condivisione, della responsabilità e della partecipazione, sia un’ottima idea". edizioni Pendragon

Lettera aperta al nostro Presidente  Sergio Mattarella

Caro Presidente ricordo con piacere le sue parole di augurio di fine anno, nelle quali fra le altre, ha sentito l’urgenza di rivolgersi ai giovani e alla cultura dell’amore legata anche al rispetto e alla riconoscenza che non è il possesso che qualifica l’affetto e il sentimento. Le questioni legate al genere femminile che nel nostro Paese rappresenta ben il 53% della cittadinanza, rimane un problema enorme e prioritario e non sono  per ripeterLe stancamente la nostra situazione occupazionale e civile con i soliti numeri che  ci umiliano. Ma che Lei ha ben presente.  Non solo a livello nazionale ma internazionale , vista la Sua coerente indomita indole europeista anche in termini di assetto normativo che ci costa ben 64 avvisi di infrazione con le conseguenze che ben conosciamo, mi permetto di chiederLe, una garbata e decisa raccomandazione nell’adeguarci anche rispetto alla legislazione ma soprattutto ai recenti provvedimenti perché un attento recupero delle indicazioni comunitarie in alcune direttive possano sostenerci anche politicamente per compiere quei passi in avanti per le cittadine italiane  e la democrazia reale ed effettiva . Le adolescenti fanno maggior uso di psicofarmaci rispetto ai coetanei per sentirsi più adeguate alle aspettative sociali che le pretendono prestanti e perfette, lo conferma una ricerca del Cnr che mette in luce la necessità di sensibilizzare il dibattito su stereotipi di genere ma anche e soprattutto di sostenere le politiche di pari opportunità occupazionali per rafforzare il diritto al lavoro delle donne ,il cui numero di occupate non aumenterà grazie alla cd certificazione di genere che serve solo alle aziende che continuano a non assumere donne o se lo fanno ,solo per riceverne dei benefici contributivi o avere vantaggi nell’assegnazione di bandi, ma serve e subito una concentrica politica di sostegno per la condivisione del lavoro di cura in famiglia, il lavoro, i servizi all'infanzia, un incentivo alla contrattazione di prossimità per applicare sostanzialmente la Direttiva Ue che prevede,tra l’altro, 30 giorni di congedo parentale. E i numeri , non le percezioni ,dicono che le madri in Italia sono sempre meno occupate e sempre meno felici, non solo al Sud dove ci sono meno servizi, meno occupazione e le famiglie sono ancora costruite intorno a un immaginario tradizionale sui ruoli. Ma anche al Nord dove le dimissioni dal lavoro dopo la nascita di un figlio aumentano di anno in anno. Vero è che l’inattività femminile è in parte conseguenza di una domanda di lavoro che vincola fortemente le lavoratrici ad orari pieni e non flessibili e che induce le donne disposte a lavorare a tempo parziale ad uscire o a non entrare nel mercato del lavoro. Ed è altrettanto vero che la questione dello smart working ultimamente prorogato è una falsa soluzione  poiché le aziende incapaci a riorganizzarsi per obiettivi e non sull’orario di lavoro  costringono  sempre di  più le lavoratrici a sottoscrivere degli accordi capestro con un monte ore settimanale residuale dedicato al lavoro da remoto pur  autoaffermandosi  imprese family friendly. Dunque caro Presidente  non è più sopportabile il buonismo paternalistico di aiutare le donne rispettando i loro diritti negati se non si è coerenti : prima di tutto nell’adempimento della nostra Costituzione, nelle direttive applicate, nelle convenzioni internazionali ratificate ma non applicate, nelle promesse di un pnrr che le sostiene quando così non è ( se non in piccola misura),da una legge come la legge 54 del 2006 che è diventata uno strumento di controllo e di violenza contro le madri alle quali viene strappato il figlio.Il germe della disparità salariale sta nell'organizzazione del lavoro e nell’assicurare la possibilità di avere l’autonomia e la libertà economica accedendo da una formazione di livello  non solo in basse qualifiche senza rinunciare alla propria attività ed essendo indipendente. E a proposito di futuro  i divari di genere nell'apprendimento delle materie scientifiche si traducono a distanza di anni in una minore indipendenza economica delle giovani donne. 

Le sono grata della Sua preziosa attenzione Alessandra Servidori

Ministro Bernini in Cina : confronto su scienza,tecnologia, innovazione

     Alessandra Servidori   https://www.radioinblu.it/streaming/?vid=0_2yp5n4y9

 Oggi 28 novembre 2023  a Pechino si svolge la dodicesima edizione di Italia/Cina evento dedicato alla scienza, tecnologia, innovazione, promosso  annualmente in partnership dal ministero dell’università e ricerca italiano e il ministero della scienza e della tecnologia cinese, finalizzato a valorizzare i sistemi nazionali di ricerca e innovazione attraverso scambi accademici scientifici e tecnologici di cui sono garanti per parte nostra il Ministro Annamaria Bernini e parte cinese il vice Ministro  Zhang Guangium. Si tratta di un programma bilaterale confermato dall’impegno a rilanciare  nel quadro del partenariato strategico globale del settembre scorso da parte della Presidente Meloni. Il programma rappresenterà un momento di confronto e condivisione tra gli interlocutori del panorama scientifico e tecnologico cinese e italiano, con l’obiettivo di promuovere la nascita di nuove collaborazioni e partenariati nei settori di reciproco interesse per lo sviluppo e il benessere della società. Agli  incontri one-to-one  sono presenti circa cento partecipanti appartenenti a università, centri di ricerca, hub e start up italiane e cinesi impegnate in ricerca e innovazione  che avranno l’opportunità di dialogare per costruire nuovi partenariati accademici, scientifici ed industriali. Diverse le opzioni in campo: scambi accademici (UtoU), progetti di ricerca (RtoR), partnership ricerca-impresa (RtoB) e tra imprese innovative (BtoB).Si discute di  tecnologia applicata alle Olimpiadi Invernali che rappresenta una forza trainante di innovazione e spettacolo per temi come il cronometraggio di precisione; l'uso di droni per catturare angolazioni spettacolari; l'implementazione di realtà virtuale per coinvolgere gli spettatori sono solo alcune delle innovazioni che caratterizzano le Olimpiadi Invernali. Lo Smart Manufacturing, che agisce come il catalizzatore per l'ottimizzazione e l'efficienza  che rappresenta una rivoluzione del mondo dell'industria, dove la convergenza di tecnologie avanzate come l'Internet delle cose (IoT), l'intelligenza artificiale (IA) e l'analisi dei dati ha trasformato radicalmente il modo in cui vengono progettati, realizzati e gestiti i processi di produzione;infine un confronto tra  giovani innovatori  che attraverso la creatività e il cambiamento, portando nuove soluzioni e approcci alle sfide globali,alimentando  nuove imprese e iniziative. Sappiamo bene  che a quattro anni dalla sua firma da parte dell’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e benedetta dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la Via della seta continua a essere un problema per il governo Meloni  e i suoi consiglieri diplomatici: un dossier delicatissimo, prioritario per la maggior parte dei nostri alleati, e che determina anche la credibilità dell’Italia presidente di turno del G7 del prossimo anno.Eppure, mentre l’esecutivo cerca il modo meno brutale di uscire dalla Via della Seta, Pechino trova modi molto più facili per aggirare il livello governativo e passare direttamente a livello locale. Infatti il forum della Belt and Road local cooperation, la Via della seta degli enti locali, si è già svolto a settembre  al quale partecipano diversi comuni italiani tra i quali Cagliari, Fermo, ma pure zone di grande interesse industriale come l’intera provincia di Brescia. Tutti memorandum firmati, a partire dal 2019,  sotto il  brand della Via della seta cinese. Inoltre abbiamo un nucleo poderoso anche in italia (14) di  Istituto Confucio  che sono timidamente accusati da vari accademici  che li frequentano come docenti di essere oltre che funzionali a sensibilizzare nel mondo la cultura cinese "cercano di modificare l'immagine di Pechino agli occhi del mondo". Le accuse mosse nei confronti dell'operato degli Istituti Confucio è quella di edulcorare la visione che diversi paesi del mondo hanno del regime cinese e nel contempo quello di porre dei veti più o meno palesi nei confronti di iniziative culturali sgradite al Partito Comunista Cinese, pur se effettuate fuori dalla Cina. L'ampio dibattito che ne è scaturito ha portato alla chiusura di diversi Istituto Confucio negli Stati Uniti d'America e in Europa, tra cui quelli dell'Università di Leiden, della Copenaghen Business School in Danimarca, della Università Paris-Ouest Nanterre in Francia, e dell'Università di Stoccolma.( inthenameofconfuciusmovie.com.)Diversamente ai Ghoete institut , e ai Cervantes Insitutus,in Italia la diffusione degli Istituti Confucio è iniziata da Napoli, in collaborazione con la prestigiosa Università L’Orientale. Nel mondo gli Istituti – a partire dal primo, fondato a Tashkent nell’Uzbekistan nel 2004 – sono  ormai molti e sono di emanazione di Hanban, che  è Ufficio nazionale per l’insegnamento del cinese come lingua straniera: un nome che sembrerebbe assimilare questa organizzazione a quelle che in Germania  appunto promuovono nel mondo i Goethe Institut e in Francia le sedi dell’Alliance Française, Spagna ecc. Ma il paragone è ingannevole: il Goethe o l’Alliance Française sono sostenuti dai rispettivi governi, ma sono indipendenti, mentre l’Hanban è parte integrante della macchina governativa cinese. Dubbi su spionaggio e servizi segreti sono legittimi e la verità è che la questione del Covid nato appunto in Cina e segretamente protetto da informazioni quasi inesistenti e da sospette missioni cinesi nei nostri ospedali con accesso disinvolto a dati sensibili, e ora la polmonite pediatrica che sta colpendo in misura massiccia i piccoli cinesi e della quale ancora ben poco conosciamo, ci consente di avere particolare attenzione ai rapporti con questa potenza mondiale con la quale abbiamo sicuramente necessità di dialogare e scambiare la nostra eccellenza  peraltro straordinariamente riconosciuta a livello mondiale ,senza essere schiacciati . Il ministro Annamaria Bernini saprà tenere l’equilibrio e la saggezza istituzionale che serve.

 

 

Ancora quante Giulia?

Alessandra Servidori

Ma diciamoci la verità …. Parole come pallottole ,ancora  violenza ….

Il feroce massacro della giovane Giulia da parte del coetaneo Filippo che l’avvocato della sua famiglia definisce “buono” e da una infausto commento sul corrierone su Elena sorella di Giulia   “la ragazza grande della famiglia Cecchettin più ribelle” sono lo strascico già visto e vissuto di una cultura priva di pietà e rispetto per una tragedia ripetuta. Per giorni abbiamo seguito con angoscia questa tragica storia che ben presto,  sarà usata e tramutata in un telefilm,in un talk urlato tra gente che vuole apparire  ma che non è altro che la fotografia infame della nostra società priva di valori. In molti hanno riportato su fb i nomi delle ultime donne trucidate e alcuni commenti ridicolmente offensivi e cinici di fanatici ignoranti. Poi ancora gli annunci della politica : vogliamoci bene dopo offese reciproche  e irripetibili nelle piazze  contro il popolo ebraico  rincorso da moderni nazisti, l’occupazione delle università contro Israele  o strumentalizzata dai silenzi di troppi rettori tutti presi dall’affanno di vincere l’occupazione elettorale della Crui   per la Presidenza nazionale e ancora la politica che non difende le persone fragili come gli anziani togliendo le risorse , le persone disabili distraendo i fondi verso un progetto fantasma di case della salute senza personale ospedaliero, e anche sempre le donne offese nell’anima e nel corpo. Dicono di inasprire e le pene contro i maschi barbari , di fare educazione nelle scuole ma è sempre troppo tardi .Sono anni  che la violenza incombe in ogni luogo della società incivile : tra i banchi, sul lavoro senza regole, tra giovani e tra adulti e le donne sono le più colpite . Ha fatto breccia il film della Cortellesi che ha saputo mettere in bianco e nero una realtà ancora lì  che bolle : alle femmine le madri ancora adesso ( troppe) augurano di fare un buon matrimonio e magari sì, trovare un part time, avere tanti figli maschi; ai maschi non si insegna il valore del rispetto per la maternità dunque della madre, sorella, moglie ,compagna. Sono illuminati e rari i genitori che si impegnano , anzi dovremmo veramente, come priorità, insegnare  dalla scuola materna , insieme alla famiglia distratta, alle scuole superiori cosa  significa il bene condiviso di un rapporto tra genitori e figli  incardinato sul rispetto e aiuto reciproco di alcuni valori essenziali. Invece no la cd “buona scuola “ ha introdotto malamente l’educazione fai da te di genere tutta piegata sull’omosessualità e sulla violenza di  un genere ambiguo a senso unico , con incompetenza ideologia, presunzione  agita sui bambini con un silenzio assordante delle  famiglie .Solo ora finalmente il cardinale Zuppi ha dichiarato che i preti pedofili devono stare fuori dalla Chiesa. L’agonia di Giulia è  slogan e  titoli  che invadono giornali televisioni che trattano la gelosia morbosa cattiva come un alibi ancora consolidato tra maschi giovani e grandi ,ossessivi,e una giustizia ancora troppo blanda in mano spesso a giudici( anche donne) che minimizzano la violenza sulle vittime, donne a cui per una legge assurda come la legge 54 che dà la possibilità di togliere alle madri vittime di cattiveria paterna i figli,luoghi di lavoro dove il mobber  ha spesso i pantaloni, aule universitarie dove le studentesse molto più brave degli studenti, si laureano in meno tempo ma faticano a trovare lavoro. Tutto questo è violenza e sub cultura :bisogna cambiare registro ,  ritrovare il desiderio di costruire una società normale che ha forza e coraggio per consegnare a chi verrà  e chi c’è già come vivere in una armonia di base che ci fa riconoscere  il più possibile il bene dall’immondizia del male.    

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