Editoriali
LEGGE DI BILANCIO : parliamone donne e studiamo!
ALESSANDRA SERVIDORI LEGGE DI BILANCIO STUDIAMO DONNE!!!!!!!
Mentre la Cina avanza a passi giganti mangiandoci tutti i nostri gioielli di famiglia che abbiamo svenduto in anni di incapacità di riformarci il sistema e mantenere quel patrimonio inestimabile che negli anni 60/70 era stato ricostruito , ora continuiamo a crescita zero virgola a farci la guerra ed è demenziale. E avvicinandoci alla ricorrenza liturgica del 25 novembre contro la violenza sulle donne ci dedichiamo ogni giorno una riflessione per almeno liberarci dallo stigma che NON ci occupiamo di economia ed essere libere e non soggette al potere disfattista maschile significa essere colte . Allora cominciamo a parlare di LEGGE DI BILANCIO .Il governo è accusato pretestuosamente di avere tassato i poveri e di aver agevolato i ricchi perchè ha tagliato la terza aliquota irpef dal 35 al 33 % ed è una stupidaggine demenziale. La sinistra impastata di retorica dice che i ricchi -che poi non lo sono affatto- strumentalizzando alcune note descrittive della Banca d'Italia e dell'Istat sugli effetti distributivi della manovra, che sottolineano come i principali beneficiari siano i contribuenti appartenenti al 40 per cento "più ricco" della popolazione, cioè quelli con un reddito lordo superiore ai 26 mila euro. Che questi individui possano essere considerati anche solo "benestanti" denota un problema non solo nel livello dei redditi italiani, ma anche e soprattutto nel nostro sistema mediatico e nella qualità del dibattito politico che è basso sia nelle tv che tra i politici che NON studiano.Siamo alla quarta manovra finanziaria di questo governo: è la prima che assegna (poche) risorse a questa fetta di contribuenti, che pure versa all'erario circa i tre quarti del totale del gettito Irpef. Le precedenti leggi di bilancio si erano focalizzate sui redditi bassi, con l'obiettivo di proteggerne i redditi dall'inflazione: per fare ciò nel rispetto dei vincoli di bilancio, l'esecutivo aveva finora sacrificato i (più) "ricchi" che non solo non avevano ricevuto alcun sostegno, ma erano stati penalizzati dal taglio delle deduzioni. Con l'intervento per il 2026, il governo cerca di restituire, per quanto solo parzialmente, ai redditi medi una parte di quanto sottratto dal famoso e poco conosciuto cd FISCAL DRAG Il “fiscal drag”, o drenaggio fiscale, è un fenomeno che si verifica quando l’inflazione porta a un aumento della pressione fiscale, anche se il reddito reale (cioè il potere d’acquisto) rimane lo stesso o diminuisce. Questo accade perché le fasce di reddito e le aliquote fiscali non vengono adeguate all’inflazione. Con un reddito nominale invariato è evidente che si pagano le stesse tasse anche se l’inflazione ha ridotto il potere d’acquisto e quindi il reddito reale: con i soldi che guadagno posso comprare meno, ma le tasse che pago rimangono le stesse. Se, invece, si ottiene un aumento dello stipendio che fa recuperare il potere d’acquisto, posso comprare la stessa quantità di merci e servizi, ma finisco per pagare più tasse, e spesso in percentuale maggiore sul reddito quando scatta lo scaglione successivo ma le tasse che pago rimangono le stesse. Se, invece, si ottiene un aumento dello stipendio che fa recuperare il potere d’acquisto, posso comprare la stessa quantità di merci e servizi, ma finisco per pagare più tasse, e spesso in percentuale maggiore sul reddito quando scatta lo scaglione successivo. Secondo le stime nel 2022 quando l’inflazione era al 9%, lo Stato ha incassato gettito derivante da fiscal drag per circa 14 miliardi, di cui 9 da contribuenti con lavoro dipendente prevalente e 3,9 miliardi dai pensionati.
Ogni immobilismo è complicità : forza e coraggio contro l'antisemitismo
Alessandra SERVIDORI
Per contrastare la violenza che in questo periodo viviamo ripropongo un passaggio della Carta delle Buone prassi per il rispetto della libertà di religione e di culto nei luoghi di lavoro. IN questa stagione di antisemitismo nelle università che trovo incivile può essere assolutamente utile conoscerla e divulgarla.
Carta delle buone Prassi per il Rispetto della Libertà di Religione e di Culto nei Luoghi di Lavoro. Le evidenze raccolte dagli autori- Prof.Pacillo e Proff Hussen mostrano chiaramente che l’inclusione delle identità religiose nelle politiche di diversità può migliorare sia la soddisfazione dei lavoratori che la coesione sociale all’interno dell’organizzazione, elementi cruciali per lo sviluppo di ambienti lavorativi sani e produttivi. Una Carta delle buone Prassi delinea linee guida concrete su come le aziende possano creare spazi sicuri per l’espressione della propria identità religiosa, evitando che la mancanza di attenzione a queste tematiche influisca negativamente sulle performance dei dipendenti e sul clima organizzativo. 3. La tutela della libertà religiosa nei rapporti di lavoro in Italia si fonda prima di tutto su una serie di disposizioni che vietano ogni forma di discriminazione legata alle convinzioni religiose, sia durante il rapporto di lavoro che nella fase preassuntiva. Questo principio, che ha radici profonde, viene espresso per la prima volta in modo chiaro con l’art. 4 della Legge 15 luglio 1966 n. 604, che stabilisce la nullità di qualsiasi licenziamento motivato dalle convinzioni religiose del lavoratore. Successivamente, la Legge 11 maggio 1990 n. 108 ha rafforzato questa protezione, prevedendo l’invalidità del licenziamento per motivi religiosi, indipendentemente dalle giustificazioni addotte dal datore di lavoro. Il concetto di “fede religiosa” include tutte le possibili posizioni ideologiche del dipendente, non limitandosi solo all’appartenenza a un gruppo religioso ma estendendosi anche a qualsiasi posizione ideologica contraria o diversa rispetto a una particolare dottrina religiosa. Questa ampia interpretazione apre una serie di questioni relative alla situazione delle cosiddette “organizzazioni di tendenza”, ovvero imprese o enti che perseguono finalità ideologiche o religiose. Per queste organizzazioni, la discriminazione religiosa potrebbe assumere sfumature differenti, poiché l’ideologia che esse promuovono può, in alcuni casi, legittimare determinati comportamenti che altrove sarebbero considerati discriminatori. Tuttavia, tale legittimità è soggetta a una rigorosa valutazione e non può tradursi in una limitazione arbitraria della libertà del lavoratore.
Disabilita' e impegno nel Comitato interministeriale diritti umaniDU
Alessandra Servidori Disabilità e impegno nel CIDU
Impegnarsi nel Cidu significa applicare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, un trattato internazionale vincolante che riconosce e promuove i diritti delle persone con disabilità, definendole come coloro che hanno menomazioni a lungo termine che, in interazione con barriere, ostacolano la loro piena partecipazione nella società. L'Italia ha ratificato questa convenzione nel 2009. CIDU promuove l'inclusione, l'uguaglianza di opportunità e l'autonomia, cambiando il paradigma da un approccio medico a un approccio sociale basato sui diritti umani, e sono notevoli le più recenti attività del Comitato anche in considerazione della candidatura dell’Italia al Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite per il triennio 2026-2028.Il 30 giugno abbiamo terminato e pubblicato l’Adozione in via definitiva del rapporto della Revisione Periodica Universale dell’Italia Al quale sono seguiti in ordine temporale il PAN Piano di azione Piano nazionale giovani, donne pace e sicurezza il Piano di recentissima predisposizione che deve essere ancora pubblicato su OHCHR | RIS. CDU 58/29 “COMBATTERE INTOLLERANZA SULLA BASE DELLA RELIGIONE O DEL CREDO e molto importante il Piano su Imprese e diritti.Condividere con Istituzioni , associazioni e società civile testi di proposte e di percorsi per attuarle è compito complesso fortemente interdisciplinare e comporta una conoscenza delle norme e approfonditamente le concrete iniziative ,l’ultima delle quali nel combattere le intolleranze deve fare i conti con la situazione politica in cui ci troviamo e con la coerenza che come paese siamo chiamati a rilanciare . Ogni ministero e ogni organismo deve innestare nelle proposte che hanno una taratura antidiscriminatoria una coincidenza con la comparazione sociale ed economica che la disabilità ha nelle politiche appunto dal punto lavoristico, sociale, sanitario ,economico per poter realizzare in impegni concreti la piena partecipazione nella società per le persone disabili. Dunque mettere a terra come si usa dire oggi i progetti comporta di adottare metodologia per coordinare le proposte , indicarne le azioni concrete che permette una valutazione olistica che connette l'effetto fiscale e il sostegno al reddito con la tutela dei diritti, in particolare quelli sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD).La situazione a livello nazionale e internazionale è ancora molto delicata. Passi in avanti ne sono stati fatti sicuramente ma l'inclusione effettiva (de facto) è ancora compromessa. Per quanto riguarda i giovani la mancanza di continuità didattica annulla l'efficacia del Progetto Educativo Individualizzato (PEI), che è il cuore dell'obbligo di accomodamento ragionevole. Il LEP Assistenza si concentra sull'assistenza non docente e sulla comunicazione, ma senza un robusto piano di investimenti pubblici e magari con una forte sussidiarietà del privato per l'eliminazione delle barriere fisiche e la stabilizzazione del personale specializzato, il diritto all'inclusione scolastica rimane una promessa legale non supportata dalla realtà infrastrutturale e di capitale umano. ll Diritto al Lavoro e la deistituzionalizzazione ,il ruolo e il sostegno del Caregiver e il Progetto di Vita sono strumenti che favoriscono l'applicazione della CRPD (vivere in modo indipendente), prerequisito per l'occupazione. Garantendo supporto strutturale alla cura in ambito comunitario, si riduce la dipendenza dall'istituzionalizzazione. Per quanto riguarda il lavoro la CRPD , le politiche attive come il Programma GOL e il SIISL devono essere integrate con meccanismi espliciti e finanziati per l'identificazione e la fornitura di piani individualizzati. La CRPD respinge esplicitamente le forme di lavoro segregato, come gli sheltered workshops, come non conformi e l'efficacia del SIISL nel promuovere l'occupazione delle persone con disabilità dipenderà dalla sua capacità di garantire l'accesso al mercato del lavoro aperto e non segregato. Dunque ancora tanto impegno dalla parte delle persone disabili e per le loro famiglie e la dimensione internazionale ci può aiutare.
cambiare la leadership...... significa
Alessandra Servidori pubblicato su www.startmag.it 18 ottobre 2025
Cambiare la leadership dei leader della guerra in medio oriente. Il Cardinale Pizzaballa si è pronunciato sulla situazione tra Israele e Palestina .riflessioni Servidori
La guerra in medio oriente ha un aspetto talmente globale che non ci si può permettere di pensare solo ad un cambio di leadership del capo di Hamas e Netanyahu perché il ritorno della guerra in Europa e con essa la crisi energetica dell’inflazione, dei tassi di interesse, delle disuguaglianze ha coinvolto pesantemente il conflitto israelo-palestinese modificato anche dalla nuova stagione trumpista segnata dalla guerra dei dazi,dal tentativo ancora in corso di delegittimare il pensiero liberal delle università americane e dalla minaccia ormai resasi evidente del ritiro della difesa americana dal sistema mondiale . E tutto questo dopo l’orrido 7 ottobre del 2023 in cui è bene riaffermarlo l’aggredito è stato Israele e l’aggressore Hamas e prima di questo inferno l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia . E dietro a queste cd leadership ci sono dei popoli in balia dei potenti , massacrati spesso talmente indeboliti da non poter neanche avere la forza di reagire che sono strumentalizzati da chi il potere lo gestisce e da tribu’ di terroristi . Dunque sostituire con altri al posto di Zelensky e Putin o di Abd al-Aziz al-Rantissi e Netanyahu ciò richiede non solo tempo ma anche etica,visione,coerenza e una responsabilità intergenerazionale che ha la capacità di guardare al futuro e tiene conto dell’effetto che le scelte di oggi avranno sulle generazioni che verranno con il rischio e il coraggio di trasformare,innovare,cambiare paradigma in modo che questa missione diventi parte integrante del valore dei popoli coinvolti . Un progetto politico,sociale ed economico equilibrato e non di un singolo ma di una uniformità di donne e uomini motivati a innovare le regole in una situazione sociale assolutamente diversa, significa rafforzare e trasmettere un messaggio potente che favorisce la ricerca di una cultura di appartenenza, della costruzione ,certo delicata e complicata, di una causa nobile capace di affrontare le sfide per il bene sociale ed economico del paese riconoscendo il valore di un impegno che contribuisce al progresso umano . Per quel che mi riguarda difendere gli israeliani e gli ebrei e gli ucraini nel mondo significa difendere noi stessi ,l’occidente e i nostri valori e spesso questi popoli sono da soli e da soli con alleanze spesso spurghe combattono per esistere . Dunque c’è bisogno anche e soprattutto in Italia prima di pensare a sostituire le leadership denunciare e confrontarsi sui rischi che corrono le democrazie liberali e le ambiguità delle loro leadership politiche nel sostenere sia Israele che l’Ucraina non lasciandoli da soli ad affrontare i loro nemici ,nemici delle libertà delle donne dei bambini della dignità delle persone dei diritti civili. Per fare un esempio pratico come componente del CIDU (Comitato interministeriale Diritti Umani) è necessario lealmente responsabilizzarsi su come Paese e dunque Comitato in relazione alla richiesta di contributi con la quale l’Alto commissario per i diritti Umani sulla base della Risoluzione del Consiglio n.58/29 “ Combattere intolleranza ,stereotipi negativi, stigmatizzazione, discriminazione,incitamento alla violenza contro le persone ,sulla base della religione o del credo “,invita gli stati Membri e dunque anche l’Italia a fornire elementi in vista della predisposizione di un rapporto che sarà presentato in occasione della 61ma sessione del CIDU (febbraio -aprile 2026) Questa occasione ci permetterà di assumerci delle responsabilità concrete e ci misureremo sulla volontà di difendere concretamente i nostri valori. E questa è oggi, più utile che mai, anche l’occasione per divulgare coerentemente come ci siamo impegnati la Strategia per combattere l’antisemitismo che è uno strumento al quale abbiamo lavorato in un Comitato che si è trovato a sviluppare in un momento tragico una missione che ha nelle università nelle scuole, tra una società spesso invasa da ideologie antistoriche ,una veemenza riemersa dai periodi più bui della storia e che ci chiama a contrastare con buonsenso e sulla base di un progetto condiviso questo abominio con la forza della ragione e del coraggio, senza paura.
Legge di bilancio 2026 aspettando il testo.....
LEGGE DI BILANCIO - Aspettando il testo...... pensieri scritti da F.A.C.
Il Caregiver Familiare alla prova della legge di bilancio 2026
In un'Italia che affronta una profonda trasformazione demografica, il ridisegno delle politiche per la disabilità e la non autosufficienza rappresenta una scelta strategica, la cui visione si confronta ora con la prova più decisiva: quella della sostenibilità finanziaria. Le riforme avviate in via sperimentale dal 1° gennaio 2025 segnano un'evoluzione culturale ambiziosa, ma si inseriscono in un quadro macroeconomico segnato da una crescita contenuta e da un debito pubblico la cui traiettoria è vincolata dall'eredità di ingenti spese fiscali passate, che superano i 100 miliardi di euro annui. In questo contesto, ogni nuovo impegno di spesa richiede un'attenta ponderazione, e l'effettiva portata del cambiamento potrà essere misurata solo attendendo i numeri, nero su bianco, della legge di bilancio per il 2026 che sarà presentata nei prossimi giorni. Il vero banco di prova di questo nuovo impianto di welfare sarà la capacità di dare risposte concrete e strutturali alla questione dei caregiver familiari. Il Documento Programmatico di Bilancio presentato al Consiglio dei Ministri lo scorso 14 ottobre, indica l'intenzione di finanziare una riforma del loro ruolo di cura e assistenza, ma la sfida è trasformare questa enunciazione in una soluzione stabile e adeguatamente finanziata. Sostenere chi assiste non è solo un imperativo di equità sociale, ma una necessità economica. I dati INPS evidenziano come i carichi di cura impattino in modo sproporzionato sulle traiettorie lavorative delle donne, con un peggioramento retributivo che si accentua a ogni nuova nascita e una probabilità di abbandono del lavoro che, nel settore privato, raggiunge il 20% dopo il primo figlio. Una politica strutturale per i caregiver familiari, quindi, non è un costo, ma un investimento per la parità di genere e la partecipazione al mercato del lavoro, leve fondamentali per contrastare le pressioni demografiche evidenziate anche dall'OCSE. In controluce restano le pur importanti riforme sulla disabilità e la non autosufficienza, con l'introduzione di un procedimento di valutazione unificato e la centralità del "progetto di vita". Queste innovazioni, che mirano a superare la frammentazione e a porre la persona al centro, richiederanno a loro volta risorse adeguate per non rimanere sulla carta. L'investimento sociale per l'inclusione è strategico, ma deve fare i conti con un bilancio pubblico dove la spesa per interessi è prevista in aumento fino al 4,3% del PIL nel 2028 e dove le proiezioni demografiche dell'OCSE indicano un inevitabile aumento della spesa pensionistica e sanitaria. Il percorso tracciato è lodevole, ma un cauto realismo è d'obbligo. Il successo di questo nuovo modello di welfare non dipenderà solo dalla bontà del suo disegno, ma dalla capacità di allocare, nella prossima legge di bilancio, risorse adeguate e sostenibili nel tempo, dimostrando che l'inclusione non è una voce di spesa da comprimere, ma una priorità irrinunciabile per il futuro del Paese.
Francesco Alberto Comellini -Componente del Comitato Tecnico Scientifico--Osservatorio Permanente sulla Disabilità - OSPERDI ETS
Sono cittadina e non suddita a fianco delle comunità ebraiche
Alessandra Servidori
https://www.startmag.it/mondo/ebre-antisemitismo-servidori/
Sono cittadina di Bologna e non suddita di Lepore e sono al fianco delle comunità ebraiche
Siamo in piena barbarie nella mia bella città e in troppe città italiane. Oggi pomeriggio in Consiglio Comunale Lepore sindaco ormai divenuto dittatore senza limite, ha ricevuto e premiato a Bologna questa Francesca Albanese eroina blasfema insieme alla portavoce di quelle barche che hanno sfidato la guerra e che vaneggiano con troppa condiscendenza dell’informazione che mi fa vegognare di cd “colleghi” iscritti all’ordine dei giornalisti. Albanese dopo aver offeso il sindaco di Reggio Emilia con una clak di docenti indecenti, che fomentano l’ideologia ipocrita di finti amici della pace ed evidenti rabbiosi antisemiti, predica ana accondiscendenza verso il terrorismo con una opposizione anticostituzionale nauseabonda con una platea di persone sempre più amica di Hamas. La cialtroneria demagogica antisionista e antisemita pervade drammaticamente i vari cortei che portano alla guerriglia che non è mai né piccola né grande come raccontano i mas media. La caccia all’ebreo e il fuoco con scritte inammissibili, l’occupazione violenta delle scuole e delle università con le bastonature ai docenti e il benestare codardo di rettori irresponsabili con manipolazione del genocidio che mai viene invocato per la popolazione ucraina ma viene usato contro le vittime della shoah, è indecente e porta lo striscione della guerra a fianco ai terroristi del 7 ottobre che sfilano nelle strade mettendo il territorio a ferro e fuoco. Menzogne riportate quotidianamente in troppe tv e giornali cala sulla notte della pace e sicuramente contrasta il Piano Trump e un accordo sempre più difficile e si cerca(?) l’unità nazionale aizzando il fuoco del dissenso contro il Governo Meloni e l’opposizione sbraita in ogni occasione e ci si chiede se questa accozzaglia di campo minato di estrema sinistra può ancora essere il partito del Capo dello Stato Mattarella. Essere lucidi serve : il Piano di pacificazione e stabilità per Gaza fondato sulla liberazione degli ostaggi e la resa di Hamas è plasticamente una vittoria di Israele su ben sette fronti di guerra aperti contro il suo diritto di esistere in pace e sicurezza e il pd non può continuare a scegliere la deriva dei falsi pacifisti perché toglierebbe la dignità politica a quel partito che nella storia italiana ha avuto un ruolo fondamentale e che è già moralmente sul baratro della opposizione costituzionale. E come componente del Gruppo che siede a Palazzo Ghigi per promuovere la Strategia sull’antisemitismo che ha visto una composizione interistituzionale e associativa straordinaria affermo senza nessuna timore che le colpe dei padri non si possono riversare sui figli e dunque l’odio verso Israele è degenerato sul popolo ebreo con effetti intollerabili che sconvolgono la storia dell’identità ebraica che non ha nessuna colpa e che sottopongono le comunità a barbarie già sfociate in persecuzioni di memoria aberrante: combattere le assimilazioni opportunistiche significa difendere e rilanciare con forza la storia millenaria della cultura della gente ebrea. In tutti i modi possibili, senza temere l’ignoranza coatta .
Antisemitismo volgare e antistorico : avanti con la storia e la verità
Alessandra Servidori
Di questa pattuglia di barchette che sfidano la sicurezza del nostro Paese non voglio parlare se non per dire che neanche la posizione e la raccomandazione del Capo dello Stato- che comunque li ha onorati- è servito per eliminare quella azione politica di presunzione strumentale che portano avanti. Ancora oggi con più rabbia contro il Governo Meloni che conferma la sua stabilità e il buonsenso. LA PROPAGANDA politica informativa su Gaza al di là del forse possibile accordo in corso, ha massacrato il popolo ebraico e la storia degli israeliani. Un antisemitismo feroce manipolato dall'informazione offusca ancora oggi la verità che è invece ovvia che lo scoppio della pace alle condizioni date dipende dalla tenacia di Israele dalla pressione militare per distruggere il male assoluto che ha scatenato Hamas il 7 ottobre, accerchiandolo per renderlo impotente, Israele ha sempre trattato mediato in questi due anni contro un nemico implacabile che ha usato i palestinesi come scudo umano e se la pace verrà avviata sarà anche perchè è stata fatta una solida autodifesa di Israele comunità politica popolo Stato governo. Questo si.Il Governo Italiano ha tenuto l'unica posizione corretta nella fuga in avanti di alcuni paesi per ciò che riguarda il riconoscimento della Palestina cioè di uno Stato che non esiste e che per crearne le condizioni si deve favorire una leader palestinese coerente e un territorio contiguo e allontanare Hamas dalla sua devastante terroristica predatoria.Non possiamo permettere l'orrore degli jihadisti di indottrinare altre generazioni non solo di palestinesi perchè lo scopo nella vita è di sradicare annientare gli ebrei.Ad Hamas il riconoscimento dello Stato di Palestina è un riconoscimento del suo barbarico macello del 7 ottobre continuato nella devastante esibizione degli ostaggi e il potere della folla musulmana e filo palestinese che marcia anche nella nostra Italia con la kefiah d'ordinanza scontrandosi con le forze dell'ordine vuole sostituire il potere democratico.L'estrema sinistra e anche l'estrema destra usa il vittimismo come una clava e si affiancano al Samidoun organizzazione terroristica che prolifera negli Stati Uniti,Canada, Paesi Bassi,Germania e anche Israele , indottrina bambini e persone ignoranti in una propaganda anticoloniale e antisemita creando violenza paura isolamento aggressione e grazie ai social network scatenano le folle e sopratutto le giovani generazioni . Il Governo Italiano ha prodotto le linee guida per una Strategia contro l'antisemitismo che siamo impegnati a sviluppare e che in questo preciso momento per chi come scrive l'impegno è nelle Università e tra i giovani, è un lavoro di coraggio e tenacia perchè le Accademie sono proprio i luoghi dell'antisemitismo più violento e intollerabile fagocitati dai collettivi islamisti penetrati nei gruppi studenteschi.Il capovolgimento della storia ha trasformato lo Stato di Israele nato dal genocidio degli ebrei e sopratutto dalla volontà delle Nazioni Unite : creato nel 1948 oggi lo hanno trasformato in uno stato nazista stigmatizzandolo e sopratutto isolando violentemente gli ebrei, e la pace si allontana inesorabilmente. Alle condizioni date riconoscere oggi lo Stato di Palestina significa isolare Israele. Dunque avanti nella opera di informazione di ricordo della storia vera di restituire al popolo la verità.
KIEV e ISRAELE : avere il coraggio di dire la verità
Alessandra Servidori KIEV e ISRAELE avere il coraggio di dire la mia verità
E’ domenica ho la vitalità dei miei nipoti che riempiono le stanze e sento la necessità di andare oltre alla definizione di “cretinetti” che ho dato a quella quarantina di imbarcazioni irragionevoli che giocano a fare gli eroi. Ma di loro non voglio occuparmi e neanche dei loro sostenitori che reputo irresponsabili ma devo mettere in fila i miei sentimenti, anche perché è bene avere il coraggio di affermare la mia libertà di pensiero e parola. La politica è una cosa seria e purtroppo la mia bell’Italia si emoziona solo spesso per il campionato di calcio. Sulla questione Israele Palestina si sono formate due tifoserie che escludono a priori che ci possano essere ragioni e torti da entrambe le parti : se è giusto, anzi sacrosanto, pretendere l’eliminazione di Hamas da ogni forma di presenza, tanto più di governo, in Palestina, perché è la precondizione per stabilizzare la regione mediorientale, a sua volta fatto essenziale per fortificare gli equilibri geostrategici mondiali, altrettanto è grave che Nethaniau capo di Israele con ancora l’appoggio a maggioranza del suo governo , abbia scelto una linea che si è tradotta nel massacro di Gaza. Hamas non è un esercito contro cui combattere, è una potente struttura terroristica che si è dato ben 790 novanta chilometri di sotterranei con la chiara condivisione della popolazione che ora dice di rappresentare e difendere come uno scudo umano. Non rilasciare gli ostaggi israeliani del 7 ottobre dopo 3 anni dall’attentato significa far pagare un prezzo altissimo proprio ai palestinesi,a Gaza, e altrettanto in Cisgiordania. E’ un odio razziale verso i palestinesi in generale, senza distinzione tra civili e terroristi. Dal febbraio 2024 mi impegno nella divulgazione della Strategia nazionale contro l’antisemitismo e tutta questa guerra finisce per alimentare la diffusione di un inaccettabile odio antisemita, di cui ne è un esempio la scia di violenza scatenata da frange di facinorosi nelle manifestazioni italiane per Gaza, che pur pacifiche avevano però il torto di scandire slogan solo contro Netanyahu senza spendere una parola su Hamas e il suo criminale uso strumentale dei palestinesi. La situazione è terribilmente complessa, come dimostra il fatto che la soluzione della comunità internazionale resta sempre la stessa – 2 popoli, 2 Stati – dopo decenni di fallimenti e veti incrociati e agli ignoranti delle due tifoserie è bene ricordare che fu la stessa Israele a finanziare Hamas, favorendone la vittoria nella Striscia sulla più moderata ANP (ex OLP), proprio per scongiurare il pericolo di uno stato palestinese unitario. E adesso che Netanyahu vuole annientare definitivamente Hamas -ricordandoci che questo contingente terrorista è a capo degli assassini di Israele da cui per decenni si è dovuta difendere- non si capisce come possa accettare la nascita di uno stato arabo ai suoi confini, tra l’altro tutti da definire .Bisogna avere come Italia ed Europa la consapevolezza ad occuparci anche del fronte mediorientale oltre che di quello russo-ucraino per cui qui in Italia non si vedono le masse mobilitate pro Ucraina e non ci si preoccupa se non sporadicamente del genocidio che lo Zar Putin sta compiendo : dobbiamo cercare una soluzione per l’intera regione che recuperi l’essenza dei “patti di Abramo” e che nello specifico israelo-palestinese vada oltre lo schematismo ormai consunto della formula 2 popoli, 2 Stati che in questo momento, dobbiamo essere onesti, alle condizioni date è irrealizzabile.. Per questo ci vuole il coraggio di cercare e muoversi con gli alleati che condividono una soluzione ragionevole e creare due Europe lasciando al loro destino chi fa ostruzionismo e politicamente scorretto non vuole la pace ma solo l’arrembaggio perpetuo come vediamo esercitare i 2 fenomeni che attualmente si dividono con arroganza le sorti del mondo. I superstiti di Gaza insieme ai disperati ostaggi, torturati, sottoposti a crudeltà perpetuate del maledetto 7 ottobre devono poter contare su una autorità indipendente con i paesi arabi alla testa e la protezione concreta delle Nazioni Unite. E invece niente viviamo una isteria collettiva disgustosa nell’aula magna dell’Onu che chiaramente non si impegna a trovare una soluzione politica e militare ma a far spettacolo senza voler ricordare le immagini barbariche del 7 ottobre con un Iran che padroneggia i cd diritti umani e controlla un’ aula vergognosamente antisemita . Addossare a Israele le sofferenze procurate a Gaza è la mentalità di Hamas ,che è evidente ha troppi sodali nel mondo, programmando e teorizzando e applicando lo jiadismo nascondendosi sotto terra e lasciando il popolo palestinese come scudo umano.Israele non accetta giustamente uno Stato del terrorismo e non ha permesso ad Hamas di governare insieme agli Hezbollah e Assad : è chiaro che in molti hanno perso o non hanno mai avuto il segno etico della storia che farà parte di quella che sarà scritta nei libri e che ci auguriamo una volta finita questa guerraa sia insegnata correttamente ai nostri piccoli italiani perché non si ripeta l’orrore idolatrico dell’isteria contro il coraggio di un popolo. Israeliano o Ucraino che sia.Qui in Italia poi la strumentalizzazione che si consuma per affossare un governo legittimo è patetica e quella sì inconcepibile e i filo putinisti non sono degni di esseri chiamati opposizione in una democrazia parlamentare perché usano strumenti di delegittimazione verso il capo del Governo rabbiosi e francamente talmente sfacciati di cui vergognarsi.
Benessere Organizzativo nella PA
Benessere Organizzativo nella PA -
Francesco Comellini Osperdi
Entro il 30 settembre tutte le Pubbliche Amministrazioni sottoporranno ai loro dipendenti un questionario sul benessere organizzativo. Un passo importante per capire come cambia e come è percepita la PA dal suo interno. Tuttavia il modello di questionario ad avviso di chi scrive, presenta la necessità di un adeguamento. Prima di esplorare insieme come possiamo migliorare il nostro questionario sul benessere organizzativo, è utile ricordare di cosa si tratta. Questo strumento, fondamentale per le Pubbliche Amministrazioni, si basa su un modello unico predisposto dall'ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), in attuazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2009. Le amministrazioni sono tenute a somministrarlo con cadenza annuale ai propri dipendenti, in tempi utili per poter analizzare i risultati all'interno della Relazione sulla Performance.
È opportuno però aggiornare il quadro di riferimento: il panorama legislativo è infatti cambiato, trasformando la rilevazione da adempimento formale a scelta strategica. L'obbligo di somministrazione annuale previsto dal D.Lgs. 150/2009 è stato abrogato dal D.P.R. 105/2016. Resta invece immutato il dovere generale delle PA di garantire il benessere organizzativo , rendendo il questionario uno strumento di buona pratica volontaria, non più un obbligo prescrittivo.
Detto questo, l'obiettivo che ci poniamo oggi è avviare una riflessione condivisa per trasformare questo strumento, facendolo evolvere da una semplice fotografia della situazione attuale a un vero e proprio motore di cambiamento per un ambiente di lavoro più equo, moderno e inclusivo. Si tratta di un'opportunità per passare dalla misurazione della sicurezza percepita alla verifica della sicurezza garantita per tutti. Invece di basarci su percezioni soggettive, si potrebbe rendere le domande più concrete e ancorate ai precisi obblighi di legge, verificando ad esempio se i gli spazi degli uffici pubblici sono realmente privi di barriere architettoniche e se le procedure di emergenza sono state pensate per essere accessibili e sicure per tutti. Questo permetterebbe di compiere un passo fondamentale: superare il concetto di non-discriminazione per abbracciare pienamente quello di inclusione attiva. La normativa più recente, in particolare con il Decreto Legislativo 62/2024, che introduce una nuova definizione della condizione di disabilità, un nuovo sistema di valutazione di base, e il progetto di Vita individuale, personalizzato e partecipato per le persone con disabilità,
invita ad assumere un ruolo proattivo. Si potrebbe quindi arricchire il questionario con domande che verifichino se tutti i dipendenti conoscono e possono accedere facilmente agli "accomodamenti ragionevoli", come ausili tecnologici o flessibilità oraria, che non sono un favore ma un diritto. In questa stessa ottica, andrebbe introdotta una domanda specifica per comprendere e sostenere meglio i caregiver familiari, assicurando che il loro impegno di cura non diventi mai causa di discriminazione, neanche indiretta. Questo nuovo approccio ci porta a riconsiderare anche la flessibilità e la conciliazione non più come generici benefit, ma come diritti soggettivi. Il lavoro agile, ad esempio, è uno strumento fondamentale di accomodamento ragionevole per un lavoratore con disabilità e un diritto per i caregiver familiari secondo il D.Lgs. 105/2022, relativo all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare. Le nuove domande aiuteranno a capire se, mettendosi nei panni dei dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni, si stiano garantendo questi diritti in modo effettivo, promuovendo al contempo una maggiore equità nella carriera e nella valutazione. È essenziale assicurare che le opportunità di formazione siano realmente accessibili a tutti, con orari flessibili o supporti didattici adeguati, e che il sistema di valutazione sia equo, premiando i risultati senza penalizzare chi usufruisce dei permessi previsti dalla Legge 104/92, la legge quadro in Italia dedicata alla tutela delle persone con disabilità, promuovendone l'integrazione sociale, l'autonomia e i diritti in vari ambiti, come la scuola e il lavoro. Per realizzare tutto questo, il ruolo del dirigente è cruciale. Per questo si propone di aggiornare il lessico del questionario, passando dal termine colloquiale "capo" al più formale e appropriato "dirigente", e di spostare il focus della valutazione dalla sua generica "sensibilità" alle sue competenze gestionali e giuridiche. Un manager moderno deve conoscere gli strumenti di inclusione, essere proattivo nel proporre soluzioni e applicare i criteri di valutazione in modo equo. Infine, per dare concretezza a questo percorso, è fondamentale compiere il passo più importante: dare voce a chi oggi non ne ha. La lacuna più evidente del questionario attuale è l'assenza di dati che permettano di comprendere le esigenze specifiche dei dipendenti pubblici con disabilità o che siano caregiver familiari. Aggiungendo una sezione, con domande facoltative e completamente anonime, si potrebbe finalmente avere un quadro reale della nostra comunità dei dipendenti pubblici, sviluppando politiche di benessere mirate ed efficaci, nel pieno rispetto della privacy di ciascuno. Questo non è solo un aggiornamento che ci sentiamo di proporre, ma un investimento sul nostro futuro per un’organizzazione più giusta, efficiente e capace di valorizzare ogni singola persona.
Quale lavoro...... per lo sviluppo del nostro paese
Alessandra Servidori
Le politiche aziendali soffrono di mancanza di figure professionali di livello intermedio(operai specializzati ) che gli over 50 hanno e di figure professionali ad alta specializzazione stem che non rispondono all’offerta di lavoro. I ministri istruzione e formazione università e ricerca hanno un programma di filiera formativa robusta di bilanciamento tra formazione e lavoro che avrà un impatto notevole ma che parte da una verità : giovani italiani che ogni anno si spostano all’estero, per continuare gli studi o per cercare lavoro in un altro Paese, erano 21 mila nel 2010, sono stati oltre 91.400 lo scorso anno. Non lasciano l’Italia perché non trovano lavoro, lavori se ne trovano, parecchi, ma sono lavori sempre più poveri. Tanti giovani emigrano alla ricerca, innanzitutto, di salari migliori e le tematiche legate al lavoro giovanile e alla transizione tra generazioni, evidenziano la scarsa propensione delle imprese a promuovere il passaggio di competenze tra lavoratori anziani e giovani. La digitalizzazione delle PMI impone un ripensamento del ricambio generazionale, con una possibile sostituzione di lavoratori anziani con i più giovani ma preparati , ma soprattutto un'urgenza nel valorizzare le competenze degli over 50 , ora che possono insegnare in azienda il lavoro concreto ai giovani. L’incapacità dei salari di tenere il passo con l’inflazione dipende in gran parte da come funzionano i nostri contratti di lavoro. L’Italia è fatta di micro-imprese, oltre 4 milioni di aziende hanno meno di 10 addetti. Nessuna di queste imprese può permettersi un contratto aziendale di secondo livello, per sua natura più flessibile: per loro esiste solo il contratto collettivo nazionale di settore. I contratti nazionali sono negoziati, per il settore privato fra Confindustria e sindacato, per il settore pubblico fra sindacato e Aran, un’Agenzia dello Stato. Il problema è che questi contratti non vengono mai rinnovati a scadenza, o vicino alla loro scadenza. Dunque rinnovare subito i contratti e i salari- Dobbiamo chiederci se l’occupazione povera aiuta la produttività del Paese e la formazione di un capitale umano che poi alla prima occasione non emigri. Dunque formazione tramite i vari fondi UE che abbiamo a disposizione che sono parecchi .Dobbiamo tenere in equilibrio i salari, attrarre capitale umano nell’industria e così aumentare la produttività e la competitività. Siamo consapevoli della Bassa produttività, elevato debito pubblico, disoccupazione giovanile, ancora troppa disoccupazione femminile, scarsa digitalizzazione, disparità territoriali tra Nord e Sud. Sono questi alcuni dei problemi che l’Italia si trova ad affrontare, mentre gli equilibri mondiali sono sempre più precari e il ruolo dell’Europa rischia di essere sempre più marginale. In questo quadro di incertezza socio-economica il Pnrr rappresenta un’opportunità storica irripetibile, di cui è necessario cogliere la portata, D’ora in poi per stare in piedi l’Europa avrà bisogno di tanti Pnrr: per la difesa, per l’immigrazione, per le politiche industriali e occupazionali. Tutte queste cose o si fanno con decisioni e soldi in comune o non c’è nessun Paese che può farlo da solo. Dobbiamo costruire un’economia paziente, circolare e basata su innovazione, competenze, formazione/ lavoro e politica industriale, che organizzi e dia forza a tutte quelle energie inespresse per evitare una polverizzazione delle competenze in un Paese sempre più piccolo e sempre più vecchio. Abbiamo bisogno di non disperdere il capitale umano, siamo il terzo Paese al mondo che ne perde di più fra i ragazzi con il fenomeno dei Neet (Not [engaged] in Education, Employment or Training, cioè che non studiano, non lavorano e non si formano, Abbiamo bisogno di competenze a tutti i livelli. Mentre infuria la battaglia delle grandi competizioni sistemiche, noi abbiamo un valore che si è perso e dobbiamo rivitalizzarlo perché ci permetterà di fare la nostra parte e permettere di fare le transizioni necessarie, migliorando la qualità della nostra vita. Noi dobbiamo sostenere lo sforzo del Pnrr e accompagnarlo con delle politiche che mettano insieme soggetti privati e pubblici, che facciano dei patti e che si diano degli obiettivi per aiutare i produttori di reddito e valorizzare il lavoro di cui abbiamo bisogno. A patto che sia lavoro di qualità. Se non lo è, avremo da una parte dei lavoratori qualificati che vengono rubati da un’azienda all’altra perché c’è un mismatch tra quello che si chiede e quello che è disponibile, e dall’altra lavoro degradato. Ridisegnare il lavoro deve diventare una priorità, per poter dare vita e spazio al Pnrr.Solo per essere chiara e in prossimità della legge finanziaria una questione : i bonus sono un benefit a tempo e sempre e solo legati alle spese annuali.La carta per la famiglia è un aiuto ma si attesta ancora sull’isee ed è un bonus, non è strutturale ma sappiamo bene che abbiamo da realizzare una riforma strutturale della riforma del welfare che comporta la revisione della politica fiscale prima di tutto.
Finanza UE : svegliamoci !!!
ALESSANDRA SERVIDORI FINANZA UE :svegliamoci
RIUNIONE BCE I parametri chiave sui livelli patrimoniali e sui dati di bilancio, combinati con una gestione sana e una vigilanza efficace, restano gli strumenti principali da utilizzare di fronte al quadro di continui cambiamenti del sistema finanziario, in cui in Europa spicca la forte crescita della finanza non bancaria. Lo ha affermato il 3 settembre la Presidente della Banca centrale europea (BCE) e dello European Systemic Risk Board (ESRB), Christine Lagarde, apertura della conferenza annuale ESRB.
Il mondo è cambiato. Il settore non bancario europeo è cresciuto rapidamente. E ora, in termini relativi, è più grande di quello degli Stati Uniti, corrispondendo a 3,8 volte il PIL rispetto a 3,1 volte negli Usa", ha detto Lagarde. Al tempo stesso le attività delle banche tradizionali sono collegate alla finanza non bancaria e, in maniera crescente, ai nuovi arrivati nel comparto, come le piattaforme Fintech. "Il legame tra le banche e le istituzioni finanziarie non bancarie è arrivato al punto in cui la vecchia distinzione concettuale non è più uno strumento utile", ha proseguito. Per questo, per discernere quello che accade nella finanza rispetto alla complessità dei nuovi fattori e operatori presenti bisogna utilizzare due strumenti ampiamente sperimentati. Il primo è che per quanto possano sembrare nuove le attività finanziarie, sono quasi sempre variazioni di funzioni di lunga data come il risparmio, il prestito, l'investire e la condivisione di rischi. E quindi gli strumenti per monitorarle sono quelli dei livelli patrimoniali, dei margini di liquidità, della sicurezza dei dati e delle infrastrutture. La seconda altra costante è rappresentata dalla importanza della adeguatezza della gestione dei rischi e della vigilanza. "Questi principi funzionano meglio quando vengono stabiliti a livello globale", ha rilevato Lagarde. Il Segretario Generale di FeBAF, Pierfrancesco Gaggi – settore bancario internazionale – ha posto l’accento su alcune priorità strategiche condivise a livello europeo e sulle quali la partnership pubblico-privato (PPP) è indispensabile. Tra di esse, la protezione dai rischi catastrofali, con riferimento alla recente normativa italiana che introduce l’obbligo di assicurazione contro calamità naturali per le imprese. «Negli ultimi trent’anni le perdite assicurate sono cresciute nel mondo in termini reali a un tasso medio annuo compreso tra il 5% e il 7%», ha ricordato Gaggi. «Eppure, in Italia, con oltre l’80% degli edifici esposto a rischio sismico o idrogeologico, solo il 6% delle abitazioni e il 5% delle imprese è assicurato». Il Segretario Generale di FeBAF ha quindi auspicato che l’approccio italiano – basato su un bilanciamento tra intervento pubblico e iniziativa privata – possa rappresentare un modello anche per altri ambiti legati al welfare, come pensioni e sanità e più in generale per investimenti in infrastrutture sociali: una parte del risparmio europeo potrebbe essere indirizzata verso investimenti a impatto sociale, in particolare in housing sociale, residenze universitarie e strutture per anziani. «Possiamo attrarre capitali privati verso questi settori se lo Stato riconosce un vantaggio fiscale a fronte di rendimenti di mercato», ha concluso. Gaggi ha toccato anche il tema dell’euro digitale, per le necessità di costruirlo “semplice e funzionale, capace di integrarsi nei servizi esistenti” e di contenere – fin dalla fase progettuale – i costi per gli intermediari: secondo uno studio ABI solo per le banche italiane l’investimento IT iniziale supererebbe gli 880 milioni di euro. La nuova valuta dovrebbe, infine, essere complementare – e non alternativa – rispetto agli strumenti di pagamento già disponibili.
LE TRE LEADER D'EUROPA .... e l'economia..
Alessandra Servidori In economia le tre leader Europee possono fare la differenza
In un momento così travagliato per i Paesi Europei e per l’Italia fa bene alla nostra consapevolezza approfondire le questioni che sembrano solo ed esclusivamente di dominio maschile mentre invece Lagarde,Meloni,Von der Leyen , hanno responsabilità primaria rispettivamente nel governo della BCE,dell’Italia,dell’Europa e che ascoltano(poi decidono loro) i consigli di Mario Draghi che pose fine alla feroce speculazione finanziaria sui titoli di Stato dei paesi cosiddetti Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna).Lo strumento utilizzato dal ex presidente del consiglio, è stata l’attuazione del programma Omt (Outright Monetary Transaction) ovvero l’acquisto da parte della Bce dei titoli sovrani emessi dai Paesi aggrediti dalla speculazione internazionale, che fu innescata, nel 2008, dalla crisi dei mutui sub prime negli Stati Uniti.E ricordiamoci che quei paesi sono diventati tra i più virtuosi sulle politiche di bilancio pubblico e oggi è la Francia che è aggredita dai mercati finanziari a causa della crisi politica e il governo italiano ora deve seguitare ad adottare politiche di bilancio prudente e dunque per la legge di bilancio 2026 deve ridurre in maniera concreta e percettibile le imposte su tutti i contribuenti italiani .Ovviamente, l’alleggerimento del peso delle imposte deve essere pianificato razionalizzando la giungla di provvidenze pubbliche (bonus, contributi a fondo perduto e agevolazioni fiscali) dei quali ne beneficiano alcune categorie a spese di tutti i contribuenti. È il percorso che permetterebbe all’Esecutivo di mantenere inalterata la politica di risanamento delle finanze pubbliche e nel contempo ridurre le imposte sul reddito prodotto dalle imprese e dalle famiglie. La riduzione del prelievo fiscale aumenterebbe la propensione al consumo per le famiglie e per gli investimenti delle imprese con effetti positivi sulla crescita del reddito nazionale.Intanto la BCE per far fronte al rischio concreto di una nuova crisi del debito pubblico francese, dovrebbe mettere in campo un nuovo “quantitative easing” (acquisto di titoli sovrani europei) e un ulteriore riduzione dei tassi di riferimento. Le due azioni di politica monetaria sui mercati finanziari, ridurrebbero i tassi d’interesse sul mercato primario e secondario dei titoli di Stato e contrasterebbe la svalutazione del dollaro rispetto all’euro. Sarebbe una boccata d’ossigeno per gli Stati Uniti, che hanno visto crescere in maniera significativa il loro debito pubblico, a causa degli interventi pubblici a sostegno delle famiglie e delle imprese. Un euro meno forte contro il dollaro, attenuerebbe gli effetti negativi dei dazi doganali, che sommati alla svalutazione del dollaro degli ultimi otto mesi, danneggiano le esportazioni europee verso gli Stati Uniti. Forse, questa volta, la francese Christine Lagarde, magari appoggiata da Meloni e Von der Leyen si farà parte diligente per attuare un intervento di politica monetaria della Bce a sostegno della Francia che potrà avere effetti positivi sull’intera economia del Vecchio Continente. CHISSA' !!!!!!!!!!????????
SPORCACCIONI,FRUSTRATI,MISOGINI
ALESSANDRA SERVIDORI
SPORCACCIONI , FRUSTRATI,MISOGINI
Bisogna affrontare la questione degli spioni seriali in rete con la consapevolezza che dall’inizio le piattaforme online sono state progettate e costruite da maschi e per i maschi, e questo sicuramente ha costituito un ostacolo al fatto che le donne potessero trovarvi una dimensione di agio. Pensiamo a Facebook, che è stato da Mark Zuckerberg traendo ispirazione da un sito che permetteva agli utenti di scegliere tra due foto di donne e votare la più attraente.La misoginia si manifesta prevalentemente attraverso i social, che questi sono dotati di standard minimi relativi a termini e condizioni vincolanti sui comportamenti ritenuti accettabili sulle piattaforme. Quando sono condivisi contenuti che violino i detti standard, esse dovrebbero quindi responsabilizzarsi, introducendo meccanismi di segnalazione per la rimozione dei contenuti dannosi. Ma è evidente che questo non basta infatti per l’inadeguatezza dei rimedi a disposizione contro la violenza online, anche perchè nelle piattaforme non vi è ancora una categoria specifica disponibile per l’odio indirizzato nei confronti delle donne, solo considerato nella categoria di “contenuto dannoso per gli adulti”. Su Facebook il genere non è presente come categoria, al di là della politica di Hate Speech e degli Standard Comunitari – dove compare nei “termini imprecatori di genere femminile” all’interno della politica di bullismo e molestie. Su Twitter è possibile solo effettuare una segnalazione per abuso/molestia. Instagram nelle sue policy proibisce l’hate speech, gli insulti misogini E la piattaforma non predispone alcuna sanzione nei confronti dell’utente violento, addirittura il contenuto è visto come isolato e innocuo. La furbizia sta poi delle violenze perpetrate con messaggi in modalità scomparsa, per cui una volta aperti non è possibile rintracciarne gli autori,oppure le molestie sono compiute in chat privata compiute da account falsi.Poi vero è che è stato riscontrato un approccio inappropriato da parte delle autorità, che sottovalutano la violenza perpetrata online e i suoi effetti sulla vita reale delle persone che la subiscono.Recentemente la questione è stata approfondita da interventi in merito alle iniziative ue sull’Agenda digitale dove si è dimostrato che è online che il malessere personale per un rifiuto vissuto come fallimento trova terreno fertile per essere deresponsabilizzato e ricondotto a un’interpretazione deviata della realtà, dove le donne sono il male assoluto, distruttrici della specie: “Le comunità online sono viste come sfogatoi, gruppi nei quali gli utenti maschi condividono le proprie esperienze personali negative di natura sentimentale e sessuale – spiega Antinori -. Subentra una fase di confidenza, dove si fortifica il legame e inizia a crearsi una relazione un po’ più radicalizzata” con un certo modo di vedere il mondo. Poi, il salto di qualità: “Dalle esperienze vissute in prima persona, questa visione viene estesa anche a quelle potenzialmente vivibili e all’esistente, quindi a tutto il mondo”.
L’Unione europea nel 2021 ha dato avvio a un progetto di iniziativa legislativa, presentato dalle commissioni per i diritti delle donne e le libertà civili, per un inquadramento giuridico della cyber-violenza di genere e per fornire un livello minimo di protezione e "riparazione" per le vittime.Solo attraverso un cambiamento culturale profondo potremo dirigerci verso una visione di futuro migliore, collaborativa e paritaria.Ma abbiamo anche il dovere di informarci e magari collaborare come associazioni e istituzioni perché la questione femminile non subisca ulteriori ritardi culturali. E a proposito approcci e azioni diverse sono intrapresi da Amnesty International Italia per il contrasto alle discriminazioni e all'hate speech online. Tra le attività principali vi sono la Task Force Hate Speech e i percorsi educativi portati avanti nelle scuole. La task Force hate Speech è un gruppo di attiviste e attivisti di Amnesty International Italia che quotidianamente monitora il web intervenendo nei commenti online dove si accendono i discorsi d’odio. Il progetto è nato in seguito a una fase di sperimentazione avvenuta nel 2016, dove per la prima volta viene ideata una forma di attivismo organizzata e reattiva sul web per estendere la battaglia per la difesa dei diritti umani al mondo online. La crescita dell’importanza e dell’utilizzo dei social network come mezzi d’interazione e di diffusione dell’informazione nel nostro Paese ha portato la sezione italiana dell’Organizzazione ad allargare la base di attivismo impegnata in questa attività, che avvicina costantemente nuovi attivisti legati dal desiderio di attivarsi, in prima persona, contro la diffusione dell’odio. Attraverso la loro azione, utilizzando il potere della parola per contrastare i discorsi offensivi che possono incitare agli abusi e alla violenza, gli attivisti della Task Force partecipano al processo di cambiamento che l’Organizzazione vuole produrre nella società e nella vita delle persone, diventando gli attori e moltiplicatori di un modo di fare attivismo in grado di ampliare la comunità di difensori dei diritti umani. Il terreno d’azione della Task Force sono i social network: l’attivazione è focalizzata sui commenti che esprimono odio e intolleranza nei confronti dei soggetti-bersaglio dell’hate speech. L’attività della Task Force è organizzata a partire dalla condivisione di strumenti di supporto, documentazione aggiornata e ore di formazione sulle tematiche di intervento, insieme ad approfondimenti sulle tecniche di comunicazione pacifica e a strategie di stress management, per evitare il burn-out. Gli attivisti, di ogni fascia di età e provenienza geografica, sono costantemente collegati tra loro da remoto e si supportano a vicenda durante le attivazioni, condividendo le proprie esperienze e buone pratiche: il legame del gruppo rappresenta la vera forza di questa forma di attivazione. La sezione italiana di Amnesty International anche nelle sue attività educativo-formative è in prima linea contro l'odio, contrastandone la diffusione attraverso l’impegno concreto delle sue Scuole Amiche dei Diritti Umani, dei bambini e delle bambine della rete Amnesty Kids, nonché di specifiche categorie professionali che, con Amnesty Italia, lavorano per una formazione adeguata contro il linguaggio e i crimini d’odio. Sin dall'infanzia, infatti, è importante educare i bambini e le bambine a un uso responsabile delle parole e a un utilizzo consapevole dei social network - per quanti già si avventurino su internet - e Amnesty Italia ha sviluppato per la fascia d’età 8 – 13 anni il percorso “I diritti e le parole”(https://www.amnesty.it/ pubblicazioni/i-diritti-e-leparole/). Per quanto riguarda il mondo dell’alta formazione e della formazione professionale, importanti sono le partnership che ci supportano nella lotta all’odio. L’Istituto di Politica Internazionale (ISPI) di Milano, dove viene realizzato un corso con l'obiettivo di fornire gli strumenti concettuali per riconoscere fenomeni quali hate speech e hate crime e per porre in essere strategie efficaci di analisi e contrasto; il Consiglio Nazionale Forense (CNF) con il quale si sviluppano regolarmente seminari formativi per supportare gli operatori del diritto nel riconoscimento dei pregiudizi (bias) che sono alla base del discorso d’odio e per ricostruire un equilibrio fruttuoso tra libertà di espressione e discorsi di odio; infine Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori del Dipartimento della Pubblica Sicurezza) con il quale Amnesty Italia collabora per la formazione sui diritti umani e per il contrasto ai crimini d’odio. Ecco diamoci da fare insieme.
Di più dobbiamo fare di più
Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro. Di più ,dobbiamo fare di più- Alessandra Servidori
Se non iniziamo ad affrontare i gravi problemi del lavoro partendo da una condivisione dei dati e delle informazioni disponibili si continuerà nella sterile contrapposizione muro contro muro. E che sia quantomai auspicabile un confronto capace di anteporre i fatti e le analisi alle ideologie ed alle pregiudiziali politiche è una consapevolezza che tutti ammettono.ma bisogna passare ai fatti. A livello ministeriale e parlamentare si è annunciato un provvedimento per irrobustire il diritto alla tutela del lavoro e, in particolare, quello alla protezione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che rappresenta uno dei valori privilegiati dalla produzione normativa e dall’attività giurisprudenziale che, intervenute nella regolazione con una molteplicità di strumenti aventi differente efficacia – quali direttive, raccomandazioni, decisioni, programmi di azione e strategici, sentenze – hanno reso particolarmente complesso l’adeguamento da parte degli ordinamenti nazionali. Ne abbiamo ragionato in ambito istituzionale, associativo, politico e tra le varie proposte, tre sono le più velocemente attuabili .*La prima proposta è riferita al ruolo ispettivo . è di questi giorni la Programmazione del 2025 dell’Ispettorato nazionale lavoro che è appesantito da vari ruoli e che soffre ancora di quella mancata armonizzazione tra i vari profili giuridici ed economici Ispettivi (inail,inps, asl, forze dell’ordine, carabinieri, finanza ecc) nonostante la legge di armonizzazione sia del 2015 seguita da un dl del 2024 ma largamente inattuata e in sofferenza. Sottraendo alle ASL – già molto impegnate -il compito che gli è stato erroneamente affidato e riportandolo in sede Inail la situazione migliorerebbe e da qui la proposta di una AUTORITY che potrebbe essere il collettore di una azione ispettiva che abbia anche ruoli oltre che di garante dell’applicazioni delle norme, di incoraggiare le aziende a favorire e premiare le buone prassi.
*La seconda proposta prevede l’applicazione della legge sulla la partecipazione dei lavoratori che fa da cardine al potenziamento della Contrattazione di prossimità, della formazione , per affrontare la riorganizzazione aziendale in un sistema che prevede la conoscenza multidisciplinare accademica e la promozione del MANAGER dell’inclusione per affrontare problematiche delle persone diversamente abili, di genere, in settori, comparti, istituzioni scolastiche, varie potenziali discriminazioni dove il tema prevenzione salute e sicurezza è fondante e dove comunque a gamba larga entrano le nuove complessità.
* La terza proposta attiene alla Formazione, poichè fondamentale innovarne i contenuti anche rispetto e soprattutto al Decreto recente STATO E REGIONI si tratta di un nuovo accordo sancito il 17 aprile 2025 pubblicato in GU 119 del 24 maggio 2025 che attendavamo da oltre 3 anni. Questo provvedimento definisce i contenuti minimi - nell’allegato A- e la durata dei percorsi formativi in materia di prevenzione salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’art 37, c2 dLGS 81/ 08 . Ora è necessario essere operativi con moduli formativi scientificamente innovativi , affidati a personale specializzato, con piattaforme diversificate , controllate ma senza certificazione che ancora oggi rappresenta purtroppo un business. Le sedi Universitarie in collaborazione con le associazioni di categoria nell’ambito della terza missione sono una sede privilegiata .
Sicurezza e d'intorni
Il decreto-legge 11 aprile 2025 n. 48, c.d. Decreto Sicurezza, nel testo coordinato con la legge di conversione n. 80, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 giugno 2025 n. 131, va letto nell’interezza dei suoi quarantotto articoli, suddivisi in cinque capi che intervengono su terrorismo e criminalità organizzata, sicurezza urbana, tutela delle vittime di usura, ordinamento penitenziario e disposizioni finanziarie, anche alla luce delle norme nazionali e internazionali in materia di garanzia dei diritti delle persone con disabilità. L’articolato, che appare privo di espliciti riferimenti alla disabilità, esplica tuttavia effetti trasversali sui diritti garantiti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) e dalla Strategia europea 2021-2030, imponendo un approccio di “disability mainstreaming” nell’attuazione amministrativa. Nel Capo I, gli artt. 1-4 introducono nuovi reati e aggravano quelli esistenti in materia di terrorismo: l’art. 1 inserisce nel codice penale la detenzione di materiale istruttivo finalizzato ad atti terroristici e amplia l’art. 435 c.p., con riflessi diretti sulle perquisizioni che possono coinvolgere ausili personali senza garanzia di accomodamenti procedurali per soggetti con disabilità sensoriale o motoria; l’art. 2 estende a finalità antiterrorismo gli obblighi di identificazione nei contratti di autonoleggio, prevedendo modalità di controllo remoto che dovranno essere rese accessibili anche a utenti con disabilità cognitive ai sensi delle Linee guida AgID sull’accessibilità digitale. Nel Capo II, l’art. 10 configura il nuovo delitto di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui, attribuendo alla polizia il potere di rilascio immediato; la norma, condivisibile, non contempla tuttavia percorsi di evacuazione accessibili né prevede la presenza di interpreti LIS in caso di occupanti non udenti, con potenziali violazioni dell’art. 13 CRPD in tema di accesso alla giustizia. L’art. 11 introduce la circostanza aggravante per reati contro la persona o il patrimonio commessi in stazioni ferroviarie e metropolitane, misura che accresce certamente la protezione delle persone con disabilità che dipendono dai trasporti pubblici ma non estende la tutela a situazioni analoghe in altri contesti urbani e manca di connettersi alle prescrizioni sull’accessibilità infrastrutturale. Gli artt. 12-14, innalzano le pene per il danneggiamento durante manifestazioni (art. 12), reprimono l’impedimento della libera circolazione su strade e ferrovie (art. 14) e potenziano i divieti di accesso alle aree di trasporto con strumenti di flagranza differita (art. 13); tali disposizioni possono incidere su ausili alla mobilità, barriere architettoniche temporanee e percorsi tattili di sicurezza, ma non prevedono specifici accomodamenti per la segnaletica inclusiva, ne considerano l'eventualità, ad esempio in caso di impedimento della libera circolazione, degli effetti prodotti sulla persona con disabilità come aggravante in caso questa ne risulti danneggiata in modo permanente. Nel Capo III, l’art. 15 modifica gli artt. 146-147 c.p. e introduce l’art. 276-bis c.p.p., estendendo la custodia attenuata e il differimento della pena a madri con figli fino a tre anni, senza considerare la condizione di disabilità di madre o bambino, in potenziale contrasto con gli artt. 6 e 23 CRPD che impongono tutela rafforzata per le donne con disabilità e i loro figli. Gli artt. 19-22 istituiscono un sistema di sostegno economico per vittime di usura con la figura dell’esperto iscritto ad apposito albo; la mancanza di procedure semplificate in Comunicazione Aumentativa Alternativa e Braille e di piattaforme digitali conformi al WCAG 2.1 compromette l’accesso effettivo ai benefici. Il Capo IV, con l’art. 33, prevede un ulteriore supporto consulenziale per gli operatori economici vittime di usura, ma non introduce strumenti di monitoraggio differenziato per discriminazioni multiple, benché il decreto richiami la necessità di “specifica professionalità” degli esperti, requisito che dovrebbe includere competenze su disability management. Il Capo V modifica l’ordinamento penitenziario: l’art. 34 interviene sugli artt. 4-bis e 20 della l. 354/1975, accelerando le convenzioni di lavoro esterno; tuttavia l’assenza di linee guida sull’accessibilità delle strutture carcerarie, già sollecitate dalla Strategia UE, rischia di perpetuare barriere fisiche e comunicative per detenuti con disabilità. Il decreto-legge n. 48/2025, sebbene orientato alla sicurezza, produce effetti significativi su diritti e libertà delle persone con disabilità senza introdurre misure di accomodamento ragionevole, formazione obbligatoria degli operatori, valutazioni di impatto ex-ante né standard tecnici di accessibilità. Il CTS Osperdi raccomanda pertanto che ogni iniziativa normativa, sin dalle fasi prodromiche di redazione parlamentare o governativa, sia sottoposta per passi successivi al preventivo e vincolante parere del Garante nazionale per le persone con disabilità; la preventiva interlocuzione con tale Autorità, unitamente a una formazione specialistica e continua degli operatori giuridici e dell’amministrazione sui principi della Convenzione delle Nazioni Unite del 2006, della Strategia europea 2021-2030 e della legislazione di recepimento interna, costituisce condizione imprescindibile per evitare possibili e future inottemperanze agli obblighi pattizi assunti dall’Italia e per assicurare la piena tutela e promozione dei diritti delle persone con disabilità nel sistema giuridico nazionale.
Francesco Alberto Comellini
Componente del Comitato Tecnico Scientifico dell'Osservatorio Permanente sulla Disabilità - Osperdi ETS
REFERENDUM mi astengo perchè ...
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Forza Italia invita ad astenersi su tutti i 5 referendum per i quali si vota domenica e lunedì. Questo invito è rivolto soprattutto a quanti intendono recarsi al seggio, ritirare le schede e votare No. Sarebbe questo un aiuto indiretto ai fautori del Sì, in quanto questi referendum come altri sono condizionati dal raggiungimento del quorum. E basta guardarsi attorno per rendersi conto che in questo caso sarebbe sicura la vittoria del Sì perché è il solo schieramento che ha fatto campagna elettorale investendo mezzi cospicui, che ha avuto il sostegno dei media, mentre il No è sostenuto da forze minoritarie destinate a fare solo testimonianza, perché l’attuale maggioranza ha deciso – giustamente – di non impegnarsi nella difesa di norme di cui non porta nessuna responsabilità, perché quando furono approvate i partiti della coalizione ora in maggioranza erano all’opposizione. Non è un caso che la propaganda del Sì si sia orientata sulla messa in scena del dovere civico del voto (nella storia di ben 77 referendum svolti in Italia è successo a tutti i partiti di avvalersi della rendita di posizione dell’astensione) perché sanno bene quale sarebbe l’esito, a loro favore, in caso di conseguimento del quorum. Mentendo lasciano intendere che sarebbe ripristinata la reintegra nel posto di lavoro in ogni caso di licenziamento illegittimo come prevedeva l’articolo 18 dello Statuto del 1970. Non è così. Nel caso di abolizione totale del decreto che ha istituito il contratto a tutela crescenti (peraltro già massacrato dalla giurisprudenza costituzionale), si applicherebbe a tutti i lavoratori dipendenti l’articolo 18 come modificato dalla legge n. 92 del 2012 che ha già disposto il risarcimento economico nel caso di licenziamento per motivi oggettivi ritenuto illegittimo. Verrebbero poi meno alcune condizioni di vantaggio per i lavoratori previste nel jobs act ma non nel nuovo articolo 18.
Tutto ciò premesso in termini generali vediamo i quesiti uno per uno
1- Nel referendum sul jobs act si profila un disegno della sinistra reazionaria per cancellare il lavoro di quella riformista, senza che ai lavoratori derivi alcun beneficio dall’eventuale vittoria del Sì. Mentendo la sinistra politica e sindacale lascia intendere che sarebbe ripristinata la reintegra nel posto di lavoro in ogni caso di licenziamento illegittimo come prevedeva l’articolo 18 dello Statuto del 1970. Non è così. Nel caso di abolizione totale del decreto che ha istituito il contratto a tutela crescenti (peraltro già massacrato dalla giurisprudenza costituzionale), si applicherebbe a tutti i lavoratori dipendenti l’articolo 18 come modificato dalla legge n. 92 del 2012 che ha già disposto il risarcimento economico nel caso di licenziamento per motivi oggettivi ritenuto illegittimo. Verrebbero poi meno alcune condizioni di vantaggio per i lavoratori previste nel jobs act ma non nel nuovo articolo 18..
2- Il secondo quesito riguarda la disciplina dei licenziamenti nelle piccole imprese, per le quali, in caso di licenziamento ritenuto illegittimo opera dal 1966 (legge n. 604) opera, per evidenti ragioni, la sanzione di una indennità risarcitoria fino a un massimo di 6 mensilità di retribuzione. La vittoria dei Sì abrogherebbe questo tetto consentendo al giudice di fissare discrezionalmente l’ammontare del risarcimento. Potrebbe determinarsi il paradosso della condanna di una piccola impresa a dover pagare un risarcimento maggiore di quello imposto ad una grande, per la quale il massimale si ridurrebbe, peraltro, da un massimale di 36 a uno 24 mensilità.
3- Quanto al quesito sul lavoro a termine se passasse il referendum verrebbe a mancare ogni flessibilità nell’assunzioni a tempo determinato; ora consentite per 12 mesi senza l’indicazione di una causale, che diventa necessaria trascorso questo periodo secondo le indicazioni previste nei contratti collettivi. L’esistenza di una causale è sempre accertabile in giudizio e quindi avremmo un incremento del contenzioso. È una pia illusione, poi, pensare che un’azienda assuma a tempo indeterminato per evitare il rischio di essere chiamata in giudizio alla conclusione di un rapporto a termine. Peraltro si tratta di un quesito antistorico che entra in conflitto con una realtà nella quale è in corso un processo reale che vede la trasformazione dei contratti a termine in tempo indeterminato e che rischierebbe di irrigidirsi.
4- Il 4° referendum interviene in materia di corresponsabilità solidale tra azienda committente e appaltatrice. Anche per questo quesito la sinistra lascia intendere che sarebbe un nuovo inizio nella disciplina degli appalti. Non è così perché già ora le norme prevedono che, in tutti i casi di appalto di opere o servizi che si collochino nell’ambito dell’attività svolta dall’impresa committente, quest’ultima è corresponsabile in solido con l’appaltatrice o subappaltatrice per gli infortuni accaduti ai dipendenti di quest’ultima, salvo che l’attività dell’appaltatrice sia totalmente estranea a quella dell’impresa committente, generando quindi rischi specifici sui quali quest’ultima non ha competenza tecnica. Se prevalgono i “sì” e viene raggiunto il quorum, l’effetto sarà l’abrogazione di questa eccezione, peraltro ragionevole: si applicherà, cioè, la corresponsabilità solidale della committente anche nel caso in cui l’infortunio accaduto al dipendente dell’appaltatrice sia conseguenza di un rischio specificamente proprio dell’attività di questa, ancorchè estraneo all’attività della committente.
5- Il quesito sulla cittadinanza dimezza da 10 a 5 anni il tempo che deve intercorrere - come residenza continuativa – per ottenere la cittadinanza. Secondo Forza Italia (impegnata a rivedere la normativa sulla cittadinanza) è sbagliato trattare argomenti così complessi attraverso la ghigliottina di un referendum
Referendum e verità
Referendum e verità sul lavoro Servidori referente dipartimento lavoro FI Emilia/Romagna
Alessandra Servidori
Il lavoro migliora e da anni ecco perché non andare a votare sulle bugie dei quesiti del referendum e ringrazio Panetta perché scrive la verità sulla parte relativa al mercato del lavoro – Relazione Banca d’Italia 2024 pag 111- e le/ gli Italiani non seguano Landini e la sinistra bugiarda perché la battaglia politica si fa sui numeri e non sulle bugie.
-Per tutto il 2024 l’occupazione ha continuato ad aumentare nonostante una crescita più flessibile : il numero degli occupati è aumentato del 1,6 % e le ore lavorate del 2,1% nel 2024 che si sommano all’aumento del 1,9% e il 2,5 % del 2023 e prendendo come riferimento il 2013 prima del jobs act le ore lavorate sono aumentate più di quanto sia aumentata la disoccupazione
-Non sono aumentati i contratti part time e soprattutto quelli involontari e quindi NON sono diminuite le ore lavorate volontarie : poiché l’aumento delle ore lavorate per addetto 0,5 % sono frutto del minore ricorso al part time la cui incidenza è scesa di quasi un punto percentuale al 16,8% nella fascia di età tra i 15 e 64 anni ed è ancora diminuita la quota di chi svolge un lavoro a part time ma ne desidererebbe uno a ful time al 51,3% nel 2024 poiché nel 2023 era del 54,8% e nel 2019 era del 65,6%
-Non è vero che è aumentato il lavoro precario perché il lavoro dipendente a tempo indeterminato ha trainato l’occupazione ed è calato quello a termine e anche il lavoro autonomo è salito se pur limitatamente
- I dati Inps dicono che i contratti a tempo indeterminato ha favorito un basso tasso di licenziamento e la trasformazione dei contratti temporanei a t indeterminato ma vero è che si sono ridotte le assunzioni dei giovani ma nel 2024 la disoccupazione giovanile nel 2024 è scesa al 6,5% il valore più basso da 17 anni e la riduzione è stata maggiore nella fascia tra i 15 e 24 anni e ora che siamo nel 2025 nei primi mesi del 2025 il numero degli occupati ha ricominciato a crescere con il contributo del pnnr e cosi l’occupazione è continua in crescita nei lavorati anziani ma anche tra i giovani .
Le mie osservazioni su
- Sulla sicurezza ed appalti : Già oggi, in tutti i casi di appalto di opere o servizi che si collochino nell’ambito dell’attività svolta dall’impresa committente, quest’ultima è corresponsabile in solido con l’appaltatrice o subappaltatrice per gli infortuni accaduti ai dipendenti di quest’ultima. La norma che il referendum intende abrogare è solo quella che prevede un’eccezione nel caso in cui l’attività dell’appaltatrice sia totalmente estranea a quella dell’impresa committente. Se Il/la dipendente dell’impresa appaltatrice subisce un infortunio che possa considerarsi rientrante nel rischio specifico proprio dell’attività dell’impresa stessa (dunque estraneo al rischio proprio dell’attività della committente), oggi la norma oggetto del referendum esclude la responsabilità dell’impresa committente. Se la norma in questione venisse abrogata, l’impresa committente sarebbe corresponsabile del danno subito dal dipendente dell’appaltatrice, anche in conseguenza di un rischio sul quale la committente stessa non ha alcuna competenza. Imporre alla committente una corresponsabilità solidale per un rischio estraneo alla sua attività normale è del tutto irragionevole: anzi, perché la Corte costituzionale abbia ammesso questa iniziativa referendaria, dal momento che il risultato dell’ipotetico prevalere del “sì” all’abrogazione presenterebbe evidenti profili di irragionevolezza mi è oscuro.
Poi comunque con l’Accordo STATO REGIONI dell’ aprile scorso che finalmente è stato siglato il 17 aprile tra Stato Regioni Province che attua quanto introdotto nel 2021 e che con la decisione del Governo ne ha la copertura finanziaria è veramente la questione più complessa. Si tratta di importanti modifiche all’art 37 del dlgs 81/2008 – TU cioè il testo unico salute e sicurezza sui luoghi di lavoro- più volte novellato soprattutto in materia di formazione dei lavoratori e dai loro rappresentanti già previsto dal decreto 146 / 2021. L’accordo andava recepito entro il giugno del 2022 per provvedere alla rivisitazione ,modifica in materia di formazione per garantire la durata e i contenuti dei moduli obbligatori a carico anche del datore di lavoro e non solo preposto , le verifiche di apprendimento dei discenti, l’aggiornamento obbligatorio costante. L’allegato A dell’Accordo è fondamentale perché stabilisce le responsabilità del datore di lavoro ( già peraltro declinate dall’art 18 del TU ) nonché l’art 97 sempre del TU del datore di lavoro dell’impresa affidataria, chiarendo così la questione dei pericolosi sub appalti,dei cantieri mobili, alla redazione dei piani di sicurezza.
- Cittadinanza da 10 a 5 anni Noi siamo il paese che rilascia maggiori riconoscimenti di cittadinanze per i vari motivi previsti : 230 mila ogni anno
L’articolo 9 della Legge 91/1992 disciplina la concessione della cittadinanza per naturalizzazione, che rappresenta una delle modalità più comuni di acquisizione per gli stranieri residenti in Italia. La cittadinanza può essere concessa allo straniero che risiede legalmente in Italia da:
- 10 anni per i cittadini non comunitari
- 4 anni per i cittadini dell’Unione Europea
- 5 anni per gli apolidi e i rifugiati
- 3 anni per i discendenti di ex cittadini italiani fino al secondo grado e per gli stranieri nati in Italia
- 5 anni per chi ha prestato servizio, anche all’estero, alle dipendenze dello Stato italiano
Il decreto-legge n.36/2025, approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 marzo 2025, ha introdotto importanti novità nella disciplina della cittadinanza, in particolare per quanto riguarda l’acquisizione per ius sanguinis. Secondo quanto riportato da fonti autorevoli, “l’attuale normativa sul riconoscimento della cittadinanza per jus sanguinis negli ultimi anni ha evidenziato un incremento abnorme delle istanze”, tanto che il Ministero degli Esteri ha stimato che gli oriundi italiani nel mondo che potrebbero richiedere la cittadinanza italiana sono tra i 60 e gli 80 milioni.Le principali novità introdotte dal decreto mirano a: Contrastare gli abusi che hanno permesso a persone con avi italiani di ottenere la cittadinanza senza avere effettivi legami con l’Italia-Ridurre il carico di lavoro dei consolati e dei comuni italiani-Aumentare il costo per le richieste di cittadinanza (fino a 700 euro)-Introdurre requisiti più stringenti per dimostrare l’effettivo legame con l’Italia
Poi per non farci mancare nulla e non trascurare la questione famiglia : come nel 2023, un forte contributo ai redditi delle famiglie è derivato dall’aumento dell’occupazione. Secondo nostre elaborazioni sui dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat relativi ai primi tre trimestri del 2024, fra i nuclei la cui persona di riferimento ha meno di 65 anni e nei quali non sono presenti pensionati, si è ulteriormente ridotta la quota delle famiglie senza occupati, soprattutto nel Mezzogiorno (al 23,6 per cento dal 24,5 del 2023; al 9,7 per cento dal 10,0 nel Centro Nord), ed è aumentata la percentuale di quelle con due o più adulti che lavorano. Nel 52,6 per cento delle famiglie considerate è presente almeno una donna con un impiego, un valore superiore a quello del 2019 (51,3 per cento), in linea con l’andamento del tasso di occupazione femminile.
Certo rimangono dei problemi che dobbiamo affrontare ma non dicendo menzogne e magari assumendosi la responsabilità di studiare la verità e fare in modo di sostenere l'economia e non il dissenso.
Rapporto Istat Francesco Comellini dixit
Rapporto ISTAT 2025, tra demografia, disuguaglianze e disabilità. Un appello alla coerenza riformatrice tra diritti sociali e stabilità politica.
Il Rapporto ISTAT 2025, nella sua limpida e impietosa rappresentazione dello stato del Paese, propone numeri che non lasciano spazio a letture rassicuranti. L’Italia è un Paese sempre più anziano, segnato da una denatalità strutturale, da un saldo migratorio insufficiente a riequilibrare la curva demografica, e da un aumento progressivo delle condizioni di disabilità e non autosufficienza. A fronte di questi dati, la piena attuazione delle riforme sociali già approvate costituisce oggi una sfida tanto prioritaria quanto impegnativa.
Tra i decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega 227/2021 in materia di disabilità, il n. 62 del 2024 è attualmente in fase di progressiva attuazione sperimentale. Il suo impianto — che introduce la definizione giuridica unitaria della condizione di disabilità, la valutazione multidimensionale e i progetti di vita personalizzati — è oggetto di una prima applicazione su scala territoriale limitata, finalizzata a testare l’efficacia operativa delle nuove procedure e a validare modelli integrati di presa in carico. Si tratta di un passaggio delicato ma essenziale, che potrà fungere da base per la piena generalizzazione del sistema a partire dal 2027, a condizione che siano garantiti strumenti stabili di governance, formazione, accompagnamento e, soprattutto, per il monitoraggio dell'efficacia delle misure adottate in termini di risultato sociale e di effettiva inclusione delle persone con disabilità o non autosufficienti.
Il successo della riforma non dipenderà solo dalla qualità normativa o dalle coperture finanziarie, ma dalla capacità delle istituzioni pubbliche, a tutti i livelli, di mantenere coerenza e continuità politica. Su questo versante, non possono essere ignorate le tensioni emerse all’interno della maggioranza di governo, che hanno messo in risalto, anche pubblicamente, posizioni che alludono a una possibile rimodulazione dei rapporti di coalizione. È comprensibile ma meno condivisibile, che su specifici temi di interesse regionale o su scelte interpretative in materia di prerogative locali si possano registrare divergenze; tuttavia, ogni forzatura o rottura dell’equilibrio di governo rischia di compromettere la solidità istituzionale necessaria alla realizzazione di riforme così complesse e attese. In particolare, proprio nel settore della disabilità, dove la responsabilità ministeriale è attualmente attribuita a uno dei partner della maggioranza di governo, occorre richiamare tutti i soggetti istituzionali a una coerenza piena con il mandato ricevuto, nella consapevolezza che le cittadine e i cittadini destinatari delle riforme valuteranno nel merito l’effettiva messa a terra delle promesse elettorali.
La legge delega n. 33/2021 sulla non autosufficienza, insieme al decreto legislativo n. 29/2024, ha tentato di costruire un primo impianto sistemico per la presa in carico integrata delle persone anziane fragili, promuovendo l’assistenza domiciliare e superando l’attuale frammentazione tra sanitario e sociale. Ma anche qui, le considerazioni appena dette sulla stabilità necessaria, rischiano di incidere sui tempi di piena attuazione che già sembrano incerti, mentre la pressione demografica cresce. Il Rapporto ISTAT 2025 stima che nei prossimi quindici anni oltre sei milioni di persone ultra65enni vivranno in condizioni di solitudine. Tale dato, già di per sé drammatico, assume una rilevanza ancora maggiore se posto in relazione al rischio di perdita dell’autosufficienza e all'insufficiente offerta di cure formali accessibili su tutto il territorio.
In questo scenario, OSPERDI ETS propone una riflessione di fondo: occorre un cambiamento strutturale nel modo in cui lo Stato alloca e valorizza la spesa pubblica. La centralità del benessere e della salute della persona — come diritto sociale, come condizione di libertà individuale e come leva per la partecipazione economica — deve diventare il perno di un nuovo paradigma redistributivo. Non si tratta soltanto di destinare più risorse o di destinare quelle ritenute adeguate a soddisfare i bisogni della platea dei destinatari, che deve essere puntualmente individuata, ma di farlo in modo coerente con un disegno strategico che riconosca il valore economico della cura. Investire in salute, domiciliarità, accessibilità, inclusione e non autosufficienza significa liberare risorse oggi vincolate al risparmio forzato delle famiglie, invertire la curva del consumo privato, e generare nuova occupazione nei settori dell’assistenza, dell’educazione, della mediazione e della tecnologia assistiva. Si tratta, in sintesi, di attivare un circuito virtuoso tra investimento sociale e ripresa economica, spostando il baricentro della spesa da misure residuali a politiche strutturali.
I dati del documento “Analisi e tendenze della finanza pubblica” confermano quanto questa transizione sia oggi necessaria. Le voci di spesa in ambito socioassistenziale e sanitario, se ben coordinate e rese strutturali, possono divenire un asse di sostenibilità per il sistema economico, specie se accompagnate da una razionalizzazione della spesa fiscale improduttiva e da un’effettiva attuazione dei LEP in ambito sociale. Tuttavia, proprio il disegno di legge sui LEP, approvato il 19 maggio scorso dal Consiglio dei Ministri, pur rappresentando un passaggio tecnico rilevante, dovrà essere valutato sulla base della sua effettiva applicabilità. È auspicabile che l’estensione del processo di definizione dei livelli essenziali sia coerente anche con le aree qui analizzate — disabilità, non autosufficienza, politiche e servizi di comunità — evitando ogni riduzione frammentaria e settoriale dei diritti sociali.
Il Rapporto ISTAT 2025 rappresenta non solo un allarme, ma anche un’opportunità: quella di scegliere la direzione del cambiamento. La sfida che ci pone innanzi l'ISTAT non è più rinviabile e impone una visione che tenga insieme demografia e sviluppo, diritti e sostenibilità, prossimità e innovazione. I dati, le norme, le risorse ci sono. Le riforme, ancorché sperimentali e migliorabili, sono avviate. Serve adesso la forza politica di costruire un’alleanza istituzionale ampia, coesa e stabile, capace di preservare la fiducia dei cittadini, anche dei più fragili e, con essa, nuova vitalità all’intero Paese.
Francesco Alberto Comellini
Componente del Comitato Tecnico Scientifico dell'Osservatorio Permanente sulla Disabilità - OSPERDI ETS
La norma,la voce,la promessa.Diritto,letteratura e memoria nel contrasto all'antisemitismo
da Prof.Vincenzo Pacillo
La norma, la voce, la promessa. Diritto, letteratura e memoria nel contrasto all’antisemitismo
Il 5 maggio 2025, presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Modena e Reggio Emilia, si è tenuto il convegno “Patrimonio culturale immateriale e percorsi di diritto, religione e letteratura. Paul Ricoeur, Chaim Potok e la letteratura ebraica”, promosso e coordinato dal Professor Vincenzo Pacillo di UNIMORE e presieduto dalla Professoressa Alessandra Servidori, con la partecipazione attiva della Professoressa Marina Orlandi Biagi. Il seminario ha rappresentato un momento di particolare rilievo nel panorama delle iniziative accademiche a sostegno della lotta contro l’antisemitismo, ponendosi in piena sintonia con gli obiettivi enunciati nelle Linee Guida Nazionali per il contrasto all’antisemitismo 2025 e con la Strategia Europea 2021–2030, in particolare nella parte in cui si sottolinea la necessità di rafforzare la trasmissione della memoria, la conoscenza della storia e della cultura ebraica e la valorizzazione del patrimonio culturale e religioso ebraico come parte integrante dell’identità democratica europea. Il convegno ha offerto un approccio interdisciplinare in cui diritto e letteratura hanno dialogato per restituire profondità storica, consistenza simbolica e pertinenza civile alla cultura ebraica in Europa: il fulcro della riflessione non è stato posto sulla difesa astratta del patrimonio, ma sulla sua riattivazione critica, come processo partecipato e attuale, in linea con la Convenzione di Faro. Il patrimonio culturale immateriale — norme, racconti, riti, memorie — è stato qui concepito non come eredità da conservare passivamente, ma come linguaggio vivo, che richiede interpretazione e responsabilità. Tale impostazione ha reso l’evento un esempio concreto di attuazione dei principi di valorizzazione e partecipazione previsti dalle linee guida nazionali e internazionali.
Le relazioni hanno affrontato il rapporto tra narrazione e identità ebraica, memoria e giuridicità, vocazione e responsabilità. Al centro della riflessione del Prof. Daniele Cananzi dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria si è posta la figura di Paul Ricoeur, la cui idea di memoria difficile — una memoria capace di distinguere tra il ricordo e la mitizzazione, tra la narrazione e l’ideologia — è risultata centrale per ripensare le forme contemporanee della trasmissione culturale. La memoria, in Ricoeur, non è ripetizione, ma costruzione narrativa consapevole, capace di aprire uno spazio per il riconoscimento e la giustizia. In questo senso, è apparso evidente come l’identità narrativa, il concetto chiave dell’antropologia filosofica ricoeuriana, rappresenti uno strumento prezioso per la costruzione di una cittadinanza inclusiva, in cui le tradizioni — anche quelle minoritarie — non siano oggetto di tutela passiva, ma soggetto attivo di elaborazione e mediazione.
Il Professor Fabio Franceschi ( Università La Sapienza di Roma) ha proposto una lettura dell’opera di Isaac Bashevis Singer come spazio di trasmissione profonda della memoria ebraica, capace di tenere insieme narrazione, identità e stratificazione storica. Attraverso una selezione mirata di testi, ha evidenziato come la lingua yiddish, i temi della fedeltà, del dubbio e del rapporto con la legge religiosa, siano strumenti non solo estetici ma ermeneutici, in grado di restituire una cultura lacerata dalla storia e tuttavia ancora generativa. La letteratura, in questa prospettiva, si configura come un ponte narrativo che unisce la dimensione personale della fede con quella collettiva della sopravvivenza culturale, rendendo accessibile a una società secolarizzata il patrimonio simbolico dell’ebraismo mitteleuropeo.
La Dottoressa Elena Siclari dell’Università Mediterranea ha invece concentrato la sua relazione sull’etica del dono nel pensiero di Paul Ricoeur, con particolare riferimento al Parcours de la reconnaissance e ad altri scritti che pongono in dialogo giustizia, alterità e agape. Lungi dall’essere un gesto sentimentale, il dono, in Ricoeur, rappresenta una struttura fondamentale del legame sociale: una modalità di costruzione della relazione giuridica fondata sulla gratuità, sull’eccedenza e sull’attenzione per l’altro. La relazione ha mostrato come tale logica sia fondamentale per pensare forme di giustizia che non si riducano alla distribuzione simmetrica dei diritti, ma che sappiano includere il riconoscimento come dimensione costitutiva del vivere insieme, con e per l’altro, all’interno di istituzioni giuste.
La relazione della Dottoressa Basira Hussen (SSML di Mantova - UNIMORE ) si è soffermata sul racconto Blood di Singer, portando alla luce il rischio che ogni tradizione normativa corre quando si cristallizza nella ripetizione formale, perdendo la connessione con la sua vocazione originaria. In questo racconto, la norma non viene violata, ma osservata in modo sterile, privata della sua forza simbolica e spirituale: un monito potente contro il pericolo di ridurre la religione, l’identità e la cultura a pure strutture amministrative o rituali svuotati di senso. Hussen ha evidenziato la profondità del paradosso messo in scena da Singer: si può essere perfettamente conformi alla norma, eppure profondamente infedeli al suo spirito. A partire da questa intuizione narrativa, l’intervento ha interrogato il ruolo del diritto religioso nella contemporaneità, mostrando come la normatività, se priva di interpretazione e vocazione, rischi di diventare puro dispositivo, incapace di orientare e di salvare. La riflessione di Hussen ha trovato un punto di convergenza con le istanze sollevate dalla Convenzione di Faro e dalle strategie per il contrasto all’antisemitismo, là dove si sottolinea l’importanza di un patrimonio culturale condiviso non come insieme di norme da custodire, ma come linguaggio vivente da comprendere, rinnovare e trasmettere.
Il convegno ha dimostrato, con chiarezza teorica e profondità culturale, che la lotta all’antisemitismo passa attraverso il riconoscimento del patrimonio ebraico come risorsa viva, mai ridotta a commemorazione, ma portatrice di senso nel presente. Ha mostrato che la prevenzione dell’antisemitismo richiede strumenti culturali e giuridici capaci di agire sul piano educativo e simbolico, promuovendo la conoscenza della storia e della pluralità dell’esperienza ebraica come condizione per la costruzione di una memoria democratica condivisa.
È in questa direzione che il convegno del 5 maggio ha offerto un contributo centrale : non nel proporre ricette, ma nel ricostruire l’intreccio tra norma, memoria e narrazione. In un tempo in cui l’antisemitismo assume forme indirette e culturalmente mediate, solo un approccio capace di valorizzare la profondità simbolica della tradizione ebraica può garantire una protezione autentica. Non si protegge ciò che non si capisce. Non si trasmette ciò che non si interroga. E non si costruisce un futuro europeo comune se non si riconosce — anche attraverso il diritto e la cultura — la centralità della memoria ebraica come parte della nostra idea di giustizia.
