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Editoriali

22 gennaio 2025 Camera Dei deputati partecipazione dei lavoratori e lavoratrici

 22 gennaio Camera Dei Deputati     ALESSANDRA SERVIDORI 

 Partecipazione  occasione che non possiamo perdere di dare anima e corpo all’art 46 della Costituzione perché si sviluppi quella convergenza che ha dato vita a  esperienze e iniziative nelle aziende che sono di grandi varietà dirette e pratiche organizzative,puntando a rinnovare la gestione dell’impresa, sia le relazioni industriali con una legislazione di sostegno e incentivi economici e sulla base di esperienze consolidate  esperienze aziendali e di gruppo, realizzate tramite la contrattazione collettiva.

La partecipazione non è solo un momento “istituzionale” a sé, ma si iscrive in un modello di relazioni industriali che ha già – e da tempo – dei solidi punti di riferimento che affidano un senso e un ruolo all’associazione dei lavoratori alla definizione delle prospettive dell’impresa.

L’articolo 4 del Dm 25 marzo 2016 ha fornito una prima definizione di “coinvolgimento paritetico” che può tradursi in coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti. Su questa definizione è intervenuta l’amministrazione finanziaria chiarendo che tali disposizioni sono finalizzate a incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando incrementi di efficienza e produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Al fine di beneficiare dello sgravio è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni di pari livello, importanza e dignità rispetto a quelle espresse dai responsabili aziendali. È certamente da ricordare in materia di partecipazione organizzativa l’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria su “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva […]” (c.d. “Patto della fabbrica”) del 28 febbraio-9 marzo 2018. 

 L’iniziativa della Cisl trae spunti e suggerimenti da alcune esperienze, con l’ambizione di costruire un sistema di partecipazione universalmente diffuso, in tutte le forme di datorialità, ivi incluse, ove compatibili, le organizzazioni no-profit, i centri di istruzione e formazione, le fondazioni e gli enti culturali (musei, teatri, ecc.), le pubbliche amministrazioni.

 Sicuramente dobbiamo partire da una prima fase di crescita , conoscenza, delle pratiche di esperienze di partecipazione diretta e organizzativa puntando a rinnovare sia la gestione delle imprese sia le relazioni industriali  anche in situazioni di emergenza come il lock down facendo emergere quelle carsiche sulla base poi di esperienze consolidate,  cercare un coinvolgimento e un appoggio legislativo  capace di produrre risultati per la produttività dell’intero sistema economico per i salari e la qualità del lavoro e qui si deve collegare la partecipazione organizzativa alla partecipazione strategica ( difficile e controversa) perché abbiamo tre nodi da sciogliere  : Il doppio canale cioè il rapporto tra i sindacati e le rappresentanze elette da tutti, il rapporto tra gli amministratori dell’impresa  solo informativi ,di consultazione o poteri di condizionamento ,la questione dell’estensione della legge  solo alle grandi imprese ma anche alle medie e piccole e senza il superamento degli interessi divergenti  finire per fare solo  maggiori diritti di informazione .

La partecipazione è strumento di modifica dell’organizzazione del lavoro  -partecipazione diretta o  partecipazione strategica dell’impresa e dunque dipende dall’ampiezza degli argomenti : sicurezza sul lavoro , commissioni paritetiche sistemi di qualità cottimi orari part time  dominati da logiche contrattuali  e la partecipazione  diretta ci deve prevedere le innovazioni tecnologiche e quindi gruppi di miglioramento i team autonomi ,i suggerimenti ,la formazione sul posto di lavoro le comunità professionali di pratiche anche nelle piccole imprese e ovviamente cercare di applicare  4.0 accordi sindacali e commissioni paritetiche sul premio di risultato

L’urgenza per l’innovazione tecnologica  : i progetti innovativi senza il coinvolgimento dei lavoratori sono fallimentari mentre se sono coinvolti risparmiamo  tempo e abbiamo più qualità la partecipazione riduce la resistenza al cambiamento e il progetto tecnico e organizzativo deve essere congiuntamente strutturato e partecipato con approccio sperimentale interattivo come forme di apprendimento continuo.

Dunque forme diverse di partecipazione ma comunque sinergiche con partecipazione organizzativa e sindacale con un apporto positivo del management e si troveranno forme diverse di coinvolgimento più adatte al contesto e le nuove forme di coinvolgimento si possono consolidare se il contesto normativo e legislativo favorisce anche forme strategiche alle decisioni nel lungo periodo non solo su un progetto a breve periodo perché i lavoratori si ritrovino nel percorso di successo dell’impresa e condividere i futuri guadagni

Oggi sperimentare vie di partecipazione e valorizzazione del lavoro po trebbe essere una soluzione strategica per uscire dalla stagnazione pluridecennale di salari e produttività.

 Certo non bi sogna dimenticare le differenze tra i vari sistemi di rappresentanza del lavoro. Nel nord Europa è diffuso il “canale doppio”: da un lato i rappresentanti dei lavoratori, dall’altro i rappresentanti sindacali, con compiti e ruoli differenti. In Italia è praticato il “canale unico” di rappresentanza secondo forme riconosciute in tutte le aziende sopra una certa dimensione. Da noi non è possibile, per fare un esempio, inserire dei rappresentanti dei la voratori nei consigli di amministrazione delle imprese senza che questi siano anche rappresentanti sindacali, cioè soggetti titolari di contrattazione con le imprese. Per questa prima differenza, attuare esperienze partecipative in Italia è più complesso e difficilmente sperimentabile attraverso strumenti legislativi che non abbiano prima definito la misura della rappresentanza (delle imprese e dei sindacati) e il ruolo che gli compete. E nemmeno le imprese hanno mai seriamente sollecitato forme di co-gestione tra ”operai e capitale” (nemmeno le imprese cooperative). Per non dire delle differenze strutturali delle aziende. In Italia, come è noto, più del 95% delle imprese è di piccola o piccolissima dimensione. In queste esperienze esiste certamente una minore separazione tra competenze imprenditoriali e competenze del lavoro (“per natura” mescolate fra loro) e una prassi inclusiva consolidata. Pur non essendo essa formalizzata le forme utili e necessarie di maggiore partecipazione del lavoro alla gestione delle imprese devono  essere sperimentate “dal basso” dalla contrattazione sindacale di secondo livello (ed eventualmente, dopo, sostenute e generalizzate da strumenti legislativi che ne facilitino la diffusione).Sicuramente non si deve  partire dalla “partecipazione economica” ma da una partecipazione all’organizzazione del lavoro e della produzione sia di beni che di servizi. Se il lavoro (e la sua rappresentanza unica) è protagonista consapevole della creazione del valore dell’impresa potrà a buon diritto “partecipare” anche alle scelte di impiego di quel plus-valore, sia in forme di cogestione che in forme di controllo (presenza nei consigli di amministrazione oppure in comitati di garanzia). Partire a rovescio, dalla co-gestione del capitale di impresa lo ritengo una scorciatoia impraticabile, e non gradita soprattutto da parte delle aziende e dei loro azionisti.

I piani azionari per i dipendenti sono la mani festazione di una concezione meno conflittuale dei rapporti tra imprenditori e lavoratori, ma fi nora non riflettono un organico disegno riforma tore che veda impegnate nella sua realizzazione le parti sociali. L’esiguità della diffusione di questa pratica te stimonia come lasciarla alle singole iniziative im prenditoriali significhi rinunciare a una strategia innovativa delle relazioni industriali che veda an che i lavoratori assumere un ruolo da protagoni sti.

La legge . Che si tratti della partecipazione agli organi di governo della società o dei piani di partecipazione finanziaria tutto deve rientrare nella negoziazione tra le parti. Inoltre, il passaggio dalla contrattazione collettiva diventa la sola condizione per beneficiare da parte sia dei lavoratori, sia delle imprese delle possibili agevolazioni fiscali. In questo contesto si prevede (art.21) anche la creazione di un nuovo soggetto il “Garante della sostenibilità delle imprese” che opera come meccanismo di certificazione della sostenibilità delle imprese, una qualifica alla quale contribuisce l’adozione degli strumenti partecipativi prima richiamati, con la possibilità, alla luce della certificazione, di ulteriori misure premiali (non specificate) definite dal Ministero delle Finanze. Sono queste direttrici che pongono non pochi interrogativi sull’esigenza di “spingere” le imprese sul terreno della responsabilità sociale attraverso meccanismi incentivanti, soprattutto alla luce di un’asimmetria con l’evoluzione della legislazione comunitaria notoriamente sempre più indirizzata verso regole prescrittive.

 Per chi si ricorda la storia dei consigli di gestione allora  cioè da un lato ilconflitto e dall’altro la collaborazione. Ciò che prevalse fu un’azione collaborativa dei consigli alla ricostruzione per garantire il lavoro e l’occupazione alle masse industriali e ai disoccupati e, quindi, orientata ad un obiettivo prioritario di aumento della produzione.In questa logica i rappresentanti dei lavoratori compirono uno sforzo notevole di elaborazioni, analisi, proposte per migliorare gli aspetti tecnici e produttivi delle attività aziendali in particolare industriali. Se i tempi del ritorno alla normalità produttiva furono relativamente brevi ciò lo si deve anche all’opera dei consigli di gestione. Tra tutti l’esempio dellaFiat è emblematico come testimoniano numerosi lavori di ricostruzione storica di quel periodo.

Poi è evidente che partecipazione può significare anche maggiore produttività  Stiamo parlando di dati 2023 ISTAT, gli ultimi disponibili, e il quadro è nero: la produttività del lavoro è scesa del 2,5 per cento, quella del capitale dello 0,9 per cento e la produttività totale di tutti i fattori è calata anch'essa del 2,5 per cento. Siamo di fronte a un drastico peggioramento perché se è vero che la produttività non è stata la materia in cui siamo storicamente andati meglio, almeno negli anni tra il 2014 e il 2023 si era registrato un incremento medio di quella del lavoro dello 0,5%. Le ore lavorate, invece, nel 2023 sono aumentate più del valore aggiunto. Anche dalla produttività del capitale arrivano notizie sconsolanti sullo stato degli investimenti in tecnologie dell'informazione e della comunicazione, lo 0,9 per cento in un anno indica un andamento a gambero dell'innovazione. Vale per questo caso lo stesso ragionamento di prima: non è che negli anni scorsi andasse a gonfie vele ma almeno nel periodo 1995-2023 la produttività del capitale era cresciuta dello 0,4 per cento medio annuo grazie a un valore aggiunto superiore a quello che viene chiamato l'input di capitale. La produttività totale dei fattori che, come sottolinea l'Istat, riflette l'efficienza complessiva in cui lavoro e capitale sono utilizzati nel processo di produzione. Un 2,5 per cento in meno in un solo anno denuncia lo stato di salute del sistema produttivo che non riesce a generare nemmeno il valore aggiunto degli anni precedenti. E che quindi corre il pericolo di allargare il gap di produttività nei confronti dei Paesi concorrenti. Ma invece guai a parlarne. E stavolta la responsabilità  è di tutti anche di  quelle dell'opposizione, della Confindustria e dei sindacati ma, appunto, anche del sistema dell'informazione. Ma il rischio di avviarci lungo quella via bassa della competitività, che segnerebbe una sconfitta storico del modello produttivo italiano, c'è tutto. Anche perché siamo davanti allo sviluppo di un nuovo ciclo di innovazione, legato all'intelligenza artificiale, e dobbiamo assolutamente arrivarci con un patrimonio tecnologico  adeguato .

20 novembre giornata internazionale bambini e adolescenti

Alessandra Servidori  

Mi hanno chiesto di anticipare un commento in preparazione della giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza che è stabilita il 20 novembre ogni anno dal 1954 dall’Onu. Aspettando la relazione  annuale del Parlamento e del Garante per l’Infanzia italiano accenno a qualche considerazione. Un esame  del quadro statistico storico evidenzia la  incessante diminuzione del numero di bambini e bambine, ragazzi e ragazze e specularmente l’invecchiamento della popolazione sul quale ovviamente traballa il nostro sistema di sostegno sociale in particolare per quello che riguarda il welfare. Sul fronte familiare, l’instabilità coniugale risulta in aumento, vista la crescita di separazioni e divorzi, da cui deriva un aumento dei nuclei monogenitoriali anche causati da una povertà in salita. Anche le adozioni nazionali, internazionali e affidamento familiare risultano in calo, mentre cresce l’accoglienza di bambini e bambine, ragazzi e ragazze nei servizi residenziali per minorenni. Relativamente all’educazione e alla scuola, al contrario di quanto accade per i servizi educativi per la prima infanzia, gli iscritti della scuola dell’infanzia aumentano e il tasso di scolarità è vicino a quello della scuola primaria che, tuttavia, ha un lieve trend di decrescita. La dispersione e l’abbandono scolastica sale nella scuola secondaria di secondo grado con notevoli differenze territoriali.  Le Linee guida del Comitato Onu per la redazione dei rapporti governativi periodici, è utilizzato per l’elaborazione del rapporto quinquennale all’Onu sullo stato di applicazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176  ed è il riferimento per costruire un quadro che poi si realizza concretamente attraverso il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza che opera dal 2018 per promuovere informare e comunicare lo stato delle politiche a favore dell’infanzia e adolescenza e l’impatto storico che ne risulta sulla popolazione italiana. Ne sono strettamente correlate le linee di bilancio dedicate all’infanzia e all’adolescenza, per far valere il principio di non discriminazione e il diritto all’istruzione, di garantire la partecipazione di bambini, bambine e adolescenti ai progetti che li riguardano e ai programmi di sviluppo sostenibile e di diffondere fra bambini e bambine, ragazzi e ragazze la conoscenza dei loro diritti. Personalmente è fondamentale essendo componente del Comitato per il contrasto alla povertà educativa minorile  approfondire  il tema della povertà ed esclusione sociale di bambini e bambine, ragazzi e ragazze in Italia. Si rileva che la povertà è un fenomeno complesso che non comprende solo la sfera economica e che è strettamente connesso all’esclusione sociale, perché si ripercuote sull’opportunità di crescita individuale. Solo recentemente sono stati messi a punto indici di deprivazione materiale specifici per bambini e bambine, ragazzi e ragazze e contemporaneamente è stata modificato attraverso uno studio mirato i criteri di misurazione di povertà relativa e assoluta ed è emerso  come siano numerosi i minori di età in una situazione di deprivazione, poiché non hanno accesso a un insieme di beni e servizi essenziali per uno standard di vita accettabile. Il rischio di povertà è in aumento nelle famiglie con almeno un figlio minorenne e cresce con l’aumentare del numero dei figli.E peraltro incide l’assottigliarsi dei contingenti delle donne in età riproduttiva, che nella compressione del periodo fertile e a parità di propensione a fare figli, garantiscono via via un numero sempre più ridotto di nati. E poi la verità è che se anche le donne mettono al mondo bambini la loro occupazione è fortemente instabile ovvero percaria in quanto mancano ancora a tutt’oggi servizi per l’infanzia la non autosufficienza e la terza età per non parlare della flessibilità lavorativa che NON consente un equilibrio tra vita e lavoro, un sistema fiscale che punisce il reddito familiare e una mancanza di congedi parentali che pesano sia per le lavoratrici che per i lavoratori che devono sostituire il  sistema di sostegno del welfare in declino per problemi di debito pubblico. L’assottigliarsi del numero di bambini e bambine, ragazzi e ragazze è palese in ogni ambito della vita quotidiana, a partire dalla famiglia, in cui la crescita delle nuove generazioni è caratterizzata sempre più da contesti di vita a prevalenza adulta, in cui più rare sono le occasioni di confronto e condivisione con fratelli e cugini, di pari età.  I tassi di copertura segnalano un trend di decrescita,  della frequenza scolastica in tutti gli ordini scolastici presi in considerazione, con valori preoccupanti nelle scuole secondarie di II grado. Nell’ambito della dispersione scolastica rientrano gli alunni che si ritirano ufficialmente entro il 15 marzo; non vengono valutati per assenze dovute a motivi familiari; non vengono valutati per interruzione scolastica in corso d’anno per motivi sconosciuti alla scuola; non vengono valutati perché mai frequentanti, sebbene iscritti. Per abbandono scolastico si intende la mancanza di informazioni di giovani che non è possibile conoscere e questo è un elemento molto grave con differenze territoriali diverse tanto che continuiamo a registrare in moltissimi ambiti tre confini del nostro paese nonostante il Riparto del Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale e adozione del Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà  con cui è stato adottato il primo Piano per gli  ai  trienni dal 2018 e  sempre di seguito, dal Pnrr e da un coordinamento interministeriale per  politiche per la famiglia, sostegno della maternità e della paternità, conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, misure di sostegno alla famiglia, genitorialità e natalità (anche per contrastare la crisi demografica); e ancora in materia di politiche per le adozioni – anche internazionali – di minorenni italiani e stranieri, di politiche per l’infanzia e l’adolescenza – anche con riferimento allo sviluppo dei servizi socioeducativi per la prima infanzia –, in materia di politiche in favore delle persone con disabilità – anche con riferimento a quelle per l’inclusione scolastica –, l’accessibilità e la mobilità.  I dati diffusi dall'Istat dimostrano che sono le bambine, i bambini e gli adolescenti i più colpiti dalla povertà in Italia. Sono infatti 1,29 milioni i minori in povertà assoluta (il 13,8% del totale), il valore più alto dal 2014, rispetto al 9,7% della popolazione totale.(Ottobre 2024) . La povertà e l’esclusione sociale dei minorenni ci mostrano, da una parte, che la prospettiva di sguardo del bambino non coincide necessariamente con quella dell’adulto – e per tale ragione è necessario aprire all’ascolto dei minorenni sui temi che riguardano la loro quotidianità e il loro vissuto – dall’altra che la condizione di povertà economica nell’infanzia  preclude  il fiorire e lo sviluppo di attitudini, talenti e aspirazioni,  anche se non è la povertà di reddito l’unico fattore che incide sul benessere del bambino,  è necessario investire per rimuoverla affinché non rappresenti un fattore di mortificazione delle potenzialità di ciascun bambino e bambina, ragazzo e ragazza. Parliamo di 1 bambino su 7 che vive in povertà assoluta in Italia : siamo di fronte ad una situazione in cui servono provvedimenti immediati per affrontare l’emergenza e una strategia nazionale, per assicurare a tutte le bambine e i bambini e gli adolescenti le stesse opportunità di crescita. Perchè loro sono il nostro futuro e un Paese che non investe sui suoi giovani non ha futuro.

 

TUTTEPERITALIA ADERISCE E PROMUOVE LA CARTA DEI DIRITTI

Alessandra Servidori * www.ilsussidiario.com 

Nell’epoca della cd Responsabilità sociale dell’impresa che sovente è richiamata dalla normativa internazionale, l’iniziativa di docenti del centro interdipartimentale Orfect Prof Vincenzo Pacillo e Basira  Hussen- Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia- FAR Dipartimentale Azione 10, nell’area La laicità come valore fondante dell’Unione Europea e le relazioni di lavoro,hanno promosso la CARTA DELLEBUONEPRASSI PER IL RISPETTO DELLA LIBERTÀ DI RELIGIONE E DI CONVINZIONE NEI LUOGHI DI LAVORI che aiuta concretamente la comunità lavorativa a dialogare e a comprendere le reciproche diversità tra uomini e donne di diverse etnie e superare possibili difficoltà.Questa iniziativa in una stagione di particolari tensioni  risponde all’esigenza di integrare il quadro normativo esistente con linee guida operative che rendano più efficace e concreta l’applicazione dei principi di non discriminazione e tutela delle convinzioni religiose.  La normativa, pur essendo chiara nei suoi principi generali, può risultare complessa da applicare in situazioni specifiche e la Carta  può fornire indicazioni concrete su come gestire casi particolari (ad esempio, l’uso di simboli religiosi, l’osservanza di pratiche religiose durante l’orario di lavoro, o la gestione di giorni di riposo per festività religiose), garantendo così un’applicazione uniforme delle regole in diversi contesti aziendali. Molte delle problematiche relative alla discriminazione religiosa derivano da incomprensioni o da una mancanza di sensibilità e la carta  può servire da strumento educativo e preventivo, fornendo al datore di lavoro e ai dipendenti linee guida chiare su come rispettare e promuovere la libertà religiosa in azienda, riducendo così il rischio di contenziosi legali,affrontando un più ampio concetto di diversità e inclusione sul posto di lavoro,   promuovendo una cultura aziendale accogliente,MIGLIORA il benessere e la produttività dei dipendenti, favorendo un ambiente di lavoro più sereno e rispettoso delle diversità e delle reciproche  necessità e flessibilità. Nell’ambito organizzativo aiuta a gestire  permessi per festività religiose,i turni di lavoro, la gestione dell’abbigliamento religioso. Queste linee guida  offrono  soluzioni pratiche che bilanciano le esigenze del datore di lavoro con i diritti dei dipendenti, evitando conflitti  può diventare un elemento distintivo nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa (CSR)  e può dimostrare  di essere un’azienda  che migliora così la propria reputazione e favorisce  buone relazioni  con i propri stakeholder. Uno strumento pratico che ci sostiene nelle trasformazioni sociali e culturali , che rispondano ai bisogni di una forza lavoro sempre più diversificata, con problematiche che già da ora  emergono  ed è un valido  complemento al sistema giuridico, non solo per garantire l’applicazione effettiva dei diritti e dei doveri. Uno dei principi cardine della Carta è il riconoscimento della diversità religiosa e culturale perché in un mondo globalizzato e interconnesso, la presenza di persone con diverse fedi religiose nei luoghi di lavoro è una realtà ineludibile e può rappresentare una risorsa che arricchisce l'ambiente lavorativo e promuove una maggiore inclusione sociale.Tra le buone prassi fondamentali della Carta troviamo l’impegno a promuovere politiche aziendali che eliminino qualsiasi forma di discriminazione,  diretta o indiretta, e gli accordi contrattuali e le prassi aziendali devono essere formulate in modo tale da non escludere o penalizzare coloro che professano una fede diversa dalla maggioranza;  incoraggia le imprese a sviluppare politiche contrattuali di accomodamento ragionevole,che consentano come diversity management,  di costruire un ambiente di lavoro inclusivo, nel quale tutti i lavoratori  e le lavoratrici si sentano rispettati e valorizzati,e adottare politiche di gestione della diversità che assicurino una partecipazione attiva di tutti i dipendenti di trovare soluzioni che consentano ai lavoratori di celebrare le festività religiose senza pregiudicare la continuità produttiva, includendo l'introduzione di giorni di congedo flessibili o la possibilità di scambiare i turni con altri dipendenti, impegnandosi a monitorare costantemente l’applicazione delle politiche di inclusione e ad aggiornare periodicamente la carta delle buone prassi, tenendo conto dei feedback dei lavoratori e delle evoluzioni normative e sociali possiamo credibilmente ottenere una situazione di maggiore benessere per tutti. Questa Carta sostiene insieme genere, handicap,religione e  raccoglie legislazioni italiane internazionali pragmaticamente indirizzando la comunità lavorativa ad una assunzione di responsabilità positiva e soprattutto condivisa.

Alessandra Servidori componente Comitato Interministeriale Diritti Umani

https://www.ildiariodellavoro.it/patente-a-punti-ecco-le-criticita/

https://www.ildiariodellavoro.it/patente-a-punti-ecco-le-criticita/ ALESSANDRA SERVIDORI 

Alessandra Servidori

Patente a punti per il settore edile legge 56/2024 e Formazione in azienda-Legge 2015/2021 prevista dal nuovo accordo tra Conferenza Stato e Regioni …… tutto collegato e Ottobre dovrebbe essere il mese di avvio per contrastare il declino della sicurezza sul lavoro.

Vediamone i punti critici.

La patente a punti è partita dal 1 ottobre come prevede la Legge  56/2024 e osservando il parere del Consiglio di Stato non si può non essere d’accordo e contemporaneamente ci domandiamo se in materia di formazione la legge 2015 del 2021 che declina i cambiamenti per la sicurezza soprattutto in materia di formazione (  fondamentale per prevenire i rischi e gli incidenti,nonché le malattie professionali) avendo avuto nel maggio scorso finalmente la predisposizione della bozza di Nuovo Accordo la Conferenza Stato  Regioni da parte del Ministero del lavoro possiamo sperare di una veloce (?) approvazione almeno per cercare di capire come contribuire a muoverci concretamente per ottemperare  in modo adeguato e utile alla potente e condivisibile sollecitazione del Presidente Mattarella .

Patente a punti : il Consiglio di Stato ha sollevato opportunamente il requisito della colpa grave del datore di lavoro per la sospensione dell’impresa edile in caso di infortunio grave. La colpa grave non è definita nel Codice penale. E semmai a formularla è il giudice. Come fa l’ispettore del lavoro, che interviene subito dopo il fatto, a decidere se si tratta di colpa grave? Sulla base di quali elementi, con quale autorità e seguendo quali procedure?Personalmente faccio notare  che in caso di sospensione, che è verso l’impresa edile e non verso l’attività,  l’ispettore del lavoro dovrebbe assumersi la responsabilità di sospendere imprese anche di notevoli dimensioni, con la conseguenza di contenzioso e danni per l’impresa e per l’occupazione.La legge  è applicabile ai cantieri temporanei o mobili, ma non al settore altrettanto pericoloso degli appalti cosiddetti intraziendali, affidati da un datore di lavoro all’interno della propria azienda. Ne consegue che l’obbligo di verificare il possesso della patente a punti da parte di imprese e lavoratori autonomi non fa mai capo ai datori di lavoro committenti di appalti intraziendali. Se si crede nell’efficacia di questa legge, bisognerebbe invece renderla applicabile in tutti i settori.Certo, la legge n. 56/2024 stabilisce che le disposizioni concernenti il campo di applicazione della patente “possono essere estese ad altri ambiti di attività individuati con decreto del Ministro del lavoro sulla base di quanto previsto da uno o più accordi stipulati a livello nazionale dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative”. Ma si tratta di un  eventuale, decreto ministeriale di cui per giunta non viene stabilita la data di emanazione.Per i lavoratori autonomi che sono tanti in edilizia e anche in altri settori  Imprese e lavoratori autonomi sono tenute ad essere in possesso della patente a punti solo se operano nei cantieri temporanei o mobili, ma non se operano negli appalti intra-aziendali. E l’obbligo di verificare ipossesso della patente da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi non fa mai capo al datore di lavoro committente degli appalti intra-aziendali, ma fa capo soltanto al committente (o al responsabile dei lavori) nei cantieri temporanei o mobili. Si cita poi  l’’adempimento da parte dei lavoratori autonomi degli obblighi formativi previsti dal decreto legislativo 81 del 2008. Peccato che all’articolo 21 il decreto 81 dica che “i lavoratori autonomi hanno la facoltà di formarsi”.  Per i lavoratori autonomi  all' articolo 2222 del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26”, e che, in base all’art. 21, i lavoratori autonomi, “relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali”. Sono convinta che sia giusto  perlomeno inserire una formula che contempli la verifica da parte dell’INL della partecipazione del lavoratore autonomo a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte? Altrimenti, si espone lo stesso lavoratore autonomo, ma anche gli eventuali lavoratori delle imprese esecutrici compresenti, a una situazione potenzialmente pericolosa, in quanto può accompagnare all’interno del cantiere un soggetto sprovvisto di requisiti formativi indispensabili per garantire la sicurezza.Ancora: abbiamo il problema del documento della valutazione dei rischi ( DVR) è una formulazione atta a ricomprendere le ipotesi in cui il DVR risulti, sì, elaborato e dunque posseduto dal datore di lavoro, ma sia per le più diverse ragioni incompleto, insufficiente, inadeguato, generico, non veritiero, e, dunque, a ben vedere, proprio le ipotesi che abitualmente emergono nella prassi come causa d’infortuni? La lettera della norma induce a rispondere di no. Con la preoccupante conseguenza che si apre la strada al rilascio della patente a punti anche in casi in cui il datore di lavoro abbia sostanzialmente violato un obbligo fondamentale come la valutazione dei rischi. E non è facile accontentarsi di una verifica - certo meno impegnativa, ma puramente formale - da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro in sede di rilascio della patente a punti. Ancora sul rilascio della patente :  il committente o il responsabile dei lavori verifica il possesso della patente di cui all'articolo 27 nei confronti delle imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi”. E non dunque delle imprese affidatarie. È vero che, tra le condizioni necessarie per il rilascio della patente, l’art. 29, comma 19, indica il “possesso del certificato di sussistenza dei requisiti previsti per le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici dall’articolo 17-bis, commi 5 e 6, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (certificato comunemente denominato documento unico di regolarità fiscale - DURF) comunque  sarebbe utile specificarlo all’inizio della procedura.E dobbiamo considerare che  torna continuamente il distinguo letterale tra imprese affidatarie e imprese esecutrici. E l’omessa menzione delle imprese affidatarie sorprende ancora di più, ove si tenga conto che le imprese affidatarie hanno gli obblighi previsti dal TU 81.Problema delicato e legato alla formazione che pervade tutta la legge è  è quello che riguarda le condizioni per il rilascio della patente a punti. Anzitutto, l’adempimento da parte del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti, dei lavoratori autonomi e dei lavoratori dell'impresa, degli obblighi formativi previsti dal D.Lgs. n. 81/2008. Per cominciare, oggi come oggi, l’adempimento degli obblighi formativi da parte del datore di lavoro è tanto atteso quanto ancora non in possesso definitivamente di nessuno, visto che è condizionato al  Accordo Stato-Regioni che deve essere sottoscritto in Conferenza Stato Regioni e ad oggi non sappiamo se e quando sarà pubblicato e in GU e ancora prima ovviamente sottoscritto  questo provvedimento : è in agenda ?  E’ importantissimo ciò che prevede la legge  215 / 2021  che stabilisce fondamentali obblighi sia per il datore di lavoro che per il preposto  che per i dipendenti e addirittura stabilisce i contenuti della formazione e le modalità.

Per contrastare gli incidenti sul lavoro  oltre alla revisione della legge sulla “patente a punti” l’importanza di estenderla  a tutti i settori, oltre alla necessità di garantire la formazione ai lavoratori somministrati prima dell’inserimento nel posto di lavoro, il controllo degli organi di vigilanza che non funzionano, per mancanza di formazione adeguata e personale, e la necessità di intervenire in quanto la giustizia penale in materia di sicurezza sul lavoro non fa più paura a nessuno ed è per questo che mi pare saggio istituire  per questioni di  qualità ed efficienza dei controlli e delle indagini,  una Procura distrettuale e nazionale sul lavoro con  magistrati specializzati, che possano andare oltre i confini di ciò che è successo. Ad esempio, se si verifica un incidente su un ponte, oltre a svolgere l’indagine sul caso specifico la Procura in questione potrebbe andare a vedere anche lo stato di salute degli altri ponti in Italia.  Sappiamo consapevolmente  che si sta sviluppando, tra le imprese meno attente  la sensazione che le leggi ci sono, ma non vengono applicate. E, tra le vittime e i loro parenti, un senso di giustizia negata.

 

 

 

 

 

 

 

 

Oblio oncologico : cosa dobbiamo sapere

Alessandra Servidori  OBLIO ONCOLOGICO :Diritti e doveri   il sussidiario.net 

In Italia 3,7 milioni di persone hanno avuto una diagnosi di tumore nella loro vita; di queste, circa un milione possono considerarsi guarite e la  legge sull’oblio oncologico si propone di tutelare le persone guarite da un tumore “al fine di escludere qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento” attraverso una serie di norme che prevedono parità di trattamento, non discriminazione e garanzia del diritto all’oblio. E’ la legge n.193/2023  che prevedeva dei decreti attuativi e che in luglio sono stati licenziati passando un po’ troppo sotto silenzio. E’ la legge per ogni persona guarita da un tumore il cui trattamento terapeutico si sia concluso senza episodi di recidiva,da più di dieci anni per gli adulti o da cinque per i tumori diagnosticati prima del compimento del ventunesimo anno di età. La legge prevedeva anche che, con decreto del Ministero della Salute, siano indicate le patologie oncologiche da considerarsi guarite in intervalli di tempo inferiori a quelli di dieci o cinque anni  e tutta la prassi da adottare ( modulistica e certificazione ecc) proibendo ogni forma di discriminazione nei loro confronti  per quanto concerne l’accesso ai servizi bancari, finanziari (mutui, prestiti) e assicurativi, la possibilità di adottare un figlio, l’accesso e l’inclusione nel mondo del lavoro.Proprio in merito al lavoro le lavoratrici e i lavoratori che sono guariti hanno finalmente l’occasione per riprendere una attività fondamentale per il loro progetto di vita attiva. La piena applicazione del diritto all’oblio oncologico, sancito dalla legge è completamente agibile in Gazzetta Ufficiale con il Decreto del Ministero della Salute 5 luglio 2024 recante "Disciplina delle modalità e delle forme per la certificazione della sussistenza dei requisiti necessari ai fini della normativa sull'oblio oncologico".Il decreto definisce le modalità con cui gli ex pazienti che rientrano nei parametri previsti dalla legge possono ottenere la certificazione che attesta il loro diritto all’oblio, ovvero il diritto a non fare menzione della loro pregressa malattia tumorale, perché non più rilevante.  Si disciplina le modalità per la presentazione dell'istanza e il rilascio della certificazione. La persona interessata, ex paziente oncologica, deve  presentare istanza di rilascio del certificato di oblio oncologico, ai sensi della legge 7 dicembre 2023, n. 193, compilata con i dati personali (nome e cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale, indirizzo di residenza) ed eventualmente corredata dalla relativa documentazione medica. Al  decreto è allegato un modello di riferimento per l’istanza che va presentata  “ad una struttura sanitaria pubblica o privata accreditata o ad un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale nella disciplina attinente alla patologia oncologica di cui si chiede l’oblio o al medico di medicina generale oppure al pediatra di libera scelta”. La certificazione dovrà arrivare entro 30 giorni dalla richiesta, “se sussistono, a giudizio della struttura o del medico certificante, i presupposti temporali (decennali o quinquennali) richiesti dalla legge n. 193 del 2023 e quelli previsti nei successivi decreti attuativi della legge con i quali sono indicati per specifiche patologie oncologiche termini inferiori di guarigione. Con decreto del 22 marzo 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 aprile 2024, si specifica. Tumori del colon-retto, stadio I, qualunque età alla diagnosi: 1 anno dalla fine del trattamento,Tumori del colon-retto, stadio II e III, diagnosi dopo i 21 anni: 7 anni dalla fine del trattamento,Melanoma, diagnosi dopo i 21 anni: 6 anni dalla fine del trattamento,Tumori della mammella, stadio I e II, qualunque età: 1 anno dalla fine del trattamento,Tumori dell’utero, diagnosi dopo i 21 anni: 6 anni dalla fine del trattamento o qualunque età: 5 anni dalla fine del trattamento,Tumori del testicolo, qualunque età: 1 anno dalla fine del trattamento.Tumori della tiroide, donne con diagnosi prima dei 55 anni, uomini con diagnosi prima dei 45 anni, esclusi i tumori anaplastici per entrambi i sessi: 1 anno dalla fine del trattamento-Linfomi di Hodgkin, diagnosi prima dei 45 anni: 5 anni dalla fine del trattamento,Leucemie acute linfoblastiche e mieloidi, qualunque età: 5 anni dalla fine del trattamento. Questa legge è fondamentale per tutte le persone interessate ma soprattutto in ambito lavorativo a proposito di diritti e doveri : troppi ancora i casi di discriminazione, demensionamento, licenziabilità, troppe ancora le non conoscenze in questo ambito e tra chi non cerca lavoro nel nostro paese, i cd Net, troppe persone sono coinvolte dalla  rassegnazione e dunque  una speranza arriva finalmente da una legge giusta.Che va conosciuta e applicata.

 

 

La verità solo la verità sull'antisemitismo feroce di cui mi vergogno

Alessandra Servidori Mi vergogno di questo feroce antisemitismo 

A due giorni dall’anniversario del massacro del 7 marzo 2023 per mano terroristica di Hamas – e non solo- come segno concreto di alleanza per la vera pace e non quella ibrida e falsa che anche oggi in quella manifestazione rancida svolta a Roma da fanatici abbiamo visto sfilare ,mi sono iscritta alla International Holocaust Remembrance Alliance e  sono a fianco a loro alla popolazione Ebrea violata ancora oggi pretestuosamente . Affermo  che quello in cui stiamo vivendo oggi è un clima  ideale per la ripresa, l’approfondimento, lo sviluppo di forme “organizzate” e programmate di antisemitismo.La questione  è patologica e allarmante per l’intera società in cui si manifesta, e tocca quindi essenzialmente alla società, alla politica, alla cultura esterne al mondo ebraico, che ne sono contagiate, il compito di contrastarlo.Come insegnante sono consapevole che molti sistemi educativi siano in crisi perché sono spesso bloccati nel passato e come programmi di studio, di formazione degli insegnanti e metodi di insegnamento siano obsoleti lasciando gli studenti senza le competenze necessarie per esercitare una cittadinanza attiva e democratica in un mondo in rapido cambiamento.Le Università e il web e non solo  sono il luogo privilegiato dove circola l’armamentario di pregiudizi usato per attaccare Israele, per sminuire la Shoah, per colpire la minoranza ebraica. In particolare – dopo le stragi di Hamas e la reazione militare a Gaza – è tornata con forza la falsa e pericolosa identificazione tra Israele – ebraismo – sionismo e il nazismo. Una equiparazione, che permette di lavarsi la coscienza dalle responsabilità passate e di ribaltare la colpa sugli ebrei.
Gli eventi che coinvolgono Israele originano sempre un antisemitismo sanguinario che recupera (anche da parte di laici) stilemi antigiudaici rimodellati sulla realtà “sionista”,  ma era dal 1982 che non si raggiungevano tali vertici di compiaciuta efferatezza, . Sondaggi alla mano, la ricerca di fatti e sentimenti evidenzia come il 10% degli italiani esprima esplicitamente il proprio antisemitismo, a cui si aggiunge un’ampia area grigia di pregiudizi antiebraici. Si va dai complotti sugli ebrei ricchi che tirano le fila dell’economia e dell’informazione, all’immagine dell’ebreo vendicativo. . I giovani sono particolarmente vulnerabili,  E lo dimostra il dato sull’abbandono scolastico: quasi un minore su sette non finisce gli studi. Molti non raggiungono le competenze di base alla fine del percorso scolastico. Povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda e si trasmettono di generazione in generazione. A colpire ulteriormente il tessuto sociale, la disinformazione e il disorientamento davanti al flusso costante di notizie. Questa fragilità e questa ignoranza –  alimenta anche l’antisemitismo.Qualche dato positivo c’è,  Dal 25 agosto 2023 le piattaforme online di grandi dimensioni devono rispettare il DSA (Digital services act) dell’Unione Europea. Sono obbligati a rimuovere i contenuti antisemiti e c’è stato un miglioramento da questo punto di vista che però in questi ultimi tempi si è aggravato. L’antisemitismo e il suo acuirsi non è un problema solo degli ebrei, Parliamo di cittadini in difficoltà ad esempio a frequentare scuole o università per la loro identità. Sono stati attaccati da compagni o da insegnanti. Sono stati violati i loro diritti tutelati dalla Costituzione,  Discriminazioni contro cui tutta la società dovrebbe reagire. Ma il clima generale è preoccupante. Al di là degli episodi singoli, registriamo una pressione generale sul mondo ebraico,che porta ad avvelenare il clima e a rendere più difficile la vita dei singoli. Se guardiamo al mondo palestinese e al terrorismo che spesso  ha caratterizzato e ancora oggi con alleati caratterizza la  lotta contro Israele, vediamo  appunto che la sua evoluzione è divenuto modello per il terrorismo islamista antiocciedentale  che furoreggia . E questo terrorismo politico ha una valenza antisemita : i nemici sono prevalentemente qualificati come “gli ebrei”, non tanto come gli israeliani.Dunque dobbiamo spenderci  nelle aule nei luoghi di lavoro per riannodare la storia vera per lasciare ai nostri giovani e discuterne con loro la verità storica e avere il coraggio per affrontare  l’assurdità della lotta contro la cultura: la guerra di tante illustri Università europee contro prestigiose Università israeliane; l’incapacità di superare le diversità in nome della scienza e del sapere; la scienza che nega se stessa, insomma. E’ una forma di inciviltà, una forma di isolamento antisemita. Insieme a tutto ciò spicca l’irrazionalità del boicottaggio economico contro una economia all’avanguardia come quella israeliana, alimentata anche da una forte motivazione sociale che potrebbe portare un autentico arricchimento di risorse in un’area depressa come il Medio Oriente. Coraggio ricominciamo a studiare la storia e non a cancellarla.

 

SALVA LA DATA 19 ottobre 2024 - Bologna H. Carlton -Sala Saturno- h 15 -Via Montebello 8 - Oblio oncologico : cosa dobbiamo sapere Oblio oncologico : di cosa si tratta e che diritti abbiamo

             TUTTEPERITALIA  e FORZA ITALIA   invitano tutte e tutti coloro che desiderano partecipare 

  SABATO 19 Ottobre 2024 ore 15  H. CARLTON  - Sala SATURNO -Via Montebello 8 BOLOGNA

Prevenzione delle discriminazioni, tutele, diritti di coloro che hanno superato le patologie oncologiche

       Decreti attuativi legge 7 dicembre 2023 n.193 e  novità legislative sull’oblio oncologico

Parliamone insieme:

Alessandra Servidori  Presidente nazionale TutteperItalia

Barbara  Maiani   Giuslavorista

Fabio Brunelli Volontario Ant

Antonio Federico Medico

Roberta Marescalchi Volontaria

Carla Facchini e Sandra Zinelli presentano l’associazione TutteperItalia www.TutteperItalia.it

Conclude Valentina Castaldini Capo Gruppo Forza Italia Regione Emilia Romagna

Per  informazioni  e adesioni scrivere  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ottaviano Del Turco ci manca molto

Alessandra Servidori  

Un mese che Ottaviano del Turco  non è più con noi e sono grata al giornale   Start Magazin che mi offre   l’opportunità di ricordare un amico vero conosciuto da pochi come persona perché intimamente riservato. Ottaviano se n’è andato dopo una vita impegnata vissuta da autodidatta  perché non era certo cresciuto a nessuna scuola politica venendo da quel paese  abruzzese che lui amava e che lo ha accolto sempre nel trionfo e nel dolore. Infatti lui aveva frequentato le scuole fino alla terza media e poi da buon socialista era cresciuto dentro e in mezzo alle sedi periferiche  di partito  con una intelligenza e una volontà che i libri ritengono appartenere solo ai grandi leader che comunque hanno frequentato scuole prestigiose. Lui rappresentava il valore della politica socialista creativa con una capacità di generare innovazione studiando le vicende  e la storia del partito e contemporaneamente ricombinando attualizzandole in maniera originale elementi già conosciuti e attualizzandoli con idealismo e anticonformismo. Ottaviano aveva la memoria, la capacità di affrontare e risolvere i problemi,la velocità dell’apprendimento e l’elaborazione di nuove strategie politiche restituendo ai compagni e compagne socialiste – e non solo-quella forza che  ci consentiva di esprimerci con pari dignità nel mondo sindacale,istituzionale politico in un rapporto privilegiato  sistematico tra noi e lui con la sua tenacia. Un’amicizia molto forte che si è creata negli anni dell’esperienza in cgil che si è consolidata nella comprensione naturale delle sue intuizioni quando affrontò per primo il tema dell’occupazione in termini non solo di quantità di lavoro  e  considerando  anche la qualità del lavoro cioè l’adeguatezza e l’equità del sistema sociale e contrattuale con il coraggio di sostenere il famoso accordo di San Valentino che portò ad uno scontro micidiale tra socialisti e cd “cumunisti” nel ventre del sindacato il cui capo era Trentin e Ottaviano il suo braccio destro. Poi per lui Capo della commissione anti mafia e prima ancora il tentativo generoso di salvare ciò che si poteva nel partito socialista massacrato,il lodevole  percorso come governatore della sua Regione rinata con iniziative coraggiose,fino a che la violenza  e le menzogne di una magistratura e di un partito settario che non lo aveva mai accettato perché troppo autorevole e libero da compromessi, soprattutto onesto, che lo hanno trascinato in vicende vergognose e falsità ignobili. La mia amicizia con Ottaviano è stata entusiasmante e sono grata dei momenti trascorsi e delle affettuosità che mi ricordano tempi di una maturità politica irripetibili. Quando mi telefonò per dirmi che era stata una genialità l’iniziativa che avevamo assunto con un’altra compagna di Roma Fiorella, dopo la strage dei bimbi di Beslan nell’accendere alla finestra una candela per quella vigliaccata consumata già da allora da Putin, o il suo entusiasmo quando con Giuliano apprezzavano le lasagne di mia madre,il suo talento creativo quando  inventò ancora l’attuale quadratino rosso simbolo del sindacato di maggioranza, o mi segnalava la sua partecipazione a varie mostre che coincidevano nell’area emiliana ,o il suo disegno di testa di cinghiale che mi dedicò siglandolo come mio ammiratore chiamandomi Sandra. Ecco momenti di grande amicizia vissuta insieme a Giuliano anche nella sua Collelongo,nei palazzi romani, in una complicità che si trova raramente negli ambienti che frequentavamo tutti e tre. Lui ci manca molto.

A Trieste noi cattolici ci siamo chiarite le idee

Alessandra Servidori    A Trieste ci siamo chiarite le idee

Dopo le Europee e il caos della Francia divisa esattamente in tre parti elettorali e Macron che dovrà comunque cercare di formare un Governo è sempre più urgente collaborare per costruire una agenda per il 202472029 ue . Non sarà semplice rendere l’Ue più forte e accrescere la sovranità europea, affrontando le questioni centrali connesse alle sue priorità politiche, nonché alla sua capacità di agire di fronte alla nuova realtà geopolitica e a sfide sempre più complesse. Elaborata nel corso dei mesi, l’agenda che guarda al futuro dell’integrazione europea è stata approvata durante il Consiglio europeo del 27 giugno. Un documento di una decina di pagine, varato non senza obiezioni e malumori di alcuni Paesi membri, che dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – essere sviluppato e concretizzato nel prossimo quinquennio parallelamente alle riforme istituzionali suggerite dalla Conferenza sul futuro dell’Europa (maggio 2021-maggio 2022) e al processo di allargamento che guarda a Balcani, Ucraina, Moldova e Georgia. La premessa al documento ricorda alcuni punti fermi dell’Ue fra cui pace, sicurezza, cooperazione economica, lotta al cambiamento climatico, ruolo costruttivo nella “rivoluzione digitale”.Un’Europa libera e democratica è il primo capitolo. Democrazia e partecipazione dei cittadini sono intesi come un elemento fondamentale, assieme alla promozione della diversità culturale e del patrimonio culturale. L’Unione europea deve “continuare a essere la più accesa sostenitrice dell’ordinamento giuridico internazionale, difendendo strenuamente le Nazioni Unite e i principi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite.Un’Europa forte e sicura. Qui si nota come soprattutto la guerra in Ucraina abbia imposto il tema della sicurezza e della difesa. L’invasione su vasta scala dell’Ucraina è anche un attacco contro un’Europa libera e democratica. L’Unione europea rimarrà al fianco dell’Ucraina nella sua lotta per mantenere l’indipendenza e la sovranità e riconquistare l’integrità territoriale entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Sosterremo inoltre la sua ricostruzione e il perseguimento di una pace giusta. L’Europa – aggiungono – deve essere un luogo in cui le persone siano e si sentano libere e sicure. Ma per accrescere la sicurezza “serve una solida base economica”.Un’Europa prospera e competitiva. I Capi di Stato e di governo si dicono “determinati a rafforzare la base della nostra competitività a lungo termine e a migliorare il benessere economico e sociale dei cittadini. Appare l’impegno a rafforzare il potere d’acquisto dei cittadini, a creare buoni posti di lavoro e assicurare la qualità dei beni e dei servizi in Europa. Quindi un ulteriore impegno, tante volte risuonato in passato e rimasto perlopiù sulla carta: “Colmeremo i nostri divari in termini di crescita, produttività e innovazione con i partner internazionali e i principali concorrenti”.All’interno del mercato unico si vuole agire in diversi settori: energia, finanza, telecomunicazioni, commercio estero, spazio, intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche, semiconduttori, 5G/6G, sanità, biotecnologie, tecnologie a zero emissioni nette, mobilità, prodotti farmaceutici. Non ultima, la promessa: Portare a buon fine le transizioni verde e digitale. Per affermare, infine, che “la crescita economica deve andare a vantaggio di tutti i cittadini”, dove finalmente si parla di protezione sociale, formazione e istruzione, opportunità per i giovani. L’Agenda strategica è approvata. Ora il difficile, ma non impossibile compito, di andare oltre le parole. Alla crisi di partecipazione che viene fatta coincidere con l’astensionismo elettorale non credo che corrisponda una crisi di idealità, quanto il fatto che le persone più che essere contate amerebbero contare. Vorrebbero che la propria voce e il proprio pensiero potessero avere un impatto. Molte persone non cercano qualcuno a cui delegare ogni cosa, l’uomo o la donna soli al comando che risolve i problemi di tutti. Credo che in questo nostro tempo, sia uno dei grandi equivoci. L’uomo solo al comando può solo far naufragio: se naufragasse da solo non sarebbe niente, ma spesso porta a naufragare intere comunità umane. Far sentire la voce e poter contare rappresentano la grande sfida sia per la società sia per la Chiesa, in questo nostro tempo, per i cattolici è importante. Una sfida che richiede di assumere dei rischi e che qua e là comincia a farci osservare dei germogli belli e significativi. Bisogna far crescere dei germogli e aiutare i giovani a sentirsi utili ,perché  questi germogli rappresentano il futuro  a bisogna  prendersene cura e  farli crescere: i giovani sono un grande segno di speranza. Dovremmo avere il coraggio di riconoscere che oggettivamente in questo tempo non sappiamo che pesci pigliare: si tratta di un salutare smarrimento. La pastorale sociale e del lavoro credo possa dare il suo contributo soprattutto per rigenerare una coscienza popolare. In questi anni, in un certo senso, siamo vissuti sotto la dittatura dell’esperto, che sapeva risolvere tutti i problemi. La storia ci insegna che non necessariamente va così. C’è bisogno di ritornare a riconoscere il valore del concetto di ‘popolare’, che nel nostro tempo decliniamo troppo come forma di fama riconosciuta da parte dei più. Dunque rigenerare una coscienza popolare sui temi di fondo e sui valori credo che sia una delle grandi sfide da raccogliere nel nostro tempo

Lavoro e ancora lavoro-Luglio 2024 Nuova professionalità

Nuova Professionalità Luglio 2024 ALESSANDRA SERVIDORI

 Rubriche NUOVA PROFESSIONALITÀ _ V/2 (2024)

Innovazioni e Pari opportunità Lavoro e, poi, ancora lavoro a cura di Alessandra Servidori

L’appuntamento Europeo ci costringe a ragionare con una visione allargata sulle proposte che riguardano il mercato del lavoro certamente stando con i piedi ben piantati a terra. Partire dunque da ‘‘Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, nonché di procedure di controllo e informazione’’ trattandosi oltreché di un percorso per una migliore e più garantita tutela del c.d. lavoro povero, di un’importante riforma delle politiche retributive, contrattuali e delle relazioni industriali, è evidente che sollecitarne l’approvazione definitiva al fine di provvedere al più presto la predisposizione e l’entrata in vigore dei decreti delegati per il perseguimento degli obiettivi maggiormente urgenti è una questione di buonsenso. Dobbiamo, anche per essere competitivi a livello internazionale, assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi in quanto è materia di dibattito il confronto tra le retribuzioni italiane e quelle di altri paesi. Nel fare questo confronto si lamenta una situazione d’inferiorità delle retribuzioni italiane. Mettendo in secondo piano la differente dinamica della produttività del lavoro. Dal 1995 il prodotto per ora lavorata è cresciuto in Italia di appena il 7 per cento contro il 26 per cento dell’area dell’euro nel suo complesso. Il PIL pro capite italiano, che a parità di potere di acquisto nel 1995 era di 9 punti superiore a quello medio dell’area dell’euro, nel 2019 era inferiore di 10 punti. Il fatto è che le retribuzioni medie sono più basse perché sono più basse, rispetto ad altri paesi, quelle più elevate. In Italia solo il 9 per cento dei lavoratori percepisce un reddito lordo annuo superiore a 40mila euro. Tuttavia, negli ultimi anni, sia le misure di sostegno al reddito durante la pandemia e dopo, sia i provvedimenti sulla decontribuzione hanno interessato, in varie misure, i redditi fino a 35mila euro, quando il segmento di contribuenti con un reddito superiore a quel limite (divenuto per legge la soglia ufficiale del benessere) paga il 56% dell’Irpef e come è noto non ha percepito alcun beneficio. È questa una situazione squilibrata e iniqua che va recuperata attraverso le nuove aliquote della riforma fiscale. Ed è evidente che è importante contrastare il lavoro sottopagato, anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e a specifiche categorie di lavoratori, definire, per ciascuna categoria, i contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, al fine di prevedere che il trattamento economico complessivo minimo del contratto maggiormente applicato sia – ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione - la condizione economica minima da riconoscersi ai lavoratori nella stessa categoria; stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali, nell’interesse dei lavoratori; contrastare i fenomeni di concorrenza sleale posti in essere mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati ad abbassare il costo del lavoro e a ridurre le tutele dei lavoratori (c.d. dumping contrattuale). Sia per individuare i contratti maggiormente applicati che per contrastare forme di dumping contrattuale è fondamentale definire l’ambito di applicazione ovvero la categoria che in un regime di libertà sindacale è affidato alla contrattazione delle parti a cui non può supplire la legge. Occorre pertanto in fase di prima applicazione fare riferimento alle “‘‘categorie’’ previste dall’Archivio nazionale della contrattazione presso il Cnel. Se deve essere la contrattazione collettiva il principale strumento per estendere erga omnes il trattamento complessivo previsto nei contratti maggiormente applicati diventa indispensabile stimolare il rinnovo dei contratti che avviene con un ritardo medio di 38 mesi ed è quindi inadeguato a tutelare le retribuzioni dal costo della vita. È questo sicuramente uno dei motivi delle basse retribuzioni che si lamentano in Italia. Per rimediare a queste criticità, è necessario favorire la contrattazione decentrata e di prossimità allo scopo di poter ‘‘scambiare’’ nel luogo di lavoro una maggiore produttività e migliore qualità del lavoro con retribuzioni di risultato più elevate. Questi obiettivi possono essere conseguiti tramite adeguate politiche di detassazione che favoriscano queste tipologie di retribuzione e le erogazioni del c.d. welfare aziendale. Quanto alla contrattazione nazionale è importante proporre di istituzionalizzare l’istituto della mediazione del governo nelle vertenze contrattuali. La mediazione non è una novità ma ha sempre fatto parte della prassi delle relazioni industriali, con interventi in situazioni specifiche su richiesta, di volta in volta, delle parti o di particolare situazione di conflittualità. Può essere utile – viste le difficoltà sul terreno dei rinnovi fisiologici dei contratti nazionali specie in alcune categorie, fare della mediazione del governo un passaggio normale nel corso delle procedure di rinnovo. In pratica si tratterebbe di rendere obbligatorio, dopo un arco temporale predefinito in cui i negoziati non sono conclusi, un tentativo di conciliazione. Nel caso che l’iniziativa non abbia esito positivo, trascorso un altro arco temporale predefinito, il governo è tenuto a formulare una proposta di accordo di rinnovo sulla base dei materiali e delle posizioni fino allora emersi nel corso del negoziato. La proposta non è una forma di arbitrato vincolante per le parti, ma avrebbe comunque un rilievo politico significativo. L’avvio negli ultimi tempi di un processo legislativo che caratterizzi l’attuale come la legislatura della partecipazione attiva dei lavoratori alla vita delle imprese, tenendo conto dei progetti di legge di iniziativa popolare rivolti a dare piena attuazione all’art. 46 della Costituzione e nel caso di quello presentato dalla Cisl è fondamentale. Sul “Lavoro temporaneo”, osservando le esperienze compiute nella disciplina dei contratti a termine in altri paesi – in particolare la Spagna, sarebbe saggio: a) Abolire ogni forma di causalità per proroghe o rinnovi nell’arco di 24 mesi. b) Prevedere – anche con misure di incentivazione fiscale – che la conclusione del contratto a termine non comporti l’estinzione automatica del rapporto di lavoro, ma l’obbligo dell’impresa di offrire, ove possibile, al lavoratore una proposta di ricollocamento previo svolgimento se necessario di un periodo di formazione. Se il lavoratore rifiuta l’offerta o si determina l’impossibilità di ricollocarlo, in mancanza di un posto adeguato, si verifica l’estinzione del contratto con una maggiorazione sul tfr secondo tabelle definite nell’ambito della contrattazione collettiva. c) Per il lavoro stagionale si potrebbe prevedere un tipo di contratto a tempo indeterminato, ma la prestazione lavorativa si effettua quando occorre. Nei periodi di non lavoro, i lavoratori, se hanno i requisiti contributivi necessari, percepiscono le prestazioni previste o, altrimenti, hanno la possibilità di provvedervi. Questa condizione lavorativa indurrebbe le aziende ad avvalersi, all’occorrenza, del medesimo personale, in regime di continuità del rapporto di lavoro. Da ultimo, ma non per importanza, rivedere le norme che assegnano funzioni essenziali ai rappresentanti dei lavoratori in azienda o a livello del territorio in materia di salute e sicurezza. I poteri di questi lavoratori sono effettivi; possono disporre senza perdere la retribuzione del tempo necessario per svolgere i loro compiti e soprattutto il rappresentante può «fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro». Ma questi rappresentanti dei lavoratori corrono rischi di rappresaglia? Può darsi, ma sono in grado di difendersi, sulla base delle tutele sono già previste dal TU: «Chi è chiamato dagli altri lavoratori a svolgere tale funzione ‘‘non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali». In sostanza, ognuno deve essere “‘‘ispettore di sé stesso’’ e dei propri colleghi. Va reso effettivo il coordinamento dei servizi ispettivi di Inps e Inail per poter svolgere in una volta sola controlli incrociati sulla regolarità complessiva dell’azienda e sulla posizione contributiva, assicurativa e di sicurezza dei  lavoratori. Oggi ogni ispettore guarda alla materia di sua competenza e il coordinamento è affidato alla buona volontà. Dietro però ci sono anche questioni tecniche e informatiche: noi abbiamo un accesso molto parziale alle banche dati di Inps e Inail con le informazioni sulle aziende controllate. Occorre «superare la frammentazione, la disomogeneità delle ispezioni e “un piano organico della prevenzione” e di totale coinvolgimento di tutti i corpi ispettivi in un’unica regia nazionale» e puntare ad una “formazione dei lavoratori reale” e non apparente. Va altresì utilizzata la sanzione della sospensione dell’attività di impresa inadempiente, una misura che si sta rivelando efficace, tanto che negli ultimi anni si è passati da alcune centinaia a migliaia di casi. Fra i risultati conseguiti, va rinnovata l’intesa quinquennale siglata dal Inl con Inail per la condivisione dei database in materia di vigilanza, a favore del processo di implementazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, previsto dal Testo unico in materia di salute e sicurezza. Nell’ambito poi di una auspicabile riforma della sanità andrebbe rivista un’impostazione sostanzialmente ideologica che risale all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978: la teoria della tutela unitaria della salute (prevenzione, cura e riabilitazione) che assegnò anche la problematica infortunistica alle Asl (per fortuna un referendum ha sottratto alle Asl le funzioni in materia di ecologia). In precedenza, l’Inail aveva una competenza esclusiva ed era dotato persino di proprie strutture ospedaliere (i c.d. traumatologici). È abbastanza comprensibile che nel personale delle Asl oberate dai problemi della sanità siano carenti le figure professionali in grado di intervenire sulla sicurezza dei macchinari e sull’organizzazione del lavoro. Per inciso: i medici del lavoro sono in Italia 5,5mila su 14 milioni di lavoratori. Alessandra Servidori

Cosa resta del giorno

 

ALESSANDRA SERVIDORI        

Una questione durante la campagna elettorale che non ho potuto commentare per inopportunità è stata  gli stati generali della natalità “auspicati fortemente” dalla Ministra Roccella e poi realizzati  dal forum delle associazioni familiari, sono quanto di più zirconico si può fare .E già da 4 anni  che si dicono sempre le stesse cose e  quest’anno addirittura si è avuto il coraggio di affermare che “Il Tour della Natalità è un’opportunità senza precedenti per mobilitare e coinvolgere attivamente il territorio nella ricerca di soluzioni efficaci per affrontare la crisi demografica che affligge il nostro paese.”Ma mai  durante queste giornate nessuno dei relatori/relatrici ha avuto la coscienza di dire che sono da  decenni  non  si svelano gli ‘’abusi sociali’’ compiuti in nome delle pensioni, e delle politiche pubbliche appena decente  e solo di carattere monetario per la famiglia.  E qui sta il punto chiave della nostra storia. Al sostegno dei figli e delle famiglie il welfare all’italiana assegna il 4% dell’intera spesa sociale che è la metà di quella media europea. In termini di Pil alla maternità e ai figli è dedicato circa l’1% che è  pari a 1/17° di quanto è destinato alle pensioni. Dal 1995 ad oggi vi è stata una vera e propria spoliazione di risorse dalle politiche per la famiglia (e la natalità) a quelle pensionistiche. Negli anni ’60, sia pure in un contesto demografico profondamente diverso dall’attuale, la spesa per assegni familiari (AF) era pressoché corrispondente a quella per le pensioni. Gli AF  allora erano misura di carattere universale, fino alla riforma del 1988 che introdusse l’assegno al nucleo familiare (Anf )  il principale, se non addirittura l’unico, strumento a tutela della famiglia,  ragguagliato al reddito e al numero dei componenti. La riforma del sistema pensionistico, attuata dalla Legge Dini-Treu nel 1995 (dettata, parola per parola, al governo da pare dei sindacati), stabilì, a copertura, una riallocazione dei contributi a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) la cui aliquota contributiva, dal 1° gennaio 1996, passò di colpo dal 27,5% al 32,7% (in seguito al 33%). Per non aumentare il costo del lavoro, la legge operò, ad oneri invariati, una ristrutturazione della contribuzione sociale: l’aliquota dell’Anf passò dal 6,2% al 2,48%, quella per la maternità dall’1,23% allo 0,66%.  Altri tagli riguardarono gli ammortizzatori sociali. E la politica della casa? L’aliquota ex Gescal (un tempo rivolta a finanziare l’edilizia popolare) passò dallo 0,70% prima, allo 0,35% poi, e infine allo  zero assoluto. In euro, a prezzi 1996, la diminuzione delle risorse disponibili  fu di 4,6 miliardi  di lire per l’Anf, di 0,6 miliardi per la maternità, di 1,4 miliardi per asili ed edilizia sociale, per un totale di 6,6 miliardi.  A prezzi 2008, le risorse disponibili, trasferite alla voce pensioni, corrisposero a 8,5 miliardi l’anno. Più chiaramente –  come documentò  la Cei  in un saggio <Il cambiamento demografico> pubblicato da Laterza  – dal 1996 al 2010 la riallocazione di risorse destinate alla famiglia, in senso lato, ha finanziato il sistema pensionistico per un ammontare che, a prezzi 2008, mobilitò e trasferì un volume finanziario pari a circa 120 miliardi di euro.  Ma non basta; perché all’interno della Gestione prestazioni temporanee dell’Inps (che eroga le prestazioni previdenziali <minori> in quanto non pensionistiche), la voce <assegno al nucleo familiare> – nonostante la riduzione dell’aliquota - continuò ad incassare dai datori di lavoro circa un miliardo in più di quanto spendeva: l’avanzo veniva riversato, nella logica del bilancio unitario dell’Inps, nel calderone delle gestioni pensionistiche e delle altre prestazioni. Anzi il paradosso contabile era tale per cui, quando un governo decideva di aumentare nella legge di bilancio l’ANF, non si avvaleva degli avanzi di bilancio, ma stanziava direttamente le risorse occorrenti. L’istituzione dell’Assegno unico universale (AUU) ha rappresentato l’inizio di una inversione di rotta con novità importanti. Tuttavia, vengono segnalati alcuni limiti. In primo luogo, la quota universale è relativamente bassa, rispetto ad altre esperienze. In particolare, in Germania – dove le recenti politiche familiari sono riuscite a frenare la denatalità e a invertire la tendenza – l’importo della parte universale è superiore ai 200 euro. Un altro punto di riferimento è rappresentato dai costi sostenuti per i figli dalle famiglie italiane. Alcuni demografi e ricercatori della Banca d’Italia, ospitati dal prestigioso Neodemos on line,  hanno pubblicato delle stime a partire dai dati sui consumi, segnalando una spesa media di 645 euro al mese per ciascun figlio. Simulando, poi, di quanto dovrebbe migliorare il reddito affinché una famiglia mantenga inalterato il proprio livello di benessere dopo l’arrivo di un figlio, si ottiene un valore medio pari a 720 euro (510 per le famiglie povere e 763 per le altre). Tutto ciò ovviamente considerando i soli aspetti economici del problema dell’inverno demografico. Aspetti che insieme al tormentone della precarietà e della crisi degli alloggi concorrono certamente – anche se non in modo esclusivo o prevalente – alla sfarinamento della filiera della riproduzione sociale. Non solo .Roccella si è inventata il bollino blu delle aziende che adottano un cd Codice etico per affermare ( ma non nei fatti haimè!) che sono aziende attente alla maternità…..Il Codice per le imprese in favore della maternità dovrebbe essere  uno strumento di autodisciplina  con l’obiettivo di creare un clima culturale ed economico di collaborazione tra datore di lavoro e dipendenti rispetto al tema della maternità, affinché questa non debba rappresentare per le donne un desiderio alternativo alla carriera.L’iniziativa sostiene, in un senso più ampio e senza sostituirla, la misura PNRR della certificazione della parità di genere , di cui personalmente ( ma poi i dati ce lo dicono!)ho un giudizio profondamente negativo , che vincola l’accesso a sgravi fiscali e contributivi, oltre a punteggi premiali nella partecipazione ad appalti pubblici, all’adozione di policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree maggiormente critiche per la crescita professionale delle donne, e che viene rilasciata da organismi di certificazione accreditati in conformità alla prassi UNI/PdR 125:2022.Il Codice segue l’approccio trasversale e strategico del Governo sul tema della natalità che, come certificato dall’ISTAT, anche nell’anno trascorso e quello in corso ha fatto toccare all’Italia un nuovo record negativo che non sembra arrestarsi, con effetti ormai percepibili sull’economia, sul mercato del lavoro e sul modello sociale.I comportamenti organizzativi individuati dal Codice per l’intervento da parte di imprese e organizzazioni, sono:il favore per la continuità di carriera delle madri,le iniziative di prevenzione e cura dei bisogni di salute,l’adattamento dei tempi e modi di lavoro. Inutile sottolineare che hanno adottato questo documento 111  grandi imprese che naturalmente ne vogliono trarre beneficio per la loro immagine. Ma quanto fino ad oggi( fine giugno2024) acqua all’occupazione femminile hanno portato queste cd iniziative? Non esiste una base dati esauriente, aspetto che impedisce una valutazione efficace degli effetti per esempio del Pnrr. E questo vuol dire sprecare una grande opportunità perché il Piano, se orientato bene, potrebbe avere conseguenze molto positive. La garanzia di un’occupazione stabile e di qualità come  strumento centrale per rimuovere il gap di genere. Per garantire alle donne l’accesso al mercato occupazionale è infatti cruciale liberare tempo dai lavori di cura, il cui carico è sulle loro spalle. Per questo bisogna migliorare la medicina di prossimità, le attività di formazione, le opportunità della transizione ecologica e digitale. L’insufficiente autonomia economica ha una grossa responsabilità negli episodi di violenza, sotto varie forme. Il Pnrr è un classico caso di gender data gap. È infatti difficile monitorare in assenza di dati, con flussi di informazioni estremamente lacunosi. Parliamo ogni giorno di come i dati costruiscono il nostro presente e il nostro futuro. Dovremo partire fin d’ora nel riconsiderare il modo in cui vengono raccolti,  Non è quindi solo una questione della quantità delle informazioni messe a disposizione, ma anche della loro qualità: Solo cambiando l’approccio alla conoscenza numerica dei fenomeni si possono fare previsioni accurate, dobbiamo continuare a misurare per agire, e per questo dobbiamo pretendere un’individuazione e raccolta di dati di genere. Se non ci sono dati non è perché qualcuno li produce e non li dà, ma perché il Pnrr non è stato concepito metodologicamente per far sì che queste priorità trasversali possano essere monitorate. Da noi lo sviluppo dello Stato sociale è avvenuto tramite l’espansione della spesa per trasferimenti e servizi pubblici, senza un parallelo rafforzamento delle capacità statuali indispensabili per programmare, attuare, monitorare e correggere le varie misure. Reddito di cittadinanza, riforma fiscale, revisione del sistema pensionistico e delle aliquote contributive: il governo è intervenuto (o si appresta a farlo) su alcuni delicati pilastri del cosiddetto «contratto sociale» che regola i rapporti fra cittadini e Stato. Toccare questi pilastri significa modificare il dare e l’avere, ossia l’equilibrio fra ciò che si ottiene sotto forma di prestazioni e ciò che si paga in tasse e contributi. Soprattutto per le categorie più deboli, anche piccoli cambiamenti rischiano di mettere a rischio la capacità di rispondere a vulnerabilità e bisogni. Inoltre, l’entità e il disegno specifico dei provvedimenti hanno importanti implicazioni di sistema, impattano sui livelli di occupazione e di diseguaglianza, sulla competitività delle imprese, persino sulla demografia. Per questo è importante che il governo operi entro una cornice programmatica ampia e coerente e decida sulla base di accurate valutazioni tecniche. Le riforme sinora adottate non sono state accompagnate da  dati e analisi d’impatto. Il RdC è stato abolito solo di nome, al suo posto ci ritroviamo con due diversi sussidi: l’ Assegno di Inclusione (Adi) e il Sostegno alla Formazione e al Lavoro (Sfl). A tutt’oggi mancano tasselli essenziali perché entrambe le misure possano funzionare, a cominciare dal sistema informativo per la gestione degli accessi, lo smistamento dei richiedenti, l’incontro fra bisogni e offerte di formazione. La comunicazione con i beneficiari è stata pessima, il percorso burocratico per l’accesso al Sfl si profila come una sorta di via crucis. Si ha inoltre l’impressione che nessuno si sia posto il problema del nesso fra riforma del RdC, salario minimo (o almeno le verifiche sul rispetto dei minimi contrattuali), agevolazioni contributive, riforma fiscale (pensiamo al vecchio problema degli incapienti).Le politiche pubbliche risentono della mancanza di quella infrastruttura tecnica a supporto del policy making presente negli altri Paesi europei. Da noi lo sviluppo dello Stato sociale è avvenuto tramite l’espansione della spesa per trasferimenti e servizi pubblici (il «sociale», appunto), senza un parallelo rafforzamento e articolazione delle capacità statuali indispensabili per programmare, attuare, monitorare, valutare e correggere le varie misure, in relazione ai loro effetti. Questo deficit è il principale responsabile degli squilibri interni che ancora caratterizzano lo Stato sociale italiano nonché del suo scollamento rispetto al proprio corrispettivo sul versante del prelievo, lo Stato fiscale. Senza capacità di governo, le politiche pubbliche non «imparano», ogni riforma riparte da zero. Nel settembre del 2022, la Commissione aveva invitato i governi «a effettuare sistematicamente valutazioni d’impatto distributivo» sia ex ante sia in seguito all’attuazione.  Un orizzonte temporale di quattro anni e mezzo consentirebbe di effettuare un investimento straordinario in capacità istituzionali e di trarne subito vantaggio in termini di qualità delle politiche pubbliche. Ecco queste considerazioni le posso fare oggi con franchezza e a volte in campagna elettorale filtrando i toni e anche i contenuti le ho avanzate lasciando però spesso i discorsi ( molto impegnativi ) privi di dovuti approfondimenti.La verità fa male.

 

 

 

 

Candidata alle Europee 2024 : firmato il Manifesto dichiarazione Forum per la disabilità di impegno

EUROPA DISABILITY FORUM

MANIFASTO EDF Dichiarazione di impegno dei candidati alle Elezioni europee 2024:

LA SOTTOSCRITTA ALESSANDRA SERVIDORI  Candidata Italiana di FORZA ITALIA per la circoscrizione Nord Est mi impegno :

*Costruire un futuro inclusivo per le persone con disabilità Mi impegno a promuovere i diritti delle persone con disabilità in conformità con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) e a contribuire a costruire un futuro inclusivo per le persone con disabilità nell'Unione europea (UE), in caso di mia elezione al Parlamento europeo.

* Mi impegno a sostenere la ricostituzione dell'Intergruppo Disabilità del Parlamento Europeo e ad aderirvi in qualità di componente. Mi impegno a collaborare con il movimento della disabilità per garantire l’adempimento della Strategia dell’Unione Europea sui diritti delle persone con disabilità, compresa una revisione per incorporare nuove iniziative e azioni faro dal 2025 al 2030.

*Mi impegno anche a raggiungere gli obiettivi del Manifesto EDF sulle Elezioni europee 2024, in particolare: 1. Promuovendo la partecipazione significativa delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni rappresentative alla vita politica e pubblica dell'UE. 2. Realizzando un’Unione dell’uguaglianza per le persone con disabilità: un’Unione con la CRPD delle Nazioni Unite come bussola, che combatte le forme intersezionali di discriminazione basate sul genere, sulla razza o sull’origine etnica, sulla religione o sulle convinzioni personali, sulla disabilità, sull’età o sull’orientamento sessuale. 3. Introducendo politiche e un nuovo bilancio dell’UE volti a sostenere l’inclusione e le pari opportunità per le persone con disabilità in tutti gli ambiti della vita, nonché la loro vita indipendente nella comunità. 4. Adottando ulteriore legislazione che garantisca l’accessibilità per le persone con disabilità e realizzi i loro diritti di libera circolazione nell’UE. 5. Rafforzando la protezione delle persone con disabilità nell’UE e nel resto del mondo, anche sostenendo l’UE nel diventare un promotore più forte dell’attuazione della CRPD a livello mondiale.

Con la presente mi impegno affinché nulla sulle persone con disabilità venga deciso senza le persone con disabilità. Nome: Alessandra Servidori- Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. - Paese: ITALIA  Partito: FORZA ITALIA  Dichiaro di essere ufficialmente candidata alle elezioni del Parlamento europeo di giugno 2024.

Sito web/social media ufficiali : www.forzaitalia.it  www.tutteperitalia.it

Inviato via mail a   Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.           Alessandra Servidori

MI CANDIDO CON FORZA ITALIA ecco il mio programma

                                       i voti bisogna chiederli !!!   vai a votare alle europee e scrivi SERVIDORI in lista  FORZA ITALIA 

ELEZIONI EUROPEE 2024 8-9 GIUGNO CIRCOSCRIZIONE NORD EST EMILIA-ROMAGNA, FRIULI-VENEZIA GIULIA, TRENTINO ALTO ADIGE, VENETO RAFFORZARE L‘EUROPA- Scrivi la preferenza  su FORZA ITALIA SERVIDORI 

L'Europa deve essere un luogo dove, nonostante le diverse identità e storie nazionali, possiamo superare le divisioni e costruire insieme un destino comune, soprattutto per le nuove generazioni. La nostra visione di un'Europa unita si fonda su valori imprescindibili: pace, unità e prosperità.

LE MIE AREE DI IMPEGNO Dipendenza energetica È fondamentale ridurre la dipendenza energetica dell'Europa dalla Russia per garantire la nostra sicurezza e autonomia. Supporto ai giovani e alle economie È essenziale rafforzare gli Stati e le loro economie con nuove politiche europee per accrescere il benessere sociale e materiale, promuovendo politiche per la natalità e la famiglia. Riforma del mercato del lavoro Mi impegno a migliorare continuamente il mercato del lavoro, valorizzando le relazioni industriali e supportando l'occupazione giovanile e femminile, seguendo l'eredità di Marco Biagi. Diritti e doveri dei lavoratori Bisogna bilanciare diritti e doveri, incentivando la partecipazione dei lavoratori nei processi aziendali e promuovendo un modello di sviluppo che supporti lavoro dignitoso e sicurezza sociale. Promozione della salute e sicurezza Impiegherò i fondi europei per progetti che migliorano la salute e la sicurezza sul lavoro, consolidando il sistema sanitario nazionale e quello integrativo. Valorizzazione della tradizione cristiana e culturale europea Difendere e valorizzare la nostra tradizione cristiana e culturale è cruciale per mantenere l'Europa forte e influente a livello globale. INSIEME È MEGLIO!

ELEZIONI EUROPEE 2024 8-9 GIUGNO CIRCOSCRIZIONE NORD EST EMILIA-ROMAGNA, FRIULI-VENEZIA GIULIA, TRENTINO ALTO ADIGE, VENETO INSIEME È MEGLIO! PER CONTARE IN EUROPA Come percepiamo oggi l'Europa? È un ente che ci rappresenta o ci limita? Al cuore della mia visione per l'Europa ci sono le persone, i loro diritti e doveri, le famiglie, le imprese e le città che formano la nostra comunità. La comunità europea è la nostra manifattura, le nostre imprese, e la nostra capacità di sviluppare modelli di sviluppo sostenibili e competitivi. È la libertà di scelta e l'attenzione verso i più fragili, è il nostro ricco patrimonio culturale e sociale. L'Europa che desidero è quella che valorizza prima di disciplinare, che riconosce prima di regolare. Una Europa dove ogni cittadino conta. IL MIO PERCORSO, LE MIE CONVINZIONI Esperta in politiche del lavoro e welfare, ho servito come componente del Consiglio di Indirizzo per la politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dal 2023, componente del Consiglio per il Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile. Docente universitaria e dirigente sindacale, ho dedicato la mia vita all'istruzione e al benessere sociale, promuovendo politiche inclusive e sostenibili. IMPEGNI PER IL FUTURO Lavoro e Inclusione Sociale, continuerò a lottare per politiche del lavoro che rispettino diritti e i doveri dei lavoratori, promuovendo l'occupazione giovanile e femminile e sostenendo i lavoratori più fragili e le Salute e Sicurezza, impiegherò la mia esperienza per garantire che le direttive europee sulla salute e sicurezza siano pienamente implementate, usando i fondi europei per progetti che migliorino la qualità della vita dei cittadini. PER UN EUROPA CHE METTE AL PRIMO POSTO LE PERSONE, LA CULTURA E IL BENESSERE COMUNE

                                                                             FORZA ITALIA   

Elezioni Europee : per una Europa libera . Qualche idea in pillole

ELEZIONI EUROPEE : idee concrete  ALESSANDRA SERVIDORI in libertà (1)

Perchè dare la disponibilità alla candidatura per le elezioni Europee : la politica può tornare a essere il luogo del confronto e della sintesi fra progettualità di interesse generale, che è valore concreto per mettere fuori gioco le troppe compagnie di ventura e valorizzare invece il bene di molti.

Nelle elezioni per il Parlamento europeo, dove vige lo sbarramento del 4% per poter avere degli eletti, è evidente il fenomeno dell’appello alle piccole formazioni, ma in un momento complicato come questo i partiti liberali e democratici come Forza Italia storicamente collocato nel centro/sinistra, si rivolge anche a donne e uomini , personalità apprezzabili per il percorso al servizio delle associazioni e delle istituzioni perché c’è bisogno di ristabilire filiere (plurali e radicate in vari contesti) attraverso cui si possano formare, testare e poi dare la possibilità a persone  adatte per offrire al Paese una classe dirigente degna di questo nome e amministrare così la cosa pubblica. Ci vuole un po’ di coraggio per affrontare una svolta  e prospettive che possono essere interessanti se si lavora in un contesto di pluralismo virtuoso che aspetta ora più che mai alla sfera politica. Dunque al lavoro con chi crede in un progetto concreto.


ALE'CAMERA DEI DEPUTATI martedì 9aprile 2024

                                                  Alessandra Servidori ALÉ

 Il racconto di una vita attraverso l’esperienza civica, sociale, economica e politica                                                            Ediz.Pendragon                        Parliamone insieme 

              MARTEDI 9 APRILE 2024 dalle Ore 12 alle ore 13,30  

     ROMA GRUPPI PARLAMENTARI Camera dei Deputati

 SALA COLLETTI 6° Piano  UFFICI VIA DEL VICARIO 21 –ROMA –Accredito per la partecipazione mail:  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.      Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

LAVORO E WELFARE : ANDARE AVANTI -LE NOSTRE PROPOSTE TUTTEPERITALIA

Servidori (work in progress) MANIFESTO  PASQUALIZIO SU LAVORO E WELFARE TUTTEPERITALIA 

Lavoro

 Il progetto di legge ‘’Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, nonché di procedure di controllo e informazione’’ è stato approvato dalla Camera e si trova ora all’esame del Senato. Trattandosi  oltreché di un percorso per una migliore e più garantita tutela del c.d. lavoro povero, di un’ importate riforma delle politiche retributive, contrattuali e delle relazioni industriali, FI ne sollecita l’approvazione definitiva al fine di provvedere al più presto la predisposizione e l’entrata in vigore dei decreti delegati per il perseguimento  dei seguenti obiettivi:

-        assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi; contrastare il lavoro sottopagato, anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e a specifiche categorie di lavorator;

-        definire, per ciascuna categoria, i contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, al fine di prevedere che il trattamento economico complessivo minimo del contratto maggiormente applicato sia – ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione - la condizione economica minima da riconoscersi ai lavoratori nella stessa categoria;

-        stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali, nell'interesse dei lavoratori; contrastare i fenomeni di concorrenza sleale posti in essere mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati ad abbassare il costo del lavoro e a ridurre le tutele dei lavoratori (c.d. dumping contrattuale).

-        *Sia per individuare i contratti maggiormente applicati che per contrastare forme di dumping contrattuale è fondamentale definire l’ambito di applicazione ovvero la categoria che in un regime di libertà sindacale è affidato alla contrattazione delle part a cui non può supplire la legge. Occorre pertanto in fase di prima applicazione fare riferimento alle ‘’categorie’’ previste dall’Archivio nazionale della contrattazione presso il Cnel.

-        Se deve essere la contrattazione collettiva il principale strumento per estendere  erga omnes il trattamento complessivo previsto nei contratti maggiormente applicati diventa indispensabile  stimolare il rinnovo dei contratti che avviene con un ritardo medio di 38 mesi ed è quindi inadeguato a tutelare le retribuzioni  dal costo della vita. e’ questo sicuramente uno dei motivi delle basse retribuzioni che si lamentano in Italia. Per rimediare a queste criticità, secondo  Forza Italia, è necessario favorire la contrattazione decentrata e di prossimità allo scopo di poter ‘’scambiare’’ nel luogo di lavoro una maggiore produttività e migliore qualità del lavoro con retribuzioni di risultato più elevate. Questi obiettivi possono essere conseguiti tramite adeguate politiche di detassazione che favoriscano queste tipologie di retribuzione e le erogazioni del c.d. welfare aziendale. Quanto alla contrattazione  nazionale  Forza Italia propone di istituzionalizzare l’istituto della mediazione del governo nelle vertenze contrattuali. La mediazione non è una novità ma ha sempre fatto parte della prassi delle relazioni industriali, con interventi in situazioni specifiche su richiesta, di volta in volta, delle parti o di particolare situazione di conflittualità. Può essere utile – viste le difficoltà sul terreno dei rinnovi fisiologici dei contratti nazionali specie in alcune categorie, fare della mediazione del governo un passaggio normale nel corso delle procedure di rinnovo. In pratica si tratterebbe di rendere obbligatorio, dopo un arco temporale predefinito in cui i negoziati non sono conclusi, un tentativo di conciliazione. Nel caso che l’iniziativa non abbia esito positivo, trascorso un altro arco temporale predefinito, il governo è tenuto a formulare una proposta di accordo di rinnovo sulla base dei materiali e delle posizioni fino allora emersi  nel corso de negoziato. La proposta non è una forma di arbitrato vincolante per le parti , ma avrebbe comunque un rilievo politico significativo.

-        *Va avviato con urgenza un processo legislativo che caratterizzi l’ attuale come la legislatura della partecipazione attiva dei lavoratori alla vita delle imprese, tenendo conto dei progetti di legge di iniziativa popolare rivolti  a dare piena attuazione all’art. 46 della Costituzione.

Lavoro temporaneo

-        Osservando le esperienze compiute nella disciplina dei contratti a termine in altri paesi (in particolare la Spagna) si avanzano le seguenti proposte: a) abolire ogni forma di causalità per proroghe o rinnovi nell’arco di 24 mesi; b) prevedere – anche con misure di incentivazione fiscale – che la conclusione del contratto a termine non comporti l’estinzione automatica del rapporto di lavoro, ma l’obbligo dell’impresa di offrire, ove possibile, al lavoratore una proposta di ricollocamento previo svolgimento se necessario di un periodo di formazione. Se il lavoratore rifiuta  l’offerta o si determina  l’impossibilità di ricollocarlo, in mancanza di un posto adeguato, si verifica l’estinzione del contratto con una maggiorazione sul tfr secondo tabelle definite nell’ambito della contrattazione collettiva; c), per il lavoro stagionale  si potrebbe prevedere un tipo di contratto a tempo indeterminato ma la prestazione lavorativa si effettua quando occorre. Nei periodi di non lavoro, i lavoratori, , se hanno i requisiti contributivi necessari , percepiscono le prestazioni previste o, altrimenti, hanno la possibilità di provvedervi. Questa condizione lavorativa  indurrebbe le aziende ad avvalersi, all’occorrenza, del medesimo personale, in regime di continuità del rapporto di lavoro, 

Sicurezza del Lavoro

Nel dibattito sugli infortuni  non si fa quasi mai riferimento alle norme (dlgs n.81/2008 e successive modifiche) che assegnano delle funzioni essenziali ai rappresentanti dei lavoratori in azienda  o a livello del territorio. E’ prevista un’intera Sezione (la VII) dove sono indicate forme di consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori eleggibili in tutte le aziende anche se piccole. I poteri di questi lavoratori sono effettivi;  possono disporre senza perdere la retribuzione del tempo necessario per svolgere i loro compiti e soprattutto il rappresentante ‘’ può fare ricorso alle autorità competenti  qualora  ritenga che le misure di prevenzione e protezione  dai  rischi  adottate  dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro’’. Ma questi  rappresentanti dei lavoratori corrono rischi di rappresaglia? Può darsi, ma sono in grado di difendersi, sulla base delle tutele sono già previste dal TU: ‘’Chi è chiamato dagli altri lavoratori a svolgere tale funzione ‘’non   può   subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria  attività e nei suoi confronti si applicano le  stesse  tutele  previste  dalla legge per le rappresentanze sindacali’’.  In sostanza, ognuno deve essere ‘’ispettore di se stesso’’ e dei propri colleghi

Va reso effettivo il coordinamento dei servizi ispettivi di Inps e Inail per poter svolgere in una volta sola controlli incrociati sulla regolarità complessiva dell’azienda e sulla posizione contributiva, assicurativa e di sicurezza dei lavoratori. Oggi ogni ispettore guarda alla materia di sua competenza e il coordinamento è affidato alla buona volontà. Dietro però ci sono anche questioni tecniche e informatiche: noi abbiamo un accesso molto parziale alle banche dati di Inps e Inail con le informazioni sulle aziende controllate. Occorre superare la frammentazione, la disomogeneità delle ispezioni e un piano organico della prevenzione” e di totale coinvolgimento di tutti i corpi ispettivi in un’unica regia nazionale” e a puntare ad una formazione dei lavoratori reale e non apparente.

 Va altresì utilizzata la sanzione della sospensione dell’attività di impresa inadempiente,  una misura che si sta rivelando efficace, tanto che negli ultimi anni si è passati da alcune centinaia a migliaia di casi.

Fra i risultati conseguiti , va rinnovata ’intesa  quinquennale siglata  dal INL con INAIL per la condivisione dei database in materia di vigilanza, a favore del processo di implementazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, previsto dal Testo unico in materia di salute e sicurezza.

Nell’ambito di una riforma della sanità andrebbe rivista un’impostazione sostanzialmente ideologica che risale all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978: la teoria della tutela unitaria della salute (prevenzione, cura e riabilitazione) che assegnò anche la problematica infortunistica alle ASL (per fortuna un referendum ha sottratto alle ASL le funzioni in materia di ecologia). In precedenza l’Inail aveva una competenza esclusiva ed era dotato persino di proprie strutture ospedaliere (i c.d. traumatologici). E’ abbastanza comprensibile che nel personale delle ASL oberate dai problemi della sanità siano carenti le figure professionali in grado di intervenire sulla sicurezza dei macchinari e sull’organizzazione del lavoro. Per inciso: i medici del lavoro sono in Italia 5,5mila su 14 milioni di lavoratori.

Lavoro sommerso e irregolare

 La lotta al lavoro sommerso, oltre a consentire il recupero di regolarità retributiva, contributiva e fiscale per il lavoratore,  è un fattore determinante per promuovere una maggiore sicurezza del lavoratore.

Lo sfruttamento e il caporalato  non si rinvengono solo in agricoltura, oggi i luoghi dello sfruttamento riguardano i migranti, i riders, la logistica, l’assistenza. Per contrastare il caporalato del terzo millennio bisogna intervenire su piattaforme digitali e grandi organizzazioni, ll “Portale nazionale del sommerso, pertanto, deve essere portato a regime consentendo al INL la  raccolta dei dati e  del monitoraggio del lavoro sommerso, indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi  assegnati dal PNRR nella materia di competenza dell’INL. Oltre ad una maggiore e più incisiva azione dei ispezioni e controlli, è opportuno un impegno dei soggetti sociali attraverso: a) gli accordi di riallineamento, con precise scadenze e tappe per transitare da una situazione territoriale o settoriale di sottosalario all’erogazione del trattamento complessivo minimo previsto nei contratti maggiormente applicati; b) una forma di ravvedimento operoso da parte dell’impresa inadempiente che, in questo modo, viene sottoposta a sanzioni più ridotte. Ovviamente misure siffatte devono svolgersi nell’ambito di un arco temporale predefinito, trascorso il quale sono maggiorate le sanzioni per le aziende che non hanno aderito e che vengono trovate in condizioni di irregolarità.

Per contrastare l’evasione nel lavoro autonomo è necessario potenziare la fatturazione elettronica. In via sperimentale per incentivare un interesse ad emettere fattura si potrebbe applicare – in quanto compatibili – le norme previdenziali previste per i liberi professionisti: una parte del contributo pensionistico dovuto dal lavoratore viene addebitato in fattura al cliente.

Retribuzioni

E’ materia di dibattito il confronto tra le retribuzioni italiane e quelle di altri paesi. Nel fare questo confronto si lamenta una situazione di inferiorità delle retribuzioni italiane. Mettendo in secondo piano la differente dinamica della produttività del lavoro. Dal 1995 il prodotto per ora lavorata è cresciuto in Italia di appena il 7 per cento contro il 26 per cento dell’area dell’euro nel suo complesso. Il PIL pro capite italiano, che a parità di potere di acquisto nel 1995 era di 9 punti superiore a quello medio dell’area dell’euro, nel 2019 era inferiore di 10 punti. Il fatto è che le retribuzioni medie sono più basse perché sono più basse, rispetto ad altri paesi, quelle più elevate. In Italia solo il 9 per cento dei lavoratori percepisce un reddito lordo annuo  superiore a 40mila euro. Tuttavia, negli ultimi anni, sia le misure di  sostegno al reddito durante la pandemia e dopo, sia i provvedimenti sulla decontribuzione hanno interessato, in varie misure,  i redditi fino a 35mila euro, quando  il segmento di contribuenti con un reddito superiore a quel limite (divenuto per legge la soglia ufficiale del benessere) paga il 56% dell’Irpef e come è noto non ha percepito alcun beneficio. E’ questa una situazione squilibrata e iniqua che va recuperata attraverso le nuove aliquote della riforma fiscale.  

*Pensioni

Misure per la transizione -- All’inizio del 2025 ripartirà, dopo il blocco introdotto nel 2019,   una delle norme più importanti della riforma Fornero: l’adeguamento automatico dei requisiti anagrafici e contributivi del pensionamento di anzianità agli incrementi dell’attesa di vita. E’ bene prendere nota, al di là delle polemiche, che la riforma Fornero nei 12 anni dalla sua entrata in vigore ha subito   deroghe e dirottamenti  di ogni tipo   che a regime hanno bruciato ben 48 miliardi dei risparmi previsti ed hanno consentito a 950mila soggetti di andare in quiescenza attraverso le regole e i requisiti previgenti. è esaurita la fase in cui  i governi succeduti al Conte 1 hanno cercato di tenere in piedi il sistema con impalcature provvisorie. Occorre mettere mano a lavori di ristrutturazione che abbiano presente il vero problema delle pensioni in Italia: la crisi demografica. Non può reggere un sistema in cui continueranno ad aumentare il numero dei pensionati delle generazioni del baby boom, che arrivano al traguardo in condizioni da anziani/giovani, portatori di una storia lavorativa e contributiva lunga e ininterrotta che consentirà loro di godersi il trattamento per almeno un paio di decenni, in proprio, e per altri anni da parte dei titolari della reversibilità (in particolare le vedove). Mentre sul versante di chi paga le platee continuano a ridursi per un motivo banale ma ineludibile: i rimpiazzi non sono adeguati perché non sono nati.

-        Prevedere l’applicabilità del principio della automaticità delle prestazioni (articolo 2116 c.c.) anche ai lavoratori parasubordinati senza partita IVA.

-         Proposta concreta : orientata alla costruzione di un sistema pensionistico pubblico basato su due componenti o “pilastri”, entrambi a carattere obbligatorio: una pensione di base finanziata dalla fiscalità generale, su base universalistica, destinata a garantire, sia pure mediante la presenza e la maturazione di alcuni requisiti, a tutti i cittadini anziani prestazioni minime adeguate alle loro esigenze di vita; e una pensione di secondo livello calcolata secondo il vigente sistema contributivo, volta a garantire prestazioni aggiuntive correlate ai contributi versati dai singoli soggetti nel corso della loro vita.

-        Attenzione a ridimensionare “opzione donna”, rendendola utilizzabile a sempre meno donne e con requisiti sempre più alti per l’età e stringenti perché debbono essere o caregiver o disoccupate o invalide, che è l’unica misura a costo zero perché in regime totalmente contributivo. Per salvare questa misura sacrosanta, e magari migliorarla un tantino, occorreva bocciare quota 100 che nessuno può sostenere fosse per i più poveri. Vanno riaffrontati altri due titoli:Colf, Badanti e Caregiver che con le attuali condizioni rischiano di stare ben al di sotto dell’assegno sociale e gli immigrati. O si fanno le convenzioni con i paesi extraUE, oppure, se e quando tornano al paesello, restituire quanto versato a Inps anche per favorire un loro turn ower che se no sono spinti, contro i loro desideri, a stare in Italia fino alla pensione con annessi ricongiungimenti familiari.

MISURA Suggerita ALBERTO BRAMBILLA Pres.Itinerari previdenziali

 

 Per aumentare il potere d'acquisto delle famiglie e quindi aumentare in modo razionale i consumi la proposta chiave è il "contrasto di interessi" che riesce a dare una soluzione a tutti questi temi senza causare perdite di gettito per l’erario. L’idea è la seguente: per un periodo sperimentale di 3 anni tutte le famiglie possono portare in detrazione dalle imposte dell'anno il 50% delle spese effettuate con regolare fattura elettronica (incrocio dei codici fiscali) nel limite di 5.000 euro annui per una famiglia di 3 componenti che aumenta di 500 euro per ogni ulteriore componente; nel caso di incapienza sono previste misure compensative (quota asili nido, mense ecc.). I lavori/servizi detraibili sono: manutenzione della casa (lavori idraulici, elettrici, edili, tappezzerie, mobili), manutenzione di auto, moto e biciclette, piccoli aiuti domestici. 

Risultati: 1) la famiglia, indipendentemente dal reddito, risparmia 2.500 euro di IRPEF (è come pagare i lavori, IVA compresa, al 50% che è una bella concorrenza agli irregolari) il che equivale a una quattordicesima mensilità che, per redditi fino a 35mila euro (il grosso dei contribuenti come emerge dall’Osservatorio di Itinerari Previdenziali), rappresenta una riduzione del 50% del cuneo fiscale. 2) Gli irregolari, diffusissimi da noi vengono drasticamente ridotti, si inizia un “circolo virtuoso” e si spezza la catena per la quale nero tira nera; questo è forse il maggiore risultato dell’intera operazione: si riafferma la legalità3) Lo Stato non fa un guadagno stratosferico, anche se le entrate migliorano almeno del 15% che, su un’evasione tra IVA (evasa per 8 fatture su 10), contributi e imposte pari a circa 160 miliardi, vale comunque 24 miliardi (giusto lo sminamento delle clausole IVA). Oltre ai contributi sociali evasi (si stimano 20 miliardi l'anno) incassa anche più IRPEF, IRES, IRAP. 

Per un Paese ad alta infedeltà fiscale il contrasto di interessi è l’unica soluzione possibile: perché non sperimentarla? Quali sono gli ostacoli? Solo politici, ideologici e burocratici. E poi, perché mai gli attuali evasori dovrebbero emergere se si riduce l’IRPEF o si applica la flat tax quando per beneficiarne dovrebbero pagare il 24% di contributi sociali, l’Inail, l’IVA e le altre incombenze fiscali?  Ultima domanda: perché non si è mai fatto se la prima proposta è del 2004? Perché è mancato il coraggio e la voglia di un cambiamento vero, fuori dai lacci della burocrazia e finalmente a favore dei nostri concittadini, soprattutto quelli onesti.

 *Misure di riforma  a valere per i nuovi assunti

Un nuovo modello previdenziale obbligatorio dovrebbe essere costituito  su due componenti: una prestazione pensionistica di base finanziata dal fisco, secondo la logica universalistica, destinata a garantire a tutti i cittadini anziani bisognosi prestazioni adeguate alle esigenze di vita; un secondo livello, di tipo contributivo puro, o addirittura costituito su basi di capitalizzazione, garantirebbe prestazioni aggiuntive correlate ai contributi versati dai singoli soggetti nel corso della loro vita (anche questo secondo pilastro avrebbe rilievo generale e, quindi, carattere obbligatorio). Resterebbe la possibilità di pensioni complementari volontarie costruite nelle forme attuali, aggiornate e sostenute da agevolazioni fiscali più adeguate.

*Welfare aziendale

Le varie forme di integrazione al welfare pubblico hanno registrato un consistente sviluppo negli ultimi anni, anche favorite da agevolazioni fiscali. La previdenza complementare (come la sanità integrativa) interessa ormai milioni di persone; e il welfare aziendale e territoriale si è diffuso nella contrattazione decentrata raggiungendo migliaia di aziende con vari tipi di benefit rispondenti ai bisogni personali e familiari di vario tipo. Lo sviluppo di tali istituti pone l’esigenza di valutarne attentamente la dimensione e le finalità per renderli utili a integrare in modo equilibrato il sistema pubblico.–

Le competenze, definiscono il valore del lavoro. I lavori che richiedono poca formazione si trovano  nei paesi industrializzati in fondo alla scala salaria .La differenza di competenze e professionalità richieste e la conseguente differenza di retribuzioni porta a un aumento significativo delle disuguaglianze.  L’IA :  le competenze umane, non si sostituisce ad esse: sebbene l’IA sia in grado di eseguire attività che richiedono conoscenze implicite, non è affidabile sui fatti e sui numeri. Questo comporta che i lavoratori non esperti e non addestrati non saranno comunque in grado di svolgere attività particolarmente rischiose. Viene invece data la possibilità ai lavoratori con un’adeguata base di competenze di aumentare il proprio livello professionale.  allo stato attuale dei fatti, l’automazione è superiore rispetto ai nuovi posti di lavoro. Se, dunque, da un lato vi è lo sviluppo di nuove competenze e nuovi impieghi, dall’altra vi sono settori in cui l’occupazione diminuirà. tutto dipenderà dall’utilizzo che si farà di queste nuove tecnologie. l’IA impiegata per sorvegliare e reprimere  o, al contrario, al suo utilizzo per lo sviluppo di vaccini e cure mediche. È di fondamentale importanza saper sfruttare gli strumenti a disposizione per migliorare le condizioni lavorativeIl rischio nel mondo del lavoro non è tanto la scomparsa della domanda di lavoro, quanto più la svalutazione delle competenze umane a fronte di competenze raggiungibili con l’IA. Questo può però contribuire a ridurre le disuguaglianze nelle professionalità e, di conseguenza, nei redditi. Riconosciuto il potenziale dell’IA pertanto chiediamoci  non più quali sono le conseguenze dell’IA, ma cosa vogliamo che essa faccia per noi. L’Università le Fondazioni Universitarie come incubatore strutturale del raccordo formazione/aziende/territorio

*PREMIO DI RISULTATO Dalla Germania negli ultimi anni sono arrivate proposte di graduale riduzioni interessanti, come la possibilità, sempre nel settore metalmeccanico, di convertire il premio di risultato annuale in ore di lavoro da ridurre per chi ha impegni di natura formativa o di cura di figli o persone anziane.Ci sono esempi e sperimentazioni in Grecia, Svezia, Islanda e Francia. Le sperimentazioni più avanzate, fino  alla riduzione effettiva dell’orario di lavoro sono da riscontrare, nel contesto internazionale, a livello aziendale, dove la conciliazione  e le esigenze di produttività e esigenze organizzative (dei lavoratori e dell’impresa) può essere costruita a partire dalle singole peculiarità. Ci sono poi mercati del lavoro molto diversi dai nostri, come quello americano, nel quale la percentuale di occupati che lavora più di 40 ore a settimana è di dieci punti maggiore rispetto a quella europea, dove l’intervento della contrattazione collettiva è fondamentale. Quello che emerge è che vi sia oggi un fermento che non ha portato però a soluzioni uguali per tutti sia rispetto alle modalità di riduzione (o spesso di rimodulazione) dell’orario sia rispetto al livello regolativo che norma tali interventi. Questo perché gli approcci ad un tema così complesso non possono che considerare sia l’eterogeneità dei processi produttivi tra diversi settori e anche tra diverse aziende all’interno del medesimo settore, sia il substrato sociale e culturale dei paesi coinvolti.Complessivamente il ruolo della contrattazione collettiva emerge come trasversale, infatti, come mostra un recente rapporto di Eurofound, in 14 paesi dei 27 della Unione Europea l’orario contrattuale è inferiore alle 40 ore stabilite per legge.La normativa in materia di orario di lavoro a livello comunitario è ferma alle direttive del 1993 e del 2000 e che sarebbe quanto mai opportuno un processo, certamente non facile, di coordinamento a livello europeo in materia per evitare i noti fenomeni di dumping su un tema che impatta tanto sui livelli occupazionali che sulla produttività del fattore lavoro. Tra 30 anni avremo otto milioni di italiani in età da lavoro in meno. I nuovi sistemi di organizzazione del lavoro e le nuove tecnologie consentono guadagni di produttività e riduzione della fatica. Ridurre e rimodulare gli orari è urgente. Tra un terzo e la metà dell'energia a livello globale è impiegata per la climatizzazione degli immobili. Ridurre i giorni di apertura dei luoghi di lavoro consente di ridurre il consumo energetico (e le emissioni) per la climatizzazione e per la mobilità in modo considerevole. Il workfrorn anywhere consente di ridurre e rimodulare gli orari attorno alla persona e diventare smart working ma non in automatico. Se non costruimmo architetture nuove del lavoro, c'è il rischio dell'ibridomania ovvero il degrado del lavoro ibrido senza orario perché si lavora sempre ma si è pagati 8 ore. Non solo, ci sarà un distacco crescente di opportunità tra chi avrà autonomia e libertà nell'organizzazione del lavoro e chi per attività avrà più difficoltà a remotizzare l'attività. Per il lavoro manuale, il lavoro di cura e in genere il lavoro non remotizzabile sarà decisivo ridurre gli orari e aumentare i salari. Lo scongelamento delle vecchie rigidità di spazio e tempo di lavoro deve prevedere un orario di cittadinanza, la possibilità di flessibilità vere per volontariato, cultura, formazione. Piu gradi di libertà per più spazio alle passioni e al proprio equilibrio. I fenomeni delle "grandi dimissioni", l'aumento delle dimissioni volontarie e del quiet quitting, la tattica opossum per cui, nonostante il lavoro chieda più partecipazione, si fa il minimo indispensabile (ci si finge morti, come l'opossum). Il lavoro e la sua contrattualistica basata sullo scambio prestazione/lavoro sono sempre più inadeguati. Il lavoro per obiettivi ha senso se dentro la condivisione di un progetto di realizzazione, di crescita di costruzione di valore comune, di solidarietà. Per questo, la "settimana corta" è una tappa intermedia in attesa che la nuova cultura d'impresa e del lavoro comprenda che i nuovi ingredienti del lavoro sono l'autonomia e libertà insieme a responsabilità, fiducia e rispetto.

 

*Occupazione femminile

Sospinta dalla redistribuzione delle opportunità occupazionali e dal rafforzamento della domanda di lavoro nel terziario, la crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con conseguente riduzione dei livelli di inattività, si associa alla progressiva diffusione del part-time. Il rafforzamento delle posizioni di lavoro in essere nel mercato del lavoro dipendente interessa sia le donne italiane che quelle straniere (che aumentano gradualmente la loro presenza nel mercato del lavoro regionale). Nel 2023, dopo la flessione dell’anno precedente, torna a rafforzarsi la crescita delle posizioni di lavoro nel caso delle donne italiane mentre flette leggermente quella delle straniere. La significativa presenza di donne tra le persone in cerca di occupazione, ma anche l’elevata numerosità di quante potrebbero far parte delle forze di lavoro (forze di lavoro potenziali) sono sicuramente due importanti indicatori delle difficoltà che ancora oggi limitano l’effettivo inserimento delle donne nel mercatodel lavoro.

Dall’Utilizzo dei fondi bilaterali ( Accordo confederale) per periodi di congedo o utilizzo della flessibilità per il bilanciamento lavoro/cura ,all’utilizzo del Fondo complementare ( strutture) per recuperare i fondi per i servizi alle famiglie (nidi-residenze anziani/disabili  che abbiamo sottratto al pnrr ,all’orario di lavoro (che segue) e alla retribuzione per obiettivi alla  promozione  concretamentedel La legge di sostegno allo sviluppo, su base negoziale, delle esperienze partecipative dei lavoratori alla vita delle imprese. Queste infatti hanno senso solo le parti sociali  mantengono  un approccio cooperativo e il datore di lavoro non ha determinato ragioni di conflitto. La riscoperta della identità e delle radici cristiane della organizzazione significa anche rilettura della dottrina sociale della Chiesa e delle sue encicliche, non certo per collateralismo clericale ma per apprezzamento di fonti culturali ben più solide di certa saggistica che trova smentite dai fatti già nel breve periodo.

 

*Lavoro autonomo

Dall’indagine Delphi Inapp-Cansis risulta che, in Italia, i lavoratori autonomi sono più di cinque milioni e rappresentano nel nostro paese circa il 21% dei lavoratori.I dati relativi all’incremento del lavoro autonomo dal 2008 al 2021, rivelano esserci una contrazione del lavoro dipendente sulla fascia d’età più giovani (under 35) a favore del lavoro indipendente. Da parte dei giovani, quindi, emerge una propensione a valutare la libera professione come possibile opzione d’impiego. Tuttavia, è opportuno segnalare che anche tra i lavoratori over 55 si registra questa tendenza di crescita.

Nonostante da tempo in Italia sia stato avviato un processo di ripensamento del sistema delle tutele anche per i lavoratori autonomi, vi sono ancora numerosi fronti che meritano l’attenzione non solo del legislatore ma anche delle parti sociali. Infatti, una rilevante difficoltà che il lavoratore autonomo incontra in Italia è quella della mancanza di rete: ciò comporta minor accesso alle informazioni, minor collaborazioni e minori opportunità di sviluppo delle competenze. Inoltre, chi oggi ha una partita iva fatica a costruirsi una progettualità di vita a causa della mancanza di garanzie nel pagamento e della concorrenza che aumenta.Lo scenario di un’economia digitale, inoltre, porta con sé il rischio di un tendenziale deprezzamento del lavoro (e, quindi, di una svalutazione delle competenze) con la conseguenza che il lavoratore autonomo che voglia elevare il proprio potere contrattuale in funzione della propria professionalità e specialità debba investire in conoscenza e formazione continua. Il composito universo del lavoro autonomo con la sua eterogeneità di profili professionali e culture di lavoro continuerà a essere un asset importante per il sistema Paese, questo dovrà essere sostenuto anche attraverso la progettazione di un adeguato sistema di tutele e assistenza compatibili con la natura del lavoro indipendente e funzionali alle esigenze che questo presenta. Su modello della Associazione Vivace , che ha l’obiettivo di rappresentare il variegato mondo del lavoro autonomo occupandosi di tutela, assistenza, formazione e informazione di chi lavora con Partita Iva, farsi promotori  di tutelare la professionalità e creare una rete di informazioni e cooperazione tra freelance. Inoltre, persegue la volontà di costruire welfare e servizi mirati senza snaturare l’autonomia dei lavoratori indipendenti. Tra gli obiettivi si riscontra anche la volontà di rappresentare i lavoratori autonomi garantendo tempi e pagamenti certi, una fiscalità e un compenso equi, condizioni di lavoro rispettose della salute, tutele previdenziali dignitose e un’attenzione prioritaria al rispetto e allo sviluppo della professionalità. La legge n. 81/2017, conosciuta anche come Jobs Act degli autonomi o Statuto dei lavoratori autonomi. In questa legge, sono state rinforzate alcune forme di tutela (la maternità obbligatoria, la necessità di essere pagati nelle giuste tempistiche, i congedi parentali) e ne sono state inserite delle nuove (la formazione, la forma scritta del contratto).Equo compenso significa  tutela del reddito dei lavoratori autonomi :  opportuno ricorrere a dei meccanismi di riconoscimento di un equo compenso,o per fronteggiare temporanei momenti di incapacità lavorativa e reddituale per cause di forza maggiore. Creare   community, per favorire  la possibilità,, di incontrare altri freelance e creare collaborazioni mirate, scambio di lavori e competenze, creare rete, contatti tra i liberi professionisti affinché questi possano interfacciarsi confrontarsi e condividere parte del proprio lavoro tra colleghi , lo sportello del lavoro autonomo, per offrire servizi di orientamento e consulenza per chi vuole aprire la Partita Iva, oltre ad un più ampio servizio di accompagnamento durante tutto il periodo della vita lavorativa (su contratti, obblighi di legge, ricerca di finanziamenti etc…).

FISCO

Il fisco non deve avere innanzitutto una funzione esclusivamente impositiva, ma di sostegno, individuando le azioni virtuose da perseguire promuovendo le giuste agevolazioni e semplificazioni. In termini generali crediamo inoltre che le risorse del PNRR debbano favorire la costituzione di società e associazioni di lavoratori autonomi, sostenendo con misure specifiche la libera professione di donne e giovani in particolare coloro che sono residenti al sud. In materia di fisco chiediamo che:

  • il regime forfettario deve essere conservato, prevedendo al contempo la deducibilità delle spese relative alla formazione, alla digitalizzazione e alla stipula di polizze assicurative sanitarie, anche per la non auto sufficienza, infortunistiche, e per la responsabilità civile e professionale;
  • ridurre i costi amministrativi e fiscali di start up, in particolare, considerata la persistente difficoltà di accesso al credito per un professionista, soprattutto nella fase di avvio dell’attività, l’attuale regime agevolato al 5% chiediamo che venga portato al 2% per gli under 35 e che vengano neutralizzati gli anni in cui il professionista ha fatturato meno di 5000 euro (per esempio in caso di maternità, malattia o nel caso di cura dei figli);
  • È inoltre indispensabile prevedere forme strutturali di contributi a fondo perduto che siano rivolti ai lavoratori autonomi (non esclusivamente a coloro costituiti sottoforma di impresa) in particolare a donne e giovani alla prima esperienza lavorativa, in quanto il sistema del credito non sempre fornisce le risposte e i sostegni adeguati;
  • Ridurre la doppia tassazione sui contributi versati alle Casse per aumentare le misure di welfare erogate dalle stesse.

 EQUO COMPENSO E TUTELA CONTRATTUALE

Proporre un intervento che non pregiudichi la libera autodeterminazione del compenso tra un lavoratore autonomo e il proprio committente, ma che definisca un perimetro all’interno del quale evitare gli abusi e i comportamenti patologici, in particolare:

  • Vietare le prestazioni gratuite, soprattutto se richieste dalla PA;
  • Introdurre regole che limitino il potere dei cd. “committenti forti”, ovvero coloro che hanno un elevato numero di professionisti che svolgono la medesima attività o che hanno un fatturato molto consistente, che proprio per la loro forza economica inibiscono il professionista nella definizione del giusto compenso;
  • Prevedere la nullità di clausole vessatorie che limitino le tutele del professionista, prevedendo l’obbligatorietà della forma scritta per tutti gli incarichi superiori ad un determinato importo economico;
  • Tempi certi e percorsi agevolati per contestare i ritardi e i mancati pagamenti;
  • Siano rilanciate le convenzioni tra i Centri per l’Impiego e le associazioni di rappresentanza del lavoro autonomo, oltre che per informare e orientare il professionista, anche come sedi di risoluzione conciliative delle possibili controversie;
  • Confermare il ruolo del Tavolo del Lavoro autonomo istituito presso il Ministero del Lavoro, incrementando la propria attività, in particolare introducendo una commissione che possa prevedere criteri e definizione dell’equo compenso per specifiche categorie di lavoratori o di committenti.


FORMAZIONE E POLITICHE ATTIVE

Le competenze sono indispensabili per un lavoratore autonomo. Essere aggiornato, preparato, in linea con quanto il mercato e i committenti chiedono è indispensabile per garantire un futuro alla propria professione. Il PNRR e il programma GOL può essere una base di partenza, che deve necessariamente svilupparsi in queste direttrici:

  • Per i beneficiari dell’ISCRO passare all’attuazione ed erogazione delle politiche attive;
  • Attivare dentro il programma GOL la presa in carico del lavoratore autonomo che chiude la partita iva o è una partita iva inattiva (cd. dormiente), ma anche per coloro che una volta terminata la fruizione dell’ISCRO, non avendo chiuso la partita iva, sono ancora in una condizione di difficoltà professionale;
  • Prevedere voucher per la formazione continua, in particolare per giovani under 35 e donne;
  • Introdurre in ogni azione formativa il bilancio e la certificazione delle competenze, oltre a prevedere una misura di formazione sulle competenze manageriali e trasversali di start up.

La formazione deve essere necessariamente tarata sulle caratteristiche del lavoro autonomo, evitando di duplicare interventi pensati e realizzati per il lavoro subordinato.

PRESTAZIONI GESTIONE SEPARATA INPS

Le prestazioni oggi in essere, da dati ufficializzati dalla stessa INPS, dimostrano come queste siano poco utilizzate dagli stessi professionisti: se da una parte si evidenzia una difficoltà nel reperire informazioni e procedere con le richieste, dall’altra emerge che le attuali prestazioni sono costruite in larga parte su esigenze che non sempre rispecchiano quelle del professionista, con grande attenzione al tema della non auto sufficienza (sia direttamente per il libero professionista, sia come sostegno legata alla cura dei propri famigliari). Per questo riteniamo sia necessario intervenire su una revisione degli attuali parametri di alcune principali prestazioni:

  • Prevedere una “prestazione universalistica minima” di tutela della maternità in favore delle collaboratrici e professioniste iscritte alla Gestione Separata in regola con i versamenti che non riescono ad accedere all’attuale prestazione per mancanza di requisiti. La nuova misura andrebbe a coprire quello che si definisce “il periodo di astensione obbligatoria”, ma che con la legge 81/17 viene, per le libere professioniste di fatto superato, attraverso l’erogazione di una tantum di importo variabile in base all’Isee e all’anzianità di contribuzione.
  • Per quanto concerne la paternità, in un’ottica sempre maggiore di allargamento al diritto alla genitorialità, è necessario prevedere anche per le partite iva iscritte alla Gestione Separata Inps la necessità di prevedere un periodo di “astensione retribuita” per poter stare con i propri figli.
  • I professionisti che versano alla Gestione Separata, avendo affrontato situazioni problematiche di salute opportunamente certificate, possano ricevere un rimborso forfettario alla malattia di un importo massimo di spesa di 500 euro, da riparametrare in base all’indicatore Isee e al regime fiscale della lavoratrice (se forfettario o ordinario)

Infine, riconoscere la contribuzione figurativa per i periodi di malattia con ricovero ospedaliero.Per quanto riguarda la prestazione dell’ISCRO il numero delle persone che chiedono di accedervi è ancora basso. I parametri inseriti nella fase di sperimentazione sono troppo
ristrettivi per rendere fluido l’accesso; al contempo si è alzato il contributo a carico delle partite iva per finanziare questa prestazione. Come vIVAce riteniamo urgente e necessario chiedere una nuova fase di sperimentazione, con i seguenti correttivi:

  1. Avere nell’anno di presentazione della domanda un reddito non superiore ai 15.000 euro (e non 8.299,76, come indicato dall’INPS per il 2022) e comunque inferiore al 30% dei redditi dei due anni precedenti;
  2. Essere titolari di partita Iva da almeno 2 anni, alla data di presentazione della domanda (e non da 4 anni);
  3. Annullare l’aumento contributivo per gli anni 2022/2023;
  4. Predisporre interventi per informare adeguatamente gli iscritti alla gestione separata, coinvolgendo le sedi INPS, le Associazioni di rappresentanza, i Patronati e i CAF.

Il diritto alla pensione è un diritto di tutti. Da sempre le partite iva che versano in Gestione Separata Inps si trovano delle pensioni che non garantiscono una vecchiaia dignitosa.

Per questo ai fini del raggiungimento del minimale contributivo annuo, si consideri un imponibile reddituale legato ad un periodo almeno triennale, così che l’anzianità contributiva non sia soggetta alla variabilità del reddito, ma gli effetti delle fluttuazioni tipiche del lavoro autonomo vengano mitigati almeno dal punto di vista previdenziale.Per assicurare una pensione dignitosa ai lavoratori autonomi, garantendo meccanismi di flessibilità in uscita dal lavoro, favorendo inoltre l’accesso alla previdenza complementare.

 ALESSANDRA SERVIDORI     22 marzo 2024

 

 

 

DOSSIERINO 8 MARZO 2024 MA..............

                                                                      Dossierino 8 marzo 2024 MA ……………..

ILRESTODELCARLINO.NET- Alessandra Servidori  Se avessimo coerenza anziché fare convegni di denuncia sulla mancanza di bambini,di occupazione femminile,di “lavoro buono” flessibile , se fossimo veramente  intenzionati a risolvere la questione femminile senza ipocrisia, un po’ di quei miliardi persi nel superbonus 110%  li avremmo  investiti in strumenti di  vera politica attiva. Non in sussidi a tempo come l’esonero della contribuzione previdenziale per chi ha tre figli (  ne abbiamo a malapena 1,5 a italiana),una certificazione di genere sterile che premia gli enti e le aziende ma non aumenta l’occupazione femminile;lo stop generalizzato allo smart working che secondo  i dati registrati  dell'Osservatorio nazionale  evidenzia che i vantaggi ottenibili  dal lavoro da remoto si  sono  misurati  in miglioramento della produttività,riduzione dell’assenteismo;riduzione dei costi per gli spazi fisici e per i e le lavoratrici riduzione dei tempi e costi di trasferimento;miglioramento del work-life balance; aumento della motivazione e della soddisfazione. Se vogliamo veramente sostenere le donne italiane siamo seri: usiamo i fondi del Piano Complementare ( 36 miliardi per infrastrutture) per recuperare gli asili nido che ci aveva promesso il Pnrr e le case della salute per gli anziani  e persone non autosufficienti. Freneremmo in parte l’emorragia  delle dimissioni  femminile sul lavoro aumentate dall’anno scorso. Potenziamo  concretamente l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità   di  conversione del premio di   risultato 2023 in tempo, nei c.d. welfare days, nel limite della capienza dell’importo del premio , di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa: Se è una buona contrattazione contrasta il gender gap. Intanto avanti! Coraggio per le lavoratrici della Perla, coloro che lottano per  il diritto  alla libertà economica e a un lavoro e  chi combatte contro il martirio delle donne.

IL SUSSIDIARIO.NET Alessandra Servidori -Se l’8 marzo ma anche il 7 e magari il 9 vogliamo parlare di questione femminile dobbiamo avere il coraggio di dirci la verità. 1-Parliamo di certificazione di parità di genere(legge del n.162 /2021 ) che dal 2022 alle aziende private in possesso della certificazione di genere UNI/Pdr 125:2022 è concesso un bonus contributivo sul versamento dei contributi previdenziali complessivi a carico del datore di lavoro  nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda ,compreso un riconosciuto punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti. Il contributo, erogato agli Organismi di Certificazione accreditati per un massimo di €12.500 a impresa, €2.500 ad  erogati direttamente per coprire le spese di servizi di consulenza e accompagnamento alla certificazione, tramite sistema di voucher. Ma questo “business” che impatto ha avuto sull’aumento dell’occupazione femminile? E riduzione di gender gap nelle imprese ?Che piccole micro e medie imprese si sono certificate ? Il Tavolo  interministeriale previsto dalla legge  che  concorre al funzionamento del Sistema di certificazione della parità di genere con approfondimenti, elaborazione di proposte e monitoraggio delle attività ha prodotto dati sull’impatto concreto ? A parte la pletora dei componenti cd  di assistenza tecnica fornita da enti di consulenza convenzionati , quante donne sono state assunte con questo “bollino”? quante imprese certificate hanno modificato l’organizzazione del lavoro ?  Leggiamo i Dati sulle dimissioni  sul lavoro 2022 dell’Ispettorato del lavoro nazionale  pubblicati nel gennaio 2024 ci confermano che” la scelta di abbandonare il luogo di lavoro  è : 44.699 convalide riferite a donne, il 96,8% (43.284 provvedimenti) attiene a dimissioni volontarie, il 2,3% (1.032) a dimissioni per giusta causa e lo 0,9% (383) a risoluzioni consensuali. Delle 16.692 convalide riferite a uomini, 16.161 (anche in questo caso il 96,8% del totale) riguardano dimissioni volontarie, 236 (1,4%) dimissioni per giusta causa e 295 (1,8%) risoluzioni consensuali. Il dato di partenza fotografa, anche per il 2022, il profondo squilibrio di genere nei destinatari dei provvedimenti di convalida: le donne rilevano per il 72,8% di tutte le 61.391 convalide ampiamente intese (M+F), ma sono anche il 72,8% delle dimissioni volontarie, l’81,4% delle dimissioni per giusta causa e il 56,5% delle risoluzioni consensuali.Nel 2021  (il 71,8%) si riferivano a donne e  il  (28,2%) a uomini : il dato negativo continua a crescere- Medicina di genere 48° Congresso dell’Associazione di Medici di Direzione Sanitaria Ospedaliera), “Tutt’ora, negli studi clinici randomizzati controllati, solo il 20% dei pazienti arruolati sono donne, così come soltanto la metà degli studi clinici su cui si basano  le  evidenze e le linee guida prendono in considerazione analisi sul genere. Tra queste, soltanto il 35% fa analisi per sottogruppi. Come società scientifica che si occupa di ricerca e formazione  non possiamo non porre l’attenzione sul fatto che, che in questo momento, il 90% dei farmaci che abbiamo sviluppato e che stiamo utilizzando sono stati studiati e sviluppati per il genere maschile, così come il 70% dei dispositivi.Nel campo della prevenzione dobbiamo arrivare a una sovrapposizione totale degli indicatori di salute nei due generi. Queste conoscenze, se usate bene in prevenzione, possono incidere fortemente sui fattori di rischio che, in modo diverso, espongono a maggiore rischio  di sicurezza un genere anziché un altro. Occupazione femminile e lavoro : Dal Servizio studi della Camera, le donne occupate sono circa 9,5 milioni, i maschi occupati sono circa 13 milioni. Una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità e ha particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l'attività lavorativa. La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52/%, da esigenze di conciliazione e per il 19% da considerazioni economiche. Il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5 per cento, divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34% in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni. C’è tanto ancora da fare e poco da festeggiare : lo abbiamo scritto , spiegato, proposto anche con strumenti innovativi come l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità   di  conversione del premio di   risultato 2023 in tempo, ossia nei c.d. “welfare days”, nel limite della capienza dell’importo del premio ,  di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa.

LA RAGIONE UE Alessandra Servidori- Il lavoro femminile rimane sempre una questione affrontata  lamentosamente a ridosso delle mitiche ricorrenze e quasi mai legato alle politiche economiche che potrebbero se modificate  risolvere alcuni problemi.  A NY ho fotografato una ragazza in un cantiere di un edificio al 28 esimo piano : qui in Italia nei cantieri  abbiamo standardizzato  questa attività solo maschile ed  è pressoché impossibile vedere donne impegnate nei lavori di muratura oppure nelle attività artigianali che richiedono competenze specifiche legate al mondo delle costruzioni, è più facile trovarne negli uffici delle aziende edili. Ma vero è che non regge che questo è dovuto a un ostacolo di natura biologica: le donne non hanno meno forza e le informazioni e i dati disponibili sull’occupazione femminile nelle costruzioni sono quanto mai lacunosi, spesso non aggiornati e non infrequentemente contraddittori tra le diverse fonti. Possiamo sostenere l’interesse femminile nei confronti del settore ( che non conosciamo)  come la modalità di impiego a tempo pieno o part-time, i differenziali salariali, i profili di carriera, l’adeguamento della formazione professionale fino ad arrivare alla disponibilità dell’attrezzatura di sicurezza, non sempre adatta alle caratteristiche del corpo femminile, nonostante la grande rilevanza che questi accessori rivestono nel migliorare le condizioni di sicurezza nei cantieri e i dati che giornalmente interessano gli irresponsabili incidenti. Per aumentare l’occupazione femminile possiamo impegnarci anche in questa direzione attraverso il Fondo Complementare dedicato alle infrastrutture per la costruzione di asili per bimbi e residenze per non autosufficienti dedicando alle scuole professionali un’attenzione alle giovani che così formate potrebbero  puntare anche su servizi per conciliare il tempo di vita e di lavoro : l’incidenza del tragico bonus 110% nell’edilizia che certifica tutta la sua enormità scellerata ha sottratto risorse essenziali che potrebbero essere restituite , anche solo nel medio periodo, a quei servizi essenziali per la formazione e l’occupazione femminile. Fatti e non parole.

7 Marzo 2024 Donne : basta ipocrisie

Basta ipocrisie. Servono riforme strutturali-

 IL RESTO DEL CARLINO – 7 marzo 2024

Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, critica l'ipocrisia nella questione femminile e propone di investire i fondi in strumenti di vera politica attiva anziché in sussidi temporanei, per favorire l'occupazione femminile e contrastare il gender gap.

Se fossimo veramente intenzionati a risolvere la questione femminile senza ipocrisia, un po’ di quei miliardi che sono persi nel superbonus 110 li avremmo investiti in strumenti di vera politica attiva, non in sussidi a tempo come l’esonero della contribuzione previdenziale per chi ha tre figli (ne abbiamo a malapena 1,5 a italiana), una certificazione di genere sterile che non aumenta l’occupazione femminile. Li avremmo usato per superare lo stop generalizzato allo smart working: secondo i dati dell’Osservatorio nazionale, infatti, i vantaggi ottenibili dal lavoro da remoto si sono misurati in miglioramento della produttività, riduzione dell’assenteismo, riduzione dei costi per gli spazi fisici e per i e le lavoratrici, riduzione dei tempi e dei costi di trasferimento; miglioramento del work-life balance; aumento della motivazione e della soddisfazione. Se vogliamo veramente sostenere le donne italiane siamo seri: usiamo i fondi del Piano Complementare (36 miliardi per infrastrutture) per recuperare gli asili nido che ci aveva promesso il Pnrr e le case della salute per gli anziani e le persone non autosufficienti: freneremmo in parte l’emorragia delle dimissioni femminili sul lavoro, aumentate dall’anno scorso. Potenziamo concretamente l’utilizzo dei Fondi bilaterali per maggiore flessibilità lavorativa sussidiaria in ambito contrattuale e la possibilità di conversione del premio di risultato 2023 in tempo, nei cosidetti ‘welfare days’, nel limite della capienza dell’importo del premio, di particolare valore per coloro che abbiano necessità o interesse a usufruire di uno strumento aggiuntivo di bilanciamento tra vita privata e lavorativa: una buona contrattazione contrasta anche il gender gap. Intanto avanti! Coraggio per le lavoratrici della Perla, coloro che lottano per il diritto alla libertà economica e a un lavoro e chi combatte contro il martirio delle donne.

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