COVID e differenze di genere in medicina : dalla parte delle donne e del lavoro
Alessandra Servidori 19 Aprile 2021
COVID e differenze di genere in medicina : dalla parte delle donne e del lavoro
Iniziamo oggi con il supporto di medici esperti una raccolta di autorevoli analisi sulla SARS Covid 19 con l'obiettivo di informare e costruire ipotesi per la prevenzione salute e sicurezza sul luogo di lavoro anche nei rinnovi contrattuali
Covid e differenze di genere : Lampadina numero 1.C'è differenza eccome!
L’attenzione alle questioni di genere si è diffusa nella comunità scientifica internazionale grazie alla pubblicazione di alcuni contributi particolarmente rilevanti, in relazione ad esempio alle discriminazioni subite da pazienti affette da patologie cardiache con minor numero di ricoveri e minori interventi rispetto agli uomini e ridotta presenza delle donne nei trials clinici per la sperimentazione dei farmaci e delle tecnologie diagnostiche, con un maggiore tasso di mortalità delle donne colpite da patologie cardiache. Quindi la discriminazione nella Salute espone decisamente a rischi. La COVID-19 – ci informano i Dott.Fortini e Meini- rappresenta una malattia pleiotropica: la maggior parte degli individui infettati da virus SARS-CoV-2 resta asintomatica o paucisintomatica, ma lo spettro clinico si può estendere a forme gravi di interessamento del tratto respiratorio inferiore, con insufficienza respiratoria e necessità di ospedalizzazione. Vari apparati oltre a quello respiratorio possono essere interessati, quali quello enterico, il cardiovascolare e il sistema nervoso centrale. In questa eterogeneità di manifestazioni, sin dai primi momenti della pandemia è apparsa peculiare la capacità del virus di provocare disturbi del gusto e dell’olfatto (disturbi chemosensoriali): la prevalenza di disfunzioni olfattorie risulta essere intorno al 53% e quella di gusto intorno al 44%, anche se i numeri assoluti differiscono a seconda delle casistiche pubblicate, diverse per gravità ed età dei pazienti1 . I disturbi chemosensoriali si manifestano precocemente entro la prima settimana, rappresentando il sintomo iniziale in circa un terzo dei pazienti, e talvolta restano sintomi isolati . Tali disturbi non necessariamente si associano a rinite, e questo porta a ipotizzare la presenza di un danno diretto dell’epitelio nasale o la presenza di un mediatore implicato nella trasmissione neurosensoriale, mentre appare meno probabile un danno neuronale (come nei classici deficit post-virali) che verosimilmente perdurerebbe ben oltre i tempi di poche settimane osservati in corso di COVID-19 . Tali sintomi sono talmente peculiari che attualmente ogni individuo che presenti un improvviso deficit chemosensoriale dovrebbe essere considerato infetto da SARS-CoV-2 fino a prova contraria. Termini come “gusto”, “sapore”, “odore” esprimono in realtà diversi aspetti di esperienze sensoriali molto complesse, caratterizzate da una significativa componente soggettiva. Per una più precisa definizione ogni deficit olfattorio o gustativo dovrebbe essere supportato da test specifici, ma la necessità di limitare gli esami non indispensabili ed i conseguenti rischi di contagio, ha reso spesso necessario riferirsi a quanto riferito soggettivamente dai singoli individui. Un ampio studio ha riportato una maggiore frequenza di disturbi chemosensoriali nel sesso femminile che potrebbe essere dovuta a differenze genere-correlate nel processo infiammatorio . Nella casistica effettuata dai due medici ,comprendente 100 pazienti (60 M e 40 F) dimessi da 3 centri ospedalieri e rivalutati a distanza di 1 mese dalla dimissione, 42 pazienti riferivano disturbi olfattivi e/o gustativi durante il ricovero, senza differenze significative tra i sessi (28/60 M=47% e 14/40 F=35%) 2 . Il tempo di recupero dai disturbi olfattivi e/o gustativi è risultato complessivamente rapido, avvenendo entro 4 settimane per la maggior parte dei pazienti; è comunque risultato significativamente più lungo nelle femmine che nei maschi (tempo di recupero medio 26 rispetto a 14 giorni, p = 0,009). Un recupero solo parziale dai disturbi di gusto, soggettivamente quantificato intorno al 30-50%, è stato riportato da circa il 10% dei pazienti, e solo una netta minoranza (3%) non ha riportato alcun tipo di miglioramento soggettivo a 1 mese. Una loro recente valutazione di 60 pazienti a distanza di 3-4 mesi dalla dimissione ospedaliera, ha mostrato la persistenza di un lieve-moderato grado di ageusia e di anosmia rispettivamente nel 17% e nel 15% dei casi (nel 10% persistevano entrambe), senza peraltro differenze significative tra femmine e maschi. In sintesi, i dati disponibili non sono univoci riguardo a differenze di incidenza dei disturbi del gusto e dell’olfatto tra i due sessi, che solo in alcuni studi risultano più frequenti nel sesso femminile. Questi disturbi si manifestano precocemente e, anche se isolati, devono far sospettare un’infezione da SARS-CoV-2. Il recupero avviene in genere entro 4 settimane, ma in circa il 15% dei casi sintomi lievi/moderati persistono per diversi mesi, senza differenza di genere.