Disabilità e d'intorni
FAC ovvero Francesco Alberto Comellini su disabilità e d'intorni
Il DEF 2025 introduce misure rilevanti per la disabilità, tra cui fondi per università e AFAM, ma manca ancora una strategia strutturata e sistemi di monitoraggio efficaci. Persistono criticità in ambito lavorativo e sul ruolo dei caregiver familiari. Proposta l’introduzione di un indice oggettivo (IPSA) per valutare l’efficacia delle politiche. La programmazione resta frammentata e priva di indicatori condivisi.
Quadro programmatico e risorse per la disabilità nel DEF 2025: sintesi analitica e confronto tendenziale
Il Documento di Economia e Finanza 2025 introduce un insieme di misure che, pur mantenendo una struttura prevalentemente aggregata nella rappresentazione delle politiche sociali, segnano alcuni avanzamenti rilevanti in materia di disabilità, non autosufficienza e diritto allo studio. Si conferma il rifinanziamento del Fondo per le non autosufficienze e, in generale, una stabilità del peso delle prestazioni sociali sul PIL. Tuttavia, nonostante alcuni passi in avanti, permane l’assenza di una strategia nazionale strutturata e monitorabile per l’inclusione delle persone con disabilità, sia nell’ambito delle politiche assistenziali che in quello dell’autonomia individuale e lavorativa.
Particolare attenzione per quel che ci occupa, viene dedicata, in via programmatica, al rafforzamento del diritto allo studio nella formazione superiore. Tra le misure previste, si segnala l’assegnazione di 13 milioni di euro annui per le università e 3 milioni per le istituzioni AFAM, destinati a interventi mirati per studenti con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento, somme peraltro da riconsiderare alla luce dei dati delle rilevazioni ANVUR che potranno rese note entro il terzo trimestre 2025. Questo rappresenta un segnale di discontinuità rispetto al DEF 2024, che non contemplava stanziamenti specifici a tale scopo. Tuttavia, l’assenza di criteri pubblici di assegnazione e di sistemi di monitoraggio dell’impatto rende difficile una valutazione di efficacia. In ambito scolastico, ad esempio, è confermato l’aumento dell’organico degli insegnanti di sostegno a partire dall’anno scolastico 2025/2026, ma la misura non è integrata da un piano complessivo sul diritto allo studio degli alunni con disabilità né da strumenti valutativi.
Sul piano lavorativo, le misure riportate nel DEF 2025 restano generiche. Non sono individuabili strumenti specifici per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, nonostante i dati contenuti nella Relazione al Parlamento sulla Legge 68/1999 (anni 2020-2021) evidenzino tassi di scopertura particolarmente elevati. In dettaglio, nel settore privato risultavano vacanti oltre 151.000 posizioni riservate, pari a circa il 32% delle quote previste, mentre nel settore pubblico la scopertura si attestava attorno a 11.000 posti, pari al 17% del totale. L’assenza di stanziamenti dedicati e di interventi mirati a ridurre la frammentazione tra politiche attive, collocamento mirato e sistema di incentivi evidenzia una criticità sistemica che permane anche nel DEF 2025.
Per quanto riguarda i caregiver familiari, non si registra nel DEF 2025 l’attuazione della disciplina introdotta con la Legge di Bilancio 2017, né l’istituzione (o re-istituzione) di un fondo strutturale dedicato. Sebbene siano in discussione in Parlamento numerose proposte di legge in materia, la programmazione economico-finanziaria nazionale continua a ignorare tale figura, la cui rilevanza sociale è invece sempre più riconosciuta anche in sede europea.
Nel confronto con i documenti di economia e finanza del 2024, si evidenzia un progresso sul piano della visibilità finanziaria degli interventi per disabilità nel settore dell’istruzione superiore, ma persistono significative carenze in termini di integrazione delle politiche, misurabilità degli impatti e governance multilivello. La prospettiva di una programmazione inclusiva resta dunque affidata alla discrezionalità attuativa, senza vincoli strutturali o indicatori comuni.
L’adozione di strumenti oggettivi di valutazione, come un ipotetico indice di pressione sociale aggregata (IPSA) di nuova istituzione, proposto anche in via sperimentale, potrebbe rappresentare una soluzione utile per misurare in modo comparabile nel tempo e tra territori l’efficacia degli investimenti in politiche per la disabilità. L’IPSA potrebbe essere costruito come indicatore composito (anche modulare), articolato su tre assi principali: incidenza della spesa pubblica specificamente destinata alla disabilità in rapporto al PIL e alla popolazione target; tasso di accesso e permanenza nei servizi educativi, lavorativi e assistenziali da parte delle persone con disabilità; livello di copertura degli obblighi previsti dalla normativa vigente (ad esempio, Legge 68/1999, normativa sul sostegno scolastico e universitario, misure per la vita indipendente, ecc.).
In assenza di tali strumenti, anche i miglioramenti quantitativi introdotti nel DEF 2025, ove realizzati, rischiano di non tradursi in effettivi e percepiti avanzamenti nella tutela dei diritti e nella partecipazione delle persone con disabilità alla vita educativa, lavorativa e sociale del Paese.
Francesco Alberto Comellini -Comitato Tecnico Scientifico-Osservatorio Permanente sulla Disabilità -info @ osperdi.it