Un voucer per i profughi
FIORELLA FIORE - UN VOUCER PER I MIGRANTI
CON LA TECNOLOGIA SI PUO' RISOLVERE IL PROBLEMA DELL'ATTRAVERSAMENTO A PIEDI DEI PROFUGHI
Lanciamo un appello alla comunità istituzionale internazionale e nazionale per realizzare una piattaforma on line a cui aderiscono tutti i paesi membri del'unione europea con la quale si mettono a disposizione dei profughi, in base alle quote stabilite per ogni paese, un voucher che consente loro di raggiungere il paese assegnato o scelto. In tal modo potrebbero con questo documento prendere anche un'aereo.
FIORELLA FIORE Vice Presidente TUTTEPERITALIA Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SENATO BURLESQUE
Alessandra Servidori - IL SENATO BURLESQUE 18 settembre 2015
La politica italiana parlamentare sta dando la peggior rappresentazione di sè e tra i mass media che dovrebbero principalmente informare, c’è la corsa tra chi si distingue tra i più tendenzialmente capaci a vendere copie o ascolti ( in crisi) raccontando il misero spettacolo che va in scena quotidianamente mentre si replica la storia. Forse ci siamo dimenticati della compra/vendita dei senatori ai tempi del fu caduto Governo Prodi che è costato a Silvio Berlusconi un processo e che ora si ripete per far passare questa brutta violenza alla Costituzione Italiana per questa stravaganza renziana che continuano a chiamare riforma. Un mercato affidato ai così detti capo- bastoni di questa insalata russa parlamentare che manda in onda una transumanza record : 108 deputati e 110 senatori che hanno cambiato casacca solo in questa legislatura. Dunque la chiamano trattativa ma è un mercato che porta dritto dritto al populismo leghistasalviniano e grillinopentastellato che NON coinvolge il popolo italiano in programmi veri di governance ma solo in squallide lotte per occupare seggioloni,seggiole,strapuntini di potere nella giungla del feticcio potere istituzionale. Così la testa d’ariete di Verdini (grossa di fatto e di intrallazzo) umma umma si intravede con i riccioli lunghi ma scarsi di Taddei ,la sempre smagliante Maria Elena svolazzante tra i banchi con una manina che si copre la bocca e con l’altra comunica con il cellulare e svolge il ruolo di gran maggiordomo per coloro che chiedono di essere ammessi alla corte del giovane toscano, nella cui dependance della reggia sopravvive la ruota di scorta degli alfaniani delusi dal poco bottino che l’Angelino pare possa loro assicurare. Poi ci sono i diessini della minoranza che continuano ad esistere con l’antirenzismo così come fecero con l’antiberlusconismo senza nessuna buona idea alternativa allo scempio che è in atto in un percorso riformatore che fa acqua da tutte le parti. I fozaitalianisti sono quasi teneri : Renato Brunetta, che rimane sempre un ottimo economista, porta avanti una battaglia quotidiana e molto solitaria dalle pagine on line del Mattinale con il controcanto di un Romani poco esperto ma tanto glamour che continua a promettere la guerra senza esercito. E intanto la soluzione è quella di far sentire la nostra voce e neanche tanto timidamente : aboliamolo questo Senato fantoccio perché vero è che non siamo uno stato federale e dunque basta e avanza la Conferenza Stato / Regioni e Anci sopravissuti alla non riforma: di un’altra camera inconcludente e spendacciona non ne abbiamo proprio bisogno. Abbiamo invece bisogno, questo sì, di una classe dirigente che sappia potenziare il motore dell’economia e dello sviluppo con sostanziali tagli di spesa poiché i problemi nostri continuano ad essere (e gravi) il numero dei lavoratori e lavoratrici tragicamente basso,un crollo degli investimenti del reddito nazionale dal 22% al 16%. La Germania pretende, e non a torto, lo slittamento automatico dei rimborsi dei titoli di Stato agli investitori se un Governo chiede il Fondo salva Stati nonché procedure fallimentari per i governi in debito dell’area euro. Per il nostro paese con un debito italiano già molto appesantito dagli interessi non basterebbe più l’aiuto della BCE. Dunque il Senato va rottamato, la boccata di ossigeno della BCE va valorizzata e usata come una leva straordinaria che ora o mai più ci ridà fiato e prospettiva.
NUOVA SCUOLA? BRUTTO INIZIO x i nostri giovani
Alessandra Servidori
Lo abbiamo già scritto e detto quando il testo della riforma scolastica si stava inseminando, lo affermiamo ora ad inizio anno scolastico con la deprecante girandola degli insegnanti che sono passati di ruolo, hanno accettato l’assegnazione della sede con il Ministero che “suonava le trombe del successo” e ci ritroviamo ora le, gli stessi, insegnanti che congelano il trasferimento e per un altro anno si cuccano la supplenza annuale ( glielo permette la stortura della normativa!).Orribile situazione per i nostri giovani studenti che non hanno certezza di diritto di avere un’insegnante di riferimento per la loro crescita formativa, ma ancora una supplente, e ancora, e ancora. La riforma è una brutta scuola, non è proprio bella e sintetizziamo così i nostri giudizi :
- · si dà più autonomia ai dirigenti scolastici MA senza cambiare composizione e poteri del Consiglio di Istituto · si esalta l’autonomia del curricolo, MA lasciando invariati e obbligatori i curricoli e gli ordinamenti esistenti; · si promuove l’alternanza scuola lavoro, MA in aggiunta alle 14 materie di studio esistenti o come “lavoretto” estivo extrascolastico; · si inventano le nuove reti “obbligatorie”, MA senza decentralizzazione e organizzazione amministrativa delle reti ; · si stabilizzano i precari, MA si lascia inalterato il sistema delle supplenze, dei punteggi e delle graduatorie; · si inventano incarichi per funzioni ispettive, MA non si istituisce un servizio ispettivo autonomo; · si premiano gli insegnanti, MA si lascia la vecchia carriera di anzianità; · si afferma l’autonomia degli istituti scolastici, MA senza riforma dell’amministrazione centrale e periferica. Tutto nasce da un stereotipo antico: PIU’ DI TUTTO = MEGLIO DI TUTTO ? PIU’ INSEGNANTI = PIU’ ISTRUZIONE ? PIU’ MATERIE = PIU’ CONOSCENZA? PIU’ ORE DI LEZIONE = PIU’ APPRENDIMENTO? PIU’ ORGANI COLLEGIALI = PIU’ DEMOCRAZIA
IN SINTESI
Mai come oggi , di fronte alla confusione della Legge vale in educazione la famosa frase dell’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe: LESS IS MORE (meno è più, o meno è meglio).
Invece la verità è ,stando dalla parte dei nostri giovani, che La legge parte dal pregiudizio che la crisi della scuola e del sistema formativo sia dovuta alla scarsità dell’offerta, mentre è dovuta all’incapacità di comprendere le trasformazioni della domanda, ossia le nuove esigenze espresse dai giovani che studiano e dalla mancanza di professionalità di alcuni insegnanti impreparati. Per troppi giovani stare a scuola non ha più senso e ne traggono le conseguenze sul piano del comportamento e degli atteggiamenti. Vero è, ed è incontestabile, che è mancata al Legislatore la conoscenza elementare di quello che è e come funziona l’attuale curricolo italiano… e quindi degli effetti perversi di un potenziamento dell’esistente senza un suo ripensamento. Le principali criticita’ del curricolo italiano sono nel fatto che Il nostro è un curricolo elitario proposto a una scuola di massa. Infatti: · si rivolge a un alunno ideale inesistente, mentre dovrebbe partire dal più debole degli alunni; · propone obiettivi contraddittori e spesso irraggiungibili, viziando i criteri di valutazione che restano lontani dall’equità e dalla affidabilità; · è del tutto dipendente dalle discipline universitarie (che non esistono più); · è verticale solo nel senso che mira – inconsapevolmente - al successo accademico – fin dalla prima elementare, mentre la grande maggioranza degli allievi non arriva alla laurea; · è prigioniero della forma scolastica (lezione+libro+voti) per cui anche il merito ha carattere scolastico; · è rivolto al passato e ad un unico futuro (quello accademico) ed ignora ciò che serve oggi alla vita dei ragazzi futuri cittadini.la verità è che Il curricolo italiano è fatto di solo “offerta”, ignora la domanda che resta una astrazione pedagogica (nei casi migliori) in una istituzione dove chi fa la voce grossa ha tutto, chi chiede riceve poco e chi non sa chiedere non ottiene nulla. Invece sulla base dell’analisi della domanda dunque bambini e giovani ,quelli veri, dovrà elaborare ed aggiornare tutti i curricoli del sistema di istruzione, formazione ed educazione, tenuto conto che il curricolo, non è appunto solo i contenuti dell’insegnamento, ma anche le metodologie, gli strumenti, la valutazione, i tempi di studio, le attività complementari e integrative, che dovrebbero fare un tutt’uno coerente e dinamico con il contesto di un’istituzione rivolta soprattutto ai minori. Dobbiamo prendere in mano la situazione, cambiarla ,operare comparazioni internazionali,proporre soluzioni. Dalla parte dei nostri giovani dunque e non degli insegnanti.
JOBS ACT :ultimi 4 decreti :piccola guidina
ALESSANDRA SERVIDORI 12 settembre 2015
Jobs Act - Approvati in via definitiva quattro decreti attuativi del Jobs Act
Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 4 settembre 2015 ha approvato in via definitiva altri quattro decreti legislativi, emessi in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Tali provvedimenti entreranno ufficialmente in vigore il giorno successivo alla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Piccola e sintetica guida dei testi a disposizione ad oggi
(1) Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale
Nell'ottica di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva, si prevede l’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali la cui funzione principale è rappresentata dal coordinamento su tutto il territorio nazionale della vigilanza in materia di lavoro, assicurazione e contribuzione obbligatoria.
Per adempiere a tale compito, l’Ispettorato avrà il potere di programmare l'intera attività ispettiva e le specifiche modalità di accertamento, nonché di dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo con efficacia per tutto il personale ispettivo, ivi incluso quello in forza presso Inps e Inail.
Al fine di supportare il lavoro dell’Ispettorato, l'Inps, l'Inail e l’Agenzia delle entrate dovranno mettere a disposizione di quest'ultimo dati e informazioni, anche attraverso l’accesso a specifici archivi informatici tenuti dai medesimi.
Onde rafforzare il coordinamento dell'Ispettorato con gli altri organi preposti alla vigilanza in materia, in via generale questi ultimi hanno l'obbligo di raccordarsi con l'Ispettorato, mentre quest'ultimo è chiamato a stipulare appositi protocolli con i servizi ispettivi delle ASL.
Infine, in vista del progressivo accentramento di tutte le funzioni ispettive presso l'istituendo Ispettorato, il decreto stabilisce che il personale ispettivo di INPS e INAIL verrà inserito in un ruolo provvisorio ad esaurimento dei predetti Istituti, con il mantenimento del trattamento economico e normativo in vigore e, contestualmente, che il reclutamento del personale ispettivo, dall’entrata in vigore dei decreti attuativi, sarà riservato esclusivamente all’Ispettorato.
(2) Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro
In coerenza con la delega contenuta nell'art. 1, comma 2, lettera a) della citata legge n. 183/2014, il decreto in esame contiene la disciplina unitaria degli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro (integrazioni salariali ordinaria e straordinaria e fondi di solidarietà), ora dunque riunite in un unico corpo normativo, con disposizioni volte ad abrogare le previsioni attualmente contenute in diversi testi normativi.
Rlevanti le novità introdotte in tema dal Governo, improntate a una semplificazione della normativa in materia e una razionalizzazione gli strumenti di integrazione salariale vigenti, sia attraverso una ridefinizione del loro campo soggettivo di applicazione, sia mediante una rimodulazione della loro durata.
In primo luogo, il decreto in esame estende la Cassa integrazione ordinaria (CIGO) e quella straordinaria (CIGS) agli apprendisti assunti con con contratti di apprendistato professionalizzante (sino a oggi destinatari unicamente dei trattamenti in deroga), prevedendo poi per entrambe il requisito di una anzianità di lavoro effettivo di almeno 90 giorni presso l'unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento.
Sotto il secondo profilo, viene unificata e revisionata la durata delle integrazioni salariali, che in entrambi i casi non può superare, per ciascuna unità produttiva, complessivamente 24 mesi in un quinquennio mobile (con l'eccezione per imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini e le imprese industriali e artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, in relazione alle quali la cassa ordinaria e straordinaria potrà estendersi sino a 30 mesi).
In proposito, il decreto prevede che la durata dei trattamenti di CIGS, concessi a seguito della stipula di un contratto di solidarietà, ove entro il limite di 24 mesi, venga computata nella misura della metà.
Inoltre, ai medesimi fini, esso dispone, da un lato, che i periodi di integrazione fruiti prima dell’entrata in vigore dello stesso non concorrono al raggiungimento del predetto limite di durata e, dall'altro, che i trattamenti richiesti prima della sua entrata in vigore si computano solo per la parte fruita in epoca successiva.
Per quanto riguarda la Cassa integrazione ordinaria (CIGO), il decreto stabilisce che la domanda debba avvenire entro 15 giorni dall’avvio della riduzione o sospensione.
Il medesimo stabilisce poi che non possono essere autorizzate ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda.
In tema di Cassa integrazione straordinaria (CIGS), invece, il termine per la presentazione della domanda è di 7 giorni e decorre dalla conclusione della procedura di consultazione o dalla sottoscrizione dell'accordo aziendale).
Il legislatore procede a una razionalizzazione delle causali di concessione della CIGS, che vengono così ridelineate in relazione alla durata del trattamento: (a) riorganizzazione aziendale, per un massimo di 24 mesi in un quinquennio mobile; (b) crisi aziendale, nel limite di 12 mesi; (b) contratti di solidarietà, sino a 24 mesi, estensibili a 36 se l’impresa non utilizza CIGO o altre causali di CIGS nel quinquennio.
A tale proposito, il decreto di riordino sancisce - nel caso di attivazione a seguito di crisi aziendale - che a decorrere dal 1° gennaio 2016 non può più essere concessa la CIGS nei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa.
Inoltre, con il provvedimento in questione si introduce il divieto di autorizzare, sia per la CIGO che per la CIGS (per quest'ultima, tuttavia, solo decorsi 24 mesi dall’entrata in vigore dello stesso), l’integrazione salariale a zero ore per tutto il personale, per tutto il periodo di cassa disponibile.
Il decreto in esame innova anche la disciplina dei contratti di solidarietà difensivi, da un lato riconducendo quelli di tipo A integralmente nell’ambito delle integrazioni salariali straordinarie (essi divengono una causale di ricorso alla CIGS, infatti) e, dall'altro, abrogando quelli di tipologia B con effetto dal 1 luglio 2016.
Altre ulteriori misure nel decreto di riordino:
- rende definitivamente strutturale la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) a 24 mesi;
- mette a regime oltre il 2015 le misure di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro di cui agli artt. da 2 a 24 del D. Lgs. n. 80/2015 (tra cui l'estensione del congedo parentale), l'ASDI (Assegno di Disoccupazione) e il fondo per le politiche attive del lavoro;
- include nei fondi di solidarietà tutti i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti (anziché più di 15, come fissato dalla L. n. 92/2012).
Il decreto precisa infine che le nuove regole sono applicabili solo ai trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto.
(3) Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive
Con il decreto legislativo che attua la delega contenuta nell'art. 1, comma 3, della legge 183/2014, il Governo innanzitutto istituisce una "Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro", coordinata dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), e formata dalle strutture regionali per le Politiche attive del Lavoro, dall’INPS, dall’INAIL, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall'ISFOL, dal sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado.
Sarà onere del Ministero del Lavoro fissare linee di indirizzo triennali e obiettivi annuali in materia di politiche attive, nonché quello di definire i livelli minimi che le prestazioni dovranno avere su tutto il territorio nazionale.
Il decreto pone a carico dell'ANPAL, oltre ai compiti di vigilanza sui Fondi interprofessionali e bilaterali, l'onere di curare l'istituzione:
- di un albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro;
- del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, nel quale dovrà assumere particolare importanza il fascicolo elettronico del lavoratore;
- dell'albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di formazione professionale.
Nel decreto viene definito lo stato di disoccupato, di lavoratore dipendente che subisce una riduzione di orario e di soggetti a rischio di disoccupazione. I summenzionati lavoratori saranno assegnati a una classe di profilazione, allo scopo di valutarne il livello di occupabilità e saranno convocati dai Centri per l’impiego per la stipulazione di un Patto di servizio personalizzato, il quale riporterà la disponibilità del richiedente a partecipare a iniziative di carattere formativo, di riqualificazione o di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro.
Il provvedimento sancisce che la domanda di ASpI, NASpI o DIS-COLL equivarrà a dichiarazione di immediata disponibilità del lavoratore e sarà inserita nel sistema informativo unitario delle politiche attive e dei servizi per l’impiego.
La nuova disciplina prevede che, i beneficiari di prestazioni a sostegno del reddito, che non abbiano riottenuto una occupazione, siano quindi chiamati a stipulare il Patto di servizio personalizzato, sottoscrizione necessaria anche ai fini della concessione dell’Assegno di disoccupazione (ASDI).
A questo riguardo, il decreto dispone che, nel caso i soggetti non prendano parte alle iniziative così promosse a loro beneficio, senza giustificato motivo, saranno passibili di sanzioni, che vanno dalla decurtazione sino alla sospensione e alla decadenza dalle prestazioni.
Nel caso di soggetti percettori della NASpI, il cui stato di disoccupazione ecceda i 4 mesi, è prevista l'erogazione di un assegno di ricollocazione che non costituirà reddito imponibile.
Da ultimo, si segnala che i lavoratori titolari di strumenti di sostegno del reddito potranno essere chiamati a svolgere attività di servizio nei confronti della collettività nel territorio del Comune di residenza, ma l’utilizzo dei lavoratori in tali attività non determinerà l’instaurazione di un rapporto di lavoro. A questi lavoratori spetterà un importo mensile, pari all’assegno sociale erogato dall’INPS.
(4) Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità
Il decreto contiene disposizioni che innovano la legislazione vigente sotto numerosi ed eterogenei profili.
Innanzitutto, l'intervento del Governo si è tradotto in previsioni volte a operare una semplificazione delle procedure e degli adempimenti nella gestione dei rapporti di lavoro.
Così, in tema di inserimento mirato delle persone con disabilità, si prevede che i datori di lavoro privati potranno assumere i lavoratori con disabilità mediante la richiesta nominativa e la stipula di convenzioni, ma non potranno effettuare l’assunzione diretta. Inoltre potranno essere computati nella quota di riserva i lavoratori disabili con una riduzione della capacità lavorativa di una certa entità, anche se non sono stati assunti tramite le procedure del collocamento mirato.
È stata poi rivista la procedura di concessione dell’incentivo per le assunzioni dei disabili e introdotta la corresponsione diretta e immediata dell’incentivo al datore di lavoro da parte dell’INPS, mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili; è stato anche previsto un rafforzamento degli incentivi in caso di assunzione di persone con disabilità intellettiva e psichica.
In relazione alle quote di riserva, l'intervento ora operato dispone dal 1° gennaio 2017 la soppressione dell’art. 3, comma 2, legge n. 68/1999, implicando che, per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, gli obblighi di assunzione di persone con disabilità non sia più correlata alla “nuova assunzione”. Pertanto, da tale momento essi sono tenuti in ogni caso ad avere alle loro dipendenze un lavoratore con disabilità.
Da ultimo, il decreto legislativo in esame prevede che entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore, con uno o più decreti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, adotti delle linee guida in materia di collocamento mirato, al fine di rafforzarne il sistema.
Un secondo pacchetto di previsioni è invece rivolto a una razionalizzazione e semplificazione in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro.
Tra queste, va senz'altro menzionata quella che istituisce, con effetto dal 1° gennaio 2017, il libro unico del lavoro in modalità telematica, che sarà tenuto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Nella medesima ottica, il decreto in esame dispone che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, politiche attive e formazione professionale, siano effettuate esclusivamente in via telematica, mediante modelli semplificati, confermando così il principio della c.d. "pluriefficacia" della comunicazione inviata a un unico ufficio, ma valevole per tutti gli enti interessati.
Con il provvedimento in questione, inoltre, è abolita l’autorizzazione preventiva ministeriale per l'assunzione o il trasferimento all'estero dei lavoratori italiani.
L'intervento legislativo si è poi rivolto alla legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sempre nell'ottica di semplificare e snellire le relative procedure, in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 5 e 6, della legge n. 183/2014.
In questo ambito, il provvedimento in commento, in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 5 e 6, della legge n. 183/2014, modifica diverse norme in materia (su tutte, quelle contenute nel D. Lgs. n. 81/2008 - Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro - e nel D.P.R. n. 1124/1965), disponendo, tra l'altro:
- che ai fini della fini della valutazione dei rischi l’Inail, anche in collaborazione con le ASL, dovrà mettere a disposizione del datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio;
- che i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, potranno essere svolti direttamente dal datore di lavoro, anche nelle imprese o unità produttive che superano i 5 lavoratori;
- che il certificato di infortunio e di malattia professionale siano trasmessi all'Inail esclusivamente per via telematica (esonerando di conseguenza il datore di lavoro da tale incombente);
- parimenti, che le informazioni relative alle denunce di infortunio mortali, o con prognosi superiore a 30 giorni, siano trasmesse dall’INAIL all'autorità di pubblica sicurezza, esonerando il datore di lavoro da tale onere;
- che l'obbligo di tenuta del registro infortuni sia abolito, decorsi 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto medesimo.
Il legislatore delegato è poi intervenuto anche su alcune delle sanzioni più ricorrenti previste dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale. In primis, si registrano modifiche alla disciplina della c.d. maxisanzione per il lavoro "nero", in relazione alla quale:
a) sono introdotti importi sanzionatori "per fasce" (in luogo di importi legati alla singola giornata di lavoro irregolare);
b) è reintrodotta la procedura di diffida, tramite cui è possibile regolarizzare le violazioni accertate, eccetto in caso di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno e di minori in età non lavorativa (la sanatoria è subordinata al mantenimento al lavoro del personale “in nero” per un determinato periodo di tempo);
Inoltre, sono introdotte modifiche al c.d. provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, la cui revoca è ora ottenibile, su istanza di parte, subordinatamente al pagamento del 25% della somma aggiuntiva dovuta (l’importo residuo, maggiorato del 5%, è versato entro 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca).
Il decreto chiarisce poi meglio le nozioni di omessa registrazione e infedele registrazione sul LUL, di cui ne modifica il regime sanzionatorio (così come per l'illecito costituito dalla mancata consegna del prospetto paga).
Il decreto in esame prosegue poi con talune rilevanti disposizioni in materia del rapporto di lavoro.
A tale proposito, in primo luogo l'intervento riguarda la disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, contenuta nell'art. 4 legge 300/1970, il quale ora prevede, in particolare, che:
- il datore possa assegnare al lavoratore strumenti per rendere la prestazione lavorativa, dai quali possa derivare anche la possibilità di un controllo a distanza della sua attività, anche senza accordo sindacale o autorizzazione ministeriale;
- i dati, eventualmente a carico del lavoratore, ricavati tramite gli strumenti di cui sopra sono utilizzabili a fini disciplinari, purché al lavoratore sia data adeguata informativa circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli, nel rispetto del D. Lgs. n. 196/2003 (Codice privacy).
Con l'articolo successivo il decreto in commento riconosce ai lavoratori la possibilità di cedere, a titolo gratuito, ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro e svolgenti mansioni di pari livello e categoria, i riposi e le ferie maturati (con esclusione dei giorni di riposo e di ferie minimi garantiti dalla legge) al fine di assistere i figli minori che, per le particolari condizioni di salute, abbiano bisogno di assistenza e cure costanti da parte dei genitori.
Inoltre, si attribuisce al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentiti la Federazione nazionale degli ordini dei medici e il consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, il potere di introdurre, con il decreto previsto dall’art. 5, comma 13, del D.L. n. 463/1983, ipotesi di esenzione dal rispetto delle fasce di reperibilità in caso di malattia, per i lavoratori del settore privato, al pari di quanto avviene per i lavoratori del settore pubblico.
Altra previsione di innegabile impatto è quella che ha introdotto, al fine di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, l'obbligo di renderle - a pena di efficacia - con modalità esclusivamente telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito istituzionale. Tale forma diviene obbligatoria anche per la formalizzazione della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Essa non dovrà tuttavia essere osservata, qualora le dimissioni o la risoluzione consensuale intervengano nelle sedi protette di cui all’art. 2113, comma 4, del codice civile. Entro 7 giorni dalla trasmissione del modulo, il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale, sempre con modalità telematiche.
In merito a tale nuovo incombente, si dovrà attendere un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (da emanarsi entro 90 giorni dalla entrata in vigore del decreto legislativo), con il quale saranno stabiliti, tra l'altro, le modalità di trasmissione nonché gli standard tecnici atti a definire la data certa di trasmissione. Dalla entrata in vigore del decreto ministeriale citato, saranno abrogate le norme della Legge Fornero che attualmente disciplinano le modalità di convalida delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto (art. 4, commi da 16 a 23-bis, legge 92/2012).
Il legislatore ha altresì dettato alcune disposizioni in materia di pari opportunità, contenenti misure volte a ridefinire parzialmente gli istituti e gli organismi cui è demandata in via prioritaria la vigilanza sul rispetto della relativa disciplina.
In tale contesto, in primo luogo il decreto in commento, in vista della soppressione delle province, opera una revisione dell'ambito territoriale di riferimento delle consigliere di parità provinciali.
Inoltre, esse prevedono una modifica della composizione e delle competenze del Comitato nazionale di parità e, per quanto riguarda le consigliere di parità, operano una riscrittura delle loro competenze e della procedura di designazione e nomina delle stesse.
Si sancisce poi il principio che vuole le consigliere di parità sottratte allo spoil system consacrato nell’art. 6, comma 1, della legge n. 145/2002.
Infine, con l'obiettivo di rafforzare l'efficacia dell'azione delle consigliere di parità, viene introdotta la Conferenza nazionale delle consigliere di parità, che sostituisce la Rete delle consigliere.
12 SETTEMBRE 2015
CIRINNA' si calmi ! 10 agosto 2015
Alessandra Servidori
Tutti vogliono una buona legge sui diritti e le unioni civili : Cirinnà si calmi
Torna a settembre la discussione sulla proposta di legge portata avanti con prepotenza dalla Senatrice PD Cirinnà, sopranominata Irinni . Cirinnà si deve dare una calmata : la sua intolleranza è molesta e sicuramente anti/democratica. Il Testo del ddl infatti è volutamente ambiguo e ipocrita su due versanti : il vulnus più importante di questo provvedimento è l'apertura alla step child adoption che crea molti problemi e, non ultimo, l'utero in affitto. L’altra questione è che la formulazione giuridica di coppia è fantazziosamente matrimonialistica poiché la possibilità di adozione automatica è riconosciutae giurisprudenzialmente, con i derivati che ne conseguono sul versante dei diritti e dei doveri e dei costi. Tutto costruito come forzatura sull’appello della Unione Europea sulla necessità di normare e ordinare le unioni civili dei conviventi dunque giustamente anche delle coppie omosessuali ,senza però mai avanzare- la Ue- la questione adozione su cui il ddl invece è anacronistico perché comunque spalanca la porta all’adozione del figlio biologico del compagno avuto precedentemente come se questa fosse la generalità delle situazioni. Invero la realtà è nei numeri modestissima ma l’intento di tirare la volata alla prassi mercantile dell’utero in affitto è l’obiettivo. Infatti l’unica possibilità per una coppia di uomini ha per procreare è appunto comprarsi un utero. l’Unione e comunque il matrimonio tra un uomo e una donna è incardinata su una relazione affettiva naturale che procrea e dunque anche la pensione di reversibilità pensata per sostenere il figlio o chi dei due genitori sopravvive,per sostenersi con i versamenti e dunque il diritto alla pensione,esula dai diritti universali civilistici come l’assistenza , l’eredità e dunque la casa . Monica Cirinnà si calmi e il PD la fermi nel suo delirio di vittoria integralista della formazione sociale anacronistica: si riconosca il reciproco riconoscimento dei doveri materiali e morali tra conviventi e la guerra sul ddl finisce,portandoci a casa una legge equilibrata. Ma non l’ambiguità sul tema che sta ancora lacerando la società italiana con vere e proprie blasfemie carsiche destinate ad essere terreno di scontro. Vediamo quali questioni e su cosa ci tocca combattere l’ignoranza .La prima è relativa alla definizione ambigua di gender. Vero è che a livello europeo fino a non molto tempo fa quando si parlava di questo tema, si intendeva e lo troviamo evidentemente anche in EUROPA 2020, la disparità che ancora esiste tra uomini e donne nell’accesso alla sanità, all’educazione, al mondo del lavoro, a una retribuzione paritaria, alla rappresentanza politica e istituzionale. Poi anche ben poco silenziosamente dal 1995 ( tant’è che gli studi sul gender anche in Italia all’Università di Milano si festeggiano i 20 anni di questa teoria invero non dominante), cominciano a proliferare Questioni, ovviamente in cui la sessualità ha attinenza. Eccome .Dunque non si è automaticamente detrattori della Riforma della Scuola comunque discutibile , se si eccepisce l’art 16 ,poiché siamo sufficientemente intelligenti da capire che una nuova modalità di pensiero del genere, della sessualità, del corpo e del linguaggio, probabilmente sarà materia di insegnamento scolastico. Una volta valeva il concetto e la regola nel dire che se si è di un sesso non lo si è di un altro, inteso come effetto di un processo storico in cui l’identità si costruisce naturalmente. Oggi invece la questione assume un concetto antropologico diverso da parte di teorie altre, e addirittura si teorizza con tanto di dichiarazioni di attrici cantanti famosi il gender flex passando da una eterosessualità ad una omosessualità ricorrentemente così come è se vi pare. Or dunque nel Testo della legge 13 luglio 2015, n.107, il termine genere compare appunto all’articolo 16:“Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità dei sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”.Poiché le discriminazioni ,il bullismo e la violenza di genere non è stata sufficientemente combattuta tant’è che domina ancora nella società, si insegna alle nuove generazioni anche la teoria del gender. Ma non si è in grado di insegnare a scuola l’educazione sessuale,la lotta al bullismo e all’assassinio delle donne, pensiamo sul serio di inculcare ai nostri giovani l’educazione antibiologica, facendola passare come educazione alla diversità’ meschina e brutale la questione. L’iter dell’educazione di genere ha comunque delle ripercussioni deliranti. Il 30 luglio in Commissione Giustizia al Senato è andata in scena una commedia vergognosa. Un senatore della minoranza ha presentato un ordine del giorno nel quale si legge, tra l’altro, che «il Senato impegna il Governo a non violare i due diritti fondamentali riconosciuti, garantiti e tutelati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, i propri valori religiosi nell’educazione, e il diritto di priorità dei genitori nella scelta di educazione da impartire ai propri figli (artt. 18 e 26); a garantire e tutelare il diritto dei genitori ad educare i propri figli».E’ una affermazione che non si può non condividere. Cirinnà e la sua corte in Commissione bocciano inviperiti l’odg con la motivazione delirante che “Così come formulato, esso avrebbe potuto insinuare il dubbio che lo stesso governo avesse intenzione di violare i diritti fondamentali dell’uomo.” Il gruppo integralista pretestuoso portandosi dietro altri soggetti confusi, colpisce ancora. Tutto tranne che democratico: un voto che nasce da una lucida e deliberata volontà sull’onda della deriva totalitaria in cui versa la nostra Italia,una dittatura del pensiero unico sul quale Francesco ci ha allertati. L’altra questione che mi piace affrontare è l’accusa anche ridicola dell’irresistibile ascesa di un’invenzione retorica vaticana contro la denaturalizzazione dell’ordine sessuale. Ecco gli ammazzapreti che insorgono con il loro insaziabile livore anticlericale. Secondo alcuni signori e signore ,il Vaticano si accorge che esistono i Gender Studies, le cui acquisizioni sono pericolose per il mantenimento della sua autorità sulle persone. E accusano una pubblicazione vaticana: Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche (2003) , di descrivere il termine “gender”, come un bel mix di marxismo, estremismo femminista e perversione gay. Peccato però che a questi signori e signore si può ricordare che chi studia e opera, anche in virtù dell’insegnamento del Vangelo ,e non solo, è portatore di una un’evoluzione culturale che ha introdotto maggiore uguaglianza sociale tra generi (uomini e donne) e tra categorie sessuali diverse, senza pruderie .I diritti civili ,le pari opportunità sul lavoro e sulla maternità e genitorialità,hanno migliorato il patrimonio dei diritti della persona e maggiore equità sociale per tutti. Quindi non c’è nessun pretesto di dominio clericale e basta leggere gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa: nessuno, tanto meno gli educatori, si oppone al fatto che uomini e donne siano uguali e tutte le persone hanno uguali diritti e si produce maggiore democrazia se si studia la verità biologica e non trasfigurata e l’educazione a scuola è impostata sul rispetto reciproco e soprattutto sulla verità scientifica e non trasformista.
Seduta 499 del Senato
Nel corso della seduta pubblica n° 499 del Senato del 8 settembre 2015 è stato approvato il testo riportante la modifica per la democrazia rappresentativa ed elettiva paritaria.
La Prof.ssa Alessandra Servidori, in quanto è stata per molti anni Consigliera Nazionale di Parità del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è stata citata dalla Senatrice Anna Cinzia Bonfrisco come esempio di supporto alla legge.
Tutto il materiale della seduta pubblica si trova al seguente link
JOBS ACT :ultimo atto e attenzione ai tranelli
Alessandra Servidori
Poletti Giuliano ha semichiuso il cerchio del JOBS ACT che adesso con gli ultimi 4 decreti approvati in CDM si può cominciare ad analizzare come applicazione futura , complessa e impatto sul mercato del lavoro, allontanando quel vociare sguaiato che sulla pelle delle cosiddette risorse umane, donne e uomini in carne ed ossa che sono la locomotiva dell’economia ,dovrebbero salvare l’Italia.Loro , non il decreto. Dei 4 decreti ci soffermiamo su due questioni : il controllo a distanza e l’eutanasia delle Consigliere di parità, e poi riprenderemo, con il rigore necessario la questione delle risorse che accompagnano ( o meno) l’applicazione della compelessa normativa.Prima però concedetemi una riflessione non comunque rassegna nata ma sicuramente alterata sulla situazione politica legata al parterre della Festa della non ritrovata UNITA’ in cui gli autoreferenziali pi iessini si scannano tra di loro e solo tra di loro come assoluti padroni dell’Italia .Così da un lato Renzi e il renzismo, che continuano a proporsi come l’incarnazione del nuovo e in nome di questo conquistano arrogantemente sempre maggiori quote di potere (per la verità, più formale che sostanziale), e dall’altro esiliati dal conetsto politico un coacervo di forze declinanti – la sinistra massimalista (Sel e satelliti vari) e quella nostalgica (Bersani e D’Alema);le ininfluenti diverse anime ormai spettrali del centro, quel che resta della destra berlusconiana – e di forze crescenti perché capaci di agitare il malcontento, principalmente la Lega di Salvini e il “nuovo” 5stelle di Di Maio (ragazzo che si presenta con la faccia pulita e con un discreto seguito alternativo al grillismo) Non è proprio la vecchia dicotomia bipolare “berlusconismo-antiberlusconismo”, ma poco ci manca. Alla festa della disUNITA’ le compagne fanno sempre la stessa parte : reggono la sottana alla Regina di turno e ai compagni capi in religioso ossequio. Così in questo clima leggermente fetido la norma sul controllo a distanza è stravagante e pone problemini di rispetto delle regole sulla privacy e soprattutto contrasta con la norma che depositata in Parlamento prima da un gruppo trasversale di signore onorevoli, propugna lo SMART WORKING come modalità intelligente e flessibile del lavoro a distanza. La mano destra non sa cosa fare la mano sinistra. Ancora sempre sul decreto semplificazioni la massacrata alle consigliere di parità e agli organismi di parità del Ministero del lavoro annienta il tanto lavoro fatto per trasformare le politiche antidiscriminatorie in politiche attive per agevolare il lavoro femminile non con sanzioni, ma con prassi che applicano gli strumenti a disposizione delle agevolazioni fiscali e della flessibilità produttiva. Bagni Cipriani nuova fedele compagna “de sinistra” nominata Consigliera Nazionale di parità ha accettato supinamente l’eliminazione del ruolo della consigliera senza neanche eccepire sulle motivazioni della relazione tecnica allegata al decreto dove si afferma falsamente che il provvedimento è in sintonia con le delibere e le indicazioni della UE.Niente affatto : la Ue raccomanda anche nella programmazione comunitaria 20120 di irrobustire le norme e gli organismi di parità proprio verso il sostegno dell’entrata e permanenza delle donne nel mercato del lavoro : ma il nostro dubbio che è ora certezza , è che si pensi solo ad irrobustire quel Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio con quell’UNAR (Ufficio antidiscriminatorio) capitanato da tanti e identificabili funzionari di tendenza e molto ben pagati ma anche arroganti, tutti e solo protesi a spingere sulle norme di omosessualità di moda e politicamente discutibili piuttosto che sul lavoro delle donne che è e rimane l’emergenza. Ancora e per ora la finiamo qua. Il Decreto legislativo 80/ del 15 giugno 2015 in materia di misure per la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro estende le tutele genitoriali SOLO PER L’ANNO 2015.E’ settembre e la macchina organizzativa è in affanno soprattutto INPS che ha mandato le circolari applicative da pochi giorni sul congedo parentale a ore. Le norme si applicano in via sperimentale per appunto solo 2015 che fra tre mesi finisce e con limitazione alle sole giornate di astensione riconosciute nello stesso anno. Donne lavoratrici gravide e compagni di vita attenzione!. Nel 2016 poche certezze di diritto!Infatti in ragione dell’ultimo comma del art 26 del decreto , ove non entrino tempestivamente in vigore i provvedimenti che dovranno assicurare la copertura finanziaria ( attraverso la legge di stabilità di prossima emanazione?), si ritornerà al testo vigente prima : dunque niente euri, niente permessi, Veramente il Ministero ha con una circolare del 26 giugno affermato che le norme saranno strutturali , ma noi che sappiamo che le clusole di salvaguardia continuano a funzionare, abbiamo dei ragionevoli dubbi.Infatti non basta affermare che ci saranno le risorse una volta che sarà operativo il decreto sugli ammortizzatori sociali,il quale all’art 42,comma 2,effettivamente individua una copertura progressiva e permanente degli oneri finanziari,sebbene derivanti da una riduzione del Fondo della legge 190/2014 8art 1,comma 107) previsto per l’attuazione della legge 183/ 2014.Ne consegue che dal 1 gennaio 2016,in mancanza di conferma del menzionato provvedimento di copertura finanziaria,le disposizioni per la nuova conciliazione non ci saranno più. Questo dice la norma e noi ne siamo consapevoli. Altrochè.
DATI ISTAT: cautela ragionata non gufaggine
Alessandra Servidori CARO RENZI sui dati ISTAT cautela ragionata non gufaggine
Noi siamo delle inguaribili ottimiste e siamo solite studiare bene i dati per farci un’opinione lucida scientifica e non solo politicamente di moda. E’ così che abbiamo letto e studiato i dati forniti da Istat ieri e su questi esprimiamo la nostra opinione oggi. Condividiamo le cautele necessarie espresse da vari colleghi opinionisti, ma soprattutto le argomentiamo, accuratamente.. Cominciamo con l’occupazione . In verità la crescita degli occupati è dovuta principalmente a un aumento di quelli con più di 50 anni, cresciuti del 5,8 per cento, mentre quelli tra i 15 e 49 anni sono diminuiti,lasciando così evidente e tragica la mancanza di lavoro per giovani qualificati tra i 25 e 34 anni. Nel settore dell’industria, dove c’era stata una diminuzione dell’occupazione nel trimestre precedente, i dati sono rimasti sostanzialmente stabili (con un piccolo aumento al Nord e una leggera diminuzione al Centro e al Sud) .Vero è che la crescita degli occupati riguarda sia quelli a tempo pieno che quelli a tempo parziale. Tuttavia la crescita degli impiegati a tempo parziale è in maggioranza dovuta a contratti di part-time involontario: la maggioranza (64,6 per cento) delle persone assunte cercava un impiego a tempo pieno, ma si è accontentata di un part-time. Questo dato è sostanzialmente in linea con quello dell’anno precedente: 64,5 per cento di part-time involontario. In totale, l’aumento degli occupati riguarda solo i lavoratori dipendenti (1,1 per cento). Per quanto riguarda la forza lavoro: il numero di persone in cerca di un’occupazione dovrebbe essere rimasto invariato su basa annua. Fra i disoccupati il 59,5 per cento sta cercando lavoro da più di un anno e questo dato si è ridotto nell’ultimo anno: nel secondo trimestre del 2014 era del 61,9 per cento. Il tasso di disoccupazione si è leggermente ridotto, su base annua, dello 0,1 per cento e si attesta al 12,1 per cento e il tasso degli inattivi cioè di chi è disoccupato e non cerca il lavoro è 35,8 .Oggi sono stati pubblicati anche i dati dell’Eurostat, l’istituto di statistica europea, sull’occupazione nell’area euro (i 19 paesi che adottano la moneta unica). A luglio 2015 la disoccupazione media è del 10,9 per cento. Perchè Renzi continua a dire che siamo rientrati nel gruppo di testa ? Markit – un’azienda molto famosa che offre vari servizi finanziari – ha pubblicato, dei dati sull’andamento dell’economia di molti paesi europei, tra cui l’italia . Secondo Markit in Italia c’è stato un leggero rallentamento della crescita economica ad agosto 2015, specialmente per quanto riguarda la produzione manifatturiera, e il livello di acquisti da parte dei produttori. Markit usa il PMI, una singola misura per indicare la condizione degli affari in un determinato paese. Il PMI dell’Italia è sceso a 53,8 da un picco che aveva raggiunto a luglio del 55,3. Cinquanta è un valore neutro del PMI, vuol dire che nel suo complesso il mondo degli affari non è peggiorato né migliorato; perché poi affermare che l’occupazione femminile sta migliorando? La situazione femminile in Italia è veramente tragica e rimane tale poiché i provvedimenti per sostenere le donne nel mercato del lavoro sono debolissimi. Sappiamo da sempre che le rgazze si laureano più velocemente e a voti più alti dei ragazzi : basta leggere la serie storica di Alma Laurea per capire che purtroppo le giovani sono e rimangono discriminate quando sono brave .A luglio 2015 la stima degli occupati aumenta rispetto a giugno per effetto della componente maschile (+0,4%) mentre resta sostanzialmente invariata quella femminile. Il tasso di occupazione maschile, pari al 65,3%, cresce di 0,2 punti percentuali, mentre quello femminile resta stabile al 47,3%. Nell’ultimo mese la stima della disoccupazione è in calo sia tra gli uomini (-3,5%) sia tra le donne (-5,6%). Lo stesso andamento si osserva per i tassi di disoccupazione: quello maschile, pari all’11,5%, cala di 0,4 punti percentuali, quello femminile, pari al 12,7%, cala di 0,6 punti. Ma ci chiediamo : sono dati destagionalizzati? Perché si sa che la maggiore occupazione femminile è richiesta nei mesi estivi nei servizi e dunque di bassa qualità e non strutturale. A fine settembre cercheremo di capire meglio . Comunque cautela signori: sia un decimale di rilevazione del pil del secondo trimestre che l’incremento di 180 mila posti di lavoro non fa la ripresa e l’economia italiana,hanno ragione insieme per una volta Camusso e Squinzi, va aiutata . E poi e poi Renzi è e rimane un giovane toscano arrogante : invoca aiuto e sostegno ma non ascolta nessuno e continua nella sua presunzione di completezza a mettere in pista squadre di esperti che bivaccano a Palazzo Chigi assomigliando sempre di più ,nel perdere tempo, ad una storiaccia di clan di consulenti e cervelli inutili già visti e pagati.
Rappresentanza femminile nei parlamenti internazionali-siamo ancora indietro
ALESSANDRA SERVIDORI
LA RAPPRESENTANZA FEMMINILE NEI PARLAMENTI INTERNAZIONALI-
A che punto siamo - Si riafferma con urgenza un tema sempre di attualità e mai risolto, in Europa come in Italia. La presenza delle donne in politica
L’Unione Interparlamentare (UIP - organizzazione internazionale che riunisce i rappresentanti dei parlamenti del mondo eletti democraticamente) ha di recente compilato una classifica dei paesi che hanno nei loro parlamenti (Camere basse) il maggior numero di donne. La classifica documenta la presenza femminile anche nei seggi delle Camere alte.Qsto dato non consente una comparazione completa, poiché alcuni paesi non hanno le Camere alte. I dati nelle tabelle che seguono sono stati elaborati dall’Unione interparlamentare sulla base delle informazioni fornite dai vari parlamenti nazionali al 1° giugno 2015. Per chi desidera approfondire ulteriormente la materia, si rimanda direttamente al sito “Women in national parliaments” (http://www.ipu.org/wmn-e/arc/classif010615.htm) Come si può vedere dai dati delle tabelle riportate collegandosi al sito , la media mondiale della presenza delle donne nella combinazione delle due Camere del parlamento (alta e bassa) corrisponde al 22,2%, mentre quella relativa alle Camere basse - al 22,5% e quella relativa alle Camere alte (senato) - al 20,6%.Per quanto riguarda, invece, le medie mondiali, ripartite su base regionale, con i progressi fatti da Italia, Austria e Malta, l’Europa (paesi che fanno parte dell’OCSE - esclusi quelli del Nord Europa) registra una presenza femminile pari al 24,2% (Camera bassa). Tuttavia, è il mondo arabo che registra i maggiori progressi con la nomina, per la prima volta nella storia, di 30 donne nel Consiglio consultivo dell’Arabia Saudita (a dicembre di quest’anno, le donne potranno, inoltre, sempre per la prima volta nella storia, votare per le municipali, dove avranno anche la possibilità di candidarsi senza il permesso del marito/padre/fratello di turno), e l’elezione di 18 donne nel parlamento della Giordania. La media regionale della presenza femminile negli Stati Arabi corrisponde al 19% (Camera bassa). In Africa (subsahariana), la presenza femminile corrisponde al 22,2% (Camera bassa), in Asia – al 19%e nei Paesi del Pacifico – al 13,1%. La situazione più progressista riguarda in generale i paesi del Nord Europa (41,3%), in cui un avanzato sistema culturale e di welfare contribuisce a colmare il divario di genere. Notiamo che i paesi con una percentuale di donne pari a zero, sono gli Stati Federati di Micronesia (in Oceania), Palau e la Repubblica di Vanuatu (entrambi nell’Oceano Pacifico), il Qatar e lo Yemen (in Medio Oriente) e il Tonga (Polinesia). Gli Stati Uniti si collocano, nella “world classification” (140 paesi mappati - in ordine decrescente di % di donne), al 71mo posto (19,4%), la Russia al 95mo (13,6%) e l’Italia al 32mo, con il 31%. Sotto l’Italia, si trovano Portogallo, Svizzera, Francia, Australia, Canada e Regno Unito, tra gli altri. Sorprendentemente, il paese che si situa al primo posto della classifica è il Ruanda con una presenza femminile alla Camera bassa che supera il 63%. Dopo il genocidio del 1994, le donne hanno cominciato a esercitare un forte ruolo su più fronti, incluso quello della politica. Il presidente Paul Kagame ha favorito il processo di partecipazione delle donne alla crescita economica e politica del paese. Con le elezioni politiche del settembre 2013, la presenza femminile nei seggi della Camera bassa è stata del 63,8%.
Anche se le donne hanno una maggiore rappresentanza al Parlamento europeo in confronto ai parlamenti nazionali della gran parte dei singoli Stati, la percentuale è ancora sensibilmente bassa (35,3%). Si riafferma con urgenza un tema sempre di attualità e mai risolto, in Europa come in Italia. La presenza delle donne in politica. La parità tra uomini e donne è un obiettivo ancora piuttosto lontano, anche se a ogni tornata elettorale si registrano dei progressi significativi, fin dalla prima legislatura (1979-1984) quando le donne eurodeputate erano soltanto il 16%.
Nonostante l’uguaglianza di genere sia considerata in Europa un valore fondamentale e un requisito indispensabile per una reale democrazia, le donne sono ancora poco presenti nei processi politici decisionali. In molti paesi, persiste un effettivo squilibrio di genere nei parlamenti e nei governi. Tra i fattori che influenzano la presenza di donne in parlamento, bisogna tenere presente sia il sistema elettorale che l’uso delle quote. Tutti i paesi europei che hanno raggiunto una percentuale femminile del 30% adottano, in genere, un sistema di elezione proporzionale a liste bloccate.
In alcuni paesi del Mondo è evidente come vi sia stato l’impegno a bilanciare le rappresentanze di genere nelle istituzioni politiche con l’uso delle quote. Alcuni Stati come il Marocco, la Giordania e l’Iraq hanno introdotto un sistema di quote “femminili” nelle elezioni parlamentari. In Marocco, la prima donna fu eletta al parlamento solo nel 1993, nella primavera del 2002 il numero era salito a 35 grazie all’introduzione delle quote. Oggi siedono in parlamento (Camera bassa) 67 donne (il 17% dei deputati). Le elezioni parlamentari giordane del 2007 hanno visto la candidatura di 199 donne; oltre il triplo del 2003, quando si candidarono solo 54 donne, incoraggiate dalla quota minima di 6 seggi voluta dal re. Oggi, in Giordania, ci sono 18 donne alla Camera bassa (12%) e 8 al Senato (10,7%). In Iraq sono state elette in parlamento 87 donne (il 26,5% dei deputati). Ci sono, tuttavia, delle eccezioni. Ad esempio, nel Nord Europa, precisamente in Finlandia e Danimarca, che hanno percentuali alte di rappresentanza femminile, non sono presenti meccanismi interni ai partiti per la presentazione di liste paritarie o quote stabilite per legge. In questi casi, fattori come quello “culturale” o politiche di welfare a favore di donne e famiglie sono determinanti nel favorire la presenza femminile in politica.
In conclusione, le donne sono ancora chiaramente sottorappresentate nella sfera politica sia a livello nazionale, europeo che mondiale. D’altro canto, è giusto sottolineare i cambiamenti positivi che si sono verificati nel corso degli anni come, ad esempio, negli organismi politici istituzionali dell’UE -grazie soprattutto al contributo delle donne del Nord Europa: Finlandia, Svezia ed Estonia. Quest’ultimo paese mostra una perfetta parità di rappresentanza di donne e uomini (50%), frutto di una scelta politica perseguita da anni. Non così nel Riigikogu - parlamento nazionale Estone - dove, al contrario, le donne sono considerevolmente sottorappresentate: 23,8%. Anche a livello mondiale, il genere femminile ricopre sempre più spesso incarichi di primo piano nel campo della politica internazionale. In Ruanda e Bolivia, le donne in parlamento superano addirittura gli uomini (rispettivamente 63,8% e 53,1%). Seguono Cuba (48,9%), Seychelles (43,8%) e Svezia (43,6). In media, la percentuale di donne presenti nei parlamenti di tutto il mondo è pari al 22%.
Francesco e la giornata del Creato 1 settembre
Alessandra Servidori FRANCESCO ci invita a rispettare e ad amare madre terra
Oggi 1 settembre 2015 Papa Francesco ci invita alla preghiera e alla riflessione in comunione con tutte le persone di buona volontà che vogliano offrire il loro contributo al superamento della crisi ecologica che l’umanità sta vivendo per rendere tale Giornata Mondiale di preghiera per la cura del creato un momento forte anche in vista dell’assunzione di stili di vita coerenti. Francesco con la sua seconda Enciclica pubblicata in luglio ha posto con il suo usuale vigore il dramma della cura della terra che noi stiamo drammaticamente trascurando e violando. L’Enciclica prende il nome dall’invocazione di San Francesco, «Laudato si’, mi’Signore», che nel Cantico delle creature ricorda che la terra, la nostra casa comune, «è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia».L’itinerario dell’Enciclica si snoda in sei capitoli. Dall’osservazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta alla luce delle migliori acquisizioni scientifiche oggi disponibili , si passa al confronto con la Bibbia e la tradizione giudeo-cristiana , individuando la radice dei problemi nella tecnocrazia e in un eccessivo ripiegamento autoreferenziale dell’essere umano. La proposta dell’Enciclica è quella di una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali», inscindibilmente legate con la questione ambientale. Nel Papa Francesco propone di avviare a ogni livello della vita sociale, economica e politica un dialogo onesto, che strutturi processi decisionali trasparenti, e ricorda che nessun progetto può essere efficace se non è animato da una coscienza formata e responsabile, suggerendo spunti per crescere in questa direzione a livello educativo, spirituale, ecclesiale, politico e teologico. Il testo si conclude con due preghiere, una offerta alla condivisione con tutti coloro che credono in «un Dio creatore onnipotente», e l’altra proposta a coloro che professano la fede in Gesù Cristo, ritmata dal ritornello «Laudato si’», con cui l’Enciclica si apre e si chiude.I diversi capitoli sono attraversati da alcune questioni importanti quali: l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita
Salviamo i due marò dai complottisti
Alessandra Servidori
Salvatore Girone,comunque ha diritto di curarsi in Italia, come Massimiliano Latorre: salviamo i due marò dai complottisti
I due nostri soldati italiani sotto processo, di cui uno , in stato di custodia nel kerala in India, sono vittime 4 volte : del senso del dovere e dell’obbedienza agli ordini,delle ricostruzioni approssimative, di isterie, di strumentalizzazioni e complottismi. Ora che anche Girone,sequestrato a kerala e in preda a giustificato terrore, si è ammalato,ha diritto di essere curato in Patria e restarci. E’ evidente che il nostro governo conta poco nella scena internazionale,la debolezza diplomatica e la vicenda comunque rappresenta una mortificazione per il nostro paese. E’ un’abitudine purtroppo riscontrata anche a livello europeo e internazionale: ambasciatori stranieri in Italia che hanno difficoltà quando arriva dal suo paese una delegazione politica o economica: i diplomatici cercano di organizzare incontri ai massimi livelli, ma a questi poi partecipano inevitabilmente in effetti funzionari minori che non hanno nulla da dire. Ricordiamo molto bene un tour di parlamentari andati in India in occasione del sequestro dei due Marò che hanno promesso promesso… . Poi il nulla, o quasi. Sovente quando si parla di India in Italia si è di fronte ad imprenditori indiani che vengono a chiedere collaborazione per grandi imprese , ma l’atteggiamento nostrano è che si ritiene l’India un paese sottosviluppato e i grandi progetti informatici, di reti di infrastrutture e autostrade ,non le abbiamo mai concepite come un sostegno reciproco. Vi sono grandi industriali del settore meccanico, elettronico, tessile, che non colgono l’opportunità di scambi, ma concepiscono invece l’India come un paese in cui portare là il management apicale e istruire la manodopera locale perché il costo del lavoro è molto basso e fare profitto all’estero.Il governo nazionale indiano, guidato da un’ampia coalizione centrata sul partito del Congresso di cui Sonia Gandhi è stata l’anima è in crisi e si è creata una situazione di nuove elezioni nel cui agone politico sono rientrati anche i nostri due soldati. La signora Gandhi infatti è accusata dall’opposizione di molte colpe e tra queste quella di essere forestiera, godendo comunque ancora di grande prestigio e seguito nel paese e una trattativa per l’elezione suppletiva per un solo seggio del parlamento locale nel Kerala ha complicato la situazione. In Italia non si considera un dato di fatto: il Kerala è integralmente alfabetizzato e vanta tassi di scolarità significativi; è una popolazione che ha avuto in buona parte esperienze dirette di migrazione o comunque contatti col fenomeno ed è una delle regioni dell’India a più alta vocazione turistica, una significativa percentuale di cristiani (20% circa) e, tra questi, di cattolici.Dunque non basta appendere le immagini di Latorre e Girone con appelli alla loro salvezza, auspicare il boicottaggio delle attività economiche indiane in Italia: a Roma sono apparsi manifesti dove, sotto la scritta “Riprendiamoci subito i nostri soldati”, si è arrivati ad inneggiare al conflitto: “ad un atto di guerra si risponde con la forza così come avrebbe fatto qualsiasi altra nazione”. L’india non è un paese ostile e dittatoriale, anzi è una grande democrazia , è un paese che ha livelli di partecipazione alla vita democratica, al dibattito politico forse superiore a quelli cui siamo abituati noi. Dobbiamo salvare i nostri soldati da un procedimento sommario e ingiusto, senza garanzie, da un conflitto di giurisdizione, e ora siamo arrivati al tribunale dei diritti marittimi internazionali dopo quasi 4 anni di inutili e ridicoli nonché tenui tentativi da parte dei nostri governanti . Comunque siamo arrivati faticosamente ad un procedimento processuale straordinario. Il dibattimento seguirà le proprie regole, con un’accusa e una difesa che si confrontano e giudici che decideranno in autonomia. Ci chiediamo e la diplomazia farà il suo dovere ? l’italia sarà in grado di essere corretta ?l’Europa assisterà l’Italia nel far valere le proprie ragioni? E’ auspicabile che i risultati delle nuove analisi balistiche, le rilevazioni satellitari sulla posizione della nave italiana, le testimonianze dei pescatori e dei marinai dell’Enrica Lexie sollevino i nostri soldati dalla pesante imputazione di aver sparato all’equipaggio disarmato di un peschereccio in un’area che pare immune dall’attività di pirati somali o indiani(Ricordate quando due Natali fa quando in collegamento da Kerala Girone urlò che loro avevano obbedito agli ordini?). Intanto per prima cosa pretendiamo, anzi andiamo a prendere Salvatore Girone e facciamolo curare in Italia e non rispediamoli entrambi in India .Contemporaneamente “salviamo “ i nostri soldati sulla base di una difesa incardinata sulle ragioni del Diritto internazionale. L’Italia tutta ha il diritto e il dovere di far valere le sue ragioni e di tutelare le sue forze militari che invia in tutto il mondo e in cui in tanti hanno e danno la vita. Noi non ci meritiamo e soprattutto Girone e Latorre di essere strumentalizzati da chiunque(compresi alcuni italiani ignoranti complottisti), non riconosca la nostra autorevolezza che purtroppo ,ora, è in mano ad un governo debole.
La Corte dei Conti e i conti che non tornano di una Italia sempre più spendacciona
Alessandra Servidori
La Corte dei Conti e i conti che non tornano di una Italia sempre più spendacciona
Fa notizia in queste ore una denuncia della Corte dei Conti attivata da una sentenza della Consulta di un piano straordinario per il rimborso dei debiti arretrati della pubblica amministrazione che si risolve in una catastrofe per i bilanci regionali, che mette a rischio anche i conti pubblici dello Stato. Quasi tutte le Regioni hanno infatti usato quei soldi, 26 miliardi prestati dallo Stato tra il 2013 e il 2014 e vincolati al ripiano dei debiti, anche per finanziare nuova spesa corrente, smantellando le regole contabili , Lombardia esclusa. Ma la questione è gravissima e coinvolge anche la Ragioneria Generale dello Stato oltre che ovviamente lo stesso Ministro Padoan che ,da voci dei corridoi, in questo fine agosto e in prossimità della legge di stabilità dovrebbe ,per ripianare i conti, trovare almeno venti miliardi oltre a quei 25 già annunciati e sottoscritti dall’autorevole Cottarelli ( che comunque non ha più voce in capitolo).Nel frattempo i sindacati denunciano che l’annunciata soppressione delle tasse sulla prima casa, finirà per erodere un altro pezzo della autonomia locale, e i governatori regionali non vogliono più sottostare al pareggio di bilancio impostogli già da quest’anno. Ma la Corte dei Conti che ha lanciato l’allarme e che nell’ultimo rapporto sulla finanza locale esprime «interrogativi in ordine all’effettiva rispondenza tra gli oneri derivanti dalle funzioni attribuite agli enti e le risorse rese loro disponibili nel contesto del pareggio di bilancio», sottolinea «l’assenza di adeguati meccanismi distributivi e perequativi» e dubita della possibilità di fare altri risparmi nel settore”. Ma l’allargamento oltre i limiti di legge della spesa di competenza delle Regioni, l’alterazione del risultato di amministrazione distraendo i fondi vincolati ai rimborsi, la mancata copertura del deficit, era già stata denunciata e parecchi mesi fa. Bastava leggere attentamente la relazione della Ragioneria dello Stato sulla consistenza del debito nel settore statale sia storico sia nel primo trimestre del 2015 e i risultati di sintesi della gestione di cassa del primo trimestre 2015 delle amministrazioni pubbliche del MEF (art 14 legge 31 dicembre 2009,n.196) . Si legge Omissis “ Al 31 marzo 2015, la consistenza del debito del settore statale è risultata pari a 2.011.608 milioni, crescendo di 15.019 milioni rispetto a fine 2014, con una variazione dello 0,75 per cento. Rispetto al primo trimestre 2014 si è registrato un aumento di 55.217 milioni di euro, con una variazione del 2,82 per cento”.Ancora “Il fabbisogno delle Amministrazioni centrali si attesta a 23.449 milioni, con un disavanzo primario di 3.159 milioni. ……Fanno registrare un incremento i pagamenti per acquisto di beni e servizi (+647 milioni) e quelli per altri pagamenti correnti (+604 milioni). In particolare, confrontando i dati dei singoli comparti si registra: nel conto delle Regioni un fabbisogno pari a 158 milioni; nel conto della Sanità un fabbisogno pari a 417 milioni; nel conto dei Comuni e delle Province un fabbisogno di 32 milioni. Per il comparto delle Amministrazioni locali si rileva un fabbisogno pari a 448 milioni, in aumento di 155 milioni rispetto a quanto registrato nello stesso periodo del 2014. Questo risultato è stato determinato dalla riduzione degli incassi finali (-1.054 milioni), solo in parte compensata dalla diminuzione dei pagamenti finali (-898 mil ). “Sull’andamento degli incassi finali ha inciso la consistente contrazione degli incassi correnti (-1.698 milioni), determinata sia dalla riduzione degli incassi tributari (-1.323 milioni) che dai minori trasferimenti corrisposti dalle altre amministrazioni pubbliche (-1.532 milioni) cui si sono contrapposti i maggiori introiti relativi agli altri incassi correnti (+1.172 milioni). Anche gli incassi in conto capitale risultano in diminuzione (-666 milioni), principalmente a causa delle minori erogazioni da altre amministrazioni pubbliche (-486 milioni). Aumentano del 27,2 per cento le spese per interessi che passano da 355 milioni nel primo trimestre dello scorso anno a 452 milioni nell’analogo periodo 2015”. Andando poi ancora più nel particolare della rendicontazione delle Regioni dal conto al 31 marzo 2015 del fabbisogno finanziario pari a 158 milioni, I pagamenti per rimborso prestiti agli Istituti di credito sono stati pari a 1.262 milioni, di cui milioni 90 per rimborso di B.O.R. ed altri prestiti obbligazionari e 792 milioni per restituzione di anticipazioni di tesoreria (nel 2014, i rimborsi di prestiti agli Istituti di credito erano ammontati a 2.144 milioni). A copertura delle esigenze finanziarie legate al fabbisogno ed al rimborso dei prestiti sono stati operati incassi per assunzioni di prestiti verso il sistema bancario per 1.420 milioni, di cui 1.130 milioni per anticipazioni di tesoreria (nel 2014, le regioni avevano assunto prestiti verso il sistema bancario per un totale di 3.021 milioni). Il finanziamento del settore statale (di parte corrente e in conto capitale) a favore delle Regioni, risulta diminuito, rispetto al precedente anno 2014, di 1.539 milioni ). Le riscossioni correnti diverse dai trasferimenti hanno registrato un decremento, rispetto al precedente anno, pari a -0,9 per cento (da 11.995 a 11.888 milioni). Relativamente ai pagamenti, al netto della spesa sanitaria (corrente e d’investimento) e delle partite finanziarie, si è avuto un decremento di 1.325 milioni pari al -13,5 per cento. I pagamenti per il finanziamento della spesa sanitaria corrente (26.158 milioni) sono costituiti per 25.611 milioni da finanziamenti alle Aziende sanitarie e ospedaliere e per 547 milioni da spesa sanitaria corrente direttamente gestita dalle Regioni. La spesa sanitaria direttamente gestita complessiva è valutata in 725 milioni. Con riferimento alla situazione delle disponibilità liquide presso il sistema bancario si è verificata una riduzione dei depositi bancari valutabile in circa 295 milioni. Le disponibilità presso le contabilità speciali di tesoreria unica intestate a tutte le Regioni, presentano un aumento, rispetto al 1° gennaio 2015, pari a 6.516 milioni (passando da 13.973 a 20.489 milioni). Le giacenze dei conti correnti intestati a tutte le Regioni, presso la Tesoreria Statale, relativi all’IRAP - Amministrazioni pubbliche, all’IRAP altri soggetti e all’Addizionale IRPEF hanno registrato un aumento complessivo, rispetto al 1° gennaio 2015, pari a 9.514 milioni. E allora le risorse ci sono , sono nelle Banche ? Da lì è bene tirarle fuori e non dalle tasche dei cittadini. In buona sostanza questo federalismo è incardinato su una responsabilità dello Stato a livello centrale che non coordina, che non taglia l’amministrazione centrale e regionale e scarica sui territori comunali le sue inettitudini tagliando ovviamente i servizi ai cittadini e imponendo tasse capestro. Questa è la verità e il Governo ha le sue responsabilità.
Il o la Sindaco per la mia Bologna
Alessandra Servidori AGOSTO 2015 Il o la Sindaco della mia BOLOGNA
Bologna La Dotta è preda di sussulti e grida delle fatiscenti forze politiche che devono mettersi d’accordo sui candidati a sindaco per le prossime elezioni del 2016-Così prima è stata la volta dell’attuale Virginio Merola messo in un frullatore che ancora continua a frullare ad opera di una componente di maggioranza ,SEL, dopo mesi di sfiancanti litigi dentro al PD che all’apparenza pare essersi messo d’accordo su Virginio.Ora è la volta della destra confusa e cialtrona che spara sulla croce rossa delle candidature : la barista Bergonzoni per la Lega, il figlio di un noto militante di An Bignami riconvertito per FI, ai quali si aggiunge quel matto scatenato dello Sgarbi buon esperto d’arte e basta, che promettendo di mettere nella “sua giunta” il rosso mercante Farinetti e il bordeaux pensionato Montroni , assesta un colpo di demenzialità alla già traballante compagine destrosa. La mia Bologna però non si merita tutto questo caravan serraglio.
Secondo Agostino infatti, solo chi dubita è animato da un desiderio sincero di trovare la verità, a differenza di colui che non si pone nessuna domanda. È la consapevolezza della propria ignoranza che spinge a indagare il mistero; eppure non si cercherebbe la verità se non si fosse certi almeno inconsciamente della sua esistenza. La mia opinione,ispirata da Agostino ( che è rimane sempre un ottimo maestro), è che il buon amministratore deve essere onesto, avere come missione il bene comune, non avere conflitti d’interessi, deve essere una persona competente, sobria, rispettosa del prossimo, deve amare la pace, deve essere giusto e rispettare le leggi. Deve avere una spiccata capacità di relazione e di relazionarsi, per interagire con chiunque si trovi di fronte. Chiunque sarà votato o votata dai bolognesi e dalle bolognesi , subentra ad una situazione antecedente e, prima di fare promesse al fine di non fare propaganda e quindi perdere di credibilità, deve conoscere nei minimi dettagli la situazione nel suo complesso. Ciò gli consentirà di valutare i mezzi a disposizione. Dunque la situazione patrimoniale e finanziaria di Bologna e della cittadinanza, i collaboratori in servizio, e solo dopo potrà decidere quali sono le priorità e valutare cosa è possibile fare per migliorare la situazione. Dunque per una buona amministrazione alla comunità si intende; tutta la macchina amministrativa gli uomini e le donne che si occupano di tutela della salute, dell’ambiente, dei beni paesaggistici, artistici e naturali, dei beni pubblici, la tutela delle fasce deboli quali, anziani, bambini e persone bisognose, istruzione, trasporto pubblico, decoro urbano, manutenzioni, buone politiche per l'economia e il lavoro. E ovviamente in tempi di revisione della spesa ,la gestione della cassa deve essere allineata alla disponibilità. Se priorità ci sono bisogna avere coraggio e investire risorse ma devono essere finalizzate al bene certo della collettività e avere un preciso piano di rientro. Il o la prossimo Sindaco di Bologna deve sapere che nella sua missione troverà molti ostacoli quali gli oppositori, la burocrazia inefficiente con la quale dovrà interagire per raggiungere un fine utile alla collettività,sapendo che proprio la burocrazia inefficiente rallenta i processi decisionali e quindi va prontamente riconvertita in efficiente. Poi sappiamo che al Sindaco comunque i suoi meriti non sono riconosciuti nel presente, ma le sue intuizioni sono applicate nel breve e forse riconosciute nel lungo, gli errori e i demeriti gli saranno sempre ricordati. Bologna ha una grande ricchezza che è il capitale umano e intellettuale, idee, sostanza e donne e uomini che prediligono la semplicità di attuazione piuttosto che la melina politica. Il capitale umano deve essere messo in condizione di produrre in modo efficiente, ciò è possibile quando chi decide dirige veramente e chiede e cerca la collaborazione di molti , e la formazione è continua, cosi come l'unità d'intenti. Il,la Sindaco di Bologna deve conoscere e saper manovrare le leve fiscali per distribuire e ridistribuire equamente ricchezza e oneri, deve applicare politiche retributive giuste premiando merito e volontà di applicazione e di impegno e risultato, deve avere una spiccata conoscenza delle leggi nazionali per rispettarle o attivarsi per modificarle all'occorrenza nell’ambito dell’autonomia attribuitogli. Egli deve avere un buona conoscenza della dinamiche e delle istituzioni internazionali,uno staff di persone oneste e competenti e deve conoscere a fondo il nostro paese così come deve conoscere in larga scala le dinamiche e i centri di produzione e la ricchezza della tradizione creativa e manifatturiera,delle grandi infrastrutture che fanno di Bologna uno snodo centrale per l’importazione el’esportazione. Il/la Sindaco di Bologna distante dalla produzione e dalla gente difficilmente farà buon governo,e dunque deve impegnarsi con tutte le sue e altre forze affinchè ci siamo progressi continui nell'istruzione, nella cultura e arti, nello sport,nel lavoro e nell’industria, deve combattere il degrado morale, umano, ambientale, l'llegalità. Deve battersi affinché tutte le donne e uomini possano esprimere le proprie opinioni, per il rispetto di tutte le differenze , pronto all’ accoglienza, ma facendo in modo che le tradizioni e le leggi del nostro paese siano rispettate, la differenza è cultura e va tutelata. Il Sindaco di Bologna sa che la nostra storia è in continua evoluzione e mutamento e deve avere quindi una capacità di adeguamento ai cambiamenti, perché non saperli cogliere per tempo è dannoso per la collettività. E per cogliere i cambiamenti bisogna aggiornarsi e studiare continuamente, ascoltare e promuovere quando sono condivise e giuste le idee dei collaboratori e della società civile dei così detti corpi intermedi, osservare senza pregiudizi la vita quotidiana e ascoltare le opinioni altrui per poter realizzare le opere giuste. Dio è uno, ma tutti hanno il diritto di credere nel proprio Spirito purchè in esso ci sia amore, giustizia e senso del dovere. Nella fede c'è tutta la grandezza di un uomo e di una donna e solo attraverso la vera fede un uomo e una donna possono realizzare le opere giuste.