IL CAPOMAFIA ASSASSINO stragista finalmente catturato
Alessandra Servidori
Matteo Messina Denaro , capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo – il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia – per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. L’arresto di Matteo Messina Denaro chiude una partita storica.L’operazione portata a termine in questi giorni liquida anche tutta una costruzione secondo la quale Matteo Messina Denaro aveva coperture da parte di questa o quella forza politica o di questo o quel settore dello Stato. Lo Stato chiude una partita con la mafia stragista dei corleonesi il che non vuol dire certamente che un altro tipo di mafia, ad essi subentrata, non rimanga presente sul campo in modo certamente meno eclatante ed esibizionista di coloro che a partire da Toto’ Riina avevano pensato di piegare lo Stato a colpi di tritolo e di stragi. Una serie di questioni rimangono aperte in primo luogo la vicenda mafia appalti che Borsellino voleva portare avanti e che invece fu chiusa dal procuratore Giammanco il giorno dopo del suo assassinio. E rimane tuttora aperto, anche se molti cercano di dimenticarlo, il depistaggio effettuato propri nei confronti del processo Borsellino.Per i nostri giovani e non solo riannodiamo i fili di questo cancro che ammorba il nostro Paese.Il termine mafia è utilizzato per individuare un fenomeno tipicamente siciliano ed è riferibile a una forma di associazione criminale, unitamente a una precisa mentalità e a un codice comportamentale ben definito. I modelli di mafia raffigurati in prevalenza sono due: la mafia come associazione criminale tipica e la mafia come impresa. L’art. 1 terzo comma della legge 13 settembre 1982, n. 646 (cosiddetta legge antimafia) recita: «l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri». La definizione legislativa individua ormai solo in parte la complessità del fenomeno: se da un lato ne coglie, e punisce, l’ingerenza nelle attività di impresa, dall’altro trascura uno degli aspetti che, negli ultimi anni, ha maggiormente caratterizzato l’attività mafiosa, ovvero l’attività finanziaria. Andando quindi oltre la definizione legislativa, possiamo ritenere che il fenomeno mafioso sia oggi più articolato e definibile secondo il cosiddetto “paradigma della complessità”: mafia è un insieme di organizzazioni criminali che agisce all’interno di un contesto relazionale e si configura come un sistema di violenza e di illegalità finalizzato all’accumulazione del capitale e all’acquisizione e gestione di posizioni di potere, si avvale di un codice culturale e gode di un certo consenso sociale. Questo per dire che i gruppi delinquenziali sono solo la parte più evidente del fenomeno, nell’ambito di un sistema che mette in relazione soggetti illegali e legali, come capimafia, professionisti, imprenditori, amministratori e politici. La mafia non è unicamente un fenomeno criminale, ma un soggetto economico e politico, la cui caratteristica peculiare è data dall’uso della violenza; in altre parole la mafia tende a sostituirsi allo Stato non riconoscendo a esso il monopolio della forza. Il modello escritto, riferito alla sola Sicilia, è in realtà paragonabile ad altri fenomeni i quali, seppure denominati in modo diverso, sono comunque a esso riconducibili. In Italia sono la ’ndrangheta calabrese, la camorra campana e la sacra corona unita pugliese; all’estero le triadi cinesi e la yakuza giapponese, i cartelli latinoamericani come i narcos colombiani, le mafie russa e albanese. I un sistema imprenditoriale che, traendo la propria accumulazione originaria dalle attività tradizionalmente illegali (commercio della droga e di armi, sfruttamento della prostituzione, racket ecc.), si inserisce nel sistema economico legale per reinvestirne i profitti. La sua presenza nell’economia legale non è però neutra e spesso riesce a condizionarne le dinamiche. dell’enormità del fenomeno economico legato alle attività criminali; la collusione tra attività legali e illegali sembra spesso indistinguibile, dando una percezione del fenomeno criminale tale da poterlo considerare ormai parte integrante del sistema economico e finanziario. Sarà mai possibile estirpare questo cancro dal sistema economico dell’Italia e del mondo? A questo interrogativo voglio rispondere con le parole di Giovanni Falcone: «La mafia è un fatto della vita e, come tutti i fatti della vita, avrà una sua fine».