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Bologna non più Dotta Alessandra Servidori 13 febbraio 2016   Bologna è diventata la cellula della campagna contro il... Read more
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NON E' MAI TROPPO TARDI Alessandra Servidori    Alle italiane e italiani serve  il maestro o la maestra Non è mai troppo... Read more
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Non siamo rassegnati e rassegnate a tenerci i demolitori al governo Alessandra Servidori                                                \n Questo indirizzo... Read more
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A GAMBA TESA VERSO LE ELEZIONI 1

                        Alessandra Servidori    Un programma sul lavoro che vale la pena condividere  15 settembre 2022

 Il mercato del lavoro italiano è frenato da fortissimi formalismi, altissimo costo del lavoro, bassa produttività, bassa mobilità professionale e pochissimi spazi di ingresso per i giovani. Il lavoro flessibile – quello che offre garanzie, tutele e opportunità di ingresso nel mercato del lavoro – viene contrastato dal sistema, mentre i contratti precari e illeciti si diffondono senza ostacoli efficaci. I nostri giovani sono sempre più tagliati fuori dal mercato del lavoro. Abbiamo il tasso di NEET più alto di tutta Europa (23,1 %), e siamo penultimi per tasso di occupazione (fa peggio di noi solo la Grecia). il 40 per cento dei giovani tra 25 e 34 anni non è occupato – un numero altissimo considerato che si tratta di una fascia di età che ha già concluso gli studi. Un giovane su tre tra i 15 e 29 anni è a rischio di povertà. Abbiamo poi un enorme problema di skill mismatch e skill shortage, il 39% delle posizioni aperte per il mese di giugno 2022 sono di difficile reperi[1]mento per mancanza di candidati o inadeguatezza degli stessi. Proporre  quindi di coprire i costi che le imprese sostengono per organizzare, in collaborazione con gli ITS e gli altri istituti di formazione, corsi specialistici per la creazione delle competenze realmente richieste, è saggio. Tali corsi dovrebbero essere aperti sia al personale interno da riconvertire, sia ai lavoratori non ancora assunti e che potranno effettuare colloqui al termine del periodo di formazione. Dobbiamo raddoppiare in numero di iscritti agli ITS investendo 1,5 miliardi di euro per aumentare il numero complessivo di istituti, ed è  necessario sfruttare a pieno il contributo dei migranti economici: da un lato è necessario reintrodurre la figura dello sponsor per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro a distanza, difficile soprattutto quando si parla di lavori a bassa qualificazione, dall’altro lato è necessario regolarizzare tutti i migranti irregolari già residenti in Italia che hanno un lavoro. Per incentivare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro italiano ed evitare che scappino in altri paesi europei  è di nuovo saggio  azzerare l’IRPEF dei giovani fino a 25 anni e ridurla del 50% fino a 30 anni. È inoltre fondamentale, oltre ad introdurre un salario minimo e detassare i premi di produttività, regolare i tirocini curriculari per renderli esperienze realmente formative e vietare concretamente i tirocini gratuiti. Bisogna poi superare la logica di assistenzialismo, che invece di mettere il lavoratore al centro e accompagnarlo nel reinserimento del mercato del lavoro, lo spinge ai margini e lo mortifica. A fronte dei 20 miliardi di euro spesi nel primo anno e mezzo, il reddito di cittadinanza ha generato nuova occupazione a tempo indeterminato per meno del 4,5% dei percettori. Per questo proporre  una  riforma radicale, basata su tre principi è indispensabile. Primo, il sussidio deve essere tolto dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua e dopo due anni senza un’occupazione l’importo deve essere ridotto di almeno un terzo e il beneficiario deve essere preso in carico dai servizi sociali del Comune. Secondo, le agenzie private devono diventare i soggetti centrali nel trovare un’occupazione ai percettori visto il fallimento dei centri per l’impiego e devono effettuare colloqui mensili. Terzo, bisogna necessario utilizzare ITS e scuole di alta formazione per migliorare le prospettive lavorative dei percettori – oltre il 70% di loro non ha nessuna esperienza professionale pregressa e ha al massimo una licenza media inferiore, quindi si tratta di persone che vanno anzitutto formate, per dargli una vera possibilità di trovare lavoro. Infine, è necessario combattere la precarietà promuovendo la flessibilità regolare accorpando e cancellando la miriade di “mini contratti” utilizzati per le forme di lavoro brevi e ripristinando i voucher che regolavano in maniera corretta e trasparente rapporti che, oggi, sono tornati nel limbo dei contratti irregolari Per quanto riguarda i lavoratori indipendenti, in 800mila hanno chiuso la loro attività dal 2009. Solamente nel 2020 si sono persi 154mila posti di lavoro indipendente. È quindi fondamentale anzitutto semplificare l’accesso alle professioni, estendendo l’istituto delle lauree abilitanti e professionalizzanti, e incentivare la crescita dimensionale degli studi professionali, riducendo le barriere fiscali per chi vuole formare una Società tra Professionisti e intervenendo sulle problematiche di carattere normativo, contributivo e disciplinare. Bisogna potenziare la cassa integrazione per i professionisti e le politiche attive per gli autonomi all’Inps e rimodulare i criteri di accesso. Contestualmente andranno definiti, attraverso nuovi percorsi di politiche attive, gli strumenti necessari per l’aggiornamento professionale dei lavoratori autonomi, come ad esempio gli accordi con le associazioni di categoria. L’obiettivo ultimo deve essere quello di garantire misure di riqualificazione per mantenere o anche innalzare la competitività nel mercato del lavoro. Da un punto di vista fiscale, si pensa di istituire un sistema opzionale di mensilizzazione del versamento delle imposte dirette per i lavoratori autonomi, e di creare, per i contribuenti “forfettari” che abbiano in programma di superare la soglia di 65.000 euro di ricavi, uno scivolo biennale di tassazione agevolata che accompagni gradualmente l’ingresso alla tassazione ordinaria Irpef. Fondamentale poi incentivare l’imprenditorialità giovanile. Il numero di imprese fondate da under 35 in Italia è calato del 10% tra il 2017 ed il 2021. Aprire una nuova impresa comporta molte spese iniziali che scoraggiano l’imprenditorialità, soprattutto da parte dei giovani. Per mitigare un potenziale problema di liquidità, è utile posticipare e rateizzare tutti gli adempimenti fiscali dei primi 3 anni nei periodi successivi per tutti i giovani under 35 che decidono di aprire una nuova attività. Prevedere inoltre nuove forme di accompagnamento all’imprenditorialità, mediante servizi di incubazione, consulenza, mentoring e coaching per i giovani. Per finanziare questo progetto si possono utilizzare parte dei 200 milioni di euro di fondi del PNRR dedicati al rilancio dei centri per l’impiego (CPI) non ancora allocati, così da introdurre nei CPI un servizio di “assistenza all’autoimpiego e all’imprenditoria giovanili.

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