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Smart Working a tutto tondo
Smart Working: alzi la mano chi non ha pronunciato questa parola almeno una volta nell’ultimo anno e mezzo. Amato da alcuni, odiato da altri, per i lavoratori fragili rappresenta, in molti casi, una tutela. Abbiamo approfondito l’argomento insieme alla Prof.ssa Alessandra Servidori e sono emersi molti aspetti interessanti.
In questo articolo affrontiamo quelli inerenti alle normative più recenti. Successivamente, vedremo anche alcuni dati di scenario per capire meglio a che punto siamo in Italia.
Smart working e Covid-19
Recentemente lo Smart Working, ovvero il lavoro agile, è stato al centro di ulteriore discussione per i contenuti della legge del 16 settembre 2021, n. 126 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”.
Nel provvedimento, che conferma lo stato di emergenza sino al 31 dicembre 2021 (art. 1), sono introdotte nuove misure volte a contrastare la diffusione della pandemia. Tra le altre previsioni, si ricorda che, a decorrere dal 16 ottobre 2020 e fino al 31 ottobre 2021, i lavoratori fragili svolgono di norma la prestazione lavorativa in smart working, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto (art. 9).
Chi è il lavoratore fragile?
È bene chiarire che per lavoratore/lavoratrice fragile si intende chi ha patologie preesistenti e cause dalle quali potrebbe avere conseguenze anche molto gravose in caso di infezione da COVID-19. Si tratta di una condizione temporanea, e correlata all’emergenza pandemica da COVID-19.
Il lavoratore è dunque “fragile” se rientra nelle categorie dell’art. 26 del Decreto “Cura Italia” (rischio in relazione a COVID-19 derivante da immunodepressione, esiti oncologici o disabilità in condizioni di gravità ex L. 104 art. 3 comma 3). Oppure, è “fragile” in quanto non rientra nelle categorie di cui sopra, ma soffre di patologie che possono incidere sulla prognosi in caso di infezione, per cui vanno previste soluzioni maggiormente cautelative come da Circ. Min. Salute del 4/9/2020.
La fragilità del lavoratore dipende dall’età, dalle patologie pregresse, che incrementano la sua vulnerabilità. L’età avanzata (>55 anni) e la presenza di più di una patologia rappresentano in conclusione “aggravanti”, mentre sono meno rilevanti le situazioni ben compensate e sotto efficace controllo farmacologico.
La certificazione di “lavoratore fragile”
In base all’articolo 26 comma 1 bis del dl 104/2020 i “lavoratori fragili” sono dipendenti pubblici e privati che siano in possesso di una certificazione rilasciata dalle autorità sanitarie o dal medico di base. Poiché il lavoratore aveva come riferimento anche il Medico di Medicina Generale (MMG), al quale poteva fare ricorso per la certificazione di uno stato di malattia, per tali patologie, ove il MMG non fosse stato informato dal lavoratore o non avesse ritenuto di certificare stato di malattia o altri provvedimenti al lavoratore, il medico competente adito dallo stesso lavoratore, o la struttura pubblica, avrebbero potuto redigere certificazioni di idoneità/prescrizioni/inidoneità sulla base delle lavorazioni e del contesto clinico esistente ed evidenziato, tenendo presente per primo lo smartworking come attività di elezione. La condizione di rischio da certificare può derivare da immunodepressione, patologie oncologiche, svolgimento di terapie salvavita, disabilità con connotazione di gravità con riferimento alla Legge 104. L’età non è una condizione necessaria per stabilire se un lavoratore possa rientrare nella categoria dei lavoratori fragili.
Le donne in gravidanza
Oggi, vi è un generale consenso a considerare anche la gravidanza tra le condizioni di ipersuscettibilità. Recentemente il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) americano ha infatti osservato che “sulla base di ciò che conosciamo in questo momento, le donne in gravidanza sono a maggior rischio di gravi malattie da COVID-19 e morte, rispetto alle donne non in gravidanza”. Inoltre, le donne incinte che contraggano COVID-19 potrebbero essere a maggior rischio di altri esiti avversi, come la nascita pretermine.
Per i fragili, smart working in pandemia
Riassumendo, dunque:
- I lavoratori e le lavoratrici fragili dovranno lavorare in smartworking fino al termine dell’emergenza sanitaria, circostanza confermata con la conversione in legge del dl 105/21
- Essi potranno ricevere l’assegnazione di compiti differenti, che rientrino nelle loro mansioni e siano fattibili sulla base del rispettivo contratto di lavoro
- Potranno svolgere dei corsi di formazione professionale a distanza
Sulla materia rimane da chiarire (l’invito è dunque al legislatore) che le norme indichino in modo chiaro se per i lavoratori “fragili” che non possono essere riammessi al lavoro, e che quindi saranno messi in malattia, sia sufficiente il giudizio di non idoneità rilasciato dal Medico Competente o dalle strutture pubbliche (ex art. 5 L. 300/70) ovvero sia necessario il certificato del Medico di Medicina Generale. E le indicazioni normative sulle soluzioni possibili e le tutele applicabili in tutti i casi di non idoneità dovranno riguardare i lavoratori di tutti i settori lavorativi.