UNIMORE –Dipartimento GIURISPRUDENZA –
CENTRO STUDI LAVORI e RIFORME
CESLAR
24 novembre: Una giornata di studio, riflessioni e proposte concrete per le politiche attive e di pari opportunità
I Professori Giuseppe Pellacani, Alessandra Servidori e Barbara Maiani del Centro Studi “Lavori e Riforme” del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia hanno organizzato per il 24 novembre una giornata di studio, riflessioni e proposte concrete per le politiche di pari opportunità.
Appuntamento presso il Dipartimento di Giurisprudenza in Via San Geminiano, 3 – Modena.
La giornata è suddivisa in due parti:
- Dalle ore 10.00 in Aula G - la Dott.ssa Rosanna Santonocino, di Job24, affronterà il tema della responsabilità sociale d’impresa e la Prof.ssa Debora Marchiori, Medico chirurgo specializzato in Urologia, tratterà il tema della medicina di genere;
- Dalle ore 14.30 in Sala Convegni - la Prof.ssa Alessandra Servidori presenterà “Carta Europea dei Diritti del Malato Oncologico” e la Prof.ssa Roberta Bortolucci, Presidente Progetto Donna e Diversity Management, presenterà il “Codice di Condotta per Pari Opportunità, Uguaglianza E Differenze Di Genere – e relativa Road Map”
L’iniziativa, oltre che agli operatori del mercato del lavoro, e studenti, è rivolta a chi in azienda si occupa di risorse umane ed organizzazione.
Alessandra Servidori
I lavori sul ddl stabilità, su cui il governo presenta un maxiemendamento sul quale chiedere la fiducia,stanno proseguendo con stop and go per avere tempo per concludere la stesura del ‘maxitomo’, su cui pesano ovviamente le ultime verifiche da parte della Ragioneria dello Stato per le relative eventuali coperture. Infatti la fiducia significa un via libera dal MEF, il nuovo calendario basato sul voto finale e dunque ore importanti per capire quanto gli interventi nella commissione Bilancio ,visto che è lo stesso governo che chiede la fiducia al parlamento, sono compatibili . Dunque se arriva il via libera da Palazzo Madama poi si torna alla Camera .Vero è che il Parlamento nel difendere le sue prerogative nella Commissione rispetto al Governo ha introdotto variazioni molto importanti che hanno un impatto positivo sull’economia famigliare ,comunque legate anche ad un emendamento che dà la possibilità ai Comuni di derogare rispetto a delibere che hanno approvato sui tributi locali previste entro il 30 settembre 2015. Il termine per la presentazione da parte dei Comuni delle delibere su “regolamenti, aliquote e tariffe”, scadeva il 30 luglio e così alcune correzioni visto i tagli che i comuni hanno avuto, potranno essere applicate e non proprio agevolanti per le tasche e i servizi ai cittadini. Ma vediamo alcune modifiche che si ritengono positive .Lo stop sull’Imu per casa in uso ai figlio ai genitori : in pratica così la casa ceduta viene trattata come prima casa anche se il proprietario non vi risiede. Così come anche Imu e Tasi agevolate per i proprietari di case che vengono date a parenti disabili ,coniugi separati,personale forze armate. Lo sconto del 25% dell’Imu per chi affitta a canone concordato ( anche per far emergere gli affitti in nero e così agevolare anche gli studenti fuori sede),Canone rai a10 rate ed eventuali esenzioni ,congedo parentale per papà raddoppiato e cioè di due giorni che possono essere presi separatamente, raddoppia il tetto al bonus per l’acquisto di mobili previsto dalla legge di Stabilita’ per le giovani coppie che acquistano la prima casa la cui soglia massima delle spese sostenute, su cui applicare la detrazione del 50%, sale da 8.000 a 16.000 euro. Proroga a tutto il 2016 dei voucher per il baby-sitting introdotti dalla legge Fornero, per cui vengono stanziati 20 milioni di euro. Grazie a questo strumento le lavoratrici, entro gli 11 mesi successivi al rientro dopo una maternita’, possono usufruire, in alternativa alla prosecuzione del congedo, di un assegno di 600 euro mensili per un massimo di 6 mesi, quale contributo per le spese della babysitter. Il fondo per le scuole paritarie viene incrementato di 25 milioni di euro e per concorrere alle spese sostenute per l’acquisto di libri di testo e altri contenuti didattici per la scuola dell’obbligo sara’ istituito un Fondo presso il ministero dell’Istruzione un Fondo di 10 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Su queste importanti novità che danno una boccata di respiro alle politiche di sostegno alle famiglie, pesano come macigni tutta la questione del reperimento di risorse attraverso meno licenze, più controlli certi sul territorio e anche più tasse sul gioco e sulle slot machine. Un combinato disposto che deve mettere fine alla giungla e al mercato sregolato e recupera una parte della delega fiscale sulla quale sulla materia si è arenato il Governo. Il gioco d’azzardo infatti in Italia è un danno furioso che colpisce moltissime famiglie . Il governo dispone nel testo un aumento del prelievo erariale unico (Preu) dal 13 al 15% per le cosiddette new slot, cioè le macchine installate nei bar, tabacchi o altri punti vendita di diverse merci. Per quanto riguarda invece le cosiddette videolotteries, cioè quelle installate nei minicasinò, il prelievo passa da 5 al 5,5%. La prima manovra dà un gettito di 500 milioni per ciascun anno del triennio, la seconda 100 milioni sempre di qui al 2018. Circa mezzo miliardo (una tantum nel 2016) arriverà anche dal rinnovo delle concessioni per sale scommesse, corner e bingo. Proprio qui sta la novità. Oggi esistono infatti circa 17mila punti gioco, ma la gara sarà limitata a 15mila concessioni, di cui 10mila nelle sale dedicate esclusivamente al gioco, e le altre nei locali dove la commercializzazione del gioco è accessoria (tipo tabacchi o bar). Dunque, l’offerta cala di duemila unità. In più sempre tra le 5mila macchinette consentite agli esercenti dei locali di diverse merci, solo mille potranno essere istallate dove si vendono bevande. In altre parole, non più di mille nei bar. È un altro «paletto» importante, che in ogni caso segnala un orientamento più incline alla limitazione del gioco piuttosto che alla sua diffusione.
ALESSANDRA SERVIDORI 17 NOVEMBRE 2015- CONTRO I TERRORISTI
«Conquisteremo Roma e diventeremo padroni del mondo, con la volontà di Allah»; la copertina della rivista dello Stato Islamico, Dabiq, di ottobre 2014 con la foto della bandiera nera di IS che sventola sull’obelisco di piazza San Pietro è arrivata puntualmente anche a chi scrive sul suo twitter.E ancora allora il messaggio del 26 gennaio 2015 del portavoce di IS Abu Muhammad al-Adnani, in cui vengono incitati i jihadisti a colpire in Europa e viene dato “appuntamento a Roma con le foto del Colosseo” sono ricorrenti sistematici. E noi non possiamo solo preoccuparci e ascoltare chi ci dice che il livello d’allerta è cresciuto.Il Giubileo sarà un periodo di grandissima tensione ma non ci piegheremo perché è giunta l’ora di irrobustire la nostra determinazione concreta ad affermare la nostra cultura greca giudaica cristiana.E’ giunta l’ora che nelle scuole nelle chiese negli ospedali nei luoghi della socialità con orgoglio e coraggio si manifestino i nostri simboli cristiani e ci ravvediamo allorchè fu firmata la Carta della Costituzione Europea non avemmo il coraggio di affermare la nostra tradizione cristiana.Vero è che nel nostro paese sono sottoposti alla particolare attenzione d’intelligence e Forze di polizia una cinquantina di foreign fighters partiti dal territorio nazionale e comunque a vario titolo collegati con l’Italia. Sono numeri contenuti rispetto al panorama europeo, dove si stimano alcune migliaia di combattenti. Ma sappiamo bene che tanti sono sfuggiti al controllo e in ogni caso il rischio di reducismo va valutato anche in relazione all’arrivo nel nostro paese di foreign fighters partiti per la Siria da altri paese europei o nordafricani.E sono tanti. Il livello di guardia è altissimo, si ragiona come se ci si trovasse di fronte a concrete e precise situazioni di rischio. Questo è il modo per garantire il massimo della prevenzione, stando, peraltro, molto attenti a non cadere nella sindrome della paura che costituisce proprio un obiettivo delle organizzazioni terroristiche. Lo Stato Islamico, infatti, punta all’opinione pubblica attraverso un’attenta strategia comunicativa volta a seminare insicurezza, terrore e soggezione psicologica e culturale. Si tratta di professionisti della comunicazione, che operano scelte raffinate , nulla è lasciato al caso. La violenza esibita delle decapitazioni e, più in generale, delle esecuzioni è un pezzo di tutto ciò: ostentare spregio e sicurezza per spargere terrore e colpire.Noi cittadini dobbiamo collaborare : segnalare coloro che sono potenzialmente sospetti, conoscere le persone e sostenere le forze dell’ordine attraverso il coinvolgimento e la piena collaborazione dell’opinione pubblica. Ciò non significa istituzionalizzare la delazione o vivere in un clima di sospetto, ma la risposta della società civile è un’arma in più nella lotta al terrorismo. Dunque all’attività di prevenzione e contrasto messa in atto da servizi, magistratura e forze dell’ordine devono contribuire anche i singoli cittadini, magari segnalando eventuali situazioni sospette con coraggio e senso di responsabilità. A livello europeo, è fortemente auspicabile l’adozione di provvedimenti che garantiscano la circolazione all’interno dell’UE, ma al contempo rafforzino il controllo sulle frontiere esterne. Tra gli strumenti che possono sicuramente contribuire ad agevolare il controllo di coloro che vogliono raggiungere le zone di guerra e di coloro che tornano da tali aree e possono potenzialmente condurre azioni violente, rientrano l’implementazione del Sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (Sis II) e la Direttiva Pnr (Passenger Name Record).Ma è a livello di accordo tra i 28 paesi che bisogna trovare il coraggio di ammettere che tra i 28 solo due Paesi come la Germania e la Gran Bretagna sono in grado di dettare orientamenti robusti e la cessione di sovranità da parte di tutto noi altri 26 è fondamentale. La Francia colpita ha dichiarato guerra e l’accordo Europeo prevede che gli altri Paesi scendano in campo. Ma è l’assestament con America e Russia che può garantire una azione congiunta e forte contro ISIS .E la risposta non può che essere decisa e unica al terrorismo jihadista – necessariamente congiunta agli altri militare e di prevenzione – esi pone su un piano politico e dei valori. Deve essere sviluppata un’accorta politica che eviti facili strumentalizzazioni e muova, al contrario, verso una dimensione inclusiva e in grado di alleviare frustrazioni o risolvere problemi di parti della popolazione che possono alimentare scelte estremiste al di là della spinta puramente religiosa. Il tutto affiancato da programmi di deradicalizzazione per insegnare ad apprezzare i valori europei. FORZA DUNQUE UNITI E’ MEGLIO.
Alessandra Servidori Dalla parte di Ottaviano Del Turco allora e oggi
Sono passati troppi anni – 2008 ad oggi- e il calvario di Ottaviano Del Turco oggi raccontato da Pierluigi Battista sul Corriere ,se pur a pag. 43 e un po’ defilato, rende giustizia ad un galantuomo e punta il dito –finalmente!- sullo strapotere delle procure, non di tutte, ma sicuramente quella dell’Aquila che per bocca di Ettore Picardi prima e poi di Nicola Trifuoggi procuratore generale di Pescara accusarono reieteratamente Ottaviano Del Turco di aver intascato una tangente dall’allora imprenditore della sanità Angelini,nell’ambito di una inchiesta che coinvolse tutta la Giunta Regionale di cui era governatore appunto del Turco . Picardi accusò Ottaviano con parole durissime di corruzione in una conferenza stampa spettacolare affermando che aveva “prove schiaccianti” e dopo anni ,rinvii ,l’impianto accusatorio basato su affermazioni di Enzo Angelini un personaggio poi riconosciuto colpevole di aver provocato il crac di Case di Cura recentemente condannato a 10 anni, è crollato per mancanza di prove .Questo “re delle cliniche private”condannato per aver fatto fallire Villa Pini di Chieti con un debito di 300 milioni di euro, da tutti definito il grande accusatore, è stato il personaggio chiave del processo sulla Sanitopoli Abruzzese . Furono proprio le sue confessioni a far esplodere nel luglio del 2008 il terremoto politico giudiziario che portò all’arresto del Governatore Del Turco,consiglieri e assessori regionali manager pubblici e allo scioglimento del Consiglio regionale. Erano state promesse una valanga di prove schiaccianti ma nel corso delle indagini e del processo di primo grado non fu mai trovata come non furono mai trovate somme di dubbia provenienza nei conti di Del Turco ,passati al setaccio come i suoi immobili e i suoi movimenti finanziari. Nulla. E però il PM Picardi insiste : per lui , “ le accuse restano credibili per il complesso delle testimonianze di Angelini, della sua segretaria e del suo autista,”….oltre che per alcune sfuocate e indefinibili fotografie. Picardi ha detto anche che a suo giudizio la pena inflitta a Del Turco è eccessivamente sproporzionata, e ha chiesto di ridurla di tre anni, per un totale di sei anni e mezzo di reclusione. Il procuratore Picardi ha infatti sottolineato: «Ritengo che non si possa aderire in pieno a quelle che sono state le valutazioni dei colleghi che hanno richiesto le condanne e di quelli che hanno effettuato le decisioni di primo grado, quindi ci sarà una diminuzione delle stesse in quanto mi pare più in linea con i precedenti giudiziari tenere conto della pena giusta e non di quella spettacolarmente esemplare, secondo il mio modo di vedere” SPETTACOLO APPUNTO ! UNA PENA GIUSTA? MA quale pena giusta se non ci sono prove attendibili? Accanto allo scandalo della sentenza che ha condannato Ottaviano Del Turco ce ne fu e c’è tutt’ora un altro ben più grave: quello di un vile silenzio. Tacciono su questa incredibile vicenda il Pd di cui Del Turco è stato tra i fondatori e la Cgil dove egli ha trascorso metà della vita. Tacciono tutti e tra i tutti Guglielmo Epifani che a Del Turco deve gran parte della sua carriera e che siede ora sugli scranni della Presidenza della Commissione Affari produttivi della Camera. Solo l’amico di sempre Giuliano Cazzola insieme a Lella Golfo lo andarono a trovare in cella umiliato e ferito; io ho sempre creduto Ottaviano totalmente estraneo, vittima di una vigliaccheria politica e forcaiola opportunista .Mi auguro che il giudizio in Appello faccia giustizia vera : a Ottaviano comunque chi gli ridarà questi anni di gogna inflittagli ? FORZA OTTAVIANO siamo con te e ti vogliamo bene!
http://formiche.net/2015/11/13/violenza-sulle-donne-serve-un-cambiamento-culturale/
ALESSANDRA SERVIDORI
La violenza sulle donne e un’Italia che si limita a celebrare la giornata internazionale e farne film e spettacoli teatrali.
Ce ne ricordiamo quando la televisione e i mezzi di comunicazione ormai tutti impastati di scandali su sesso,sangue,soldi, lanciano la notizia dei massacri su donne e bambine: la violenza perpetuata sull’aggressione fisica in Italia delle donne tra i 16 e i 70 anni –il 31,5% è il dato che emerge dall’indagine compiuta da Istat relativa al quinquennio 2009 /2014- è molto simile a quel 33% europeo (Agenzia europea per i diritti umani e internazionali (Organizzazione mondiale della sanità: una donna su tre nel mondo). E la verità che è una piccola parte di coloro che la subiscono poiché fortissima è ancora la cultura del "segreto" e della "vergogna" delle violenze subìte che viene da lontano e tutt'oggi è difficile da sradicare soprattutto all’interno delle famiglie. E non solo per i risvolti sociali della denuncia, ma per le implicazioni psicologiche personali di chi le subisce. La violenza viene ancora dichiarata da chi la infligge come qualcosa fatta "per il bene" di chi la subisce o “per colpa" della bambina o della donna, che "induce" l'aggressore a comportamenti riprovevoli che egli non vorrebbe commettere: un modo per scaricare la responsabilità sulla vittima”.Il fenomeno aberrante resta diffuso poiché significa che una donna su tre almeno una volta nella sua vita subisce violenza. Vi è dunque un impianto culturale che ancora genera violenza e sopraffazione e le centrali di pubblica sicurezza e le associazioni che se ne occupano confermano che spesso scelgono di non denunciare. Si fa strada la convinzione che non serva: la donna, di fatto, dallo Stato italiano non si sente e in verità non è tutelata e la recente legge sul femminicidio, che non consente il ritiro della denuncia, insieme alla novità del carcere evitato a chi subisce una condanna inferiore ai quattro anni, espone la vittima a ritorsioni se non a violenze ancora più gravi. Secondo l’indagine ISTAT , delle donne maltrattate, il 20,2 per cento ha subìto violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento (un milione e 157mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652mila) e il tentato stupro (746mila). L'indagine dice che le violenze più cruente avvengono per mano di partner, presenti e passati, familiari e amici di famiglia, e questo deve far interrogare profondamente la società contemporanea, che vive nella ricerca di un amore che pare essere solo ideale. C’è necessità di un profondo cambiamento culturale per modificare le relazioni affettive e di potere tra uomini e donne perché siano basate sul rispetto e non sulla prevaricazione e le discriminazioni di un genere sull’altro. L’Istat denuncia che è nel momento della separazione che le violenze diventano più gravi, soprattutto quando la donna denuncia le violenze subìte. Dalla ricerca emerge che la causa principale o preponderante della separazione è la violenza subìta durante il periodo di convivenza e che durante la separazione è frequente il fenomeno dello stalking da parte dell'ex partner. Dati allarmanti riguardano il sommerso il nascosto poiché il 40% delle donne picchiate dal marito o dal compagno non parla di quanto accade dentro le mura domestiche e la violenza assistita (64%,) .Sono donne che subiscono violenza giovani, spessissimo con figli minori . Allora la consapevolezza che la violenza sulle donne non sia un fatto normale implica che esso sia un problema che riguarda tutti, dalle istituzioni al privato cittadino. Come associazione TUTTEPERITALIA riteniamo importante sostenere l’aiuto alle donne che subiscono violenza soprattutto sul lavoro poiché è una violenza che ha radici economiche che ritroviamo nella privazione o nel sottosalario,nell’abbandono in una situazione economica di non pagamento dell’assegno per i figli o per il mantenimento, nell’informazione dei propri diritti e doveri,nel non subire molestie o impedimenti di carriera sul posto di lavoro, nell’aiuto nell’educazione di figli e sostegno ad affrontare non in solitudine questo dramma. Un dramma che troppo spesso viene spettacolarizzato e strumentalizzato.
Alessandra Servidori LA VERITA’ sulle Regioni e la trattativa legge di IN stabilità
ll Consiglio dei ministri ha dato via libera alla norma che consente di” chiarire” la contabilità delle Regioni in particolare per i debiti passati, come richiesto peraltro dalla Corte dei Conti .Questo passaggio risolve i problemi dei fondi attribuiti alle Regioni nella discussa legge di stabilità? No perché non è definito se e come i debiti saranno ripianati, in quanti anni (30?)con che modalità le Regioni “morose” dovranno assolvere al compito che pareva essere il freno alla destinazione di risorse e che poneva un problema di restituzioni sulle anticipazioni che il Governo ha dato alle amministrazioni per ripianare i bilanci in rosso dovuti anche al famoso pagamento inadempiente di miliardi per le imprese e forniture ,che già al tempo del Governo Letta e Monti erano state denunciate come la palla al piede della partita economica che ingessava lo sviluppo. Dunque la questione del possibile default di alcune Regioni è stata bloccata e non a caso è definito decreto/salva regioni. E’ bene ricordare come stanno i fatti ed è da uno studio di Banca d’Italia dell’ottobre 2015 sui debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche italiane che capiamo che il problema è del tutto irrisolto e soprattutto che sarebbe utile ai cervelli giovani di Palazzo Chigi trarre elementi utili per una valutazione dell’efficacia del programma di esborsi statali per lo smaltimento dell’arretrato realizzato nel biennio 2013/2014, guardando però dal 2008 al 2014 non ancora però noti con precisione,posto che lo stok dei debiti e dei relativi tempi di pagamento, sono di difficile da reperire poiché solo in possesso di banca Italia solo indagini campionarie. Da questa lettura si evince l’evidente impatto relativo al sistema economico dei ritardi e dei provvedimenti utili a ridurre i debiti commerciali, gli incroci forniti dai dati Istat su stok e spese correnti e quanto rispetto all’Europa siamo clamorosamente in deficit e inadempienti. Ma l’ordinamento italiano non disincentiva in modo efficace i ritardi nei pagamenti e non punisce chi non rispetta le clausole contrattuali sottoscritte dalla Pubblica Amministrazione con le imprese e i fornitori .Sappiamo bene che il fenomeno del posticipare i pagamenti dovuti alle imprese fornitrici “favorisce “ il rispetto delle regole di bilancio della UEM .Crisi dal 2007 incombente e precipitata dal 2008 in poi liquidità in calo delle imprese nell’ambito del monitoraggio dei conti pubblici nostrani ed europei : questo fa la differenze eccome!Così già però nel 2012 per ridurre i debiti commerciali sono stati stanziati 5,7 miliardi-di cui 2,8 effettivamente erogati, per ripianare i debiti in parte solo però, delle Amministrazioni centrali scaduti nel 2011. Dal 2013 stanziati 50 miliardi per il biennio 2013-2014 destinati al pagamento dei debiti degli enti regionali scaduti nel 2012 e qui chi ha requisito risorse dai vertici e ripianato il debito è stato il MEF. Però e però una parte consistente -19 miliardi- delle risorse stanziate non è stata utilizzata dagli enti nel corso del biennio 2013-2014 . Cos’ arriviamo ai giorni nostri e a giugno del 2015 è stata prevista di recuperare una piccola parte delle risorse non utilizzate dunque appunto 2 miliardi per le regioni e le province autonome e 0,9 miliardi per gli enti locali .Quelli che mancano oggi da assegnare alle Regioni che protestano per il mancato budget delle legge finanziaria sono briciole rispetto alla loro” mancato ravvedimento operoso” e al dovere di procedere con la restituzione del dovuto. Si calcoli poi che la flessibilità richiesta da Renzi alla Ue così declamata come già acquisita è gravata da un monte accumulato di nuove passività commerciali rappresentata dalla Direttiva 2011/7/ UE recepita anche da noi e operativa sui ritardi di pagamento che prevede non possibilità di deroghe negoziali,interessi di mora legali, e un tasso pari a quello di riferimento della Bce maggiorato di 8 punti %. La verità sui conti delle Regioni ce la dicono i dossier economici ,e le relazioni della Corte dei Conti e non stiamo particolarmente sereni quando ben sappiamo cosa ci attende. Un doppione di questa CONFERENZA STATO REGIONI che si clonerà nel prossimo Senato , che continuerà a spendere con un potere rafforzato consociativo e inutilmente non virtuoso. Per questo diciamo che continuiamo a raccontare i fatti e non esprimere solo opinioni. Finchè ci sarà concesso e non saremo asserviti ignobilmente al potere irresponsabile del chi più spende e più fa la voce grossa.
Alessandra Servidori- 3 novembre 2015
Donne e politica : saranno le signore a salvare la polis?
Qualcosa di nuovo si sta muovendo nella politica italiana “controllata” da un potere fortemente maschile che ancora oggi sceglie e decide chi mettere sugli scranni dell’impero tra le fila delle candidate. Parto dal tonico editoriale di Antonio Polito , audace Vice Direttore dell’”Ammiraglia dell’informazione”, perché denuncia una delega nonchè deriva giudizial/procural/rigorista dei partiti nel gestire le questioni dell’amministrar la cosa pubblica in difficoltà oggettive, veramente stupefacente e lucida. In questi giorni di sbornia della funesta vicenda di Marino, i fuochi d’artificio della chiusura di EXPO, la legge finanziaria che accende di nuovo la miccia dell’instabilità, Boeri che vuole fare il Ministro del lavoro e dunque -grato ai mezzi d’informazione che gli danno visibilità impunita -fa proposte di riforma indebita, la Libia che cerca il pretesto per scagliarci qualche missile, succede che le parlamentari e prima di loro gruppetti sparsi e non tanto rassegnati, si danno da fare per cercare ( devo dire accanitamente ) di creare il partito delle donne. Così è stato-senza dubbio- dal dicembre 2014 in cui una signora Isa Maggi ha convocato in maniera sia pur confusa e populista gli Stati generali delle donne, a Roma in una sede europea presa in prestito, per proporre idee e iniziative ,ben poco poi recepite dalle istituzioni ma ripetute in tante sedi regionali con la speranza che potesse fare “massa critica” e dare sviluppo alla voce e al potere femminile. Nell’iniziativa poi è comparsa la Senatrice Fedeli, rossa di capelli e cigiellina ,ora assurta all’era dell’obbedienza renziana che si è affrettata a metterci “sopra il cappello” per dirla al maschile. Così le signore- fuori dal parlamento e dai Ministeri - un po’ nostalgiche, un po’ vetero, un po’ deluse e sempre incapaci di mettersi d’accordo sulla ripartizione e il rispetto delle regole individuate e concordate (politicamente corrette e opportuniste alla maniera maschile) -,tanto che un silenzio assordante è sceso sull’eliminazione fisica degli organismi di parità- costituiti da donne- unico vero presidio antidiscriminatorio, sono diventate esse stesse preda di appetiti solo assembleari e tacite platee da convocare quando c’è da fare una conferenza stampa per spiegare cosa fa il Governo. Almeno in questi ultimi anni di riforme sociali e del lavoro se si fossero rese conto delle potenzialità di metter in moto politiche attive peraltro rintracciabili trasversalmente in tutti i settori nel processo riformatore in atto( se pur modeste ma presenti) , anziché assumere il ruolo di “tricoteuses” quando venivano coinvolte in azioni concrete abituate a far male la politica asservita e magari settaria, oggi, forti della competenza che potevano acquisire sarebbero state utili alla causa. Invece tacciono felici di un’occasione di gita romana al servizio del sistema. Ma ecco che le onorevoli parlamentari suonano le trombe e capitanate dalla Presidente Boldrini , fanno ciò che di utile sarebbe già potuto essere stato fatto se almeno avessero avuto il coraggio di affermare la loro forza in Parlamento stando appunto dalla parte delle donne italiane, anche creando quella Commissione per le politiche di pari opportunità che sarebbe stata fondamentale in momenti in cui c’era da fare squadra e superare così con la testa alta quella cultura di sudditanza maschile di cui soffre ancora l’emiciclo e in cui soccombe la democrazia paritaria sostanziale. Per la prima volta è stato istituito alla Camera l’Inter gruppo parlamentare per le donne, i diritti e le pari opportunità, e l’obiettivo è nobile : porre le questioni di genere al centro del dibattito politico-legislativo, sulla scia delle diverse esperienze internazionali già esistenti in Europa e negli Stati Uniti.
Composto da 80 deputate, espressione di tutti i gruppi che siedono a Montecitorio, l’intergruppo si è dato anche un comitato direttivo con funzioni di coordinamento e impulso dei lavori, del quale fanno parte una deputata per ciascun gruppo, oltre alle deputate dell’Ufficio di Presidenza.
L’Intergruppo, presieduto da Boldrini, saprà non essere un’arena ma diventare una sede di confronto bipartisan su iniziative legislative già all’esame del Parlamento e proporne di nuove, ma anche di promuovere i temi che riguardano la vita delle donne attraverso incontri, dibattiti ed eventi culturali e non solo un” Caffè letterario o peggio un salotto?. Sarà nostra cura seguire attentamente i lavori. Oltre che a fare un po’ di ordine e “tirare dentro” anziché escludere,l’Intergruppo di Montecitorio forse saprà essere quello che ora non è più la politica per le donne,dopo una stagione in cui comunque ,varie Onorevoli Ministre ,hanno cercato di essere interlocutrici in sedi internazionali dove è fondamentale esserci unite e compatte e con proposte concrete . Quando si arriva nei contesti globali soprattutto sulle riforme dei sistemi di welfare in cui è coinvolta l’Italia serve competenza e sintesi essenziale ,poiché nel regno Unito, in Francia in Spagna ,nella Ue , nella Germania una rete tra tutte le donne che appartengono alle istituzioni europee è fondamentale, soprattutto per dialogare e fare squadra in Parlamento, Commissione, Consiglio e personale delle rappresentanze nazionali a Bruxelles. Un dubbio solo : mi auguro che di politiche per le donne si tratti, donne che ancora subiscono discriminazioni e violenze inaudite ,madri che devono “essere custodite e aiutate sul lavoro” come dice Papa Francesco e non sia solo una frenetica iniziativa di truppe cammellate che avanza in direzione di quella stagione trans ed etero che pur esistendo e avendo diritti , con la scelta del Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, in questi anni ha dedicato risorse e investimenti notevoli strabiscamente dalla parte degli studi di gender, della omosessualità,ecc. Che non sono né la struttura di welfare rimodulato per le nuove povertà tra cui sono in maggioranza le donne, né sviluppo delle politiche occupazionali in ambito sia pubblico che privato di cui con grande fatica e pochi riconoscimenti, si è comunque impegnato il ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui orgogliosamente ho fatto parte attiva. Appunto dalla parte delle donne e del lavoro.
27 ottobre 2015- JOB 24 SOLE 24ORE
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Smart working - Nel disegno di legge poco di nuovo. Ma non perdiamo anche questa opportunità per lanciare davvero il «lavoro agile»
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Alessandra Servidori - Direttore del Centro Studi “Lavori e Riforme” del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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Il disegno di legge sul "lavoro agile"- scritto da Maurizio Del Conte, giovane giuslavorista tecnico di fiducia di Palazzo Chigi , autore anche degli altri otto schemi dei decreti del Jobs Act - , anticipato e perorato già un paio di anni fa dalla Europarlamentare Alessia Mosca , arriva in parlamento con un disegno di legge collegato alla Legge di stabilità. Nulla di nuovo, al di là dei 9 articoli che lo declina, poiché la cosìdetta flessibilità lavorativa, ancorata alla norma che pur rimane importante, per essere effettiva deve tramutarsi in prassi. E tutto ciò che illustra il ddl in parola, sottolinea l'importanza del lavoro flessibile che peraltro era già stato normato nel 2008 con l'introduzione della detassazione del salario di produttività; misura non strutturale ma che ripropone ogni anno la possibilità di uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori attraverso un Fondo stabilito allora nella Legge finanziaria, oggi Legge di stabilità. Istituito l'incentivo (art. 2 D.L. n. 93/2008), con l'intento di favorire la produttività delle aziende e dunque anche la flessibilità - provvedimento collegato soprattutto all'art. 8 della stessa norma, che prevedeva la possibilità di incentivare attraverso la deroga la contrattazione di prossimità - da allora "il lavoro agile" non è stato politicamente sviluppato. La causa sono le resistenze che ancora oggi ne frenano l'adozione. Anzi, è bene ricordare che, nel 2011, proprio per armonizzare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro con anche tipologie di lavoro agile, lo stesso Accordo Comune sottoscritto da tutte le parti sociali e varato nel marzo di quell'anno, subì molte resistenze tra le parti sociali. Per cui, pur prevedendo una serie di tipologie, compreso il telelavoro, il part time, l'orario di lavoro flessibile come soggetti a detassazione secondo art 2 della legge 93/2008 , gli accordi aziendali nelle piccole e medie aziende non sono stati sdoganati. E questo, secondo lo stesso Osservatorio del Politecnico sullo smart working, dimostra essere solo una opportunità realizzata dalle grandi aziende, e non dalle piccole e medie imprese di cui è fatto il 93% del tessuto produttivo italiano. La Legge di stabilità 2016 finalmente mette mano anche ai criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative di nuove disposizioni ,compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all'organizzazione del lavoro. I quali, come recita appunto la legge di stabilità,- saranno stabiliti con un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze. Per sviluppare nuove prassi legate alla conciliazione tempi di vita e di lavoro, questa potrebbe diventare la volta buona per contrattare caso per caso una seria flessibilità. La palla dunque passa ai sindacati che, nell'ambito delle relazioni industriali , dovranno prima di tutto studiare e poi convincere i datori di lavoro che per modernizzarsi si potrà concedere per legge ai dipendenti di lavorare fuori dai locali aziendali, anche per un solo giorno a settimana, attraverso dispositivi elettronici con lo stesso stipendio e la stessa copertura assicurativa ( anche allargata per l'occasione),operando così in mobilità anche con un coworking o da dove si vuole,purchè si raggiungano gli obiettivi stabiliti e assegnati e concedendo autonomia. Il ddl prevede proprio l'applicazione degli incentivi fiscali e contributivi rifinanziati dalla Legge di Stabilità 2016 ,bloccati l'anno passato per finanziare gli esodati, ma che quest'anno rifinanzia il Fondo per la contrattazione di secondo livello con 430 milioni per il 2016. Il 10% del quale, come recita il decreto Jobs Act n. 80 (43 milioni) potrà finanziare anche accordi per la flessibilità lavorativa nell'ambito della conciliazione tempi di vita e di lavoro. Peccato che si tenderà a perdere un "pochino di tempo", perché una ridondante Cabina di Regia interministeriale presso il Ministero del lavoro dovrà individuare le buone prassi che, peraltro,sono già state raccolte e analizzate dalla scrivente in un Osservatorio che dal 2012 in occasione appunto dell'Accordo Comune, ha avuto il compito di catalogare puntualmente gli accordi. Rintracciando nelle pieghe di virtuose aziende anche medie e piccole, quelle buone prassi che avevamo indicato nel marzo del 2011 ,dunque soggette a detassazione. Solo il 5% delle aziende medie e piccole italiane - ci segnala l' Osservatorio del Politecnico- ha avviato un progetto strutturato di lavoro agile. E, detto francamente, il management aziendale (di cosa parliamo nelle aziende piccole e medie?) non è nè attenzionato né abbastanza preparato (come peraltro i sindacati) a cogliere questa opportunità per ripensare l'orario e l'organizzazione e il luogo del lavoro in una ottica flessibile. L'effetto "novita'", poi, se non si tratta di una novità strutturata bene può rivelarsi solo una momentanea sperimentazione superficiale destinata a fallire. Solo ripensando culturalmente e scientificamente dentro ad ogni azienda l'organizzazione del lavoro, a fronte di nuovi modelli e di una responsabilità condivisa degli obiettivi che si possono raggiungere in modi diversi (e non inchiodati per otto ore ad un posto di lavoro), l'opportunità, forse, potrà rivelarsi una occasione positiva. Ma per questo ci vuole competenza e ragionevole innovazione e volontà di adottare dei modelli organizzativi anche per essere moderni e competitivi.
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ALESSANDRA SERVIDORI ITALIA EUROPA OCSE : donne ed economia -24 Ottobre 2015
Le conclusioni della relazione dell'OCSE (2014) - L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico parlano chiaro: le donne non solo influenzano il mercato, sono il mercato. La Relazione "The Female Economy" ovvero “«Il genere e lo sviluppo sostenibile: massimizzare il ruolo economico, sociale e ambientale delle donne” pubblicata in questi giorni deve far riflettere il sistema economico internazionale,ma soprattutto noi italiani . Secondo la Harvard Business Review, le donne,in realtà , rappresentano un mercato in crescita più grande di Cina e India insieme - più di due volte più grande, in realtà. Dato che l'83% delle decisioni di acquisto sono fatte da donne, sarebbe sciocco ignorare questa favolosa opportunità per la crescita futura. Eppure la maggior parte delle donne ritiene che i prodotti e servizi che vengono offerti non sono all'altezza delle loro aspettative. I settori peggiori sono quello finanziario e sanitario, dove il 91% delle donne si sentono incomprese dalle campagne pubblicitarie. La ragione è semplice: l'industria della pubblicità è dominato dagli uomini. Nelle agenzie di pubblicità, gli uomini rappresentano il 90% dei direttori artistici e solo un terzo di creativi sono donne (dati USA, perché non ci sono dati ancora per l'Europa). Le donne sono il mercato, ma sono trattate come se fossero solo un mercato di nicchia. Le norme utilizzate nel marketing sono norme maschili, dice l’OCSE . Un caso esemplare : il modo in cui le donne sono ritratte nella pubblicità, nella progettazione dei prodotti : donne perlopiù molto svestite e magrissime , il nero fortemente carico di sensualità domina il loro abbigliamento, mentre è appurato che le donne preferiscono colori vivaci e forme rotonde ,ma non volgari. Le donne che interessano il marketing sono "casalinghe sotto i 50", ma in 8 su 10 coppie entrambi i partner lavorano, e non appena una donna supera i 50 anni, non esiste per il marketing se non quello della pura assistenza alla disabilità ( assobenti, adesivi per dentiere,ecc)Un dato su cui riflettere è che le donne stanno entrando sempre più nel mercato del lavoro , più donne sono occupate sia nelle piccole imprese che in grandi aziende multi-nazionali. Aggiunto al loro potere di consumatori, questo è un ulteriore fattore che porta al crescente impatto delle donne nel mondo degli affari. Questo è ciò che intendiamo per "The Female Economy".L'OCSE stima che, se il tasso di partecipazione delle donne all'economia fosse identico a quello degli uomini, il PIL aumenterebbe del 16% in 10 anni. Inoltre dal punto di vista microeconomico, gli studi dimostrano che le aziende con più equilibrio di genere nei ruoli decisionali senior hanno indicatori di performance migliori. Nei paesi nordici, ora c'è una correlazione positiva tra il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro e il tasso di natalità. Questo suggerisce che più una donna lavora, e più figli ha. Si tratta di un circolo virtuoso che aumenta ulteriormente l'impatto del lavoro femminile per l'economia. In controtendenza è l’Italia, dove dai dati Istat sappiamo che la realtà è assai diversa : purtroppo sono sempre di più le italiane che rinunciano al lavoro per la maternità, donne che rinunciano alla maternità per il lavoro. Da dove la si guardi la condizione delle donne “fertili” è sempre più difficile. Tasso di natalità tra i più bassi del mondo occidentale, tasso di occupazione femminile ugualmente fra i più bassi, che continua a scendere come confermano gli ultimi dati dell’Istat, siamo arrivati al 46,4%.
L’OCSE ci pone alcune domande alle quali siamo chiamati a rispondere e velocemente : Se le donne hanno un forte impatto sull'economia in termini di lavoro e di consumo, perché non agiamo coerentemente per sostenere questa occupabilità femminile che chiede di entrare e rimanere sul mercato del lavoro?
Per esempio : la Francia è in procinto di unirsi ai paesi nordici al circolo virtuoso tra il lavoro delle donne e il tasso di natalità. Che dire del resto d'Europa?e di Noi Italiani ?
Le recenti disposizioni di tagli alla finanzia pubblica e i tagli alla spesa colpiscono le donne più degli uomini e impediscono loro di lavorare come vorrebbero. Abbiamo analizzato – e analizziamo oggi con la Legge Finanziaria -queste decisioni dal punto di vista di genere e del loro impatto macroeconomico?
Se le donne sono disponibili a investire più nel lavoro retribuito e regolare, gli uomini hanno bisogno di condividere più l'onere del lavoro non retribuito che è attualmente l'80% gestito da donne. Gli uomini sono davvero pronti a essere migliori alleati delle donne in questo?
A parole , sembrerebbe che a causa del chiaro posizionamento dell'Unione Europea, la parità di genere sia oggi un argomento chiave degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Inoltre, è stato adottato un nuovo quadro per il lavoro dell'Unione europea nei paesi partner con particolare attenzione alla parità di genere e l'empowerment delle donne. La Commissione giustizia e lavoro ha pubblicato la Road Map nel mese di settembre : un nuovo quadro per le attività dell'UE per il periodo tra il 2016 e il 2020 che è stato adottato non solo dalla Commissione Europea ma anche dal Servizio europeo di azione esterna. Lo scopo è quello di promuovere valori fondamentali quali la parità di genere nei paesi partner e sostenerli nel compiere progressi in questo campo. Questo supporto include lotta alla violenza contro le donne e le ragazze e consentendo loro di intraprendere azioni in materia di partecipazione civica e naturalmente partecipazione al lavoro. Inoltre, gli Obiettivi di nuova adozione su Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, tra cui la parità di genere, dovrebbero essere concentrati su : * Il nuovo quadro che considera successi e fallimenti del Piano di azione nello sviluppo 2010-2015 che dovrebbe andare oltre le promesse e le parole , ma intraprendere azioni e verificare risultati più o meno raggiunti facendo un resoconto leale e concreto . Esso si applica a partire dal 2016 se gli organi competenti del Consiglio saranno d'accordo e questo sarà il passo da conquistare poiché il dubbio concreto è che sia il Consiglio dei Ministri europei sia il Parlamento non aderiscano alle proposte della Commissione. Peraltro ci sono delle novità da tenere in considerazione : * Il finanziamento del quadro è assicurato da numerose strumenti di azione esterna dell'UE e modalità di aiuto. Il miglioramento dei diritti delle donne e delle ragazze è già finanziata con circa 100 milioni di euro. *Il campo della parità di genere sarà finanziato attraverso altri settori della cooperazione allo sviluppo.L'Unione europea e i suoi Stati membri si devono concretamente impegnare e subito ,in materia di protezione e la realizzazione delle ragazze ' e dei diritti delle donne. Noi in Italia dobbiamo sapere cogliere questa opportunità per schiodarci da quel 46,4% di occupazione femminile se vogliamo essere competitivi, smettendo di impegnare le poche risorse che abbiamo in azioni disaggregate tra una Presidenza Del Consiglio e di un Dipartimento che non si occupa di pari opportunità e un Ministero del Lavoro che ha tagliato risorse , competenze e cervelli per le politiche attive a favore dell’occupabilità femminile , dimenticando così tutto quel patrimonio a contrasto delle discriminazioni che negli ultimi sette anni avevamo acquisito soprattutto posizionando la nostra azione sulle politiche attive.
Lavoro e produttività, come funzionano i nuovi incentivi
Una parte molto interessante della legge di stabilità merita di essere ben spiegata, in quanto consegna alla contrattazione di prossimità un ruolo molto importante, posto che è sul luogo di lavoro che, anche attraverso le organizzazioni sindacali e buone relazioni tra imprese e lavoratori, si può ragionevolmente modificare sia l’organizzazione del lavoro che la flessibilità, e dunque diventa anche più virtuosa la produttività legata ad un reciproco interesse e benessere organizzativo che comprende anche la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
In più leggendo, attentamente il provvedimento, si prevede un coinvolgimento virtuoso degli utili per i dipendenti. Ricordiamo che una parte consistente di risorse per l’anno 2015 sono state utilizzate per coprire l’emergenza esodati nel capitolo dedicato al bilancio della spesa sociale, ma quest’anno la Legge di Stabilità ha ripristinato per il 2016 la detassazione dei premi produttività, una delle misure più attese per questa manovra finanziaria per la quale il Governo ha stanziato 430 milioni di euro per il 2016 e 589 milioni di euro per gli anni successivi.
Ricordiamo brevemente cosa comporta la detassazione del salario di produttività, introdotta nel 2008, misura non strutturale ma che ripropone ogni anno uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori. Nel 2013 i premi retributivi e le voci di salario legate agli incrementi della produttività sono stati concessi con tassazione agevolata al 10%, con un massimo di 2.500 euro di sconto fiscale riservato ai lavoratori con reddito annuo fino a 40mila euro. Per il 2013-2015 le risorse sono state stanziate sempre dalla Legge di Stabilità (art. 1, comma 481, legge 228/2012), che ha rimandato ad un successivo decreto attuativo i criteri di applicazione (DPCM del 22 gennaio 2013), pubblicato in GU n.75 del 29 marzo 2013.
Per il 2016 è allo studio un nuovo meccanismo di incentivazione, con sconto fiscale direttamente in busta paga. Inoltre oltre alla detassazione la Legge 2016, ora al vaglio di Bruxelles, ha previsto anche l’ampliamento della platea di beneficiari, innalzando il plafond dei redditi ammessi all’incentivo a quelli fino a 50mila euro. L’incentivo (art. 2 D.L. n. 93/2008), è stato istituito con l’intento di favorire la produttività delle aziende, fino ad oggi il tetto massimo era tra i 30mila ed i 40mila euro, escludendo così i quadri che ora possono godere dell’agevolazione fiscale. Il limite massimo di importo che potrà essere assoggettato a tassazione agevolata del 10%, se legato al raggiungimento di obiettivi di produttività e redditività aziendali, è stato fissato a 2.500 euro (2.000 euro lordi per le aziende che non coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro). Stesso limite e stessa aliquota agevolata (imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%) per gli utili distribuiti dalle aziende ai dipendenti.
Inoltre sempre la legge 2016 ha stabilito che le somme e i valori dei fringe benefit concessi ai dipendenti (art. 51, comma 2 D.P.R. n. 917/1986) e quelli di importo non superiore a 258 euro (art. 51, comma 3 ultimo periodo D.P.R. n. 917/1986) non concorrono, entro questi limiti, a formare il reddito di lavoro dipendente, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme detassate; i premi produttività, fino al limite massimo di 2.000 euro (2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del lavoratore o del suo nucleo familiare ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE); resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.
I criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative della nuova disposizione, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro, saranno stabiliti con un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Per sviluppare nuove prassi legate alla conciliazione tempi di vita e di lavoro, questa deve diventare la volta buona.