Dei diritti e delle pene
A che punto siamo sul PNRR Università e ricerca- Alessandra Servidori
https://www.startmag.it/sanita/a-che-punto-siamo-sul-pnrr-universita-e-ricerca/
Il Pnrr rivolto al MUR ha riguardato in particolare le strutture: nel 2022 sono stati infatti banditi 6,08 mld di € (praticamente 3/4 di tutto il FFO 2022), per il prossimo triennio [partenariati, centri nazionali, ecosistemi e infrastrutture]. In pratica, sono stati assegnati oltre metà di tutti i fondi PNRR MUR. Alcuni elementi saltano agli occhi: le due partite più significative (centri nazionali ed ecosistemi, 3 mld di €), pur prevedendo bandi competitivi sono stati gestiti con logiche perlomeno particolari : in un caso con un numero di candidature identico ai vincitori, nell’altro con un numero molto simile (e un’assegnazione ad un numero inferiore, 11 invece di 12). Tra le università e con il MUR vive evidentemente un dialogo, anche sugli ecosistemi, dove ci sono state prevalenti aggregazioni territoriali ( gli atenei milanesi sganciati da quelli lombardi, alcuni anche in più progetti; larga parte dei lombardi non finanziati, come pugliesi e campani]. Nel bando Infrastrutture si è avuta un’assegnazione parziale e a realtà più numerose delle preventivate. Vero è che sul sistema dell’università e della ricerca è arrivata una massa di risorse, che crea un circuito esterno (reti, hub, poli, centri ricerca su Fondazioni) e riguarda una nuova stagione di precariato, senza prospettive e soggetta a norme anche più stringenti di quelle dello scorso decennio. Rischiamo di radicalizzare le divergenze. Nonostante la distribuzione anche al meridione, la concentrazione di risorse in atenei e realtà resi forti nell’ultimo decennio prosegue e anzi si rafforza. Al termine del PNRR si rischia non solo di mantenere le sperequazioni post-Gelmini, ma di aumentarle significativamente, come di incrementare differenze e articolazioni negli Enti di ricerca nel sistema complessivo (generalizzando dinamiche innescate con fondazione IIT, Humantecnopole e Biopolo di Siena).Nell’università e nella ricerca i mancati interventi anche in parte nel PNRR e l’assenza di risorse aggiuntive dello Stato pesano alquanto. La curvatura del PNRR su ricerca e impresa in ogni caso mantiene e anzi rilancia le fratture determinate da Gelmini, DL 49 e distribuzione premiale dei fondi per esempio l’assenza di un concreto e reale diritto allo studio al quale oggi è legittimo non rivolgere il calo significativo delle iscrizioni all’Università.Dopo il recupero di immatricolazioni nel primo anno di pandemia (330mila), lo scorso anno si è registrato un calo del 3%, che probabilmente continuerà; l’aumento del FFO con risorse solo per l’assunzione di personale rischia di squilibrare nei prossimi anni i bilanci degli atenei, spingendo a riequilibrare con una nuova tornata di aumento delle tasse;la distribuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario in mancanza di logiche perequative crea problemi perchè nell’ultimo decennio la quota base del FFO si è ridotta dal 70% a meno del 50%, nei prossimi anni è data in ulteriore calo, crescendo quote premiali dirette e indirette: la differenza tra atenei si allarga. I fondi di finanziamento ordinario degli Epr sono purtroppo insufficienti: la dotazione finanziaria complessiva ha subito tagli progressivi per più di un decennio. Nonostante dal 2016 sia iniziata una lievissima inversione di tendenza, i fondi ordinari degli Epr restano cronicamente sottodimensionati rispetto alle ordinarie attività di ricerca, la cui piena attuazione è garantita unicamente dalla partecipazione a bandi e progetti di ricerca internazionali il cui finanziamento è divenuto nel tempo parte rilevante e in alcuni casi maggioritaria dei budget complessivi gestiti dagli Enti di ricerca.Gli squilibri del personale: nonostante l’ultima finanziaria (860 mln di € da qui a 2026 su assunzioni), il personale delle università è significativamente sotto-dimensionato, sia docente sia TAB (secondo relazione di accompagnamento ultima legge di bilancio, 45mila unità docenti e altrettanti PTA). L’estensione del sistema universitario con il PNRR avviene tutta su ricerca (NON SU ISTRUZIONE), con strutture fuori dal perimetro delle università e degli Enti di ricerca. Non c’è intervento su personale di ruolo e neanche accompagnamento o incentivi (come per esempio nel Ministero della Giustizia). Analogo il sottodimensionamento degli Epr la cui tenuta complessiva negli anni è stata principalmente il frutto delle politiche di stabilizzazione del precariato storico. Nonostante ciò, anche con gli incrementi prospettati nell’ultima legge di bilancio (100 mln di € per i soli enti vigilati Mur a decorrere dal 2025 e 60 mln di € per il riordino del Cnr) senza una chiara destinazione dei fondi che come obiettivo l’assunzione di personale di ruolo per far crescere la consistenza complessiva degli addetti alla ricerca del Paese, sarà difficile invertire la tendenza.Gli squilibri del sistema degli enti: alla debolezza strutturale dei piani nazionali di ricerca si deve aggiungere l’assenza di un coordinamento generale delle politiche e del finanziamento degli Epr la cui vigilanza è attualmente in capo a 7 diversi dicasteri. Incredibile a questo proposito che gli investimenti per il personale contenuti nella legge di bilancio 2022 siano in via esclusiva destinati al personale degli Epr vigilati dal Mur.Si rischia una ripresa e radicalizzazione dei percorsi di Autonomia, con un PNRR che accompagna il processo (divergenze tra atenei, diffusione fondazioni private, creazione di un sistema di ricerca parallelo a regime privatistico, in competizione per l’accaparramento delle risorse con quello pubblico delle università e degli enti di ricerca). Gli atenei che sono rafforzati sono soprattutto quelli di punta, liberare lacci e lacciuoli dell’attuale sistema nazionale, con la radicalizzazione dell’autonomia (art 1 comma 2 della legge 240 del 2010), la flessibilizzazione di SSD e piani di studio, la riduzione del ruolo dell’ANVUR.In questo quadro, sarà importante sviluppare un’azione capillare di osservazione critica sull’implementazione concreta dei progetti PNRR, monitorando la creazione dei nuovi hub, fondazioni e strutture, la loro configurazione normativa e la loro gestione concreta, i rapporti di lavoro che saranno realmente instaurati e la loro forma (come la distribuzione di risorse e compensi nel personale universitario). Un impegno a cui sono chiamate necessariamente tutte le realtà scientifiche ,sindacali, associative, di riflessione e confronto del mondo universitario. La nuova bolla di precariato che si sta gonfiando con queste risorse, inoltre, sarà inevitabilmente dispersa su molteplici strutture e renderà necessario tanto rilanciare sportelli e interventi di supporto diretto alla loro condizione, quanto sviluppare movimenti di organizzazione di queste figure a tempo determinato ed atipiche, oltre che fondamentale riprendere le richieste di allargamento degli organici di ruolo negli atenei e quindi di stabilizzazione di queste figure. In ogni caso, il peso del PNRR sul Sistema universitario e quello degli enti di ricerca (intrecciato con le diverse revisioni normative ad esso connesse) rende prioritario focalizzare l’attenzione di tutti, a partire da noi stessi, sulla salvaguardia dei Sistemi nazionali dell’università e della ricerca, che proprio oggi con queste nuove risorse rischiano di esser divaricati ulteriormente, costruendo un sistema formativo e della ricerca stratificato e gerarchico, in cui i modelli competitivi e di new public management eroderanno ulteriormente e significativamente l’università se ovviamente non si cambia registro.
Sui diritti delle donne memoria per Giorgia Meloni e Eugenia Roccella
ALESSANDRA SERVIDORI
Sui diritti delle donne, memoria
per la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni e Ministro Eugenia Roccella sul tema Relazione sulla attuazione della Legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza
L’obiettivo principale della Legge 194/78 è garantire la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari.L’articolo 1 stabilisce che «lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio» l 30 luglio 2021 è stata trasmessa al Parlamento la “Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della Legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (Legge 194/78) Tale relazione cercava di fotografare la situazione di più di 2 anni fa; quindi, i numeri potrebbero non corrispondere alla realtà odierna. In più tali dati non sono accurati nel dettaglio e poco utilizzabili in quanto in formato pdf e non corrispondenti completamente ai numeri dell’Istituto Nazionale di Statistica.Secondo i dati della Relazione, l’Italia è tra i Paesi con i più bassi tassi di abortività al mondo: 5,4 interruzione ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni.
In base a tale relazione il numero di IVG nel 2020 è stato di 66.413, con una riduzione del 9,3% rispetto al 2019. Questo dato è in continua diminuzione dal 1983, anno in cui si è osservato il più alto numero di IVG in Italia, 234.801 casi. Si evidenziano forti differenze territoriali tra Regioni diverse; la Liguria, in rapporto alla popolazione, è la Regione in cui vengono effettuati più IVG (7,4 per mille), quasi il doppio rispetto alla Basilicata (3,8), Regione in cui se ne effettuano di meno.Relativamente al tipo di procedura utilizzata si osserva che il 35% delle IVG totali è praticato con la metodica farmacologica. Anche su questo aspetto esistono forti differenze territoriali; sempre in Liguria c’è il dato più alto di IVG farmacologiche (circa il 60% del totale), mentre in Molise è del 2%.Un confronto con altri Stati europei mostra che in diversi Paesi in cui si fa uso della RU486, tale procedura viene praticata nella maggior parte dei casi di IVG. Inghilterra e Galles hanno una percentuale dell’85% sul totale, Francia del 72%, valori più che doppi rispetto all’Italia.Un altro indice analizzato nella relazione prende in considerazione la mobilità delle donne dalla Regione di residenza a quella in cui si effettua l’IVG. Il 30% delle donne residenti in Molise effettua l’IVG in strutture sanitarie al di fuori della propria Regione. Dalla Basilicata si spostano il 26% delle donne, dall’Umbria il 13%.Tra le differenze regionali si evidenzia anche la percentuale di strutture sanitarie in cui è possibile effettuare IVG. Nel 2020 solo in Valle d’Aosta nel 100% delle strutture si può effettuare IVG. La media nazionale è del 63,8%, mentre il dato più basso è della Campania con il 27,9%.
In merito alle obiezioni di coscienza da parte di ginecologi, anestesisti e personale non medico, si osservano anche in questo ambito forti differenze territoriali.In totale la percentuale di ginecologi obiettori nel 2020 è del 67%, anestesisti del 45% e personale non medico del 36%.Ci sono aree come la Provincia di Bolzano o il Molise dove 5 ginecologi su 6 non sono disponibili ad intervenire per effettuare una IVG. Complessivamente, l’obiezione di coscienza è più diffusa nel Sud dell’Italia dove le percentuali di obiettori sono mediamente più alte rispetto al resto del Paese.
I dati sono stati il risultato di centinaia di richieste di accesso civico generalizzato per avere dati delle singole strutture e solo fino al 2021, quindi solo parziali : sui dati aggregati e chiusi che il Ministero fornisce annualmente in formato pdf è evidente manca la volontà di rendere facilmente accessibili le informazioni riguardo alla 194 (informazioni che dovrebbero essere aggiornate e dettagliate). Relativamente alle ASL, molte collaborano con le associazioni richiedenti attraverso il link alla relazione di attuazione..
In merito all’IVG e obiezione di coscienza, a volte è una questione logistica – magari sono in un reparto dove non c’è il punto IVG. Di per sé questo potrebbe non essere un impedimento – così come potrebbe non esserlo la presenza di obiettori. L’aspetto principale rimane la logistica. Cioè sarebbe possibile garantire il servizio di IVG se fosse organizzato bene. L’obiezione di coscienza è l’aspetto che più colpisce, soprattutto quando la percentuale è molto alta, ma non basta come criterio per sapere se la legge 194 è ben applicata oppure no. La legge prevede l’obiezione di coscienza (articolo 9 della legge 194). Quell’articolo dovrebbe essere applicato meglio perché “l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”. La contraddizione è che la legge dice che il servizio di IVG deve essere sempre garantito,ma non in che modo. L’aborto è sempre stato un argomento moralmente controverso, non si parla quasi mai se non in termini di dolore inconsolabile e di scelta drammatica e traumatica. Lo stigma e il senso di colpa vengono usati per rendere una scelta non davvero una scelta, ma una inevitabile ferita. Si dimentica spesso che l’alternativa all’aborto volontario è la gravidanza imposta. Che è una alternativa moralmente ripugnante e che sarebbe anche una alternativa molto difficile da garantire, costituzionalmente vietata e soprattutto l’obiezione di coscienza di struttura è vietata dalla legge. Come molte delle prestazioni sanitarie, la situazione è a macchia di leopardo. Purtroppo, in questi anni, il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è stato smantellato con le varie leggi di aziendalizzazione, con la scelta di privilegiare il privato. Per legge l’aborto è garantito gratuitamente e quindi fuori dal mercato privato. Questo in parte è la ragione delle difficoltà che si trova davanti una donna che cerca di abortire poiché non è mai un servizio a pagamento. I consultori che dovrebbero essere la prima tappa per chi chiede una IVG spesso non sono in grado di dare risposte in tempi rapidi. Non hanno una e-mail o un numero di telefono a cui scrivere o chiamare e le donne, specialmente le più giovani, sono invece abituate a comunicare per le vie brevi. Inoltre, l’obiezione di coscienza non è ben regolamentata come avviene in altri Paesi. Non c’è alcun incentivo a occuparsi di IVG, c’è invece un disincentivo visto che è una prestazione medica, da cui con una lettera o più spesso con una comunicazione orale, il medico si può esonerare e semplificarsi la vita. Inoltre, i turni a cui è sottoposta una ginecologa/o all’interno di un ospedale sono spesso molto sovraccarichi di lavoro, vista anche la cronica carenza di personale attivo. La vera obiezione la compiono quindi i direttori sanitari e generali delle ASL/ASP/Ospedali che non hanno tra gli obiettivi di budget su cui sono remunerati nulla che riguardi la contraccezione e l’aborto. Se venisse loro decurtato lo stipendio della parte di incentivazione economica per non aver applicato la 194, la situazione sarebbe diversa : organizzerebbero un sistema per far funzionare i servizi, incentiverebbero l’uso di aborto farmacologico, attiverebbero un outsourcing (servizi esternalizzati ad associazioni/cooperative).L’aborto farmacologico potrebbe essere fatto a casa dalla donna in telemedicina, questo aumenterebbe il loro potere di scelta mentre toglierebbe potere ai medici e alle istituzioni. Contraccezione ed aborto non vengono insegnati ai medici nelle Facoltà di Medicina, né alle ostetriche, né alle/agli infermieri/i. Se poi nella maggior parte delle cliniche/scuole di specialità, non si praticano aborti, né chirurgici, né farmacologici (vedi università cattoliche e 35% degli Ospedali), come si può imparare a svolgere il percorso della IVG dalla richiesta/colloquio con la donna, alla scelta tra IVG medica e chirurgica, alla attuazione del procedimento, se non lo si vede nemmeno durante i cinque anni di specialità in ostetricia e ginecologia? Le linee guida 2020 vanno verso la de-ospedalizzazione, ma a livello regionale la situazione è molto eterogenea. Le modifiche istituzionali del SSN, la sua regionalizzazione e aver trasformato le Unità Sanitarie Locali in aziende ha portato ad enormi differenze tra Regioni e Ospedali /ASL e a dover regolamentare tutto ogni volta in ogni Regione in base a chi governa in quel periodo. Il Ministro Speranza in agosto 2020 ha emanato le Linee di indirizzo che comunque non prevedono alcuna sanzione per le Regioni che non le applicano. Il Medico di Medicina Generale (MMG) in Italia, in base alla 194/78, può fare certificazione/attestazione per chiedere IVG, anche per via telematica. L’obiezione di struttura è vietata per legge ma di fatto il 35% degli Ospedali la applica e nessuno si oppone. Andrebbero sanzionati i Direttori Generali e le Amministrazioni che non garantiscono contraccezione e aborto gratuito come stabilisce la Legge 54/75 e la 194/78.
Come in altri Paesi europei l’obiezione davvero dovuta a problemi di coscienza è una parte davvero ristretta, forse il 5-10% dei casi, come mostra il libro di Livia Turco i “Per non tornare al buio – Dialoghi sull’aborto”, pubblicato nel 2017. Se ci fosse riconoscimento economico, di carriera, scientifico per queste persone, l’obiezione di coscienza si ridurrebbe a numeri minimi. Se poi si permettesse alle ostetriche di svolgere almeno le IVG mediche, come fanno in Svezia, Irlanda, Regno Unito, e anche chirurgiche, come in Francia, certamente il problema si ridurrebbe ancora di più. Siamo un paese lento, con istituzioni che non si modificano facilmente. Aver reso il SSN un Sistema Sanitario Regionale (SSR) ovvero un sistema con modifiche regionali che si applicano anche a protocolli medici studiati e validati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è molto discutibile. Ci sono Governatori Regionali che decidono su come, dove e fino a quando si debba svolgere un processo medico come una IVG motivandolo per proteggere le donne. A marzo 2022 sono stati portati a processo davanti ai TAR da varie associazioni femminili i governatori di Piemonte, Umbria e Marche per non aver applicato le Linee di indirizzo e la 194.
Personalmente sono più che convinta che il benessere della donna vada garantito
1) con la Prevenzione, magari con la gratuità del Preservativo e percorso gratuito per l'accesso agli anticoncezionali, soprattutto per minorenni ed educazione sessuale nelle scuole superiori;
2) con l'Eliminazione dell'Obiezione di Coscienza e facilitazione dei percorsi farmacologici esistenti;
3) con la garanzia del diritto alla riproduzione per tutti/e in un contesto sanitario non misogino e non omo-transfobico;
4) con la garanzia di parti indolori;
5) con la trasformazione della ITG in ITG-Volontaria.
6) con politiche attive per sostenere la natalità e quindi sostegni economici e certezza del diritto al lavoro
I DIRITTI NON SI DISCUTONO.AL MASSIMO SI SPIEGANO
Mia madre IVONNE oggi avrebbe compiuto 101 anni a lei dedico questo impegno continuo
I DIRITTI NON SI DISCUTONO AL MASSIMO SI SPIEGANO
Ed è il nostro obiettivo da quando siamo presenti e insieme : spieghiamo, analizziamo, scriviamo, partecipiamo, consapevolmente e responsabilmente.
I diritti sono consacrati dalle leggil Gli strumenti per la difesa dei diritti sono tutti scritti nelle carte fondamentali che li regolano, la Carta dell’Unione Europea e la Costituzione Italiana. Accanto e al di sopra dei poteri, vi sono contro-poteri, che servono a tenere sotto controllo i primi. Quindi, tribunali indipendenti, corti costituzionali, autorità tecniche indipendenti, eccetera. Per operare in certe materie, chi ha il potere deve rispettare alcune procedure, ad esempio: le modificazioni della Costituzione possono essere adottate soltanto con una procedura espressamente indicata dalla Costituzione stessa; non basta una decisione della maggioranza assoluta dei componenti delle due camere, ma queste debbono ripeterla a distanza di qualche mese. Un quinto dei membri di una camera o 500mila elettori, o 5 consigli regionali possono chiedere che la modifica della Costituzione sia sottoposta a un referendum, consentendo quindi al popolo di esprimersi direttamente. Una modifica alla Costituzione dovrebbe essere compiuta con la massima attenzione, rispettando le garanzie previste nell’articolo 138. In 74 anni la nostra democrazia ha assicurato la libertà ha introdotto molte delle istituzioni verso la società del benessere a consentire uno sviluppo civile ed economico. i nostri ultimi link:
https://www.generedonna.it/smart-working-le-novita/
https://www.generedonna.it/smart-working-e-lavoratori-fragili/
Festival dello sviluppo sostenibile ROMA 11 Ottobre TUTTEPERITALIA
Festival dello sviluppo sostenibile
A casa mia! ROMA martedì 11 Ottobre ore 9
Associazione volontari televita Odv, Cnr- Istc Roma, Istituto superiore Pacinotti-Archimede Roma, Associazione nazionale TuttePerItalia
Il convegno avrà luogo nella Sala Luigi Di Liegro della Casa della carità Mamre della Parrocchia di San Frumenzio in Roma, attrezzata con dispositivi multimediali, canali WiFi e Youtube. Alle persone che si saranno iscritte entro il 4 ottobre verranno inviati documenti preparatori e questionari conoscitivi sulle problematiche del convegno di studi per la massima efficacia della partecipazione. É previsto un attestato di partecipazione e documentazione (atti, elaborati, strumenti formativi) per favorire l'efficacia delle azioni auspicabili per consolidare la presa di coscienza dei "doveri della comunità" proposti dalla Carta della Commissione ministeriale.
Martedì 11 Ottobre 2022 ore 9 Lazio - Roma - Via Cavriglia, 8
Descrizione
Con un'esperienza di 25 anni nell'assistenza agli anziani, di 15 anni di collaborazione con le scuole superiori e di cinque col Cnr Istc, l'Associazione volontari televita Odv intende cogliere la sfida del recente documento della Commissione ministeriale per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, istituita dal ministero della Salute, "Carta dei diritti degli anziani e doveri della comunità", per proporre buone pratiche di domiciliarità sostenibile per la terza e quarta età negli ambiti della salute, cultura, socializzazione, solidarietà e rapporti intergenerazionali.
Il confronto, che verrà proposto nel corso di un convegno di studi nella sede dell'Associazione, vedrà coinvolte varie realtà laiche, ecclesiali, delle istituzioni e del Terzo settore che hanno in comune l'attenzione alla sostenibilità assistenziale socio-sanitaria degli anziani.
La continuità di questo evento con le tre precedenti partecipazioni al Festival dello Sviluppo Sostenibile consentirà di tracciare direttrici per un ulteriore lavoro che vedrà sempre più coinvolti volontari, professionisti e anziani che, grazie alle tecnologie impiegate, stanno acquisendo consapevolezza sul loro essere "comunità attiva" e responsabile del bene comune.
Il convegno, a ingresso libero gratuito, proporrà studio e confronto su soluzioni di accudimento e socializzazione laboratoriale, anche a distanza, realizzate col Cnr e con gli studenti dell'Istituto Pacinotti di Roma.
Contatti Sito web evento
https://www.televita.org/FSS 2022 Consulta il programma
Informazioni aggiuntive sull'eventoIl convegno avrà luogo nella Sala Luigi Di Liegro della Casa della carità Mamre della Parrocchia di San Frumenzio in Roma, attrezzata con dispositivi multimediali, canali WiFi e Youtube. Alle persone che si saranno iscritte entro il 4 ottobre verranno inviati documenti preparatori e questionari conoscitivi sulle problematiche del convegno di studi per la massima efficacia della partecipazione. É previsto un attestato di partecipazione e documentazione (atti, elaborati, strumenti formativi) per favorire l'efficacia delle azioni auspicabili per consolidare la presa di coscienza dei "doveri della comunità" proposti dalla Carta della Commissione ministeriale.
RELAZIONE ALESSANDRA SERVIDORI e FIORELLA FIORE
PER LE DONNE IRANIANE LIBERTA'
ALESSANDRA SERVIDORI
BOLOGNA 5 OTTOBRE OGGI ALLE 18 ADERIAMO ALLA MANIFESTAZIONE IN PIAZZA NETTUNO PER LE DONNE IRANIANE : PER LA LORO E NOSTRA LIBERTA'
e ADERIAMO ALL'APPELLO DI SEGUITO DI GIUSEPPINA SAMOGGIA CERVELLATI di FIDAPA per organizzare insieme iniziative concrete
Appello per la libertà e la sicurezza delle donne iraniane Di fronte allo spaventoso massacro delle donne iraniane che lottano per affermare il proprio diritto ad esistere e a compiere libere scelte non possiamo che invocare un ritorno alla cultura della tolleranza: lo spirito di tolleranza che fu alla base della concezione dell’Umanesimo ma che non impedì successivamente la caccia alle streghe che ha funestato tutto il Cinquecento ed oltre. Ed è in effetti un nuovo Umanesimo che nel nome di una parità di genere ancora troppo lontana deve essere fondato, capace di sancire una nuova Carta dei diritti che si opponga a tutti gli integralismi ed unisca contro ogni discriminazione tutte le popolazioni che abitano il pianeta indipendentemente dal loro credo religioso. Giuseppina Samoggia Cervellati ( a questo proclama , dopo che le amiche di Fidapa lo avranno approvato si potranno poi aggiungere le concrete iniziative che intraprenderemo dopo la discussione nella prossima Assemblea)
Anziani e non solo e modello di assistenza: come si muove la UE
ALESSANDRA SERVIDORI 3 Ottobre 2022 Anziani e modello di assistenza : dalla Rete ESN -a cui partecipiamo come TutteperItalia -le notizie più interessanti di come si muove l’Europa ( se pur lentamente )
L'indicibile tragedia che abbiamo vissuto durante il Covid-19 nelle case di cura per anziani in tutta Europa ha sottolineato ancora di più quanto sia importante cambiare l'attuale modello di assistenza. In tale contesto, la Commissione ha lanciato oggi la tanto attesa comunicazione su una strategia europea per l'assistenza, accompagnata da proposte di raccomandazioni del Consiglio sulla revisione degli obiettivi di Barcellona in materia di educazione e cura della prima infanzia (ECEC) e assistenza a lungo termine (LTC) .https://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=89&furtherNews=yes&newsId=10382#navItem-1
La Commissione Ue sottolinea la necessità di migliorare l'accessibilità economica dei servizi di assistenza poiché un terzo delle famiglie con esigenze di LTC non utilizza i servizi di assistenza domiciliare perché non può permetterseli, ma la domanda è: possono scegliere i servizi di assistenza domiciliare in primo luogo? Nel migliore dei casi, la copertura è al 30% in quei paesi che possono fornire la maggior parte dei servizi di assistenza domiciliare (contando una media di 3 ore al giorno). In altri paesi, hanno optato per ridurre il numero di ore a una al giorno per aumentare il numero di giorni che possono fornire per l'assistenza nelle case delle persone, ma questa non è certo una soluzione adeguata per i bisogni a lungo termine delle persone.
Il finanziamento dei servizi di assistenza è una preoccupazione fondamentale in tutti i servizi sociali pubblici in Europa. Pertanto, la Commissione fa bene a sottolineare la tendenza di un'UE in contrazione e ingrigita, che si traduce in una base imponibile più bassa e in un aumento della domanda di assistenza a lungo termine. Tuttavia, la Commissione sembra concentrarsi solo sull'efficienza in termini di costi, senza riconoscere che la percentuale del PIL investita nell'assistenza e nei servizi sociali è diminuita nel corso degli anni. Ciò si riflette in milioni di persone che ora sono in attesa di una valutazione dell'assistenza sociale per adulti o di un pagamento diretto per iniziare le loro cure o che le loro cure siano riviste. La futura raccomandazione dovrebbe affrontare la necessità di aumentare le risorse e dove investirle: rendere l'assistenza ospedaliera e residenziale acuta al centro delle risorse, senza affrontare l'assistenza e il sostegno a casa, significa che le persone si deteriorano e ancora di più avranno bisogno di cure ospedaliere.
La strategia Care si concentra sul miglioramento dei salari sostenuto da un forte dialogo sociale. Mentre questo è un elemento importante, ce ne sono altri che sono fondamentali per garantire che la forza lavoro sia ben supportata, come il rapporto tra personale di miglioramento e popolazione, modi nuovi e alternativi di reclutamento, e in particolare l'accreditamento e la registrazione degli assistenti sociali.
Tale processo di registrazione, che le precedenti relazioni ESN hanno evidenziato essere ora in fase di attuazione in diversi paesi dell'UE, può essere collegato a opportunità di formazione e sviluppo della carriera e riconosce anche le competenze pratiche e l'esperienza acquisite in un contesto informale. Ciò a sua volta migliorerebbe la qualità dell'assistenza e quindi andrebbe a beneficio degli operatori sanitari, dei loro datori di lavoro e degli utenti dei servizi.
La Commissione può svolgere un ruolo molto più forte in questo settore sostenendo i paesi a lavorare per l'armonizzazione delle qualifiche nel settore dell'assistenza sociale e dell'assistenza sociale. Per iniziare, la direttiva 2005/36/CE potrebbe essere modificata per includere la professione di assistente sociale. Ciò renderebbe più facile per i datori di lavoro e le autorità pubbliche riconoscere le qualifiche detenute dai cittadini dell'UE e contribuirebbe ad affrontare il divario di assunzioni ma servono anche nuove figure professionali con formazione multidisciplinare per essere coerenti con il nostro obiettivo Italiano previsto nel pnrr della costituzione delle Case di comunità, centri territoriali dove i servizi socio/ sanitari sono integrati
Accogliamo con favore l'attenzione della Commissione sulla qualità dell'assistenza. La Commissione fa una serie di riferimenti alle norme di qualità, ma queste non sono delineate. Sulla base della nostra analisi dei quadri di qualità in tutta Europa, qualità significa migliorare la vita delle persone, pertanto qualsiasi standard di qualità proposto nelle future raccomandazioni dovrebbe essere guidato da questo principio. La Commissione potrebbe proporre risultati specifici incentrati sulla ripresa delle persone misurata, ad esempio, dalla percentuale di anziani che sono sostenuti nella propria casa a lungo termine. Nel concentrarsi sulla qualità, le proposte future dovrebbero evidenziare il ruolo delle autorità competenti per gli standard di assistenza (CSA) come essenziale nella garanzia della qualità e nel miglioramento continuo dell'assistenza.
Diversi gruppi bisognosi dovrebbero avere un diritto simile di accedere a cure e supporto di qualità. Un filo conduttore di tutti i principi di protezione sociale del pilastro europeo dei diritti sociali è la necessità di sostegno alle diverse popolazioni. La strategia di assistenza non riesce a proporre il diritto a un'assistenza di qualità per tutti coloro che potrebbero aver bisogno di cure e supporto in un determinato momento della loro vita. Una garanzia di assistenza per tutti riconosciuta nelle future raccomandazioni riunirebbe le iniziative europee su bambini, giovani, disabilità e assistenza a lungo termine.
DARE A CESARA QUEL CHE E' DI CESARA
MONDO https://www.startmag.it/mondo/che-cosa-fara-giorgia-meloni-presidente-del-consiglio/
Che cosa farà Giorgia Meloni presidente del Consiglio
Alessandra Servidori
E ci siamo arrivati e bisogna dare a Cesara ciè che è di Cesara. Giorgia Meloni diventerà il primo ministro signora italiano. La presidente del partito Fratelli d’Italia (FdI) prima donna in questa funzione e il secondo più giovane capo del governo italiano di sempre. Meloni dimostra meno dei suoi 45 anni ed è stata indubbiamente brava a portare il suo partito a questa meta. Piccola di statura, la fotografia che la ritrae sospesa nelle braccia di Guido Crosetto, un simpatico imprenditore piemontese che pesa il triplo di lei, insieme al quale ha fondato il partito nel 2012 è stata spesso usata anche al fine di ridicolizzarla . Meloni però è tutt’altro che una bambolina e nei comizi “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana!” è stato apprezzato come biglietto da visita efficace,ripetuto in ogni comizio e martellata a tempo di rap nella clip “Io sono Giorgia - Remix”, visualizzato 13 milioni di volte – ed è il titolo della sua autobiografia, con ritratto a tutta copertina, così come nel programma di Fratelli d’Italia ”. Cresciuta alla Garbatella, la sua grinta popolana e il suo forte accento romano la fanno percepire come una genuina novità, diversa da “i politici attaccati al potere”. Riesce così a fare dimenticare che per una decina d’anni ha sostenuto i governi della Repubblica, quelli di Silvio Berlusconi, che la fece ministro della gioventù a soli 31 anni e vice Presidente della Camera.. Nei dibattiti pubblici Meloni è pugnace, parla con decisione , preparata e credibile. Quindi, oggi ha una chance. Le sue parole come Nazione, patrioti, difesa della Patria e dei confini nazionali (dai migranti irregolari), tradizione giudaico-cristiana, orgoglio italiano. Poi c’è l’obiettivo di rendere l’Italia una repubblica presidenziale. Ci sono infine alcune delle promesse elettorali abolizione del reato di tortura (“impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro”), “castrazione chimica” (per i responsabili di certe violenze), lotta alle “lobby LGBT”, ottenimento più facile del porto d’armi, principio che “la difesa è sempre legittima”, “blocco navale davanti alla Libia” contro gli immigrati irregolari, sequestro e affondamento delle navi che li trasportano, repressione delle ONG che salvano i naufraghi e sequestro delle loro navi, abolizione del reddito di cittadinanza (una legge del Movimento 5 Stelle ), riduzione delle imposte ai più ricchi, “pace fiscale”, ossia condono di non poche evasioni fiscali.Affrontare la crisi energetica con un tetto al costo del gas e separare i costi della voce elettricità dalla voce del gas. La posizione sulla guerra in Ucraina è sfumata e la vicinanza al delirio Orban invece è evidente. Infine, sui manifesti della sua coalizione è scritto: “Flat tax al 15%”. In realtà l’aliquota del 15% dell’imposta sul reddito varrebbe solo per la parte di reddito superiore a quello degli ultimi anni. Alla senatrice Liliana Segre, vittima delle atrocità fasciste, che le chiede di togliere la fiamma, Meloni risponde: "Non c’è alcun motivo per togliere la fiamma dal simbolo di Fratelli d’Italia. Rappresenta la continuità con la storia di una destra repubblicana e democratica”.Nel confronto con Letta è stata loquace e quasi ironica a differenza delle candidate di sinistra che come purtroppo spesso succede, hanno la presunzione di essere il gotha della politica e si stampano un sorrisino di presunzione sistematico irriverente verso l’interlocutriceo interlocutore. Brutto vizio.Meloni personalizza che piaccia o meno la politica al femminile anche se al suo fianco ci sono ben poche sorelle ma molti fratelli Prima di Meloni, tutti i suoi presidenti sono stati maschi. La grande maggioranza dei dirigenti, degli aderenti, e degli elettori sono maschi. Eppure, i dirigenti del partito che stanno dietro Meloni, anziani destrorsi, sono riusciti a far dimenticare la mascolinità del partito ritirandosi completamente dalla ribalta, sulla quale hanno lasciato, da sola protagonista, una donna talentuosa, di bell’aspetto e pugnace. Nessuna campagna elettorale in Italia è mai stata così personalizzata come quella per Meloni. Il successo di Meloni si fonda moltissimo molto sulle immagini che sulle parole. I media sono sommersi dalle fotografie che la ritraggono. La manipolazione delle parole. “Centro-destra” è il nome usato dai media e da quasi tutti i politici per la coalizione tra Fratelli d’Italia (Meloni, era il 24% delle intenzioni di voto) ora superato, Lega (Salvini 10%), Forza Italia (Berlusconi, 7%). In comparazione europea, però, Fratelli d’Italia e Lega, sono più a destra delle estreme destre europee, per esempio del Rassemblement National in Francia. Per questo la loro denominazione non è adeguata sarebbe ma dovrebbe essere estrema destra ma Meloni si autodefinisce capo del “centro-destra”, però chiama con altezzosità “sinistra” il centro-sinistra. Il “centro-destra” avrebbe ad oggi venti punti di vantaggio sul “centro-sinistra”, dicono i risultati se pur ancora parziali. In realtà, come avviene da decenni, la destra e la sinistra si attestano entrambe sul 40%. L’artificio del 20% di differenza risulta dal considerare “centro-sinistra” solo la coalizione del Partito Democratico con alcuni piccoli partiti (25%). Così però vengono oscurati gli altri avversari della destra: il Movimento 5 Stelle (15%) e altri partiti antifascisti (8%). Di conseguenza, anche le presenze televisive sono state spesso squilibrate a favore di Fratelli d’Italia. La vittoria di Meloni non significherà ci auguriamo spazio per i gagliardetti e neanche quello che gran parte dei commentatori, invece, prevedono una perdita di “fiducia dei mercati” nell’Italia.Le organizzazioni datoriali collaboreranno sicuramente ne siamo certi perché si dia energia alla produttività e al lavoro. E anche l’Europa deve riconoscerla perché il voto di un popolo democratico si condivide nell’interesse di tutta la comunità europea. Una cosa però è certa. Giorgia Meloni ha mischiato le carte nella politica italiana. È stata una sorpresa ben organizzata e potrebbe sorprenderci ancora, questa volta di testa sua, alla guida dell’Italia. Una vipera del suo partito (Meloni non è la sola donna) ha detto che Meloni sbaglia spesso , e invece l’ascensore guidato da Meloni ha sfondato il famoso “tetto di cristallo” l'ha già portata al penultimo piano. Ora promette che farà lo stesso anche con l’ascensore Italia.Vedremo e comunque le priorità sono ben chiare per non affrontare il declino e chi sa fare faccia e non stia come ha detto chiaramente Mario Draghi.
CATANIA 27 Settembre PNRR la voro digitale la sintesi delle donne
CATANIA 27 Settembre 2022 TutteperItalia-CONFPROFESSIONI-CONSULENTI DEL LAVORO-ANCL-AVVERA
DAL PNNR AL LAVORO DIGITALE AL CAPITALE UMANO
LA SINTESI DELLE DONNE PER LE VIE DI D’ANNUNZIO
Introduzione Stefania Scoglio
Contributi
ELSA FORNERO ALESSANDRA SERVIDORI FULVIA TOSCANO AGATA FICHERA MARINELLA FIUME ADRIANA PATELLA GIOVANNI GRECO SONIA ALVISI BARBARA MAIANI MARIELLA CONSOLI ANNA DOLEI ROBERTO DE LORENZIS D’AGATA REMIGIA
LA DEMOCRAZIA HA UN FUTURO SOLTANTO SE TROVA UN NUOVO PUNTO DI EQUILBRIO TRA FORMA DI GOVERNO E IDEALE POLITICO,TRA L'ORDINE DELL'EGOISMO E QUELLO DELL'UGUAGLIANZA : NOI AFFRONTIAMO OGGI TEMI E PROPOSTE DOVE PARLIAMO DI TEMI CENTRALI DEL PENSIERO E DEL FARE anche POLITICO :LA LIBERTA' LE COMUNITA' DEL DESTINO LA PACE E OPPORTUNITA' e PROBLEMI DELLA SOCIETA' DIGITALE a servidori
A GAMBA TESA VERSO LE ELEZIONI 1
Alessandra Servidori Un programma sul lavoro che vale la pena condividere 15 settembre 2022
Il mercato del lavoro italiano è frenato da fortissimi formalismi, altissimo costo del lavoro, bassa produttività, bassa mobilità professionale e pochissimi spazi di ingresso per i giovani. Il lavoro flessibile – quello che offre garanzie, tutele e opportunità di ingresso nel mercato del lavoro – viene contrastato dal sistema, mentre i contratti precari e illeciti si diffondono senza ostacoli efficaci. I nostri giovani sono sempre più tagliati fuori dal mercato del lavoro. Abbiamo il tasso di NEET più alto di tutta Europa (23,1 %), e siamo penultimi per tasso di occupazione (fa peggio di noi solo la Grecia). il 40 per cento dei giovani tra 25 e 34 anni non è occupato – un numero altissimo considerato che si tratta di una fascia di età che ha già concluso gli studi. Un giovane su tre tra i 15 e 29 anni è a rischio di povertà. Abbiamo poi un enorme problema di skill mismatch e skill shortage, il 39% delle posizioni aperte per il mese di giugno 2022 sono di difficile reperi[1]mento per mancanza di candidati o inadeguatezza degli stessi. Proporre quindi di coprire i costi che le imprese sostengono per organizzare, in collaborazione con gli ITS e gli altri istituti di formazione, corsi specialistici per la creazione delle competenze realmente richieste, è saggio. Tali corsi dovrebbero essere aperti sia al personale interno da riconvertire, sia ai lavoratori non ancora assunti e che potranno effettuare colloqui al termine del periodo di formazione. Dobbiamo raddoppiare in numero di iscritti agli ITS investendo 1,5 miliardi di euro per aumentare il numero complessivo di istituti, ed è necessario sfruttare a pieno il contributo dei migranti economici: da un lato è necessario reintrodurre la figura dello sponsor per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro a distanza, difficile soprattutto quando si parla di lavori a bassa qualificazione, dall’altro lato è necessario regolarizzare tutti i migranti irregolari già residenti in Italia che hanno un lavoro. Per incentivare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro italiano ed evitare che scappino in altri paesi europei è di nuovo saggio azzerare l’IRPEF dei giovani fino a 25 anni e ridurla del 50% fino a 30 anni. È inoltre fondamentale, oltre ad introdurre un salario minimo e detassare i premi di produttività, regolare i tirocini curriculari per renderli esperienze realmente formative e vietare concretamente i tirocini gratuiti. Bisogna poi superare la logica di assistenzialismo, che invece di mettere il lavoratore al centro e accompagnarlo nel reinserimento del mercato del lavoro, lo spinge ai margini e lo mortifica. A fronte dei 20 miliardi di euro spesi nel primo anno e mezzo, il reddito di cittadinanza ha generato nuova occupazione a tempo indeterminato per meno del 4,5% dei percettori. Per questo proporre una riforma radicale, basata su tre principi è indispensabile. Primo, il sussidio deve essere tolto dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua e dopo due anni senza un’occupazione l’importo deve essere ridotto di almeno un terzo e il beneficiario deve essere preso in carico dai servizi sociali del Comune. Secondo, le agenzie private devono diventare i soggetti centrali nel trovare un’occupazione ai percettori visto il fallimento dei centri per l’impiego e devono effettuare colloqui mensili. Terzo, bisogna necessario utilizzare ITS e scuole di alta formazione per migliorare le prospettive lavorative dei percettori – oltre il 70% di loro non ha nessuna esperienza professionale pregressa e ha al massimo una licenza media inferiore, quindi si tratta di persone che vanno anzitutto formate, per dargli una vera possibilità di trovare lavoro. Infine, è necessario combattere la precarietà promuovendo la flessibilità regolare accorpando e cancellando la miriade di “mini contratti” utilizzati per le forme di lavoro brevi e ripristinando i voucher che regolavano in maniera corretta e trasparente rapporti che, oggi, sono tornati nel limbo dei contratti irregolari Per quanto riguarda i lavoratori indipendenti, in 800mila hanno chiuso la loro attività dal 2009. Solamente nel 2020 si sono persi 154mila posti di lavoro indipendente. È quindi fondamentale anzitutto semplificare l’accesso alle professioni, estendendo l’istituto delle lauree abilitanti e professionalizzanti, e incentivare la crescita dimensionale degli studi professionali, riducendo le barriere fiscali per chi vuole formare una Società tra Professionisti e intervenendo sulle problematiche di carattere normativo, contributivo e disciplinare. Bisogna potenziare la cassa integrazione per i professionisti e le politiche attive per gli autonomi all’Inps e rimodulare i criteri di accesso. Contestualmente andranno definiti, attraverso nuovi percorsi di politiche attive, gli strumenti necessari per l’aggiornamento professionale dei lavoratori autonomi, come ad esempio gli accordi con le associazioni di categoria. L’obiettivo ultimo deve essere quello di garantire misure di riqualificazione per mantenere o anche innalzare la competitività nel mercato del lavoro. Da un punto di vista fiscale, si pensa di istituire un sistema opzionale di mensilizzazione del versamento delle imposte dirette per i lavoratori autonomi, e di creare, per i contribuenti “forfettari” che abbiano in programma di superare la soglia di 65.000 euro di ricavi, uno scivolo biennale di tassazione agevolata che accompagni gradualmente l’ingresso alla tassazione ordinaria Irpef. Fondamentale poi incentivare l’imprenditorialità giovanile. Il numero di imprese fondate da under 35 in Italia è calato del 10% tra il 2017 ed il 2021. Aprire una nuova impresa comporta molte spese iniziali che scoraggiano l’imprenditorialità, soprattutto da parte dei giovani. Per mitigare un potenziale problema di liquidità, è utile posticipare e rateizzare tutti gli adempimenti fiscali dei primi 3 anni nei periodi successivi per tutti i giovani under 35 che decidono di aprire una nuova attività. Prevedere inoltre nuove forme di accompagnamento all’imprenditorialità, mediante servizi di incubazione, consulenza, mentoring e coaching per i giovani. Per finanziare questo progetto si possono utilizzare parte dei 200 milioni di euro di fondi del PNRR dedicati al rilancio dei centri per l’impiego (CPI) non ancora allocati, così da introdurre nei CPI un servizio di “assistenza all’autoimpiego e all’imprenditoria giovanili.
Servizi sociali e digitalizzazione una frontiera da realizzare
Alessandra Servidori
Studiare le prassi più interessanti per migliorare le politiche nella ue così si ottimizzano le risorse del PNRRhttps://www.startmag.it/innovazione/perche-il-digitale-puo-contribuire-al-miglioramento-dei-servizi-sociali/
Come associazione Nazionale TutteperItalia abbiamo partecipato ad Amburgo alla 30° Conferenza Europea dei servizi sociali (29 giugno) (ESN) e ovviamente l’esperienza sostiene l’impegno che si è chiamati a svolgere anche contemporaneamente in altri contesti. Profondi cambiamenti organizzativi nella struttura e nell'erogazione dei servizi sociali continuano a sfidare le autorità pubbliche responsabili dei servizi e dei fornitori sociali. Tuttavia, gli eventi recenti hanno dimostrato che questi cambiamenti sono necessari per migliorare la qualità dei servizi e garantire che siano preparati a crisi di qualsiasi tipo. Da un lato, la creazione di un piano d'azione coerente e affidabile per ogni cliente del servizio sociale richiede una stretta collaborazione tra professionisti di vari settori, tra cui il benessere, la salute, la giustizia e l'istruzione. Dall'altro, il successo delle attività pianificate dipende dalla fornitura continua di servizi e cure e dal monitoraggio continuo della loro efficacia. Queste esigenze richiedono la messa in atto di canali innovativi per il contatto con i clienti e strumenti digitali per la raccolta e l'elaborazione dei dati. Di fronte alla pandemia, abbiamo sperimentato una spinta di innovazione nell'assistenza sociale: abbiamo organizzato colloqui con i clienti, abbiamo creato nuove reti professionali, abbiamo collaborato in tutti i settori. Manteniamo queste buone abitudini perché l'urgenza di abbattere i silos tra i servizi è fondamentale per i confronti in metodo comparatistico della rete dei servizi sociali perché dovremmo porre fine alla frammentazione dei servizi sociali dei vari partners ue , poiché è molto difficile prendere le risorse da un tipo di servizio e spostarlo dove è più necessario.Abbiamo la necessità di progettare un unico piano/modello di supporto globale invece di più servizi frammentati che richiede un pensiero audace e flessibilità da parte di tutti coloro che sono coinvolti nel processo. Tuttavia, non tutti sanno che sono disponibili strumenti speciali che possono aiutare i servizi sociali a passare attraverso questa (r)evoluzione più facilmente. Un modello interessante è quello supportato dalla Banca Mondiale, "Supporting Strategic Change and Decision-Making".che supporta le autorità pubbliche nello sviluppo di un sistema informativo intersettoriale di gestione dei casi. Nessun sistema sostituirà la necessità di stabilire un coordinamento locale e protocolli tra le diverse agenzie per seguire casi complessi. Un esempio di uno di questi coordinamenti di successo è stato presentato "Vivere come voglio: le soluzioni di Amburgo per l'integrazione del sostegno alle persone con disabilità". I rappresentanti del governo locale e della società civile hanno discusso di come le varie agenzie di Amburgo stiano lavorando insieme per aiutare chi ne ha bisogno a rispondere alla domanda "Che tipo di vita voglio vivere?" La risposta, di proprietà dei clienti dei servizi, dovrebbe guidare tutti coloro che sono coinvolti in attività di supporto, in modo che i servizi forniti siano adattati alle esigenze del beneficiario, piuttosto che essere il risultato di una progettazione del sistema.Sicuramente un importante facilitatore della cooperazione è rappresentato da un migliore scambio di dati digitali: Ogni cittadino dovrebbe avere un portafoglio sociale e, proprio come medici diversi possono vedere la storia medica di un paziente, i servizi sociali dovrebbero avere a disposizione dati simili, quando si prendono cura dei clienti/pazienti. La digitalizzazione dei servizi sociali da parte di organizzazioni pubbliche e private è stato uno dei temi centrali per l'innovazione negli ultimi tempi e durante il Covid-19. Tutti gli attori coinvolti nello sviluppo e nell'erogazione dei servizi sociali stanno trovando sempre più soluzioni digitali per raggiungere un numero maggiore di persone con esigenze diverse, per garantire una migliore gestione delle risorse dei servizi sociali e migliorare l'esperienza delle persone sui servizi forniti. Una delle principali sfide della progettazione di soluzioni digitali per i professionisti dei servizi sociali è garantire che facilitino la raccolta e la gestione di dati e informazioni E’ stata presentato una soluzione IT che, grazie alla co-progettazione e alla pratica coerente, gli assistenti sociali vogliono davvero utilizzare ed è diventata di proprietà dei professionisti e degli operatori con conseguente miglioramento della collaborazione e risparmio di tempo. Le soluzioni digitali sono anche fondamentali per raggiungere un numero crescente di persone bisognose in modo più efficiente. Sono state presentate tre app mobili che consentono ai giovani con esigenze di emancipazione e inclusione di ricevere un sostegno più individualizzato e diretto, conservando in modo sicuro la documentazione relativa alle procedure legali che devono subire. La riprogettazione dei servizi sociali si è rivelata essenziale per affrontare le sfide attuali e future che, sebbene già presenti prima del 2020, sono state indubbiamente esacerbate dalle recenti crisi. Queste sfide richiedono un approccio integrato e un migliore coordinamento tra i servizi per rispondere meglio alle esigenze delle persone. La digitalizzazione è un alleato importante in questo percorso, ma deve essere accompagnata da una valorizzazione delle competenze della forza lavoro sociale; apertura alla cooperazione con specialisti di altri settori e un tipo di leadership che incoraggia il (ri)apprendimento e l'adattamento.
Smart working verso un modello unico pubblico/privato
https://www.ilsussidiario.net/news/smart-working-il-lavoro-agile-ancora-in-cerca-di-un-modello/2364232/
Verso un modello di smart working pubblico /privato
Lo smart working è all’attenzione dei ministeri del lavoro poiché la fine del periodo di emergenza covid (?) ha dato origine a parecchie complessità in materia di adozione di questa modalità lavorativa che ancora non è classificata come tipologia contrattuale .Il 21 aprile scorso si è insediato l’Osservatorio nazionale bilaterale in materia di lavoro agile, presieduto dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando e composto da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, designati dalle parti firmatarie dello specifico Protocollo sottoscritto il 7 dicembre 2021. Il documento ha individuato le linee di indirizzo sul lavoro agile per la futura contrattazione collettiva, nazionale e aziendale e/o territoriale e ha gettato le basi di un metodo di confronto fra istituzioni pubbliche e parti sociali. L’Osservatorio ha l’obiettivo di monitorare:l’evoluzione del lavoro agile con riferimento ai suoi risultati;lo sviluppo della contrattazione collettiva sul tema;l’andamento delle linee di indirizzo contenute nel Protocollo di dicembre scorso, nonché i possibili sviluppi con riferimento sia a eventuali novità normative, sia alla crescente evoluzione tecnologica e digitale. Sappiamo bene che sul versante fisco e smart working rimangono ancora dei problemi da binomio incompiuto. Dal punto di vista contrattuale e giuslavoristico le organizzazioni aziendali stanno trovando lentamente un loro equilibrio; più complicata è la gestione fiscale del lavoro agile che si scontra oggi con una normativa fiscale vecchia di più di venti anni, incardinata ancora, anche dal punto di vista interpretativo, su principi, ormai in parte superati, che prevedono: la non tassazione dei rimborsi spese di viaggio e trasporto, ovvero di vitto e alloggio solo se relativi a trasferte fuori dal Comune, sede di lavoro, previsto contrattualmente; la non tassazione dei rimborsi ai dipendenti solo delle spese che gli stessi hanno sostenuto direttamente e che riguardano oneri di competenza del datore di lavoro ovvero di spese effettuate nell'esclusivo interesse del datore di. lavoro. Le criticità dal rimborso dell'indennità chilometrica ai ticket restaurant ecc.La riforma fiscale dunque dovrà occuparsi anche di questo. Nel frattempo pur considerando che il Quadro normativo nel settore privato e pubblico è alquanto composito (- art 14 legge 2015 n.124 deleghe al governo riorganizzazione amministrazioni pubbliche ,poi 2017 -2020 (Covid) protocollo nazionale 7 dicembre 2021 art 15 che traccia le linee di indirizzo per la Ccnl nazionale e aziendale ecc fino ad arrivare alla Circolare riapertura Orlando/ Brunetta ottobre 2021/agosto 2022 nel decreto semplificazioni), alcune organizzazioni virtuose alla luce di vari osservatori esistenti sul tema (Bocconi –Cnel- Confindustria – ecc) nonché accordi raggiunti, si trovano impegnate alla costruzione di un possibile Modello di accordo sindacale sul lavoro agile. E’ interessante infatti identificare un possibile modello nel settore pubblico che privato “ a regime “alla luce di numerosi accordi che si stanno implementando dopo il superamento dell’emergenza pandemica ,anche tenendo conto di una comparazione tra legislazione pubblica e privata che ne valorizzi gli orientamenti amministrativi , nonché vari protocolli siglati (Gruppo Poste Italiane 1 marzo 2022) e Rinnovo CCNL Chimici del 13 giugno 2022 che addirittura ne delinea saggiamente le linee guida.
PNRR :Mezzogiorno diamoci una mossa
Alessandra Servidori PNRR e Mezzogiorno : facciamo il punto e …. diamoci una mossa
https://www.startmag.it/economia/pnrr-e-mezzogiorno-facciamo-il-punto-e-diamoci-una-mossa/
Il Pnrr ha un vincolo temporale di utilizzo di 5 anni. Non è un alibi, è un dato di fatto, che deve tenere conto anche delle storiche difficoltà del Sud di assorbimento dei fondi pubblici.Per legge, al sud deve essere destinato almeno il 40% di tutte le risorse allocabili territorialmente, nell'ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza e del fondo complementare. Il dipartimento per le politiche di coesione verifica periodicamente il rispetto della “quota mezzogiorno” da parte degli enti titolari delle misure. Alle regioni del Mezzogiorno, secondo le stime , andranno circa 82 miliardi di euro dei fondi “territorializzabili”, ovvero quelli per progetti con ricadute su territori specifici. Ricordiamo che il totale del Pnrr è di poco superiore a 221 mld €, con oltre 191 mld € provenienti dal dispositivo europeo e circa 30 mld € dal Fondo complementare al Pnrr. Alle risorse del Pnrr, si possono aggiungere quelle dei “Fondi strutturali e di investimento europei” (alle regioni meridionali spettano complessivamente 54,23 mld €) e quelli del Just transition fund (Jtf) circa 1,2 mld €, che saranno utilizzati per la riconversione dello stabilimento ex Ilva di Taranto e per la riqualificazione della regione del Sulcis in Sardegna, Fra le risorse europee complessive, vi sono anche circa 5,6 mld € destinati a “innovazione, ricerca e competitività per la transizione verde e digitale” E dalla prima relazione, pubblicata lo scorso 9 marzo, emergono principalmente 2 criticità a causa di difficoltà amministrative e progettuali. Le soluzioni trovate finora per compensare queste difficoltà le ha seguite la “commissione per il Sud”, un organismo contemplato dal Pnrr italiano costituita dalla ministra Mara Carfagna con decreto il 30 giugno 2021 ma nonostante ciò anche a seguito della prima Relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno allocabili territorialmente del (PNRR) e del Fondo complementare (FoC) presentato al Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPCoe) della Presidenza del Consiglio dei ministri, bisogna darsi una mossa. Deve trattarsi di necessari aggiustamenti da apportare alle procedure di attuazione già avviate, con particolare riferimento a due ambiti: gli interventi che vedono come soggetti attuatori gli enti decentrati beneficiari di risorse distribuite su base competitiva dalle Amministrazioni centrali; gli interventi di incentivazione a favore delle imprese. Aggiustamenti urgenti, non solo necessari. Infatti, degli 86 miliardi potenzialmente allocabili al Mezzogiorno, ben 62 finanziano misure per le quali è stato espletato almeno un atto formale che già sta orientando l’allocazione territoriale delle risorse nelle fasi successive dell’attuazione” Secondo lo studio Svimez “le uniche risorse ‘certe’ sono i 24,8 miliardi che finanziano progetti già identificati e con localizzazione territoriale e costi definiti. Meno di un terzo degli 86 miliardi della ‘quota Sud’. Queste risorse sono per oltre la metà (14,6 miliardi) di titolarità del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, e in buona parte finanziano ‘progetti in essere’, ovvero interventi per i quali già esistevano coperture nel bilancio dello Stato poi sostituite da quelle del PNRR. I rimanenti 61,2 miliardi di euro rappresentano risorse ‘potenziali’, la cui destinazione effettiva alle regioni del Mezzogiorno dovrà realizzarsi in fase di attuazione superando diverse criticità che appunto la Relazione tecnica porta all’attenzione del decisore politico”. Inoltre, “in ben 15 su 28 procedure attive, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi, non è stata disposta nessuna modalità di salvaguardia della quota Mezzogiorno sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili. Un’eventualità tutt’altro che remota alla luce del primo anno di attuazione del PNRR. In altri casi, come nel bando Asili Nido, in presenza di insufficiente capacità progettuale per circa il 50% delle risorse, è stata prevista una proroga dei termini, che però difficilmente sarà sufficiente a colmare il gap. In assenza di interventi sui meccanismi allocativi e sui soggetti attuatori, soprattutto nell’ambito dei diritti di cittadinanza, la mancata allocazione delle risorse nelle aree a maggiore fabbisogno richiederebbe l’attivazione dei poteri sostitutivi previsti dalla governance del PNRR.
Minori : i più fragili
Alessandra Servidori www.ilsussidiario.net
Sono oltre 1 milione e quattrocentomila i minori in povertà assoluta in Italia,una realtà che condiziona il presente e il futuro di moltissimi bambini ,bambine , adolescenti drammaticamente in crescita e che rimbalza alla nostra attenzione dai dati Istat di giugno delle famiglie che persistono in un disagio economico aggravato dalla pandemia dove i nuovi bisogni dei nuclei con figli minori e quelle più numerosi subiscono le conseguenze più gravi dell’emergenza socio –economica. La povertà minorile ha conseguenze su molteplici aspetti della vita di bambini e adolescenti. Ne risentono salute, scolarizzazione ,educazione e opportunità presenti e future. È per questo che dobbiamo intervenire, per proteggerli e aiutarli tenendo conto di un altro enorme problema che riguarda la crescita del numero dei neonati abbandonati in ospedale, soprattutto al Nord che nel 2020 sono stati complessivamente 186 in Italia. Quanto ai minori tolti alle famiglie e dichiarati adottabili nel 2019 risultano ben 1.046. Dietro un abbandono, c’è la paura di non farcela. Il momento difficile del lockdown e dell’emergenza epidemiologica sommato a un arrivo non programmato ha aumentato il senso di incertezza e di precarietà. Ci sono casi in cui la coppia senza stabilità lavorativa, che ha già dei figli, non se la sente di gestire un’altra creatura. Altri in cui il partner se n’è andato e la donna rimasta sola rifiuta il bambino. Quando nasce con malformazioni o malattie invalidanti è la situazione patologica, che comporta un accudimento impegnativo, a determinare la scelta dei genitori naturali di affidarlo a un’altra famiglia. Abbiamo bisogno di un piano nazionale concreto di contrasto alla povertà minorile che comprenda misure di sostegno materiale alle famiglie e sostegno educativo per prevenire l’abbandono scolastico e l’aumento della povertà educativa. Chiediamo un intervento che coinvolga: enti locali, scuole, associazionismo e volontariato, nonché tutti gli attori, pubblici e privati in grado di dare un contributo a politiche a sostegno della genitorialità e non solo della natalità. In Francia non agevolano solo le nascite, ma sostengono la scelta di fare dei figli nel lungo periodo con facilitazioni fiscali straordinarie e servizi, la politica familiare francese si concentra molto sulla conciliazione, sulla fertilità e sulla lotta alla povertà familiare, con un sostegno globale in denaro e con servizi di educazione e cura per le famiglie con bambini piccoli. Politiche sociali come la scuola gratuita o le soluzioni abitative favorevoli alle famiglie non sono direttamente rivolte per esempio alla fertilità , ma hanno un forte impatto perché rendono la conciliazione più facile. In Italia sono in povertà assoluta 1,9 milioni di famiglie e con un consistente aumento dei prezzi quest'anno, superiore al 6%, questi numeri possono dilatarsi e di molto,perché i maggiori consumi non compensano l’inflazione e poiché la povertà assoluta si misura sulla capacità della famiglia di sostenere le spese essenziali e incomprimibili per vivere, dal cibo all'affitto, dalle cure al riscaldamento, e quest'anno con un'inflazione oltre il 6% potremmo avere un milione di poveri assoluti in più. E tutto ciò con un incremento più contenuto della spesa per consumi delle famiglie meno abbienti (+1,7% per il 20% delle famiglie con la capacità di spesa più bassa, ossia la quasi totalità delle famiglie in povertà assoluta) che non è stato sufficiente a compensare la ripresa dell'inflazione nel 2021. L'intensità della povertà assoluta - che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere sia in media al di sotto della linea di povertà (cioè "quanto poveri sono i poveri") – è costante .L'incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno e tra le famiglie povere il 42,2% risiede al Sud (38,6% nel 2020) e il 42,6% al Nord (47% nel 2020). Con riferimento alla classe di età, l'incidenza della povertà assoluta si attesta al 14,2% fra i minori. E non sono gli interventi di corto respiro come quelli decisi dal Governo di aumentare ( ma solo per il corrente anno) l’assegno universale alla famiglia con disabili. Flessibilità lavorativa, aiuto finanziario, servizi alle famiglie strutturali per tutto l’arco di vita. E, non da ultimo, uno sguardo benevolo verso i bambini , sono questi i punti di forza di una società che fa figli e li prende in cura.
Rassegna 3 articoli Lavoro,Minori,povertà
Alessandra Servidori https://www.ildiariodellavoro.it/occupiamoci-e-preoccupiamoci-anche-dei-minori-soli-che-arrivano-nel-nostro-paese/
Occupiamoci e preoccupiamoci anche dei minori soli (Msna) che arrivano nel nostro paese
Istat ha pubblicato i dati sulla povertà in Italia ed è evidente che i minori sono i più colpiti ma ci chiediamo come provvedere ai minori arrivati in Italia che ad oggi non sono identificabili in un numero preciso . Sappiamo da Unhcr 6,98 milioni di fuoriuscite dall’Ucraina dal 24 febbraio al 1° giugno. Il 2022, in seguito alla guerra, ha visto un aumento del numero di profughi e rifugiati. I dati dell’Unhcr – l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di questi temi – riportano come, a poco più di un mese dall’inizio del conflitto, le fuoriuscite dal paese fossero già 4 milioni, un dato successivamente cresciuto fino a circa 7 milioni ai primi di giugno. Cifre che purtroppo rafforzano una tendenza già emersa nei mesi scorsi. Nel 2020 il numero di sfollati era già cresciuto notevolmente, portando ad un aumento del 6,2% di rifugiati, sfollati e persone a rischio tra 2019 e 2020. Ci risultano 14.025 cioè il 27,9% dei minori stranieri non accompagnati attualmente presenti in Italia che sono di nazionalità ucraina, numero di bambini e ragazzi ucraini cresciuto soprattutto a marzo, quando sono diventati la terza nazionalità più presente tra i Msna, e poi ad aprile. Nel corso di quel mese sono diventati di gran lunga la prima cittadinanza tra i minori stranieri non accompagnati. Sono infatti quasi 4.000 i bambini e ragazzi ucraini non accompagnati presenti nel nostro paese. Seguiti dai minori provenienti dall’Egitto (2.325 persone al 30 aprile), dal Bangladesh (1.731), dall’Albania (1.280) e dalla Tunisia (1.205). Il 37,6% si trova in Lombardia e Sicilia La maggiore regione di accoglienza attualmente è la Lombardia, con 2.749 minori non accompagnati sul proprio territorio (pari al 19,6% del totale). Al secondo posto la Sicilia, con circa 2.500 bambini e ragazzi presenti (18%). Seguono, con poco meno di un decimo dei Msna accolti in Italia, Emilia Romagna (8,8%) e Calabria (8,4%). In occasione della Giornata Mondiale contro il lavoro minorile, che si celebra il 12 giugno, pochi sono stati i riflettori sui milioni di bambini e adolescenti a cui viene sottratta l’infanzia, costretti a lasciare la scuola e a privarsi dell’opportunità di costruirsi un futuro. pubblicata nel 2021, stima che ben 2,4 milioni di occupati in età 16-64 anni hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni, ovvero complessivamente il 10,7% degli occupati nel 2020. Un fenomeno leggermente più diffuso nelle regioni del Nord Italia e con più di 230mila (4,7%) occupati con meno di 35 anni che dichiarano di aver svolto una qualsiasi forma di lavoro retribuita già prima dei 16 anni. Nel 2019, l’Ispettorato del Lavoro ha accertato solo 243 casi di occupazione irregolare e illecita di minori di età inferiore ai 16 anni, un dato sceso a 127 l’anno successivo date le alterazioni dello scenario causate dalla pandemia Covid-19. Numeri senza dubbio sottostimati, a causa della mancanza, nel nostro Paese, di una rilevazione sistematica in grado di definire i contorni del fenomeno in modo puntuale e continuativo. Secondo una indagine svolta sul lavoro minorile svolta nel nostro Paese e risalente al 2013, condotta da Save the Children e Associazione Bruno Trentin (ora Fondazione Di Vittorio), i minori tra i 7 e i 15 anni coinvolti nel fenomeno erano 340.000, quasi il 7% della popolazione in età. Tra questi, circa 28mila 14-15enni erano coinvolti in lavori pericolosi per la loro salute, sicurezza o integrità morale, lavorando di notte o in modo continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, non avere neanche un piccolo spazio per il divertimento o mancare del riposo necessario – una condizione che si ripercuote negativamente sulle loro prospettive formative, professionali e sociali. Il lavoro minorile è spesso causa o effetto del fenomeno della dispersione scolastica, un nodo critico del nostro Paese, dove la quota dei giovani 18-24enni che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica, i cosiddetti Early Leavers from Education and Training nel 2020 è pari al 13,1%: più di mezzo milione di giovani che rischiano l’esclusione o un debole inserimento in un mercato del lavoro precario e non qualificante. Anche il numero di ragazzi e ragazze NEET, ovvero coloro tra i 15 e 29 anni fuori da percorsi di istruzione, formazione e lavoro, si attesta al di sopra dei 2 milioni, il 23,3%, tra le percentuali più alte in Europa.Dunque attenzione particolare va posta sui minori che recentemente sono arrivati da noi poiché l’obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite richiama alla necessità di intraprendere azioni ed adottare ,misure per eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2025. Nel 2021, anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile, l’ILO ha lanciato insieme ai suoi partner, un’iniziativa mondiale tra Stati membri, parti sociali, imprese, la società civile e le organizzazioni regionali e internazionali per porre fine al lavoro minorile, al lavoro forzato, alla schiavitù moderna e alla tratta degli esseri umani.