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Le nuove competenze professioni necessarie all'Italia

Le nuove competenze professioni necessarie all’Italia

Di Alessandra Servidori | 01/04/2021 - 

Una ricerca di Manpower group iniziata nel 2019 ad oggi ci dimostra plasticamente quali sono le centinaia di migliaia i posti di lavoro persi in Italia dall’inizio della pandemia e quali sono le competenze e le figure richieste dal mercato del lavoro. Un dato di per sé allarmante, che inciderà su uno scenario occupazionale già in precedenza segnato da difficoltà e squilibri ardui da governare senza l’utilizzo di strumenti adeguati di lettura e interpretazione.

Se concordi sono le valutazioni sul ruolo di acceleratore dei processi già in atto che l’emergenza sanitaria ha avuto, a partire dallo slancio registrato nell’utilizzo degli strumenti digitali, particolarmente difficile appare individuare un percorso di uscita dall’emergenza occupazionale che sia fondato su strumenti di analisi affidabili e dettagliati. Ancor più difficile se i tornanti sono stretti e gli scenari di breve termine eccezionalmente incerti e imprevedibili. Diviene quindi più che mai  necessario,  oltre la contingenza cercare  anche facendo tesoro di ciò che abbiamo imparato durante la pandemia, cosa ci attende nel medio-lungo periodo e dove ci porteranno i trend di sviluppo del mercato del lavoro che è già possibile individuare.

Lo studio innovativo è a supporto dei processi decisionali di istituzioni, policy-maker, imprese, agenzie di formazione e singoli utenti, al fine di poter prevedere e accompagnare al meglio i processi trasformativi del mercato del lavoro. Fondato su una metodologia di skills forecast ideata dall’Università di Oxford insieme a Pearson e Nesta nel 2017, grazie all’utilizzo di tecniche di intelligenza artificiale, mira a costruire un modello predittivo della domanda di professioni e competenze in Italia nei prossimi dieci anni per poter, in base agli sviluppi attesi, mettere in campo ogni azione utile a cogliere al meglio le opportunità che si presenteranno.

Lo scenario previsto per il 2030 descrive una tendenza occupazionale positiva, in qualche caso anche significativamente positiva, per un’ampia gamma di professioni: non solo quelle legate alla tecnologia, ma anche a istruzione e formazione, alla comunicazione, ai servizi di cura e al supporto alla persona. Per altre, invece, si prevede un trend discendente anche considerevole. Trasformazioni così rilevanti, che interesseranno nel breve volgere di un decennio un numero estremamente ampio di lavoratori, devono essere governate con consapevolezza degli obiettivi e degli interventi da realizzare.

Più che mai necessario diviene prevedere investimenti nei sistemi di istruzione e formazione tenendo conto delle reali necessità delle professioni del futuro, al fine soprattutto di scongiurare quello che emerge come il rischio più grande legato alle trasformazioni in atto e accelerate dal Covid-19, ossia lo spostamento del focus del problema occupazionale dal mismatch tra domanda e offerta di competenze alla difficoltà strutturale di inserimento/reinserimento nel mercato del lavoro (disemployability). Affinché il processo di sviluppo e generazione delle competenze sia davvero efficace bisogna evitare di procedere al buio o di farsi guidare da fallaci percezioni.

Conoscere quali saranno le competenze richieste dalle professioni di domani è essenziale per non farsi trovare impreparati e riuscire ad adattarsi per tempo alle nuove realtà. Il modello previsionale sviluppato appare sotto questo punto di vista particolarmente utile poiché fornisce anche indicazioni sulle classi di competenze più frequentemente associate con le professioni in crescita, siano esse tecniche o, più spesso, tipicamente umane. Infatti, se da un lato appare chiaro che le professioni considerate in ascesa richiedono competenze specifiche da aggiornare costantemente, emerge altrettanto chiaramente il ruolo trasversale che hanno le competenze di natura sociale e relazionale. Capacità di ideazione, originalità, adattabilità, comprensione degli altri e capacità di valutare le situazioni e operare in autonomia sono le caratteristiche su cui tutti i lavoratori dovrebbero in[1]vestire e su cui dovrebbero essere incentrati gli interventi volti a migliorare, in particolare, l’occupabilità dei giovani.

La consapevolezza di questa necessaria trasformazione nel bagaglio delle competenze richieste dal mercato del lavoro del futuro pone una grande sfida ai decisori pubblici e ai soggetti attivi nell’erogazione di formazione e istruzione, imponendo un ripensamento dei percorsi offerti, della didattica, degli strumenti di valutazione e certificazione. Se la trasformazione del mondo del lavoro dei prossimi anni sarà epocale, altrettanto radicale dovrà essere il cambiamento di rotta impresso al sistema dell’orientamento e della formazione. Solo per accennare ad una questione di merito contenuta nella ricerca di seguito le professioni richieste dal mercato del lavoro e non rintracciate dalle imprese: Professioni specialistiche (38%) Professioni tecniche (37%) Operai specializzati (38%) Laureati (35%).

Secondo un’analisi del Fondo Monetario Internazionale le fasce più a rischio di disoccupazione o di inattività sono: ° i giovani lavoratori e coloro che non hanno un’istruzione universitaria. Questo suggerisce che la crisi amplificherà  le disuguaglianze. °La forza lavoro femminile, concentrata nei settori più duramente colpiti, come la ristorazione e l’ospitalità. Inoltre, le limitazioni ai servizi di accompagnamento per i bambini e per gli anziani hanno comportato un ribaltamento degli obblighi di cura sulle famiglie, causando un ulteriore carico di lavoro domestico che ricade soprattutto sulle donne; ° i lavoratori a tempo parziale, i dipendenti delle piccole e medie imprese e i lavoratori informali9 ; •°i profili professionali considerati di “primo ingresso” soprattutto nelle professioni tecniche, professioni esecutive nel lavoro d’ufficio, professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi, in quanto normalmente associate a un basso grado di autonomia lavorativa e alla scarsa “remotizzabilità” delle mansioni.

Dotarsi di strumenti efficaci e flessibili come il modello predittivo proposto, è utilissimo e ancora di più il sito a esso collegato e l’Osservatorio permanente che EY, Pearson e ManpowerGroup intendono costruire a valle di questa prima edizione dello studio aiuterà a trovare la giusta rotta nel mare mosso dell’incertezza.

(Sito internet http://www.job2030.it)

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