Start Mag LOTTA ALLA POVERTA'
Alessandra Servidori https://www.startmag.it/economia/come-fare-davvero-la-lotta-alla-poverta/?ct=t(RSS_EMAIL_CAMPAIGN)
Per la lotta alla povertà non solo le risorse del PNRR ma per quanto riguarda i finanziamenti a disposizione se si mantengono certi strumenti come il reddito di cittadinanza è evidente che si sottraggono ad altri sussidi.
Le iniziative del Governo comportano una attenzione particolare ai provvedimenti che i vari Ministeri adottano contemporaneamente alla programmazione del PNRR. E questa settimana il Ministro del lavoro e politiche sociali Andrea Orlando ha firmato (7 ottobre) il decreto di riparto del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, che contiene al suo interno il Piano Sociale Nazionale 2021-2023 e il Piano Nazionale degli Interventi e i Servizi Sociali di contrasto alla povertà 2021-2023. Il decreto è stato trasmesso per la firma al Ministro dell'Economia e delle Finanze. In attesa della ratifica ,in specifico, sono stati adottati il capitolo 1 (La strutturalizzazione del sistema dei servizi sociali) e il capitolo 2 (Piano Sociale Nazionale 2021-2023) , approvato dalla Rete della protezione e dell'inclusione sociale lo scorso 28 luglio 2021. Le risorse complessivamente destinate al Fondo sono pari a € 390.925.678,00 per ognuna delle annualità 2021-2022-2023. Il documento prevede che le Regioni dovranno programmare per il triennio 2021-2023, gli impieghi delle risorse complessivamente loro destinate, entro 60 giorni dall'emanazione del decreto stesso. Inoltre, a valere sulla quota del Fondo nazionale per le politiche sociali destinata alle Regioni sono finanziate, per non meno di 3.937.500,00 euro, azioni volte all'implementazione delle Linee di indirizzo sull'intervento con bambini e famiglie in situazione di vulnerabilità (P.I.P.P.I.).Fra gli interventi di maggior rilevo della legge di bilancio 2021, si segnala il potenziamento del sistema dei servizi sociali comunali e contestualmente degli interventi e dei servizi sociali di contrasto alla povertà nella prospettiva del raggiungimento di un livello essenziale delle prestazioni e dei servizi sociali definito da un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari a 1 a 5.000 in ogni ambito territoriale, e dell'ulteriore obiettivo di servizio di un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente pari a 1 a 4.000. Tali interventi sono assicurati attraverso un contributo strutturale, pari a 180 milioni di euro annui, a valere sulla "Quota servizi" del Fondo Povertà. Si ricorda inoltre, che il decreto legge n.4 del 2019, istitutivo del Reddito e della Pensione di cittadinanza, ha assorbito il Reddito di Inclusione (ReI), la misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, che, a decorrere dal mese di aprile 2019 non è più riconosciuta, né rinnovata. Il REI era finanziato nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale (Fondo povertà), istituito dalla legge di stabilità 2016. Gran parte delle risorse del Fondo povertà sono confluite nell'ambito del nuovo Fondo per il reddito di cittadinanza, riducendo, conseguentemente, a decorrere dal 2019, le risorse del Fondo povertà, nel quale residua ora la quota destinata al rafforzamento e alla programmazione degli interventi e dei servizi sociali (Quota servizi). Per quanto riguarda le misure di mitigazione adottate nel corso dell'emergenza sanitaria da COVID-19, per sostenere le fasce di popolazione più svantaggiate, è stato istituito il Reddito di emergenza - Rem, un sostegno straordinario, della durata di due mesi, rivolto ai nuclei familiari in condizione di grave necessità economica. Il Rem è stato in seguito esteso anche per i mesi di novembre e dicembre 2020. Nel giugno 2021, l'Istat ha diffuso i dati sulla povertà relativi al 2020: sono in condizione di povertà assoluta poco più di due milioni di famiglie (7,7% del totale da 6,4% del 2019) e oltre 5,6 milioni di individui (9,4% da 7,7%). Dopo il miglioramento del 2019, nell'anno della pandemia la povertà assoluta aumenta raggiungendo il livello più elevato dal 2005 (inizio delle serie storiche). Il valore dell'intensità della povertà assoluta - che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere è in media al di sotto della linea di povertà (cioè "quanto poveri sono i poveri") - registra una riduzione (dal 20,3% al 18,7%) in tutte le ripartizioni geografiche. Tale dinamica è frutto anche delle misure messe in campo a sostegno dei cittadini (reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, estensione della Cassa integrazione guadagni, ecc.) che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica - sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020, sia quelle che erano già povere - di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà. Per quanto riguarda la povertà relativa, le famiglie sotto la soglia sono poco più di 2,6 milioni (10,1%, da 11,4% del 2019). La fotografia di una Italia in grande sofferenza è tratteggiata anche dal Rapporto di Caritas Italiana che restituisce una fotografia dei gravi effetti economici e sociali dell'attuale crisi sanitaria legata alla pandemia da Covid-19. Analizzando il periodo maggio-settembre del 2019 e confrontandolo con lo stesso periodo del 2020 emerge che da un anno all'altro l'incidenza dei "nuovi poveri" passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani che risultano in maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa; cala di contro la grave marginalità. Per quanto riguarda la procedura relativa alle assunzioni a livello dei comuni, in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale, si prevede che, per il potenziamento dei servizi sociali, a valere sulle risorse del Fondo povertà (per una quota massima di 180 milioni), e nel limite delle stesse, nonché dei vincoli assunzionali vigenti, dunque i comuni possono effettuare assunzioni di assistenti sociali, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, fermo restando il rispetto degli obiettivi del pareggio di bilancio. Inoltre, fino al 31 dicembre 2023, le amministrazioni, possono indire procedure concorsuali riservate (anche su base regionale, in misura non superiore al 50 per cento dei posti disponibili), al personale non dirigenziale con qualifica di assistente sociale che possieda determinati requisiti. Infine, dal 2021, è incrementata di 2 milioni di euro annui la dotazione del Fondo povertà, mentre, corrispondentemente, è ridotto il Fondo nazionale per le politiche sociali di 2 milioni di euro a decorrere dal 2021. Si evidenzia inoltre che la legge di bilancio 2021, ai commi 791-794, ha stanziato ulteriori risorse per il rafforzamento dei servizi sociali territoriali, attraverso un'integrazione del fondo di solidarietà comunale di 215 milioni nel 2021, in crescita fino a 651 dal 2030. L'intervento prevede che gli obiettivi di servizio cui vincolare tali risorse siano definiti con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla base dell'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione per i fabbisogni standard.
pensione prima a chi fa figli e bilateralità per congedi parentali
Alessandra Servidori https://www.ilsussidiario.net/news/in-pensione-prima-chi-fa-figli-la-proposta-da-potenziare-coi-fondi-bilaterali/2233370/
Dalla parte di Carlo Cottarelli.
Ebbene sì reputo giusta la proposta di Carlo Cottarelli che ha il pregio di rilanciare 2 progetti di legge addirittura datati 2008 AC 1299, e uno del 2010 AC 3035 a firma Cazzola Treu che già in piena crisi finanziaria ed economica di allora, partendo dal fatto che era in atto un declino demografico, precipitato e certificato oggi da Istat, per cui i nati in Italia nel 2021 scenderanno sotto i 400,000, e dunque sono necessarie iniziative urgenti. Vero è che con pochi figli ci saranno meno lavoratori a produrre ciò che è necessario per gli anziani, obbligando questi a ritardare il pensionamento. Servirebbe,tra gli altri provvedimenti ,un meccanismo premiante: e cioè chi fa figli vada in pensione prima perché l’economia non è una opinione ma un fatto certo,certificato anche dalla Ragioneria generale dello Stato. Peraltro le sopra citate leggi delega n. 1299 art 1 a proposito di pensionamento proponevano rispettivamente:alla lettera…”e) riconoscimento di agevolazioni alle lavoratrici madri, anche stabilendo che i periodi di astensione dal lavoro per maternità e puerperio valgono il doppio fino a un massimo di anni due”.E 2010 AC 3035 alla lettera d ) Il riconoscimento di agevolazioni pensionistiche alle lavoratrici madri. In particolare: per le lavoratrici che possono accedere, in costanza di rapporto, agli strumenti obbligatori o volontari di astensione dal lavoro per maternità e per puerperio, la valutazione doppia, ai fini della maturazione del requisito di anzianità contributiva, dei periodi di astensione effettivamente goduti, fino a un massimo di due anni; per la generalità delle lavoratrici madri, il riconoscimento, per ciascun periodo di sospensione lavorativa entro due anni dall’evento del parto, di una contribuzione figurativa di base per la durata massima di sei mesi per ciascun evento.E’ oltremodo utile ricordare la recente posizione del segretario generale della Cisl che ha sostenuto “sarebbe necessario almeno un ulteriore intervento dedicato alle donne con figli: il riconoscimento di 12 mesi per figlio per anticipare l’età della pensione oppure a scelta della lavoratrice incrementare il coefficiente di calcolo della pensione. Anche la valorizzazione dei lavori di cura a fini pensionistici è un tema che vogliamo affrontare”.E naturalmente per quanto riguarda il lavoro di cura è chiaro che tale agevolazione potrà essere anche destinata ai maschi che svolgono il ruolo di cura in generale o come caregiver. La maternità ha un valore sociale indiscutibile assimilato ai periodi di leva militare ( oggi volontariato sociale) che vanno valorizzati doppiamente essendo oggi un braccio operativo straordinario dell’economia sociale indispensabile nel sistema di welfare sussidiario. All’insegna poi della ridistribuzione delle risorse per le lavoratrici e i lavoratori che hanno bisogno di maggiori congedi anche parentali, è necessario ridisegnare il sistema della bilateralità che si appoggia a ben 2 accordi sindacali confederali del 2006 e 2008 che hanno il pregio di rilanciare la cultura della bilateralità,della bilateralità e mutualità nella crisi del welfare State; di nuovi ambiti di intervento degli enti bilaterali nelle leggi di riforma del mercato del lavoro e le questioni tutt’ora aperte sull’utilizzo delle risorse di questo serbatoio sussidiario aziendale che hanno la necessità di essere dirottate verso le famiglie dei lavoratori e lavoratrici quando i bisogni oggi sono di ulteriore flessibilità lavorativa e dunque tempo di vita e di lavoro in equilibrio .Nel Patto di sviluppo richiesto dal Presidente Draghi alle parti sociali è presente anche questo tema perchè bisogna avere coraggio per innovare anche nella contrattazione di prossimità ed essere lucidamente consapevoli che la spesa sociale deve essere riposizionata condividendo alcune priorità in favore della comunità lavorativa e dunque farcene carico con strumenti già concordati, ma spesso poco utilizzati, che rappresentano nella fattispecie del bilateralismo applicato(termine comprensivo delle regole, specie di matrice contrattuale, da cui traggono origine e che disciplinano l’attività degli enti bilaterali nonché degli altri soggetti a conduzione congiunta)“la nuova frontiera” dell’azione sindacale sul piano dei servizi e della cooperazione con le imprese, di particolare efficacia in un mercato del lavoro frantumato e flessibile.
GENERE Donna Smart Working a tutto tondo
https://www.generedonna.it/smart-working-a-tutto-tondo/
Smart Working a tutto tondo
Smart Working: alzi la mano chi non ha pronunciato questa parola almeno una volta nell’ultimo anno e mezzo. Amato da alcuni, odiato da altri, per i lavoratori fragili rappresenta, in molti casi, una tutela. Abbiamo approfondito l’argomento insieme alla Prof.ssa Alessandra Servidori e sono emersi molti aspetti interessanti.
In questo articolo affrontiamo quelli inerenti alle normative più recenti. Successivamente, vedremo anche alcuni dati di scenario per capire meglio a che punto siamo in Italia.
Smart working e Covid-19
Recentemente lo Smart Working, ovvero il lavoro agile, è stato al centro di ulteriore discussione per i contenuti della legge del 16 settembre 2021, n. 126 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”.
Nel provvedimento, che conferma lo stato di emergenza sino al 31 dicembre 2021 (art. 1), sono introdotte nuove misure volte a contrastare la diffusione della pandemia. Tra le altre previsioni, si ricorda che, a decorrere dal 16 ottobre 2020 e fino al 31 ottobre 2021, i lavoratori fragili svolgono di norma la prestazione lavorativa in smart working, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto (art. 9).
Chi è il lavoratore fragile?
È bene chiarire che per lavoratore/lavoratrice fragile si intende chi ha patologie preesistenti e cause dalle quali potrebbe avere conseguenze anche molto gravose in caso di infezione da COVID-19. Si tratta di una condizione temporanea, e correlata all’emergenza pandemica da COVID-19.
Il lavoratore è dunque “fragile” se rientra nelle categorie dell’art. 26 del Decreto “Cura Italia” (rischio in relazione a COVID-19 derivante da immunodepressione, esiti oncologici o disabilità in condizioni di gravità ex L. 104 art. 3 comma 3). Oppure, è “fragile” in quanto non rientra nelle categorie di cui sopra, ma soffre di patologie che possono incidere sulla prognosi in caso di infezione, per cui vanno previste soluzioni maggiormente cautelative come da Circ. Min. Salute del 4/9/2020.
La fragilità del lavoratore dipende dall’età, dalle patologie pregresse, che incrementano la sua vulnerabilità. L’età avanzata (>55 anni) e la presenza di più di una patologia rappresentano in conclusione “aggravanti”, mentre sono meno rilevanti le situazioni ben compensate e sotto efficace controllo farmacologico.
La certificazione di “lavoratore fragile”
In base all’articolo 26 comma 1 bis del dl 104/2020 i “lavoratori fragili” sono dipendenti pubblici e privati che siano in possesso di una certificazione rilasciata dalle autorità sanitarie o dal medico di base. Poiché il lavoratore aveva come riferimento anche il Medico di Medicina Generale (MMG), al quale poteva fare ricorso per la certificazione di uno stato di malattia, per tali patologie, ove il MMG non fosse stato informato dal lavoratore o non avesse ritenuto di certificare stato di malattia o altri provvedimenti al lavoratore, il medico competente adito dallo stesso lavoratore, o la struttura pubblica, avrebbero potuto redigere certificazioni di idoneità/prescrizioni/inidoneità sulla base delle lavorazioni e del contesto clinico esistente ed evidenziato, tenendo presente per primo lo smartworking come attività di elezione. La condizione di rischio da certificare può derivare da immunodepressione, patologie oncologiche, svolgimento di terapie salvavita, disabilità con connotazione di gravità con riferimento alla Legge 104. L’età non è una condizione necessaria per stabilire se un lavoratore possa rientrare nella categoria dei lavoratori fragili.
Le donne in gravidanza
Oggi, vi è un generale consenso a considerare anche la gravidanza tra le condizioni di ipersuscettibilità. Recentemente il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) americano ha infatti osservato che “sulla base di ciò che conosciamo in questo momento, le donne in gravidanza sono a maggior rischio di gravi malattie da COVID-19 e morte, rispetto alle donne non in gravidanza”. Inoltre, le donne incinte che contraggano COVID-19 potrebbero essere a maggior rischio di altri esiti avversi, come la nascita pretermine.
Per i fragili, smart working in pandemia
Riassumendo, dunque:
- I lavoratori e le lavoratrici fragili dovranno lavorare in smartworking fino al termine dell’emergenza sanitaria, circostanza confermata con la conversione in legge del dl 105/21
- Essi potranno ricevere l’assegnazione di compiti differenti, che rientrino nelle loro mansioni e siano fattibili sulla base del rispettivo contratto di lavoro
- Potranno svolgere dei corsi di formazione professionale a distanza
Sulla materia rimane da chiarire (l’invito è dunque al legislatore) che le norme indichino in modo chiaro se per i lavoratori “fragili” che non possono essere riammessi al lavoro, e che quindi saranno messi in malattia, sia sufficiente il giudizio di non idoneità rilasciato dal Medico Competente o dalle strutture pubbliche (ex art. 5 L. 300/70) ovvero sia necessario il certificato del Medico di Medicina Generale. E le indicazioni normative sulle soluzioni possibili e le tutele applicabili in tutti i casi di non idoneità dovranno riguardare i lavoratori di tutti i settori lavorativi.
Quanto incidono i rapporti economici tra ITALIA ed EGITTO www.il diariodellavoro.it
Egitto/ Italia e Giulio Regeni/ Patric Zaki https://www.ildiariodellavoro.it/quanto-incidono-i-rapporti-economici-italia-egitto-sui-rapporti-politici-e-i-diritti-umani/
Alessandra Servidori
L’Egitto è un paese in cui, e lo vediamo ricorrentemente la dignità delle persone è per usare un eufemismo spesso calpestata. E dopo anni di ostruzionismo da parte del Governo Egiziano sulla morte di Giulio Regeni e la detenzione dello studente bolognese Patric Zaki in prigione è legittimo domandarsi e informarsi : quali sono i rapporti economici tra i due paesi? In queste settimane un altro modello di elicottero di produzione Leonardo (ex Finmeccanica) è impiegato dalle forze armate egiziane per lo svolgimento dell’imponente esercitazione aeronavale multinazionale Bright Star 2021 nel nord-ovest del Paese. Si tratta del biturbina multiruolo AW139E: quattro le unità acquistate in Italia ed entrate in servizio operativo e proseguite dal 2019 fino ad oggi. Alcune immagini diffuse dal Comando Centrale delle forze armate USA (Centcom) mostrano l’impiego degli AW139 egiziani in attività di ricerca e salvataggio di militari . La trattativa tra le forze armate egiziane e l’italiana Leonardo per l’acquisizione degli elicotteri da guerra è stata tenuta rigorosamente top secret; l’esito favorevole della commessa lo abbiamo saputo il 7 maggio 2020, quando il governo italiano ha reso note le autorizzazioni alle esportazioni di armi nel corso del 2019. Nello specifico si rilevava l’autorizzazione ministeriale alla fornitura all’Egitto di 32 elicotteri AgustaWestland (Leonardo), 24 di tipo AW149 e 8 AW189 (una versione con le stesse qualità tecniche del modello AW149, utilizzato prevalentemente dalle industrie petrolifere per il trasporto di personale e attrezzature agli impianti off shore). Per questi velivoli è stato fissato un tetto di spesa di 871,7 milioni di euro. «I documenti resi pubblici dal governo italiano non contengono alcuna informazione sui tempi di produzione o di consegna degli elicotteri e su quale forza armata egiziana li utilizzerà» scriveva la rivista d’intelligence internazionale “Janes” il 21 maggio 2020. In un tweet pubblicato il 23 luglio scorso dalla Marina militare egiziana è immortalato uno di questi velivoli mentre decolla dalla nave d’assalto anfibia ENS Gamal Abdel Nasser, nel corso di un’esercitazione militare svolta a largo della mega-base navale Gargoub, a 255 km ad ovest di Alessandria d’Egitto, quasi al confine con la Libia, inaugurata a inizio luglio dal presidente-generale Abdel Fattah al-Sisi. Grazie al dislocamento dei nuovi elicotteri di Leonardo a bordo della ENS Gamal Abdel Nasser, l’Egitto diventa il primo paese del continente africano e del Medio oriente a disporre di una portaelicotteri che consentirà una proiezione militare e di pronto intervento nel Mediterraneo, nel Golfo di Aden e nel Mar Arabico. Nelle intenzioni del Comando generale della Marina egiziana, l’unità da guerra con i suoi AW149 sarà assegnata proprio alla base di Gargoub (10 milioni di metri quadri d’estensione), dotata di un molo lungo 1.000 metri, hangar per elicotteri, depositi munizioni e numerose infrastrutture addestrative. L’installazione è stata denominata 3 Aprile, il giorno del 2013 in cui il generale Al Sisi rovesciò con un colpo di stato l’allora presidente Mohamed Morsi a capo del partito dei Fratelli Musulmani.Intanto si è aperta al Cairo la gara tra le maggiori industrie aerospaziali internazionali per la fornitura di un nuovo caccia-addestratore per le scuole piloti dell’Aeronautica egiziana. In pole position per quella che si prefigura una commessa miliardaria, la tedesca Grob con i turboelica G120TP; la statunitense Sierra Nevada Corporation con i caccia A-29 Super Tucano e l’immancabile Leonardo S.p.A. con gli Alenia Aermacchi M346 “Master”, già in dotazione a le forze aeree di Italia e Israele e prossimi ad essere consegnati pure alla Nigeria.A cinque anni dalla morte di Giulio Regeni, e a un anno dall’arresto di Patrick Zaki, l’Egitto è sotto accusa per gravi e incessanti violazioni ai diritti umani. Sul versante italiano, le indagini giudiziarie sulla morte di Giulio Regeni, concluse dopo anni di difficile confronto tra le procure di Roma e del Cairo, hanno incriminato direttamente i vertici degli apparati di sicurezza egiziani. Eppure, l’Egitto si auto-assolve, rifiutando ogni responsabilità. L’Europa delle istituzioni esprime unanime censura nei confronti dell’Egitto, eppure gli stati europei continuano a fare affari con il regime del Cairo e a riceverlo con tutti gli onori. Se i crimini egiziani appaiono sempre più gravi, allora, la tragica vicenda di Giulio Regeni e quella ancora aperta di Patrick Zaki ci interrogano su quali siano le responsabilità italiane e quelle europee non solo nelle sorti dei due ricercatori, ma nel sostegno ad un regime sempre più impune, e sempre meno difendibile.
A BOLOGNA TutteperItalia il 27 e il 29 settembre per vincere le sfide
A BOLOGNA TUTTEPERITALIA Il 27 settembre e il 29 Settembre
DISABILITA' E DIRITTI 27 settembre 19,30
Casa dell'Angelo, via san mamolo 24 Bologna ORE 19,30
Cosa prevede il Piano Colao per le persone disabili e per le infrastrutture
Cresce la spesa per le persone disabili ma semper sotto la media Ue
Legge di bilancio 2021 cosa prevede per i disabili in ambito sanitario
La Legge Quadro sulla disabilità
Gli interventi del Pnrr riguardano molti ambiti in coesione sociale
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EUROPA E LAVORO 29 SETTEMBRE ORE 18,30
VIA BATTINDARNO 123 centro civico SALA FALCONE BORSELLINO
IL FUTURO DEL MONDO DEL LAVORO E' AL CENTRO DEL NOSTRO PROGETTO
La pandemia ha peggiorato l’accesso al mondo del lavoro e molti sono stati costretti a nuove forme di lavoro per nulla sicure
Per combattere questo clima di incertezza bisogna rafforzare, insieme alle associazioni datoriali, i sindacati, le agenzie e i centri per l’impiego il Progetto INSIEME PER IL LAVORO istituito dal Comune, potenziando anche il rapporto tra Università e imprese per l’inserimento lavorativo.
Bisogna far incrociare domanda e offerta di lavoro in modo coerente, risolvendo anche il disallineamento delle competenze professionali e coinvolgendo la scuola, la formazione professionale, il mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali e le politiche attive, usando se necessario sia le risorse esistenti sia prevedendo un piano di investimenti a fondo perduto per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese (PMI) del territorio, cosi da favorire e incoraggiare il mercato elettronico.
Aiutiamo i giovani e le donne ad entrare e rimanere sul mercato del lavoro imparando a governare i finanziamenti europei dell’agenda EUROPA 2030
E stamane a Radio inblu in diretta Lavoro agile
ALESSANDRA SERVIDORI
www.radioinblu.it/streaming/?vid=O_wvfsfOtp
La bozza di ARAN Quando si potrà essere operativi e quando staccare ? SMART WORKING
Ogni ufficio pubblico dovrà stabilire un 15% di attività che si possono svolgere da remoto. Il lavoro sarà diviso in tre fasce: operatività, contattabilità e inoperabilità...............
previsto per il prossimo 31 dicembre, ogni ufficio pubblico dovrà dotarsi del Piano organizzativo per il lavoro agile (il cosiddetto pola), che identifica un massimo del 15% di attività da svolgere a casa, nonostante la percentuale di dipendenti in smart working sia ancora oggi attorno al 50%. Il Pola però è solo un piano interno di organizzazione e non riguarda le modalità contrattuali con cui regolamentarlo. Per questo l’Aran ha preparato la prima bozza di contratto per i lavoratori delle cosiddette funzioni centrali, cioè i ministeri, le agenzie fiscali e gli enti pubblici non economici.
, i contratti saranno stretti in forma individuale tra le amministrazioni e i lavoratori e verranno concordate la durata, le giornate in cui poter lavorare da casa e il luogo in cui lavorare, che non potrà essere fuori dai confini nazionali. Inoltre, il tempo di lavoro per lo smart working nelle pubbliche amministrazioni sarà diviso in 3 fasce: operatività, contattabilità e inoperabilità. Questa specifica serve a separare il tempo di lavoro da quello libero ed evitare che il lavoratore o la lavoratrice si trovino nella situazione di essere sempre operativi. Nell’ultima fase infatti, al dipendente o alla dipendente verrà assicurata la disconnessione completa.
Tuttavia, non tutti i lavoratori e le lavoratrici potranno usufruire del lavoro a distanza. Secondo quanto si sa da anticipazioni di alcuni giornali , il lavoro agile sarà attivato solo “per processi e attività di lavoro previamente individuati dalle amministrazioni, per i quali sussistano i necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità”. Alcune categorie di lavoratori saranno facilitate ad accedere allo smart working, come i genitori con figli e figlie minori di 3 anni o con disabilità e i lavoratori disabili. Mentre saranno esclusi dal lavoro a distanza i lavoratori impiegati a turno e quelli che richiedono l’uso di strumentazioni non utilizzabili da remoto.
Anche nel settore privato potrà essere utile approvare una normativa relativa al lavoro agile. Sul tema si è espresso il ministro del Lavoro Andrea Orlando che, ha sottolineato la necessità di un “accordo quadro nazionale sul lavoro da remoto. Per questo convocherò le parti sociali per riaprire il discorso, perché la contrattazione individuale non può rispondere a fenomeni che si sono sviluppati in questi mesi. Va tenuto conto del tema del diritto alla disconnessione, perché sta sfumando la differenza tra tempo di riposo e di lavoro”. Il ministro ha poi aggiunto che è pronto ad avviare un processo legislativo per regolare questi rapporti lavorativi se non si raggiungerà un accordo tra le parti sociali.
Politiche attive urge accordo tra regioni e ministero del lavoro
Alessandra Servidori https://www.startmag.it/economia/politiche-attive-urge-accordo-tra-regioni-e-ministero-del-lavoro/?
D’accordo il green pass ora sembra ancora il problema maggiore sia nelle scuole dove comunque il personale ausiliare tecnico amministrativo una volta ricevuta l’app dove si registrano i dati sia del personale sia degli alunni ( ora esistono già da alcuni anni gli istituti comprensivi che facilitano l’organizzazione delle strutture), possono almeno, se non a tappeto ma a campione controllare la correttezza della documentazione sanitaria. E la questione sui luoghi di lavoro il problema si può affrontare con un collegamento stretto con il medico competente che ha sicuramente assunto un ruolo determinante per gestire la situazione dei dipendenti anche dal punto di vista dei presidi per la prevenzionee e la sicurezza che è anch’essa una “emergenza” che ci trasciniamo da anni ma che vede ancora troppe distonie sia dal punto sanitario che della governance delle strutture ispettive preposte. Poche e separate tra loro istituzionalmente insieme solo sulla carta da una riforma mai attuata.Ma il problema grande oggi sono l’anellamento delle politiche attive che trovano ancora un assetto confuso sia a livello nazionale che regionale e che hanno un impatto devastante sul livello territoriale. Bisogna cominciare dalla testa del problema che è un intervento preliminare e cioè agire sul piano istituzionale con un accordo di programma da sottoscrivere subito tra Regioni e Ministero del lavoro perché per Anpal agenzia per l’impiego a livello Nazionale e gli assessorati regionali al lavoro collaborino veramente poichè non è accettabile ripetere gli antichi dispetti di mancata sussidiarietà sia per gestire alcuni strumenti fondamentali come l’apprendistato duale ancora in netta sofferenza, sia il rapporto con le agenzie per l’impiego che sono attivissime sul territorio e posseggono i dati e le professionalità per garantire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e soprattutto un utilizzo intelligente dei dipendenti dei centri per l’impiego e i cd navigator ancora adesso o inutilizzati ma contrattualizzati, o assorbiti dalle regioni ma per fare altro e non lavorare a fianco degli 8 mila operatori dei preesistenti uffici di collocamento mai decollati. Dopo la gestione fallimentare del rdc conclamato dall ‘’ultimo report di Anpal ( anch’essa reduce dai disastri di bilancio di Parisi tornato finalmente negli USA da dove è venuto a far danno),che ha evidenziato il flop del reddito di cittadinanza sul fronte delle politiche attive, rafforzando la necessità di un deciso cambio di passo che il governo deve imprimere, con il piano su cui sta lavorando il ministro Orlando. In questa situazione i 2.481 navigator ancora presenti nei centri per l’impiego (rispetto ai 2.798 originari) si avvicina il termine del 31 dicembre, quando scadrà il contratto di collaborazione con Anpal servizi. Una parte ha deciso di candidarsi per gli 11.600 posti a tempo indeterminato che le regioni stanno bandendo per potenziare gli organici dei centri per l’impiego (che hanno 8mila dipendenti). Ma di fronte ai ritardi piuttosto generalizzati delle regioni nelle assunzioni , i navigator premono per ottenere dal governo una nuova proroga, e sarebbe la seconda , ma Anpal non ha mai consegnato rapporti ufficiali sul loro lavoro e poi la verità è che manca l’interoperabilità dei sistemi informatici dei vari attori coinvolti dal Rdc, i data base delle regioni non dialogano tra loro, ci sono disallineamenti temporali anche nel dialogo con Inps, quando accoglie una domanda dopo due mesi se ne ha il via libera dai centri per l’impiego. Solo la guardia di finanza lavorando a testa bassa ha scoperto coloro che percepiscono indebitamente il rdc .Dunque le criticità sono tante ma bisogna aver coraggio e tagliare i rami secchi di un sistema in sofferenza e rimettere in moto con le risorse che abbiamo a disposizione le politiche attive risanando le esperienze fallimentari e inefficienti senza sprechi e per agganciare soprattutto la ripresa.
Lavoratrici e lavoratori fragili e COVID è importante sapere che
Alessandra Servidori
Speciale : lavoratrici e lavoratori fragili
Con le norme sanitarie che si susseguono ripetutamente a causa della pandemia è bene chiarire, possibilmente e alle condizioni date, a chi sono rivolti particolari adempimenti :
I lavoratori fragili sono le lavoratrici e i lavoratori ritenuti particolarmente a rischio, durante l’attuale situazione dovuta all’emergenza sanitaria da Covid-19, per specifiche patologie. In particolare,le e i lavoratori a rischio considerati lavoratrici e lavoratori i fragili durante l’emergenza Covid 19 sono:
- Le e i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita;
- Le i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della Legge n. 104/1992.
I ministeri hanno individuato con specifiche considerazioni l’identificazione delle “Situazioni di fragilità” rilevate dal Protocollo condiviso del 24 aprile 2020, da parte del medico competente (che ha assunto una nuova centralità durante l’emergenza covid-19): fra i criteri c’era l’età e la presenza di co-morbilità con alcune tipologie di malattie cronico degenerative (ad es. patologie cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche) tali da caratterizzare una condizione di maggiore rischio (ai sensi del Documento del Comitato tecnico Scientifico n.630/2020)-Dati ancora più consolidati, diffusi dall’istituto Superiore di Sanità e dalle cartelle sanitarie dei pazienti deceduti, hanno messo in evidenza però che “il concetto di fragilità va individuato in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico”.In tal senso l’età non costituisce elemento sufficiente per definire uno stato di fragilità (altrimenti non si renderebbe a necessaria la valutazione medica per accertare la condizione di fragilità) e si esclude quindi l’automatismo fra le caratteristiche anagrafiche e di salute del lavoratore e la eventuale condizione di fragilità e con la Circolare congiunta n.13 del 04/09/2020 Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero della salute sulla sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro, in relazione al contenimento del rischio di contagio da SARS-CoV-2 con particolare riguardo alle lavoratrici e ai lavoratori fragili,hanno chiarito in parte la materia.
L’articolo 9 del decreto legge 105/2021 ( «Proroga delle misure emergenziali in materia di disabilità»), allunga fino al 31 ottobre 2021 le speciali tutele previste dalla precedente legislazione emergenziale in favore dei lavoratori fragili, esclusa però la tutela di malattia Covid con il riconoscimento della assimilazione dell’assenza dal lavoro al ricovero ospedaliero. La norma specifica, conferma e aggiorna le misure già previste dall’articolo 26, commi 2 e 2-bis, del Dl Cura Italia (18/2020, convertito dalla legge 27/2020, e successivi provvedimenti di riferimento) in favore delle evidenziate categorie di dipendenti pubblici e privati, prevedendone l’applicazione dal 1° luglio 2021. È stato così coperto il “vuoto di normativa” che si era creato come conseguenza di leggi che si sono susseguite con reiterazioni continue o proroghe di precedenti provvedimenti, consentendo l’applicazione delle tutele anche per il periodo antecedente all’entrata in vigore del Dl 105/2021, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 175 del 23 luglio 2021. La precedente proroga era infatti scaduta il 30 giugno 2021, lasciando così scoperto il periodo compreso dal 1° al 23 luglio, ora dunque espressamente salvaguardato dall’articolo 9, comma 3, del Dl 105/2021, che consente l’applicazione delle tutele nella versione aggiornata dallo stesso decreto. Ai lavoratori fragili è consentito svolgere la prestazione in modalità di lavoro agile fino al 31 ottobre 2021, anche con l’adibizione a una diversa mansione, compresa nella stessa categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale, anche da remoto. Per i soggetti che non possono lavorare da remoto, il periodo di assenza dal lavoro – laddove consentito – non è coperto da alcuna prestazione previdenziale e/o assistenziale di sostegno. Non è stata invece prorogata la possibilità di assenza per malattia, equiparata al ricovero ospedaliero, con il relativo trattamento economico, e con il beneficio dell’esclusione dal calcolo del comporto. I lavoratori cosiddetti “fragili”, cioè quelli che per determinate condizioni di salute, devono ridurre le probabilità di contagio dal virus Covid-19, hanno una particolare tutela, introdotta a suo tempo dai primi interventi legislativi emergenziali e, dunque, confermata nelle norme di particolare attenzione che si sono susseguite dal marzo 2020 a oggi, ovvero dal decreto Cura Italia al Dl 105/2021, in vigore dal 23 luglio scorso. I lavoratori e le lavoratrici fragili sono una categoria di lavoratori (che potrebbe definirsi anche aperta, considerata la terminologia della legge e il riferimento alle condizioni di immunodepressione) da considerare particolarmente a rischio in caso di contagio dal virus Sars-Covid 19, i quali, necessitano di particolari forme di tutela, nella logica di un allineamento con i lavoratori comuni e allo scopo di eliminare una gap di protezione.
Ad oggi 17 Settembre2021 la linea seguita dal premier Draghi e appoggiata dai ministri Speranza (Salute) e Brunetta (Pa) è passata in Consiglio dei Ministri e dunque si punta tutto sui vaccini e quindi sul green pass e non agevolando invece l’accesso ai test per eludere così le vaccinazioni rallentandole. Il governo come nel metodo” Draghiano “ è venuto incontro ad alcune richieste: innanzitutto diventerà più stringente l’accordo che è stato siglato questa estate dalla struttura commissariale guidata da Paolo Figliuolo con le associazioni che rappresentano le farmacie italiane. Un accordo che ha previsto già da agosto un costo massimo di 15 euro per i test antigenici rapidi che scendono a 8 euro per quelli eseguiti dai ragazzi under 18. Prezzi questi già praticati da molte farmacie, ma non da tutte sempre in modo così capillare. Dunque sarà una disciplina più stringente con multe da mille a 10mila euro per le farmacie che non praticheranno questi prezzi e la possibilità per i prefetti di «disporre la chiusura dell’attività per una durata non superiore a cinque giorni». L’accordo con le farmacie per tenere bassi i prezzi dei tamponi rapidi con il nuovo decreto i prezzi calmierati per i test in farmaci saranno validi fino al prossimo dicembre e cioè fino alla fine dello stato di emergenza. Lo stesso decreto potenzia anche il Fondo - al momento di 10 milioni - che garantisce tamponi gratuiti per i fragili e disabili che non possono effettuare la vaccinazione «a causa di patologie ostative certificate» e per tutti quei «soggetti - si legge nella bozza di decreto - esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti dalla circolare del ministero della Salute». Infine vi è l’estensione della durata del tampone molecolare (anche salivare) ai fini del green pass: sarà infatti portato da 48 ore a 72 ore ,la validità del test «antigenico rapido di 72 ore dall'esecuzione del test molecolare”.
Ancora incertezze abbastanza gravi per le e i lavoratori fragili riguardano la questione della tutela nei limiti di 180 giorni nell’anno solare e gli impiegati dell’industria che sono sempre esclusi dalla tutela della malattia per assenza da quarantena. In attesa di conoscere le concrete intenzioni del Governo per ripristinare la tutela della malattia ai lavoratori assenti per quarantena e ai lavoratori fragili che non possono rendere la prestazione in smart working, sono queste due interpretazioni restrittive adottate dall’Inps durante il periodo emergenziale che pongono ulteriori problemi applicativi che vanno oltre la mancata copertura finanziaria delle norme. La regola generale è che l’indennità di malattia è normalmente a carico dell’Inps per un massimo di 180 giorni in ciascun anno solare e con esclusione di alcune categorie di lavoratori come impiegati industria, quadri e dirigenti. L’articolo 26 del Dl 18/2020 ha stabilito, invece, che il periodo trascorso in quarantena «dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto». Quindi, la norma non ha esteso le regole ordinarie della malattia ai casi di quarantena, ma ha stabilito una nuova tutela equiparandola solo sul piano economico all’indennità di malattia. Analogamente, le disposizioni ordinarie stabiliscono che la tutela dell’Inps è riconosciuta in ogni caso entro il limite di 180 giorni nell’anno solare. L’articolo 26, invece, ha stabilito tempo per tempo il periodo di tutela cui fare riferimento nei limiti della copertura finanziaria. Anche la relazione tecnica del decreto 18 sembra andare verso questa direzione stabilendo che le nuove tutele sono «in deroga alle disposizioni vigenti». Nel quantificare la spesa il legislatore fa un calcolo che prescinde dalle qualifiche contrattuali ma è connesso al numero dei contagi e ai potenziali contatti avuti da ciascuno di essi. A fronte di questo quadro normativo che appare sufficientemente chiaro, l’Inps ha adottato un’interpretazione molto restrittiva con il messaggio 2584/2020, poi con i messaggi 4157/2020 e 171/2021. Inps afferma che «Nulla è invece innovato... per quanto attiene alla tutela previdenziale, compresi i limiti temporalmente posti dal legislatore per le diverse categorie di lavoratori (lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato, operai agricoli a tempo determinato, lavoratori dello spettacolo, lavoratori marittimi eccetera)». In altri termini, secondo l’Inps tutti i limiti delle regole ordinarie si applicano anche alle tutele emergenziali previsti per la quarantena e per i lavoratori fragili e questo nonostante le due disposizioni agiscono proprio in deroga alla normativa vigente.
E’ importante sapere che : Alle lavoratrici e ai lavoratori fragili è consentito di svolgere la prestazione in modalità di lavoro agile fino al 31 ottobre 2021, anche essendo adibiti a una diversa mansione, compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto. Per i soggetti che non possono lavorare da remoto, il periodo di assenza dal lavoro – laddove consentito – non sarà più coperto da alcuna prestazione previdenziale e/o assistenziale di sostegno. Non è stata prorogata la possibilità di assenza per malattia, con il trattamento economico e con il beneficio dell’esclusione dal calcolo del comporto. Prosegue comunque fino al 31 dicembre l’obbligo, per i datori di lavoro pubblici e privati, di effettuare la sorveglianza sanitaria eccezionale dei dipendenti maggiormente esposti al rischio di contagio da Coronavirus in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia Covid-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità. Le lavoratrici e I lavoratori assenti per malattia hanno diritto alla conservazione del posto per un periodo stabilito dai contratti collettivi, durante il quale non possono essere licenziati. Rientrano nel calcolo del comporto tutte le assenze per malattia Covid 19, non essendo allo stato prevista alcuna possibilità di esclusione dal calcolo, cosa che invece avveniva per i lavoratori in quarantena o in permanenza domiciliare fiduciaria, finché la quarantena era considerata malattia. Una lavoratrice ,un lavoratore ammalato di Covid-19 vede le sue assenze computate nel periodo di comporto. Un lavoratore in stato di sospensione o in stato di accertamenti, come nel caso della quarantena, finora è stato più tutelato di quello assente per malattia, nonostante fosse sano e nel pieno della salute ma assoggettato semplicemente a una misura di cautela e di contenimento. La situazione che ne conseguiva provocava una disparità di trattamento, che appare in violazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione. La condizione di immunodepressione, o immunodeficienza, è la situazione medica in cui il sistema immunitario di un individuo funziona meno efficacemente del normale o non funziona affatto. Sono a rischio di immunodeficienza (o immunodepressione) tutti i soggetti con una storia familiare di immunodepressione primaria, in quanto le condizioni responsabili di questo tipo di immunodepressione sono generalmente ereditabili. Sono poi a rischio di immunodepressione: coloro che, per motivi diversi, sono venuti a contatto con i fluidi corporei di un malato di Aids e hanno sviluppato la stessa patologia infettiva; coloro che, a causa di un tumore, della rottura della milza, di un’infezione o altro hanno subito l’asportazione della milza; gli anziani; coloro che, per mancanza di disponibilità o per altri motivi, non assumono un quantitativo adeguato di proteine; coloro che non dormono un numero adeguato di ore, durante la notte; coloro che, a causa di un tumore, devono sottoporsi a chemioterapia.
Politiche attive l'avvio solo cambiando il reddito di cittadinanza
Alessandra Servidori https://www.ilsussidiario.net/news/politiche-attive-lavvio-possibile-solo-cambiando-il-reddito-di-cittadinanza
Il programma del Governo Draghi per sistemare le politiche attive e sociali piano ma come un motore diesel si sta concretizzando, nonostante le insostenibili provocazioni di Salvini occupino provocatoriamente le giornate di lavoro dell’esecutivo molto più responsabile di partiti che lo compongono o di chi sta all’opposizione. Sul reddito e pensione di cittadinanza è chiara la divisione sconcertante in due dell’Italia : i nuclei familiari che hanno usufruito del reddito e pensione al Sud e Isole sono 858.267( ovvero 2.045072 persone ) al centro 215.270 ( 431.046 persone) e 302.400 al nord ( 595.357 persone) per un totale di ben 3 milioni di persone coinvolte ben di 755 milioni di euro i costi per noi cioè lo Stato. E dunque vero è che non sono state avviate politiche attive ma solo sussidi Quello che non ha funzionato è prima di tutto è l’incontro tra domanda e offerta di lavoro che ad oggi segna il passo con ben 750mila persone che “sembra” aspettino una nuova occupazione. L’inerzia dei centri per l’impiego, i cd navigator,il mal funzionamento di Anpal, hanno fallito clamorosamente la promessa del governo Conte bis di sconfiggere la povertà e la disoccupazione .E per fortuna che la guardia di finanza ha scoperto un numero enorme di percettori fasulli a cui è stato tolto il sussidio. Le persone collocate al lavoro anche a causa della pandemia sono state pochissime e adesso si sta mettendo in porto un progetto di sinergia pubblico/privata prevedendo una collaborazione con le agenzie di collocamento ,una banca dati nazionale comune di incontro domanda offerta riqualificazione professionale.E si sta lavorando perché il rdc vada alle famiglie numerose poiché i dati ci dicono che il sussidio lo hanno ricevuto 610.683 famiglie composte da una sola persona il 44% , mentre le famiglie numerose sono solo 106.783 e dunque solo il 7%. Bisogna cambiare i criteri e diversificare gli importi a seconda le aree del paese, legandoli ovviamente all’isee e al caro vita , alla presenza di minori e accertamenti più stringenti per evitare le truffe. Insomma far arrivare i soldi a chi ne ha più bisogno e fare ripartire i servizi alle famiglie. I sussulti e le grida di chi non condivide la linea ragionevole del pass sanitario per i dipendenti pubblici, il personale della scuola, della sanità e la posizione autorevole del Rappresentante delle Università per annientare con parole forti e chiare i manifesti dei ridicoli dissidenti accademici, accompagnati da una Confindustria granitica sulla tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori e per evitare chiusure, quando la ripresa sta dando timidissimi segni di risveglio, aiutano Draghi a tenere la barra del comando ferma. Lui governa i partiti (o pseudo tali ) rumoreggiano molestamente. Le priorità :pandemia,investire bene e subito le risorse europee con buonsenso e senza sprechi,organizzare gli appuntamenti economici e il G 20, tenere il timone del semestre bianco, dialogare con i grandi della terra sulle alleanze e per che cosa. Nonostante le bizze insopportabili di chi pensa solo ai voti elettorali,o chi ha la presunzione di dettare legge sulle modalità di lavoro come lo smart working che va sicuramente migliorato ma non abolito pensando anche ad allargare lo sguardo anche ai lavoratori disabili che ne possono usufruire e ad una pa inclusiva che desidera più che mai essere al servizio dei cittadini sfoltendo quelle burocrazie barocche che la perseguitano.
AL LAVORO E SUBITO nel Consiglio di indirizzo !!!
ALESSANDRA SERVIDORI
Istituito il Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica
Dal 24 settembre al servizio delle Istituzioni. Ancora una volta ed è una grande soddisfazione
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Bruno Tabacci, in forza della delega ricevuta dal presidente Mario Draghi in materia di coordinamento della politica economica e programmazione degli investimenti pubblici di interesse nazionale, ha provveduto con due distinti decreti già registrati a istituire un Consiglio d’indirizzo che avrà il compito, a titolo gratuito, di orientare, potenziare e rendere efficiente l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso il DIPE. Tale organismo sarà presieduto dallo stesso sottosegretario Tabacci con il coordinamento del capo del DIPE, professor Marco Leonardi.
Sono stati dunque nominati e ne fanno parte: Antonio Calabrò, Patrizia De Luise, Giuseppe De Rita, Elsa Fornero, Giuseppe Guzzetti, Alessandra Lanza, Mauro Magatti, Alessandro Palanza, Alessandro Pajno, Monica Parrella, Paola Profeta, Silvia Scozzese, Alessandra Servidori, Anna Maria Tarantola, Mauro Zampini.
Smart working ? Si ma con regole certe
Alessandra Servidori https://formiche.net/2021/09/smart-working-si-ma-con-regole-certe/
Le valutazioni politiche sull’opportunità o meno per lavoratrici, lavoratori e studenti di operare a distanza, meritano al di là delle definizioni, lavoro da remoto, smart working, dad dal marzo 2020,una proposta concreta per agire innanzi tutto se l’emergenza persiste o no e come attrezzarci per il futuro molto prossimo. Sicuramente l’impatto di Covid-19 è stato massacrante per chiunque doveva svolgere una attività in presenza,ma per i giovani decisamente di più stando ai resoconti di ciò che si calcola in quanto a perdita di acquisizione e rendimento di conoscenze e di solitudine e di comprensione di quanto la comunità scolastica e formativa serve per la propria crescita sociale e di gruppo, e soprattutto con quel disastroso effetto collaterale soprattutto per gli adolescenti che hanno ripiegato ancora di più sulla comunicazione on line perdendo il rapporto diretto con amici e amori. E certamente le madri ed i padri hanno avuto più difficoltà nella gestione dei figli, spesso in didattica a distanza per seguirli, accudirli soprattutto i più piccoli che richiedono un’attenzione che precedentemente era minore. Penso che tutti noi abbiamo affrontato questa “malattia” oltre tutto senza certezze di come uscirne e in situazioni di grande sofferenza sia fisica che psicologica. In questa situazione non ancora finita si torna a parlare di lavoro a distanza a volte con tribolazione a volte come opportunità soprattutto se legata al tempo di vita e all’organizzazione della vita lavorativa e familiare,contemporaneamente con una capacità organizzativa veramente manageriale che non avevamo e non abbiamo “ordinato, sistemato” perché non abituati né attrezzati. E dunque cambiando tutto in una nuova dimensione : tempo alla dimensione operativa e sociale della comunità lavorativa, tempo per i figli piccoli adolescenti,tempo per i nostri anziani per i nostri disabili,tempo (poco ) per vivere. Tutto insieme senza soluzione di continuità e con incalzante quotidianità che impediva qualsiasi programmazione . Ebbene sì caos, sentimenti di inadeguatezza, ruoli sovrapposti,panico continuato. E allora ora o mai più assestare la materia contrattualmente come dice la legge si può e si deve fare. E si poteva fare da quando abbiamo capito che il Covid rimane e vive con noi .Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working, le persone che hanno lavorato da remoto nel 2020 sono stati 6,58 milioni: ossia, un terzo dei lavoratori dipendenti italiani (nel 2019 erano stati poco più di 570 mila). Con il decreto Covid numero 15 del 23 luglio 2021 il governo ha prorogato, con effetto reatroattivo dal 1° luglio, lo smart working per tutti quei dipendenti pubblici e privati che presentano particolari patologie e dunque i lavoratori fragili e ancora successivamente fino al 31 ottobre 2021.Non c’è dubbio che bisognerà prorogarlo a perché per i lavoratori disabili è una grande opportunità sapendo oltre tutto la difficoltà reale di essere inseriti, nonostante la normativa lo preveda, sui luoghi di lavoro. Il Parlamento ha approvato degli emendamenti al decreto Sostegni: tra questi, la proroga per tutto il 2021 dell’aumento a 516,46 euro destinati ai cosiddetti “ fringe benefits ovvero il un bonus smart working, che permette ai datori di cedere ai dipendenti una cifra da spendere in beni e servizi per allestire l’ufficio in casa e lavorare da remoto. Il Bonus smart working può essere usato per acquistare sedie ergonomiche, scrivanie, prodotti di illuminazione specifici per lavorare in modo adeguato (in termini di salute e sicurezza) anche da casa. Bisogna allora per il lavoro pubblico , ma non solo e lo sta facendo Aran avviare la contrattazione sindacale peraltro già prevista dalla legge LAVORO AUTONOMO E SMART WORKING Legge 22 maggio 2017, n. 81: Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. Se poi il datore di lavoro è lo Stato ancora più necessario dare corpo a modelli non improvvisati come quelli che si sono adottati disinvoltamente fino ad ora. La legge del 2017 prevedeva la sperimentazione ora è stata fatta (malamente) ed è tempo di passare a regolare il lavoro agile. Ciò significa dare un profilo giuridico all’accordo sindacale previsto e non continuare a dire che è una modalità di lavoro perché è una tipologia di lavoro; significa prevedere il turno over a rotazione dei dipendenti pubblici privati, dotarli di computer e accesso internet,prevedere l’orario di lavoro in connessione e anche il diritto alla disconnessione e imparare subito a misurare gli obiettivi e le performance di produttività assolutamente misurabili anche da remoto .C’è poi una questione ormai non discutibile : pensare che i genitori che lavorano in smart working – ma siamo solo noi in Italia a chiamarlo così, negli altri paesi si parla di remote working, home working, distance working perché di smart, intelligente, non abbiano bisogno di congedi parentali quando le scuole sono chiuse significa non riconoscere lo stato reale delle cose, né il valore del lavoro che, nonostante tutto, è stato fatto da casa in questi mesi.Significa non considerare lo smart working come un lavoro a tutti gli effetti, incompatibile con un contemporaneo carico di cura a tempo pieno come lo è una qualsiasi prestazione svolta in esterno.Significa, ancora una volta, non riconoscere che il lavoro di cura richiede energie, tempo, dedizione e che non può essere svolto in contemporanea con un altro lavoro, considerato prioritario solo perché retribuito. Padri e madri vogliono ovviamente lavorare, preferibilmente a tempo pieno, solo che non possono farlo nello stesso tempo in cui si prendono cura dei propri figli.E la fatica di questo periodo passato in “smart” ricade su padri e madri in misura direttamente proporzionale al numero e inversamente proporzionale all’età dei figli all’interno del nucleo familiare. Vero è che quanto più la famiglia è impostata secondo ruoli tradizionali e stereotipati tanto più sono le madri a essere in prima linea nella cura dei figli, nella gestione della casa e nella responsabilità dei loro successi o insuccessi scolastici. Donne che sono sempre più madri a tempo pieno, responsabili della casa a tempo pieno, maestre di sostegno a tempo pieno e lavoratrici a tempo pieno. E’ quindi necessario, oltre che urgente, rafforzare le cd infrastrutture sociali e rendere i servizi di cura di qualità accessibili a tutti, ragionando su come si possa garantire sicurezza sanitaria e fruibilità del servizio anche quando la prevenzione richiede la chiusura delle scuole. Ma occorre anche promuovere i congedi parentali affinché siano utilizzati, da donne e da uomini, e considerati come un investimento sociale. I congedi sono fondamentali per tenere in vita quella stessa società che da un lato insiste nel lamentarsi per i bassi tassi di fecondità e dall’altro dimentica troppo spesso che per crescere un figlio ci vuole una comunità , risorse, attenzioni ed energie di tutti, non solo delle madri. I congedi Covid emergenziali vanno quindi potenziati non soltanto rendendoli accessibili anche per chi lavora in modalità agile ma estendendo la retribuzione collegata all’attivazione del congedo, per evitare che all’interno delle famiglie si arrivi alla scontata conclusione che si può rinunciare al 50% dello stipendio di importo inferiore (che nella stragrande maggioranza dei casi è quello delle donne) e che siano solo le madri ad utilizzarli. La Ministra Bonetti ha promesso di sviluppare trasversalmente gli aiuti per l’occupazione femminile e i servizi con le risorse del PNRR e del Family act.Stiamo aspettando.E vigileremo.
ILO :4 miliardi di persone al mondo senza protezione sociale
ALESSANDRA SERVIDORI ILO
https://www.ildiariodellavoro.it/ilo-4-miliardi-di-persone-nel-mondo-senza-protezione-sociale-nonostante-il-covid/
A GINEVRA l’1 e 2 Settembre si è analizzato Il Rapporto mondiale sulla protezione sociale 2020-22 di ILO. www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---dgreports/dcomm/publ/documents/publication/wcms_817572.Nonostante l'espansione mondiale senza precedenti della protezione sociale durante la crisi COVID-19, oltre 4 miliardi di persone in tutto il mondo rimangono completamente non protette, afferma un nuovo rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO).Il Rapporto rileva che la risposta alla pandemia è stata disomogenea e insufficiente, approfondendo il divario tra paesi con livelli di reddito alti e bassi e non riuscendo a permettersi la protezione sociale tanto necessaria che tutti gli esseri umani meritano. La protezione sociale comprende l'accesso all'assistenza sanitaria e la sicurezza del reddito, in particolare in relazione alla vecchiaia, alla disoccupazione, alla malattia, alla disabilità, all'infortunio sul lavoro, alla maternità o alla perdita di un reddito principale, nonché per le famiglie con figli. E siamo chiamati a condividere ed essere consapevoli dell’affermazione del Direttore Generale ILO Guy Ryder secondo cui dobbiamo riconoscere che una protezione sociale efficace e completa non è solo essenziale per la giustizia sociale e il lavoro dignitoso, ma anche per creare un futuro sostenibile e resiliente. IL prezioso Rapporto fornisce una panoramica globale dei recenti sviluppi nei sistemi di protezione sociale, compresi i piani di protezione sociale, e copre l'impatto della pandemia di Covid-19. La relazione individua le lacune in materia di protezione e formula raccomandazioni politiche fondamentali, anche in relazione agli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Attualmente, solo il 47% della popolazione mondiale è effettivamente coperto da almeno una prestazione di protezione sociale, mentre 4,1 miliardi di persone (53%) non ottengono alcuna sicurezza di reddito dal loro sistema nazionale di protezione sociale. Vi sono notevoli disuguaglianze regionali nella protezione sociale. L'Europa e l'Asia centrale hanno i più alti tassi di copertura, con l'84% delle persone coperte da almeno un beneficio. Anche le Americhe sono al di sopra della media globale, con il 64,3%. L'Asia e il Pacifico (44 per cento), gli Stati arabi (40 per cento) e l'Africa (17,4 per cento) hanno segnato lacune di copertura. In tutto il mondo, la stragrande maggioranza dei bambini non ha ancora una copertura di protezione sociale efficace: solo un bambino su quattro (26,4%) riceve un'indennità di protezione sociale. Solo il 45% delle donne con neonati in tutto il mondo riceve un sussidio di maternità in denaro. Solo una persona su tre con gravi disabilità (33,5%) in tutto il mondo riceve un'indennità di invalidità. La copertura delle indennità di disoccupazione è ancora più bassa; solo il 18,6% dei lavoratori disoccupati in tutto il mondo è effettivamente coperto. E mentre il 77,5% delle persone al di sopra dell'età pensionabile riceve una qualche forma di pensione di vecchiaia, permangono grandi disparità tra le regioni, tra aree rurali e urbane e tra donne e uomini. Anche la spesa pubblica per la protezione sociale varia in modo significativo.In media, i paesi spendono il 12,8% del loro prodotto interno lordo (PIL) per la protezione sociale (esclusa la salute), tuttavia i paesi ad alto reddito spendono il 16,4% e i paesi a basso reddito solo l'1,1% del loro PIL per la protezione sociale.Il rapporto afferma che il deficit di finanziamento (la spesa aggiuntiva necessaria per garantire almeno una protezione sociale minima per tutti) è aumentato di circa il 30% dall'inizio della crisi COVID-19.Per garantire almeno la copertura di protezione sociale di base, i paesi a basso reddito dovrebbero investire altri 77,9 miliardi di dollari all'anno, i paesi a reddito medio-basso altri 362,9 miliardi di dollari all'anno e i paesi a reddito medio-alto altri 750,8 miliardi di dollari all'anno.Ciò equivale rispettivamente al 15,9, 5,1 e 3,1% del loro PIL. C'è un'enorme spinta per i paesi a passare al consolidamento fiscale, dopo la massiccia spesa pubblica delle loro misure di risposta alla crisi, ma sarebbe seriamente dannoso tagliare la protezione sociale; sono necessari investimenti qui e ora, secondo Shahra Razavi, Direttore del Dipartimento per la Protezione Sociale dell'ILO."La protezione sociale è uno strumento importante che può creare benefici sociali ed economici di ampio respiro per i paesi a tutti i livelli di sviluppo. Può sostenere una migliore sanità e istruzione, una maggiore uguaglianza, sistemi economici più sostenibili, una migliore gestione della migrazione e il rispetto dei diritti fondamentali.” Costruire i sistemi in grado di fornire questi risultati positivi richiederà un mix di fonti di finanziamento e una maggiore solidarietà internazionale, in particolare con il sostegno ai paesi più poveri. Ma i benefici del successo andranno oltre i confini nazionali a beneficio di tutti noi. Misure specifiche volte a promuovere la protezione sociale universale sono state evidenziate nell’invito globale all’azione per una ripresa incentrata sull’uomo dalla pandemia. L'invito all'azione,che delinea un'agenda globale per la ripresa, è stato approvato all'unanimità nel giugno 2021 dagli Stati membri dell'ILO, che rappresentano governi, organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. Creare una ripresa inclusiva, sostenibile e resiliente deve diventare una priorità assoluta per le politiche pubbliche. Questa risoluzione fornisce una via chiara e completa che consentirà ai paesi di convertire l'aspirazione morale e politica di non lasciare indietro nessuno in azioni concrete. L'efficacia e la resilienza della ripresa da COVID dipenderà fortemente da quanto sia ampio e socialmente inclusivo. Se non affrontiamo specificamente le disuguaglianze che si sono aggravate durante questa crisi, c'è il rischio molto reale che le conseguenze economiche e sociali causino cicatrici a lungo termine, in particolare per i gruppi colpiti in modo sproporzionato come i giovani e le donne, e le piccole e microimprese che forniscono la maggior parte dell'occupazione mondiale
In diretta su www.generedonna.it PNRR e salute
Il PNRR e la Missione Salute www-generedonn.it
Il PNRR e la Missione Salute. Negli ultimi mesi abbiamo sentito più volte citare la sigla PNRR, che significa Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Abbiamo cercato qualche informazione in più e approfondito gli aspetti inerenti la salute, insieme alla Prof.ssa Alessandra Servidori.
PNRR: Missione Salute
Come indica l’Agenzia per la Coesione Territoriale, il PNRR è lo strumento che traccia gli obiettivi, le riforme e gli investimenti che l’Italia intende realizzare grazie all’utilizzo dei fondi europei Next Generation EU, per attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia da Coronavirus e rendere l’Italia un Paese più equo, verde e inclusivo, con un’economia più competitiva, dinamica e innovativa. Il Piano si articola in 6 Missioni, che rappresentano le aree tematiche strutturali di intervento. Una di queste è la Missione Salute, per la quale sono stati stanziati complessivamente oltre 19 miliardi.
Le Case della Comunità
Sulla salute delle donne, per quanto riguarda il Progetto Casa della Comunità e presa in carico delle persone, il PNRR comporta che le Regioni effettuino una ricognizione delle analoghe strutture esistenti sul territorio. Inoltre, precisa che le Case della Comunità rappresentano l’evoluzione delle Case della Salute, laddove presenti. Dal punto di vista dell’articolazione territoriale, prevede che si faccia riferimento al distretto socio-sanitario o sanitario (con una popolazione pari a circa 100 mila abitanti), e non al criterio legato rigidamente al numero di abitanti. Questo, infatti, finirebbe per penalizzare determinati territori (ad esempio territori montani o aree interne o a bassa densità abitativa) dove i punti maternità hanno cominciato a scarseggiare. Presso ogni Casa della Comunità dovrà essere assicurata la presenza di determinati servizi, quali i servizi per la promozione e la prevenzione, il sistema delle cure primarie, il servizio sociale, alcune attività diagnostiche e ambulatoriali, nonché presìdi sanitari. Il progetto, anche attraverso il modello del budget di salute, valorizza le reti sociali come componente sistemica dei servizi alla salute, per generare un welfare di comunità fondamentale per tutte le patologie importanti.
La medicina territoriale e i team multidisciplinari
Nell’ambito della medicina territoriale, è fondamentale ripensare il ruolo dei medici di medicina generale, anche attraverso il loro percorso formativo, insieme a quello dei pediatri di libera scelta, dei ginecologi e geriatri. Avviando un percorso di lavoro interprofessionale, partendo dal principio della plurifattorialità della salute e, quindi, della necessaria multidisciplinarietà nell’azione quotidiana. Ciò significa favorire la medicina di iniziativa e l’offerta di servizi diagnostici in sede o a domicilio, il lavoro in team multidisciplinari – come nei modelli delle UCCP le AFT – con l’apporto di competenze specialistiche, anche con strumenti di teleassistenza.
La Casa della Salute, quindi, come primo luogo di cura. Inoltre, si precisa che il rafforzamento dell’assistenza domiciliare (ADI) si realizza anche attraverso le prestazioni professionali del personale sanitario e socio-sanitario nei confronti dei pazienti. Questo, oltre che mediante il potenziamento dei supporti tecnologici e digitali. In tal senso, si valuta prioritaria la promozione del coordinamento e l’unificazione delle prestazioni e dell’erogazione dei presìdi e di standard operativi per tutto il territorio nazionale.
Il Care Multidimensionale
Inoltre, si rileva come l’ADI fornisca in prevalenza prestazioni medico-infermieristiche per rispondere a singole patologie senza tuttavia prevedere un progetto per il futuro dell’assistenza alle persone non autosufficienti, anziane e non. Al riguardo, si rileva la necessità di una riforma che assuma il paradigma proprio della non autosufficienza. Si tratta del «care multidimensionale», definito sulla base di criteri nazionali e rispettoso dell’autonomia degli enti locali. Occorre integrare gli interventi di natura sanitaria e assistenziale, riconoscendo l’esigenza delle reti informali di supporto e prevedendo azioni di affiancamento e sostegno dedicate a caregivers familiari e badanti.
Per raggiungere tali obiettivi in maniera omogenea sul territorio nazionale, si reputa necessario:
- Un intervento che garantisca la disponibilità di personale. In special modo, nelle regioni sottoposte a piani di rientro e progettualità specifiche dedicate al potenziamento dell’ADI per persone con bisogni di salute complessi. Ad esempio, quelli legati a malattie rare o patologie croniche gravi;
- Dare piena applicazione alla legge n. 38 del 2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore;
- Bisogna specificare, nella parte relativa alla riforma degli IRCCS, che occorre riequilibrarne la distribuzione geografica nel Paese e favorire l’istituzione di un numero maggiore di IRCCS con personalità giuridica di diritto pubblico;
- Rafforzare il sistema di prevenzione, con un focus specifico sulla prevenzione secondaria e terziaria. Con particolare riferimento alla prevenzione secondaria, rafforzare lo screening neonatale esteso (SNE).
Gli interventi prioritari
Nell’ambito delle riforme da realizzare in relazione al progetto «Servizi socio assistenziali, disabilità e marginalità» – interventi prioritari:
- Riformare e semplificare il sistema di valutazione della condizione di disabilità, incentrandola sulla persona e sull’interazione con fattori ambientali e sociali;
- Recepire la Direttiva UE 2019/88 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 (Accessibility Act) sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi;
- Intraprendere un percorso verso il codice unico della disabilità, dando priorità alle cinque linee d’azione individuate dall’Osservatorio per le persone con disabilità;
- Definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali;
- Realizzare una riforma volta a promuovere l’adozione di una misura universale a sostegno delle persone con disabilità non autosufficienti;
- Prevedere, nell’intervento relativo ai servizi sociali dedicati alle persone con disabilità, la definizione dei progetti personalizzati, l’integrazione con quanto previsto dalla legge n. 112 del 2016 sul Dopo di noi;
- Sollecitare la rapida adozione da parte di tutti i Comuni italiani, secondo criteri omogenei su tutto il territorio nazionale, dei Piani di eliminazione delle barriere architettoniche di cui all’articolo 32, comma 21, della legge n. 41 del 1986;
- Implementare, nell’ambito delle politiche a sostegno della famiglia, la rete dei Consultori familiari per rafforzare l’assistenza, anche psicologica, così come prevista nei LEA, la tutela e diritti della donna, la tutela della salute riproduttiva e sessuale, il sostegno della procreazione libera e consapevole nonché l’educazione alla genitorialità responsabile, avendo riguardo anche alle esigenze specifiche delle donne con disabilità.
ESN : noi partners TutteperItalia per uno sviluppo di politiche sociali e di assistenza
https://www.ildiariodellavoro.it/per-uno-sviluppo-di-politiche-sociali-efficaci-e-di-pratiche-di-assistenza-sociale/
ALESSANDRA SERVIDORI QUI EUROPA 1 settembre 2021
TUTTEPER ITALIA L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE E’ PARTNERS DI ESN RETE EUROPEA e l'ultimo rapporto di ESN (agosto 2021) raccoglie l'analisi condotta dai membri di ESN che hanno accettato di rivedere i piani nazionali di ripresa e resilienza (NRRP) presentati dai loro governi nazionali. La relazione riguarda 19 Stati membri dell'UE e illustra un'analisi del coinvolgimento dei servizi sociali pubblici nello sviluppo dei RRRP e il contenuto dei piani relativi agli investimenti previsti nel settore dei servizi sociali. L'European Social Network (ESN) è la rete indipendente per i servizi sociali pubblici locali in Europa.Noi come Associazione forniamo una visione di integrazione tra servizi pubblici e privati italiani offrendo così alle organizzazioni che pianificano, erogano, finanziano, gestiscono, ricercano e regolano i servizi sociali pubblici locali, inclusi sanità, assistenza sociale, occupazione, istruzione e alloggio, una visione sussidiaria. Sosteniamo lo sviluppo di politiche sociali efficaci e pratiche di assistenza sociale attraverso lo scambio di conoscenze e competenze. I servizi sociali sono responsabili di fornire supporto alle persone che ne hanno bisogno per migliorare il proprio benessere e superare situazioni di vita difficili in modo che possano essere il più autonomi possibile. I servizi sociali sono anche una fonte significativa di occupazione con una stima del 4,7% della forza lavoro totale dell'UE e 10,9 milioni di professionisti1 . I servizi sociali possono includere il sostegno alle famiglie, ai senzatetto, agli adulti con disabilità, ai bambini a rischio di abbandono o danno, ai migranti e agli anziani. I servizi sociali pubblici in Europa di solito operano all'interno degli enti locali o regionali dove pianificano, regolano, gestiscono, finanziano e forniscono una gamma di servizi diversi. Nonostante il loro ruolo chiave nell'attuazione, spesso non è richiesto loro di essere coinvolti nelle politiche europee e nei processi decisionali che li riguardano. Dal 2014, ESN ha cercato di colmare questa lacuna attraverso il suo gruppo di riferimento sul semestre europeo . Nel 2021, la Commissione europea non ha tenuto il ciclo del semestre europeo di coordinamento delle politiche con gli Stati membri in modo che le autorità nazionali potessero concentrarsi invece sulla presentazione dei loro piani nazionali di ripresa e resilienza per accedere ai finanziamenti per le riforme essenziali all'indomani del Covid-19.Comunque ESN ha seguito questo processo, valutando i NRRP presentati in modo da indagare su come prevedono i finanziamenti per le riforme dei servizi sociali. A tal fine è stato avviato il gruppo di lavoro sui finanziamenti dell'UE per i servizi sociali poiché è dal 2010 , il semestre europeo è il ciclo attraverso il quale la Commissione europea coordina le politiche macroeconomiche e sociali degli Stati membri. Dunque il semestre segue un ciclo annuale: • L'analisi annuale della crescita, ora denominata Annuale Strategia per la crescita sostenibile (ASGS), viene solitamente pubblicata a novembre e stabilisce le priorità economiche e sociali generali per l'UE per l'anno successivo. • In inverno, per ogni Stato membro vengono emessi rapporti individuali per paese per fornire un'analisi approfondita dello stato di avanzamento sociale ed economico. • I programmi nazionali di riforma ei programmi di stabilità/convergenza sono presentati dagli Stati membri in primavera per delineare le politiche specifiche che ciascun paese attuerà per affrontare le priorità economiche e sociali sollevate dalla Commissione nella valutazione di ciascun paese. A giugno vengono emesse raccomandazioni specifiche per paese (RSP) per fornire orientamenti politici su misura a ciascuno Stato membro. NOI comunque come Gruppo di lavoro ESN sul semestre europeo e come ogni anno ha seguito lo sviluppo del semestre europeo compilando un questionario su misura preparato dal Segretariato ESN. Il risultato di questa analisi è stata la pubblicazione di un rapporto annuale che illustra la situazione sociale secondo i servizi sociali pubblici negli Stati membri, con raccomandazioni per il prossimo ciclo del semestre europeo. Istituito nel 2014, l'obiettivo del Gruppo è stato quello di condividere la consapevolezza dei problemi che i servizi sociali affrontano a livello locale, fornire raccomandazioni politiche alla Commissione europea su come affrontare questi problemi e aumentare il profilo dei servizi sociali nel processo decisionale europeo . La recente pubblicazione del Gruppo è stata la relazione sul semestre europeo 2020 “Investire nei servizi sociali, investire in Europa. Servizi sociali essenziali per la ripresa dell'Europa”, incentrato su tre importanti principi contenuti nel pilastro europeo dei diritti sociali che incidono sull'attuazione delle politiche sociali locali: assistenza all'infanzia e sostegno ai bambini; assistenza a lungo termine e alloggio e supporto per l'handicap.
Attraverso il meccanismo per il recupero e la resilienza (RRF), la CE metterà a disposizione 672,5 miliardi di EUR in prestiti e sovvenzioni per sostenere le riforme e in vestimenti assunti dagli Stati membri. L'obiettivo è mitigare l'impatto economico e sociale della pandemia di coronavirus e rendere le economie e le società europee più sostenibili, resilienti e meglio preparate alle sfide e alle opportunità della transizione verde e digitale. ESN ha sottolineato che queste due transizioni dovrebbero essere integrate da una equa e capillare proposta sociale, che sembra essere meno importante nonostante l'impatto sociale negativo che il Covid-19 ha avuto sulle comunità di tutta Europa.Per beneficiare dell'RRF, gli Stati membri hanno presentato i piani nazionali di ripresa e resilienza (PRNR) che definiscono un pacchetto coerente di riforme e progetti di investimento pubblico. Tutte queste riforme e investimenti dovrebbero essere attuati entro il 2026. I PNR vengono quindi valutati dalla Commissione europea per la loro compatibilità con le priorità della strategia di ripresa dell'UE. La RRF può essere un'opportunità di trasformazione per i servizi sociali pubblici che hanno il dovere statutario di promuovere l'inclusione sociale delle persone in situazioni difficili e vulnerabili. In un contesto di grave incertezza globale, il ruolo delle autorità pubbliche è stato visto sempre più come più affidabile degli interessi individuali e dei principi del libero mercato. Stando così le cose, le recenti decisioni politiche e di finanziamento europee rappresentano un'importante opportunità per mitigare l'impatto della pandemia. Tuttavia, le linee guida della CE per l'attuazione dei Fondi europei per la ripresa alle autorità nazionali non sono riuscite a riconoscere e a finanziare lo storico e prolungato sottoinvestimento nel sostegno sociale pubblico e nei servizi di assistenza sociale. È ambizione di ESN supportare i servizi sociali per beneficiare appieno del potenziale delle RRF per supportare le popolazioni più vulnerabili, contribuire alla crescita locale nelle nostre società e concentrarsi sulla trasformazione del modello di assistenza incentrato sulla comunità, garantendo la qualità e sviluppo dinamico dei servizi sociali