REFERENDUM 12 GIUGNO 5 Sì e spiego perchè
Alessandra Servidori REFERENDUM 12 GIUGNO 5 SI e spiego perchè
IL 12 giugno sarà l’occasione per dare una svolta significativa al sistema giudiziario. I 5 referendum, ai quali aderisco con la ferma convinzione promuovendo 5 sì, sono una grande occasione e uno stimolo a migliorare e completare la riforma Cartabia. Sostengo 5 sì perché credo in una giustizia vera all’altezza di un Paese civile. Sono sempre stata garantista e non mi rassegno all’idea di una giustizia che fa paura ai cittadini e che non sia strumento di garanzia. ABROGAZIONE DECRETO SEVERINO – Voto sì perché il quesito mira ad abolire il decreto legislativo 235 del 2012, detto anche legge Severino. Prescrive che chi viene condannato in via definitiva a più di due anni di carcere per reati di allarme sociale, contro la pubblica amministrazione e non colposi (per i quali è comunque prevista la reclusione) diventa incandidabile .La condanna definitiva per uno dei reati suddetti determina la decadenza del mandato .Se vince il sì al referendum i concetti di incandidabilità e decadenza verranno abrogati e anche ai condannati in via definitiva verrà concesso di candidarsi o di continuare il proprio mandato. Eventuali divieti di ricoprire cariche torneranno a essere decisi dal giudice, chiamato a decidere caso per caso, come è avvenuto fino al 2012 prima dell’entrata in vigore della legge Severino -RIFORMA CSM –Voto sì al referendum per l'abrogazione delle norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Attualmente, un magistrato che voglia candidarsi al Csm deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme. Se vince il sì, viene abrogato l’obbligo della raccolta firme. Si torna alla legge del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del Csm presentando semplicemente la propria candidatura-VALUTAZIONE DEI MAGISTRATI –Voto sì al referendum che mira ad abrogare le norme sulle competenze dei membri laici nei Consigli giudiziari. I Consigli giudiziari sono organi ausiliari composti da cariche appartenenti alla magistratura e laici (professori universitari e avvocati). Esprimono “motivati pareri” su diversi ambiti, tra cui le valutazioni di professionalità dei magistrati. La valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati viene poi fatta dal Csm che decide anche sulla base di queste valutazioni. Con il sì, anche avvocati e professori potranno partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati. SEPARAZIONE DELLE CARRIERE – Voto sì al referendum per la separazione delle funzioni dei magistrati, con la richiesta di abrogazione di quelle norme che attualmente consentono il passaggio nella carriera dei magistrati dalle funzioni giudicanti (giudice) a quelle requirenti (pubblico ministero) e viceversa . Se al referendum vinceranno i sì il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera se vuole essere pubblico ministero o giudice e non potrà scegliere di cambiare indirizzo (cosa che ad oggi avviene con un limite di 4 volte e se sussistono le condizioni) MISURE CAUTELARI – Voto sì al quesito che vuole limitare le misure cautelari, con abrogazione dell'ultimo inciso dell'art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p., in materia di misure cautelari e di esigenze cautelari nel processo penale. Attualmente le misure cautelari possono essere motivate dal pericolo che la persona indagata sia a rischio reiterazione del reato, di fuga o di alterazione delle prove a suo carico. Se vincerà il sì al referendum verrà abrogata la motivazione della possibile reiterazione del reato.
Pil e lavoro :OIL la vera ripresa passa da contrattazione e fattore umano
Alessandra Servidori https://www.ilsussidiario.net/news/pil-e-lavoro-la-vera-ripresa-passa-da-contrattazione-e-fattore-umano/2341458/
ILO –Organizzazione internazionale Lavoro- il 5 maggio ha pubblicato una Relazione sul dialogo sociale 2022: contrattazione collettiva per una ripresa inclusiva, sostenibile e resiliente
La relazione esamina il ruolo della contrattazione collettiva nel mitigare l'impatto della crisi COVID-19 sull'occupazione e sui guadagni, contribuendo ad attutire le disuguaglianze e rafforzando nel contempo la resilienza delle imprese e dei mercati del lavoro. L'adeguamento delle misure di sanità pubblica e il rafforzamento della sicurezza e della salute sul lavoro sul luogo di lavoro, insieme alle assenze per malattia retribuite e alle prestazioni sanitarie previste da molti contratti collettivi, hanno protetto i lavoratori e sostenuto la continuità dell'attività economica. Guardando al futuro, il rapporto considera il contributo della contrattazione collettiva a una ripresa centrata sull'uomo. Sottolinea la necessità di principi e diritti democratici che diano ai datori di lavoro e a tutti i lavoratori una voce nella governance del lavoro – libertà di associazione e l'effettivo riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva – essenziale per organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro forti e rappresentative, e una ripresa inclusiva, sostenibile e resiliente.Una analisi robusta sul fatto che il mondo sta ancora vacillando per la crisi sociale ed economica indotta dalla pandemia di COVID-19 e la fondamentale forza delle parti sociali. Le misure essenziali di salute pubblica adottate per contenere il virus hanno sconvolto il mondo del lavoro e messo a repentaglio le imprese. Milioni di lavoratori sono stati in prima linea nella battaglia contro il virus, mettendo a rischio la propria vita. Per mantenere la continuità, molti lavoratori sono passati al telelavoro. Centinaia di milioni di altri hanno avuto la sospensione del lavoro o hanno perso il lavoro a causa della chiusura dei luoghi di lavoro. Oltre alle significative misure di sostegno al reddito adottate da molti governi per attutire gli effetti della crisi, per i lavoratori e i datori di lavoro ciò che contava di più era se le istituzioni che governano il lavoro potessero fungere da fonte di resilienza e mitigare le crescenti disuguaglianze. Mentre il mondo guarda alla ripresa, restano interrogativi su come garantiremo che la ripresa sia incentrata sull'uomo, ripristinando il tessuto sociale indebolito dallo sfilacciamento dei mercati del lavoro e rivalutando il lavoro ritenuto essenziale per il funzionamento delle nostre società. Molti cambiamenti in corso prima della pandemia sono addirittura accelerati, come le trasformazioni tecnologiche e ambientali, ed è fondamentale sfruttare al massimo le opportunità che queste transizioni offrono per le imprese sostenibili e il lavoro dignitoso. In primo luogo, occorre riaffermare i principi ei diritti democratici che danno voce a datori di lavoro e lavoratori nella governance del lavoro: la libertà di associazione e l'effettivo riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva. Questi principi fondanti dell'ILO non solo forniscono le basi democratiche dei mercati del lavoro, ma riflettono anche i valori democratici delle nostre società. Consentono lo sviluppo di organizzazioni di lavoratori e datori di lavoro forti e rappresentative che possono plasmare la traiettoria di ripresa attraverso un dialogo sociale efficace. Le loro azioni e accordi possono aprire la strada a una ripresa incentrata sull'uomo che sia inclusiva, sostenibile e resiliente. Questo primo Rapporto di Dialogo Sociale di punta dell'ILO è incentrato sulla contrattazione collettiva. Sottolinea l'importanza di questi principi democratici come fondamento di luoghi di lavoro, industrie e società stabili e giusti. Descrive il contributo che i datori di lavoro e i lavoratori possono apportare alla governance inclusiva ed efficace del lavoro. Soprattutto, mostra ancora una volta cosa è praticamente possibile quando le parti si uniscono per negoziare e concordare congiuntamente questioni importanti per entrambi, nei periodi di prosperità e durante le crisi. Dimostra inoltre come i contratti collettivi possano essere una fonte di resilienza, di solidarietà e inclusione e di cambiamento trasformativo, garantendo imprese sostenibili e lavoro dignitoso per tutti. Il nostro compito futuro è continuare a promuovere questi principi e diritti democratici fondamentali sul lavoro, in tutte le parti del mondo e per tutti i datori di lavoro e lavoratori, ricordando che, come affermato nel Preambolo della Costituzione ILO del 1919, “una pace universale e duratura può essere stabilito solo se si basa sulla giustizia sociale”. wcms_842807.pdf (ilo.org)
UNA ASSICURAZIONE INTEGRATIVA PER NON AUTOSUFFICIENTI ?
NON AUTOSUFFICIENTI E ASSICURAZIONI ? MA CHI SE LA PUO' PERMETTERE UNA ASSICURAZIONE INTEGRATIVA?
Se il sistema pubblico per la non autosufficienza non si riforma si muovono le assicurazioni. Ma si sa non è una soluzione per tutti. Infatti sostenere finanziariamente un sistema che garantisca assistenza di diverso livello a seconda del grado di non autosufficienza delle persone,è l’obiettivo che si pone la proposta di un Fondo dei Lavoratori per la Non Autosufficienza formulata da Generali Italia nei giorni scorsi.Ma ovviamente bisogna potersi permettere una assistenza integrativa. Il Fondo mira a fornire risposte ai maggiori bisogni finanziari e assistenziali che nei prossimi anni emergeranno nell’area della non autosufficienza.Il ruolo del settore assicurativo nel far fronte alle emergenze sociali è fondamentale e oggi spesso sottovalutato dalla politica economica. L’Italia è il paese più vecchio in Europa, secondo al mondo dopo il Giappone, con 13,8 milioni di persone over 65, di cui 7 over 75 (dati 2019). Sono 4 milioni le persone non autosufficienti ai diversi livelli e di queste 2,5 milioni totalmente non autosufficienti. Nel 2045 si stima di raggiungere quota 19,8 milioni di anziani over 65 (pari a più di 1/3 della popolazione) ponendo un doppio problema di sostenibilità sia in termini pensionistici, sia di assistenza sociosanitaria a causa della diminuzione della capacità delle famiglie di soddisfare il bisogno di assistenza. Con la pandemia il tema della non autosufficienza è divenuto prioritario e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) potrebbe fornire strumenti e risorse.
Disabili e lavoro : manca il JOB SUPPORTER
Alessandra Servidori https://www.ilsussidiario.net/news/lavoro-disabili-dopo-le-linee-guida-manca-il-job-supporter/2337466/
Le linee guida per l’inserimento al lavoro delle persone disabili : ma manca la figura professionale adeguata
Il Ministero del Lavoro e il Ministero della disabilità hanno pubblicato le nuove linee guida per” favorire “ attraverso percorsi lavorativi l'integrazione sociale e l'indipendenza delle persone con disabilità, con particolare attenzione a giovani e disoccupati o inoccupati,secondo i principi espressi sul collocamento mirato dei soggetti con disabilità. Queste linee guida sono incardinate su quanto previsto anche dal PNRR,nel quadro dei relativi programmi nazionali (come il GOL) e dei conseguenti piani di azione, dal nuovo Piano Nazionale Nuove Competenze (PNC). Ed inoltre il Programma di Garanzia per l’Occupabilità dei Lavoratori in generale ma anche dei disabili si occupa di integrare le politiche del lavoro con quelle formative mediante la personalizzazione dei servizi e misure per il lavoro, attraverso la disponibilità contestuale sia di servizi finalizzati ad accompagnare l’utente verso l’incontro con le opportunità di lavoro espresse dalle aziende, sia di quelli finalizzati a supportarne l’ingresso/reingresso nel mondo del lavoro in forma autonoma. Le linee guida prevedono, il lavoro agile con lo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, e clausole premianti negli appalti pubblici a favore di imprese ed enti che abbiano istituito la figura del responsabile dell'inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro, avente compiti di predisposizione di progetti personalizzati per le persone con disabilità. Sappiamo bene che manca in Italia, a differenza che in Europa al sistema del Collocamento Disabili il Disability Job Supporter, ovvero una figura professionale in grado di gestire tutto il processo di inclusione lavorativa,dunque un professionista /operatore che conosca e sappia applicare tutta la normativa , si faccia carico di seguire la persona con disabilità in giovane età (durante l’ultimo anno del percorso scolastico) o in età adulta, fino all’inserimento lavorativo. Quindi dopo avere redatto il bilancio delle competenze acquisite, calcolato l’intensità di aiuto e la distanza dal mercato del lavoro, dovrà orientare la persona con disabilità, ricercarne il contesto di lavoro, attivarne le azioni di formazione, tutoring e monitoraggio. Durante tutto il processo di sviluppo del progetto di accompagnamento al lavoro, dovrà offrire supporto e consulenza alle famiglie, alle scuole e alle aziende private e pubbliche, predisponendo il progetto individualizzato per l’assolvimento degli obblighi e attivando le procedure per gli adempimenti richiesti dalle norme sul collocamento delle persone con difficoltà. Per la sua unicità nel panorama dell’offerta formativa in campo nazionale, per l’ampio ventaglio di sbocchi professionali e per la sua pragmaticità deve essere in possesso di una preparazione complessiva sulla disabilità, sul mercato e sul mondo del lavoro, egli si occuperà di orientamento al lavoro per gli studenti con disabilità; di orientamento al lavoro per inoccupati e disoccupati; di accompagnamento al lavoro delle persone con disabilità; di consulenze alle aziende per l’assolvimento degli obblighi previsti dalla Legge 68/99(Norme per il diritto al lavoro dei disabili); di gestione delle procedure per l’assolvimento degli obblighi stessi; di gestione dei rapporti con i servizi provinciali competenti e con i servizi territoriali pubblici, privati e del privato sociale; di supporto alle aziende nella gestione di tutte le problematicità connesse alla disabilità.Tramite la formazione svolta e le competenze acquisite il Disability Job Supporter, potrà operare presso: i Centri per l’Impiego/Collocamento Disabili; l’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro); le Commissioni ASL per l’accertamento dell’invalidità; i servizi per l’inserimento lavorativo promossi dai Comuni e dai Consorzi; le Comunità Montane; i servizi sociosanitari condotti dalle ASL (Centri Psico Sociali, Sert, Alcoologia ecc.); le cooperative sociali e i loro consorzi; le agenzie per il lavoro; gli Enti del Terzo Settore; le associazioni sindacali e industriali; le scuole superiori; le università; le aziende private; le Pubbliche Amministrazioni; gli studi di consulenza al lavoro. Disponendo infatti di una competenza a tutto campo sulla disabilità/lavoro, potrà focalizzare il proprio interesse sulle persone con disabilità, sul mercato del lavoro, o sulle aziende. Ora solo alcune Università private (poche) hanno predisposto dei master di specializzazione.
Le disuguaglianza cominciano dalla scuola
ALESSANDRA SERVIDORI Quando parliamo di disuguaglianze la prima considerazione è relativa a disuguaglianze tra giovani e sistema dell’istruzione. https://www.startmag.it/economia/perche-bisogna-partire-dalla-scuola-per-superare-le-disuguaglianze/
Il sistema di istruzione italiano nel suo complesso si trova ad affrontare criticità evidenti che non trovano ancora nelle politiche nazionali e locali risposte strutturali, riforme e investimenti sostenibili e ordinari per farvi fronte e a fatica la scuola contribuisce a rimuovere le diseguaglianze nonostante ha l’obiettivo di contrastare le diseguaglianze educative, garantendo un accesso equo e privo di discriminazioni all’istruzione e lo sviluppo del potenziale di ogni studente e studentessa. I dati Pisa-Ocse , che analizzano le competenze base, sono senz’altro indicativi di carenze di apprendimento trasversali: il 23,3% di giovani di 15 anni non raggiungono il livello base di italiano, 23,8% quello di matematica (OECD, PISA 2018 Results, OECD, Paris 2019, vol. I,). Persistono dati allarmanti su coloro che diventano maggiorenni senza un diploma, i cosiddetti early leaver of education and training, in particolare in aree interne e del Sud dell’Italia; le stesse aree in cui si rilevano dati più bassi nelle competenze base. Numerose testimonianze dai territori di studentesse e studenti, docenti, genitori, confermano questo scenario. Altra evidenza è la trasmissione intergenerazionale e la cristallizzazione geografica delle diseguaglianze. Famiglia e contesto socioeconomico, sono fattori che influiscono profondamente e in modo multicausale sul percorso di crescita, di apprendimento e di cittadinanza di uno studente e di una studentessa nell’ambito scolastico ed educativo. Per diseguaglianze di partenza, si considerano insieme il rapporto tra successo o insuccesso formativo e reddito o opportunità lavorativa, la partecipazione scolastica, associativa e politica, il benessere del singolo studente e della collettività. Educazione e cittadinanza sono legate indissolubilmente tra loro. Sempre dai dati Oecd analizzando la famiglia d’origine, vediamo, ad esempio, che il 37% dei giovani in svantaggio economico è al di sotto del livello base di lettura, 14% in più della media nazionale e 26% in più dei giovani più privilegiati ; oppure che il titolo di studio dei genitori determina pesantemente quello dei figli: l’82,2% di coloro che frequentano un liceo hanno un genitore con almeno un diploma, percentuale che scende al 46,7% per coloro che frequentano un istituto professionale . Le barriere linguistiche e culturali legate a condizioni di vulnerabilità economica influenzano il percorso educativo: la percentuale di alunni stranieri in ritardo nel loro percorso di studi rispetto all’età anagrafica cresce passando da un ordine di scuola al successivo e raggiunge il 58,2% degli gli iscritti nel caso della scuola secondaria di II grado . I fattori interni alla scuola che consentono di ridurre le condizioni di vulnerabilità sono molteplici e vanno dalle forme della didattica (dalle conoscenze e competenze dei docenti, dall’utilizzo di metodologie partecipative alla cultura democratica a scuola, dalla qualità degli ambienti di apprendimento e degli spazi sicuri e aperti al dialogo, alle opportunità di formazione o relazione con il territorio), alla struttura dei cicli scolastici e all’orientamento, dal benessere a scuola, alla partecipazione alla governance sapendo , che elementi relativi alla famiglia (reddito, abitazione, salute, istruzione dei genitori, reti sociali, ecc.) e al contesto sociale e culturale territoriale, sono altrettanto cruciali e necessitano di interventi strutturali proprio in coordinamento con il sistema d’istruzione. Rafforzare gli strumenti di partecipazione di studenti e studentesse e ridare valore a una cultura e a una pratica democratica nella scuola e, dall’altro, strutturare un sistema di orientamento integrato e permanente, trasversale e in rete con i soggetti del territorio, sono fattori che possono nettamente favorire il contrasto delle diseguaglianze e rimettere in moto la mobilità intergenerazionale. Le politiche di orientamento scolastico si basano su percorsi che mirano a rafforzare le competenze e le conoscenze necessarie ad affrontare autonomamente le scelte formative e di carriera durante tutto il corso della vita. Per questo, l’orientamento è uno dei metodi più diffusi nei sistemi d’istruzione europei per prevenire e contrastare l’abbandono precoce degli studi. L’abbandono infatti è spesso legato alle difficoltà riscontrate, soprattutto dagli studenti più svantaggiati, nelle transizioni tra cicli scolastici e nella gestione delle scelte. Proprio su questo aspetto, intervengono le misure di orientamento. • L’orientamento scolastico si inserisce nel sistema europeo di “orientamento permanente” definito a livello europeo fin dal 2000. La realizzazione di misure di orientamento permanente è stata infatti promossa mediante diversi atti e documenti di policy, sia nell’ambito delle politiche per l’istruzione e la formazione sia in quello delle politiche occupazionali. Il sistema italiano di orientamento è tuttavia caratterizzato da una serie di criticità e problemi strutturali: l’assenza di interventi sistematici e capillari nelle scuole di tutto il territorio nazionale; la carenza di docenti dedicati espressamente a questa attività; la mancanza di formazione sui temi dell’orientamento; la presenza di misure che, se non applicate adeguatamente, possono contribuire alla riproduzione delle disuguaglianze esistenti e a ostacolare la mobilità sociale. Per migliorare l’orientamento scolastico è invece necessario: puntare sulla formazione delle professionalità incaricate di erogare orientamento, siano esse figure dedicate o gli stessi docenti delle scuole; rendere l’orientamento una parte integrante di tutto il percorso scolastico e non legarlo esclusivamente alle fasi di transizione; creare un sistema di orientamento territoriale integrato, con una presenza visibile sia all’interno che all’esterno della scuola, costruendo e rafforzando la comunità educante a livello territoriale(Patti territoriali di comunità). Consideriamo che a livello di strategie di orientamento volte al contrasto dell’abbandono scolastico, è stata sottolineata l’importanza dei “percorsi integrati”, cioè di formazione scuola-lavoro o di formazione professionalelavoro tramite esperienze di tipo pratico presso aziende o enti. Questo tipo di esperienze, infatti, favorisce la costruzione di reti tra sistema d’istruzione e sistema economico, che può facilitare la transizione all’occupazione dei giovani (Capperucci, 2016). Non solo, in base alle indicazioni dell’OCSE (2021), un tipo di orientamento più specificamente professionale - che quindi includa anche una componente di contatto con le realtà economiche del territorio - ha effetti particolarmente benefici in una fase come quella odierna, in cui i giovani si trovano ad essere vulnerabili a causa della recessione post-pandemica e, pur essendo qualificati e ambiziosi, non riescono ad accedere a buone occupazioni, anche a causa della mancanza di competenze legate al mondo professionale (dovute alla poca esperienza). I principali fattori che possono ostacolare l’implementazione di politiche di orientamento come strumenti di lotta all’abbandono precoce, la mancata consapevolezza, da parte delle autorità locali e dei dirigenti di istituto, del legame esistente tra orientamento e successo del percorso educativo (in questo senso quindi l’orientamento non è considerato una priorità) e la mancanza di personale dedicato all’orientamento scolastico e professionale nelle scuole (CE/Eurydice/Cedefop 2014). E ci si deve porre con urgenza la soluzione dei problemi : sempre più importanti nei contesti professionali sono le competenze trasversali e la capacità di adattarsi in un’economia e un mercato del lavoro caratterizzati da una crescente presenza delle nuove tecnologie e dell’automazione (Cedefop, 2021). Per questo, l’offerta di servizi di orientamento adeguati è particolarmente importante per i giovani (OECD, 2021).In Italia i problemi più evidenti sono la mancata attuazione di interventi sistematici e capillari nelle scuole di tutto il territorio nazionale, legata alla carenza di docenti dedicati espressamente a questa attività e alla mancanza di formazione specifica per gli insegnanti sui temi dell’orientamento. Nell’attuale sistema di orientamento sono presenti alcune misure (ad esempio, il consiglio orientativo) che, se non applicate adeguatamente, possono generare effetti perversi in termini di riproduzione delle disuguaglianze esistenti e di freno alle opportunità di mobilità sociale, portando quindi alla frustrazione delle potenzialità e degli interessi personali invece che al loro compimento . Questo rischio è presente nonostante nelle linee guida ministeriali sull’orientamento permanente del 2014 sia delineato un sistema che prevede misure come la didattica orientativa nei curricula scolastici, la formazione obbligatoria dei docenti e la creazione di un sistema integrato dell’orientamento in collaborazione con gli altri attori del territorio . All’atto pratico, queste linee guida non sono mai state pienamente applicate e l’orientamento oggi in molte scuole si concretizza unicamente nelle ore dedicate ai Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO), con lo svolgimento da parte degli studenti di periodi di stage e attività esterne alla scuola, o in momenti informativi (come open day, presentazioni di scuole o università) in corrispondenza delle transizioni tra cicli scolastici o in uscita dalla scuola secondaria di secondo grado. Una considerazione fondamentale : gli interventi da mettere in atto non possono, per definizione, essere emergenziali, ma devono, al contrario, ricostruire le basi strutturali del benessere dei bambini e dei giovani. L’ Italia è al primo posto in Europa per presenza di Neet, ossia di giovani che non studiano e non lavorano. Il fenomeno interessa in modo particolare le ragazze. Il nostro Paese ha il primato per la numerosità di questo particolare segmento di giovani, tra 15 e 29 anni, che non sono più inseriti in un percorso scolastico o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa, noti come Neet, Not in Employment, Education or Training. Accanto a un serio investimento nell’intero sistema scolastico e universitario –non solo per gli edifici o per le attrezzature, che comunque hanno necessità di essere portati a livelli di qualità accettabili, ma anche e soprattutto a sostegno degli addetti e delle loro competenze – è certamente indispensabile agire al fine di sostenere e potenziare le reti di servizi territoriali per la cultura, lo sport e il tempo libero da vivere nella dimensione della socialità e della condivisione delle responsabilità civili. E, il nodo dell’occupazione, soprattutto delle giovani donne, non è più rinviabile. Le opportunità offerte dal PNRR per affrontare in modo sistematico questa profonda domanda di cambiamento non hanno precedenti nel recente passato del Paese.Le politiche pubbliche e private in un principio di sussidiarietà e solidarietà rispondano con intelligenza, generosità e sistematicità, rendendo possibile, che gli indicatori sul benessere, soprattutto dei nostri giovani, con i quali abbiamo contratto un debito sociale e morale molto serio, misurino un miglioramento diffuso soprattutto a livello territoriale.
Riassumendo : dobbiamo puntare sulla formazione di tutte le figure incaricate di erogare orientamento, siano esse professionalità dedicate o gli stessi docenti delle scuole. E’ evidente l’importanza di offrire a tutti coloro che si occupano di orientamento le risorse necessarie a svolgere efficacemente tale ruolo, a partire da una adeguata formazione in merito, anche al fine di evitare la trasmissione di stereotipi o informazioni non corrette. Rendere l’orientamento una parte integrante del percorso scolastico è fondamentale, e non legarlo esclusivamente alle fasi di transizione e solo ad alcune informazioni ma indurre un processo riflessivo, che partendo dai bisogni e dalle attitudini personali di ognuno deve fornire gli strumenti per affrontare consapevolmente le scelte rispetto al proprio futuro. Dialogare, confrontarsi, cercare energie vitali ed economiche per promuovere la creazione di un sistema di orientamento territoriale integrato, con una presenza visibile sia all’interno sia all’esterno della scuola, che riunisca e mobiliti tutti gli attori pubblici e privati del territorio capaci di dare un contributo nel rispondere ai bisogni orientativi dei giovani,cioè la comunità educante,famiglia attori economici del territorio, oltre che tutti gli enti pubblici e privati che a vario titolo si occupano di orientamento (scuole, enti di formazione). Il pnrr prevede la riforma del sistema con 250 milioni di euro sull’orientamento attivo nella transizione scuola-università, prevedendo l’introduzione dell’orientamento formativo per le classi quarte e quinte della scuola secondaria di secondo grado in moduli di 30 ore annui, per accompagnare gli studenti nella scelta del percorso di studi universitario o di ulteriore formazione professionalizzante (ITS).Vi è anche un investimento di 250 milioni di euro a favore dell’orientamento attivo nella transizione scuola-università per incrementare il numero di laureati e ridurre il tasso di abbandono degli studi universitari. Significa dunque corsi rivolti a tutti gli studenti a partire dal terzo anno di scuola secondaria superiore, tenuti da docenti universitari.L’intervento è ancora parziale per quanto riguarda l’integrazione concreta tra percorsi formativi e realtà economiche del territorio per metterci al pari delle altre realtà europee , soprattutto si deve provvedere a livello di Miur e Regioni a monitorare le realtà virtuose integrate per disseminarle su tutto il livello nazionale.
1 maggio la festa che non c'è
Alessandra Servidori 1 maggio : la festa che non c’è https://www.ilsussidiario.net/news/1-maggio-la-festa-del-lavoro-ma-non-per-le-donne/2333328/
La festa del lavoro non è festa soprattutto per le donne,soprattutto oggi che si creano aspettative per la tanto proclamata certificazione di parità di genere, il cui obiettivo sarebbe di incentivare le imprese ad adottare politiche che favoriscano l’occupazione femminile, garantendo giuste opportunità di carriera, parità salariale e tutele della genitorialità. Per le aziende che otterranno la certificazione ( già tentata e fallita nel 2008 e nel 2014 con uno pseudo bollino rosa di cui hanno beneficiato solo grandi aziende) saranno previsti incentivi di natura fiscale e in materia di appalti pubblici, per i quali sono stanziati, con la legge di bilancio, 50 milioni all’anno. Ad oggi a fronte del 42,1% delle donne dipendenti sul totale, solo il 27% risultano beneficiarie di Cassa integrazione guadagni. Questo fa supporre che una quota significativa di donne non abbia potuto usufruire della Cig-Covid durante la pandemia per il venir meno della relazione contrattuale. È quindi uscita dal mercato, in quanto occupata con un contratto a termine arrivato a scadenza e non rinnovato. Le donne presenti nel mercato del lavoro in Italia stanno soffrendo, durante la crisi pandemica, di grossi svantaggi. Si riduce il tasso di occupazione delle donne anche e soprattutto per intolleranza aziendale alla conciliazione lavoro/famiglia (da 50% a 48,6%), si amplia il gap occupazionale tra donne e uomini (da 17,9 a 18,9 punti), e si allarga anche la distanza dalla media europea (50,1Italia 63 Ue). È ragionevole ipotizzare che tra queste lavoratrici ci sia una elevata incidenza di donne con un basso livello d’istruzione, al più la licenza di scuola media. Ed è proprio questo il gruppo di donne che l'Italia non è mai riuscita a integrare nel mercato del lavoro e sul quale si dovrebbero concentrare gli sforzi delle politiche, se vogliamo portare l'occupazione femminile almeno alla media europea. La certificazione di genere?non è la soluzione,anzi può anche essere burocraticamente dissuasiva per le imprese; servono contratti flessibili attraverso la contrattazione aziendale come welfare/benefit, fondi bilaterali per usufruire di congedi parentali,contratti di espansione per incentivare l’occupazione femminile,servizi territoriali per minori, anziani, persone fragili, usufruibili in pari misura per lavoratori e lavoratrici . Allora forse il 1 maggio sarà festa .
Oggi 28 Aprile : la nostra guida amica per prevenzione salute e sicurezza sul lavoro
Coordinamento tavolo interistituzionale Prevenzione malattie professionali
Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro : Guida essenziale per essere informati sia su fondamentali normative sia su nuove norme giuridiche introdotte,ovvero quelli che sono i comportamenti che si devono seguire .
Soltanto acquisendo la dovuta e aggiornata “cultura” ognuno di noi potrà rendere il proprio lavoro più "sicuro".
Premessa : La normativa che regola la materia della sicurezza sul lavoro è molto vasta e complessa e, spesso, la sua comprensione risulta complicato per tutti coloro sui quali ricadono gli obblighi relativi. Ci riferiamo ai Datori di Lavoro, alle lavoratrici e ai lavoratori in particolar modo a quelli di loro con minore esperienza che hanno numerosi dubbi e domande in materia. Una guida amica per rispondere proprio a questa esigenza in modo rapido ed efficace.
^ Quando si parla di sicurezza sul lavoro si fa riferimento all'insieme di misure, provvedimenti, valutazioni e monitoraggi che bisogna mettere in atto all'interno dei luoghi di lavoro per tutelare la salute e l'integrità dei lavoratori, proteggendoli dai rischi presenti. E’ un tassello fondamentale nel quadro della corretta gestione aziendale che fa leva su due dimensioni in particolari:la prevenzione ovvero le misure previste per evitare che si verifichi un evento dannoso;la protezione ovvero le misure previste per limitare le conseguenze di un evento dannoso che si verifica; Si tratta dunque di una condizione necessaria per ogni realtà lavorativa con almeno un lavoratore.
^ La sicurezza sul lavoro è importante perché consente di eliminare, ridurre o, comunque, controllare: fattori rischio derivanti dai processi lavorativi; incidenti e infortuni per i lavoratori;l'insorgere di malattie professionali; Si rivela utile per garantire e tutelare il benessere psico-fisico dei lavoratori, contribuendo a creare un ambiente di lavoro tranquillo e positivo, cosa che si riflette sulla produttività e sullo sviluppo dell'azienda stessa.
^ Nel corso degli anni la normativa in materia di sicurezza e salute dei lavoratori si è evoluta, perfezionandosi e determinandosi sempre di più, fino ad arrivare al Decreto Legislativo del 9 aprile 2008, n° 81, il cosiddetto Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro il quale ha sostituito, abrogato o assorbito tutte le normative precedenti. Si tratta dunque di un corpus unitario che punta semplificare e razionalizzare i diversi aspetti della materia, proponendo aggiornamenti e definendo con maggiore precisione principi, parametri, obblighi, responsabilità e sanzioni. I principi fondamentali su cui si basa tutto il sistema della sicurezza sul lavoro sono: valutare i rischi per la salute e la sicurezza presenti; eliminare o ridurre tali rischi sostituendoli alla fonte; limitare l'utilizzo di sostanze pericolose sui luoghi di lavoro; effettuare controlli sanitari periodici dei lavoratori; informare e formare i lavoratori in materia di sicurezza; informare e formare i rappresentanti della sicurezza aziendale; consultare i rappresentanti per la sicurezza e renderli partecipi della situazione aziendale; programmare e attuare misure di sicurezza adatte;vigilare sull'effettiva efficacia ed applicazione di tali misure di sicurezza.
^ Gli obblighi sanciti dal Testo Unico si applicano in tutte le aziende in cui sia presente almeno un dipendente. Vene fornita una definizione specifica di lavoratore, onde evitare fraintendimenti, la quale si applica a tutte le categorie di lavoratori o alle figure equiparabili, come:soci lavoratori di cooperativa o di società; tirocinanti;studenti impegnati nell'alternanza scuola-lavoro;partecipanti ai corsi di formazione professionale;volontari;lavoratori a progetto;lavoratori a chiamata;apprendisti.
*Gli adempimenti sono diversi e l'obbligo di metterli in atto ricade nella maggior parte dei casi sul Datore di lavoro, in quanto figura come maggiore responsabilità all'interno dell'impresa. Gli obblighi del datore di lavoro sono stabiliti all'articolo 18 del D.lgs 81/08, i principali sono: effettuare la valutazione dei rischi e redigere l'apposito documento;assicurare la presenza di un servizio di prevenzione e protezione efficace;nominare le principali figure partecipi della sicurezza;programmare e assicurare il servizio di sorveglianza sanitaria;provvedere alla fornitura dispositivi di protezione individuale e collettiva;provvedere alla formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza in base al loro ruolo e al loro grado di responsabilità. Le principali figure che hanno il dovere di contribuire a rendere efficace la sicurezza sul lavoro in azienda sono:Datore di lavoro;Dirigente per la sicurezza;Preposto per la sicurezza;Responsabile del servizio prevenzione e protezione;Addetto al servizio prevenzione e protezione;Medico Competente;Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza;Lavoratore;Addetti alle emergenze (lotta antincendio e primo soccorso).Si tratta di figure a cui il D.lgs 81 assegna compiti specifici proporzionati al loro grado di responsabilità e, soprattutto, al loro grado di formazione.I Corsi di formazione sulla sicurezza sul lavoro, i relativi aggiornamenti e, in alcuni casi, le sessioni di addestramento, sono obbligatori per tutti i soggetti a cui il D.Lgs 81 assegna un ruolo importante nell'organizzazione della sicurezza..Il contenuto, la durata e gli argomenti trattati variano in funzione del grado di responsabilità, dei compiti che quella figura deve svolgere e, soprattutto, variano in base al livello di rischio presente in azienda.I corsi devono tenersi in orario di lavoro e il loro costo non deve gravare sul lavoratore, ciò vuol dire che a pagarli deve essere il Datore di Lavoro. Ricordiamo che svolgere i corsi di formazione e aggiornamento in materia di sicurezza sul lavoro, oltre ad essere indispensabile al fine del mantenimento di tutelare la salute e l'integrità dei lavoratori, è un obbligo di legge ai sensi degli articoli 36 e 37 del D.lgs 81. Per trasgressioni, mancanze o inadempienze sono previste delle sanzioni in capo al datore di lavoro.
Le novità normative intervenute :
Il 22 ottobre 2021 è entrato in vigore il Decreto-Legge n. 146 sulle “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”. Al Capo III dell’articolo 13, il Decreto-Legge si sofferma sulle “Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. La novità più significativa riguarda l’inasprimento dei presupposti per l’adozione del provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale. Viene stabilito (in sostituzione dell’Art.14 del D.Lgs n.81/08,)che ora il provvedimento di sospensione è adottato:dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nel caso in cui, al momento dell’accesso ispettivo, almeno il 10% dei lavoratori presenti risulti occupato senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro;dai servizi ispettivi delle ASL o dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco, nell’ambito degli accertamenti di competenza, qualora siano riscontrate una o più violazioni gravi* in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, indicate dalla tabella di cui al nuovo allegato.* Sono considerate violazioni gravi, tra le altre:
Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) -Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione (PEE)-Mancata formazione ed addestramento-Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile (RSPP)-Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS)-Mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto -Mancanza di protezioni verso il vuoto-Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno -Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi-Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi-Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale)-Omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo.
Le differenze e novità principali rispetto alla normativa precedente sono: l’incremento della sanzione;l’assenza di margine di discrezionalità circa l’applicazione o meno del provvedimento di sospensione da parte degli organi di vigilanza (si noti l’utilizzo del verbo “adotta” al posto del precedente “possono adottare”);il dimezzamento della percentuale minima di lavoratori irregolari richiesta per l’applicazione della misura sanzionatoria (dal 20% passa al 10%);il divieto, per l’impresa destinataria, di contrarre con la Pubblica Amministrazione per tutto il periodo di sospensione; le condizioni per la revoca della sospensione, tra cui il pagamento di una sanzione aggiuntiva rispetto alla mera violazione, che può essere raddoppiata in caso di precedenti sospensioni; le modalità e i termini di ricorso contro la sospensione; le conseguenze per i datori di lavoro in caso di inottemperanza al provvedimento. Tra le novità : L’attribuzione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro delle stesse competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro spettanti ai servizi SPRESAL delle ASL –Servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro – con conseguente previsione di un incremento della relativa pianta organica. (Quindi l’INL non si occuperà più solo dei cantieri edili!)La definitiva messa a regime del SINP –Sistema Informativo Nazionale per la prevenzione..L’istituzione, con apposito decreto da emanarsi entro 180 giorni, di un Repertorio degli Organismi paritetici. La prossima Conferenza Stato-Regioni, che avverrà entro il prossimo 30 giugno, prevede l’entrata a regime dei nuovi obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L’intesa provvederà ad accorpare, rivisitare e modificare le indicazioni attuative già previste dai precedenti accordi (risalenti al 21 dicembre 2011).
Le prime indicazioni relative alle novità sono state introdotte con il Decreto Legge 146/2021 – che ha modificato l’articolo 37 del Decreto Legislativo 81/2008 – divulgate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) con la circolare 1/2022.
Per quanto riguarda il nuovo obbligo di formazione del Datore di lavoro, l’accordo determinerà: la durata, le modalità, i contenuti minimi e il corretto adempimento dell’obbligo di formazione.
Relativamente al Preposto invece, l’adeguatezza e la specificità della formazione terranno conto dei compiti introdotti nel nuovo articolo 19 del testo unico. Essi dovranno:
“Sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”. [Testo unico – Modificata lett. a]
“In caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”. [Testo unico – Aggiunta lett. f-bis]
La circolare chiarisce inoltre che, fino al nuovo accordo, i nuovi obblighi in capo a tali soggetti – comprese le modalità di adempimento richieste al preposto – relativi alla formazione interamente in presenza con cadenza almeno biennale, non possono costituire ipotesi di violazione di legge con applicazione delle relative sanzioni.
Dunque, fino alla sottoscrizione della nuova intesa, continueranno a valere le disposizioni del 2011. Differente, invece, è la situazione per quanto concerne l’obbligo di addestramento secondo la nuova formulazione dell’articolo 37, comma 5, del testo unico.
Alla previsione che l’addestramento debba essere impartito da persona esperta e sul luogo di lavoro, è stato specificato che esso consiste: nella prova pratica per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi anche di protezione individuale,nell’esercitazione applicata per le procedure di lavoro in sicurezza e che tali interventi «devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato».
Per le attività svolte successivamente al 21 dicembre 2021 (entrata in vigore del nuovo articolo 37 del testo unico), i contenuti dell’addestramento trovano immediata applicazione, con la conseguenza che la violazione relativa all’assenza della prova pratica e/o della esercitazione applicata è penalmente sanzionata con sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente (Art. 71, co. 7):arresto da tre a sei mesi-ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro
Può essere, invece, oggetto del provvedimento di disposizione (articolo 14 del decreto legislativo 124/2004) l’eventuale mancato tracciamento delle attività addestrative:
Provvedimento di sospensione per mancata formazione addestramento (D.Lgs.81/2008, allegato I, punto 3) – in relazione alla parte dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni – la cui revoca dipende dall’ottemperamento degli adempimenti di salute e sicurezza, con superamento della violazione e rimozione delle conseguenze pericolose.Pagamento di una sanzione amministrativa di euro 300 per ciascun lavoratore interessato dal mancato addestramento.
*Un recente caso di infortunio sul lavoro ha messo in luce l’evoluzione da un modello antinfortunistico “iperprotettivo” a un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra Datore di Lavoro, RSPP e lavoratore..
Il caso riguarda l’infortunio di un operaio che – mentre era intento al tornio – al fine di prelevare il pezzo dopo la tornitura, aveva infilato la mano destra, indossante un guanto, nella zona di lavoro della macchina quando ancora gli organi erano in movimento. Il dito mignolo aveva quindi riportato la frattura scomposta della falange del 5° dito della mano destra (guarita in 98 giorni con inabilità temporanea di 40 giorni).
La Sentenza 13 gennaio 2022, n. 836 – Corte di Cassazione Penale, sez. IV-La Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato Datore di Lavoro ed RSPP responsabili del reato di lesioni colpose, per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro.
La Cassazione penale ribalta però la sentenza di condanna, ribadendo che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto passando da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del Datore di Lavoro – quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori – ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, lavoratori compresi. In tema di infortuni sul lavoro dunque, il Datore di Lavoro che ha: effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività,fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza, adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia,non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Aprile 2022
COMUNE DI BOLOGNA ORDINE DEI MEDICI ISTITUTO RAMAZZINI TUTTEPERITALIA ANT NoituttiperBologna
Regione EmiliaRomagna CGIL BO EMILIA ROMAGNA Cisl BO EMILIA ROMAGNA UILBO EMILIA ROMAGNA
Aderisce
“ COMITATO SERVIZI TERRITORIALI alle persone,alle famiglie,Dipartimento Benessere integrale (Pontificia Accademia Mariana )
Prevenzione salute sicurezza sul lavoro
https://www.ilsussidiario.net/news/sicurezza-sul-lavoro-il-modello-collaborativo-da-sviluppare-in-italia/2329275/
Alessandra Servidori Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro : formazione prima di tutto
L’ondata di infortuni sul lavoro che sta tormentando l’Italia riporta all’attualità le fragilità del nostro ordinamento relativo a prevenzione salute e sicurezza e soprattutto l’irrisolta questione delle modifiche sistematiche al T. U. 81/2008 apportate recentemente dalla legge n.215/2021 il cd decreto fiscale che ha irrobustito severamente le sanzioni dopo l’alluvione di decreti legge , protocolli, linee guida accordi, ecc a carico delle aziende. Vero è che un sistema prevenzionistico non può reggere sulla sola forza deterrente della sanzione poiché è evidente che l’incremento delle pene non può svolgere questa funzione. Fondamentale invece è però dotare imprese e luoghi di lavoro di veri presidi di competenze e professionalità,oltre al tema dell’identificazione di specifici standard formativi e alla definizione di chiari percorsi di aggiornamento professionale costruendo nuove professionalità in grado di muoversi negli ambienti di lavoro in sintonia con le molteplici trasformazioni in atto. Per esempio a proposito di formazione che è fondamentale, esiste un modo semplice ed allo stesso tempo efficace per assolvere l'obbligo formativo previsto dal decreto 81 ed evitare scomode sanzioni. Un modo che permette ai datori di lavoro di tutelare la salute dei propri lavoratori formandoli a dovere su tutti i rischi presenti in azienda, risparmiando sui costi sia in termini di spazio, che di tempo, che di denaro. Stiamo parlando dei corsi di sicurezza online svolti tramite metodologie didattiche innovative in modalità e-learning o blended (e-learning + aula/videoconferenza). Queste modalità, oltre ad essere consigliate per il particolare periodo in cui ci troviamo, sono progettate per essere compatibili con le esigenze di Datori di Lavoro e Lavoratori, in quanto "portano" i percorsi formativi all'interno dei luoghi di lavoro, tramite un semplice dispositivo dotato di connessione ad internet (come PC, Tablet o Smartphone).I corsi di sicurezza in modalità e-learning sono validi ai sensi degli Accordi tra Stato e Regioni, a condizione che vengano erogati da soggetti autorizzati e in possesso dei requisiti professionali (titoli di studio, attestati o esperienza) e dei requisiti tecnici (piattaforme e-learning che permettono il tracciamento dell'attività formativa). Un recente caso di infortunio sul lavoro ha messo in luce l’evoluzione da un modello antinfortunistico “iperprotettivo” a un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra Datore di Lavoro, RSPP e lavoratore.Il caso riguarda l’infortunio di un operaio che – mentre era intento al tornio – al fine di prelevare il pezzo dopo la tornitura, aveva infilato la mano destra, indossante un guanto, nella zona di lavoro della macchina quando ancora gli organi erano in movimento. Il dito mignolo aveva quindi riportato la frattura scomposta della falange del 5° dito della mano destra (guarita in 98 giorni con inabilità temporanea di 40 giorni).La Sentenza 13 gennaio 2022, n. 836 – Corte di Cassazione Penale, sez. IV. La Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato Datore di Lavoro ed RSPP responsabili del reato di lesioni colpose, per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. La Cassazione penale ribalta però la sentenza di condanna, ribadendo che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto passando da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del Datore di Lavoro – quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori – ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, lavoratori compresi.In tema di infortuni sul lavoro dunque, il Datore di Lavoro che ha: effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività,fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza,adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia,non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore. Nella nuova versione della legge 215/2021 vi è l’obbligo non più di dirigenti e preposti bensì dello stesso datore di lavoro di adeguata e aggiornata formazione secondo un accordo elaborato entro il 30 giugno 2022 dalla conferenza Stato Regioni. Fondamentale poi una sentenza della Corte di Giustizia Ue del 10 febbraio 2022 che in materia di trattamento e opportunità devono essere previsti soluzioni ragionevoli da parte del datore di lavoro per lavoratrici e i lavoratori disabili , con opportuna formazione.
Servizi per la famiglia : ripristinare i vaucer
ALESSANDRA SERVIDORI SERVIZI PER LA FAMIGLIA E LA CASA : IN ITALIA BISOGNA RIPRISTINARE I VAUCER
https://www.ildiariodellavoro.it/servizi-per-la-famiglia-e-la-casa-in-italia-bisogna-ripristinare-i-vaucer/
La divisione Politica sociale della Direzione dell'occupazione, del lavoro e degli affari sociali dell'OCSE (ELS) ha prodotto un rapporto sullo sviluppo di politiche nel settore dei servizi per la casa non di cura, che fornisce una vasta gamma di servizi, come la pulizia, la cucina e il giardinaggio. Questo settore è diventato molto importante per aiutare le famiglie a combinare le loro carriere con il loro onere domestico e quindi aumentare il loro equilibrio tra lavoro e vita privata. Tuttavia, questi servizi sono spesso forniti "nell'ombra" su base informale, quindi le famiglie acquistano servizi da lavoratori non registrati per evadere tasse e contributi. Ciò rende il lavoro sostanzialmente più economico, mentre i lavoratori portano anche a casa più della loro retribuzione, anche se al costo di condizioni di lavoro e protezione sociale molto peggiori. Le famiglie devono anche affrontare una qualità del servizio inferiore, in quanto non vi è alcun servizio in caso di malattia e nessuna formazione dei lavoratori – oltre al rischio molto reale di affrontare multe. Si punta quindi a identificare quali politiche di "formalizzazione" funzionano meglio nel ridurre il lavoro ombra, migliorare le condizioni di lavoro e la qualità del servizio e aumentare il benessere generale della famiglia. Il rapporto presenta politiche di servizi alle famiglie non di assistenza in Belgio, Finlandia, Francia, Germania e Svezia. In questa prospettiva, le misure identificate come più comunemente utilizzate in tutti questi paesi, sono i crediti d'imposta che sono l'approccio più comune utilizzato . Riducono i prezzi offrendo diversi gradi di trattamento fiscale favorevole al consumatore di tali servizi, che possono essere molto sostanziali e ridurre il prezzo del servizio fino al 50%.Un altro approccio è l'uso di voucher sociali che possono essere scambiati per lavori di servizio. Possono essere acquistati a prezzo ridotto dalle famiglie, come in Belgio, o sono emessi dai datori di lavoro per aumentare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata dei dipendenti, come in Francia.La relazione evidenzia alcuni punti chiave per il successo di tali misure e l'aspetto più importante per il successo di tali misure è renderle facili da usare e convenienti. Ad esempio, i voucher sociali sono, per progettazione, molto semplici da usare. In Belgio, sovvenzionano fino al 70% del prezzo normale del servizio. Per i crediti d'imposta è importante non solo renderli disponibili attraverso la presentazione annuale delle tasse, ma applicarli proprio quando i servizi vengono acquistati, in modo che le famiglie non siano di tasca propria. Questo viene fatto in Svezia e da quest'anno anche in Francia.Un secondo fattore importante è incentivare gli accordi di lavoro che offrono le migliori condizioni di lavoro. Ad esempio, il credito d'imposta francese è disponibile per le famiglie che impiegano direttamente lavoratori dei servizi, ma questo accordo spesso comporta condizioni di salute e sicurezza inadeguate e nessun accesso alla contrattazione collettiva. La Svezia e il Belgio, d'altra parte, subordinano i loro approcci all'acquisto di servizi da organizzazioni di fornitori di servizi. Ciò ha portato a migliori condizioni di lavoro per i lavoratori dei servizi.Nel complesso, queste misure possono essere piuttosto costose per lo stato, ma possono essere efficaci nel ridurre l'informalità e migliorare l'equilibrio tra lavoro e vita privata delle famiglie, il tutto aumentando le entrate fiscali e riducendo la spesa per i sussidi di disoccupazione.In Italia i buoni lavoro che venivano utilizzati per retribuire i lavoratori occasionali, sono stati abrogati già da qualche anno e sono state introdotte nuove regole per i vaucer inps.Le prestazioni di lavoro occasionale ora sono gestite da inps attraverso nuove forme contrattuali ; il libretto di famiglia e il contratto di prestazione occasionale.Nel 2019, in media, l'1,3% della forza lavoro registrata nei paesi OCSE era impiegata come lavoratrice di servizi domestici non assistiti e molti altri si dedicano a lavori sommersi in questo settore. Questi lavoratori, la maggior parte dei quali sono donne, forniscono una varietà di servizi che supportano le famiglie nella loro vita quotidiana, come le pulizie, il bucato, il giardinaggio e la cucina. Con l'aumento dello stress temporale all'interno delle famiglie, questi servizi possono essere un importante contributo al benessere delle famiglie. Ciò è particolarmente importante per le donne, che trascorrono più del doppio del tempo al giorno in lavori domestici non retribuiti rispetto agli uomini. Nonostante la sua natura non retribuita, stime prudenti suggeriscono che le faccende domestiche non di cura contribuiscono al nostro benessere economico tanto quanto il valore aggiunto medio del settore manifatturiero nell'OCSE. costo del lavoro formale relativamente elevato per i lavoratori a basso reddito in molti paesi dell'OCSE ha contribuito allo sviluppo di un ampio settore informale dei servizi per la casa non di assistenza in molti paesi. I lavoratori non dichiarati generalmente non hanno accesso alle prestazioni sociali, a una sufficiente protezione della salute e della sicurezza e/o a una formazione correlata all'occupazione, il che lascia molti di loro in condizioni occupazionali, sociali e sanitarie vulnerabili. Per ridurre l'incidenza del lavoro informale, integrare i lavoratori vulnerabili nel mercato del lavoro e migliorare le opportunità di lavoro e di carriera per le donne altrimenti impegnate in lavori domestici non retribuiti, diversi paesi dell'OCSE hanno introdotto una serie di programmi per formalizzare l'occupazione e la produzione nel settore dei servizi domestici non di assistenza.
Questa guerra va combattuta contro il tiranno omicida seriale
Alessandra Servidori
Ho ascoltato ho letto ho guardato e guardo e sono sempre più convinta che non si può essere ambigui, obliqui : questa guerra va combattuto contro il tiranno omicida seriale e sono contro questa insolente maggioranza dei suoi sostenitori. Sono contro questi disfattisti dell’alleanza occidentale e continuo a sostenere la mia idea di riconciliazione che è fatta di perseveranza di continuare a fornire armi alla resistenza. Sono contro una Germania e un’Austria codina e i miei fratelli e sorelle italiane filo russe che giurano di volere bene agli orfani e alle vedove e poi cancellano coloro che gridano che non hanno cibo,rifornimenti,munizioni,sono trucidati e circondati dai barbari. Sono disgustata di una associazione filo sovietica come ANPI che è fatta di pochi reduci che rappresentano solo i loro antichi rancori e sono esterefatta dei giovani Dem che ospitano i filo russi nei loro incontri. Sono fiera di Biden che aiuta gli ucraini come ci aiutò in guerra nella riorganizzazione logistica con armi uomini e preziosissima intelligence e sono delusa dell’inerzia de quell’Europa che complice le elezioni in Francia non si è accorta che la guerra è in una nuova fase e che il nemico è già qui. Sono consapevole che Lagarde a capo della BCE deve agire enfatizzando sia il rischio al rialzo dell’inflazione sia quello al ribasso per la crescita applicando crediti più restrittivi nei prossimi mesi e ora del deprezzamento dell’euro contro il dollaro e il calo dei rendimenti delle obbligazioni di tutta la zona euro. E infine sono consapevole lucidamente consapevole che il Presidente Draghi , delinquenzialmente osteggiato da Conte e Salvini sta portando avanti con fatica il mandato richiestogli da Mattarella.Ma è stanco e dobbiamo solo pregare Dio che continui a non lasciarci in questo mare di politica devastante.
Ripristinare i vaucer si può si deve
startmag RIPRISTINARE I VAUCER SI PUO' SI DEVE
L’intervento di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente il Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio
Ripristinare i voucher significa rivitalizzare uno strumento di sostegno al reddito con il quale è possibile garantire opportunità di lavoro ad almeno 50mila giovani studenti, pensionati, cassintegrati, profughi e percettori di reddito di cittadinanza nelle attività stagionali in campagna.
I dati sulla disoccupazione diramati da Istat per gennaio 2022 segnalano un aumento della popolazione inattiva in età di lavoro e un aumento della disoccupazione della popolazione femminile: la crescita del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,6%, pari a +74mila unità) è frutto dell’aumento osservato tra le donne e tra chi ha meno di 50 anni. Il tasso di inattività sale al 35,0% (+0,2 punti).
Ovviamente preoccupa la situazione anche a fronte di manodopera richiesta da alcune categorie in particolare legate all’economia alimentare sopraffatta da crisi energetica e di approvvigionamento di materie prime.
Con l’arrivo nel nostro paese di profughi in gran parte donne e bambini che fuggono dalla guerra il governo si appresta ad organizzare l’assistenza, ma è evidente che la questione prevede un lungo e non breve periodo, dunque è necessario riflettere sulle opportunità di lavoro da offrire a questa popolazione, anche a fronte di una loro grande disponibilità a rendersi operativi.
In questo contesto il Governo valuti concretamente, come affermato anche da una categoria fortemente radicata sul territorio come Coldiretti, la reintroduzione del voucher “agricolo” strumento di sostegno al reddito con il quale è possibile garantire opportunità di lavoro ad almeno 50mila giovani studenti, pensionati, cassintegrati, profughi e percettori di reddito di cittadinanza nelle attività stagionali in campagna.
In una riunione operativa con la rappresentante Maria Cerabona come tavolo interistituzionale sulla prevenzione delle patologie professionali, si è convenuto che ora è fondamentale nell’ambito dell’allarme globale provocato dal coronavirus e l’attuale emergenza della guerra Ucraina l’emersione di una maggior consapevolezza sul valore strategico della filiera del cibo e delle necessarie garanzie di quantità, qualità e sicurezza, mettendone in evidenza tutte le fragilità sulle quali è necessario intervenire con misure di emergenza per salvare i raccolti.
Sicuramente l’Italia in questo momento non ha bisogno di posizioni ideologiche ma di scelte pragmatiche e i voucher in agricoltura servono subito per continuare a garantire le forniture alimentari di cui il Paese ha bisogno e non far marcire i raccolti nei campi ma anche per offrire un’occasione di integrazione del reddito alle tante persone con difficoltà occupazionali trasformando un problema in opportunità per il Paese.
In gioco ci sono le operazioni di raccolta primaverili ed estive, che vanno dalla frutta agli ortaggi, ma anche la vendemmia che tradizionalmente inizia in Italia ad agosto e continua in un percorso che prosegue a settembre e ottobre con la raccolta delle grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e che si conclude addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello. Un settore da primato del Made in Italy con l’Italia che è il primo produttore mondiale davanti alla Francia.
Ricordiamo che i voucher sono stati per la prima volta introdotti in Italia solo per la vendemmia il 19 agosto 2008, con circolare Inps, con l’obiettivo di ridurre burocrazia nei vigneti e dare una possibilità di integrazione del reddito a studenti e pensionati che sono andate perdute in seguito all’abrogazione dovuta ai casi di abuso favorito ad un eccessivo allargamento ad altri settori e che in realtà non hanno riguardato il settore agricolo.
Nel corso degli anni successivi l’agricoltura è stata l’unico settore che è rimasto praticamente “incatenato” all’originaria disciplina “sperimentale” con tutte le iniziali limitazioni (solo lavoro stagionale e solo pensionati, studenti e percettori di integrazioni al reddito) che gli altri settori non hanno mai più conosciuto fino all’abrogazione. Non è un caso che il numero di voucher impiegati in agricoltura sia praticamente rimasto stabile con circa 2 milioni di tagliandi venduti nell’anno prima dell’abrogazione del 2017. Più o meno gli stessi dei 5 anni precedenti, per un totale di 350mila giornate di lavoro che potrebbero aiutare molti italiani e italiane , non solo, in difficoltà per la mancanza di lavoro.
Per Laura Massaro giustizia è fatta.L'alienazione genitoriale è una grande violazione dei diritti
ALESSANDRA SERVIDORI Per Laura Massaro giustizia è fatta
Laura Massaro dopo 9 anni , vittima di violenza dell’ex compagno,, ha lottato con la giustizia per non farsi portare via il figlio come richiesto dall'ex compagno e oggi finalmente ha vinto. La sentenza in Cassazione ha accolto 'in toto' il ricorso presentato dalla madre 42 anni, romana, accusata di essere mamma alienante e per questo in lotta da anni, nelle aule di tribunale per evitare che le venisse portato via il figlio oggi dodicenne come richiesto dall'uomo da cui è separata da quando il bimbo era piccolissimo. I giudici hanno ora annullato la decisione di decadenza dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore e di trasferimento del bambino in casa-famiglia, ritenendo l'uso della forza in fase di esecuzione fuori dallo Stato di diritto. Secondo la Cassazione: l'alienazione parentale viene condannata e messa al bando, il superiore interesse del minore viene rimesso al centro anche rispetto al diritto alla bigenitorialità e viene detto che essi non sempre coincidono e che di fronte alla necessità per il bambino di ricostruire un rapporto con il padre bisogna sempre considerare il suo trauma nel distacco con l'unico affetto della mamma. Viene bandito l'uso della forza. In sostanza viene chiarito che se una bambina o un bambino esprime la volontà di stare con la madre si indaga e si mette al centro la sua volontà". la Cassazione ribadisce che "il richiamo alla sindrome d'alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre".La Suprema Corte, ha quindi cassato la decisione del tribunale che aveva disposto l'allontamento del bambino, la decadenza della responsabilità genitoriale e l'interruzione dei rapporti tra mamma e figlio "poiché ha inteso realizzare il diritto alla bigenitorialità rimuovendo la figura genitoriale della madre e ciò sulla base di apodittiche motivazioni che richiamano le consulenze tecniche, tutte volte all'accertamento dell'alienazione parentale, nonostante la stessa sia notoriamente un costrutto ascientifico".Nell'ordinanza si osserva che il diritto alla bigenitorialità, così come ogni decisione assunta per realizzarlo, non può rispondere a formula astratta "nell'assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita del minore, privato 'ex abrupto' del riferimento alla figura materna con la quale, nel caso concreto, come emerge inequivocabilmente dagli atti, ha sempre convissuto felicemente, coltivando serenamente i propri interessi di bambino, e frequentando proficuamente la scuola".La Cassazione, inoltre, ha ritenuto nullo il provvedimento dell'autorità giudiziaria di merito per non avere proceduto all'ascolto del minore. Quanto poi all'uso della forza per sottrarre il minore dal luogo ove risiede con la madre e collocarlo in una casa-famiglia, la Corte ha giudicato questa misura "non conforme ai principi dello Stato di diritto - riferisce Differenza Donna - in quanto prescinde del tutto dall'età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore".
La sfida di Marco Biagi di cui oggi c'è ancora più bisogno
LAVORO E POLITICA/ La sfida di Marco Biagi di cui oggi c’è ancora più bisogno
Pubblicazione: 16.03.2022 - Alessandra Servidori www.ilsussidiario.net
Sono 20 anni che Marco Biagi non è più con noi, ma le sue idee e proposte sul mercato del lavoro sono di un’attualità straordinaria
Sono 20 anni che il Prof. Marco Biagi non è più con noi. Ma ancora oggi, e ancora di più, i suoi lavori e le sue discipline di eccellente pragmatico studioso sono di un’attualità straordinaria incardinate nella realtà che viviamo nel mondo del lavoro al quale lui dedicò la sua opera e il suo sacrificio, che ancora oggi ci brucia sulla pelle, consumato dai brigatisti assassini perché lasciato solo dalle istituzioni per cui lavorava.
La ridefinizione di profili professionali interdisciplinari per far fronte alla richiesta di innovazione di un’economia massacrata dalla pandemia e dai ritardi di alcune riforme fondamentali di un mercato del lavoro ingessato, ci ricordano quello che lui ha proposto e scritto per “ciò che riguarda il profilo giuridico del mondo del lavoro e la conoscenza del dato legale che deve venire calata nella realtà economica e sociale in cui la regola è chiamata ad operare” (Diritto delle relazioni industriali, XII (2002), p. 3).
Per Marco Biagi “è buona regola, prima di formulare le proposte concrete e dettagliate di tipo legislativo, presentare in forma di studio, con opzioni aperte, un programma che possa raccogliere suggerimenti, contributi e consigli da parte dei vari interlocutori” (Biagi, Libro bianco sul mercato del lavoro, presentazione alla consulta dell’Ufficio delle politiche sociali e del lavoro, Roma 25 gennaio 2002). Oggi siamo di fronte a un’ennesima sfida di modernizzazione del mercato del lavoro che ha sempre guidato l’impegno del nostro Professore strappato alla vita da menti e proiettili di terroristi, belve furiose. La sfida del Governo di oggi è ancora quella di 20 anni fa: l’importanza della competenza, della mediazione e del pluralismo nel campo del diritto del lavoro, che nell’opera di Biagi non riguarda solo i contenuti, ma il metodo, l’approccio culturale, il superamento della concezione tolemaica della giurisprudenza del lavoro per metterlo in relazione con le trasformazioni dell’economia, dei mercati e dell’organizzazione del lavoro.
Marco Biagi rifiutava l’idea e la concezione di un diritto immutabile, ormai ibernato nell’ideologia, proteso a escludere e a ignorare quanto non fosse riconducibile ai soliti canoni. La vera differenza, infatti, sta nel fare o nel non fare, nell’innovare con responsabilità e coraggio o nel conservare con egoismo e ostinazione. Vent’anni dopo la sua opera rappresenta la verità e la sua legge è ancora il Faro delle possibili riforme (ancorché disattese) necessarie al mercato del lavoro, alle politiche attive, al nostro Paese.
Lo spunto costruttivo di Marco rappresenta sicuramente il punto alto della sua instancabile ricerca di ciò in cui credeva fermamente: l’esistenza, come scrive nel 2001, di “un percorso innovatore che andasse ben al di là delle appartenenze politiche”. Hanno ucciso l’uomo, ma le sue idee vivono ancora forti insieme a noi.
Venerdì 18 marzo, alle 17:30, l’autrice modererà l’incontro “Il riformismo per la dignità del lavoro” (Sala degli anziani di Palazzo d’Accursio a Bologna) dedicato a Marco Biagi. Intervengono Matteo Lepore, Giuliano Cazzola, Bruno Tabacci, Marco Bentivogli e Romano Prodi. Previsto il saluto di S.E. Card. Matteo Zuppi.
Attenzione lo smart working si modifica
Alessandra Servidori Attenzione lo smart working si modifica
Salvo proroghe dell’ultimo minuto dello stato di emergenza da COVID-19, il cui termine è attualmente fissato al 31 marzo 2022, le aziende che fino ad oggi hanno fatto ricorso al lavoro agile semplificato e che intendano mantenerlo come modello organizzativo strutturale, dal 1° aprile, dovranno predisporre accordi individuali con i lavoratori, secondo le modalità dettate dagli artt. da 18 a 23 della L. 81/2017 e dal Protocollo nazionale sul lavoro agile nel settore privato, che definisce le linee di indirizzo per favorirne la regolamentazione da parte della contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale.
La disciplina “ordinaria” dello smart working, infatti, prevede che l’accordo (a tempo determinato o indeterminato) sia redatto in forma scritta, ai fini della regolarità amministrativa e della prova. Quanto al contenuto, le parti dovranno concordare i giorni settimanali durante i quali il dipendente potrà lavorare al di fuori dei locali aziendali (può trattarsi di un giorno o di tutta la settimana lavorativa) e le modalità di svolgimento della prestazione, che potrà essere inquadrata senza precisi vincoli di orario – purché entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale – o di luogo di lavoro e organizzata per fasi, cicli e obiettivi.
Tramite l’accordo individuale trovano regolamentazione anche l’esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro, l’utilizzo degli strumenti di lavoro messi a disposizione del dipendente, nonché il tempo di riposo del lavoratore e le misure necessarie a garantirne il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni di lavoro.
Fino al prossimo 31 marzo, come anche chiarito da alcune FAQ pubblicate dal Ministero del Lavoro sul proprio sito istituzionale, il ricorso allo smart working resta semplificato (cfr. circolare del 2 gennaio 2022), ossia privo di accordo individuale con il lavoratore e con la possibilità per l’azienda di comunicare “massivamente”, tramite l’apposito applicativo informatico disponibile su Cliclavoro, i dati anagrafici dei lavoratori interessati, mediante l’invio di un unico file Excel; oltre ai nominativi dei lavoratori interessati, precisa il Ministero, occorre indicare anche la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile.
Si ricorda inoltre che, a seguito della conversione del DL n. 221/2021 con L. n. 11/2022, fino al 31 marzo 2022 i lavoratori fragili hanno diritto:
- a svolgere la prestazione lavorativa in smart working, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, così come definite dai contratti collettivi vigenti;
- a svolgere specifiche attività di formazione professionale, anche da remoto;
- se la prestazione non può svolgersi in modalità agile (sempre fino al 31 marzo), è prevista l’equiparazione del periodo di assenza dal servizio al ricovero ospedaliero.
Per ciò che concerne la gestione ordinaria dei lavoratori agili, giova ricordare che la decisione di optare per lo smart working è revocabile; le parti possono, infatti, recedere dall’accordo individuale e, quindi, tornare a rendere la propria prestazione “in presenza”, secondo le modalità tipiche del rapporto di lavoro subordinato.
In caso di accordo “a termine”, lo smart working cesserà alla scadenza indicata nell’accordo, mentre in caso di accordo a tempo indeterminato, il recesso è consentito rispettando un termine di preavviso di 30 giorni, elevato a 90 giorni nel caso in cui l’accordo venga stipulato con un lavoratore disabile, ex ART. 1 della L. n. 68/1999.
In presenza di un “giustificato motivo”, è invece possibile recedere liberamente:
- in caso di accordo a tempo determinato: senza il rispetto del termine prefissato;
- in caso di accordo a tempo indeterminato: senza il rispetto dei termini di preavviso.
In assenza di indicazioni normative, il recesso dall’accordo sul lavoro agile può essere esercitato sia in forma orale che scritta.