Giovani,paura,Europa,futuro.Parliamone con loro
Alessandra Servidori
Tra i banchi di scuola : giovani,paura, Europa,il futuro.Parliamone con loro
Mentre Londra si prepara ad avviare formalmente la Brexit, e i leader europei discutono sul documento che dovrebbe indicare il futuro dell’Unione europea in occasione delle celebrazioni dei 60 anni dei Trattati di Roma che domani hanno il momento più significativo,sempre a Londra torna la paura per l’attacco a Westminster, in un periodo in cui gli occhi sono già puntati su di loro per il prossimo 29 marzo. Crescono intanto le incognite sul futuro dei rapporti tra Londra e Bruxelles nell’anno in cui si tengono elezioni cruciali in Francia e Germania. Dopo la Gran Bretagna, esiste per l’Ue il rischio di altre “exit”? O la Brexit può anche rappresentare un’opportunità per rilanciare l’integrazione europea? A tenere banco è un’ipotesi non nuova, rilanciata al vertice di Versailles del 6 marzo: l’Europa a più velocità. Un’opzione che solleva diverse questioni: rappresenta la constatazione che l’integrazione a 27 non è più possibile? Qual è il suo elemento di novità, visto che l’Eurozona viaggia già oggi a ‘diversa’ velocità? Su quali temi costruire gruppi a velocità diversa e chi ne farà parte? A che velocità potrà andare l’Italia? E, infine, non è questa un’ipotesi prematura visto che a breve si voterà in paesi chiave come la Francia e la Germania?
l’Unione europea si trova ad affrontare per la prima volta il rischio concreto di disintegrazione. I negoziati sulla Brexit, la tenuta della moneta unica, le difficoltà ad adottare politiche efficaci per affrontare sfide come quella migratoria rendono incerto il cammino futuro dell’Unione. A ciò si aggiungono importanti appuntamenti elettorali che, dopo l’Olanda, interesseranno la Francia e la Germania. Come rilanciare il processo d’integrazione? Su quali temi si può costruire un’Europa a più velocità? Come rispondere alla crescita di movimenti e partiti euroscettici e populisti? Per cercare di rispondere a questi e altri quesiti sul futuro dell’Ue dobbiamo in questi giorni e sempre di più nei prossimi giorni parlarne con i nostri giovani che sono il nostro futuro.Non la sciarli soli insomma, tirarli dentro anche per contrastare la loro inquietudine, e renderli concretamente protagonisti di una discussione partita oltre 60 anni fa, di un percorso difficile che oggi si contestualizza in una dimensione tutta nelle loro mani.Dobbiamo non essere distrtti, dobbiamo essere generosi e dedicare alla nostra gioventù il tempo che serve loro per capire il valore della vita, della responsabilità, dell’opportunità.
Vogliamo un’Europa che metta in atto misure concrete e strutturali per risolvere il dramma della la disoccupazione femminile e giovanile e rilanci l’occupazione investendo nella difesa e sicurezza del territorio, nella salute, nell’istruzione/formazione e nella ricerca.Vogliamo un’Europa sociale che contrasti la precarietà del lavoro delle donne,in particolare delle giovani donne e le crescenti povertà, istituendo anche un reddito di base garantito in tutti i paesi membri.Vogliamo un’Europa innovativa che con coraggio ripensi a nuovi programmi di istruzione e di formazione, crei nuovo lavoro, sviluppi l’imprenditorialità delle donne e la leadership.Insieme verso una nuova Europa è la narrazione sull’innovazione, sulla sostenibilità e sulla capacità di rinnovarsi verso un “nuovo inizio”, passo dopo passo, salvaguardando una dimensione locale ma dimostrando una vocazione internazionale. Disegnare una nuova Europa, partendo da una prospettiva meridionale e con una passione tutta locale, con lo sguardo rivolto al Sud,verso il Mediterraneo. Un viaggio lento percorso con la consapevolezza che puntare sulla cultura è centrale per la collettività e che tutte/i saranno chiamati all'appello, in un grande movimento di energia dove ciascuna/o potrà esprimere il meglio di sé, in quanto l'arte, la cultura e l'espressione creativa sono parte essenziale della vita di tutti i giorni delle persone, per costruire una “comunità resiliente europea” di bambini/e, ragazze/ragazzi, donne e uomini, giovani e anziani, indipendentemente da età, genere, provenienza, status sociale e residenza. Costruire insieme un percorso ampio e suggestivo di sviluppo sociale e urbano delle città, in cui si dà valore alle “economie locali” e alle filiere economico/produttive dove “la cultura diventa la dimensione strutturante dello sviluppo”.
Bussola sulla salute Mentale
TutteperItalia pubblica la Bussola sulla salute mentale, predisposta da TuttiperBologna, in collaborazione con la nostra associazione, il Comune di Bologna e il Centro Studi Lavori e Riforme (Ceslar) dell'Università di Modena e Reggio Emilia.
Di seguito anche la lettera di sostegno all'iniziativa a firma del senatore Maurizio Sacconi-Leggi allegato
Tutto anche su www.ceslar.unimore.it
La Rai bacchettona a senso unico
Alessandra Servidori
La Rai bacchettona a senso unico
La questione Perego e la polemica che ne è seguita è insopportabilmente demenziale.Non ho visto la trasmissione perchè ritengo che comunque i talk show , compreso quello di Giletti, siano diventati ciò che proprio un servizio pubblico non dovrebbe essere :populista e volgare.Premesso ciò la trasmissione incriminata sarà stata anche priva di decoro e anche sessista ma ritengo che ancora più spregevole sia stata la serie di quel semipoliziotto Coliandro che al cimitero di Bologna, la famosa Certosa, ha girato scene erotiche andate in onda in prima serata condite da esclamazioni come ca...i e fi...e ripetute . Ma in che paese viviamo ? E perchè pagare il canone coatto di un servizio di Stato guardone ?
19 marzo 2017 : la politica che non vogliamo più
Alessandra Servidori 19 marzo 2017
La politica maleodorante , vandalica e devastante che non vogliamo più
Oggi si ricorda il martirio di Marco Biagi e questo governo di balordi si fa fotografare alle cerimonie in cui si dice che il giuslavorista era un talento incompreso e contemporaneamente massacra una delle sue intuizioni più felici che hanno liberalizzato i lavori occasionali, mettendo così il turismo italiano in ginocchio, unico settore in cui ancora siamo magicamente straordinari valorizzando il patrimonio che i nostri antenati ci hanno lasciato e che la cattiva politica non ha distrutto ancora tutto. Oggi i giornali ci danno la notizia delle nomine nelle partecipate dello Stato ed è un giro di valzer indegno di un Paese civile : Alessandro Profumo, dopo che ha distrutto Unicredit e Monte dei Paschi lo mettono a Leonardo/Finmeccanica,cacciando Aldo Amoretti che avrà anche un carattere arrogante ,ma è un bravo manager che ha portato in attivo-e di molto- un’azienda in declino,e soprattutto la sua boria è costruttiva e non demenziale come quella del giovane toscano che ancora oggi sembra camminare sulle acque.Oggi il Presidente Mattarella afferma davanti ad una platea di amministratori locali che mafia, camorra,andragheta corrompono e attraversano a sistema una parte della classe politica e amministrativa del paese e la contamina,e gli applausi scrosciano come se loro non ne fossero partecipi. Oggi e ieri Isis colpisce il cuore dell’Europa e noi appena ce ne accorgiamo e non ricordiamo che Roma si sta preparando ad ospitare 40 capi di Stato per la celebrazione del trattato di Roma la prossima settimana, con diecimila agenti armati che presidiano le strade della capitale mentre l’Europa divisa non è in grado di riaffermare i suoi valori democratici , di solidarietà, di sicurezza. E ancora oggi dobbiamo sorbirci le esondanti diatribe del PD , dei 5 stelle , dei gli ex socialisti, dei cambiamenti patetici di nome dei disperati di Alfano senza una proposta seria e concreta di mettere i nostri conti in equilibrio ,mentre si straparla di vaucer, di povertà, di giovani che “potrebbero lavorare gratis”?, e dove sui giornali “de sinistra” compiano gli appelli dei paludati universitari emiliani romagnoli che vogliono abolire i vaucer e contestano la legge sugli appalti.Oggi un padre mette su internet la sua disperazione per il figlio vittima dei bulli e l’impotenza ci coglie e ci fa gridare : no ! basta ! E’ un dovere morale reagire e prendere in mano le redini del nostro Paese.
Una rete virtuosa dalla parte dei cittadini e della salute
Alessandra Servidori Una rete virtuosa dalla parte dei cittadini e della salute
Sfida al dolore. L'associazione Hope della quale è presidente Beatrice Ferragamo lancia il numero verde 800-894140 per i cittadini che soffrono. Un numero dedicato a chi ha dolore: un servizio garantito da Hope(Hold On, Pain Ends, la prima associazione impegnata a 360° nella lotta al dolore, nata per dare voce ai cittadini e per fronteggiare un’emergenza sociale ed economica che colpisce un cittadino su quattro), con un costo di oltre 70 miliardi di euro annui. Il Numero Verde contro il dolore vuole integrare i servizi ai pazienti previsti dalla legge 38 del 2010, e supplire alla mancanza di strutture di supporto nelle regioni che ancora non la hanno applicata . Chi chiamerà sarà assistito da esperti qualificati che gli sapranno indicare cosa fare in caso di dolore cronico, a chi rivolgersi, dove andare, quali sono le strutture più adatte al suo caso, e saprà quali sono i suoi diritti, tutelati dalla Legge 38/2010 ("Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore"), additata anche dall’ONU come modello di tutela dei cittadini con dolore, ma applicata ancora in modo parziale e difforme sul territorio italiano, e ignorata dal 40% dei cittadini italiani. Un servizio a 360° nella lotta al dolore, nato per supportare e dare nuova speranza a chi soffre. Un’associazione che non si rivolge solo ai pazienti, ma anche alle loro famiglie e ai caregiver che li assistono, perché quella del dolore è un’"epidemia silenziosa" che colpisce il 26% degli italiani, e che ha un altissimo costo sociale ed economico. Il dolore, oltre al fattore umano, che ovviamente è centrale, ha anche un impatto sociale ed economico come emerge anche da uno studio del Servizio di Terapia del Dolore del Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell’Università di Parma, che stima che il costo sociale medio annuo del dolore cronico per paziente in Italia sia di 4.556 euro, per un totale di oltre 70 miliardi di euro all’anno, di cui quasi un terzo, il 31%, cioè più di 21 miliardi, va a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Tra i costi evidenziati dalla ricerca, quelli per visite del medico di famiglia e procedure specialistiche incidono per il 28%; mentre i costi di ricovero in degenza ammontano al 51%. Preoccupanti anche i costi indiretti del paziente-tipo (3.156 euro), per un danno economico quantificabile in quasi 50 miliardi di euro, come conseguenza della compromessa capacità lavorativa che il dolore può causare, mentre quelli dovuti alle brevi assenze (congedi) per malattia incidono per quasi un terzo (31%).Numeri impressionanti, che danno la misura della gravità dell’"emergenza dolore. Per questo, Hope vuole supportare le tante associazioni di assistenza ai pazienti con dolore che già fanno un ottimo lavoro in Italia, integrando il loro lavoro e facendo “rete”, perché ritiene che l’unico modo per sconfiggere il dolore sia quello di fare fronte comune, coinvolgendo anche la classe medica e le istituzioni. Dobbiamo capire tutti insieme che il dolore è esso stesso una malattia, e che non alleviarlo o eliminarlo equivale ad una omissione di soccorso .La legge 38 sta facendo un salto di qualità: diventa un progetto che vive nella rete territoriale e in questo modo, se vivrà nei servizi specifici del territorio, potrà occuparsi della cronicità e del dolore". Le "cure palliative" inserite nei nuovi Livelli essenziali di assistenza garantiranno prestazioni gratuite nel rispetto dell'universalismo della sanità italiana. Le Regioni dovranno adeguarsi ai Lea e si dovrà vigilare perché questo accada anche perché le differenze tra Regioni nei servizi ai cittadini stanno diventando insopportabili. La ricerca nel campo del dolore accanto a un lavoro incessante di formazione è fondamentale affinché da parte dei medici di base ci sia sempre più informazione nei confronti dei cittadini. Importante sarà anche approfondire in una indagine conoscitiva la depressione per togliere un po' di polvere da questi argomenti considerati quasi estranei alla politica che, invece, deve occuparsi proprio di ciò che tocca le persone ogni giorno.A questo proposito a Bologna, attraverso l’Associazione TutteperItalia,Ceslar Unimore,Noi tuttiperBologna, già promotrici dell’Astuccio per i lavoratori e lavoratrici affetti da patologie oncologiche, lunedì 13 pv sarà presentato con il Patrocinio del Comune e dell’Asl la Bussola per conoscere le norme e i servizi per la salute mentale. E ovviamente la rete delle associazioni e delle istituzioni è una forza formidabile.
UE e Spesa sociale+Giovani e ITC
Alessandra Servidori UE e spesa sociale formiche.net marzo 2017
In questi giorni l’attenzione dei mass media è assorbita dalla scelta di alcune persone invalide di procurarsi il fine vita fuori dal nostro Paese. Ora anche la politica, chiamata in causa per l’assenza di una legge più volte richiesta,pare abbia calendarizzato per la seconda decade di marzo la discussione in aula di un testo. Sarebbe utile a questa nostra Italia già così lacerata e debole sul versante delle politiche sociali, discutere e avere informazioni su come la dimensione Europea e dunque le assemblee della Commissione e del Consiglio stanno procedendo in merito all’importanza della spesa sociale che tanta parte è di una situazione allarmante . In pochi sappiamo che la Ue, alla fine del 2016, ha deciso di istituire un Pilastro europeo dei diritti sociali quale strumento per ottenere un’Europa , come ha dichiarato il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, significativa e di esempio per gli altri paesi, e ci sono alte aspettative in merito tra gli addetti ai lavori nel settore delle politiche sociali pubbliche in Europa. L’Estonia ( ESN ) come responsabile del semestre ,ha pubblicato il documento di risposta alla consultazione pubblica lanciata dalla Commissione, offrendo un messaggio affinchè il Pilastro vada oltre i confini degli ambienti politici di Bruxelles e arrivi alle comunità locali europee e la società civile. Vi è dunque la necessità di ulteriori sforzi per garantire il coinvolgimento anche dei responsabili dei servizi sociali negli enti regionali e locali, in quanto sono loro a svolgere un ruolo chiave nell’attuazione delle politiche sociali. Siamo ancora in un momento di divergenza crescente tra gli Stati membri di tutta l'UE, contraddistinto dallo scenario a favore della Brexit, da una riluttanza da parte degli Stati membri al coinvolgimento della Commissione nelle questioni di tutela sociale e da un’enfasi crescente sul principio di sussidiarietà nazionale. Proprio a causa di questi aspetti, è necessario che i principi proposti nel Pilastro siano interpretati correttamente. Una sfida chiave per il Pilastro è come renderlo pertinente per i servizi sociali pubblici negli enti regionali e locali. In tale ottica, la domanda da porsi è come sia collegata la proposta del Pilastro agli obblighi di legge fondamentali degli enti locali. Questi possono includere l’operato svolto dai servizi sociali pubblici con le famiglie vulnerabili, l’offerta di alloggio ai senzatetto, la tutela ai bambini che necessitano di una difesa dai maltrattamenti, la tutela e la salvaguardia degli adulti vulnerabili con disabilità o l’offerta di assistenza e sostegno agli anziani fragili. Per assicurare una corretta implementazione del Pilastro a livello locale,la proposta prevede tre aree principali: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione sociale adeguata e sostenibile. Tali aree sono molto legate all’occupazione e, in base alle modalità di formulazione della proposta attuale, esiste il rischio che i diritti sociali sono intesi come diritti collettivi conferiti in base allo stato di occupazione. Al contrario, i diritti sociali sono diritti individuali che si applicano alle persone di tutte le età e a chiunque, indipendentemente dallo stato o meno di occupazione. La priorità per l’Italia si concentra sul settore della protezione sociale e, in alcuni casi in particolare, offre suggerimenti per una revisione dei principi. Ad esempio, auspichiamo che il Pilastro riconosca il dovere assistenziale delle autorità pubbliche verso l'individuo per l’intera durata della sua vita. Questo garantirebbe la rilevanza dei principi di protezione sociale del Pilastro per gli enti locali che, nella maggioranza dei Paesi europei, hanno l’obbligo legale di proteggere le persone più vulnerabili nei momenti critici della loro vita.Il Pilastro potrebbe essere utile per stabilire gli obiettivi strategici a lungo termine, per promuovere una maggiore coerenza tra le misure politiche nei vari Stati membri e per arrivare a una definizione di norme sociali consensuali in tutti gli stati sociali a livello europeo. In termini di miglioramento della convergenza tra gli Stati membri, è essenziale che i principi politici all'interno della proposta includano una combinazione di misure di investimento sociale e di tutela sociale. E’ bene aver consapevolezza che la proposta del Pilastro affronti le modalità di attuazione degli aspetti evidenziati in ogni singolo principio e la problematica delle responsabilità dell’attuazione, alla luce del fatto che detti aspetti sono spesso trattati da diversi dipartimenti governativi, a diversi livelli, negli Stati membri. Pertanto, il raggiungimento del livello locale e la garanzia dell’ottenimento delle relative opinioni, la presa in considerazione delle responsabilità di quanti operano nelle comunità locali di tutta Europa e delle sfide che devono affrontare, sono tutti aspetti fondamentali per garantire che il Pilastro sia non solo una dichiarazione di principi ma si trasformi in un vero e proprio strumento di impatto a livello locale.
Alessandra Servidori GIOVANI E ITC formiche.net febbraio 2017
Opportunamente ci interroghiamo su come riparare al fatto che i nostri giovani non sanno più scrivere e addirittura comporre un tema correttamente, scandalizzati perché al concorso per maestri elementari in pochissimi concorrenti hanno superato la prova scritta a causa degli orribili strafalcioni nonché sbagli di ortografia a causa di un forsennato uso dei computer e strumenti elettronici tanto che prendiamo atto che la società italiana del 2020 si sta robotizzando. La questione più inquietante è che il posto dell'Europa nel futuro delle TIC dipenderà dalla sua capacità di lavorare insieme per gestire l'innovazione digitale e di cambiamento dirompente sul continente. Secondo la Commissione europea, la domanda di lavoratori ICT è in crescita del 4% ogni anno, mettendo a repentaglio il potenziale dell'UE per la crescita e la competitività digitale superando fornitura. L'Europa deve affrontare una carenza di circa 756.000 professionisti ICT entro il 2020, con una mancanza di sinergia tra i sistemi di istruzione e le esigenze del mercato del lavoro. Paradossalmente, questi cambiamenti si verificano mentre l'Europa ristagna, con milioni di persone di fronte a prospettive ridotte e la disoccupazione. E dunque gli E-Skills sono ora una grande opportunità per creare posti di lavoro in una rivoluzione digitale. Nel giugno 2016 la Commissione europea ha lanciato un'agenda” Nuove competenze per l'Europa”, con le competenze digitali come una componente chiave. Essa presenta una serie di azioni e iniziative che cercano di ridurre il deficit digitale in Europa , con la Commissione che ha inoltre invitato gli Stati membri a creare ampie strategie nazionali di competenze digitali entro la metà del 2017. Per aumentare ulteriormente la consapevolezza, la Commissione ha inoltre proseguito la campagna 'e-competenze per Jobs , aggiornata con un vasto manifesto di competenze informatiche rilasciato nel dicembre 2016. I piani di digitalizzare l'industria europea, oltre a una migliore formazione per la forza lavoro e le iniziative in e -government, dimostrano il profondo cambiamento strutturale nella tecnologia e nella società e la necessità immediata di un'azione collaborativa.
Nonostante una strategia forte, l'esplosione delle tecnologie mobili, big data, cloud e social media continuerà a trasformare radicalmente l'ambiente di lavoro di oggi. Ci sono domande sulla sicurezza informatica e privacy, e molti rimangono sotto-qualificati o non collegati. D'altra parte, la digitalizzazione di prodotti e servizi apre ampie opportunità per l'innovazione, gli investimenti e la creazione di nuove imprese e posti di lavoro. Nel solo settore app UE si prevede di fornire 4,8 milioni di posti di lavoro entro il 2018, con un impatto positivo sulla disoccupazione giovanile e lo spirito imprenditoriale. Liberare tutto il potenziale dei cittadini può quindi consentire all'Europa di sviluppare la formazione e diventare un leader nel web imprenditorialità. Questa realtà internazionale offre un'opportunità preziosa per le principali parti interessate del settore pubblico e privato per esplorare le misure che vengono adottate per ridurre la carenza di competenze informatiche, le lacune e discordanze, e di utilizzare la tecnologia per un paesaggio europeo più competitivo e prosperoso. L’Italia nell’incoraggiare ad impegnarsi su questo fronte deve contemporaneamente recuperare con uno sforzo straordinario la cultura della lettura, dell’esposizione e della scrittura della lingua italiana perché una società giovane e del lavoro che non sa scrivere e rapportarsi personalmente rischia di essere discriminata due volte. Per non rimanere fuori dallo sviluppo bisogna da subito rimboccarsi le maniche, cominciare dalla scuola dell’infanzia e via via riservare ai programmi di scuola di ogni ordine e grado una parte fondamentale del linguaggio, della scrittura, della sintassi.
E IL LAVORO AUTONOMO????
Alessandra Servidori formiche.net 21febbraio 2017 Dove è finito il ddl sul lavoro autonomo?
La riforma del lavoro autonomo, annunciata più volte come imminente, giace in parlamento ostaggio di veti e contro veti, nonostante le articolate mediazioni avvenute in commissione lavoro al Senato e le dichiarazioni subito dopo la presentazione del disegno di legge che nel novembre del 2016 sembrava cosa già fatta. Allora il relatore senatore Sacconi affermò che la larga condivisione parlamentare, oltre i confini della maggioranza del testo, a sostegno e promozione del lavoro autonomo, come del lavoro “agile”, era indicativo di una apertura politica e culturale alla responsabilità del risultato in ogni prestazione lavorativa, accentuata dalle capacità indotte dalle nuove tecnologie digitali. È questo infatti l’elemento comune di un provvedimento che riconosce la diffusione della fragilità ed il conseguente bisogno di tutele in ogni prestazione lavorativa. Ma promuove soprattutto la maggiore capacità di tutti i lavori, dipendenti e indipendenti.
Significativo fu allora il dato dell’Istat, poi successivamente confermato in crescita, che segnala, ancora oggi, dopo un lungo periodo negativo, la crescita dei lavori indipendenti per ben oltre 60 mila unità. Come è significativa la quotidiana evoluzione del lavoro subordinato verso modalità che rendono flessibile l’orario, il luogo della prestazione, il salario in relazione ai risultati. Il legislatore sembra così avere avviato una regolazione più essenziale e coerente con la dimensione nuova della stagione industriale incastonata sull’innovazione. Eppure, a tutt’oggi, con un bisogno essenziale di concludere l’iter parlamentare, la riforma è drammaticamente ferma, segno anche di una difficoltà politica degli schieramenti avviluppati nella imminente campagna elettorale che vede tutto l’arco costituzionale nel suo affanno più evidente.
Il ddl è la sintesi intelligente di un disegno di legge governativo e di uno parlamentare, in particolare, a prima firma Sacconi, e di un altro a firma Damiano e Fassina. Il testo è stato oggetto di diverse modifiche, dall’inizio, che hanno portato all’approvazione di numerosi emendamenti. Fa parte del ddl, tra le principali misure previste, la possibilità per professionisti e lavoratori autonomi di avere maggiori garanzie sui tempi e le modalità di pagamento. In tal senso, il ddl propone l’abusività di qualsiasi clausola nel contratto che preveda un pagamento della prestazione oltre i 60 giorni dalla presentazione della fattura. In maniera similare, diventerebbe abusivo qualsiasi rifiuto di stipulare il contratto per iscritto. Viene, inoltre, prevista la deducibilità del 100% delle spese “per gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo”, come è scritto su Leggioggi.
Tali misure hanno lo scopo dichiarato di abbattere i costi sostenuti dal professionista. Ad essere semplificato anche l’ambito della salute e della sicurezza con il riconoscimento che gli studi professionali debbano essere trattati come le abitazioni, se a queste sono molto simili. Parimenti importante è la possibilità per le casse previdenziali dei professionisti di gestire tutte le prestazioni sociali integrative, anche di tipo assistenziale, come il sostegno al reddito in circostanze straordinarie. Molto importante il lavoro agile, o smart working, quel lavoro che, grazie alle tecnologie, si realizza per fasi, per cicli, per obiettivi perché il lavoratore dispone di un adeguato ambito di autonomia e di responsabilità dei risultati.
Dal momento che si prevede che i cambiamenti nel lavoro saranno sempre più veloci e imprevedibili, il ddl prevede che debbano essere le parti del contratto a definire di volta in volta le modalità della prestazione, anche con riguardo al diritto alla formazione e al diritto alla disconnessione in determinate fasce orarie. L’obiettivo del ddl è di avere una legge che non introduce nell’ordinamento giuridico una nuova tipologia contrattuale dagli incerti confini applicativi perché finalizzata alla utilizzazione nei contesti produttivi e di lavoro di tecnologie di nuova generazione in continua e rapida evoluzione; e neanche quello di introdurre correttivi alle regole, molte delle quali peraltro di matrice comunitaria, che, come nel caso del telelavoro, hanno sino a oggi limitato la diffusione di forme flessibili di lavoro da remoto anche in chiave di (sola) conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle donne. E il bilanciamento dei tempi di vita coinvolge tutte le persone non solo le lavoratrici, in tutte le stagioni e fasi della vita, e comprende il benessere, la salute, la previdenza e l’aggiornamento della propria formazione e percorso in azienda,con la costruzione di un nuovo Welfare della persona in cui anche le parti sociali, e dunque la stessa comunità , risponde alla domanda di garantire la sostenibilità a tutte le persone e in tutte le dimensioni. Pertanto, il ddl in discussione si pone come un passo importante nella riforma del lavoro in atto negli ultimi anni, che possa estendere alcune novità fondamentali a tutti i lavoratori autonomi che non godono di un preciso inquadramento di lavoro dipendente. Non fermiamo le riforme che servono!
Una legge per gli orfani del femminicidio
Alessandra Servidori Finalmente una tutela per i bambini orfani di femminicidio
E’ arrivato in discussione alla Camera un disegno di legge d'iniziativa parlamentare a tutela degli orfani di femminicidio, nel lessico giuridico, orfani di crimini domestici. Bambini e bambine, cioè, che hanno perso la madre per mano del padre, a volte assistendo al delitto, e diventando orfani due volte. Nell'ambito di questa norma è stato inserito un emendamento che, nei casi di omicidio, equipara la responsabilità del coniuge e del convivente della vittima a quella di altre figure familiari, come il padre o il figlio, già previste per l'accesso all'aggravante. Dunque nessun innalzamento ad hoc delle pene - come erroneamente sostenuto in alcune discussioni di questi giorni o sottinteso in alcuni titoli di giornali -, nessuna aggravante specifica o distinta , bensì una parificazione, cosa ben diversa. E anche una svolta epocale se si guarda a quell'esclusione del coniuge dalle responsabilità, come il segno di una cultura, quella nostrana del Codice Rocco e del delitto d'onore, cancellato solo nell'81, a cui la modifica proposta direbbe finalmente no. Si tratta di non chiudere gli occhi dinanzi l'odierno contesto sociale in cui viviamo e la realtà che la cronaca ogni giorno ci racconta, fatta di storie di donne uccise in maggioranza per mano del coniuge o del convivente, figura finora mai considerata; ma soprattuto di dare piena esecutività alle direttive della Convenzione di Istanbul, unico strumento normativo giuridicamente vincolante di cui gode l’Europa su questo terreno. E’ importante ricordare che la convenzione di Istanbul, non solo ha dato un grande impulso dal punto di vista normativo (ad oggi la convenzione è l’unico strumento normativo giuridicamente vincolante di cui gode l’Europa su questo terreno) e avendovi aderito nel 2013 ne dobbiamo seguire la linea, condividendone l’approccio secondo cui qualsiasi azione di contrasto alla violenza deve muoversi sinergicamente su tutti i piani: prevenzione, protezione, pena; quindi mettere in opposizione la questione della cultura e dell’educazione con la dimensione della pena, è del tutto controproducente. Cioè, non solo disattende la linea che esprime molto chiaramente la Convenzione, chiedendo a tutti i paesi di essere messi a norma, ma perché tiene insieme questi aspetti. L’art. 45 è molto esplicito: chiede ad ogni paese di adottare misure che garantiscano sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, che tengano conto della gravità del reato. Questo disegno di legge prevede forme di tutela come il patrocinio gratuito, la pensione di reversibilità, il sequestro conservativo dei beni a garanzia del risarcimento dei danni, l’assistenza medica e psicologica e anche un fondo ad hoc per i figli delle vittime di femminicidio. Ricordiamo che il concetto di aggravante nei casi di relazione affettiva nasce con lo stalking nel 2009, viene ripreso nel 2013 con la legge contro la violenza di genere e oggi in questo emendamento: sempre più la giurisprudenza si è mossa nel riconoscimento dell’aggravante verso chi compie un reato quando egli è legato da un vincolo affettivo nei confronti della vittima. Si tratta di un riconoscimento che si è faticato a conquistare ma che ha grande valenza. Il solo che incrocia davvero la realtà. Il diritto prende atto, va a modellarsi sui fenomeni che si presentano dal punto di vista sociale riconoscendo i cambiamenti, a cominciare dalla libertà delle donne.Il diritto è parte della cultura di un paese. Ogni cultura, nazione, comunità ha scritto le sue norme, la sua tavola delle leggi, esprimendo, nel tempo i principi nei quali si riconosce, il proprio orientamento culturale. Dunque il diritto da una parte è espressione della cultura – un paese che ha il diritto d’onore è un paese che mantiene un certo tipo di orientamento e di visione -, ma dall’altra attraverso le sue azioni sulla cultura. Quindi se noi operiamo una separazione tra diritto e cultura non cogliamo il nesso di fondo. Nel corso dell’attuale legislatura si è agito sul terreno del contrasto alla violenza: la ratifica della Convenzione di Istanbul, la legge 119 per la prevenzione, lo stanziamento di fondi (anche se ancora troppo pochi), l’introduzione di CODICE ROSA , che chiede che tutte le forze dello stato si coordino per tutelare la vittima, insieme ad altre norme e con queste ultime ritenevamo di voler completare un cammino fatto di piccoli tasselli e uno non sta senza l’altro.
http://formiche.net/2017/02/14/tutela-bambini-orfani-femminicidio/
Scuola,lavoro,servizi per l’infanzia : importante coordinarsi per valorizzare le risorse
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http://formiche.net/2017/02/10/scuola-i-nidi-dinfanzia/
Alessandra Servidori Scuola,lavoro,servizi per l’infanzia : importante coordinarsi per valorizzare le risorse
Al Senato e alla Camera sta facendo il suo percorso lo Schema di decreto legislativo recante istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni ,Norma di delega prevista dalla Legge 13 luglio 2015, n. 107, articolo 1, commi 180, 181, lettera e), e 182.(Buona Scuola).Il Provvedimento il cui iter deve concludersi entro il 17 marzo 2017 prevede che sia il Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione, con una dotazione pari a € 209 mln per il 2017, € 224 mln per il 2018 e € 239 mln a decorrere dal 2019 ad assicurare chiaramente i nidi d'infanzia come servizi educativi a tutti gli effetti integrati alla scuola per l'infanzia, con l'obiettivo di "garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali". Importante sapere che a queste risorse si aggiungono quelle del Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, varato con la legge finanziaria 2007 (art. 1, co. 1259, della L. 296/2006),e rifinanziato annualmente che ha previsto un finanziamento statale, nel triennio 2007-2009, pari a € 446 mln per l'incremento dei posti disponibili nei servizi per i bambini da 0 a 3 anni, a cui si sono aggiunti circa € 281 mln di cofinanziamento regionale, per un totale di € 727 mln stanziati. In totale, con il Piano straordinario triennale avviato nel 2007 e con le successive Intese di riparto del Fondo famiglia del 2010 e 2012, e del recente Piano famiglia sono stati stanziati a favore dello sviluppo dei servizi per la prima infanzia oltre € 616 mln. Anche la quota di cofinanziamento regionale è stata incrementata, attestandosi su € 300 mln. Considerando anche le altre iniziative statali, come la sperimentazione delle sezioni primavera e i nidi aziendali nella PA, complessivamente sono stati messi a disposizione dei territori oltre € 1.000 mln. L'ultimo finanziamento è intervenuto con la legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) che, al comma 131, ha istituito, per l'anno 2015, nello stato di previsione del MEF, un Fondo con la dotazione di € 112 mln, da destinare ad interventi a favore della famiglia. Gran parte delle risorse del Fondo, per un importo pari a € 100 mln, sono state finalizzate al rilancio del Piano per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia.L’ultima indagine Istat del monitoraggio eseguito sugli anni 2013/2014 ,poi aggiornato successivamente ma la cui consistenza non ne modificava i numeri modestissimi dei servizi a livello territoriale rivelava , che se si considerano i posti in strutture pubbliche, convenzionate e private si arriva ad un tasso di copertura pari a circa il 20%: un dato molto lontano dall’ obiettivo del 33% che l’Unione Europea si è data all’interno della Strategia Europa 2020.Si tenga conto che a differenza delle scuole per l'infanzia, i nidi sono definiti servizi a domanda individuali, per i quali è richiesta la compartecipazione ai costi da parte dell'utente e non solo della mensa secondo il reddito della famiglia. Oggi a livello nazionale verifichiamo una scarsità dell’offerta di servizi nido, differenze tra nord e sud molto evidenti che rafforzano le disuguaglianze tra piccoli italiani e le loro famiglie, con una aggravante della possibilità di bilanciare il tempo di vita e di lavoro e di una minore occupazione femminile e disuguaglianza di genere e sociale. .I dati Eurostat, poi mostrano inequivocabilmente le persistenti differenze sul mercato del lavoro e indicano lo sviluppo indispensabile per correggere questa disparità fonte inevitabile di un grande spreco di potenzialità e skill, che Eurofond stima essere 325 miliardi di euro,pari al 2,5% dell’UE. Dunque al Governo Gentiloni suggeriamo di coordinare le misure sopra descritte per non perdere l’occasione attraverso le risorse stanziate sia dall’Istruzione che dal Mef che dal Ministero della semplificazione e pubblica amministrazione,anche per quanto riguarda le spese del personale,nonché della conferenza Unificata Stato Regioni, perché questa struttura di servizi per l’infanzia sia operativa al più presto per agevolare anche il lavoro femminile, tenuto conto che sempre queste novità coinvolgono le imprese disponendo che le aziende pubbliche e private, quale forma di welfare aziendale, possono erogare alle lavoratrici e ai lavoratori con figli di età compresa fra i 3 mesi e i 3 anni un «Buono nido» spendibile nel sistema dei nidi accreditati o a gestione comunale. Tale buono non prevede oneri fiscali o previdenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore, fino a un valore di € 150 per ogni singolo buono.
MERKEL CT di una Europa di serie A e una di serie B
Alessandra Servidori MERKEL CT di una Europa di serie A e una di serie B
Angela Merkel ha ribadito con autorevolezza e molta determinazione di procedere verso la costituzione di una dimensione Europea di serie A e una di serie B per poter avanzare sulla strada dello sviluppo senza dover trascinarsi all’interno dei 27 Paesi che ora aderiscono all’unione, quelli che arrancano in seria difficoltà e che oggettivamente e obiettivamente rappresentano una zavorra. Peraltro a 60 anni dalla partenza , con quello che sta accadendo nel mondo un’Europa forte con a capo la Germania che guida la locomotiva è diventata una necessità fondamentale. Ragioniamo su dati ineccepibili : i rischi della politica Usa rispetto l’eurozona sono evidenti e dopo l’entrata nel 1999 della moneta unica l’Europa,tutta, non si è adeguata ad un regime fondamentale affinchè l’euro avesse successo e così il rallentamento delle riforme strutturali, il non rispetto del patto di stabilità,la fragilità dell’integrazione finanziaria senza parlare di quella sociale e politica inesistente,hanno portato ad una diversità tra i paesi che ne hanno determinato la debolezza. Le politiche dei governi nazionali sono state disordinate e non inclusive e dunque non aver rispettato il patto di stabilità tranne che la Germania ,ovviamente ha creato una frantumazione economica anche della valuta rispetto al mercato europeo e internazionale. La produttività di un paese è ancorata al superamento di problemi strutturali che bisogna operare attraverso le riforme che la moneta non può risolvere. Così Mario Draghi che ci ha salvato più volte a capo della BCE tenendo i tassi bassi pronto ancora una volta a mettere mano al cd quantitative easing cioè l’acquisto dei titoli di stato da parte della BCE degli stati in difficoltà non può durare ancora a lungo ed è evidente che il sistema del protezionismo per tutti è un rischio per la crescita economica .E non basta invocare la costituzione degli Stati uniti d’Europa nonché un esercito militare europeo, oppure dire che a Merkel l’Europa del sud non interessa ( e dunque l’Italia) perché per esempio la Spagna è una nazione del sud Europa e ha reagito benissimo alla crisi e dunque sarà sicuramente una di quelle nazioni che avrà molta considerazione nella categoria dei Paesi di punta, ma bisogna che chi ne ha la forza possa gareggiare uniti, in un sistema globalizzante che rischia di schiacciarci .La politica Italiana in questo contesto è un microbo in una malattia virale. Padoan ci sta mettendo sempre di più la faccia ma deve dire la verità : la fiducia di Bruxelles nell’Italia è bassissima sia tra i commissari dei paesi del nord che comunque hanno i loro conti in regola,sia della stessa presidenza della Commissione poiché le promesse di Padoan sono ovviamente debolmente calibrate dentro ad una situazione politica incerta che porta dritta dritta all’azione legale della procedura d’infrazione per il deficit che abbiamo. L’Italia deve individuare ben altri 20 miliardi di risparmi e nuove entrate per rispettare gli impegni assunti nel 2018 e cioè un disavanzo in calo dal 2,1 al 1,2% del Pil.Il problema vero è che siamo non credibili perché siamo nel pieno di una campagna elettorale di una classe dirigente che pensa molto a se stessa e alle sue beghe partitiche ,senza idee, iniziative di responsabilità in una Italia impoverita dentro ad una Europa che galleggia.
Bruxelles ci chiede di essere un paese normale
Alessandra Servidori formiche.net
La lettera risposta a Bruxelles, questa sconosciuta: dobbiamo rendicontare alla Ue come ci impegniamo-senza tergiversare- ad un aggiustamento contabile di 3,4 miliardi di euro, pari a due decimali di deficit. La ue non si smuove e noi senza una crescita del pil e quindi del denominatore, il problema lo dobbiamo risolvere e una volta per tutte. I conti pubblici di questo 2017 si trascinano inesorabilmente oltre che da un eccesso di spesa pubblica improduttiva, da scelte di politica economica deboli, sbagliate e assenti .La legge di bilancio 2017, approvata con la fiducia a conclusione di mille giorni di incertezze economiche , con una accanita narrazione renziana, che ancora oggi purtroppo resiste e lo abbiamo visto durante l’assemblea romagnola, non risolve i problemi. Nessun investimento concreto, misure parcellizzate e nulla di quella svolta di cui il nostro paese ha un disperato bisogno come un taglio drastico alla PA. Un esempio per tutti : abbiamo utilizzato ben 15 miliardi per incentivare le assunzioni, che non essendo strutturali, sono serviti più a legittimare la pur discreta politica del Jobs Act che a sviluppare l’occupazione inchiodata in fondo alle graduatorie ue tra i paesi più poveri. E mentre i vigili del fuoco che hanno dimostrato di essere dei gran seri professionisti attendono gli 80 euro in busta paga, promessi ma non ancora dati, il loro contratto fermo da ben 6 anni dimostra quanto la sicurezza di questo nostro paese possa non occuparsi di chi rischia la vita con il proprio lavoro per combattere disastri. Non siamo in grado di assicurare un governo stabile e la crisi colpisce noi più di tutti gli altri e mentre il vento della ripresa soffia sul pianeta, con +3,4% previsto per quest’anno e +3,6% per il prossimo, l’Italia continua ad ansimare , crescendo la metà dell’eurozona. Il Fondo Monetario ci ha inchiodato : noi siamo l’unico paese membro del G7 a subire una correzione negativa delle stime del pil, con un taglio sulle previsioni di ottobre di due decimali per quest’anno e di tre per il prossimo: dovremmo raggiungere un misero +0,7% nel 2017 e un altrettanto sconfortante +0,8% nel 2018. Spagna , Francia, Germania rispettivamente in crescendo ci fanno mangiare la polvere della loro ripresa e non ha colpa Draghi se denuncia pesantissime divergenze in area eurozona. L’inflazione ci penalizza sempre di più e sempre di più si allarga la forbice della disoccupazione che in Germania cala mentre noi risaliamo addirittura sfiorando il 12%. L’ultima manovra di bilancio per noi è stata deleteria ed alcune misure di provvedimenti settoriali probabilmente devono essere corretti per trovare i 3,4 miliardi che ci chiede Bruxelles ,per esempio tagliare le risorse per la Coppa del mondo di sci, i fondi per le rievocazioni storiche, associazioni combattistiche, società sportive dilettantistiche,italiani nel mondo, togliere l’introduzione del superammortamento del 250% per gli investimenti in industria. Abbiamo perso un quarto del sistema produttivo, subiamo crediti difficili, 340 miliardi pari a un quinto del totale dei prestiti bancari e dunque siamo in netta recessione altrochè in ripresa! Basta con i bonus sui redditi che comunque non rilanciano i consumi, il problema è dell’offerta, con mancata innovazione, assenza di investimenti (allontanati dalla corruzione e malagiustizia ), povertà di management, di cultura imprenditoriale e di politica industriale. Noi non possiamo incolpare gli altri , e continuare a trovare degli alibi per assolverci vergognosamente .
Scuola e disabili : che fare x migliorare
Alessandra Servidori formiche.net
Dalla parte della scuola italiana , dei bambini disabili e dei loro insegnanti e del loro futuro.
Ci siamo illusi che il 14 gennaio 2017 , il Consiglio dei ministri, avesse varato con giudizio i decreti legislativi di attuazione della legge sulla cd buona scuola ma quegli 8 (ne manca uno) dei nove , non ci ha aperto quella porta che attendavamo almeno in uno spiraglio vero il 2020. I decreti riguardano:il sistema di formazione iniziale e reclutamento nella scuola secondaria (Decreto n.377);l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità (Decreto n.378);la revisione dei percorsi dell'istruzione professionale (Decreto n.379);educazione e istruzione dalla nascita fino a sei anni ( Decreto n.380);il diritto allo studio /Decreto n.381);la promozione della cultura umanistica (Decreto n.382);le scuole italiane all'estero (Decreto n.383);valutazione ed esami di Stato (Decreto n.384).Manca il decreto sulla revisione del Testo unico sulla scuola, per il quale è previsto un disegno di legge delega specifico e successivo. Questa mancata revisione evidentemente ,ha serie conseguenze : il permanere e l’ampliarsi di una selva di norme diventate illeggibili, fatte di continui rimandi e aggiunte: solo questi 8 decreti prevedono 30 nuovi atti applicativi (Regolamenti, decreti ecc..) e 4 nuovi organismi; si va di nuovo al Contratto senza un nuovo Stato Giuridico, che è una delle parti centrali del Testo Unico. E così, molte questioni cruciali rimarranno irrisolte , come la differenziazione di carriera dei docenti e la creazione di una leadership intermedia. Gli 8 decreti sono ora al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza Unificata per l’apposito parere. La prima perplessità riguarda la necessità di avanzare una moratoria perché su formazione,reclutamento, stato giuridico del personale di sostegno siamo ancora l’unico paese in cui NON si riqualificano i bidelli ma si chiede solo l’aumento numerico. E poi per gli studenti diversamente abili, cioè quelli che più degli altri hanno bisogno e diritto di aiuto,non viene definito lo stato giuridico degli insegnanti di sostegno e la scuola dell’infanzia e primaria rimane divisa dalla secondaria. La formazione di questi insegnanti rimane differente da una parte la scuola dell’infanzia e primaria dall’altra la secondaria ,rimane una professione di passaggio verso le cattedre normali, la proposta di “ferma” per 10 anni sarà spazzata via da accordi sindacali,non è garantita la continuità, che viene proposta in termini di “si può” e non di “si deve”,gli “organismi territoriali per il supporto all’inclusione”, rimangono organismi legati alla scuola, non al percorso di vita del ragazzo con disabilità. Bisogna invece rinnovare il modello dell’insegnante di sostegno riorganizzando il loro ruolo ridefinendo un nuovo tipo di professione specialistica di supporto all’inclusione dei bambini e dei giovani con disabilità. E’ indispensabile definire uno stato giuridico e contrattuale specifico e unico per tutti gli insegnanti di sostegno, che ne determini compiutamente il profilo. In questa ottica ritengo che l’orario con gli alunni debba essere uguale in ogni ordine e grado di scuola, e in particolare ammontare a 25 ore settimanali (prendendo a riferimento l’orario degli insegnanti del grado scolastico dove funziona meglio:la scuola dell’infanzia), a cui vanno aggiunte le 80 ore annuali, oppure, e sarebbe meglio, un orario onnicomprensivo di 30 ore settimanali. L’insegnante di sostegno deve garantire stabilità nella scuola e nella rete e non vivere il proprio ruolo come un transito verso la cattedra “ normale”, parimenti gli va garantita stabilità di sede anche se non ancora di ruolo, anche perché alle persone disabili serve una insegnante di riferimento il più possibile certa con la quale stabilisce un rapporto anche di fiducia e di affetto. Deve dunque essere un professionista nel campo della disabilità, per grandi aree socio-sanitarie, con formazione universitaria, di cui bisogna costituire il percorso curricolare. Un percorso che comunque non deve coincidere né con quello degli insegnanti della scuola primaria né con quello degli insegnanti disciplinaristi della secondaria. Ma è un professionista per tutti gli ordini e gradi di scuola, senza distinzione, e non è comunque relegato al solo ambito scolastico. La specializzazione universitaria deve consentirgli di operare per così dire “a mercato aperto” (dipartimenti socio-sanitari, associazionismo, collegamenti con gli ambiti lavorativi, case di cura, ecc). Deve avere un proprio profilo professionale, uno specifico codice di comportamento, un contratto professionale con orario professionale pieno. E nessuna previsione di passaggio alla carriera docente, perché non è un docente e non ha svolto carriera accademica per fare l’insegnante. Il suo compito si svolge nella scuola a sostegno degli insegnanti, ma anche fuori di essa a sostegno delle famiglie. E fondamentale saranno gli organismi territoriali per il supporto all’inclusione, gestiti dagli Enti Locali, sono assolutamente necessari, ma non devono essere esclusivamente rivolti alla scuola, come appare dal decreto. D’intesa con la Conferenza Stato regioni occorre prevedere: un servizio integrato per l’inclusione dei disabili (integrato nel senso che metta in collegamento la rete di scuole, il servizio socio sanitario, il servizio socio-assistenziale degli enti locali, le associazioni delle famiglie e il volontariato di sostegno per l’animazione e il tempo libero), che abbia responsabilità anche gestionali e di direzione, responsabilità per i rapporti con gli specialisti, con le famiglie, con la ricerca e l’università, per la programmazione delle formazione continua, ecc; un servizio con funzione anche di sportello unico per i genitori, in modo da costituire un punto di riferimento per le famiglie per il disbrigo delle pratiche burocratiche, per le certificazioni, per i permessi, per le relazioni con enti e altri servizi e per l’aiuto alla collocazione nel mondo del lavoro.
Stop compra/vendita bambini con utero in affitto
Alessandra Servidori -Stop alla fabbrica dei bambini venduti : il pronunciamento della Grande Camera della Corte dei diritti umani il 26 gennaio 2017 .
http://formiche.net/2017/01/28/fabbrica-bambini-venduti/
Una coppia non può riconoscere un figlio come suo se il bimbo è stato generato senza alcun legame biologico con i due aspiranti genitori e grazie ad una madre surrogata. Questa è la sentenza della Corte dei diritti umani di Strasburgo che, ribaltando un pronunciamento della stessa corte del 27 gennaio 2015, e ha dato un colpo alle pratiche di utero in affitto affermando che l’Italia non ha violato il diritto di una coppia sposata negando la possibilità di riconoscere come proprio figlio un bambino nato in Russia da madre surrogata. Un anno fa la decisione era stata di segno opposto con la condanna dell’Italia “perché non ha dimostrato che l’allontanamento del bambino dalla coppia era necessario”.La vicenda nasce dalla decisione dei giudici che riguarda il ricorso presentato a Strasburgo nel 2012 da una coppia di Campobasso. Dopo aver tentato la fertilizzazione in vitro con i propri gameti in Italia, la coppia aveva deciso di andare in Russia per ricorrere alla maternità sostitutiva, dove la pratica è legale. Era così nato un bimbo riconosciuto dalle autorità russe e iscritto all’anagrafe di Mosca come figlio legittimo della coppia. Ma una volta tornati a casa i due si erano visti negare la trascrizione dell’atto di nascita nell’anagrafe italiana. Il piccolo quindi era stato dato in adozione perché le autorità ritenevano che il certificato di nascita russo contenesse informazioni false sulla vera identità dei genitori del piccolo e perché il test del Dna aveva dimostrato che non c’era legame biologico tra padre e figlio. Fu stabilito inoltre che la coppia non doveva avere contatti con il bambino e che non poteva adottarlo. La Corte di Strasburgo aveva dichiarato che c’era stata una violazione del diritto al rispetto della vita familiare e privata, e che la sentenza sulla coppia non riguardava la questione delle madri surrogate, ma la decisione dei tribunali italiani di allontanare il bambino e affidarlo ai servizi sociali.Ma la questione della vendita di bambini era già stata affrontata dal Consiglio d’Europa che ha bocciato il Rapporto De Sutter che intendeva aprire il varco alla legalizzazione della maternità surrogata nei Paesi membri. Dopo due anni di serrata battaglia d’idee, sette mesi di confronto in commissione e ben cinque votazioni, tutte negative, i difensori del controverso Rapporto De Sutter teso a sdoganare l’utero in affitto in Europa hanno finito per capitolare nell’ottobre 2016. Dal marzo scorso i tentativi successivi di far passare una «regolamentazione» equivalente di fatto a un riconoscimento erano stati condotti nel corso di tante nervosissime sedute della Commissione Affari sociali del Consiglio d’Europa, spesso nella sede distaccata di Parigi assediata da proteste di piazza. Ma alla fine la stoccata decisiva contro ciò che rimaneva del Rapporto è stata portata a Strasburgo, nel quartier generale dell’organizzazione paneuropea specializzata nella tutela dei diritti umani. E a opera dell’organo più rappresentativo, ovvero l’Assemblea (Apce) che riunisce i parlamentari provenienti dai 47 Stati membri, dall’Atlantico alla Russia. La senatrice ambientalista belga Petra De Sutter, relatrice delle raccomandazioni in discussione, aveva lanciato il suo ultimo appello: «Vi chiedo di capire che questa risoluzione è davvero urgente». Invece, l’esito è stato impietoso: 77 voti favorevoli, 83 voti contrari e sette astenuti. Così è stato simbolicamente confermato il no alla surrogata già espresso in dicembre proprio dall’Europarlamento. Ritengo che si sia eretta una solida diga di sbarramento contro futuri tentativi di ricorrere a grimaldelli in vista di legalizzazioni mascherate : mi auguro una sintonia profonda su valori di fondo come la dignità della persona, e che il sussulto di coscienza vibrato nel cuore dell’Europa, fra algidi cinici tecnicismi e sottigliezze giuridiche in nome dei quali si è a lungo cercato di canalizzare il dramma umano lacerante dell’utero in affitto siano almeno definitivamente superati, con un risultato che ci fa sperare in una rinascita del valore della maternità e della persona.
Dedicato alle donne in movimento
http://formiche.net/2017/01/25/donne-in-movimento/
Alessandra Servidori -
Non si può non essere solidali con le tante signore che hanno manifestato nelle piazze nel giorno dell’incoronazione di Trump e significativamente contro il volgare sessismo che ammorba ancora l’intero pianeta. Ma se devo proprio essere sincera, non ci si può limitare alla sola protesta e magari bisogna concretamente vedere che fare insieme e come capitalizzare quel raduno così esplicito contro il disagio e la discriminazione perpetuata che confluisce anche negli omicidi. Cos’i mi appello al buonsenso e cominciando dalla nostra bella Italia, suggerisco di tracciare una strada che coinvolge l’Unione. Magari partendo da un recente rapporto di Eurofond che analizza il gender gap sul lavoro, ne evidenzia soluzioni e sfide. La partecipazione delle donne al mercato del lavoro nell'Unione europea è aumentata negli ultimi decenni. Nel 2014 e 2015, le donne costituivano quasi il 46% delle persone attive nel mercato del lavoro europeo. Tuttavia, i tassi di partecipazione delle donne sono ancora sistematicamente inferiori a quelli degli uomini in quasi tutti gli stati membri. Eurofond studia le principali caratteristiche e l'evoluzione del divario di genere nella partecipazione al mercato del lavoro, nell'occupazione e nella condizione economica che è e rimane lo strumento di emancipazione femminile e ne contrasta la discriminazione. La valutazione della perdita economica che il divario di genere sul lavoro comporta per l'Unione europea è un elemento fondamentale e il rapporto si impegna a prevedere prospettive di medio e lungo termine per aumentare la partecipazione femminile, e studia anche gli effetti sociali di questa partecipazione, in quanto "questi vanno al di là della sfera economica e riguardano il benessere delle donne e la società nel suo complesso". Una panoramica e una valutazione dell'efficacia delle misure volte a promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro in sei stati membri (Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito), ci aiuta a focalizzare l'attenzione in particolare sui casi di successo e sulle esperienze innovative. Se nel corso degli ultimi decenni, la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro è notevolmente aumentata,tuttavia, la misura e la tempistica di questo aumento varia notevolmente da paese a paese, e apprezzabili divari di genere nel mercato del lavoro e la condizione economica sono ancora presenti. Inoltre, differenze di genere nella qualità e la forma di occupazione sono evidenti. Queste disparità persistenti e significativi differenze di fondo rappresentano una sfida economica e sociale e francamente l’enfasi posta su donne e la mancata 'integrazione nel mercato del lavoro è ormai diventata ridicola poiché poi la politica non si attiva per favorire e inserire la manodopera femminile nel mercato del lavoro e accrescere così possibilità di sviluppo. La frammentazione dei modelli familiari e individuali,dei modelli del ciclo di vita, a causa di importanti cambiamenti nelle tendenze demografiche e la ridefinizione dei ruoli di genere nelle società moderne, hanno prodotto nuove aree di disuguaglianze , forme differenziate di economica vulnerabilità sociale che richiedono diversi tipi di risposte politiche a seconda della fase del ciclo di vita. Durante la crisi, i divari di genere nel mercato del lavoro sono diminuiti perché meno uomini sono entrati nel mercato nella maggior parte degli Stati membri dell'UE. Mentre la secolare tendenza di partecipazione crescente del mercato del lavoro delle donne è rimasta stabile, anche se a un ritmo più lento, ma contemporaneamente si è verificata un taglio di risorse per le persone svantaggiate, e la riduzione delle offerte politiche volte a promuovere la partecipazione femminile al mondo del lavoro. Tagli ai servizi pubblici e welfare sono suscettibili di avere un impatto maggiore sulle donne rispetto agli uomini, poiché le donne sono in gran parte impiegate nel settore pubblico e usufruiscono di servizi pubblici più degli uomini. Così che sono anche suscettibili di aumentare la quantità di lavoro non pagato e di cura con diretta responsabilità all'interno delle famiglie, aggravando la disparità esistente nel carico di lavoro di cura tra donne e gli uomini,il che rende ancora più difficile per le donne partecipare pienamente e costantemente nel mercato del lavoro.L'uguaglianza tra uomini e donne nel mondo mercato del lavoro non è solo una questione di equità, ma anche un obiettivo economico dal momento che può portare a notevoli guadagni macroeconomici. Lo studio Eurofond fornisce la prova sui vantaggi economici degli Stati membri dell'UE di cui possono beneficiare quando le donne partecipano pienamente al mercato del lavoro. In particolare, la perdita economica a causa dell'esistenza di un divario occupazionale di genere
nell'UE è stimato avere stato intorno 370.000.000.000 € nel 2013 (pari al 2,8% del PIL dell'UE). Analogamente, il costo di esclusione della vita di una donna dal lavoro nel corso della sua vita lavorativa è stimato essere compreso tra € 1,2 milioni e 2.000.000 €, a seconda del suo livello di istruzione. Nella UE il design nordico del sistema di welfare,concentrandosi sulle singole persone piuttosto che diritti della famiglia, evidenzia la diffusa scelta di servizi pubblici e diritti di cittadinanza a disposizione di tutti, sembra affrontare meglio recente le sfide socioeconomiche e demografiche e sostenere le donne nel mercato del lavoro. Viceversa, il modello maschio capofamiglia continentale e Paesi del Mediterraneo aumenta significativamente il rischio di esclusione economica e sociale delle donne, ed evidenzia come le donne sono ancora i percettori di "secondarie" politiche nella maggior parte delle coppie in età lavorativa ,e l'accesso alla protezione sociale è in gran parte legata alla continuità del rapporto di lavoro. Su tutti questi temi, gli Stati membri hanno intrapreso diverse misure politiche e approcci. Diventa fondamentale che il movimento culturale che si è scatenato in questi giorni si unisca sulla base di proposte che si possono portare avanti concretamente per sostenere la questione dell'apertura e la partecipazione al mercato del lavoro delle donne in modi diversi, concentrandosi sul movimento delle donne nell’'occupazione, la creazione di incentivi per aumentare il loro lavoro , fornendo supporto all'infanzia, o stabilire varie forme di congedo o di lavoro flessibile per facilitare la conciliazione tra lavoro e cura. Le politiche, inoltre, devono avere diversi gruppi target su cui operare - perchè diversa è la situazione di mercato, di specifici gruppi di donne, o specifici gruppi indipendentemente dal sesso – e dunque bisogna variare nella misura in cui l'occupazione è il loro obiettivo esplicito. L'analisi rivela caratteristiche delle politiche e l'ambiente culturale che può influenzare l'efficacia degli interventi .Valori e aspettative nella società riguardano la divisione dei lavori domestici e manodopera familiare, le aspettative di ruolo per le donne e gli uomini, dell’assistenza e la cura parentale che è e rimane in carico alle donne. Un requisito fondamentale è il riconoscimento da parte dei datori di lavoro che le lavoratrici sono un segmento importante della loro forza lavoro e che le responsabilità di cura e gli adattamenti sono necessari per essere in grado di riconciliarli con il lavoro. Non un solo 'problema delle donne', ma uno spazio per l'azione che dà forza lavoro nel suo complesso, nonché i datori possono trarre beneficio dall'apertura ad accordi flessibili che sono particolarmente importanti in relazione all'attuazione di lavoro flessibile e al diversificato congedo parentale. Senza un sistema di supporto integrato che sostiene le donne con responsabilità di cura e le loro famiglie nelle transizioni - per esempio, tra il congedo parentale e il ritorno al lavoro o tra periodi di cure informali e di occupazione – l’attuazione di polizze individuali potrebbero anche avere un buon risultato . Uno spostamento dell'equilibrio tra i sessi dei servizi di assistenza e welfare è probabile che richieda interventi mirati, anche se un graduale cambiamento culturale può anche essere facilitato da politiche, come un prolungamento del diritto di richiesta di lavoro flessibile. Politiche basate su incentivi finanziari o di supporto nonché interventi che devono essere mirati in modo appropriato, riflettendo su i gruppi ai quali non sono più necessari dare tipi di incentivi anche implementando l’intervento di risorse dei fondi bilateali. Un aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro ha il potenziale per stimolare la crescita del PIL sostanzialmente in medio e lungo termine. Il lavoro non è solo una fonte di reddito che garantisce standard di vita adeguati, ma è anche importante per il benessere personale e per la società nel suo complesso. È un meccanismo principale per l'inclusione sociale, essendo il mezzo attraverso il quale i cittadini si riferiscono a contribuire al loro mantenimento e a quello della società.Le politiche e le iniziative volte a favorire il lavoro femminile la partecipazione al mercato dovrebbe concentrarsi sulle donne in moviment onel mondo del lavoro, la creazione di incentivi per i datori di lavoro per aumentare la domanda di lavoro e fornire assistenza, supporto all'infanzia e alla disabilità, varie forme di congedo e di lavoro flessibile attraverso accordi. L'istruzione è uno strumento chiave della politica europea per affrontare i divari di genere e gli stereotipi. Ma questa è un’altra strategia sulla quale tutto il mondo del lavoro delle riflettere. E non solo per le donne