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Editoriali

LETTERA APERTA ALLE DONNE

Alessandra Servidori- Presidente nazionale TUTTEPERITALIA-Lettera aperta ad alcune donne amiche e a chiunque abbia voglia e forza per esserlo .

In questi giorni di feroce discussione sul corpo delle donne sono colpita dal buio di un colpevole silenzio,che inquieta. Sono e rimango stupita dal nulla dell’associazionismo femminile sulla vicenda della maternità surrogata o più volgarmente denominata “utero in affitto”.Con piacevole stupore Boldrini ha affermato che è necessario riflettere dopo la provocazione inutile del bambino vendoliano sbattuto in prima pagina e nel corso della discussione sulla legge sui diritti civili,anche quello di un altro senatore,che ha ammesso di aver commissionato il suo. Ho frugato tra le pagine dei giornali e su internet augurandomi che del gruppo delle associazioni alle quali aderisco di Democrazia paritaria ce ne fosse almeno una delle 52 che avesse avuto il coraggio di esprimere almeno un coraggioso dissenso su tutta la vicenda. Sono e rimango sola. Alcune signore singolarmente affermano che non ce ne dobbiamo occupare. E allora che cosa ci appartiene? Solo chiedere la considerazione del rispetto e parità nei cda,nel nuovo Senato,nella legge elettorale?Addirittura chiediamo alla Presidenza del Consiglio e alla Presidenza della Repubblica di coinvolgerci nel celebrare ritualmente l’anniversario del voto alle donne? Per otto anni  a livello nazionale e prima ancora nelle istituzioni,e ancora oggi a livello accademico, ho fatto sentire la voce delle donne difendendo i nostri diritti ispirati da una straordinaria vis costituzionale. La vita pesa addosso alle donne perchè il mondo si è fatto duro ma sono incredula stupita che l’asservimento alla politica impedisca di prendere posizione su questa aberrazione che si sta consumando. !Per comodità?Per paura?I sentimenti di origine femminile e femminista  pervasi da idea-forza perché non avete il coraggio di dispiegarli non viziati !?Occorre ricominciare a vivere le nostre esistenze per dare coraggio alle nuove generazioni senza discordia ma  recuperando la distanza e la sfasatura che viviamo in un periodo dove  volgarmente e brutalmente assistiamo ad una sconfitta collettiva. Dobbiamo recuperare e in fretta valori e visioni e forma politica del popolo femminile che ricomincia a farsi persona. Le donne italiane hanno solidissime radici antiche ma recenti e incompiuti percorsi  di libertà e democrazia paritaria. Siamo  il 52 per cento di una società grande capaci di infinite forme di auto aggregazione dalle quali si possono ancora sprigionare contributi vitali al bene comune. Questa vicenda dei maschi e delle femmine che decidono la creazione dell’uomo con metodi di selezione è aberrante prima di tutto per le donne che vendono il loro ventre. Per tanto tempo ci siamo spese e spesi insieme uomini e donne di buona volontà contro la mercificazione del corpo femminile. Ora l’assemblaggio di un figlio globale ,il traffico di esseri umani nel  grottesco  mercato /traffico riproduttivo nella fiorente industria della fabbrica di bambini ,tranne pochissime e rarissime voci che ho sentito accanto a chi scrive,un assordante silenzio delle donne e delle associazioni del branco si rompe solo ed esclusivamente per chiedere di spartirsi la torta delle risorse destinate(150 mila euro) al “compleanno istituzionale del voto alle donne”.E’ un imbarazzo e una vergogna insopportabile!E’ questo il Mondo Nuovo che contribuiamo a creare ?Io chiedo a voce alta alle donne  che con stile minuzioso, controllato,penetrante nella forza di un passato che è attesa di futuro in una  compostezza ma ferma , ma come invocazione  vibrante  di percorrere insieme  valori apparentemente possibili di sentimenti veri e intensi che trascendano i limiti del politicamente corretto addomesticato. Costerà ancora fatica e sudore,affanno e sofferenza ma sapremo rilanciare in questa momento della storia del nostro paese la dignità dell’essere madri , donne che danno la vita  consapevoli del valore del nostro essere il motore del mondo.Il  primato dell’essere  il corpo essenziale  della nazione coincide con il senso dello  Stato ovvero i valori della tradizione-la persona,la famiglia,la comunita’ assunti compiutamente a riferimento delle politiche pubbliche. Questa laicità adulta comune a tutte le donne credenti e non credenti che sanno riconoscere e promuovere il valore della vita nella umana fragilità,nella procreazione,nella ricerca scientifica e tecnologica rifiuta con vigore e fermezza come donne libere e forti la strumentalizzazione e mercificazione in atto dei nostri valori.    

I numeri sono fatti: i conti in Italia

http://formiche.net/2016/02/27/come-vanno-conti-dellitalia/

Alessandra Servidori                         I numeri sono fatti e l’Italia non è una fattoria degli animali

In questi giorni di confusione sul  maxiemendamento sulle Unioni Civili che ha dato risultati deludenti e quasi ridicoli (la questione della fedeltà è la più evidente) tra abbracci teatrali della senatrice Cirinnà e dichiarazioni arroganti dei verdiniani ,noi stanchi  come la maggior parte degli italiani, abbiamo cercato di capire e studiare la razionalizzazione(?)revisione(?) della spesa pubblica, anglesiamente denominata spending review .Lo abbiamo fatto con molta curiosità spinti dalla relazione della Corte dei Conti che è e rimane la fonte certa dei numeri all’italiana. Poi ovviamente c’era già Junker che soffiava sui carboni che cercavano di essere spenti da un Ministero padoaneggiante che dava dei dati e da dichiarazioni renziane ormai  evidentemente orwelliane.  Le parole  inequivocabili del Presidente della Corte Squitieri  testualmente puntano il dito contro il Governo  e non abbiamo bisogno di traduzioni buoniste: “…il parziale insuccesso o, comunque, le difficoltà incontrate dagli interventi successivi di "revisione della spesa" sono anche imputabili ad una non ottimale costruzione di basi conoscitive sui contenuti, sui meccanismi regolatori e sui vincoli che caratterizzano le diverse categorie di spesa oggetto dei propositi di taglio. ….. i risultati conseguiti - che sono importanti a livello di dati aggregati -…. nascondono i segni delle rigidità e delle difficoltà incontrate nella scelta delle modalità di contenimento della spesa. Il sacrificio degli investimenti pubblici - un punto su cui il Governo sta ponendo una attenzione particolare - è una prima evidenza emerge dall'esperienza degli ultimi anni e che testimonia un risultato molto sbilanciato nella composizione tra spesa corrente e spesa in conto capitale….. Ma di pari importanza è l'osservazione secondo la quale il contributo al contenimento della spesa non è più solo riconducibile ad effettivi interventi di razionalizzazione e di efficientamento di strutture e servizi, quanto, piuttosto, ad operazioni assai meno mirate di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività. Dai tagli operati è, dunque, derivato un progressivo offuscamento delle caratteristiche dei servizi che il cittadino può e deve aspettarsi dall'intervento pubblico cui è chiamato a contribuire…. Queste contraddizioni appaiono, naturalmente, più stridenti sul fronte degli enti territoriali. Così, per le regioni, al netto di quanto destinato al finanziamento della spesa sanitaria, si evidenzia come il progressivo taglio delle risorse disponibili si sia tradotto in una modifica del rilievo delle funzioni svolte, con caratteristiche diverse tra regioni, e come ciò stia progressivamente portando a delineare particolari modelli territoriali e diversità di accesso dei cittadini ai servizi.”Pochi minuti dopo il Ministero dell’economia e finanze passava alla difensiva con il suo controcanto e snoggiolava numeri. Incerti e soprattutto vaghi. Molto vaghi su presunti risparmi dal 2014 ad oggi : 18.003 milioni di euro e,, adirittura ne sono in previsione altri 7177 nell’anno corrente. Si parla di consulenze tagliate ( ma sono aumentate!) di vendita degli immobili del Ministero della difesa ( ma le caserme sono ancora tutte lì e abbandonate in rovina!)di risparmi della spesa per gli acquisti della PA ( ma la digitalizzazione è ancora da attuare!) e via andare  in un racconto di improbabile futuro di risultati che non ci sono stati . Basta fare i conti con la matita rileggendoci le Relazioni dei “ furono” Commissari  Cottarelli della spending review  e dopo di lui   ancora il bocconiano Perotti  dimessosi  sbattendo la porta, e dell’attuale Gutgeld  che prevedevano in un biennio/ quasi triennio ormai alle spalle,un salvadanaio  immaginato. Anche perché sappiamo bene che  i 4, 2  miliardi  di  virtuoso  risparmio solo sognato era instabilmente piantato su proiezioni di tagli al Senato e Organi Costituzionali (ancora vivi, vegeti,  allegramente finanziati)  sulla digitalizzazione dei pagamenti  della PA e dall’accorpamento  delle forze dell’ordine (ancora  tutto da realizzare) in un periodo ormai consumato. Ultimamente Renzi quando spara dei numeri nelle abituali conferenze stampa di Palazzo Chigi  è fortemente deriso dalla stampa estera perché i numeri non sono un’opinione sono fatti. E i numeri di Palazzo Chigi non tornano .  E tra i siluramenti di chi è andato per tagliare ed è stato tagliato ,l’Italia affonda in un mare di debiti .Presidente ,compagne e compagni, : i tagli possono basarsi su maggiori efficienze e minori sprechi, nel qual caso non esiste altra strada che farsi guidare da chi conosce la struttura della spesa, coprendogli le spalle dai pesanti attacchi, cioè l’esatto contrario di quel che avete fatto con Cottarelli. Oppure, e sono quelli più promettenti, possono essere generati da riforme, da cambiamenti profondi dell’agire pubblico. Insomma più che tagli una vera e propria riqualificazione della spesa pubblica, con cui, naturalmente, che si può anche ridurre  aumentandone la qualità. Questo è il lavoro serio e alto della politica. Il resto è ragionerismo praticato da gente che non conosce la ragioneria e dicono non verità.. Con i risultati che si  vedono.

La ruota della fortuna di Renzi : dentro ai raggi del referendum costituzioanle

Alessandra Servidori

Nella ruota della fortuna di Matteo Renzi si è inserito di prepotenza e in questi giorni di dilemma europeisti ,il sondaggio sul referendum che gli elettori  potrebbero essere chiamati ad approvare sul  disegno di legge “Boschi”, qualora la riforma non dovesse ottenere, nella seconda lettura, la maggioranza dei due terzi dei componenti delle Camere. L’iter è previsto dalla Costituzione italiana. Secondo l’articolo 138 “le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o 500mila elettori o cinque Consigli regionali”.Ricordiamo ai nostri lettori i punti fondamentali della cosiddetta Riforma Boschi perché “usa” dare il nome delle riforme a chi ne è primo firmatario e relatore dunque il giovane e soave Ministro Maria Elena Boschi. Allora vediamone i contenuti facendo un breve riassunto che ho messo a disposizione dei miei studenti, con ovviamente alcune riflessioni a cui non mi sottraggo.1.Finisce il bicameralismo perfetto. Il cuore del provvedimento è il superamento del bicameralismo perfetto. Il Parlamento sarà sempre composto da Camera e Senato, ma solo Montecitorio potrà accordare o revocare la fiducia al governo. Inoltre la stessa Camera dei deputati avrà la preminenza legislativa. In sostanza è una riforma che punta a snellire i tempi per l’approvazione delle leggi. Anche se il voto di Palazzo Madama avrà lo stesso peso dei colleghi onorevoli in un lungo elenco di leggi bicamerali, fra cui quelle di revisione costituzionali. 2.Come cambia il Senato. Subirà un taglio dei senatori. Da 315 a 100. Tutti con l’immunità. 95 saranno eletti dai Consigli regionali “in conformità alle indicazioni espresse dagli elettori alle elezioni politiche”. Gli altri 5 potranno essere nominati, come accade anche oggi, dal Presidente della Repubblica. Continueranno a sedere sugli scranni di Palazzo Madama gli ex inquilini del Quirinale.3.Come cambia l’elezione del Capo dello Stato. Il Presidente della Repubblica sarà eletto con i due terzi di senatori e deputati nei primi tre scrutini e con i tre quinti dal quarto scrutinio. Dal settimo si passa a un quorum dei tre quinti dei votanti. Adesso, invece, la Costituzione prevede che all’elezione partecipino anche tre delegati per ogni Regione (la Valle d’Aosta con un solo). Viene eletto Presidente chi riceve la maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Modifica del Titolo V. È la parte della Costituzione dedicata agli Enti autonomi che costituiscono la Repubblica. Si è riscritto l’elenco delle materie riportandone molte alla competenza dello Stato e sono state eliminate quelle concorrenti. Inoltre sono state cancellate le province dal testo costituzionale.5. Leggi popolari e referendum   Cambiamenti anche per gli istituti di democrazia diretta. Per presentare una proposta di legge popolare serviranno 150mila firme (oggi ne occorrono almeno 50mila da parte degli elettori), ma saranno certi i tempi per l’esame. È salita anche la soglia per il referendum abrogativo: non più 500mila firme di elettori, ma 800mila e il quorum sarà fissato al 51% dei votanti delle ultime politiche. Invece se la raccolta firme si attesta tra le 500 e 800mila resta il quorum del 51% degli aventi diritto al voto.6.Abolizione del Cnel.La riforma costituzionale prevede l’abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione, quello riguardante il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. È un organo di consulenza delle Camere e del governo: gode dell’iniziativa legislativa e può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale.Non scomparirà subito. Entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge verrà nominato un commissario straordinario a cui sarà affidata la liquidazione e la ricollocazione del personale presso la Corte dei Conti.   7.Quando si voterebbe il referendum. Il testo definitivo della riforma “Boschi” è stato votato alla Camera l’11 gennaio scorso. Nella seconda votazione i parlamentari potranno solo votare Sì o No, non sono più ammesse modifiche.  Montecitorio si esprimerà definitivamente  l’11 aprile. La parola ai cittadini potrebbe passare, verosimilmente, in ottobre. Potranno partecipare tutti coloro che godono dei requisiti per eleggere i rappresentanti alla Camera dei deputati, quindi anche i maggiorenni. La consultazione non prevede un quorum minimo di partecipanti e la legge “Boschi” non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Se vincessero i No il governo Renzi andrebbe a casa. Come stanno le cose secondo i sondaggi che sono sempre da prendere con le pinze. Infatti dipende da quanti sono interpellati  i campioni di elettori ma sicuramente c’è già una netta maggioranza di italiani che andrà a votare ,già indicativamente orientato a votare no  al quesito che dovrebbe essere confermativo. Comunque il quesito dovrebbe essere  secondo l’art della Costituzione 138 ,così (più o meno):” Approva la legge Costituzionale n…. pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n….. SI –NO” Personalmente la confusione più evidente è relativa alla tecnicità molto incerta e confusa che prevede il pseudo metodo elettivo dei senatori consiglieri regionali : non molti cittadini sono in grado di cogliere e comunque appare meno attraente della prevista riduzione da 315 a 100 senatori. Si’ perché si configura come una ripetizione della Conferenza Stato Regioni e dunque una clonazione dei posti di potere . La stessa  confusione che riguarda  la revisione del Titolo Quinto, con l’abolizione della competenza concorrente e la ridistribuzione delle materie in capo allo Stato: che caos si evidenzia con gli enti locali in subbuglio per mancanza di risorse per i servizi e i problemi di finanziamento che la Conferenza Stato regioni già oggi pone? Dalla parte del No al referendum  sicuramente c’è questa personalizzazione del risultato del referendum che il Renzi  ha caricato su di sé :” Il voto referendario è un voto sulla mia persona e sul mio operato di capo del governo”. Se dovesse vincere il No, questo sarebbe da intendersi come un voto di sfiducia nei  suoi confronti  (e della sua maggioranza), che lo indurrebbero a dimettersi. Una sorta di recall quindi, per il tramite del referendum costituzionale. Il ricorso allo strumento referendario si tramuta così su un voto di sfiducia popolare tutto orientato politicamente e ignaro dei contenuti, giusti o sbagliati, della riforma costituzionale. Una crisi extraparlamentare dunque tutta calata sulla personalizzazione del voto referendario voluta dal presidente del consiglio, per giunta in un contesto nel quale egli non solo non è stato eletto direttamente ma nemmeno designato con il voto dal corpo elettorale. Verrebbe quindi a mancare qualunque legame elettorale di cd. democrazia immediata e, pertanto, risulterebbe un azzardo stabilirlo ex post sulla base del referendum costituzionale.                 
L’altro argomento da tenere in considerazione ,pur rispettando gli argomenti costituzionalistici, è quello del voto non tanto e non solo contro la riforma costituzionale ma piuttosto contro la legge elettorale cd. Italicum. Vero è che ci sono in atto una serie di ricorsi che  arriveranno alla Corte costituzionale,  sperando  poi che quest’ultima ampli il suo pronunciamento di illegittimità sulla scia della sentenza n. 1 del 2014. ). Dunque se il  referendum costituzionale sarà sconfitto,è ovvio  che trascinerebbe con sé la nuova brutta legge elettorale, rendendola inapplicabile, in quanto pensata, scritta e attuabile per la sola Camera dei deputati, nella previsione che il Senato non avesse più il rapporto fiduciario con il governo, come previsto dalla riforma costituzionale. Il ragionamento sul combinato disposto riforma costituzionale più legge elettorale, non fa una piega : questo meccanismo finirebbe col sovvertire il principio democratico soffocando il pluralismo politico, in quanto ci sarebbe una sola Camera che decide in nome e per conto di una maggioranza, che fosse frutto di un significativo premio in termini di seggi. E questo ovviamente non è una buona prospettiva per questo nostro Bel Paese .

Renzi acchiappi la mano tesa di Monti

Alessandra Servidori                         RENZI acchiappi la mano tesa di MONTI

 Se fossi Renzi anziché arrabbiarmi con Monti riconoscerei che l’intervento del già Presidente del Consiglio ora senatore Mario Monti è stata una bella scialuppa lanciatagli in un mare in tempesta. Sì perché il ragionamento  e le riflessioni severe del Professore  in loden danno la possibilità al giovane toscano irruente di stoppare elegantemente la deriva antieuropeista che ha incalzato. Infatti la rappresentazione ostile dell’Europa nuoce pesantemente all’Italia già marcatamente emarginata dal gruppo dei decisori che in questi giorni giocano una partita pesantissima,tutta apparentemente spostata sull’immigrazione – che ha sì delle ripercussioni- ma in effetti esclusivamente economica il cui centro è l’assetto bancario dell’Unione. L’Europa non più cantiere di investimento ma bene di consumo dei singoli stati è in una situazione di pericolosissima frantumazione. Sulla questione flessibilità è il momento di dire la verità : i problemi dell’Italia e della  sua lenta ripresa  non sono per colpa dell’Europa ma nella mancanza di coraggio nell’affrontare problemi urgenti primo fra tutti il taglio e la razionalizzazione della spesa pubblica che non si è fatto neanche nella legge di stabilità,tantomeno nel processo riformatore in atto. I flussi dell’immigrazione sui quali si chiede flessibilità per gli alti costi sostenuti dall’Italia,  devono essere di competenza del bilancio Europeo e subito creando un Fondo e assumendo delle ripartizioni condivise. Se vi sono due Europe una che esclude gli immigrati e l’altra che li accoglie ( o comunque li salva dalla morte certa) bisogna prendere atto che l’Unione Europea è già rotta e che bisogna ri/ costruirla con coraggio diversamente anche la partita economica rischia di schiacciarci. Ecco perché è decisivo che Renzi ascolti i suggerimenti di buon senso e dismetta i toni da arrogante. Renzi ha sbagliato manovra economica  perché in un Paese con un alto debito pubblico e una robustissima ricchezza privata ha ridotto le imposte sul patrimonio per dare strumentalmente ed elettoralmente gli 80 euro e i 500 euro  agendo invece che sul cuneo fiscale che avrebbe veramente aiutato il sistema produttivo fiscale. Inoltre c’è da dire che la vera preoccupazione ora sta a livello europeo  nelle nuove regole sulle banche erroneamente sempre camuffate nei contenuti di manovra   adottando degli inglesismi incomprensibili ai piu’ cioè usando quei termini che mettono soggezione al popolo come il bail-in  e prima la spending-review ,ecc…..Spieghiamo bene allora che sta succedendo. Questa responsabilità condivisa dell’andamento delle banche da parte dei risparmiatori/ correntisti aumenta i costi potenziali dei contribuenti rispetto ai tradizionali salvataggi bancari perché il limite all’acquisto di titoli pubblici da parte delle banche ( che sono la nostra tradizione italiana piu  usata per investire) fa crescere il costo del credito e aumenta inevitabilmente i divari nella Ue già molto evidenti ( per fare un esempio : la Germania ora ha un surplus nei conti con l’estero che frena la crescita complessiva dell’Europa). Uno studio di Paolazzi e Rapacciuolo, dimostra come regole per i salvataggi bancari (bail-in),e altre in discussione che impongono perdite ad azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100mila euro degli istituti in crisi,  che dicono essere volte a tutelare il contribuente in realtà, a fronte di difficoltà sistemiche, quadruplicano i costi per i contribuenti. Primo, con la perdita di valore dei loro asset, a causa del crollo delle quotazioni di Borsa e dei prezzi delle case. Secondo, con la diminuzione del reddito. Terzo, con la perdita di posti di lavoro. Quarto, con l’incremento della tassazione e/o con il taglio della spesa pubblica, necessari a coprire il deficit pubblico causato dal peggioramento dell'economia. Questo quadruplo conto verrebbe, infatti, presentato proprio dal mancato salvataggio delle banche per l'operare, in sua vece, del bail-in, che innescherebbe una violenta recessione. In buona sostanza per dirla in parole semplici .Le nuove regole europee (in particolare quelle sugli aiuti di Stato) ostacolano alcune  misure di salvataggio.  La grande mole di crediti deteriorati nei bilanci bancari è stata causata dalla lunga e profonda recessione, non da una erogazione di prestiti poco accorta. Un insieme di interventi per liberare subito i bilanci bancari, tra cui la creazione di più società veicolo in cui trasferire le sofferenze, la diluizione delle eventuali perdite in più esercizi e l’accelerazione dei tempi di escussione delle garanzie, è indispensabile per rilanciare il credito e l'economia, ma alcune misure sono ostacolate dalle nuove norme europee. Le garanzie statali a prezzi di mercato non risolvono il problema.La proposta di porre un limite all’acquisto di titoli di Stato domestici da parte delle banche non spezza il legame tra debito bancario e debito sovrano. I sistemi bancari restano “nazionali” perché in ogni paese il rendimento dei titoli di stato guida i tassi di medio-lungo termine, in particolare il costo della raccolta bancaria. Inoltre, quel limite non farà fluire più credito all’economia, anzi lo ridurrà.  C’è da dire che molti  paesi europei,hanno già sostenuto con risorse pubbliche le loro banche negli anni recenti, tra il 2008 e il 2013. L’Italia finora, tra i principali paesi della UE, è quello che ha destinato il minore ammontare di risorse al sostegno delle banche: 8 miliardi di immissione di capitale, contro 73 della Spagna, 56 della Germania, 49 dell’Irlanda e 28 della Francia.In rapporto al PIL, 0,5% in Italia, contro 1,4% in Francia, 2,2% in Germania e 6,6% in Spagna. Analoghe considerazioni valgono per gli interventi di garanzia: 119 miliardi in Italia (dati a fine 2013), a fronte dei 382 della Germania e 141 della Francia. Tra il 2011 e il 2012, nel pieno della crisi dei debiti sovrani, l’Italia affrontava notevoli difficoltà sui mercati internazionali, in particolare con un’impennata dei rendimenti dei titoli pubblici, che non hanno consentito in quel momento al Paese di intervenire sulle sofferenze con le stesse risorse messe in campo dagli altri paesi. A inizio 2016, con le nuove regole europee in vigore che non consentono più quel tipo di interventi, il MEF(Ministero Economia e Finanza ) ha varato un meccanismo per la concessione di garanzie dello Stato, a titolo oneroso, per favorire operazioni di cartolarizzazione di crediti bancari in sofferenza, ma non purtroppo risolutivo. Le garanzie possono essere richieste dalle banche che cartolarizzano i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione allo Stato, espressa in percentuale dell’ammontare garantito. Il prezzo della garanzia era il punto critico, su cui il MEF ha dovuto raggiungere un accordo con la Commissione UE: sarà un prezzo di mercato, in modo che la garanzia non venga considerata un aiuto di Stato.  Il prezzo sarà crescente nel tempo, sia per tenere conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli, sia per introdurre un incentivo a recuperare velocemente i crediti. Questo meccanismo di mercato rappresenta un passo avanti, perché si mette a disposizione del sistema un nuovo strumento. Tuttavia, le garanzie non sembrano in grado di incidere rapidamente sullo smaltimento dei crediti deteriorati presenti nei bilanci delle banche. Il meccanismo, infatti, non migliora in modo decisivo le attuali condizioni di mercato per le banche e per i potenziali investitori,potrà  sì facilitare, gradualmente, lo smobilizzo di quelle sofferenze per le quali la distanza iniziale tra prezzo di domanda e di offerta sia inferiore. Ma per ridurre a livelli fisiologici lo stock attuale di crediti deteriorati occorreranno diversi anni. La via maestra per abbassare la montagna delle sofferenze resta la crescita economica, che però viene frenata proprio dai nodi del credito. Ecco perché Renzi che evidentemente ha bisogno di aiuto, deve cedere un po’ della sua arrogante sovranità nazionale e farsi aiutare. Diversamente sarà  ulteriore inarrestabile declino.  

 

 

 

 

LA UE SALVATA DALLE DONNE

Alessandra Servidori   Misuriamo la salute della popolazione Europea :   salvata dalle donne .

Il più recente Rapporto Demografia di Eurostat l'ufficio statistico dell'Unione europea – Gennaio 2016- (http://en.diversitymine.eu/official-eu-population-statistics-show-increasing-diversity/)  ci fornisce  una fotografia  abbastanza vivace della popolazione europea  con particolare attenzione  all’invecchiamento , i divari di genere , migrazione e stili di vita individuali .

Il primo dato interessante è relativo alla migrazione che è e rimane il principale motore della crescita della popolazione con tassi molto alti in Italia e Lussemburgo. Continua incalzante l’invecchiamento delle persone . Tra il 1994 e il 2014 , la percentuale di persone anziane ( 65 anni ) è aumentato di 4,0 punti  nell'UE . Questo aumento è venuto a scapito di un calo di 3,0 punti percentuali della quota di giovani ( 0-14 ) e di 1,0 punto della popolazione in età lavorativa (15-64 anni ) . Un altro esempio del processo di invecchiamento è  l’età  media della popolazione , che continua ad aumentare , da 36,2 nel 1994 a 42,2 anni nel 2014 .  Ma il dato  straordinario  è che è la popolazione femminile che salverà l’Europa

Le donne Europee ricominciano lentamente a mettere al mondo dei bambini. Il numero di figli per donna è diminuito notevolmente tra il 1980 e il 2000 , quando era al di sotto del  tasso di riproduzione in tutti i paesi e anche al di sotto di 1,3 in 8 Stati membri . Il recupero degli ultimi dieci anni ha portato questo numero fino a sopra 1.3 in tutti i paesi ad eccezione della Polonia , Spagna e Portogallo . La disparità tra i tassi di fertilità alti e più bassi è diminuita ,  e Francia e Irlanda hanno il più alto di fertilità , essendo vicino a 2,0 . Entrambi i paesi hanno una maggiore  presenza di madri con cittadinanza straniera . Il numero dei matrimoni è in declino e il numero dei divorzi è in aumento. Il calo nei matrimoni  può essere dovuto in parte all'invecchiamento della popolazione . Sempre più bambini  però  nascono  da donne non sposate . Dal 1965 , il tasso di matrimonio  nell'UE - 28 è diminuito di quasi il 50 % in termini relativi ( dal 7,8 per 1000 persone nel 1965  al 4,2 nel 2011) . La percentuale di nascite fuori del matrimonio nella UE - 28 nel 2012 è stata del 40 % . Continua ad aumentare la popolazione perché  si segnalano nuovi modelli di  convivenza e formazione della famiglia accanto al modello più tradizionale, in cui i bambini sono nati all'interno del matrimonio Vero è che i migranti contribuiscono alla stabilità della popolazione:infatti nel 2013 ben il 14% delle madri  avevano una cittadinanza straniera. La gamma è molto ampia dal 0,01 % in Romania ( Bulgaria e Slovacchia anche sotto l'1% ) al 63 % in Lussemburgo (Belgio , Irlanda, Cipro e Austria tra il 20 % e il 30% , seguita dai paesi ad alta popolazione Italia, Spagna , Germania , Regno Unito, Svezia e Francia . Il rapporto mostra che le donne continuano a vivere più a lungo degli uomini in tutti i paesi dell'UE . Nei dieci anni fino al 2013 , questa tendenza è diminuita in tutti i paesi tranne la Bulgaria , Cipro e Malta . Le  più basse speranza di vita alla nascita sono stati trovate in Svezia, Paesi Bassi , Regno Unito, Danimarca e Irlanda . Il più alto in tre Stati baltici , Polonia, Bulgaria , Slovacchia , Romania e Ungheria .

Per quanto riguarda la migrazione e  l’immigrazione ,sappiamo esserci ora un gran movimento .Nel corso del 2014 , si stima che 1,3 milioni di immigrati venuti da fuori dell'UE  sono arrivati in un paese dell'UE e lo stesso numero migrati da un paese dell'UE a un altro . Il più alto numero di immigrati sono stati segnalati per molti dei grandi paesi: Germania , Regno Unito, Francia , Italia e Spagna . Quest'ultimo ha anche riferito il maggior numero di emigranti , seguita da Regno Unito , Francia, Polonia e Germania .  Lussemburgo, Malta e Cipro hanno avuto la più alta percentuale di immigrazione . La percentuale di immigrati con la cittadinanza del paese in cui stanno migrando  varia molto : tra le più alte percentuali  la Romania , gli Stati baltici , Portogallo e Slovacchia ( 50 - 90 % ) e l'Italia , l'Austria e il Lussemburgo ( inferiore al 10 % ) . Il rapporto UE mostra  che 19,6 milioni della popolazione europea sono cittadini extracomunitari (3,9%) , mentre un numero maggiore , 33,5 milioni , è nato al di fuori dell'UE. . Inoltre , 14,3 milioni di cittadini europei vivevano in un altro paese dell'UE e. 17,9 milioni sono nati in un altro paese dell'UE . Il più alto numero di cittadini stranieri sono  in grandi paesi Germania, Regno Unito , Italia , Spagna e Francia, che insieme rappresentano il 63% della popolazione dell'UE e il 76 % di tutti gli stranieri che vivono nella UE .

Il lavoro ha caratteristiche particolari e implicazioni sui mercati  e sui  consumi per quanto riguarda le  tendenze sulla popolazione in età lavorativa ( WAP ) . Nel caso della più recente relazione dell'UE , si osserva che la popolazione in età lavorativa dell'UE ha iniziato un calo nel 2010. Allo stesso tempo però ora , l'Europa si sta lentamente riprendendo dalla crisi finanziaria , con ancora però circa il 10 % della popolazione attiva  disoccupata  e il 23 % della popolazione in età lavorativa che cerca lavoro . Al contrario , la situazione in futuro potrebbe essere caratterizzata dalla carenza di manodopera  dunque bisogna attivarsi  per formare nuove figure professionali che il mercato del lavoro chiede.  La gestione della diversità dunque deve essere al centro delle politiche comunitarie : • La necessità di attivare le persone in età lavorativa che sono inattivi , ad esempio donne con figli e giovani;• La necessità di garantire  e attingere ai  talenti  a disposizione da diversi background  di profili professionali e di anticipare carenze di manodopera e sopratutto la necessità di riconoscere che  le aziende hanno bisogno di maggiore elasticità di norme sociali per rendere flessibile il rapporto tra datore di lavoro ,  dipendenti e  clienti . Il rapporto UE sottolinea anche la necessità di aumentare la produttività per compensare una parte del declino della popolazione in età lavorativa . La diversità potrebbe e dovrebbe essere vista come un elemento chiave per guidare la produttività di una forza lavoro sempre più diversificata .

 

 

 

Bologna non più Dotta

Alessandra Servidori 13 febbraio 2016 

 Bologna è diventata la cellula della campagna contro il cristianesimo ed è la scuola la culla dell’isteria collettiva. Vero è che il cristianesimo e la Chiesa stanno vivendo una crisi in Europa ma  anche vero è che abbiamo perso la reputazione,siamo diventati pochi a difendere e a rilanciare i nostri valori. Ma l’umiliazione non ci può intimidire. Come è possibile oggi nella nostra petroniana città concepire e accettare che la laicizzazione integralista dell’accoglienza alle altre comunità religiose impedisca e addirittura si contrapponga all’evangelizzazione della nostra cultura cristiana cattolica verso i nostri figli all’interno della scuola?Prima è stata la croce in classe il pretesto ora è la benedizione pasquale e la lotta/contro è durissima fino ad arrivare alle insegnanti che violano il loro mandato e che  come irinni si fanno intervistare davanti all’entrata delle scuole per pubblicizzare la sentenza del Tar che ha consentito l’espulsione del prete dalle aule. E’ come se lo scoraggiamento ci avesse sottomesso  la possibilità di reagire : lasciare il passato che non verrà più?Non accetto il liberalismo che accetta tutto e perde il profilo della vita cristiana. Esponiamo i simboli e i valori della nostra tradizione senza paure perché il cristiano  è chiamato nella vita quotidiana ad educare come impegno personale,civile e sociale,politico ,soprattutto nelle istituzioni che sono carismi come  appunto la scuola che hanno trovato una struttura sociale che è  strutturale.

E per fortuna che Francesco ha incontrato Cirillo a Cuba .

Alessandra Servidori   E per fortuna che Francesco ha incontrato Cirillo a Cuba . 15 febbraio 2016

  Un autorevole protagonista di questa stagione di riavvicinamento tra le   Chiese Occidentali e Orientali  ci ha senz’altro dato una mano a  sostenere le nostre ragioni. Cirillo all’Avana ha preteso che nel documento che ratifica il nuovo percorso di sussidiarietà e di incontro  dopo secoli di contrasti religiosi e valoriali  fosse esplicitato che il matrimonio tra un uomo e una donna fosse ben evidentemente  “salvato” dal pasticcio previsto dal testo sulle unioni civili. Infatti   Il ddl Cirinnà coinvolge la struttura stessa della società italiana, puntando a modificarne radicalmente il tessuto civile consolidato dalla cultura e dalla storia di ogni tempo. Per questa ragione è indispensabile un ragionamento  rigoroso, articolo per articolo: se l'articolo 5 è infatti assolutamente inaccettabile, non lo sono di meno gli articoli 2 e 3, che costruiscono di fatto un simil-matrimonio in contrasto con l'articolo 29  peraltro della nostra Costituzione. Infatti nel secondo capo del testo “ disciplina della convivenza” che regola le coppie di fatto e cioè le unioni stabili e affettive tra due persone di sesso diverso non ufficializzate con matrimonio, prevede alcuni diritti . visite in carcere,in ospedale, occuparsi del funerale,avere l’assegno di mantenimento in caso di rottura : riconfermando tutto ciò  già previsto dalla giurisprudenza. La pensione di reversibilità è invece in aggiunta nel testo in discussione prevista per le unioni civili anche dello stesso sesso. E per le coppie eterosessuali di fatto invece niente: senza un testamento non c’è diritto di successione per chi non è unito da vincolo che sia sancito da un ufficiale pubblico.. Dunque di fronte ad una eredità il ddl in questione equipara i diritti di due uomini e due donne unite civilmente alle coppi eterosessuali sposate, escludendo così le coppie di fatto eterosessuali discriminandole.  La verità è che così  come stanno le norme stravolgenti del testo Cirinnà i nuovi diritti valgono solo per i gay e le coppie etero sono di serie B

LE CREPE ormai FRANE della politica bancaria nostrana

 

Alessandra Servidori          LE CREPE ormai FRANE della politica bancaria nostrana

 10 febbraio 2016

Continua inarrestabile la crisi economica e bancaria  internazionale  e sarebbe importante che il popolo italiano capisse fino in fondo ciò che stiamo vivendo. Senza imbrogli e omissioni.  I titoli bancari stanno zavorrando Piazza Affari e sono più che mai  forti le preoccupazioni degli investitori per la situazione patrimoniale delle banche italiane, gravate da sofferenze per oltre 200 miliardi e da crediti deteriorati per complessivi 350 miliardi.  E nonostante il governo continui ad essere vago e  falsamente rassicurante la questione dei 3  maggiori gruppi bancari italiani  cioè Intesa-San Paolo -,UniCredit e Monte dei Paschi di Siena , relativamente alle loro esposizioni verso i crediti dubbi e ai requisiti patrimoniali sono in profondo rosso.E non da oggi ma dal 2011. I poco magnifici 3 ,hanno riportato in tutto perdite per 40,5 miliardi di euro dall’1 gennaio del 2011 al 30 settembre del 2015, e non  conosciamo i risultati dell’ultimo trimestre dello scorso esercizio. Si tratta di quasi il 58% del loro attuale valore di capitalizzazione in borsa e di oltre un terzo del loro patrimonio netto totale. Grossa parte delle perdite è stata determinata dalle maxi-svalutazioni delle sofferenze, che ammontano a più della metà del loro valore complessivo di 95 miliardi di euro. E i crediti deteriorati di questi istituti, includendo gli incagli e i prestiti scaduti, sono pari a 190 miliardi. Il caso più eclatante è di MPS, che ha registrato perdite nell’ultimo quinquennio per 14,5 miliardi, 5 volte in più di quanto oggi valga in borsa. Unicredit ha un rosso cumulato di 18,74 miliardi, il 70% del suo attuale valore di capitalizzazione, mentre Intesa-Sanpaolo, che a Milano viene valutata intorno ai 45 miliardi, di perdite negli ultimi 5 anni ne ha riportate “appena” per 7,24 miliardi. Noi risparmiatori, correntisti,investitori  vogliamo sapere come intende agire il Governo :  non ci fidiamo dei vari decreti salva-banche , dato che a partire da quest’anno, con l’entrata in vigore del cosiddetto “bail-in”,  noi  possiamo  essere coinvolti nelle perdite per le somme superiori ai 100.000 euro. L’unica arma che il risparmiatore e l’investitore ha per tutelarsi dal rischio di vedersi intaccati i propri conti o titoli è  sapere la verità .E contemporaneamente capire cosa sta succedendo in Germania, dove la situazione del gruppo Deutsche Bank  desta seria preoccupazione. Gli indicatori di malessere sono innumerevoli ma il responso è sempre lo stesso: febbre alta. Nell’ultimo mese il titolo della prima banca tedesca è sceso di oltre il 30%, a 15 euro per azione, meno di quanto valeva durante la crisi del 2008-2009. Nell’ultimo anno il calo supera il 40%. La banca vale in Borsa circa 20 miliardi di euro, la metà dell’italiana Intesa Sanpaolo. Perché la vera ragione della tempesta perfetta che ha messo in ginocchio le banche italiane non sta nell'isteria collettiva, nella speculazione, nel crollo del petrolio, nel rallentamento della Cina, sta in Germania, e a un indirizzo preciso: la Bundesbank. Ci aiuta un documento di alcuni straordinari maestri  della School of european political economy che, come esperti onesti e saggi, ci spiegano alcune carsiche dinamiche. Da Francoforte  partono tutte le perplessità sul sistema bancario italiano, e  da lì  stanno maturando proposte che puntano a mettere un cappio ai paesi con debito pubblico troppo alto come il nostro, per evitare che i meccanismi di salvataggio europei possano salvare i peccatori a spese dei virtuosi.  Così diciamo : attento Renzi, la tua politica di stimolo ha fatto ben poco, mentre non ti sei più preoccupato della crescita del debito, che è uno degli elementi più critici per la stabilità dell'euro-area. E se fino all'anno scorso la recessione faceva da scusante per non rientrare dal debito, quest'anno quell'alibi non vale più, la qual cosa ci potrebbe procure una procedura di infrazione. A questo aspetto – il debito in crescita - se n'è aggiunto un altro: la perdita di leadership di Berlino sul fronte europeo. Che si è tradotta in un rompete le righe dal punto di vista della voglia di solidarietà. Cioè la voglia di condividere i rischi, quindi è aumentata la pressione dei partner a far sì che chi ha problemi se li risolva da sé.Chi ha un debito troppo alto deve rafforzare la separazione tra rischio sovrano e rischio bancario. A Francoforte c’è chi lavora da tempo per ottenere  un rating di rischiosità da attribuire al debito dei vari paesi europei, così da obbligare le banche a considerarli alla stregua di altri titoli a rischio nei propri bilanci e , l'introduzione di regole che limitino la quantità di titoli di Stato che ciascuna banca può detenere. Un terremoto per tutti gli istituti europei, ma in particolar modo per i nostri, che hanno sempre aiutato lo Stato a piazzare il suo debito comprando parecchio e mettendolo nei caveau. La  Bundesbank potrà convincere i suoi partner a fare quello che chiede : tutti i sistemi-paracadute che devono garantire la sicurezza collettiva del sistema del credito non partiranno. Rinviati. Finché le banche non si saranno sgravate dai titoli pubblici in eccesso. Rinviati tutti a cominciare dall'assicurazione comune dei depositi bancari europei, che è quel sistema che mutualizza i rischi: i sistemi bancari europei dovrebbero mettere in comune le risorse necessarie a finanziare il fondo di assicurazione, per cui se una banca italiana fallisce, i soldi per rimborsare i suoi depositanti vengono presi dai contributi versati dalle banche di tutti gli altri paesi dell’area euro.  Il  documento della School of european political economy dichiara “un paese potrebbe lasciar fallire le proprie banche e le proprie imprese, così da scaricare parte degli oneri sull'assicurazione dei depositi finanziata da contribuenti stranieri”, così  la gli autori spiegano le paure tedesche (e non solo) senza tanti giri di parole. Quindi per ora non se ne parla. Previdenti, i tedeschi immaginano insomma che una crisi del debito di un paese membro - come quella che abbiamo già visto in Grecia e non solo - potrebbe sempre capitare. Se si fa quello che la Bundesbank chiede, a quel punto ristrutturare quel debito non coinvolgerebbe anche le banche del paese, considerate la parte del sistema da proteggere. Continua il Documento : attenzione ristrutturare il debito“a completamento di tale decentramento del rischio sovrano, meccanismi automatici di ristrutturazione del debito, attraverso l'allungamento delle scadenze dei titoli pubblici, verrebbero disposti e fatti valere ogni qual volta un paese perdesse accesso al mercato per finanziare il proprio debito pubblico e fosse quindi costretto a rivolgersi al ‘Meccanismo europeo di stabilità’ per ottenere assistenza finanziaria”.Insomma l'assistenza del meccanismo europeo pensato per risolvere le crisi, si pagherebbe prima con l'imposizione “automatica” (e quindi non materia di trattativa) di una ristrutturazione del debito.La morale del messaggio dei “saggi” della School of european political economy è che siamo fragili, più di quello che crediamo. E che i nostri partner, che non si fidano più l'uno dell'altro, tantomeno si fidano di noi. Ma è proprio per questo che l'Italia ha solo da perdere dalla crisi di sfiducia che sta attraversando l'Unione: la coesione, viceversa, è la nostra ciambella di salvataggio.

Alessandra Servidori          LE CREPE ormai FRANE della politica bancaria nostrana

 

Continua inarrestabile la crisi economica e bancaria  internazionale  e sarebbe importante che il popolo italiano capisse fino in fondo ciò che stiamo vivendo. Senza imbrogli e omissioni.  I titoli bancari stanno zavorrando Piazza Affari e sono più che mai  forti le preoccupazioni degli investitori per la situazione patrimoniale delle banche italiane, gravate da sofferenze per oltre 200 miliardi e da crediti deteriorati per complessivi 350 miliardi.  E nonostante il governo continui ad essere vago e  falsamente rassicurante la questione dei 3  maggiori gruppi bancari italiani  cioè Intesa-San Paolo -,UniCredit e Monte dei Paschi di Siena , relativamente alle loro esposizioni verso i crediti dubbi e ai requisiti patrimoniali sono in profondo rosso.E non da oggi ma dal 2011. I poco magnifici 3 ,hanno riportato in tutto perdite per 40,5 miliardi di euro dall’1 gennaio del 2011 al 30 settembre del 2015, e non  conosciamo i risultati dell’ultimo trimestre dello scorso esercizio. Si tratta di quasi il 58% del loro attuale valore di capitalizzazione in borsa e di oltre un terzo del loro patrimonio netto totale. Grossa parte delle perdite è stata determinata dalle maxi-svalutazioni delle sofferenze, che ammontano a più della metà del loro valore complessivo di 95 miliardi di euro. E i crediti deteriorati di questi istituti, includendo gli incagli e i prestiti scaduti, sono pari a 190 miliardi. Il caso più eclatante è di MPS, che ha registrato perdite nell’ultimo quinquennio per 14,5 miliardi, 5 volte in più di quanto oggi valga in borsa. Unicredit ha un rosso cumulato di 18,74 miliardi, il 70% del suo attuale valore di capitalizzazione, mentre Intesa-Sanpaolo, che a Milano viene valutata intorno ai 45 miliardi, di perdite negli ultimi 5 anni ne ha riportate “appena” per 7,24 miliardi. Noi risparmiatori, correntisti,investitori  vogliamo sapere come intende agire il Governo :  non ci fidiamo dei vari decreti salva-banche , dato che a partire da quest’anno, con l’entrata in vigore del cosiddetto “bail-in”,  noi  possiamo  essere coinvolti nelle perdite per le somme superiori ai 100.000 euro. L’unica arma che il risparmiatore e l’investitore ha per tutelarsi dal rischio di vedersi intaccati i propri conti o titoli è  sapere la verità .E contemporaneamente capire cosa sta succedendo in Germania, dove la situazione del gruppo Deutsche Bank  desta seria preoccupazione. Gli indicatori di malessere sono innumerevoli ma il responso è sempre lo stesso: febbre alta. Nell’ultimo mese il titolo della prima banca tedesca è sceso di oltre il 30%, a 15 euro per azione, meno di quanto valeva durante la crisi del 2008-2009. Nell’ultimo anno il calo supera il 40%. La banca vale in Borsa circa 20 miliardi di euro, la metà dell’italiana Intesa Sanpaolo. Perché la vera ragione della tempesta perfetta che ha messo in ginocchio le banche italiane non sta nell'isteria collettiva, nella speculazione, nel crollo del petrolio, nel rallentamento della Cina, sta in Germania, e a un indirizzo preciso: la Bundesbank. Ci aiuta un documento di alcuni straordinari maestri  della School of european political economy che, come esperti onesti e saggi, ci spiegano alcune carsiche dinamiche. Da Francoforte  partono tutte le perplessità sul sistema bancario italiano, e  da lì  stanno maturando proposte che puntano a mettere un cappio ai paesi con debito pubblico troppo alto come il nostro, per evitare che i meccanismi di salvataggio europei possano salvare i peccatori a spese dei virtuosi.  Così diciamo : attento Renzi, la tua politica di stimolo ha fatto ben poco, mentre non ti sei più preoccupato della crescita del debito, che è uno degli elementi più critici per la stabilità dell'euro-area. E se fino all'anno scorso la recessione faceva da scusante per non rientrare dal debito, quest'anno quell'alibi non vale più, la qual cosa ci potrebbe procure una procedura di infrazione. A questo aspetto – il debito in crescita - se n'è aggiunto un altro: la perdita di leadership di Berlino sul fronte europeo. Che si è tradotta in un rompete le righe dal punto di vista della voglia di solidarietà. Cioè la voglia di condividere i rischi, quindi è aumentata la pressione dei partner a far sì che chi ha problemi se li risolva da sé.Chi ha un debito troppo alto deve rafforzare la separazione tra rischio sovrano e rischio bancario. A Francoforte c’è chi lavora da tempo per ottenere  un rating di rischiosità da attribuire al debito dei vari paesi europei, così da obbligare le banche a considerarli alla stregua di altri titoli a rischio nei propri bilanci e , l'introduzione di regole che limitino la quantità di titoli di Stato che ciascuna banca può detenere. Un terremoto per tutti gli istituti europei, ma in particolar modo per i nostri, che hanno sempre aiutato lo Stato a piazzare il suo debito comprando parecchio e mettendolo nei caveau. La  Bundesbank potrà convincere i suoi partner a fare quello che chiede : tutti i sistemi-paracadute che devono garantire la sicurezza collettiva del sistema del credito non partiranno. Rinviati. Finché le banche non si saranno sgravate dai titoli pubblici in eccesso. Rinviati tutti a cominciare dall'assicurazione comune dei depositi bancari europei, che è quel sistema che mutualizza i rischi: i sistemi bancari europei dovrebbero mettere in comune le risorse necessarie a finanziare il fondo di assicurazione, per cui se una banca italiana fallisce, i soldi per rimborsare i suoi depositanti vengono presi dai contributi versati dalle banche di tutti gli altri paesi dell’area euro.  Il  documento della School of european political economy dichiara “un paese potrebbe lasciar fallire le proprie banche e le proprie imprese, così da scaricare parte degli oneri sull'assicurazione dei depositi finanziata da contribuenti stranieri”, così  la gli autori spiegano le paure tedesche (e non solo) senza tanti giri di parole. Quindi per ora non se ne parla. Previdenti, i tedeschi immaginano insomma che una crisi del debito di un paese membro - come quella che abbiamo già visto in Grecia e non solo - potrebbe sempre capitare. Se si fa quello che la Bundesbank chiede, a quel punto ristrutturare quel debito non coinvolgerebbe anche le banche del paese, considerate la parte del sistema da proteggere. Continua il Documento : attenzione ristrutturare il debito “a completamento di tale decentramento del rischio sovrano, meccanismi automatici di ristrutturazione del debito, attraverso l'allungamento delle scadenze dei titoli pubblici, verrebbero disposti e fatti valere ogni qual volta un paese perdesse accesso al mercato per finanziare il proprio debito pubblico e fosse quindi costretto a rivolgersi al ‘Meccanismo europeo di stabilità’ per ottenere assistenza finanziaria”.Insomma l'assistenza del meccanismo europeo pensato per risolvere le crisi, si pagherebbe prima con l'imposizione “automatica” (e quindi non materia di trattativa) di una ristrutturazione del debito.La morale del messaggio dei “saggi” della School of european political economy è che siamo fragili, più di quello che crediamo. E che i nostri partner, che non si fidano più l'uno dell'altro, tantomeno si fidano di noi. Ma è proprio per questo che l'Italia ha solo da perdere dalla crisi di sfiducia che sta attraversando l'Unione: la coesione, viceversa, è la nostra ciambella di salvataggio.


IL DDL UNIONI CIVILI è inganno

Alessandra Servidori   

  A Parigi  promossa e firmata la Carta per l’abolizione universale della maternità surrogata: e l’ITALIA intanto rincorre l’inganno.   

 Nel corso di una intervista  il senatore Lo Giudice ha ammesso che con la stepchild adoption il bambino che attualmente è riconosciuto solo dal suo compagno, genitore naturale in quanto  donatore del seme, potrà essere riconosciuto anche da lui. Alla faccia di chi dice che la legge Cirnnà non c’entra nulla con l’utero in affitto. Lo Giudice ammette infatti alle Iene che non ha permesso che la madre allattasse il bambino che le avevano fatto partorire spendendo 100 mila euro lui e il suo compagno perché non si stabilisse alcun legame con la mamma……. (perché invece in nove mesi dentro la pancia no, non si mescolano sangue e respiro e cellule)… Intanto mentre noi rincorriamo una legge sbagliata e anticostituzionale nella capitale francese  Parlamento e femministe firmano contro l’utero in affitto. È stata infatti firmata martedì 2 febbraio a Parigi, una Carta per proporre agli Stati europei l’abolizione universale della maternità surrogata o utero in affitto. L’accordo è stato siglato nella sede dell’Assemblea Nazionale di Parigi, al termine della Conferenza de La Haye, Organizzazione impegnata nella difesa dei diritti umani e della famiglia, dai rappresentanti del mondo politico, dell’associazionismo e della comunità scientifica europea che ritengono ingiusta e lesiva questa pratica. “Per l’abolizione universale della maternità surrogata” è l’obiettivo dei partecipanti all’Assise, su spinta di tre associazioni: Collettivo CoRP, “Collectif National pour les Droits des Femmes” e “Coordination Lesbienne en France”. In particolare, nella Carta viene denunciato “l’utilizzo degli esseri umani il cui valore intrinseco e la cui dignità sono cancellati a favore del valore d’uso o del valore di scambio” e si chiede l’abolizione della pratica della maternità surrogata a livello internazionale.“Chiediamo alla Francia e agli altri paesi europei – si legge nel documento – di rispettare le convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino di cui sono firmatari e di opporsi fermamente a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale. Noi chiediamo inoltre, in nome dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani, che essi agiscano con fermezza per abolire questa pratica a livello internazionale, in particolare promuovendo la redazione, l’adozione e l’efficace messa in pratica di una convenzione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata”. http://abolition-gpa.org/charte/italiano/

 

Italia-Bruxellels-Politiche di genere

Alessandra Servidori   ITALIA/BRUXELLES : NOTIZIE IMPORTANTI politiche parità di genere 

Grazie ad Alessia Mosca parlamentare europea siamo venute a conoscenza che  il Parlamento europeo ha votato una risoluzione con cui chiede formalmente alla Commissione la produzione di una nuova strategia post-2015 sulla parità di genere sui diritti delle donne. La precedente, infatti, era relativa al periodo 2010-2015 e, tra l'altro, è stata considerata da più parti insufficiente per promuovere un reale e profondo cambiamento della situazione femminile nell'Unione europea. Dopo un precedente sollecito del Parlamento europeo, la Commissione ha pubblicato, lo scorso anno, un "documento di lavoro", che però non ha alcun valore inter-istituzionale ed è considerato di importanza politica inferiore, in quanto non ha bisogno di essere approvato dal collegio dei commissari, non esplicita impegni politici, non prevede né un budget dedicato né concreti parametri di riferimento rendendo impossibile valutare i progressi realizzati sugli obiettivi preposti. Questa richiesta si aggiunge alle precedenti, rivolte questa volta al Consiglio, di trovare un accordo sia sulla direttiva sulle donne nei consigli di amministrazione sia sul tema del congedo di maternità e di paternità, rispetto a cui ci auguriamo che la Commissione presenti al più presto una nuova proposta legislativa .Nel frattempo, alla Camera dei Deputati italiana è stata approvata, con larga maggioranza, la legge che impone l'equilibrio di genere anche nei consigli regionali. Dopo la legge relativa agli enti locali, approvata durante la scorsa legislatura, e quelle relative a Parlamento nazionale e Parlamento europeo, anche le regioni sono finalmente chiamate a osservare il principio della parità di rappresentanza tra uomini e donne. La valutazione e il monitoraggio effettuati sulla legge Golfo-Mosca, relativa ai consigli di amministrazione, ha dimostrato, dati alla mano, che l'avere più donne ai vertici ha comportato tutta un'altra serie di miglioramenti collaterali (abbassamento dell'età media, maggiore trasparenza nella selezione, migliori performance sul mercato): ci auguriamo e su questo siamo fermamente convinte che anche nel caso del pubblico si possa dimostrare che la parità di genere non è solo una questione di giustizia sociale ma anche uno strumento concreto per migliorare la nostra società. Ovviamente noi come TUTTEPERITALIA facciamo la nostra parte, come possiamo,ma senza mollare.

 Di seguito il link del testo completo della risoluzione .http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=- %2F%2FEP%2F%2FTEXT%2BMOTION%2BB8-2016-0150%2B0%2BDOC%2BXML%2BV0%2F%2FIT&language=IT 

MONDO EUROPA ITALIA : è il Lavoro agile il nuovo che avanza

Alessandra Servidori   MONDO EUROPA ITALIA : è il Lavoro agile il nuovo che avanza

  Quasi a  distanza di 10 giorni il Consiglio dei ministri Italiano  vara il DDL sul Lavoro autonomo in coda al Employment and Social Developments in Europe 2015 –del 21/01/2016   

 Peraltro in contemporanea è in corso la quarta rivoluzione industriale in interazione con altri fattori socio-economici e demografici  ben spiegata  nel Report del Word Economic Forum  ““The future of Jobs”, che ci fornisce  informazioni specifiche sullo stato di nuove tendenze per tipologia di industria e area geografica, nonché sui tempi previsti per l’impatto di queste sulle mansioni di lavoro, i livelli occupazionali e le competenze  che sta creando un cambiamento radicale del modello di business in tutti i settori, con conseguenze importanti per il mercato del lavoro. Nuove categorie di lavori emergeranno, parzialmente o totalmente a scapito di altre. I bagagli di competenze necessarie in entrambe le professioni vecchie e nuove cambierà nella maggior parte delle industrie e a trasformarsi saranno anche le modalità e il luogo in cui le persone lavorano, influenzando lavoratrici e lavoratori in modo diverso e finendo per influire anche sulle dinamiche legate al genere. L’indagine Occupazione e sviluppi sociali in Europa(ESDE) della Commissione Ue, che trovate  quest’anno mette in luce nuovi positivi sviluppi occupazionali e sociali nell’UE. Tuttavia, nonostante recenti miglioramenti, sussistono ancora enormi disparità tra gli Stati membri in termini di crescita economica, occupazione e altri indicatori essenziali sociali e occupazionali. Molte di queste disparità sono collegate al sottoutilizzo del capitale umano su vari fronti: l’analisi esamina i modi di affrontare queste disparità, concentrandosi in particolare sulla creazione di posti di lavoro, sull’efficienza del mercato del lavoro, sulla modernizzazione della protezione sociale e sull’investimento nelle persone. L’indagine ESDE 2015 evidenzia le potenzialità del lavoro autonomo e dell’imprenditorialità nella creazione di posti di lavoro. I dati indicano tuttavia che alcuni gruppi, fra cui i giovani, gli anziani, le donne e le minoranze etniche, possono trovarsi innanzi maggiori ostacoli per avviare un’attività in proprio. La relazione indica inoltre che la maggioranza delle persone non ritiene di possedere le competenze o le conoscenze necessarie per avviare un’attività. Dall’indagine ESDE risulta che l’adozione di politiche mirate può servire a migliorare la situazione. Tali politiche possono comprendere un accesso più agevole a finanziamenti e incentivi fiscali, l’educazione all’imprenditorialità o l’accesso all’assistenza all’infanzia e alle persone anziane.  Una maggiore varietà di contratti di lavoro consente modalità di lavoro flessibili e quindi di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro ma può anche comportarne la segmentazione. Mentre alcuni nuovi contratti offrono una situazione potenzialmente vantaggiosa per tutti, altri possono essere fonte di incertezza del lavoro. La flessibilità è importante, ma c’è bisogno anche di sicurezza: questo è un altro problema che sarà affrontato nell’ambito dello sviluppo del pilastro europeo dei diritti sociali. L’UE può fare un uso migliore delle proprie risorse umane attraverso la mobilità. Sebbene nel corso degli ultimi vent’anni il numero dei lavoratori mobili sia aumentato, la loro percentuale sul totale della forza lavoro resta limitata: Solo il 4% dei cittadini dell’UE fra i 15 e i 64 anni vive in uno Stato membro diverso da quello di nascita, eppure i lavoratori mobili dell’Unione tendono ad avere prospettive di lavoro complessivamente migliori rispetto alla popolazione locale.   Inoltre, la loro presenza ridotto la disoccupazione in alcuni degli Stati membri più duramente colpiti dalla crisi e ha contribuito a risolvere i problemi della carenza di personale nei paesi di destinazione. L’indagine ESDE sottolinea quindi chiaramente le potenzialità economiche della mobilità. Si prende in esame anche la disoccupazione di lungo periodo, che colpisce circa 11,4 milioni di persone nell’UE. La lotta contro la disoccupazione di lungo periodo è fondamentale nell’impegno per migliorare l’efficienza del mercato del lavoro, dal momento che i disoccupati di lungo periodo hanno una probabilità dimezzata di trovare un lavoro rispetto a quelli di breve periodo. L’analisi contenuta nell’indagine ESDE mostra che essere registrati presso i servizi pubblici per l’impiego e prendere parte a una formazione aumentano significativamente la possibilità di ottenere un posto di lavoro sostenibile. La raccomandazione sulla disoccupazione di lungo periodo, adottata dal Consiglio il 7 dicembre 2015, è in linea con tali conclusioni. Infine, il dialogo sociale sarà fondamentale nella promozione di una ripresa economica sostenibile e inclusiva. Le parti sociali sono state coinvolte nell’elaborazione e nell’attuazione di varie importanti riforme e strategie. Perché il dialogo sociale svolga efficacemente il proprio ruolo è necessario rafforzare la capacità delle parti sociali, in particolare negli Stati membri in cui il dialogo sociale è insufficiente o lo è diventato a causa della crisi economica. Sebbene il livello di disoccupazione nell’UE rimanga elevato, i datori di lavoro continuano a incontrare difficoltà a coprire determinati posti vacanti. Oltre ai veri e propri squilibri tra domanda e offerta di competenze, la possibilità di occupare posti vacanti è limitata anche dall’incapacità di offrire retribuzioni o condizioni di lavoro vantaggiose, formazione o opportunità di carriera interessanti. L’indagine ESDE 2015 giunge alla conclusione che esiste una quota significativa dei lavoratori di paesi terzi sotto-occupati rispetto al loro livello di qualifica. L’iniziativa dell’agenda per le nuove competenze che la Commissione sta preparando per l’anno in corso cercherà di affrontare tali sfide. Inoltre, i tassi di occupazione delle donne con bambini e dei lavoratori anziani sono ancora molto bassi. Promuovere una maggiore partecipazione di questi gruppi al mercato del lavoro sarà cruciale nella prospettiva dell’invecchiamento della popolazione.Dunque in Italia il DDL licenziato dal Consiglio dei Ministri  ,  ha messo mano  al lavoro autonomo dimenticato nelle ultime due leggi di Stabilità e nella riforma del lavoro e alle più moderne forme di esecuzione della prestazione lavorativa permesse in particolare dal progresso tecnologico (il c.d. smartworking, nell’articolato normativo diventato “lavoro agile”) a titolo : Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato . Il disegno di legge del governo presta attenzione a quel “lavoro agile” che le nuove tecnologie richiedono. L’esame parlamentare potrà consentire di approfondire tutti i profili del cambiamento dall’orario di lavoro alla smaterializzazione del luogo fisico alla retribuzione a risultato e  il modo con cui agevolare trasformazioni veloci e imprevedibili, che risulta difficile fissare e tipizzare. Solo i contratti individuali o gli specifici termini della committenza nel quadro di adeguate garanzie per il lavoratore  e la lavoratrice appaiono idonei ad adattare le regole del lavoro per prestatori d’opera tanto subordinati quanto autonomi. L’importante è che questi contratti o si collochino nel quadro di accordi aziendali o siano assistiti dalla certificazione o riguardino alte professionalità. L’agilità insomma non è solo lavoro a distanza con le opportunità di conciliazioni che ne conseguono e dunque per le donne e i lavoratori  anziani segnalati dal rapporto ESDE ma anche  in ogni lavoro nel momento in cui le tecnologie digitali cambiano gli assetti della produzione di beni come di servizi.

 

In diretta dal Circo Massimo

Alessandra Servidori   In diretta dal Circo Massimo : la piazza forte della famiglia.

 E’ una bella prova di forza dei valori nei quali crediamo. Siamo in tantissimi molti di più che ai tempi di Sergio Cofferati  il sindacalista che portò al Circo Massimo centinaia di pullman pagati con i soldi dei patronati:  no oggi nessuno ci ha pagato il pullman o il treno e né tantomeno il pranzo. Una piazza spontanea, tranquilla, colorata ma decisa ad andare avanti non solo a difendere i diritti della famiglia ma soprattutto a promuoverli. La famiglia, il diritto alla vita e alla libertà religiosa sono capisaldi della nostra Costituzione e  l’ordinamento già riconosce in modo ampio diritti individuali ai componenti di una unione omosessuale. Il ddl in questione, pur denominandosi delle unioni civili, in realtà non fa emergere in modo organico diritti ciò esistenti, ma individua un regime identico a quello del matrimonio. Questa sovrapposizione  contrasta con la Costituzione, che tratta in modo specifico la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, distinguendola dalle altre formazioni sociali. Del disegno di legge in discussione è iniqua la possibilità  di adottare da parte della coppia omosessuale , se pure transitando dalla via della stepchild adoption ovvero l’adozione del figliastro: in tal modo la crescita di un minore all’interno di una coppia omosessuale viene fatta equivalere a quella in una coppia eterosessuale, e il bambino è privato dal legislatore della varietà delle figure educative derivanti dal sesso diverso dei genitori. Ed  è inaccettabile, quale alternativa alla stepchild adoption, il c.d. “affido rafforzato”, cioè la trasformazione dell’affido in una adozione rispetto alla quale il decorso del tempo può far giungere a una sistemazione definitiva nella “famiglia” di destinazione. Affido e adozione rispondono a logiche differenti, avendo avuto finora entrambi come riferimento l’interesse del minore, variabile a seconda della situazione di partenza: nell’affido è una momentanea difficoltà della famiglia originaria, nell’adozione la stato di abbandono del minore. Inoltre  dall'approvazione del ddl si perviene alla maternità surrogata: se il regime della convivenza è parificato a quello coniugale, dal primo non resterebbe fuori qualcosa che caratterizza il secondo. E se la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha costruito un “diritto” ad avere i figli, come sarebbe ammissibile la via della adozione omosessuale , diventerebbe ammissibile pure quella della “gestazione per altri”.Dunque per prudenza e saggezza, invece di una legge affrettata, è meglio confrontarsi sulle conseguenze sociali in senso ampio di certe scelte (soprattutto quelle che riguardano i bambini) laddove leggi simili sono state approvate, e cercare di creare spazi pubblici per pensare a quale bene vogliamo per l’intera società.

   

IGNORANZA E DEMENZIALITA'

 

                                         IGNORANZA  E  DEMENZIALITA’

 Lo sviluppo della cultura - «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura...». – Costituzione Italiana, Art. 9. Anno 1948

 L'arte e la scienza - «L'arte e la scienza sono libere…». – Costituzione, Art. 33.

 Valorizzazione - «Lo Stato ha legislazione esclusiva [nella] valorizzazione dei beni culturali…». – Costituzione, Art. 117,

 Roma, Musei Capitolini – Due installazioni nude di cartone. - Anno  dei barbari  2016

 Alessandra Servidori

 

Analisi seria di cosa prevede per istruzione e formazione professionale la riforma della Costituzione

Alessandra Servidori

Analisi seria di cosa  prevede per Istruzione e formazione professionale la riforma costituzionale

Il disegno di legge  di riforma costituzionale è stato approvato nel testo definitivo  l’11 gennaio alla Camera e il 20 gennaio al Senato. Ora deve tornare solo alla Camera in aprile per essere approvato in seconda lettura, quella definitiva. Il testo non può  più essere modificato, solo approvato o respinto. A Ottobre 2016 ci sarà la consultazione referendariaVediamo cosa è successo nell’istruzione e nella formazione professionale.(I e FP).Si amplia la competenza di legislazione esclusiva dello Stato. Il comma 2 lettera o) dell’articolo 117 assegna allo Stato” le disposizioni generali e comuni sull'istruzione e formazione professionale”(IeFP).Quindi pare chiaro che torneranno allo Stato l’obbligo di istruzione, le qualifiche e i diplomi che venivano impartite dalle Regioni con la IeFP, e anche la filiera IFTS e ITS. La IeFP assegnata allo Stato rimane però  distinta dall’istruzione  che è disciplinata in un'altra lettera dell'art. 117, comma 2, lettera n) disposizioni generali e comuni sull'istruzione; ordinamento scolastico, istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica". La lettera n) della Costituzione tuttora  in vigore citava solo alla lettera” n) norme generali sull'istruzione. Diminuisce la competenza legislativa  delle Regioni .Alle Regioni rimane solo la Formazione professionale, una nuova materia diversa dall’IeFP,  quindi con attività formative diverse. Quali?  Forse la formazione continua, a distanza, rivolta agli adulti. Ora non si sa . E l’apprendistato?Per ora non è chiaro. In relazione al cosiddetto "regionalismo differenziato", la IeFP è stata inserita tra le materie nelle quali singole Regioni potranno ottenere ulteriori competenze legislative, regolamentari e amministrative, con apposita legge dello Stato. In breve se alcune regioni vorranno avere sulla IeFP  gli stessi poteri delle Regioni o Province a Statuto speciale, come il Trentino Alto Adige, potranno farne richiesta e una legge dello Stato potrà concedergliele.Tutta la materia dell’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) dovrà  contestualmente  trovare una qualche sistemazione nel Decreto Delegato previsto dalla Legge 107/2015 art. 1) comma 181 lettera d) Revisione  dei  percorsi  dell'istruzione  professionale,  nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione, nonche' raccordo con i percorsi dell'Istruzione e Formazione Professionale Se la nuova Costituzione sarà varata, come si dice,  nell’ Ottobre 2016,  i decreti delegati della L.107 del 15 luglio 2015, potranno essere emanati con la nuova Costituzione, infatti la loro approvazione deve avvenire entro 18 mesi, quindi entro gennaio 2017.  Le speranze .Con la nuova Costituzione e a ordinamenti scolastici invariati, ci troveremmo di fronte3  profili dell'istruzione professionale: 1.Istruzione professionale statale, 2. Istruzione e Formazione Professionale divenuta statale, almeno nelle disposizioni generali e comuni, 3. Formazione professionale regionale ( che non darà più qualifiche e diplomi, nè potrà più essere il luogo per l'assolvimento dell'obbligo). La nostra speranza, preso atto della sepoltura della decentralizzazione, è che si realizzi almeno una razionalizzazione di tutta l’istruzione professionale, attraverso quella operazione che andiamo ripetendo da annila trasformazione radicale degli attuali istituti professionaliconvertendone una piccola parte in Istituti Tecnici ( ai quali sono già omologati) e la grande parte in  istituti  che impartiscono  le qualifiche e i diplomi   dell'attuale IeFP .Dunque per l’ennesima volta dopo il disastro della Legge Bassanini e di altri pezzi” riformatori” che hanno stravolto la nostra cultura formativa e hanno confuso i livelli e le materie di intervento rendendo la struttura barocca dispendiosa e vecchia, per i nostri giovani si apre una stagione di cambiamento: vero è che ci vorranno altri anni per testare la bontà o meno di questa rivoluzione costituzionale e il nostro paese rischia di perdere il volano dello sviluppo e soprattutto di non offrire alle nuove generazioni quel che serve a loro per esprimere talento e creatività virtuosa.

IL PARLAMENTO NON E' LA SUCCURSALE DEI DS

Alessandra Servidori

Verso un  vergognoso voto ideologico. IL PARLAMENTO non è la succursale dei DS

Questo parlamento , che non mi rappresenta se non in minima parte, sta compiendo una forzatura ideologica devastante  approvando una legge che viola i diritti dei bambini. Apprezzo le parole del cardinale Bagnasco disapprovo  le parole della Presidente Boldrini, ritengo  brutale e arrogante il voto all’unanimità dell’assemblea dei DS sulla blindatura del testo Cirinnà : dietro le bandiere dei diritti si consuma una speculazione sui bambini che viene persino evidenziata da chi,omosessuale come  Jean Pier Delaume Myard ,difende con ragionevole forza e senza esibizione farneticante la sua omosessualità , anche come componente dell’Associazione Manif Pour Tous. Delaume  afferma,in un libro che rappresenta una inusuale e coraggiosa testimonianza,   di aver  fatto la scelta di vivere in coppia, eppure è contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso, non per motivi di unione tra due persone che si amano, ma per il problema fondamentale del bambino e del suo diritto ad avere un padre, una madre e dei nonni. E soprattutto dichiara che  sono molti gli omosessuali che non provano alcun desiderio di sposarsi e ancor meno di avere un bambino. Soprattutto da giovane all’idea di avere un bambino per potergli trasmettere  amore, un patrimonio, uno status sociale si  è contrapposta la realtà della  filiazione. Quali sarebbero stati i riferimenti di questo bambino, il suo non-rapporto con la madre,perché  una coppia omosessuale maschile  non può che comprarsi  un bambino  venduto e il bambino non può  crescere e vivere  con la madre vera e propria.  Libertà, uguaglianza, fraternità, sicuramente ma prima di tutto  per il bambino di crescere  con un padre e una madre. I bambini non sono un diritto non sono  oggetti. Il matrimonio  per tutti  e le sue conseguenze sul nostro avvenire comune  è la realtà sulla quale ognuno è chiamato ad esprimersi liberamente e senza imporre ad altri scelte demagogiche vincolanti . La richiesta di uguaglianza della legge in discussione  vuole  decostruire le basi antropologiche, finora fondamento della società, per ricostruirle su basi che intendono un diritto non più orientato alla lettura del reale, ma come strumento per trasformare la realtà; che giunge a considerare diritti dei meri desideri. Il disegno di legge sulle unioni civili omosessuali risponde a un desiderio emulativo nei confronti delle coppie eterosessuali. I rapporti omosessuali ed eterosessuali, però, sono antropologicamente diversi e il diritto dovrebbe tenerne conto. Il diritto, infatti, tutela interessi sociali, non rapporti affettivi, altrimenti tutti i legami di amicizia dovrebbero essere legittimamente tutelati dall’ordinamento giuridico. Il vincolo matrimoniale è storicamente tutelato perché funzionale all’ordine delle generazioni. La vera ragione per cui il nostro ordinamento giuridico dà rilevanza al matrimonio, non è per il fatto che due persone provino affetto l’una per l’altra, ma perché un’unione matrimoniale è potenzialmente feconda e crea un sistema di educazione e inserimento sociale delle nuove generazioni. La tutela giuridica di cui godono le coppie coniugate a differenza delle unioni omosessuali non può essere considerata una discriminazione, in quanto le due fattispecie rispondono a due situazioni differenti, che non possono essere trattate in egual modo, pena il commettere una profonda ingiustizia nei confronti dell’unica famiglia riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico.

Donne e Forze Armate

Alessandra Servidori         Donne nelle Forze armate. Solo il 3% .E lo sanno che ci sono i concorsi ? Formiche.com

 Chi sono le donne in armi nella storia anche italiana? Perché sono spesso invisibili o tutt’al più   divenute simboli strumentalmente per affermare che il principio di antidiscriminazione con un Ministro donna  a capo dei 4 comparti (proprio oggi divenuti 3 perché le guardie forestali sono state eliminate)? Chi sono in realtà le militari nelle forze armate contemporanee? Come vivono, lavorano e affrontano il combattimento accanto agli uomini?A partire dalla seconda metà del Novecento le forze armate dei paesi occidentali hanno vissuto cambiamenti profondi: uno dei più significativi, dal punto di vista non solo organizzativo ma anche e soprattutto culturale e sociale, è rappresentato dalla sempre modesta ma stabile partecipazione femminile alla carriera professionale. Vi è un intreccio tra genere, guerra e servizio militare femminile, nel contesto Nato e nelle guerre contemporanee, dalla prima nel Golfo Persico a quelle tutt’ora in corso. Ci interessa  studiare i dati e avanzare un bilancio della spesso dimenticata presenza delle militari nelle file delle forze armate italiane  che offre un punto di vista davvero originale su cosa sia l’Italia oggi.  Non è retorico evidenziare che un cambiamento  culturale e organizzativo così importante non poteva non comportare una vera e propria rivoluzione. Noi ci siamo posti la domanda a fronte di un fenomeno in crescita : da una parte le richieste di prepensionamento offerte dalla norma che stanno aumentando, e dall’altra i nuovi concorsi emanati dal Ministero della Difesa con scadenza delle domande il 15 febbraio prossimo e del quale non si è avuta molto notizia. Infatti i concorsi, per esami, per l’ammissione di Allievi e allieve Ufficiali alla prima classe dei corsi normali delle Accademie delle Forze Armate per l’anno accademico 2016-2017. Sono così suddivisi: a) Esercito: 140 posti per il concorso, per esami, per l’ammissione di Allievi al primo anno del 198° corso dell’Accademia Militare;b) Marina: 118 posti per il concorso, per esami, per l’ammissione di Allievi alla prima classe dei corsi normali dell’Accademia Navale;c) Aeronautica:  80 posti per il concorso, per esami, per l’ammissione di Allievi alla prima classe dei corsi regolari dell’Accademia Aeronautica;d) Carabinieri: 50 posti per il concorso, per esami, per l’ammissione di Allievi al primo anno del 198° corso dell’Accademia Militare per la formazione di base degli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri. Sappiamo che all’interno delle quattro Forze Armate le donne,  sin da subito impiegate all’estero analogamente all’omologo personale maschile, in tutti gli incarichi operativi hanno ottenuto lusinghieri risultati in tutti i contesti. In particolare il loro impiego le ha viste protagoniste in Iraq, in Afghanistan, nella penisola Balcanica ,in Libano  per l’effettuazione di attività nei confronti di personale femminile locale come le perquisizioni, ricerca di informazioni,azioni operative e incursioni, interazione con donne autoctone, nonché interventi medici, che hanno contribuito a migliorare la percezione della popolazione locale nei confronti dell’intero contingente nazionale. Qui in Italia inoltre le militari sono sempre più numerosamente impiegate in servizi delicati che riguardano contrasto alla delinquenza spaccio, terrorismo, ecc. E’ lecito domandarsi se sotto ogni  aspetto riguardante lo stato giuridico, l’avanzamento, la formazione, l’addestramento e l’impiego del personale femminile, sia  evitato  il generarsi di discriminazioni e l’assenza  di preclusioni e di particolari limitazioni sia all’impiego che nelle carriere. Ma ci domandiamo se il livello di integrazione ha raggiunto buoni risultati  poiché , il dato relativo alla presenza femminile nelle tre Forze Armate e nell’Arma dei Carabinieri si aggira intorno ad una percentuale  limitatissima del 3%.

L’idea della donna, calata nell’ambito familiare e poco incline ad imbracciare le armi, ostacola ulteriormente l’accesso ancora oggi  e non ci risulta che nei 4 corpi vi sia ,per esempio, un’adeguata riserva di privacy nelle strutture come i bagni riservati, e dunque anche questo comporta una difficoltà che coinvolge le donne italiane, così come una maggiore partecipazione femminile alle vita politica del paese così ancora dominata dal potere maschile. È difficile immaginare come in un clima  ancora così ostile possa farsi strada un rafforzamento  favorevole all’ingresso delle donne nelle Forze armate. Non essendo presente, infatti, nella Costituzione Italiana, una disposizione che espressamente escluda le donne dalla carriera militare, l’approvazione definitiva  solo della legge 380 nel 1999 ha dato il via a questo ingresso così ancora lento.

Bisogna anche sottolineare che politicamente  non c’è ancora un’apertura culturale e favorevoli alla donna in armi: anzi  è osteggiato  dai pacifisti. E’ ancora dominante l’idea che adattare  la donna e il corpo femminile alla vita militare, la natura stessa dell’animo femminile impedisce alla donna, che è portatrice di vita, di diventare promotrice di morte. Diverse, quindi, sono le opinioni in tema di donne soldato. Anche all’interno del mondo femminile si può assistere ad una spaccatura tra chi è contrario allo scoppio di un conflitto, e di conseguenza condanna la partecipazione femminile ad esso, e chi apprezza  invece l’ingresso delle volontarie nelle caserme come l’aprirsi di nuovi orizzonti professionali. Qualunque possa essere l’opinione in proposito, non resta che aspettare e constatare con il tempo se la presenza femminile nell’esercito potrà apportare dei vantaggi, così come ne ha portati nella vita politica e sociale. Il fatto è che avere un Ministro donna nelle Forze Armate non fa primavera. 

QUELLO CHE CONTESTO NEL DDL CIRINNA'

Alessandra Servidori                FORMICHE.NET 

Quello che  è  evidente nel ddl sulle unioni civili 

La diatriba sul testo  sulle unioni civili ha una storia e un collegamento che in questo momento sfugge all’attenzione degli  attenti analisti molto e perlopiù  concentrati sulla adozione del partner dello stesso s esso. In verità questo ddl è legato alle teorie del gender  che chiedono nuovi spazi di diffusione e proselitismo e,purtroppo,li cercano nelle scuole e nelle sedi deputate alla formazione dell’infanzia entrando con la forza in competizione in un ambito che il diritto non ha mai inteso violare. Ai genitori spetta il ruolo educativo e formativo,ma è proprio il pluralismo e la libertà educativa la forza di una società democratica in cui si divulgono le teorie del gender,con una spinta ideologica, interpretando la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Nella Convenzione UE del 1950 i si afferma che lo Stato  deve rispettare il diritto dei genitori  a provvedere all’educazione e insegnamento secondo le proprie convinzioni, ma i sostenitori del gender lo ritengono  un principio regressivo,da abbattere da rovesciare con una teoria del liberismo antropologico per i quali i nuovi modelli di relazioni interpersonali sono espressione di libertà .Così la famiglia diventa  la nemica poiché si pone come argine in questa incursione e va demolita e sostituita con entità estranee,lontane dalla’educazione naturale ,tradizionale. I teorici del gender che sostengono il ddl Cirinnà  sostengono in contemporanea la grottesca eliminazione del concetto di madre e padre insinuandosi e violando il rapporto riservato tra padre madre e bambino che nessuno ha mai  pensato di invadere per diffondere visioni ideologiche della sessualità in opposizione alla volontà e alle sensibilità educative dei genitori. Quanto poi al rispetto della Costituzione Italiana  che Cirinnà pretende di osservare con il suo testo  è evidente che le tendenze esaltate dal liberismo antropologico non possono assurgere a valore universale, né tanto meno a  valore costituzionale in quanto la pratica della maternità surrogata chiede l’umiliazione della donna e le prospetta  ,già vittima spesso della povertà,di fare mercato del proprio corpo per soddisfare il desiderio di coppie ricche o egoiste,   traendo spunto essenzialmente da valori antropologici cui si ispira cedendo a culture individualiste che possono diventare dominanti. Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica che è e rimane la dottrina di riferimento italiana di maggioranza è noto che il magistero pontificio degli ultimi decenni ha messo in guardia contro i rischi della teoria del gender che stravolgono l’ordine naturale dei rapporti interpersonali e declassano l’istituto familiare e la sua funzione di crescita e formazione delle nuove generazioni. In ultima analisi poi compete al legislatore decidere se rispettare o meno il diritto alla verità di chi nasce e il legislatore non è debitore o creditore verso alcuna chiesa o confessione ma lo Stato  può far valere le proprie scelte  che si misurano sui valori e basi umanistiche e razionali che contrastano comunque con una etica di egoismo sostenendo i più deboli e non concedendo licenze ai più forti.  Per quanto mi riguarda  la famiglia è e rimane la fonte della società  e  un persistente generatore di significato anche quando tutto attorno nella società si disperde. 

DALLA PARTE DEL LAVORO.SEMPRE

                                              

                            CESLAR UNIMORE  e TutteperItalia

                              sempre dalla parte del lavoro

 

 La valorizzazione delle pari opportunità a livello di impresa

Venerdì 22 gennaio 2016 dalle ore 15.00 alle ore 17.00

Via San Geminiano, 3 – Modena  Aula O

Programma Coordina: Alessandra SERVIDORI – Direttore Ceslar “Lavori e Riforme”  

15.00

Le proposte del Ceslar per la progettazione di un percorso di validazione e certificazione delle pari opportunità a livello aziendale

Barbara MAIANI – Coordinatrice Centro Studi “Lavori e Riforme” (Ceslar)

15.20

Interventi Programmati:

Marco MAGGI – Obiettivo Lavoro

Maria SATTA – Progetto Donna

16.10

Contributi:

Tiziana BARACCHI – già Direzione di Fondartigianato

Elisa PAU – Responsabile Area Consulenza Sixtema S.p.A.

Francesca ARENA – Coordinatrice Regionale UILPA INAIL E.R. - Provinciale Donne UIL Modena

Tania SCACCHETTI – CGIL – Segretario generale provinciale di Modena

Monica GUIDA – CISL – Segreteria Fisascat-Cisl Emilia Centrale

Francesca FERRARI – Confcooperative

Claudia ZAGNI – CNA – Responsabile Politiche del Lavoro CNA Modena

17.00

Riflessioni conclusive della giornata: Alessandra SERVIDORI e Barbara MAIANI

 

 

 Lunedì 25 gennaio 2016 dalle ore 09,30 alle 17,30 -Via San Geminiano, 3 – Modena –

                                        JOBS ACT E LEGGE DI STABILITA’

 Sala Convegni e Aula Magna

 

Saluti di Angelo O. ANDRISANO – Rettore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

09.40

“Relazione introduttiva”

Giuseppe PELLACANI – Presidente Centro Studi “Lavori e Riforme”

Coordina Alessandra SERVIDORI – Direttore Centro Studi “Lavori e Riforme”

10.00

“Le riforme del lavoro e la riorganizzazione delle strutture”

Paolo ONELLI – Direttore Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

10.30

“Riforma degli Organi Ispettivi”

Fabrizio NATIVI – Centro Studi Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

11.00

“Nuovo assetto Agenzia del Lavoro e Legge di stabilità”

Paolo PENNESI – Direttore Generale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro

11.30

“Intervento”

Giuliano POLETTI – Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali

 POMERIGGIO LAVORI DI GRUPPO aperti ai partecipanti  

JUNCKER versus RENZI e ritorno sul filo spezzato del sistema bancario

Alessandra Servidori

JUNCKER versus RENZI  e ritorno sul filo spezzato del sistema bancario

I rapporti tra Bruxelles e Roma sono sempre stati un tantino difficili e comunque ambigui. E a fatica ci sentiamo cittadini d’Europa quando a rappresentarci sono gli autoreferenziali “ GRANDI POTERI” .Spesso viviamo un’Europa paradigmatica astrattamente edificata sulle istituzioni e gli organismi e non vediamo l’Europa dei diritti e delle libertà che dovrebbe essere accessibile da ogni persona che abbia appunto maturato la consapevolezza di essere cittadini europei. De Gasperi  volle  l’Italia in Europa oltre la dimensione politica ma come legittima vocazione democratica e occidentale della nostra Repubblica .Dunque non basta l’integrazione economica che comunque stentiamo ancora oggi a realizzare ,trascurando la dimensione sociale ,sanitaria ,dei trasporti e della giustizia    e benché l’Europa dovrebbe costruirsi la sua identità culturale  sulla condivisione dei principi  e di una forza unificante ,non si è riusciti a dare vita efficace a questo progetto sociale ed economico che avrebbe potuto fronteggiare le potenze internazionali  .Sono consapevole che in questo momento particolarmente difficile anche per il nostro Paese il rispetto reciproco dovrebbe avere la priorità sulla politica d’assalto . Dal punto di vista economico/bancario sono convinta che nelle diatribe renziane e juckeriane gioca il fattore dominante tutta la questione delle banche italiane in bancarotta e la debolezza del nostro sistema sempre più debole. l’Europa per essere dei popoli,  ha da essere anche delle banche. Vediamo perché .Nessun capo di Stato o di governo ha mai chiesto di modificare i trattati, sicché ciascuno ne richiama l’applicazione facendo finta di mettere l’accento sul duro o sul soffice, ma sapendo tutti che c’è l’uno e l’altro,  e in questo contesto  il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, s’è indirizzato alla Bundesbank  e ha intimato  di farsi  gli affari loro,, non provando  a far politica in Italia ( cosa che peraltro è sempre stata fatta i nostri governanti onnipresenti), anche se poi noi italiani abbiamo sempre fatto finta di non occuparci delle banche tedesche come  delle Landesbanken e delle Sparkassen. Ma  l’Europa  per essere  dei cittadini  deve rispondere  ai cittadini, e non sia e risponda solo ai governi. Perché le banche centrali –in questo caso per l’Italia BANCA ITALIA per la Germania la BUDENSBANK dovrebbero essere  i e dei governi, mica i e dei sistemi bancari. Perché tutto il gran dibattito ruota attorno a rigore e flessibilità, ma con esclusivo riferimento al bisogno di ciascun governo di correggere i conti per non incorrere in infrazioni. Semmai qualcuno si sta occupando veramente di sviluppo e crescita produttiva, quindi anche industriale, quella è la Banca centrale europea e per fortuna che abbiamo Mario Draghi. Magari l’Europa fosse della Bce,peccato però che sarebbe vagamente non democratica.Di Landesbanken e Sparkassen, invece, ci dobbiamo occupare eccome, così come in Italia dei Poli Bancari che si sono costituiti perché BANCA ITALIA  non è più pubblica ma sono le Banche private che hanno la maggioranza e quando è stata ricapitalizzata alle banche private sono andati i soldi degli italiani. E  per non per farci solo  gli affari degli altri, ma per farci i nostri e quelli comuni, diamoci una mossa. Cosa  dobbiamo sapere ?  Che sono sia qua che là banche regionali o locali  o tedesche o italiane .La differenza è solo che  la Germania è uno Stato federale, per questo ha una camera degli stati, quindi quel che noi chiamiamo regionale lì è statale, ma non federale.E qui in Italia il sistema è molto simile.  Sono comunque sia in Germania che in Italia  banche che rispondono a potentati locali, fortemente politicizzate. Si dice che in Germania sono Banche che accettano il denaro contante come in Italia sarebbe più che sufficiente per chiamare subito la Guardia di Finanza?.Non sono così certa che in Italia non succeda. Anzi. Ed è (anche) grazie a quel sistema, grazie al fatto che la Germania è il Paese con più pagamenti in contante(forse è per questo che Renzi ha aumentato a 3000 euro il pagamento in contante da noi?), che quando rivaluteremo il pil con l’economia sommersa il nostro crescerà di uno o due punti, il loro di tre o quattro. Sicuramente in Germania sono banche con cui hanno sostenuto settori produttivi altrimenti fuori mercato. I tedeschi hanno combattuto la loro battaglia contro gli italiani del tessile proprio utilizzando quel genere di credito. Allora, se l’Europa vuole essere dei popoli, quindi dei lavoratori e degli imprenditori, deve essere anche Europa delle banche, nel senso che le regole non possono ammettere eccezioni. Sono i tedeschi ad avere chiesto che quelle loro banche siano tenute fuori dalle regole e dai controlli europei. Ma non si può fare. Renzi sbaglia : noi di quelle banche abbiamo il dovere di occuparci, ma dobbiamo anche occuparci di più e meglio delle nostre e sapere la verità nascosta della confusione fatta sui recenti bancarottieri nostrani,perché devono essere rappresentati gli interessi di tutti  gli italiani e i sistemi produttivi, altrimenti si rappresentano solo gli interessi dei ragionieri che redigono i bilanci statali. Che è esattamente l’Europa fallimentare.  Proviamo a usare il nostro cervello  come vitaminico per porre il problema di un serio, coerente e accettabile sistema bancario italiano ed europeo.

 

 

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