Egregio Presidente Mattarella ,
Penso che si stia compiendo l’ennesimo massacro all’Italia. Spregiudicatezza e bulimia di potere si stanno consumando in queste ore con queste consultazioni farsa. Comunque il campo progressista, ancora oggi (anno di grazia 2021) non ha raggiunto la maturità democratica. Che consiste nel trattare l’avversario politico come avversario, e non come nemico della democrazia. Nel considerare se stessi come portatori di un progetto politico, anziché come depositari esclusivi del bene comune. Nella fiducia di poter combattere gli avversari con la forza delle idee, anziché cercando ogni volta di evitare il ricorso alle urne, quasi che non fossimo in grado di sconfiggere le idee antieuropeiste populiste e nel mettere in salvo l’economia italiana e la salute della popolazione in campo aperto. Ebbene ora è troppo tardi per pensare alle urne. Vi sono responsabilità enormi anche della cosiddetta società civile che – attraverso appelli, girotondi e sardine varie – ha ritenuto di dover gridare al pericolo per la democrazia ogni qualvolta all’orizzonte si è profilato il rischio che a vincere non fossimo noi, unici interpreti degli interessi generali del Paese, unico presidio contro le tentazioni autoritarie. Da tempo giudichiamo quota 100 una follia, il reddito di cittadinanza un obbrobrio, l’azione del governo inesistente, i progetti di utilizzo dei fondi europei imbarazzanti, l’economia allo sbando, la gestione dell’epidemia catastrofica, lo stile di governo improntato a vanità e spregio delle istituzioni. E mille altre cose per lo più sacrosante. Quando Zingaretti ha realizzato il patto incestuoso con i Cinque Stelle, quando abbiamo vissuto drammaticamente e ancora oggi il default della nostra Italia quando in solitudine alcuni di noi abbiamo cominciato a ribellarci come potevamo con i mezzi che abbiamo, contrastati dai giornalini ricchi finanziati da questa melma dirigente, perché Presidente Mattarella non ha impedito il disastro totale che stiamo vivendo? Qualsiasi soluzione che non sia un Governo di persone competenti e veramente sagge e onorate sarà un ennesima dimostrazione delle nostre incapacità di esercitare il nostro diritto e dovere di cittadinanza.
Con grande rispetto Alessandra Servidori
Alessandra Servidori Quello che i dati Istat NON evidenziano sulla disoccupazione femminile
Istat ha pubblicato i dati aggiornati sulla situazione occupazionale ed è l’ennesimo bollettino di guerra poiché l'occupazione cala nonostante il blocco dei licenziamenti, e colpisce tutte le fasce di età a esclusione degli ultracinquantenni, invece in crescita, ma non le donne ultracinquantenni. E non solo. In generale si tratta di un crollo quasi esclusivamente al femminile: in totale i lavoratori scendono di 101 mila unità, ma di questi 99 mila sono donne e 2000 sono uomini. E il tasso di occupazione delle donne a dicembre cala di 0,5 punti e cresce quello di inattività (+0,4 punti), per gli uomini al contrario la stabilità dell’occupazione si associa al calo dell’inattività (-0,1 punti). In generale, c'è un forte aumento dell'inattività ma solo per la fascia dei età giovanile e per quella centrale. Nel confronto con l’anno scorso, c’è una drammatica prevalenza femminile,e le donne in 312 mila perdono il lavoro, mentre gli uomini , perdono 132 mila unità. La maggiore fragilità del lavoro femminile è dovuta al fatto che in percentuale le donne sono maggiormente occupate nei servizi, in lavori precari o per i quali è possibile licenziare.. E inoltre la riduzione delle posizioni lavorative durante il periodo di lockdown ha inciso in misura rilevante soprattutto sulle lavoratrici riflettendo in buona parte, anche in questo caso, l’andamento particolarmente negativo del settore turistico e di quello dei servizi alla persona, dove le donne rappresentano in media i tre quinti degli addetti e la contrazione delle attivazioni nette è ben visibile sin dall’avvio dell’emergenza sanitaria in tutte le aree ma è stata più intensa in quelle in cui è maggiore l’incidenza delle occupate e dei contratti a tempo determinato.A questo dato si associa è utile associare il rallentamento della spesa delle famiglie rispetto all’anno precedente, superiore a quello del reddito disponibile, che ha verosimilmente risentito anche di una graduale flessione degli indici di fiducia dei consumatori dovuta a valutazioni meno favorevoli sulla situazione economica dell’Italia e sull’andamento del mercato del lavoro e sulla disoccupazione femminile aumentata progressivamente .L’emergenza sanitaria e i provvedimenti di sospensione delle attività produttive adottati per contenerla hanno determinato un marcato deterioramento della condizione economica per l’insieme delle famiglie;circa i due terzi dei nuclei familiari con almeno un componente precedentemente occupato hanno registrato episodi di riduzione dell’attività lavorativa; la quota supera l’80 per cento quando il capofamiglia è lavoratore autonomo o dipendente a tempo determinato o donna con figli a carico . Nel 2020 le famiglie hanno risentito della contrazione del reddito seguita alle misure di contenimento della pandemia e della caduta dei corsi dei titoli, che ha ridotto la ricchezza finanziaria; dunque i pochi risparmi delle famiglie hanno risentito dell’avversione al rischio e la preferenza per strumenti finanziari più sicuri che tutelassero il risparmio o comunque il peggioramento delle prospettive di crescita e l’incremento dell’incertezza hanno comportato una maggiore avversione al rischio e una preferenza verso strumenti liquidi. Le conseguenze dell’epidemia di Covid-19 e i provvedimenti adottati per contrastarla hanno scoraggiato la partecipazione al mercato del lavoro, scesa dal 65,1 per cento di febbraio al 64,3 di marzo: nonostante le perdite occupazionali, nonostante il blocco dei licenziamenti e l’estensione della CIG, il tasso di disoccupazione si è collocato all’8,4 per cento. Un impulso negativo alla partecipazione, in particolare quella femminile, è senz’altro dovuta anche ai provvedimenti di chiusura delle scuole. La necessità di cura dei figli in età scolare ha precluso o limitato la regolare continuazione dell’attività lavorativa dei genitori nei nuclei con un solo adulto e nelle coppie in cui entrambi i componenti sono occupati.In quest’ultimo caso hanno abbandonato l’impiego o ridotto l’orario di lavoro soprattutto le madri, che tipicamente percepiscono un reddito inferiore. Le famiglie con almeno un bambino di età minore di 14 anni e in cui entrambi i genitori lavorano sono circa 3 milioni: in poco più del 40 per cento dei casi (1,3 milioni di nuclei) almeno un adulto si calcola possa svolgere le proprie mansioni lavorative a distanza conciliandole con le esigenze familiari, seppure con difficoltà e con significativi rischi di perdita di produttività.Comunque lavoratrici e lavoratori a termine, in particolare del Sud, giovani e donne, sono le categorie più colpite dalle conseguenze del Covid sul mercato del lavoro, le tutele messe in campo dal Governo, con il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione, hanno sicuramente tutelato di più i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, cioè in sostanza, chi era già in una posizione lavorativa più stabile anche prima della pandemia. Un esempio lampante : il lavoro a tempo determinato, ha fatto registrare un calo del 13,4% da inizio anno 2020 e continua ora, simile a quello del Pil.La maggiore diminuzione degli occupati al Sud potrebbe essere legata alle caratteristiche della struttura produttiva del territorio, più orientata verso il turismo e i settori collegati, direttamente colpiti dagli effetti della pandemia ma è altrettanto evidente che la flessione più marcata delle attivazioni nette (attivazioni meno cessazioni) ha riguardato in tutte le regioni la fascia di età fra 15 e 24 anni anche a causa della maggiore diffusione dei contratti a termine tra i più giovani e qui la discriminazione femminile è multipla tra le giovani per le quali la riduzione delle posizioni lavorative durante le restrizioni le ha penalizzato in particolare riflettendo la maggiore presenza di donne giovani nei settori economici più colpiti dagli effetti della pandemia. Sono particolarmente significativi i dati che emergono dal rapporto CNEL sul mercato del lavoro nel 2020: l’occupazione giovanile è tra le più colpite con 2 milioni di Neet, insieme a quella femminile dove quasi una donna su due è inoccupata riducendosi di 2 punti percentuali. Le donne sono oltre il 53% della popolazione italiana , la battaglia per l’uguaglianza di genere non può essere più solo un punto di un programma politico aggiunto ma deve essere al centro di azioni concrete creando vantaggi economici, sociali e culturali per l’intero Paese. Più volte abbiamo sottolineato anche da queste pagine come per promuovere la occupazione femminile non bastino politiche di incentivazione economica alle assunzioni, ma serva anzitutto allargare la offerta di servizi per la prima infanzia , scuola a pieno tempo e servizi per gli anziani, nonché promuovere forme organizzative del lavoro più favorevoli alla conciliazione. Nell’occupazione femminile giocano un ruolo fondamentale i percorsi formativi. Bisogna sostenere percorsi STEM sia nel breve sia nel lungo periodo: se infatti nel breve periodo la componente femminile è meno presente nei percorsi di studio più richiesti e meglio remunerati dalle imprese, nel lungo periodo sono proprio i settori STEM che presentano le maggiori prospettive di crescita. Inoltre il rinnovo della contrattazione di prossimità deve prevedere la capacità di aumentare il ricorso ai fondi bilaterali per sostenere maggiori congedi parentali per lavoratori e lavoratrici.
Alessandra Servidori
Conte Di Maio l’addetto stampa ex grande fratello e Arcuri. Dei 4 il più pericoloso demolitore è Arcuri.
Le gesta di Arcuri detto Mimmo diminutivo di Domenico sono ormai ricorrentemente definite in perdita per l’Italia ma non per Invitalia di cui il super Comissario è AD. L’ultima della serie è legata al costo delle siringhe ordinate e pagate 6 volte di più di una siringa sul mercato per cui sembra esserci una indagine in corso. Prima avevamo avuto i 485 milioni di soldi pubblici spesi per i banchi a rotelle alcuni dei quali abbiamo visto accatastati in foto su un tetto di un magazzino e platealmente inutilizzati a danno sempre di una quantità enorme di banchi –sempre visti in foto mandati al macero- nonostante ancora perfettamente in forma e usabili con relative sedie-. Poi è la volta del bando di gara sempre attraverso Invitalia per realizzare i padiglioni Primula per la somministrazione del vaccino,pubblicato il 20 gennaio e con offerta entro oggi 27 gennaio. 21 sono i padiglioni di oltre 300 mq da realizzare completamente costruiti e ammobiliati e si sono dati 30 giorni senza specificare presunte penali e nel bando sempre Arcuri si riserva la facoltà di realizzarne poi altri 1200 in tempi successivi non ben definiti. La creatività pare sia l’elemento distintivo dell’Arcuri peraltro in linea con quanto OMS ha dichiarato essere il Report del Piano antipandemico italiano sparito e sotto inchiesta che in quanto organizzazione antipandemica nostrana si contraddistingue per “creatività” e ci domandiamo perché non chiedere alle Regioni o ai comuni di poter individuare strutture pubbliche idonee che con efficienza e gran risparmio di risorse potrebbero risolvere la questione. Tecnicamente ogni padiglione potrà avere un costo massimo di euro 400.000 (+/- 20%) e a questa modica cifra è in grado di effettuare 6 vaccinazioni alla volta per la durata, compresa anamnesi, di 10/15 minuti a seconda dei soggetti. Ma diciamo pure 12 minuti per 6 postazioni = 30 vaccinazioni/ora per 10 ore = 300 x 90 gg (tre mesi), senza mancare un turno e con efficienza, si vaccinano 27.000 persone, un piccolo centro da 30.000 abitanti, spendendo “solo” 10 volte tanto rispetto a un punto vaccini di analoga portata nella sala civica, in quella parrocchiale, nella palestra, in un poliambulatorio, ecc . Se ne acquistano tre, posizionati in tre diverse piazze di città un po’ grandine usando la riserva di Arcuri di ordinarne 1.200 forse si accelerano le vaccinazioni. Ammesso che troviamo e assumiamo medici e infermieri e sopratutto arrivino i vaccini. E qui arriva l’ultima impresa di Arcuri che sempre come Amministratore Delegato di Invitalia dotato di una immensa capacità di spreco, con Reithera azienda biotecnologica romana ha sottoscritto nelle ultime ore un contratto di sviluppo per un vaccino in fase di sperimentazione. Reithera riceverà 81 milioni-subito- per lo sviluppo del vaccino italiano che produrrà entro il 2022 in 100 milioni di dosi all’anno : intanto siamo diventati con i nostri soldi il 30% della società Reithera ma non abbiamo i vaccini e campa cavallo che l’erba cresce e la scarsità di dosi per inadempienze delle varie aziende straniere a cui abbiamo affidato la nostra vaccinazione forse arriverà in tribunale .Ma intanto siamo morti. Ma la Corte dei Conti non ha nulla da dire per questa immensa discrezionalità di spesa dei nostre soldi di questo Arcuri ?
Alessandra Servidori- Cosa succede in Europa sul Recovery Plan e i rapporti con l’Italia 27 gennaio2021
I problemi di gestione a livello comunitario della partita Recovery Plan sono e rimangono complessi e serve ricordare nelle tante manie di persecuzione che affliggono gli antieuropeisti sulla sovranità della Germania che dobbiamo alla Cancelliera Merkel se durante la presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione Europea gli Stati Membri hanno raggiunto un accordo storico sul budget dell’Unione e sui fondi speciali di 1,8 trilioni di euro dopo i problemi che ci hanno posto Polonia ed Ungheria .E dopo e durante la pandemia da Covid si devono salvaguardare le economie che con la vittoria di Biden riprende fiato la strategia della transizione energetica e l’accordo sul clima che vede la riduzione delle emissioni di gas serra al 55% entro il 2030. Ovviamente il Bilancio della Ue è composto dal bilancio finanziario pluriennale 2021/2027 e il Fondo Nex Generation della Commissione e il veto posto da Polonia e Ungheria di un regolamento per finanziare con nuove risorse la ripresa ponendo dei limiti e condizionalità per l’uso improprio dei finanziamenti con vincoli applicativi, trovando poi un accordo con i paesi dissidenti riferito al solo bilancio 2021/2027. Il problema per gli stati in oggetto era ed è mantenere il loro stato di diritto fortemente messo in discussione dalla Ue per questioni di inasprimento in Polonia e Ungheria di alcune decisioni legislative che ledono i diritti umani come il diritto all’interruzione di gravidanza e elezioni democratiche. Con la certezza di ricevere i 180 miliardi garantiti dalla Ue poiché il regolamento si applica solo al Piano pluriennale e non al Nex Generation la questione si è sbloccata nonostante pendano ancora su Polonia e Ungheria misure previste in caso di ricorso alla Corte di Giustizia Europea proprio per lesioni allo stato di diritto dei cittadini polacchi e ungheresi da parte dei due dittatori. Il Parlamento europeo ha così approvato il bilancio dell’Ue 2021-2027 e il Consiglio ha adottato il regolamento che stabilisce il quadro finanziario pluriennale dell’UE per il periodo 2021-2027che prevede un bilancio a lungo termine di 1074,3 miliardi di Euro a prezzi 2018.L’adozione del nuovo bilancio consente, in raccordo con lo strumento Next Generation EU da 750 miliardi di Euro, di immettere grandi finanziamenti per rilanciare l’economia dell’Ue nei prossimi anni per sostenere la ripresa dell’Ue post pandemia.
La maggior parte dei programmi di finanziamento settoriali dell’UE dovrebbero essere adottati all’inizio del 2021 e saranno applicabili retroattivamente a partire dal primo giorno dell’anno in corso. Per quanto riguarda l’attuazione dello strumento per la ripresa Next Generation EU, la decisione sulle risorse proprie dell’UE deve essere approvata in tutti gli Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali. Dopodiché, la Commissione potrà, in via eccezionale, contrarre prestiti fino a 750 miliardi di Euro a prezzi 2018 sui mercati dei capitali per far fronte alle conseguenze della crisi Covid-19. La maggior parte di questi finanziamenti sarà erogata attraverso un dispositivo per la ripresa e la resilienza da 672,5 miliardi di Euro che sosterrà, tramite sovvenzioni e prestiti, gli investimenti pubblici e le riforme negli Stati membri, aiutando questi ultimi ad affrontare l’impatto economico e sociale della pandemia di Covid-19, nonché le sfide poste dalle transizioni del verde e del digitale. La Commissione europea guarda all’Italia con netta preoccupazione perché alla soluzione della crisi è legato il destino del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), con i 209 miliardi di sovvenzioni e prestiti europei. I piani nazionali devono arrivare entro il 30 aprile la presidente Ursula von der Leyen e anche il Commissario Gentiloni avvertono che prima arrivano i piani prima arriverà la valutazione definitiva della Commissione per poter procedere ai primi esborsi da metà anno. Il nostro Piano nelle bozze è stato più volte rivoltato come un calzino soprattutto nelle macro aree e il peso degli investimenti rispetto agli incentivi è aumentato ma spariti i progetti e il capitolo delle riforme è evanescente soprattutto sapendo che lì sono agganciati l’erogazione dei fondi, da accompagnare agli investimenti e la concorrenza come chiesto dalla Ue.In queste ore la situazione italiana in ambito internazionale ha avuto delle pronunce molto feroci : le agenzie di rating denunciano che la crisi mette in bilico i fondi ue il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso le stime di crescita 2021 di diversi paesi europei tra cui l’Italia. Secondo le nuove previsioni il Pil dovrebbe crescere quest’anno del 3% e non più del 5,5% come ipotizzato in precedenza. La governance oggi con la vicenda sulla partita giustizia di Bonafede così improponibile e le dimissioni di Conte è ancora più importante e precaria ed è indispensabile un meccanismo non ordinario di attuazione e gestione del progetto con procedure straordinarie che facciano in fretta e bene la proposta dettagliata alla Ue
Alessandra Servidori Audizione Commissione Femminicidio Senato 20 Gennaio 2021
Ringrazio la Presidente dell’invito salutando con alto gradimento la positiva e definitiva ratifica da parte del Senato, in merito alla Convenzione e Raccomandazione Ilo, in tema di violenza e molestie nei luoghi di lavoro. La tolleranza zero, invocata dalla Convenzione Oil, nei confronti della violenza e delle molestie nei luoghi di lavoro da oggi richiede una responsabilità condivisa del Parlamento impegnato nel varare le disposizioni normative attuative, delle parti sociali e delle istituzioni, sui vari livelli, che non dovranno far mancare il loro contributo fondamentale. Nel nostro ordinamento non mancano le tutele adeguate per garantire un` efficace azione di contrasto alle violenze e molestie in occasione di lavoro, ma comunque vanno rafforzate nel Codice delle Pari Opportunità la ratifica da parte dell`Italia dei documenti internazionali, non solo ne rafforza il rilievo a livello mondiale, ma ne consolida le misure, superando qualsiasi limite alle più ampie garanzie di tutela per tutti gli occupati. La positiva e responsabile decisione del Parlamento italiano conferma come la cultura del lavoro debba basarsi sul rispetto reciproco e sulla dignità dell`essere umano e che gli atti di violenza e le molestie sul lavoro sono da perseguire penalmente prevedendo strumenti di tutela, di denuncia, di prevenzione proteggendo tutti e tutte i lavoratori e lavoratrici a prescindere dal loro status contrattuale. In questo ultimo periodo a livello internazionale c’è un rinnovato impegno sul tema : il 2 Dicembre 2020 carta dei diritti EU :uno degli obiettivi della Commissione Oggi la Commissione europea presenta una nuova strategia per rafforzare l'applicazione della Carta dei diritti fondamentali nell'UE.I diritti fondamentali non possono essere dati per scontati. La nuova strategia conferma un rinnovato impegno a garantire che la Carta sia pienamente applicata. A partire dal prossimo anno, la Commissione presenterà una relazione annuale che esaminerà le modalità con cui la Carta è applicata negli Stati membri in un determinato ambito tematico.Per noi rimane clamorosamente inattuato l’art 37 della Cost.Nel 2020 la presenza di un gender pay gap medio in Italia dell’11%, ed anche peggiore in altri Paesi europei,una disoccupazione euna sottooccupazione ,e mentre con l’avvento del diritto antidiscriminatorio di matrice europea e l’affermarsi di politiche di conciliazione sempre più neutrali, volte cioè a favorire un equilibrio nei ruoli familiari tra uomini e donne, si è progressivamente affermata la necessità economica di una posizione paritaria nel lavoro delle donne rispetto agli uomini, non si può dire altrettanto sull’affermazione di una necessità culturale e politica. Ed infatti resta significativo il fenomeno della segregazione orizzontale delle donne, in ruoli, posizioni e settori lavorativi considerati più affini alla tradizionale riconduzione del genere femminile allo spazio privato, della cura, e la corrispondente esclusione da ambiti, quali quelli cosiddetti STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), che sembrano rappresentare i luoghi della razionalità per eccellenza.Vero è che pochi spazi sembrano residuare per il diritto antidiscriminatorio nell’intervento sulla piaga del lavoro precario: un lavoro prevalentemente femminile su cui l’emergenza sanitaria e sociale determinata dalla pandemia ha agito comportando in moltissimi casi la riduzione delle ore di lavoro o l’abbandono temporaneo del lavoro finalizzati a rendere la donna disponibile per le attività di cura, ragione per cui, come sottolinea l’ILO in un report di quest’anno (COVID-19: Protecting workers in the workplace, 2020), l’impatto economico della pandemia si riverserà in particolare proprio sulle donne. Avete già perso in considerazione il Rapporto Istat del 2016 sulla materia e la situazione non è sicuramente migliorata . Erano oltre 1 milione e 400 mila le donne che hanno subito nel corso della loro vita molestie o ricatti sessuali sul luogo di lavoro. Si tratta di un tema delicato e di difficile emersione. Infatti sono meno dell'1% le donne che denunciano tali forme di violenza, pur avendole subite, soprattutto per il rischio che una denuncia possa ripercuotersi negativamente sulla sfera lavorativa.Lo vediamo e leggiamo ricorrentemente sul Rapporto annuale sulle dimissioni volontarie che evidentemente a fronte di una caduta libera delle dimissioni NON viene mai riferito il motivo di molestia . Pertanto un obiettivo da valutare è quello già suggerito dalla Commissione nel Rapporto conclusivo dei lavori in cui si auspica l’introduzione di una fattispecie ad hoc di natura delittuosa e a struttura dolosa come peraltro l’Oil identifica nella struttura della Convenzione ratificata da noi .Problemi evidenti sono a livello di immagine femminile e il lavoro e il ruolo della donna . Recuperare con la ristesura del Codice di parità il Codice che esiste adesso di autoregolamentazione capire ancora una volta quanto sia importante per noi il diritto dell’ Unione Europea, che ha sul tema della parità e delle politiche antidiscriminatoria un ruolo centrale e non solo di indirizzo.
In Italia, al contrario di altri Paesi europei che hanno regolamentato puntualmente il fenomeno, tutto rimane a livello di autoregolamentazione. Grazie allo Iap, Istituto di autodisciplina pubblicitaria, abbiamo un Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale che è stato adottato dagli enti e dai soggetti che riconoscono il Codice. All’interno del Codice è stato inserito il riferimento esplicito alla discriminazione di genere ed è stato ribadito che il corpo delle donne non può essere utilizzato a fini pubblicitari in modo sessista, volgare e offensivo della loro dignità.Io credo che, a fronte di tante iniziative locali di buone pratiche in questo ambito, sia necessaria una normativa precisa e puntuale per supplire il vuoto legislativo.Ecco perché è’ innanzitutto utile fare il punto sulla normativa antidiscriminatoria a oggi esistente e del relativo apparato sanzionatorio, anticipando sin da ora che si tratta di strumenti poco praticati e oggetto di continui tentativi di sabotaggio (sempre nelle prassi giuridiche che vedono coinvolti gli operatori del diritto), ma che vanno, a nostro avviso, nuovamente agiti a livello di massa per imporne una nuova ed efficace cogenza (nel mondo del diritto la reiterazione dell’azione apre spesso varchi evolutivi) e comunque agire sull’informazione sui luoghi di lavoro. Donne, stress, discriminazioni hanno un denominatore comune, finalmente riconosciuto nell’articolo 28 del Testo Unico, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Si tratta del riconoscimento delle differenze di genere in una nuova visione del lavoro, introdotta dal provvedimento, che supera la concezione tradizionale della tutela del lavoro femminile circoscritta alla gravidanza, e introduce un rinnovamento nella valutazione del rischio connesso alle differenze tra i sessi. L’innovazione legislativa recepisce e si allinea all’orientamento europeo e internazionale incentrato sulla promozione alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro e che colloca il tema della differenza di genere in un’ottica di prospettiva confermata nel Piano Strategico 2021/2027 dell’Unione Europea. Finalità generale: E’ importante riconoscere il processo della “violenza” e, se possibile, analizzarlo. La violenza nel mondo del lavoro è una questione che riguarda i diritti umani, così come la salute, l’istruzione, le problematiche legali e socio-economiche. Ma ci sono anche forti interessi di carattere imprenditoriale per l’eliminazione della violenza contro donne (e uomini). I costi che la violenza comporta per le imprese includono l’assenteismo, l’aumento del ricambio del personale, prestazioni lavorative e produttività inferiori, immagine pubblica negativa, spese per eventuali cause, multe o spese di liquidazione elevate, ed aumento dei premi assicurativi. Per le lavoratrici, può comportare stress elevato, perdita motivazionale, aumento di incidenti. Le potenziali conseguenze sulla salute, sul benessere proprio e delle persone assistite, possono essere evitate attraverso la promozione della gestione integrata di politiche di sicurezza e salute sul lavoro, che tengano conto della prospettiva di genere, e di una cultura della prevenzione sul lavoro. Sono molte le cose sul piano del diritto del lavoro che, già qui e ora, si possono fare per contrastare le molestie e le discriminazioni nel contesto lavorativo. Procedendo con ordine, è innanzitutto utile fare il punto sulla normativa antidiscriminatoria a oggi esistente e del relativo apparato sanzionatorio, anticipando sin da ora che si tratta di strumenti poco praticati e oggetto di continui tentativi di sabotaggio (sempre nelle prassi giuridiche che vedono coinvolti gli operatori del diritto), ma che vanno, a nostro avviso, nuovamente agiti a livello di massa per imporne una nuova ed efficace cogenza (nel mondo del diritto la reiterazione dell’azione apre spesso varchi evolutivi).Nel 2006 con il Codice delle pari opportunità 198 il legislatore è finalmente partito dal corretto presupposto della necessità di garantire una eguaglianza sostanziale attraverso iniziative concrete, ossia le cosiddette azioni positive. il diritto (l’insieme di norme che già esistono) consente di esercitare alcune controffensive idonee a contribuire al contrasto della violenza di genere. Tali controffensive, con le lotte delle donne, delle lavoratrici, dei lavoratori, dovranno e potranno produrre ulteriori, efficaci e maggiormente cogenti strumenti volti a combattere le sperequazioni, le discriminazioni e gli abusi che si danno nel mondo del lavoro. Una maggiore conoscenza (ed esercizio) dei diritti si impone, allora, come un primo, essenziale, benché parziale, passo in questa direzione. Conoscere le sentenze in merito è fondamentale. LA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI DISCRIMINAZIONE DI GENERE.
La Corte di Appello di Torino con sentenza n. 937/2017 pubblicata il 10.01.2018 ha ritenuto discriminatorio il comportamento aziendale (peraltro avallato da accordi sindacali) che non computava nel calcolo del premio di risultato (basato sulla presenza in servizio dei dipendenti) le assenze delle dipendenti donne a causa di maternità obbligatoria, congedo parentale e malattia dei figli. La sentenza è la prima che si pronunzia in tal senso soprattutto per quanto concerne le assenze per malattia dei figli, assenze astrattamente “neutre” in quanto virtualmente attribuibili sia alle madri che ai padri. La difesa ha però dimostrato che le madri fruivano di tali permessi in misura 8 volte superiore ai colleghi maschi (cfr. altresì Tribunale di Torino, sentenza del 26 ottobre 2016).La Corte d’Appello di Torino con la sentenza n. 667/2017 del 25.09.2017 ha ritenuto discriminata la ricorrente dirigente sotto vari profili:
sotto il profilo retributivo significativamente inferiore rispetto agli altri dirigenti e addirittura ad alcuni quadri e impiegati, tutti uomini; l’assunzione mediante contratto a termine, anziché immediatamente a tempo indeterminato, a differenza dei dirigenti uomini; la pattuizione, in sede di assunzione, di un premio ad personam inferiore a quello pattuito con i dirigenti uomini; eliminazione dell’incentivo senza preventiva contrattazione individuale, a differenza di quanto era accaduto per gli altri dirigenti, tutti uomini; anche il licenziamento è stato dichiarato discriminatorio in quanto l’esistenza di uno stato di crisi non ha spiegato in alcun modo per qual motivo, sia stata licenziata proprio l’unica dirigente donna.
Il Tribunale di Ferrara, con decreto (ex art. 38 D. Lgs. 198/2006) del 11.09.2017 ha dichiarato discriminatoria la modifica organizzativa del lavoro posta in essere dal datore, al rientro dalla maternità della dipendente, in quanto aveva comportato per la stessa una situazione di particolare svantaggio in un momento particolarmente delicato determinato appunto dalla ripresa lavorativa dopo un lungo periodo di assenza determinata da due gravidanze e dalla maternità; La unilaterale determinazione del datore di lavoro di modificare l’articolazione dell’orario della lavoratrice al suo rientro dalla maternità, richiedendole di lavorare su turni dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 9, dalle 15 alle 16 e dalle 17 alle 20, risulta, non solo obiettivamente idonea a pregiudicare l’adempimento dei doveri parentali della lavoratrice, così da indurla ragionevolmente a recedere lei stessa dal rapporto di lavoro (Tribunale di Pisa, sentenza del 17 luglio 2013). Il trasferimento della lavoratrice al rientro dalla maternità – a fronte di altre opzioni astrattamente praticabili per far fronte alle stesse esigenze produttive affermate dall’azienda – è da ritenersi discriminatorio in quanto sicuramente più gravoso per la lavoratrice (Corte d’Appello Torino 19.2.2013).
Non esistono tuttora puntuali fattispecie di reato con riguardo alle molestie sessuali, ove perpetrate in luoghi di lavoro, alla violenza assistita da minori o all’omicidio di identità ovvero alle lesioni personali gravissime con deformazione o sfregio permanente del volto, spesso consumate mediante utilizzo di sostanze corrosive;al femminicidio; alla violazione della misura dell’allontanamento disposto in via di urgenza (in relazione alla nuova fattispecie dovrebbe essere consentito l’arresto anche fuori dai casi di flagranza, parallelamente a quanto previsto per la fattispecie di evasione). La Legge estendeva la tutela antidiscriminatoria anche alle molestie di genere e alle molestie sessuali nei luoghi di lavoro, oggi riconosciute espressamente come una forma di discriminazione di genere.
Non viene, in questo caso, tutelata una parità violata, ma la libertà e dignità della persona offesa. Sono considerate discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Nonostante, la normativa preveda la tutela dei diritti delle donne al pari di quelle degli uomini, le discriminazioni continuano ad esistere, diritti negati anche se riconosciuti come fondamentali.
Nonostante la copiosa disciplina in materia nella società odierna, purtroppo, le discriminazioni esistono e si evidenziano maggiormente in determinati momenti. Oggi tutto il mondo è alle prese con la lotta al Covid-19, e la difficoltà e le preoccupazioni per tutte le comunità prendono il sopravvento rispetto ad altre problematiche. La pandemia e le misure di contenimento stanno colpendo tutti, senza eccezioni. Eppure, le donne dovranno maggiormente, rispetto agli uomini, subire una serie di conseguenze imposte dalle misure contenitive.Molti potrebbero pensare che quello della disparità tra uomo e donna non sia un problema presente in tutte le società. Rispetto a cinquant’anni fa le donne lavorano, in alcuni casi anche a tempo pieno; hanno la possibilità di scegliere da sole il proprio destino, di divorziare dal proprio compagno e di vestire come meglio credono. Si tratta senza dubbio di conquiste importanti, che tuttavia non annullano del tutto le differenze di genere ancora presenti anche in Occidente. Spesso quando si parla del problema femminile si parla soprattutto di violenza, ma non di minore importanza è la discriminazione. Nel nostro ordinamento, oltre alla discriminazione diretta, vi è quella indiretta, si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. Un aspetto è il tema della violenza subita dalle donne in condizione di disabilità. Le donne con disabilità vivono una doppia discriminazione: come donne e come persone disabili. La disabilità peraltro spesso rende ancora più difficile far emergere le forme di violenza subita. Queste donne, come rilevato sistematicamente vivono in una drammatica condizione di invisibilità. Noi dobbiamo valutare la concreta attuazione in Italia non solo della Convenzione sui diritti umani delle persone con disabilità, ma anche della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), ambedue ratificate dal nostro Paese e, dall'altro, verificare la congruità della legislazione nazionale con particolare riguardo proprio alle discriminazioni anche sulle donne caregiver che sono particolarmente lasciate spesso sole. Ciò che occorre è senz’altro una politica che stimoli l’informazione e la stampa a tenere sistematicamente conto della parità di genere, e occorre irrobustire l’attenzione sull’istruzione perché si svolga concretamente un percorso educativo fondato sulla parità, al fine di eliminare gli stereotipi e determinare così una vera e propria modifica culturale. I rigidi ruoli di genere possono infatti ostacolare le scelte individuali e limitare il potenziale delle future donne e dei futuri uomini. L’ineguaglianza rappresenta, infatti, un peso per un’economia che ambisce ad essere intelligente, sostenibile e solidale e che intende conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. Il potenziale e i talenti delle donne devono essere utilizzati più largamente e più efficacemente. Pertanto, si chiede una maggiore attenzione, anche nei casi di urgenza e di necessità, alla questione della parità di genere. Le misure previste dalla circolare 27 marzo 2020 del Ministro dell’Interno, finalizzata a sensibilizzare le articolazioni territoriali della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri alla problematica della violenza domestica e per favorire l’emersione delle richieste di aiuto delle donne vittime, attraverso tutti gli strumenti normativi, procedimentali e strumentali disponibili.Chiudo con un parere personale : questa Commissione ha lavorato e lavora bene e può provvedere a novellare il Codice di Pari Opportunità che ha senz’altro necessità di una ristesura integrativa che recepisca le norme alla luce delle novità intervenute sia a livello internazionale che nazionale dal 2006 ad oggi essendo trascorsi ben 15 anni dalla sua estensione. Non ritengo adeguata la proposta di una ulteriore Commissione proposta di legge che battezza la «Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali e per il contrasto alle discriminazioni». Sono stati depositati ben tre testi, ora avviati all'approvazione con un testo base unificato. Ecco una proliferazione non serve, serve anzi serrare le fila e rimettere mano armonizzandole alle norme e farle rispettare.
Alessandra Servidori
https://www.startmag.it/blog/come-la-pandemia-covid-ha-acuito-il-consumo-della-droga/
Al Senato è andata come è andata. Sono convinta che questo Governo/ maggioranza raccogliticcio non saprà far fronte alle molteplici emergenze sanitarie e sociali che sono esplose .Anche perché non è arrivata ancora la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia del 2020 su dati 2019. Abbiamo solo quella precedente su dati 2018 . Dunque un vuoto preoccupante mentre e il procuratore Amato ha definito il dramma della droga in grande ascesa. Nella gravissima emergenza sanitaria che il nostro Paese sta vivendo da febbraio 2020, le regole sul “rimanere in casa” impostate dalle autorità hanno determinato un sensibile calo dello spaccio degli stupefacenti su strada ma è esploso uno scenario che era solo una ipotesi e ora è drammaticamente una realtà : i consumatori di sostanze d’abuso si stanno rivolgendo al mercato illecito presente nel “dark web” (web sommerso, generalmente con contenuti illegali, che si raggiunge attraverso specifici software, configurazioni e accessi autorizzativi), per procurarsi droghe classiche come la cocaina, l’hashish o l’eroina. Il mercato delle nuove sostanze psicoattive, nato sui internet, rimane ad appannaggio di tali ambiti, che ancora commercializzano queste sostanze grazie al camouflage in profumatori ambientali, sali da bagno, semi da collezione, prodotti fitosanitari, ecc. Lo scenario, suffragato dai dati provenienti dalle forze dell’ordine che è sempre molto aggiornato, conferma che l’allarme per l’epidemia da COVID-19 abbia facilitato la crescita della domanda di droga attraverso il web o gli applicativi informatici. Inoltre è plausibile che, in un periodo di confinamento domiciliare, i consumatori abituali di sostanze d'abuso, probabilmente, non vadano più alla ricerca di sostanze psicoattive per favorire la socializzazione in ambienti ricreazionali (discoteche, pub, bar, locali di divertimento, ecc), ma di prodotti da consumare in solitudine. Oltre a chi assume tranquillanti già disponibili in casa, la preoccupazione degli operatori che lavorano nel campo delle dipendenze è rivolta a quel segmento di persone che fa uso di narcotici, come gli oppiacei (per esempio l'eroina), i nuovi oppioidi sintetici o le nuove benzodiazepine. Parliamo di sostanze il cui mercato illecito ha avuto una grande crescita proprio nel 2019, secondo i dati pubblicati dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze di Lisbona (EMCDDA, European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction).Nell’ultima relazione dell’Osservatorio emergono, infatti, cambiamenti significativi del fenomeno e nel consumo di droga. Le nuove benzodiazepine (disponibili nello spaccio di strada) servono per placare l'astinenza da oppiacei. Sono più efficaci ma anche più tossiche vendute come prodotti farmaceutici che hanno anche bisogno di una ricetta medica non ripetibile. Interessanti i resoconti del National Institute on Drug Abuse (NIDA), centro di riferimento statunitense per le ricerche di base e cliniche sull'uso di droghe, che ha affrontato il problema COVID-19, pubblicando sul proprio sito un focus sulle possibili implicazioni .Il nostro sistema sanitario sta cercando di affrontare la pandemia da COVID-19 con enormi sforzi insieme ai Servizi per le Dipendenze (Ser.D.) per l’accesso alle strutture e l’eventuale somministrazione del metadone ai pazienti in cura. Ma è in costante aumento l'uso di droghe tra gli adolescenti, e i servizi pubblici e le comunità terapeutiche non riescono ad intercettare questo bisogno inespresso, e sempre più sommerso, delle dipendenze giovanili. I costi delle droghe sono sempre più bassi dall'inizio dell'epidemia Covid e l’approvvigionamento, dei siti web di tante nuove sostanze illegali hanno affiancato le tradizionali, ma i servizi territoriali sono rimasti gli stessi con pochi fondi per la prevenzione, una legge che risale al 90 e poi modificata nel lontano 95 e senza strumenti adeguati per aiutare questi ragazzi visto che il sistema è basato ed è rimasto "ingessato" sulla figura dell'eroinomane. Già la Commissione Parlamentare per l'Infanzia e l'Adolescenza nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle dipendenze patologiche diffuse tra i giovani ferma anche lei ai dati ufficiali relativi al 2018, segnalava 880mila ragazzi che hanno dichiarato di aver fatto uso di sostanze illegali, pari ad 1 ragazzo su 3 tra quelli che vanno a scuola tra i 15 ed i 19 anni e gli operatori sul campo spiegano che il fenomeno è in continuo aumento e l'età si è abbassata sempre più arrivando a coinvolgere quelli che sono in realtà poco più che dei bambini ed hanno tra gli 11 e i 14 anni. I servizi pubblici attualmente esistenti hanno carenze importanti ed enorme difficoltà perchè sono pochissimi i giovani che vanno nei centri spontaneamente. Su 300mila persone(dati 2018) che si rivolgono ai servizi pubblici per dipendenze legate al consumo di sostanze stupefacenti meno del 10% ha un'età inferiore ai 25 anni. Dunque la fascia degli adolescenti è rimasta schiacciata tra i piccoli e gli adulti e soggiogata anche dalle sostanze legali: alcool, analgesici oppiacei, benzodiazepine ed altri psicofarmaci che vengono assunti in mix. E proprio il cosiddetto policonsumo è il comportamento maggiormente a rischio per gli adolescenti. L'unico modo,è agire sul territorio e costruire delle relazioni, soprattutto vanno ripensati i servizi classici in base a queste nuove tendenze giovanili, vanno anche attivati dei percorsi di prevenzione strutturati specifici per minori con dipendenze visto che ne esistono pochi in Italia e sono quasi assenti in alcune regioni come Abruzzo, Basilicata, Sicilia, Calabria e Puglia nonostante i numeri siano raddoppiati.Segnaliamo anche un quasi azzeramento delle risorse economiche per la prevenzione da quando il fondo nazionale antidroga è confluito nel fondo delle politiche sociali nazionali. Il Covid ha inoltre creato ulteriori problemi nei servizi residenziali per minori perchè, come nelle Rsa per anziani, sono stati ridotti gli incontri con le famiglie d'origine e perchè i più giovani faticano a capire di dover rispettare le regole imposte dall'epidemia; sono così aumentati gli abbandoni volontari e riaccettarli è diventato più complicato per via del rispetto della quarantena.
Alessandra Servidori https://formiche.net/2021/01/discriminazione-razziale-lavoro/
In questo ultimo periodo di pandemia , e non solo in Italia,si sono verificati numerosi casi di discriminazioni di tipo razziale sul lavoro che dalla raccolta di ricorsi e sentenze analizzate appaiono particolarmente interessanti onde prevenire il fenomeno con ricorso alla giurisprudenza penale.Stando al nostro territorio la discriminazione razziale può manifestarsi in ogni fase del rapporto di lavoro, dall’inserzione di lavoro discriminatoria, alla discriminazione nella procedura di selezione, ai termini discriminatori del contratto, passando per le osservazioni razziste tra colleghi e gli episodi di mobbing a sfondo razzista, fino alla disdetta per motivi razzisti e agli atti di stampo razzista dopo la fine del rapporto di lavoro. Numerose disposizioni legali proteggono le persone dalla discriminazione razziale nel mondo del lavoro. Gli impieghi nel settore privato sono retti dal diritto privato,di particolare di rilievo in questo contesto sono la protezione dalla discriminazione sul lavoro prevista dal Codice delle obbligazioni (CO) e dal Codice civile (CC). Gli impieghi statali e di enti amministrativi sono retti in primo luogo dal diritto pubblico.Diversamente da quelli privati, i datori di lavoro pubblici sono vincolati ai diritti fondamentali della Costituzione.Comunque ai rapporti di lavoro sia di diritto pubblico sia di diritto privato concernenti l’area UE si applicano le disposizioni dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone l’UE . Dare una disdetta di rapporto per il colore della pelle o l’appartenenza etnica, nazionale o religiosa del lavoratore è illecito. I datori di lavoro di diritto pubblico che lo fanno violano il divieto costituzionale di discriminazione e in alcuni casi anche diritti costituzionali quali la libertà di religione (art. 15 Cost.) e i pertinenti diritti fondamentali sanciti dalla costituzione , nonché il diritto pubblico del personale. Nel diritto privato, una disdetta data per motivi razzisti è abusiva, abusivo anche licenziare una persona perché pratica una determinata religione, poiché la libertà di religione rappresenta un diritto costituzionale è abusiva anche se pronunciata perché la persona interessata si è difesa da comportamenti razzisti. In questo caso è leso il principio della buona fede).Tuttavia, anche se abusiva, una disdetta conserva la sua validità.La persona licenziata ha soltanto diritto a un’indennità. Interessante è la sentenza della Cass. Pen., Sez. V, 7 gennaio 2021, n. 307 sull’aggravante della discriminazione razziale ( art 604-ter c.p.)per cui “L’aggravante di cui all’art. 604-ter c.p. sussiste anche quando si rapporti, nell’accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell’agente” (Cass. pen., sez. V, 07.01.21, n. 307).La pronuncia origina dal ricorso per cassazione presentato dal difensore dell’imputato ( datore di lavoro) contro la sentenza della Corte d’Appello di Palermo la quale aveva confermato la decisione del GUP del Tribunale di Termine Imerese, il quale – a seguito di giudizio abbreviato – aveva riconosciuto la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati di lesioni personali aggravate dalla finalità di discriminazione od odio razziale, ai sensi degli artt. 582, 585 e 604-ter c.p. Il gravame si fondava, quanto al primo motivo, sulla violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla dichiarata utilizzabilità delle sommarie informazioni rese dal ricorrente, il secondo concerneva la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa, con il terzo motivo si denunciava la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante dell’art. 604-ter c.p. Ancora, con il quarto motivo si deduceva la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non valutando la provocazione della persona offesa e la giovane età dell’imputato.La Corte ha escluso i primi 2 motivi di impugnazione ma ha motivato l’applicazione dell’aggravante richiesta con riferimento ex art. 604-ter c.p.,cioè la Corte di Cassazione, ripercorrendo l’orientamento dominante in giurisprudenza (Cass. pen., sez. V, 08.02.17, n. 13530), afferma che la predetta sussiste non solo quando l’azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all’esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell’immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell’accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell’agente. Emerge di fatto, per i giudici di legittimità, un pregiudizio negativo nutrito dall’imputato nei confronti della persona offesa esplicatasi nelle frasi ingiuriose e offensive proferite. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso del datore di lavoro e dunque condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile.
Prof .Alessandra Servidori Presidente Nazionale TutteperItalia 14 Gennaio 2021 Audizione in Senato Commissione Lavoro
La proposta di direttiva europea sull`adeguatezza salariale, è il primo intervento dell`Unione riguardante direttamente la materia del salario minimo, e segna indubbiamente un cambiamento positivo dopo che per anni si erano moltiplicate le raccomandazioni europee in questa direzione. E’ chiaro che il giudizio positivo dei sindacati europei in sintonia con la triplice sindacale italiana (CGIL/CISL/UIL) riconosce la via contrattuale rispetto a quella legislativa per la fissazione dei minimi salariali sottolineando come essenziale affrontare il nodo della rappresentanza che qui in Italia abbiamo ben presente come ancora irrisolta. La direttiva incardina nelle misure di una strategia di resilienza il consolidamento di una adeguata politica salariale, peraltro in una fase in cui, in Italia, sono in corso i rinnovi dei contratti nazionali, e dunque di notevole importanza il livello negoziale dedicato appunto alla salvaguardia dei minimi salariali. In pratica il modello italiano non potrà più essere indicato come quello che non contempla un salario minimo legale diversamente da altri 21 Paesi europei ed è quindi in sintonia coi sindacati se l’intervento legislativo si limita a fornire una copertura salariale sufficiente (come previsto sia dalla legge n.92 del 2012, sia dal jobs act del 2014) ai settori esclusi dal sistema strutturale della contrattazione collettiva. Peraltro la Direttiva incentiva l’intervento della Commissione UE e il Comitato Europeo per i diritti sociali (Ecsr) concordemente la strategia OIL di contrastare le irregolarità relative all’equità salariale sulla base di rilevazioni di Quattordici su quindici Paesi europei che violano le regole relative all’equità salariale e alle discriminazioni di genere sul posto di lavoro stabilite dalla Carta sociale europea. I risultati emergono da uno studio condotto dal Comitato europeo per i diritti sociali (Ecsr) I Paesi considerati sono, in ordine alfabetico, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Francia,Grecia , Irlanda, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia e Svezia. Forzature sulla direttiva di cui trattiamo oggi dell’attuale governo che non ha mai nascosto di volersi muovere in questa direzione, pur di fronte alla contrarietà della maggioranza delle parti sociali, sono da evitare. La direttiva non obbliga ad andare nella direzione di un salario minimo stabilito per legge e neppure impone, in alternativa, di dotare i contratti collettivi di efficacia erga omnes magari con una legge sulla rappresentanza in attuazione del precetto di cui all’articolo 39 della Costituzione. E tuttavia questo non esclude iniziative in tal senso. Il diritto sindacale italiano si trova ancora una volta alle prese con un problema dal 1948 quando entrò in vigore la Costituzione repubblicana: come possono essere applicate erga omnes norme contrattuali stipulate sulla base del diritto comune? In Italia questo risultato è stato conseguito per decenni in via di fatto e secondo la giurisprudenza in applicazione dell’articolo 36 Cost. Dunque da superare è l’ostacolo di carattere istituzionale e politico che viene posto soprattutto, ma non esclusivamente, dai Sindacati, i quali temono un indebolimento del potere negoziale e una migrazione di aziende dal CCNL al salario minimo legale. Una preoccupazione legittima, ma che non ha riscontro nelle vicende di altri stati europei a forte sindacalizzazione dove è stato introdotto il minimo legale, come in Germania. A parere di chi scrive il salario minimo è piuttosto un risultato dell’indebolimento della contrattazione collettiva e non la causa: il numero crescente di contratti c.d. pirata e il numero significativo di lavoratori pagati meno dei minimi contrattuali sollevano in effetti dubbi sulla capacità del sistema di contrattazione collettiva italiano di proteggere i lavoratori più deboli e difendere le imprese da concorrenti spregiudicati. Obbiettivamente il quasi monopolio della rappresentanza sindacale, istituzionalizzato dalla L.300 con la formule dei “Sindacati comparativamente maggiormente rappresentativi” è una formula che non regge più e richiede una più trasparente verifica, come peraltro già accettato in linea di principio dalle principali Organizzazioni Sindacali e Datoriali, in mancanza della quale non esiste alcuna possibilità legittima di conferire valore erga omnes a qualsivoglia accordo collettivo.Il conteggio degli iscritti e anche quello delle Rappresentanze Sindacali in azienda non è complicato: ci sono già le intese di massima con l’INPS. Del resto nei fatti il principio è già applicato nella contrattazione aziendale, dove l’efficacia dell’accordo è sancita dal voto a maggioranza da parte delle Rappresentanze Sindacali Unitarie o da un referendum di tutti i lavoratori. L’ostacolo insormontabile è rappresentato dall’obbligo di registrazione, che implicherebbe la costituzione dei Sindacati in Figure Giuridiche: un’ipotesi che, o per ragioni economiche legate ad obblighi fiscali e responsabilità legali CGIL CISL UIL hanno sempre rifiutato, appellandosi a principi diversi.L’altra questione da affrontare è relativa ai minimi salariali che comunque non prescindono dalla retribuzione oraria minima e INPS ci offre una precisa rendicontazione: la retribuzione lorda oraria minima media prevista dai CCNL “regolari” era nel 2015 di 9,41 € (comprensiva di tredicesima) ma nel 2017 ben il 22% dei lavoratori percepiva meno di 9 €, con punte notevoli tra donne, giovani e regioni del Sud. Il salario orario minimo “mediano”, cioè quello che si colloca a metà strada tra il valore minimo e quello massimo, è di 11,77 €: il minimo salariale medio è dunque pari all’80% del mediano. In Francia è il 70% e in Germania il 50%, il che mostra che la curva salariale legale (al netto cioè del lavoro sommerso) in Italia è molto schiacciata, oltre a presentare valori assoluti piuttosto bassi: nel 2018 20 € medi, contro 23 dell’area Euro e 21 dell’UE. In buona sostanza noi dovremmo istituire un minimo orario di 8,22 €, che genera un mensile di 1423 €. Questo livello minimo comporterebbe un aumento per circa il 15% dei lavoratori dipendenti, e coinciderebbe grosso modo con i minimi tabellari “minimi” dei CCNL meno robusti come il trasporto e logistica. L’introduzione di un minimo obbligatorio, di valore mediano a 8,22€, contribuirebbe ad allineare più di quanto già non siano i diversi CCNL di Categoria e le retribuzioni contrattuali nelle diverse aree del Paese. L’introduzione di un salario minimo legale avrebbe l’effetti di rafforzare gli squilibri già presenti tra valore nominale del salario e potere d’acquisto reale nelle diverse are del Paese: in Italia il potere d’acquisto dei salari è più alto nelle Regioni dove la produttività è più bassa, e viceversa, mentre in Germania il rapporto tra potere d’acquisto è produttività è diretto, anziché inverso. Le risposte a questi problemi non possono essere che due: o stabilire minimi differenziati per territorio ed eventualmente per comparto produttivo, oppure introdurre un minimo correlato al rapporto massimo tra potere d’acquisto e salario nominale, il che porterebbe il minimo ad un livello sensibilmente inferiore agli 8,22 € ipotizzati, con il probabile effetto collaterale di incentivare la contrattazione collettiva legata alla produttività, ma non produrrebbe effetti positivi per le retribuzioni molto basse, ossia per coloro che dovrebbero essere i beneficiari del salario minimo legale. Rinunciare ad intervenire sui minimi fissati dai diversi contratti, lasciando libere le dinamiche di mercato salvo la possibilità dei singoli di rivolgersi alla Magistratura. Istituire per legge il salario minimo, tenendo conto di tutte le possibili variabili e affrontare una volta per tutte l’applicazione dell’art 39 della Costituzione della rappresentanza con i conseguenti obblighi di legge.
Il Pd e i 5 stelle uniti sempre e comunque per creare postifici. Ovvero strapuntini di potere con relativi finanziamenti. E nonostante tutto lo spreco infinito.
“Lo Stato italiano pone, tra i principi fondamentali della Carta Costituzionale, la pari dignità e l’uguaglianza dei diritti dei cittadini, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni sociali e personali e ne promuove il pieno rispetto e l’attuazione con una serie di interventi di carattere normativo, orientati alla formazione ed alla promozione di strumenti di contrasto alle discriminazioni”. Così recita la nostra Costituzione e così fino ad ora se pur confusamente e senza copertura economica per attuarle concretamente nelle riforme, il Parlamento ha ratificato Convenzioni importanti a livello internazionale sul diritto antidiscriminatorio a salvaguardia dei diritti umani. Sono nati così a ripetizione vari organismi nel tempo rafforzati contemporaneamente dalla cultura legislativa, a volte negli anni irrobustiti attraverso assegnazione di risorse a volte lasciati in vita ma privati di ossigeno. Ecco perché oggi in una stagione in cui si indirizza decisamente a livello internazionale la razionalizzazione delle risorse per la crisi economica, la revisione degli obiettivi dei fondi, ci risulta incomprensibile se non perversa l’ennesima proposta di legge a firma congiunta Pd/5 Stelle che continuano a partorire laterali organismi preesistenti in una comunione di intenti veramente stupefacente. È il caso clamoroso, passato ahimè inosservato nella finta discussione in essere tra i maggiori partiti al governo della Costituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali e per il contrasto alle discriminazioni. Proposte di legge C. 1323 Scagliusi, C. 855 Quartapelle Procopio e C. 1794 Brescia. Un copia-incolla, taglia e cuci mediato opportunamente dalle contraenti pedine e penta stellate come Testo unificato di base adottato.
È utile ricordare che sono in opera vigenti organismi che hanno già loro il ruolo previsto dalla citata proposta di legge che si appella all’art 1 per giustificarne la nascita “la presente legge, in attuazione della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 48/134 del 20 dicembre 1993 e della normativa europea in materia di contrasto alle discriminazioni, contiene disposizioni per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali, la parità di trattamento di tutte le persone e la rimozione di qualsiasi forma di discriminazione, nel rispetto e in conformità con i principi fondamentali della Costituzione, del diritto internazionale consuetudinario, nonché dei trattati e delle convenzioni internazionali di cui l’Italia è parte”. Esistono rispettivamente:
– L’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica, brevemente denominato UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, è l’ufficio deputato dallo Stato italiano a garantire il diritto alla parità di trattamento di tutte le persone, indipendentemente dalla origine etnica o razziale, dalla loro età, dal loro credo religioso, dal loro orientamento sessuale, dalla loro identità di genere o dal fatto di essere persone con disabilità. L’Ufficio è stato istituito nel 2003 (d.lgs. n. 215/2003) in seguito a una direttiva comunitaria (n. 2000/43/CE), che impone a ciascun Stato Membro di attivare un organismo appositamente dedicato a contrastare le forme di discriminazione.
– Poi c’è OSCAD (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) del Ministero degli Interni con l’obiettivo primario di facilitare la denuncia da parte delle vittime di discriminazione.
– In particolare esiste la Consigliera Nazionale di Parità che si occupa della trattazione dei casi di discriminazione di genere sul lavoro di rilevanza nazionale e della promozione di pari opportunità per lavoratori e lavoratrici, anche attraverso la collaborazione con gli organismi di rilevanza nazionale competenti in materia di politiche attive del lavoro, di formazione e di conciliazione. La Consigliera Nazionale di Parità è una figura istituita per la promozione e il controllo dell’attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e di non discriminazione tra uomini e donne nel mondo del lavoro, regolamentata dal D.lgs. 198/2006 che ha particolare rilevanza nel Codice delle pari opportunità decreto legislativo 11 aprile 2006, N. 198-GU n. 123 del 31 maggio 2006 – SO n. 133. Testo coordinato con le modifiche introdotte dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5, in vigore dal 20 febbraio 2010 (Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. (GU n. 29 del 5 febbraio 2010) – .
Codice che riassume altri ruoli di organismi preposti come:
– Commissione per le pari opportunità fra uomo e donna, (Regolamento per il riordino (GU n. 177 del 10 agosto 2007).
– Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento (GU n. 271 del 25 luglio 2007) – Artt. 12-20.
– Rete delle Consigliere e consiglieri di parità territoriali e regionali.
– Comitato per l’imprenditoria femminile resuscitato recentemente dall’ultima legge di bilancio.
– E ancora organismi deputati ad occuparsi di attività antidiscriminazioni, oltre all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, incardinato nel Dipartimento dei Diritti e delle Pari Opportunità, organismi dotati di semplici compiti di monitoraggio, di consultazione o impulso, ma non di veri e propri poteri di tutela o strumenti di intervento, come:
– la Commissione per le Pari Opportunità tra uomo e donna.
– il Comitato contro la discriminazione e l’antisemitismo.
– la Consulta per l’Islam italiano.
– la Commissione consultiva per la libertà religiosa, il Comitato interministeriale per i diritti umani (Cidu) che si interfaccia con gli organismi internazionali.In buona sostanza oltre a commissariare concretamente questi organismi sopra citati vale la pena leggere i super poteri che si vuole dare a questa Commissione, l’obolo ai suoi 5 esperti che dovrebbero ripetere quello che già fanno gli altri organismi, i 2 milioni e mezzo assegnati per funzionare con relativa segreteria tecnica e potestà infinita di decisione sovranista. Non mi sembra cosa giusta e saggia.
LEGGE DI BILANCIO 2021: TUTTE LE NOVITA’ IN MATERIA DI LAVORO- È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2020 la Legge di Bilancio 2021 (Legge n. 178/2020).
Il testo ufficiale della Legge, è composto da 20 articoli. Il principale è l’articolo 1, formato d 1150 commi. Di seguito una analisi delle novità in materia di lavoro.
|
|
A CURA DI TUTTEPERITALIA
|
Commi da 8 a 9
Stabilizzazione detrazione
da lavoro dipendente
|
|
E' prevista la stabilizzazione della detrazione spettante ai redditi di lavoro dipendente e di talune fattispecie di redditi ad esso assimilati.
La detrazione è pari a 600,00 euro in corrispondenza di un reddito complessivo di 28.000 euro e decresce fino al completo azzeramento raggiunto il livello di reddito pari a 40.000 euro.
|
|
Commi da 10 a 12
Sgravi contributivi per l'assunzione di giovani
under 35
|
|
E' previsto l'esonero del 100%, per un periodo massimo di 36 mesi, nel limite massimo di 6.000 euro annui per le nuove assunzioni di soggetti fino a 35 anni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato effettuate nel 2021 e nel 2022.
Si ipotizza che l'incentivo possa essere riconosciuto ai lavoratori che, alla data di assunzione o di trasformazione, non abbiano compiuto il 36.mo anno di età.
Il comma 12, prevede che l'esonero venga riconosciuto per ulteriori 12 mesi (48) per le assunzioni effettuate in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. L'esonero è riconosciuto ai datori di lavoro che non abbiano proceduto, nei 6 mesi precedenti l'assunzione, nè procedano nei 9 mesi successivi, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi nei confronti dei lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva.
L'agevolazione contributiva è subordinata alla regolarità contributiva e dal rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
|
|
Commi da 16 a 19
Sgravio contributivo
per l'assunzione di
donne lavoratrici
|
|
Per le assunzioni di tutte le lavoratrici con contratto a tempo determinato effettuate nel biennio 2021 - 2022 è riconosciuto l'esonero nella misura del 100% di tutti i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche) con esclusione dei premi dovuti all'INAIL per un periodo di 12 mesi (elevabili a 18 nel caso di trasformazione a tempo indeterminato) e nel limite massimo di 6.000 euro annui.
Le assunzioni devono comportare un incremento netto della base occupazionale calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedenti.
|
|
Commi da 20 a 22
Fondo per l'esonero dei contributi previdenziali
dovuti dai lavoratori
autonomi e dai professionisti
|
|
Il Fondo è destinato a finanziare l'esonero parziale del pagamento dei contributi previdenziali dovuti:
- dai lavoratori autonomi e dai professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell'INPS nonchè dai professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza che abbiano percepito, nel periodo di imposta 2019 un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro e che abbiano subito un calo del fatturato o dei corrispettivi nell'anno 2020 non inferiore al 33% rispetto a quelli dell'anno 2019;
- dai medici, dagli infermieri e dagli altri professionisti ed operatori di cui alla Legge n. 3/2018, già collocati in quiescenza e assunti per l'emergenza sanitaria derivante dalla diffuzione del Covid-19.
Sono esclusi dall'esonero i premi dovuti all'INAIL.
|
|
Comma 23
Rientro al lavoro delle
madri lavoratrici
|
|
Al fine di sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e di favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia, il comma 23 incrementa il Fondo per le politiche della famiglia con 50 milioni di euro da destinare al sostegno e alla valorizzazione delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle lavoratrici madri dopo il parto.
|
|
Comma 25, 363 e 364
Congedo paternità
|
|
Il comma 25 estende il congedo di paternità obbligatorio e facoltativo ai casi di morte perinatale (la morte sopravvenuta dalle 28 settimane di gravidanza fino alla prima settimana di vita).
Inoltre, il comma 363 incrementa di 3 giorni (da 7 a 10) la durata del congedo obbligatorio di paternità per l'anno 2021.
Infine, il comma 364, dispone che il padre possa astenersi per un ulteriore giorno, in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima.
|
|
Commi da 29 a 31
Lavoratori giornalisti
|
|
Con riferimento ai lavoratori giornalisti dipendenti, viene prevista l'estensione delle norme legislative statali che riconoscono alla generaltà dei datori di lavoro sgravi o esoneri contributivi per la tutela o l'incremento dell'occupazione.
Tale estensione, è applicabile alle assunzioni effettuate a decorrere dall'1 gennaio 2021.
Dalla suddetta data, sono posti, a carico dello Stato, gli oneri relativi ai trattamenti di integrazione salariale, solidarietà e disoccupazione erogati dall'INPGI.
|
|
Comma 33
Esonero contributivo
giovani coltivatori diretti
e imprenditori agricoli
|
|
Viene prorogato alle nuove iscrizioni nella previdenza agricola effettuate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021 l'esonero contributivo a favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali con età inferiore a 40 anni. Il beneficio consiste nell'esonero del 100%, per un periodo di 24 mesi di attività, dal versamento della quota di contribuzione relativa alla invalidità, la vecchiaia e i superstiti e del contributo addizionale cui è tenuto l'imprendiotore agricolo professionale e il coltivatore diretto per l'intero nucleo.
Sono esclusi dall'agevolazione il contributo di maternità per ciascuna unità attiva iscritta alla gestione agricoli autonomi e il contributo INAIL dovuto da i soli coltivatori diretti.
|
|
Commi da 34 a 35
Sgravi contributivi
nel settore dilettantistico
|
|
I commi 34 e 35 prevedono l'istituzione di un fondo per ciascuno degli anni 2021 e 2022, ai fini del riconoscimento di un esonero, anche parziale, dei contributi previdenziali a carico delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'INAIL, relativamente ai rapporti di lavoro instaurati con atleti, allenatori , istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici e direttori di gara.
Lo sgravio è cumulabile con gli esoneri o le riduzioni delle aliquote previdenziali previsti da altre norme.
|
|
Commi da 36 a 37
Sospensione versamenti federazioni sportive
|
|
E' prevista la sospensione, fino al 28 febbraio 2021, dei versamenti delle imposte sul reddito, dell'IVA e dei contributi previdenziali per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive dilettantistiche che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o operativa nel territorio dello Stato e operano nell'ambito di competizioni in corso di svolgimento ai sensi del DPCM 24 ottobre 2020.
I versamenti sospesi possono essere effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, entro il 31 maggio 2021 in un'unica soluzione o mediante rateizzazione fino ad un massimo di 24 rate mensili di pari importo con il pagamento della prima rata entro la suddetta data.
|
|
Commi da 161 a 169
Decontribuzione Sud
|
|
Viene previsto, per il periodo 2021 - 2029, un esonero contributivo parziale in favore dei datori di lavoro del settore privato che operano nelle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Lo sgravio è pari:
- al 30% dei contributi previdenziali da versare fino al 31/12/2025;
- al 20% dei contributi previdenziali da versare per gli anni 2026 e 2027;
- al 10% dei contributi previdenziali da versare per gli anni 2028 e 2029.
Per il periodo 1 gennaio - 30 giugno 2021, la misura è concessa in conformità al "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno della economia nell'attuale emergenza del Covid-19" e successive modificazioni, mentre per il periodo 1 luglio 2021 - 31 dicembre 2029 l'agevolazione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea.
|
|
Comma 279
Rinnovo dei contratti
a tempo determinato
|
|
Viene disposta la proroga, fino al 31 marzo 2021, del termine fino al quale i contratti a tempo determinato posso essere prorogati o rinnovati - per un massimo di 12 mesi e per una sola volta - anche in assenza delle condizioni poste dall'art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015 e ss.mm., ossia per:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività;
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori assenti;
- altre esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'ordinaria attività.
|
|
Comma 281
Sostegno ai
lavoratori portuali
|
|
Viene consentito, alle Autorità di sistema portuale, anche per il 2021, di corrispondere al soggetto fornitore di lavoro portuale un contributo di 90 euro per ogni lavoratore e in relazione a ciascuna giornata di lavoro prestata in meno rispetto al corrispondente mese dell'anno 2019, riconducibile alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale italiano conseguenti all'emergenza COvid-19
|
|
Commi da 282 a 283
Indennità giornaliere
pesca marittima
|
|
Vemgono stanziate, anche per l'anno 2021, le risorse per eorgare l'indennità onnicomprensiva di 30 euro (per l'anno in corso) prevista per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, relativamente al periodo di sospensione dell'attività lavorativa a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio.
|
|
Commi da 299 a 303
Commi da 305 a 308
Proroga CIG Covid-19
|
|
E' prevista la concessione di altre 12 settimane dei trattamenti di CIG Ordinaria e in deroga nonchè di assegno ordinario previsti in conseguenza dell'emergenza Covid-19. Tali settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra:
- l'1 gennaio e il 31 marzo 2021 per i trattamenti di CIG Ordinaria;
- l'1 gennaio e il 30 giugno 2021 per i trattamenti di assegno ordinario e di CIG in deroga.
Le 12 settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale Covid-19.
I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell'art. 12 del Decreto Ristori collocati, anche parzialmente, in periodi successivi all'1 gennaio 2021, sono imputati, ove autorizzati, alle 12 settimane aggiuntive previste.
Con il comma 304 è concesso un ulteriore periodo di 90 giorni di trattamento di integrazione salariale nel periodo compreso tra l'1 gennaio e il 30 giugno 2021 per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato.
Ai sensi del comma 305, tutti ibenefici sono riconosciuti anche in favore dei lavoratori assunti dopo il 25 marzo 2020 e, in ogni caso, in forza all'1 gennaio 2021 (data di entrata in vigore della presente Legge).
Infine, il comma 306, riconosce ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedano i suddetti interventi di integrazione salariale un esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di 8 settimane, fruibile entro il 31 marzo 2021. L'esonero è attribuito nei limiti di integrazione salariale riconosciute nei mesi di maggio e giugno 2020 ed è, entro tale ambito, riparametrato ed applicato su scala mensile.
Viene quindi confermato l'esonero originariamente introdotto dall'art. 3 del D.L. n. 104/2020.
|
|
Commi da 309 a 311
Blocco dei licenziamenti
B
|
|
Viene esteso al 31 marzo 2021 il divieto di procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e a quelli collettivi per motivi economici (con sospensione delle procedure in corso).
Come previsto espressamente al comma 311, il divieto non si applica nelle ipotesi di licenziamenti motivati:
- dalla cessazione definitiva della attività di impresa, conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale della attività, nel caso in cui, nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento di azienda o di un ramo di essa ai sensi dell'art. 2112 del codice civile;
- in caso di fallimento, quando non sia previsto l'esercizio provvisiorio dell'impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l'esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo d'azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;
- nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l'indennità di disoccupazione.
|
|
Commi 336, 345 e 350
Disposizioni in materia pensionistica
|
|
Il comma 336 prevede la proroga al 31 dicembre 2021 di "Opzione Donna" (anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e una età anagrafica pari o superiore a 58 anni se dipendenti o 59 se autonome, maturate entro il 31/12/2020) mentre al comma 339 si conferma per l'anno 2021 la cosiddetta "Ape sociale" (63 anni di età anagrafica e un minimo di 30 anni di contributivi per una delle seguenti categorie: disoccupati, caregivers, invalidi civili, lavoratori dipendenti addetti ai lavoratori gravosi).
Il comma 345, estende fino al 2023 la possibilità per i lavoratori interessati da eccedenze di personale, la possibilità di accedere al pensionamento anticipato qualora raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento nei 7 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro. In tal caso, il datore di lavoro si impegna a corrispondere ai suddetti lavoratori una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti e a corrispondere all'INPS la relativa contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento.
Il comma 350 stabilisce che nel contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale e ciclico anche le settimane non interessate da attività lavorativa sono da includere nel computo dell'anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico. Con riferimento ai contratti di lavoro a tempo parziale scaduti prima dell'1 gennaio 2021, il riconoscimento dei periodi non interamente lavorati è subordinato alla presentazione di apposita domanda dell'interessato corredata da idonea documentazione.
|
|
Commi 349
Contratto di espansione
interprofessionale
|
|
Viene prorogato al 2021 l'operatività del contratto di espansione, estendendone l'applicazione anche alle imprese con almeno 500 dipendenti (in luogo dei 1.000 finora previsti). Tale strumento sarà attivabile anche alle imprese con almeno 250 unità nel caso in cui le stesse accompagnino le nuove assunzioni a uno scivolo per i lavoratori più vicini all'età pensionabile.
Per le aziende che occupano più di 1.000 dipendenti, a fronte di un impegno ad assumere 1 lavoratore ogni 3 in uscita, viene ulteriormente alleggerito il costo legato al prepensionamento.
|
|
Commi da 386 a 401
Indennità Straordinaria
di Continuità Reddituale
e Operativa (ISCRO)
|
|
Viene disciplinata l'indennità straordinaria in favore dei soggetti iscritti alla Gestione Separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo e che non siano:
- titolari di trattamento pensionistico diretto;
- assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
- beneficiari di reddito di cittadinanza.
L'indennità è pari al 25% su base semestrale, dell'ultimo reddito liquidato dall'Agenzia delle Entrate e viene erogata dall'INPS in 6 mensilità, di importo variabile da un minimo di 250 euro a un massimo di 800 euro al mese.
La domanda deve essere presentata all'INPS telematicamente, entro il 31 ottobre, a pena si decadenza per gli anni dal 2021 al 2023.
Per poter presentare la domanda occorre:
- essere titolari di partita IVA attiva da almeno 4 anni, alla data della richiesta, per l'attività che ha dato titolo all'iscrizione alla gestione previdenziale in corso;
- aver prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell'anno precedente la richiesta, inferiore al 50% della media dei redditi conseguiti nei 3 anni precedenti;
- aver dichiarato, nell'anno precedente la richiesta della domanda, un reddito non superiore a 8.145 euro;
- essere in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;
La prestazione può essere richiesta una sola volta nel triennio.
|
|
Commi da 481 a 484
Lavoratori fragili
|
|
Viene esteso al periodo 1 gennaio 2021 al 28 febbraio 2021 l'equiparazione del periodo di assenza dal servizio al ricovero ospedaliero, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità.
Di conseguenza, i suddetti lavoratori, hanno il diritto di assentarsi dal servizio e vedersi riconosciuto tale periodo di assenza come ricovero ospedaliero. Inoltre, è stato disposto che i lavoratori fragili svolgano di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, così come definite dai contratti collettivi vigenti o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.
|
|
Comma 1054
Smart Working
|
|
Preme evidenziare il credito di imposta del 15% per gli investimenti effettuati in dispositivi tecnologici e strumentali che abilitano lo smart working. Tali investimenti devono collocarsi tra il 16 novembre 2020 e il 31 dicembre 2021, oppure entro il 30 giugno 2022 a condizione che l'ordine sia stato accettato dal cliente entro la fine del 2021 con pagamento di almeno il 20%.
|
|
Commi da 1098 a 1100
Bonus per adeguamento
ambiente di lavoro
|
|
E' stato anticipato dal 31 dicembre al 30 giugno 2021 il termine entro cui utilizzare in compensazione (ovvero cedere a soggetti terzi, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari) il credito di imposta per l'adeguamento degli ambienti di lavoro, di sanificazione e acquisto dei dispositivi di protezione effettuati durante l'emergenza epidemiologica.
|
|
La Legge di Bilancio non prevede circa la mobilità dei dipendenti e la proroga, anche per il 2021, dell'aumento del tetto di esenzione fiscale dei fringe benefit (deciso come misura straordinaria ad agosto 2020) da 258,23 euro a 516,46 euro.
Trattandosi di misure strategiche di grande importanza per il mondo del lavoro, l'auspicio di chi scrive era quello che, tali norme trovassero il loro giusto riconoscimento nel Decreto Milleproroghe pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 323 del 31 dicembre 2020.Il Decreto Legge ha previsto pochissime norme di interesse per i datori di lavoro.
Quella di maggior rilievo è la proroga fino al 31 marzo 2021 di applicare la modalità di smart working ad ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla Legge n. 81/2017 ed utilizzando la procedura semplificata per le relative comunicazioni.
|
|
Alessandra Servidori La politica per le pari opportunità ? spezzettata o generica. Insomma desaparecida
https://www.ilsussidiario.net/news/manovra-recovery-plan-le-verita-scomode-sulla-parita-di-genere/2111705/
A pochi minuti dall’approvazione della legge di bilancio e a oltre 4 mesi dalle indicazioni dell’Europa per le linee guida della programmazione del NGEU per risollevarci dalla pandemia e dall’economia che ha devastato noi e gli altri 27 paesi della Ue,le politiche di pari opportunità sono ancora una volta desaparecidas .Poste genericamente al 5° posto nell’elenco nelle missioni del PNRR (equità sociale ,di genere,territoriale): mentre tra i tanti nodi irrisolti nel nostro paese vi è l’insufficiente integrazione delle donne nel mondo del lavoro. Per l’Italia, l’utilizzo del recovery fund deve includere tra gli obiettivi generali un deciso aumento dell’uguaglianza di genere realizzato a partire dall’accesso al lavoro retribuito. Un progressivo aumento della differenza tra Italia e Ue con un divario fino a 14,1 punti nel 2019 e ora con la contrazione occupazionale femminile dovuta alla pandemia (Istat ).Dunque ripeto non ci potrà essere alcuna strategia futura di ripresa fino a che la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro non sarà una priorità del paese. Bisogna considerare in modo esplicito e prioritario l’obiettivo di un innalzamento significativo dell’occupazione femminile nella scelta e nella definizione dei progetti su cui puntare. Invece che essere presente a livello trasversale – come richiede una strategia che punti sull’occupazione delle donne per la crescita – la dimensione di genere rimane circoscritta all’interno della missione 5 ed esclusivamente con riferimento alle ‘politiche sociali e di sostegno alla famiglia’. Debolissimo il generico “equità … di genere”; l’accento deve essere sulla promozione dell’uguaglianza tra uomini e donne (o riduzione della discriminazione nei confronti delle donne). La bassa occupazione femminile non è dovuta esclusivamente alla difficoltà di conciliazione ma all’insufficiente creazione di posti di lavoro buoni – soprattutto nel mezzogiorno -che pone molte giovani donne in condizioni di grande svantaggio anche prima di diventare madri , e le condizioni di precarietà in cui si trovano oggi molti giovani donne incidono sulle loro scelte riproduttive . Il problema della cura di tutta la famiglia e del sovraccarico di lavoro per le donne in età lavorativa è un nodo cruciale che va affrontato e risolto certo con i servizi strutturali all’infanzia e alla genitorialità ma soprattutto con lavori sicuri. E veniamo alla legge di bilancio 2021 e chiariamo.Ipoteticamente dovrebbe abbracciare un periodo di 3 anni ma conti alla mano,l’enfasi caricata sui provvedimenti per le politiche di pari opportunità e le donne è non solo eccessiva ma soprattutto ambigua con fondi non aggiuntivi. Vediamo. DDL n. 2790 CdD Art 2 L’assegno universale e servizi alla famiglia per l’anno 2021/2022 non si chiarisce come sarà elargito l’assegno ( da luglio prossimo), come si coniuga con l’assegno in vigore per la nascita dei figli ,bonus bebè. come viene calcolato .Art 5 In via sperimentale (?) per il biennio 2021-2022,estende a tutte le assunzioni di donne, effettuate a tempo determinato (?) nel medesimo biennio, lo sgravio contributivo già previsto dalla precedente normativa elevando dal 50 al 100 per cento la riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro .Presentato come una novità si ricorda che il provvedimento è già operativo esattamente dal Fondo sociale europeo e prima nelle regioni obiettivo per la coesione sociale, poi esteso a tutto il territorio per sostenere l’occupazione di tutta la popolazione femminile. La novità sarebbe se lo sgravio contributivo non fosse sperimentale ma fino a quando non si raggiunge una parità di occupazione femminile/maschile. Art 17 Fondo per il sostegno l’imprenditoria femminile sempre previsto dal FSE : è un Fondo che la Ministra Fornero nel 2012 creò e che è solo stato ripristinato così come il Comitato impresa donna. Niente di nuovo, così come ambiguo è ‘Art 17 Bis. Fondo per il sostegno del capitale di impresa femminile, con il dilemma che se è legato al fondi di garanzia il sistema bancario in affanno porrà dei requisiti di restituzione capestro. Art 59 Fondo Caregiver -Una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023,fondo già previsto dalla legge di bilancio del 2017, risorse dunque già accantonate negli anni precedenti,destinate alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiari sui quali è in corso una lotta nella maggioranza per la destinazione e la denominazione nonostante la legge parli chiaro, di chi deve essere destinatario delle risorse. Art 66 Congedo per i papà : si uniforma la normativa italiana alla direttiva europea che siamo obbligati a recepire. Dai nostri 7 giorni attuali a 10 imposti dalla Ue.Art 147 1 miliardo in più ai Comuni di Italia per sostenere gli asili nido : non creare nuovi nidi,ma un generico sostegno. Ricordiamo che posti a disposizione negli asili nido sono circa 355 mila, di cui il 51 per cento pubblici e il 49 per cento privati. Il tasso di copertura della fascia 0-2 anni è pari al 24,7 per cento, ben al di sotto di quello che l'Unione Europea aveva raccomandato di raggiungere entro il 2010 (33 per cento).
Alessandra Servidori La politica per le pari opportunità ? spezzettata o generica. Insomma desaparecida
https://www.ilsussidiario.net/news/manovra-recovery-plan-le-verita-scomode-sulla-parita-di-genere/2111705/
A pochi minuti dall’approvazione della legge di bilancio e a oltre 4 mesi dalle indicazioni dell’Europa per le linee guida della programmazione del NGEU per risollevarci dalla pandemia e dall’economia che ha devastato noi e gli altri 27 paesi della Ue,le politiche di pari opportunità sono ancora una volta desaparecidas .Poste genericamente al 5° posto nell’elenco nelle missioni del PNRR (equità sociale ,di genere,territoriale): mentre tra i tanti nodi irrisolti nel nostro paese vi è l’insufficiente integrazione delle donne nel mondo del lavoro. Per l’Italia, l’utilizzo del recovery fund deve includere tra gli obiettivi generali un deciso aumento dell’uguaglianza di genere realizzato a partire dall’accesso al lavoro retribuito. Un progressivo aumento della differenza tra Italia e Ue con un divario fino a 14,1 punti nel 2019 e ora con la contrazione occupazionale femminile dovuta alla pandemia (Istat ).Dunque ripeto non ci potrà essere alcuna strategia futura di ripresa fino a che la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro non sarà una priorità del paese. Bisogna considerare in modo esplicito e prioritario l’obiettivo di un innalzamento significativo dell’occupazione femminile nella scelta e nella definizione dei progetti su cui puntare. Invece che essere presente a livello trasversale – come richiede una strategia che punti sull’occupazione delle donne per la crescita – la dimensione di genere rimane circoscritta all’interno della missione 5 ed esclusivamente con riferimento alle ‘politiche sociali e di sostegno alla famiglia’. Debolissimo il generico “equità … di genere”; l’accento deve essere sulla promozione dell’uguaglianza tra uomini e donne (o riduzione della discriminazione nei confronti delle donne). La bassa occupazione femminile non è dovuta esclusivamente alla difficoltà di conciliazione ma all’insufficiente creazione di posti di lavoro buoni – soprattutto nel mezzogiorno -che pone molte giovani donne in condizioni di grande svantaggio anche prima di diventare madri , e le condizioni di precarietà in cui si trovano oggi molti giovani donne incidono sulle loro scelte riproduttive . Il problema della cura di tutta la famiglia e del sovraccarico di lavoro per le donne in età lavorativa è un nodo cruciale che va affrontato e risolto certo con i servizi strutturali all’infanzia e alla genitorialità ma soprattutto con lavori sicuri. E veniamo alla legge di bilancio 2021 e chiariamo.Ipoteticamente dovrebbe abbracciare un periodo di 3 anni ma conti alla mano,l’enfasi caricata sui provvedimenti per le politiche di pari opportunità e le donne è non solo eccessiva ma soprattutto ambigua con fondi non aggiuntivi. Vediamo. DDL n. 2790 CdD Art 2 L’assegno universale e servizi alla famiglia per l’anno 2021/2022 non si chiarisce come sarà elargito l’assegno ( da luglio prossimo), come si coniuga con l’assegno in vigore per la nascita dei figli ,bonus bebè. come viene calcolato .Art 5 In via sperimentale (?) per il biennio 2021-2022,estende a tutte le assunzioni di donne, effettuate a tempo determinato (?) nel medesimo biennio, lo sgravio contributivo già previsto dalla precedente normativa elevando dal 50 al 100 per cento la riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro .Presentato come una novità si ricorda che il provvedimento è già operativo esattamente dal Fondo sociale europeo e prima nelle regioni obiettivo per la coesione sociale, poi esteso a tutto il territorio per sostenere l’occupazione di tutta la popolazione femminile. La novità sarebbe se lo sgravio contributivo non fosse sperimentale ma fino a quando non si raggiunge una parità di occupazione femminile/maschile. Art 17 Fondo per il sostegno l’imprenditoria femminile sempre previsto dal FSE : è un Fondo che la Ministra Fornero nel 2012 creò e che è solo stato ripristinato così come il Comitato impresa donna. Niente di nuovo, così come ambiguo è ‘Art 17 Bis. Fondo per il sostegno del capitale di impresa femminile, con il dilemma che se è legato al fondi di garanzia il sistema bancario in affanno porrà dei requisiti di restituzione capestro. Art 59 Fondo Caregiver -Una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023,fondo già previsto dalla legge di bilancio del 2017, risorse dunque già accantonate negli anni precedenti,destinate alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiari sui quali è in corso una lotta nella maggioranza per la destinazione e la denominazione nonostante la legge parli chiaro, di chi deve essere destinatario delle risorse. Art 66 Congedo per i papà : si uniforma la normativa italiana alla direttiva europea che siamo obbligati a recepire. Dai nostri 7 giorni attuali a 10 imposti dalla Ue.Art 147 1 miliardo in più ai Comuni di Italia per sostenere gli asili nido : non creare nuovi nidi,ma un generico sostegno. Ricordiamo che posti a disposizione negli asili nido sono circa 355 mila, di cui il 51 per cento pubblici e il 49 per cento privati. Il tasso di copertura della fascia 0-2 anni è pari al 24,7 per cento, ben al di sotto di quello che l'Unione Europea aveva raccomandato di raggiungere entro il 2010 (33 per cento).
Alessandra Servidori La politica per le pari opportunità ? spezzettata o generica. Insomma desaparecida
https://www.ilsussidiario.net/news/manovra-recovery-plan-le-verita-scomode-sulla-parita-di-genere/2111705/
A pochi minuti dall’approvazione della legge di bilancio e a oltre 4 mesi dalle indicazioni dell’Europa per le linee guida della programmazione del NGEU per risollevarci dalla pandemia e dall’economia che ha devastato noi e gli altri 27 paesi della Ue,le politiche di pari opportunità sono ancora una volta desaparecidas .Poste genericamente al 5° posto nell’elenco nelle missioni del PNRR (equità sociale ,di genere,territoriale): mentre tra i tanti nodi irrisolti nel nostro paese vi è l’insufficiente integrazione delle donne nel mondo del lavoro. Per l’Italia, l’utilizzo del recovery fund deve includere tra gli obiettivi generali un deciso aumento dell’uguaglianza di genere realizzato a partire dall’accesso al lavoro retribuito. Un progressivo aumento della differenza tra Italia e Ue con un divario fino a 14,1 punti nel 2019 e ora con la contrazione occupazionale femminile dovuta alla pandemia (Istat ).Dunque ripeto non ci potrà essere alcuna strategia futura di ripresa fino a che la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro non sarà una priorità del paese. Bisogna considerare in modo esplicito e prioritario l’obiettivo di un innalzamento significativo dell’occupazione femminile nella scelta e nella definizione dei progetti su cui puntare. Invece che essere presente a livello trasversale – come richiede una strategia che punti sull’occupazione delle donne per la crescita – la dimensione di genere rimane circoscritta all’interno della missione 5 ed esclusivamente con riferimento alle ‘politiche sociali e di sostegno alla famiglia’. Debolissimo il generico “equità … di genere”; l’accento deve essere sulla promozione dell’uguaglianza tra uomini e donne (o riduzione della discriminazione nei confronti delle donne). La bassa occupazione femminile non è dovuta esclusivamente alla difficoltà di conciliazione ma all’insufficiente creazione di posti di lavoro buoni – soprattutto nel mezzogiorno -che pone molte giovani donne in condizioni di grande svantaggio anche prima di diventare madri , e le condizioni di precarietà in cui si trovano oggi molti giovani donne incidono sulle loro scelte riproduttive . Il problema della cura di tutta la famiglia e del sovraccarico di lavoro per le donne in età lavorativa è un nodo cruciale che va affrontato e risolto certo con i servizi strutturali all’infanzia e alla genitorialità ma soprattutto con lavori sicuri. E veniamo alla legge di bilancio 2021 e chiariamo.Ipoteticamente dovrebbe abbracciare un periodo di 3 anni ma conti alla mano,l’enfasi caricata sui provvedimenti per le politiche di pari opportunità e le donne è non solo eccessiva ma soprattutto ambigua con fondi non aggiuntivi. Vediamo. DDL n. 2790 CdD Art 2 L’assegno universale e servizi alla famiglia per l’anno 2021/2022 non si chiarisce come sarà elargito l’assegno ( da luglio prossimo), come si coniuga con l’assegno in vigore per la nascita dei figli ,bonus bebè. come viene calcolato .Art 5 In via sperimentale (?) per il biennio 2021-2022,estende a tutte le assunzioni di donne, effettuate a tempo determinato (?) nel medesimo biennio, lo sgravio contributivo già previsto dalla precedente normativa elevando dal 50 al 100 per cento la riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro .Presentato come una novità si ricorda che il provvedimento è già operativo esattamente dal Fondo sociale europeo e prima nelle regioni obiettivo per la coesione sociale, poi esteso a tutto il territorio per sostenere l’occupazione di tutta la popolazione femminile. La novità sarebbe se lo sgravio contributivo non fosse sperimentale ma fino a quando non si raggiunge una parità di occupazione femminile/maschile. Art 17 Fondo per il sostegno l’imprenditoria femminile sempre previsto dal FSE : è un Fondo che la Ministra Fornero nel 2012 creò e che è solo stato ripristinato così come il Comitato impresa donna. Niente di nuovo, così come ambiguo è ‘Art 17 Bis. Fondo per il sostegno del capitale di impresa femminile, con il dilemma che se è legato al fondi di garanzia il sistema bancario in affanno porrà dei requisiti di restituzione capestro. Art 59 Fondo Caregiver -Una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023,fondo già previsto dalla legge di bilancio del 2017, risorse dunque già accantonate negli anni precedenti,destinate alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiari sui quali è in corso una lotta nella maggioranza per la destinazione e la denominazione nonostante la legge parli chiaro, di chi deve essere destinatario delle risorse. Art 66 Congedo per i papà : si uniforma la normativa italiana alla direttiva europea che siamo obbligati a recepire. Dai nostri 7 giorni attuali a 10 imposti dalla Ue.Art 147 1 miliardo in più ai Comuni di Italia per sostenere gli asili nido : non creare nuovi nidi,ma un generico sostegno. Ricordiamo che posti a disposizione negli asili nido sono circa 355 mila, di cui il 51 per cento pubblici e il 49 per cento privati. Il tasso di copertura della fascia 0-2 anni è pari al 24,7 per cento, ben al di sotto di quello che l'Unione Europea aveva raccomandato di raggiungere entro il 2010 (33 per cento).
Alessandra Servidori https://www.startmag.it/mondo/perche-la-legge-di-bilancio-dimentica-i-disabili/?ct=t(RSS_EMAIL_CAMPAIGN)
Il testo della legge di bilancio per il 2021 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023) è stato approvato in via definitiva dal Senato ed è interessante analizzare i provvedimenti anch’essi a pioggia/bonus/spot che riguardano la platea delle persone disabili.Ricordiamo per inquadrare debitamente l’argomento che a fronte di un numero sempre più alto di persone portatrici di handicap, nel 2006 l’ONU promulgò la Convenzione per i diritti delle persone con disabilità (in inglese Convention on the Rights of Persons with Disabilities,) strumento concreto che consente di combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani.L’Italia l’ha ratificata nel 2009 la Ue nel 2010: la Convenzione impegna i Paesi sottoscrittori ad adottare riforme strutturali per sostenere i diritti dei disabili in tutti gli ambiti. Per quanto riguarda l’Italia è nota l’arretratezza delle misure adottate nell’ultimo decennio e le difficoltà subite dalle famiglie che hanno in carico queste persone in tutto l’arco della vita. Sommariamente si confermano anche in questa legge di bilancio interventi, promessi, spuri per le e i cittadini disabili.Vediamoli. Le legge di bilancio (art. 1, commi 960-963) ridefinisce l’incremento di 5.000 posti di sostegno in più dal prossimo anno scolastico, 11.000 posti e 9.000 posti di sostegno “a decorrere dall’anno scolastico 2023/2024” .E’ previsto l’incremento del fondo per 10 milioni di euro per il 2021 da destinare alla formazione obbligatoria del personale docente impegnato nelle classi con alunni in difficoltà“ finalizzata all’inclusione scolastica dell’alunno con disabilità e a garantire il principio di contitolarità nella presa in carico dell’alunno stesso”. Regole e limiti saranno fissati , come sempre e purtroppo da un successivo decreto del Ministro dell’istruzione, così come sempre con un successivo decreto si prevedono 10 milioni di euro per l’acquisto e la manutenzione di attrezzature tecniche e di sussidi didattici utili agli alunni con disabilità, e per servizi necessari al loro miglior uso. L’art. 1, comma 514 interviene sul contributo alle scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità, incrementando le risorse loro destinate per 70 milioni di euro per il 2021. E gli anni dopo ?Non sono previsti. A decorrere dal 2021 è concesso 1 milione anche alle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) con l’intendo “di dare concreta attuazione ai servizi e alle iniziative in favore degli studenti disabili e disturbo specifico dell’apprendimento”con l’obbligo della presenza di una figura di tutor accademico esperto in didattica musicale inclusiva. Diviene strutturale – e questa è una buona notizia-, solo il Fondo per l’assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica (comma 329) con 5 milioni di euro annui a partire dal 2021.
Distonie interpretative vengono dal provvedimento per le madri di disabili (art. 1, commi 365-366) “Alle madri disoccupate o monoreddito facenti parte di nuclei familiari monoparentali con figli a carico aventi una disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60 per cento, è concesso un contributo mensile nella misura massima di 500 euro netti, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. A tale fine è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 che costituisce limite massimo di spesa.” Prima questione .Ai minori non è applicata la percentualizzazione del 60% per riconoscere la disabilità. E questo è un errore clamoroso dell’articolato in analisi .Dobbiamo capire bene cosa si intende per disoccupata o inoccupata , se i 500massimo euro mensili significa una graduazione, se secondo il reddito , l’isee,il reddito di cittadinanza o cosa ?Inoltre sono discriminati i padri disoccupati o monoparentali e la spesa indicata 5 milioni ( modestissima)esaurisce la funzione di provvedimento in tempi rapidi. Il tutto dovrebbe essere messo in carico al Ministero del Lavoro ,Economia e finanze.Con appositi decreti.Quindi dopo.
La legge di bilancio (art. 1, commi 481/482) ripristina l’agevolazione reintroducendola per il periodo dal 1° gennaio 2021 al 28 febbraio 2021, l’equiparazione dell’assenza dei lavoratori fragili al ricovero ospedaliero per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità. A parte il ripristino per un periodo ridicolmente breve ( 2 mesi!) nemmeno in questo caso viene precisato se queste assenze debbano o meno essere conteggiate nel periodo di comporto cioè il numero massimo di giorni di assenza - variabile a seconda del contratto collettivo - attribuito al lavoratore prima di poter essere licenziato. Così solo a fine febbraio vive l’opportunità che i lavoratori fragili svolgano di norma la prestazione lavorativa in modalità agile. Uno stop and go ridicolo .Rimangono in vigore, almeno fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, le altre norme in materia di lavoro agile anche a favore dei lavoratori dipendenti con grave disabilità o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave (art. 3, comma 3, legge 104/1992), previste dall’articolo 39 dello stesso decreto “cura Italia” e in disposizioni più recenti.
La legge di bilancio (commi 66-74) proroga l’applicazione della detrazione al 110% anche agli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche dunque mobilità per portatrici di handicap e pure nel caso siano effettuati in favore di persone aventi più di 65 anni.
Mentre ancora langue al Senato la proposta di legge a favore dei caregiver familiari, norma già miseramente naufragata nella legislatura precedente, la legge di bilancio (re)istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. Un ping pong similmente a quello precedente, finito alla Regioni con un recente decreto di riparto: anche questo fondo sarebbe destinato alla “copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiare, come definito dal comma 255 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205”.Anche in questo caso, al momento e sempre in attesa di quegli interventi legislativi, di tale fondo nulla arriva alle famiglie e ai caregiver familiari (art. 1, comma 334).
Per Il Piano nazionale per le demenze (PND)si prevede l’ennesimo Tavolo di monitoraggio dell’implementazione del Piano stesso. Con la legge di bilancio il legislatore (art. 1, commi 330-332), timidamente visti gli importi, sembra assumere coscienza che la gravità sociale del fenomeno.Recita la norma: “Al fine di migliorare la protezione sociale delle persone affette da demenza e di garantire la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva delle persone affette da malattia di Alzheimer, è istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, un fondo, denominato «Fondo per l’Alzheimer e le demenze», con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023
Altro intervento a spot/bonus in legge di bilancio (art. 1, commi 454-456) per le persone affette da disturbi dello spettro autistico : è un Fondo costituito nel 2015 e la legge di bilancio prevede un nuovo incremento di 50 milioni per il 2021 con linee guida vincolanti di uso del Fondo. Ad oggi silente e senza aiuti alle famiglie.
Anche per questo Fondo non sono previsti sostegni o contributi diretti per le famiglie.
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, di Istanbul l’11 maggio 2011, ratificata anche dall’Italia nel 2013, trova un minimo riscontro in legge di bilancio (commi 1134-1139) istituendo il «Fondo contro le discriminazioni e la violenza di genere» (2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023).
Alcuni i commi della legge di bilancio (art. 1, 797-804) sono finalizzati a potenziare il sistema dei servizi sociali comunali per il raggiungimento, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, di un livello essenziale delle prestazioni e dei servizi sociali ma la legge di bilancio stabilisce il principio di deroga ai vincoli di contenimento della spesa del personale, in relazione alle assunzioni di assistenti sociali a tempo indeterminato da parte dei comuni, fermo restando il rispetto degli obiettivi del pareggio di bilancio.
Presso la Presidenza del Consiglio del Ministri è attivo dal 2019 l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, anche l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, organismo previsto dalla legge di ratifica della nota Convenzione ONU. La segreteria tecnica potrà essere composta da un numero massimo di dieci esperti, per un importo omnicomprensivo per ciascun anno di 700.000 euro (art. 1, commi 367/368).Non è chiaro al momento come verranno individuati gli esperti e come verranno selezionati e quando si comincerà ad operare, visto che l’Osservatorio doveva già funzionare dal 2018, congelato nel Ministero del Lavoro e trasferito alla Presidenza del Consiglio con delega diretta a Conte. Che in verità non l’ha mai esercitata .Nella legge di bilancio 2021 vi sono anche un paio di commi che prevedono la gratuità dei parcheggi destinati ai veicoli adibiti al servizio di persone con disabilità o donne incinte (9 milioni). Ma anche qui bisogna aspettare il decreto attuativo. La legge di bilancio poi (art 1 comma 156) rifinanzia la Federazione Italiana per il superamento dell’handicap( di cui però non abbiamo la rendicontazione annuale) con 800 euro annuali (dal 2019 ha avuto 2 milioni) solo per gli ipovedenti ( 1 milione) e anche per Ens i sordomuti art. 1, commi 369 e 370).
Un po’ per tutti, riforme strutturali per nessuno. E ancora una volta i disabili cittadini di serie B.
Alessandra Servidori 28-12-2020
https://www.startmag.it/innovazione/pnrr-cosa-non-va-su-istruzione-e-ricerca/
Il 6 Dicembre è stato presentato in bozza al Consiglio dei Ministri il Piano di ripresa e risilienza ,che sappiamo ha scatenato la diatriba nella maggioranza e nella minoranza, diatriba peraltro ancora in corso. 125 pagine in cui si specificherebbe come l’Italia intende spendere i 209 miliardi di euro che saranno messi a disposizione dal Next Generation-EU (NG-EU) nei prossimi 6 anni (2021-2027). Il Piano deve essere approvato dal Consiglio dei ministri, poi presentato in Parlamento e poi formalmente in Europa, dove approderà entro la fine di aprile 2021. Sarà la Commissione Europea a valutare i singoli progetti e ad approvarli o meno .Il Piano è articolato in sei “missioni”, ciascuna suddivisa al proprio interno e prevede finanziamenti per ciascuna missione: Digitalizzazione, 49 miliardi,Transizione ecologica, 74 miliardi,Mobilità sostenibile, 28 miliardi,Istruzione e ricerca, 19 miliardi,Parità di genere e coesione sociale e territoriale, 17 miliardi,Sanità, 9 miliardi. Sappiamo prima di tutto che Il Piano richiede l’approvazione di numerose riforme legislative per rendere efficace l’uso delle risorse. In questa riflessione dedico particolare attenzione all’istruzione,formazione,ricerca per le quali sono previste linee di azione ma noi sappiamo bene che il problema vero oggi è la distanza dal lavoro poiché molti studenti e studentesse escono dalla scuola con una scarsa conoscenza dell’ortografia e della sintassi, e senza un reale interesse per il sapere. Senza mai leggere un libro e tantomeno un giornale. Oggi poi è parere assai diffuso che la scuola sia un luogo di socializzazione ma non di apprendimenti spendibili soprattutto sul luogo di lavoro. Non c’è alcun dubbio che la politica ha dimostrato di disinteressarsi della scuola non solo togliendo risorse ma anche evitando quei cambiamenti che l’avrebbero resa un luogo dove apprendere cose utili al lavoro. E in questo periodo di confinamento quello che maggiormente viene denunciato dagli studenti è l’impossibilità di stare in gruppo e in realtà povere di metodologie di avanguardia ( purtroppo ancora tante) diventa prevalente l’aspetto dello stare insieme. Abbiamo invece realtà locali dove l’impegno imprenditoriali e universitarie hanno sostenuto strumenti che hanno permesso di riformare la scuola nella comunità senza attendere orientamenti e risorse nazionali. Tessendo rapporti anche poi progressivamente a livello regionale ed europeo con scampi eccellenti tra scuola e lavoro tra teoria e pratica,offrendo i fabbisogni del sistema sociale e produttivo rispondendo insieme scuola,impresa,istituzione al bisogno di competenze e modificando i curricula. Ma sappiamo bene che la realtà italiana è ancora molto povera di queste buone pratiche . Argomentazioni barocche e ben poco convincenti accompagnano la bozza di proposta nella missione Istruzione e Ricerca, che è particolarmente analizzata in questo commento, con particolare riguardo alla scuola, perchè si “concretizza”? sempre, secondo la bozza, in 2 linee di azione o componenti :1) Potenziamento della didattica e diritto allo studio 2) Dalla ricerca all’impresa- Queste due linee di azione saranno accompagnate da una serie di riforme improntate a linee guida che non hanno una visione temporale e soprattutto fattuale:Riforma del sistema di selezione del personale scolastico, integrato con periodi di formazione e di prova; Introduzione di moduli di formazione continua di dirigenti, docenti e personale ATA (life-long learning), con sistema di crediti e obbligatorietà della frequenza. Potenziamento dell’offerta formativa, in particolare in discipline abilitanti 4.0, e correlate alla vocazione produttiva del territorio di riferimento.E poi ancora Introduzione di moduli di orientamento nelle scuole secondarie di secondo grado Innovazione dell’istruzione universitaria (+ altre voci di riforma per l’università).La prima linea di azione, “ Potenziamento della didattica e diritto allo studio”, ha come obiettivo generale quello di migliorare i risultati e i rendimenti dei sistemi scolastico e universitario, in particolare si prefigge di: ridurre il tasso di abbandono scolastico (14,5% nel 2018 rispetto alla media UE del 10,6%), rafforzare le competenze digitali, linguistiche e STEM del personale scolastico, anche ampliando i curricula degli studenti (!)ridurre le disparità territoriali e di genere, aumentare la percentuale di popolazione di età compresa tra i 25 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio di livello terziario (ora 28% rispetto al 44% di media nei paesi dell’OCSE), con potenziamento di ricerca e istruzione professionalizzante terziaria, e rilancio degli ITS. E’ tristemente evidente che ancora una volta propongono un elenco random dei mali che affliggono la scuola italiana. Manca una rigorosa analisi delle cause che determinano questi fallimenti e una conseguente coerente elaborazione di condizioni alternative che permettano alle proposte e alle idee di essere implementate. Mancano dunque visione e priorità.Si ripropone ad esempio la riforma del sistema di selezione del personale scolastico, in particolare dei docenti, prescindendo dalle ragioni dei successivi fallimenti accumulati in questi anni, e senza affrontare la questione nodale della decentralizzazione del reclutamento.Il male maggiore è evidenziato anche dalla mancanza di creazione di una leadership scolastica intermedia, ipotizzata fin dal 1997 con il varo dell’autonomia (Legge 59/97 art. 21 comma16) e oggi dimostratasi più che mai indispensabile. Infine non ci sono solo lacune , ma anche impostazioni sbagliate. Come la proposta di “ampliare il curricolo”. Per innovare e adeguare i curricoli occorre “ridisegnarli” NON “ procedere per aggiunte” . Siamo in presenza di curricoli bulimici e frammentati che sono una delle cause della dispersione. Un recentissimo lavoro dell’OCSE, reso pubblico il 25 novembre 2020, Curriculum 2030 esamina il Curriculum overload (sovraccarico del curricolo) e un nuovo Curriculum Design, con lo scopo di superare curricoli pletorici, renderli equi, flessibili e autonomi, riprogettarli con un approccio e cosi stemico e ispirato a valori.Il Piano prevede la bozza sarà attuato nei prossimi sei anni, un periodo nel quale, con ogni probabilità, l’Italia cambierà 3 o 4 governi con orientamento politico diverso. Per questo, è necessario che questo Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) trovi il massimo consenso non solo tra le forze politiche, ma anche, nella società civile e tra le forze sociali. Sarebbe utile per esempio ascoltare e raccogliere suggerimenti intelligenti come quelle delle associazioni dei dirigenti scolastici che indicano 3 priorità :Un nuovo stato giuridico del personale docente e dirigente;Il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale, secondaria e terziaria, con particolare riferimento al Sud;Scuole aperte alla comunità, nelle periferie più brutte. La questione della professionalizzazione della docenza e della dirigenza, richiede che si intervenga su più piani, non solo su quello contrattuale, significa innanzitutto un nuovo Statuto Giuridico per docenti e dirigenti e per i docenti .Occorre ricollocare in un quadro normativo unitario tutte le questioni che vanno dalla formazione iniziale al reclutamento, dalla formazione in servizio alla valutazione, da una nuova impostazione di autonomia professionale allo sviluppo e differenziazione di carriera, ecc..In buona sostanza un quadro nazionale che abbia nuovi punti di riferimento nelle scuole autonome, nelle Regioni, nell’Unione Europea, che superi antichi miti e collegialità formalistiche per costruire l’insegnamento come impresa collettiva.Uno degli aspetti determinanti è la costruzione di una leadership intermedia , definendone le diverse tipologie, gli standard professionali, la formazione e le modalità di accesso.Va ridefinito uno statuto della dirigenza scolastica che riconsegni ai dirigenti la funzione prioritaria di leadership educativa in una visione di leadership sostenibile e di sistema. E poi ancora sappiamo bene che l’istruzione tecnica e professionale nel nostro Paese ha progressivamente perso la propria carica propulsiva, fatta di legami proficui con le imprese e il mondo del lavoro, di apprendimento laboratoriale, di un’orgogliosa cultura dell’operatività, del progetto e del lavoro. Occorre cambiare passo e visione delle loro finalità con un rilancio con lo sguardo al mondo del 5G, della green economia, dell’economia circolare e dello sviluppo sostenibile .Una formazione che punta a competenze di imprenditorialità e a competenze di leadership. Impariamo dalla Germania una volta per tutte la ridefinizione profonda dei curricoli con il superamento della bulimia delle discipline, con ampi spazi all’attività laboratoriale e all’alternanza scuola lavoro, inserita nel piano di studi con propri tempi che non interferiscono con quelli delle altre discipline. Istituti che sanno instaurare un legame profondo e di scambio con il proprio territorio e le imprese, e che hanno come confine il mondo. Per gli istituti professionali si tratta di superare i danni prodotti dalla legge 40/2007 che li ha di fatto soppressi, omologandoli agli Istituti Tecnici, con la perdita della possibilità di impartire autonomamente le qualifiche. Molti tentativi si sono susseguiti per ridare identità agli Istituti Professionali, si pensi al recente Decreto Legislativo 61 del 13 aprile 2017 – Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale; ma sono rimaste soluzioni di ripiego che non intaccano nel profondo la situazione ibrida di tali istituti. Progetti che guardano soprattutto al Sud, dove chi va alla scuola secondaria superiore continua a preferire di gran lunga i percorsi liceali rispetto a quelli tecnici e professionali, è dove la formazione professionale è praticamente assente. Il modello che si può creare prepara sia al lavoro che all’Università, ma deve avere anche un particolare legame con gli Istituti Tecnici Superiori, che tuttavia continuano a non decollare e rimangono i grandi assenti del sistema d’istruzione in Italia.Occorrono istituti scolastici che godano di un’autonomia scolastica speciale come in Germania e in Gran Bretagna . Istituti scolastici ad elevatissima autonomia, per rilanciare l’istruzione tecnica, soprattutto nelle zone degradate, come propone l’ADI (Associazione Dirigenti e docenti Italiani) .La fascia di età 0-14 anni, comprendente il sistema integrato 0-6 e il primo ciclo di istruzione e particolarmente delicato . Gli Istituti scolastici situati in periferie degradate, dove non c’è capitale sociale e dove i vincoli sono a volte delittuosi ,meritano particolare attenzione. Istituti che possono avere un profondo legame con la propria comunità in un’ottica rivolta al mondo e al suo sviluppo sostenibile. Abbiamo bisogno di scuole pulite e belle dal punto di vista architettonico, gestite dai migliori insegnanti e dirigenti, rigorose e impegnate. Scuole dove sono presenti tutti i servizi necessari, dall’assistenza medica a quella sociale, dove è garantita la mensa e la biblioteca, dove il digitale è familiare e dove la comunità è fondamentale come riferimento. Sappiamo bene che questi cambiamenti sono faticosi ma assolutamente necessari poiché i percorsi formativi e i curricula dovranno essere paralleli e coordinati con la straordinaria evoluzione in corso delle professioni e dei ruoli lavorativi che ci vengono segnalati dagli ambienti innovativi.Sarà necessaria una classe dirigente che assicuri una governance efficace per cogliere i frutti e disseminarli. Questa è la sfida.
Alessandra Servidori https://formiche.net/2020/12/stato-vaccini-mafia/
Lo Stato pseudoimprenditore e la mafia pronta a mettere le mani sul vaccino
Il governo c’è ?non c’è? si triplica il Conte? E’ crisi? Domande legittime nella confusione più esasperata di un tossico incrocio di grave crisi economica,molto sociale, disastrosamente sanitaria e ambientale. Ormai l’intervento pubblico domina i vari decreti ristori e la stampella sopratutte di aziende decotte come Ilva e Alitalia. Un’ emorragia di spesa pubblica per difendere redditi e occupazione ma senza obiettivi,senza strumenti così da segnare per l’ennesima volta l’interventismo pubblico come incapace di ridistribuire ricchezza, innovazione tecnologica e sociale con prospettive degradate di largizione a pioggia di danaro dei cittadini . Prima e dopo le trasmissioni televisive e gli articoli dei giornali sulla sanità vengono a galla paradossi di smantellamento della salute pubblica con una organizzazione accentrata con decentramenti regionali territoriali dismissioni sotto controllo politico. La pandemia ha messo in luce amministrazioni con tecnici incapaci di progettare,appaltare,controllare, generalisti piuttosto che tecnici competenti. Ci troviamo così in mano a complicatori detti commissari o comitati tecnici, procedure in deroga con digitalizzazione ritardata,banchi con rotelle improbabili quanto inutili e costosissimi,arredi scolastici come monoposto ancora assolutamente usabili buttati in discarica,ricostruzioni di ponti e strade in cui il Tar farà sicuramente le sue verifiche poiché lo Stato imprenditore con questo debole governo è chiaro a tutti noi è incompetente-se non dannoso- sia nell’erogazione di servizi compresi le telecomunicazioni,i trasporti,le infrastrutture,il welfare, la rete delle imprese. E c’è da preoccuparsi molto ancora di più oggi quando in una terra italiana già provata dal malaffare mafioso, “con la diffusione dei vaccini la criminalità aumenterà drasticamente": lo ha detto Juergen Stock, alla guida della Criminalpol. Il vaccino è l'oro liquido del 2021, la cosa più preziosa da distribuire il prossimo anno e la mafia e le altre organizzazioni criminali sono già preparate.Niente programma di intervento certo, solo una molesta litania contro la burocrazia quando sono stati i burocrati politici che nel 2000 hanno messo mano malamente al Titolo V della Costituzione spensieratamente irresponsabilmente creando un coacervo di poteri decentrati in cui a nome per conto di un abuso dello Stato non si sono dettate regole chiare né tantomeno si sono fatte rispettare con un ingessa mento della modernizzazione dei cervelli e una diatriba perenne sulle competenze tra Stato ed Enti locali. Così nell’era della globalizzazione il pubblico dovrebbe guidare il sistema produttivo per trasformarsi per essere più competitivo nei mercati internazionali ma di fronte ad un governo che porta avanti una politica del ricorso massiccio al debito e dunque una politica di bilancio ultra espansiva rischiamo di monetizzare il debito e le banche centrali arriveranno a bloccare liquidità nei mercati e a non poter più sostenere né i debiti sovrani né i debiti privati. E se Alitalia e Ilva si dice siano sostenute anche dalle risorse del famoso Next Generatio Eu Plan si dice una non verità poiché l’accesso e l’uso dei fondi non contemplano l’intervento a sostegno di imprese pubbliche con relative contenziosi con la Commissione Europea. Una rinnovata capacità di Stato regolatore e controllore potrebbe significare un severo ma concreto effetto di sistema dell’intervento pubblico diretto nell’economia e nella sanità ,coordinata a livello internazionale che lo legittima con maggiore integrazione dei mercati senza eccessivo rientro dei mercati internazionali con ottica protezionistica ; uno Stato competente che sostiene le aziende private che non le sottopone a condizioni politiche per lasciarle così operare e investire mettendole in grado di non scoraggiarsi né loro né gli investitori internazionali. Sostenere la salute e i redditi delle famiglie e i ricavi delle imprese significa avere anche un progetto industriale che contempli una politica industriale capace di rilanciare l’economia.Significa avere una governo e una classe dirigente competente con una selezione adeguata e la loro responsabilizzazione poiché continuare a obbedire a logiche politiche e non a scegliere il management per capacità gestionali ci si trova nelle crisi che stiamo vivendo oggi con maggiore intensità e sotto smacco della pandemia. In buona sostanza una programmazione di politica industriale e un cambio di passo significa identificare gli strumenti con cui uno Stato interviene a fianco dell’impresa privata come controllore pubblico o partecipato assicurando l’efficacia del suo intervento e non inglobandone l’operatività e la funzionalità e proteggendo solo l’occupabilità ma anche rilanciandone lo sviluppo economico e oggi ancora di più la salute.
Il post di Alessandra Servidori
L’attuale crisi pandemica Covid-19 e la chiusura economica dovuta a misure sanitarie hanno portato a un aumento senza precedenti del numero di lavoratori assenti dal lavoro e ad un aumento del numero di posti di lavoro persi o con orario ridotto. Avvicinandosi al resoconto di fine anno Eurostat consegna i primi risultati di un esercizio di ricerca incentrato sulla stima delle perdite di reddito da lavoro, e i dati forniti fanno parte delle statistiche sperimentali prodotte da Eurostat nel quadro di stime avanzate sugli indicatori di disuguaglianza e povertà.
La popolazione di interesse è la popolazione attiva, dipendente o autonoma (età 16-64 anni) e i dati sul reddito sono annuali. Includono il salario lordo e il reddito da lavoro autonomo. La perdita stimata per il reddito da lavoro mediano a livello dell’Ue è del -5,2% nel 2020 rispetto al 2019. L’impatto della crisi è distribuito in modo molto diseguale tra gli Stati membri ed è particolarmente forte per i sottogruppi più vulnerabili della popolazione attiva, con i lavoratori a basso reddito che subiscono perdite da 3 a 6 volte maggiori rispetto ai lavoratori ad alto reddito nella metà degli Stati membri dell’Ue.
Le maggiori diminuzioni dovute alla perdita di posti di lavoro nell’Ue si registrano per i lavoratori temporanei e per i giovani occupati (età 16-24). La perdita di reddito stimata è più di due volte maggiore per i giovani lavoratori (16-24 anni) che per i lavoratori adulti (25-65). Le donne sono più colpite, principalmente a causa di una maggiore prevalenza di donne in alcuni settori . Le donne registrano perdite di reddito maggiori in circa la metà dei paesi dell’Ue con le maggiori differenze in Cechia, Grecia, Slovacchia, Lituania e Portogallo: l’Italia è quintultima. Quando ci si concentra sulle perdite di reddito dovute alla disoccupazione, le differenze sono ancora più pronunciate.
Estendendo l’analisi a livello nazionale, è chiaro che i giovani occupati sono stati in gran parte più colpiti dalla perdita di posti di lavoro, forse a causa dell’elevato numero di giovani dipendenti che lavorano in settori fortemente colpiti dai blocchi del Covid-19. Il reddito da lavoro dei giovani è diminuito in tutti i paesi. Le diminuzioni più marcate sono state registrate da Lussemburgo, Slovenia, Lituania, Bulgaria, Portogallo e Repubblica Ceca (più di -10 punti percentuali per tutti e sette). In Italia come in Estonia la perdita di lavoro maggiore è tra i giovani dai 16 ai 24 anni, mentre le diminuzioni più basse si sono registrate in Austria, Paesi Bassi e Germania (meno del -3% per tutti e tre ).
Alcuni governi nazionali hanno messo in atto o attivato programmi a breve termine per affrontare le sfide economiche del COVID-19, in particolare, le politiche per preservare i posti di lavoro (schemi di compensazione salariale). Questi hanno contribuito a mitigare la perdita di reddito in tutti i paesi dell’Ue con la perdita di reddito complessiva ridotta della metà. In generale, le perdite di reddito stimate per i lavoratori prima della compensazione pubblica a livello dell’Ue, circa il -5% delle retribuzioni totali, sono distribuite in modo molto diseguale tra i paesi e particolarmente forti per i sottogruppi più vulnerabili della popolazione attiva. Questi effetti ineguali sul mercato del lavoro sono mitigati da misure politiche temporanee introdotte in tutti i paesi al fine di sostenere i redditi delle famiglie e dei lavoratori più colpiti dalla pandemia.
Le perdite di reddito da lavoro subordinato sono scomposte in base a tre tipi di transizioni: (1) i lavoratori perdono il lavoro o il contratto non viene rinnovato; (2) i lavoratori rimangono occupati ma entrano in cassa integrazione temporanea; (3) i lavoratori rimangono occupati ma lavorano solo una frazione del loro normale orario. Le perdite sono ulteriormente distribuite dai sottogruppi vulnerabili che hanno maggiori probabilità di subire maggiori perdite di reddito e un aumento del rischio di povertà. Infine, l’impatto dei programmi di lavoro a breve termine attivati dai governi nazionali per affrontare le sfide economiche del Covid-19, in particolare, le politiche per preservare i posti di lavoro (schemi di compensazione salariale) viene simulato attraverso un modello di benefici fiscali. Lo studio si discosta dal quadro standard delle stime flash: si concentra solo sul reddito da lavoro e si basa in gran parte su modelli e stime.
Un contributo importante sono i dati amministrativi raccolti da Eurostat sul numero di beneficiari di diversi sistemi di compensazione salariale . I risultati si riferiscono alla variazione annuale 2019-2020 ma le stime non tengono conto della seconda ondata di crisi sanitaria in termini di assenze e piani di compensazione salariale.