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Editoriali

La violenza sulle donne e un’Italia che si limita a celebrare la giornata internazionale e farne film e spettacoli teatrali.

http://formiche.net/2015/11/13/violenza-sulle-donne-serve-un-cambiamento-culturale/

ALESSANDRA SERVIDORI

La violenza sulle donne e un’Italia che si limita a celebrare la giornata internazionale e farne film e spettacoli teatrali.

Ce ne ricordiamo quando la televisione  e i mezzi di comunicazione ormai tutti impastati di scandali su sesso,sangue,soldi, lanciano la notizia dei massacri su donne e  bambine: la violenza perpetuata sull’aggressione fisica  in Italia delle donne tra i 16 e i 70 anni  –il 31,5%  è il dato  che emerge dall’indagine  compiuta da Istat relativa al quinquennio 2009 /2014- è molto simile a quel 33%  europeo  (Agenzia europea per i diritti umani e internazionali (Organizzazione mondiale della sanità: una donna su tre nel mondo).  E la verità che è una piccola parte di coloro che la subiscono poiché  fortissima è ancora la cultura del "segreto" e della "vergogna" delle violenze subìte  che viene da lontano e tutt'oggi è difficile da sradicare soprattutto all’interno delle famiglie. E  non solo per i risvolti sociali della denuncia, ma per le implicazioni psicologiche personali di chi le subisce. La violenza viene  ancora dichiarata da chi la infligge come qualcosa fatta "per il bene" di chi la subisce o “per colpa" della bambina o della donna, che "induce" l'aggressore a comportamenti riprovevoli che egli non vorrebbe commettere: un modo per scaricare la responsabilità sulla vittima”.Il fenomeno aberrante resta diffuso poiché significa che una donna su tre almeno una volta nella sua vita subisce violenza. Vi è dunque un impianto culturale che ancora genera violenza e sopraffazione e le centrali di pubblica sicurezza e le associazioni che se ne occupano confermano che spesso scelgono di non denunciare. Si fa strada la convinzione che non serva: la donna, di fatto, dallo Stato italiano non  si sente e in verità non è tutelata e la recente legge sul  femminicidio, che non consente il ritiro della denuncia, insieme alla novità del carcere evitato a chi subisce una condanna inferiore ai quattro anni, espone la vittima a ritorsioni se non a violenze ancora più gravi. Secondo l’indagine ISTAT , delle donne maltrattate, il 20,2 per cento ha subìto violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento (un milione e 157mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652mila) e il tentato stupro (746mila). L'indagine dice che le violenze più cruente avvengono per mano di partner, presenti e passati, familiari e amici di famiglia, e questo deve far interrogare profondamente la società contemporanea, che vive nella ricerca di un amore che pare essere solo ideale.  C’è necessità di un profondo cambiamento culturale per modificare le relazioni affettive e di potere  tra uomini e donne perché siano basate sul rispetto e non sulla prevaricazione e le discriminazioni  di un genere sull’altro. L’Istat denuncia che è nel momento della separazione che le violenze diventano più gravi, soprattutto quando la donna denuncia le violenze subìte. Dalla ricerca emerge che la causa principale o preponderante della separazione è la violenza subìta durante il periodo di convivenza e che durante la separazione è frequente il fenomeno dello stalking da parte dell'ex partner. Dati allarmanti riguardano il sommerso il nascosto poiché il  40% delle donne picchiate dal marito o dal compagno non parla di quanto accade dentro le mura domestiche e la violenza assistita (64%,) .Sono donne  che subiscono violenza  giovani, spessissimo con figli minori . Allora la consapevolezza che la violenza sulle donne non sia un fatto normale implica che esso sia un problema che riguarda tutti, dalle istituzioni al privato cittadino. Come associazione TUTTEPERITALIA riteniamo importante sostenere  l’aiuto alle donne che subiscono violenza soprattutto sul lavoro poiché è una violenza che ha radici economiche che ritroviamo nella privazione o nel sottosalario,nell’abbandono in una situazione economica di non pagamento dell’assegno per i figli o per il mantenimento, nell’informazione dei propri diritti e doveri,nel non subire molestie o impedimenti di carriera sul posto di lavoro, nell’aiuto nell’educazione di figli e sostegno ad affrontare non in solitudine questo dramma. Un dramma che troppo spesso viene spettacolarizzato e strumentalizzato.

REGIONI E INSTABILITA'

Alessandra Servidori            LA VERITA’ sulle Regioni e la trattativa legge di IN stabilità

ll Consiglio dei ministri ha dato via libera alla norma che consente  di” chiarire” la contabilità delle Regioni in particolare per i debiti passati, come richiesto peraltro dalla Corte dei Conti .Questo passaggio risolve i problemi dei fondi attribuiti alle Regioni nella discussa legge di stabilità? No  perché non è definito se  e come i debiti saranno ripianati, in quanti anni (30?)con che modalità le Regioni “morose” dovranno assolvere al compito che pareva essere il freno alla destinazione di risorse e che  poneva un problema  di restituzioni sulle  anticipazioni che il Governo ha dato alle amministrazioni per ripianare i bilanci in rosso dovuti anche al famoso pagamento inadempiente di miliardi per le  imprese e forniture ,che già al tempo del Governo Letta e Monti   erano state  denunciate come la palla al piede della partita economica che ingessava lo sviluppo. Dunque la questione del possibile default di alcune Regioni è stata bloccata e non a caso è definito decreto/salva regioni. E’ bene ricordare come stanno i fatti  ed è da uno studio di Banca d’Italia  dell’ottobre 2015  sui debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche italiane che capiamo che il problema è del tutto irrisolto e soprattutto che sarebbe utile ai cervelli giovani di Palazzo Chigi  trarre elementi utili per una valutazione dell’efficacia del programma di esborsi statali per lo smaltimento dell’arretrato realizzato nel biennio 2013/2014, guardando però  dal 2008 al 2014 non ancora però noti  con precisione,posto che lo stok dei debiti e dei relativi tempi di pagamento, sono di difficile da reperire poiché solo in possesso di banca Italia solo indagini campionarie. Da questa lettura si evince l’evidente impatto relativo al sistema economico dei ritardi e dei provvedimenti utili a ridurre i debiti commerciali, gli incroci forniti dai dati Istat su stok e spese correnti e quanto rispetto all’Europa siamo clamorosamente in deficit e inadempienti. Ma l’ordinamento italiano non disincentiva in modo efficace i ritardi nei pagamenti  e  non punisce chi non rispetta le clausole contrattuali sottoscritte dalla Pubblica Amministrazione con le imprese e i fornitori .Sappiamo bene che  il fenomeno del posticipare i pagamenti dovuti alle imprese fornitrici “favorisce “ il rispetto delle regole di bilancio della UEM .Crisi dal 2007 incombente e precipitata dal 2008 in poi  liquidità in calo delle imprese nell’ambito del monitoraggio dei conti pubblici nostrani ed europei : questo fa la differenze eccome!Così già però nel 2012  per ridurre i debiti commerciali  sono stati stanziati 5,7 miliardi-di cui 2,8 effettivamente erogati, per ripianare i debiti in parte solo però, delle Amministrazioni centrali scaduti nel 2011. Dal 2013 stanziati 50 miliardi per il biennio 2013-2014 destinati al pagamento dei debiti degli enti regionali scaduti nel 2012 e qui chi ha requisito risorse dai vertici e ripianato il debito è stato il MEF. Però e però una parte consistente -19 miliardi- delle risorse stanziate non è stata utilizzata dagli enti nel corso del biennio 2013-2014 .  Cos’ arriviamo ai giorni nostri e a giugno del 2015 è stata prevista di recuperare una piccola parte delle risorse non utilizzate dunque appunto 2 miliardi per le regioni e le province autonome e 0,9 miliardi per gli enti locali .Quelli che mancano oggi da assegnare alle Regioni che protestano per il mancato  budget delle legge finanziaria sono briciole rispetto alla loro” mancato ravvedimento operoso” e al dovere di procedere con la restituzione del dovuto. Si calcoli poi che la flessibilità richiesta da Renzi alla Ue così declamata come già acquisita è gravata da un monte accumulato di nuove passività commerciali rappresentata dalla Direttiva  2011/7/ UE recepita anche da noi e operativa sui ritardi di pagamento che prevede non possibilità di deroghe negoziali,interessi di mora legali, e un tasso pari a quello di riferimento della Bce maggiorato di 8 punti %.  La verità sui conti delle Regioni ce la dicono i dossier economici   ,e le relazioni della Corte dei Conti e non stiamo particolarmente sereni quando ben sappiamo cosa ci attende. Un doppione di questa CONFERENZA STATO REGIONI che si clonerà nel prossimo Senato , che continuerà a spendere  con un potere rafforzato consociativo e inutilmente non virtuoso. Per questo diciamo  che continuiamo a raccontare i fatti e non esprimere solo opinioni. Finchè ci sarà concesso e non saremo  asserviti ignobilmente al potere irresponsabile del chi più spende e  più fa la voce grossa.  

 

Donne e politica-3 Novembre 2015

Alessandra Servidori-   3 novembre 2015

Donne e politica : saranno le signore a salvare la polis? 

Qualcosa di nuovo si sta muovendo nella politica italiana “controllata” da un potere fortemente maschile che ancora oggi sceglie  e decide chi mettere sugli scranni dell’impero  tra le fila delle candidate.  Parto dal  tonico editoriale di Antonio Polito ,  audace Vice Direttore dell’”Ammiraglia dell’informazione”, perché denuncia una delega nonchè deriva giudizial/procural/rigorista dei partiti  nel gestire le questioni dell’amministrar la cosa pubblica in difficoltà oggettive, veramente stupefacente e lucida. In questi giorni di sbornia della  funesta  vicenda di  Marino, i fuochi d’artificio della chiusura di EXPO, la legge finanziaria che accende di nuovo la  miccia dell’instabilità, Boeri che vuole fare il Ministro del lavoro  e dunque -grato ai mezzi d’informazione che gli danno visibilità impunita -fa proposte di riforma indebita, la Libia che cerca il pretesto per scagliarci qualche missile,  succede che le parlamentari e prima di loro gruppetti sparsi e non tanto rassegnati, si danno da fare  per cercare ( devo dire  accanitamente ) di  creare il partito delle donne. Così è stato-senza dubbio- dal dicembre 2014 in cui una  signora  Isa Maggi  ha convocato in maniera  sia pur confusa e populista gli Stati generali delle donne, a Roma in una sede europea presa in prestito, per proporre idee e iniziative ,ben poco poi recepite dalle istituzioni ma ripetute in tante sedi regionali con la speranza che potesse fare “massa critica” e dare sviluppo alla voce e al potere femminile. Nell’iniziativa poi è  comparsa la Senatrice Fedeli, rossa di capelli e cigiellina ,ora assurta all’era dell’obbedienza renziana che si è affrettata a metterci “sopra il cappello”   per dirla al maschile. Così le signore- fuori dal parlamento e dai Ministeri - un po’ nostalgiche, un po’ vetero, un po’ deluse e sempre incapaci di mettersi d’accordo sulla ripartizione  e il rispetto delle regole individuate e concordate (politicamente corrette e opportuniste alla maniera maschile) -,tanto che un silenzio assordante è sceso sull’eliminazione fisica  degli organismi di parità- costituiti da donne- unico vero presidio antidiscriminatorio, sono diventate esse stesse  preda di appetiti solo assembleari e tacite platee da convocare quando c’è da fare una conferenza stampa per spiegare cosa fa il Governo. Almeno in questi ultimi anni di riforme  sociali e del lavoro  se si fossero rese conto delle potenzialità di metter in moto politiche attive peraltro rintracciabili trasversalmente in tutti i settori nel processo  riformatore in atto( se pur modeste ma presenti) , anziché assumere il ruolo di “tricoteuses” quando venivano coinvolte  in azioni concrete  abituate a far male la politica asservita e magari settaria, oggi, forti della competenza che potevano acquisire sarebbero state utili alla causa. Invece tacciono felici di un’occasione di gita romana al servizio del sistema. Ma ecco che le onorevoli parlamentari suonano le trombe e capitanate dalla Presidente Boldrini , fanno ciò che di utile sarebbe già potuto essere stato fatto se almeno avessero avuto il coraggio di affermare la loro forza in Parlamento stando appunto dalla parte delle donne italiane, anche creando quella Commissione per le politiche di pari opportunità che sarebbe stata fondamentale  in momenti in cui c’era da fare squadra e superare così con la testa alta quella cultura di sudditanza maschile di cui soffre ancora l’emiciclo e in cui soccombe la  democrazia paritaria  sostanziale.  Per la prima volta è stato istituito alla Camera l’Inter gruppo parlamentare per le donne, i diritti e le pari opportunità,  e l’obiettivo è nobile :  porre le questioni di genere al centro del dibattito politico-legislativo, sulla scia delle diverse esperienze internazionali già esistenti in Europa e negli Stati Uniti.
Composto da 80 deputate, espressione di tutti i gruppi che siedono a Montecitorio, l’intergruppo si è dato  anche un comitato direttivo con funzioni di coordinamento e impulso dei lavori, del quale fanno parte una deputata per ciascun gruppo, oltre alle deputate dell’Ufficio di Presidenza.
L’Intergruppo,  presieduto da Boldrini,  saprà non essere un’arena ma  diventare una sede di confronto bipartisan su iniziative legislative già all’esame del Parlamento e  proporne di nuove, ma anche di promuovere i temi che riguardano la vita delle donne attraverso incontri, dibattiti ed eventi culturali e non solo un” Caffè letterario o peggio un salotto?. Sarà nostra cura seguire attentamente i lavori. Oltre che a fare un po’ di ordine e “tirare dentro” anziché escludere,l’Intergruppo di Montecitorio  forse saprà essere  quello che  ora non è più la politica per le donne,dopo una stagione in cui comunque ,varie Onorevoli Ministre ,hanno cercato di essere interlocutrici in sedi internazionali dove è fondamentale esserci unite e compatte e con proposte concrete . Quando si arriva nei contesti globali  soprattutto sulle riforme dei sistemi di welfare  in cui è coinvolta l’Italia serve competenza e sintesi essenziale ,poiché  nel regno Unito, in Francia in Spagna ,nella Ue , nella Germania una rete tra tutte le donne che appartengono alle istituzioni europee è fondamentale, soprattutto per dialogare e fare squadra in Parlamento, Commissione, Consiglio e personale delle rappresentanze nazionali a Bruxelles. Un dubbio solo : mi auguro che di politiche per le donne  si tratti, donne  che ancora subiscono discriminazioni e violenze inaudite ,madri che devono “essere custodite e aiutate sul lavoro” come dice Papa Francesco  e non sia solo una frenetica iniziativa di truppe cammellate che avanza in direzione di quella stagione trans ed etero che pur esistendo  e avendo diritti , con la scelta del Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, in questi anni ha dedicato risorse e investimenti notevoli  strabiscamente dalla parte degli  studi di gender, della omosessualità,ecc. Che non sono  né la struttura di welfare rimodulato per le nuove povertà tra cui sono in maggioranza le donne, né sviluppo delle politiche occupazionali in ambito sia pubblico che privato di cui con grande fatica e pochi riconoscimenti, si è comunque impegnato il ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui orgogliosamente ho fatto parte attiva. Appunto dalla parte delle donne e del lavoro.

 

SMART WORKING : BASTAVA applicare l'Avviso Comune già nel 2011

27 ottobre 2015- JOB 24 SOLE 24ORE

Smart working - Nel disegno di legge poco di nuovo. Ma non perdiamo anche questa opportunità per lanciare davvero il «lavoro agile»

Alessandra Servidori - Direttore del Centro Studi “Lavori e Riforme” del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

 

Il disegno di legge sul "lavoro agile"- scritto da Maurizio Del Conte, giovane giuslavorista tecnico di fiducia di Palazzo Chigi , autore anche degli altri otto schemi dei decreti del Jobs Act - , anticipato e perorato già un paio di anni fa dalla Europarlamentare Alessia Mosca , arriva in parlamento con un disegno di legge collegato alla Legge di stabilità.
Nulla di nuovo, al di là dei 9 articoli che lo declina, poiché la cosìdetta flessibilità lavorativa, ancorata alla norma che pur rimane importante, per essere effettiva deve tramutarsi in prassi. E tutto ciò che illustra il ddl in parola, sottolinea l'importanza del lavoro flessibile che peraltro era già stato normato nel 2008 con l'introduzione della detassazione del salario di produttività; misura non strutturale ma che ripropone ogni anno la possibilità di uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori attraverso un Fondo stabilito allora nella Legge finanziaria, oggi Legge di stabilità.
Istituito l'incentivo (art. 2 D.L. n. 93/2008), con l'intento di favorire la produttività delle aziende e dunque anche la flessibilità - provvedimento collegato soprattutto all'art. 8 della stessa norma, che prevedeva la possibilità di incentivare attraverso la deroga la contrattazione di prossimità - da allora "il lavoro agile" non è stato politicamente sviluppato. La causa sono le resistenze che ancora oggi ne frenano l'adozione. Anzi, è bene ricordare che, nel 2011, proprio per armonizzare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro con anche tipologie di lavoro agile, lo stesso Accordo Comune sottoscritto da tutte le parti sociali e varato nel marzo di quell'anno, subì molte resistenze tra le parti sociali. Per cui, pur prevedendo una serie di tipologie, compreso il telelavoro, il part time, l'orario di lavoro flessibile come soggetti a detassazione secondo art 2 della legge 93/2008 , gli accordi aziendali nelle piccole e medie aziende non sono stati sdoganati. E questo, secondo lo stesso Osservatorio del Politecnico sullo smart working, dimostra essere solo una opportunità realizzata dalle grandi aziende, e non dalle piccole e medie imprese di cui è fatto il 93% del tessuto produttivo italiano.
La Legge di stabilità 2016 finalmente mette mano anche ai criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative di nuove disposizioni ,compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all'organizzazione del lavoro. I quali, come recita appunto la legge di stabilità,- saranno stabiliti con un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze. Per sviluppare nuove prassi legate alla conciliazione tempi di vita e di lavoro, questa potrebbe diventare la volta buona per contrattare caso per caso una seria flessibilità.
La palla dunque passa ai sindacati che, nell'ambito delle relazioni industriali , dovranno prima di tutto studiare e poi convincere i datori di lavoro che per modernizzarsi si potrà concedere per legge ai dipendenti di lavorare fuori dai locali aziendali, anche per un solo giorno a settimana, attraverso dispositivi elettronici con lo stesso stipendio e la stessa copertura assicurativa ( anche allargata per l'occasione),operando così in mobilità anche con un coworking o da dove si vuole,purchè si raggiungano gli obiettivi stabiliti e assegnati e concedendo autonomia.
Il ddl prevede proprio l'applicazione degli incentivi fiscali e contributivi rifinanziati dalla Legge di Stabilità 2016 ,bloccati l'anno passato per finanziare gli esodati, ma che quest'anno rifinanzia il Fondo per la contrattazione di secondo livello con 430 milioni per il 2016. Il 10% del quale, come recita il decreto Jobs Act n. 80 (43 milioni) potrà finanziare anche accordi per la flessibilità lavorativa nell'ambito della conciliazione tempi di vita e di lavoro.
Peccato che si tenderà a perdere un "pochino di tempo", perché una ridondante Cabina di Regia interministeriale presso il Ministero del lavoro dovrà individuare le buone prassi che, peraltro,sono già state raccolte e analizzate dalla scrivente in un Osservatorio che dal 2012 in occasione appunto dell'Accordo Comune, ha avuto il compito di catalogare puntualmente gli accordi. Rintracciando nelle pieghe di virtuose aziende anche medie e piccole, quelle buone prassi che avevamo indicato nel marzo del 2011 ,dunque soggette a detassazione.
Solo il 5% delle aziende medie e piccole italiane - ci segnala l' Osservatorio del Politecnico- ha avviato un progetto strutturato di lavoro agile. E, detto francamente, il management aziendale (di cosa parliamo nelle aziende piccole e medie?) non è nè attenzionato né abbastanza preparato (come peraltro i sindacati) a cogliere questa opportunità per ripensare l'orario e l'organizzazione e il luogo del lavoro in una ottica flessibile. L'effetto "novita'", poi, se non si tratta di una novità strutturata bene può rivelarsi solo una momentanea sperimentazione superficiale destinata a fallire.
Solo ripensando culturalmente e scientificamente dentro ad ogni azienda l'organizzazione del lavoro, a fronte di nuovi modelli e di una responsabilità condivisa degli obiettivi che si possono raggiungere in modi diversi (e non inchiodati per otto ore ad un posto di lavoro), l'opportunità, forse, potrà rivelarsi una occasione positiva. Ma per questo ci vuole competenza e ragionevole innovazione e volontà di adottare dei modelli organizzativi anche per essere moderni e competitivi.

OCSE,EUROPA,ITALIA : donne ed economia

ALESSANDRA SERVIDORI   ITALIA EUROPA OCSE : donne ed economia -24 Ottobre 2015

Le conclusioni della relazione  dell'OCSE (2014) - L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico parlano chiaro: le donne non solo influenzano il mercato, sono il mercato. La Relazione "The Female Economy" ovvero “«Il genere e lo sviluppo sostenibile: massimizzare il ruolo economico, sociale e ambientale delle donne” pubblicata in questi giorni deve far riflettere il sistema economico internazionale,ma soprattutto noi italiani . Secondo la Harvard Business Review, le donne,in realtà , rappresentano un mercato in crescita più grande di Cina e India insieme - più di due volte più grande, in realtà. Dato che l'83% delle decisioni di acquisto sono fatte da donne,  sarebbe sciocco ignorare questa favolosa opportunità per la crescita futura. Eppure la maggior parte delle donne ritiene che i prodotti e servizi che vengono offerti  non sono  all'altezza delle loro aspettative. I settori peggiori  sono  quello  finanziario e sanitario, dove il 91% delle donne si sentono incomprese  dalle campagne pubblicitarie. La ragione  è semplice: l'industria della pubblicità è dominato dagli uomini. Nelle agenzie di pubblicità, gli uomini rappresentano il 90% dei direttori artistici e solo un terzo di creativi sono donne (dati USA, perché  non ci sono dati ancora per l'Europa). Le donne sono il mercato, ma sono trattate come se fossero solo un mercato di nicchia. Le norme utilizzate nel marketing sono norme maschili, dice l’OCSE . Un caso esemplare :  il modo in cui le donne sono ritratte nella pubblicità, nella progettazione dei prodotti : donne perlopiù molto svestite e magrissime , il nero  fortemente carico di sensualità domina il loro abbigliamento, mentre è appurato che le donne  preferiscono colori vivaci e forme rotonde ,ma non volgari. Le donne che interessano il marketing sono "casalinghe sotto i 50", ma in 8 su 10 coppie entrambi i partner  lavorano, e  non appena una donna  supera i 50 anni,  non esiste per il marketing se non quello della pura assistenza alla disabilità (  assobenti, adesivi per dentiere,ecc)Un  dato su cui riflettere è  che le donne stanno entrando   sempre più  nel mercato del lavoro ,  più donne sono  occupate sia nelle piccole imprese che in grandi aziende multi-nazionali. Aggiunto al loro potere di consumatori, questo è un ulteriore fattore che porta al crescente impatto delle donne nel mondo degli affari. Questo è ciò che intendiamo per "The Female Economy".L'OCSE stima che, se il tasso di partecipazione delle donne all'economia  fosse  identico a quello degli uomini, il PIL aumenterebbe del 16% in 10 anni. Inoltre dal punto di vista microeconomico, gli studi dimostrano che le aziende con più equilibrio di genere nei ruoli decisionali senior hanno indicatori di performance migliori. Nei paesi nordici, ora c'è una correlazione positiva tra il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro e il tasso di natalità. Questo suggerisce che più una donna lavora,  e  più figli  ha. Si tratta di un circolo virtuoso che aumenta ulteriormente l'impatto del lavoro femminile per l'economia. In controtendenza è l’Italia, dove dai dati Istat  sappiamo  che la realtà è assai diversa :  purtroppo  sono sempre di più le italiane che rinunciano al lavoro per la maternità, donne che rinunciano alla maternità per il lavoro. Da dove la si guardi la condizione delle donne “fertili” è sempre più difficile. Tasso di natalità tra i più bassi del mondo occidentale, tasso di occupazione femminile ugualmente fra i più bassi, che continua a scendere come confermano gli ultimi dati dell’Istat, siamo arrivati al 46,4%.

L’OCSE ci pone alcune domande alle quali siamo chiamati a rispondere e velocemente :  Se le donne hanno un forte impatto sull'economia in termini di lavoro e di consumo, perché non agiamo coerentemente  per sostenere  questa  occupabilità femminile che chiede di entrare e rimanere sul mercato del lavoro?  

Per esempio :  la Francia è in procinto di unirsi ai paesi nordici al circolo virtuoso tra il lavoro delle donne e il tasso di natalità. Che dire del resto d'Europa?e di Noi Italiani ?

Le recenti disposizioni di tagli alla  finanzia pubblica e i tagli alla spesa colpiscono le donne più degli uomini e impediscono  loro di lavorare come vorrebbero. Abbiamo analizzato – e analizziamo oggi con la Legge Finanziaria -queste decisioni dal punto di vista di genere e del loro impatto macroeconomico?

 Se le donne sono disponibili  a investire più nel lavoro retribuito e regolare, gli uomini hanno bisogno di condividere più l'onere  del lavoro non retribuito che è attualmente l'80% gestito da donne. Gli uomini sono davvero pronti a essere migliori alleati delle donne in questo?

A parole ,  sembrerebbe che a  causa del chiaro posizionamento dell'Unione Europea, la parità di genere sia  oggi un argomento chiave degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Inoltre, è stato adottato un nuovo quadro per il lavoro dell'Unione europea nei paesi partner con particolare attenzione alla parità di genere e l'empowerment delle donne. La Commissione giustizia e lavoro ha pubblicato la Road Map nel mese di settembre : un nuovo quadro per le attività dell'UE  per il periodo tra il 2016 e il 2020 che è stato adottato  non solo dalla Commissione Europea ma anche dal  Servizio europeo di azione esterna. Lo scopo è quello di promuovere valori fondamentali quali la parità di genere nei paesi partner e sostenerli  nel compiere progressi in questo campo. Questo supporto include lotta alla violenza contro le donne e le ragazze e consentendo loro di intraprendere azioni in materia di partecipazione civica e naturalmente partecipazione al lavoro. Inoltre, gli Obiettivi di nuova adozione  su Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, tra cui la parità di genere, dovrebbero essere concentrati su : * Il nuovo quadro che considera successi e fallimenti del Piano di azione nello sviluppo 2010-2015  che dovrebbe andare oltre le promesse e le parole , ma intraprendere azioni e verificare risultati  più o meno raggiunti facendo un resoconto leale e concreto . Esso si applica a partire dal 2016 se gli organi competenti del Consiglio saranno d'accordo e questo sarà il passo da conquistare poiché il dubbio concreto è che sia il Consiglio dei Ministri europei sia il Parlamento non aderiscano alle proposte della Commissione. Peraltro ci sono delle novità da tenere in considerazione : * Il finanziamento del quadro è assicurato da numerose strumenti di azione esterna dell'UE e modalità di aiuto. Il miglioramento dei diritti delle donne e delle ragazze è già finanziata con circa 100 milioni di euro. *Il campo della parità di genere  sarà finanziato attraverso altri settori della cooperazione allo sviluppo.L'Unione europea e i suoi Stati membri  si devono concretamente impegnare e subito ,in materia di protezione e la realizzazione delle ragazze ' e dei diritti delle donne. Noi in Italia dobbiamo sapere cogliere questa opportunità per schiodarci da quel 46,4% di occupazione femminile se vogliamo essere competitivi, smettendo di impegnare le  poche risorse che abbiamo in azioni disaggregate tra una Presidenza Del Consiglio e di un Dipartimento che non si occupa di pari opportunità e un Ministero del Lavoro che ha tagliato risorse , competenze e cervelli per le politiche attive a favore dell’occupabilità femminile , dimenticando così  tutto quel patrimonio a contrasto delle discriminazioni che negli ultimi sette anni avevamo acquisito soprattutto posizionando la nostra azione sulle politiche attive. 

LAVORO e produttività

Lavoro e produttività, come funzionano i nuovi incentivi

Una parte molto interessante della legge di stabilità merita di essere ben spiegata, in quanto consegna alla contrattazione di prossimità un ruolo molto importante, posto che è sul luogo di lavoro che, anche attraverso le organizzazioni sindacali e buone relazioni tra imprese e lavoratori, si può ragionevolmente modificare sia l’organizzazione del lavoro che la flessibilità, e dunque diventa anche più virtuosa la produttività legata ad un reciproco interesse e benessere organizzativo che comprende anche la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

In più leggendo, attentamente il provvedimento, si prevede un coinvolgimento virtuoso degli utili per i dipendenti. Ricordiamo che una parte consistente di risorse per l’anno 2015 sono state utilizzate per coprire l’emergenza esodati nel capitolo dedicato al bilancio della spesa sociale, ma quest’anno la Legge di Stabilità ha ripristinato per il 2016 la detassazione dei premi produttività, una delle misure più attese per questa manovra finanziaria per la quale il Governo ha stanziato 430 milioni di euro per il 2016 e 589 milioni di euro per gli anni successivi.

Ricordiamo brevemente cosa comporta la detassazione del salario di produttività, introdotta nel 2008, misura non strutturale ma che ripropone ogni anno uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori. Nel 2013 i premi retributivi e le voci di salario legate agli incrementi della produttività sono stati concessi con tassazione agevolata al 10%, con un massimo di 2.500 euro di sconto fiscale riservato ai lavoratori con reddito annuo fino a 40mila euro. Per il 2013-2015 le risorse sono state stanziate sempre dalla Legge di Stabilità (art. 1, comma 481, legge 228/2012), che ha rimandato ad un successivo decreto attuativo i criteri di applicazione (DPCM del 22 gennaio 2013), pubblicato in GU n.75 del 29 marzo 2013.

Per il 2016 è allo studio un nuovo meccanismo di incentivazione, con sconto fiscale direttamente in busta paga. Inoltre oltre alla detassazione la Legge 2016, ora al vaglio di Bruxelles, ha previsto anche l’ampliamento della platea di beneficiari, innalzando il plafond dei redditi ammessi all’incentivo a quelli fino a 50mila euro. L’incentivo (art. 2 D.L. n. 93/2008), è stato istituito con l’intento di favorire la produttività delle aziende, fino ad oggi il tetto massimo era tra i 30mila ed i 40mila euro, escludendo così i quadri che ora possono godere dell’agevolazione fiscale. Il limite massimo di importo che potrà essere assoggettato a tassazione agevolata del 10%, se legato al raggiungimento di obiettivi di produttività e redditività aziendali, è stato fissato a 2.500 euro (2.000 euro lordi per le aziende che non coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro). Stesso limite e stessa aliquota agevolata (imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%) per gli utili distribuiti dalle aziende ai dipendenti.

Inoltre sempre la legge 2016 ha stabilito che le somme e i valori dei fringe benefit concessi ai dipendenti (art. 51, comma 2 D.P.R. n. 917/1986) e quelli di importo non superiore a 258 euro (art. 51, comma 3 ultimo periodo D.P.R. n. 917/1986) non concorrono, entro questi limiti, a formare il reddito di lavoro dipendente, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme detassate; i premi produttività, fino al limite massimo di 2.000 euro (2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del lavoratore o del suo nucleo familiare ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE); resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.

I criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative della nuova disposizione, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro, saranno stabiliti con un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Per sviluppare nuove prassi legate alla conciliazione tempi di vita e di lavoro, questa deve diventare la volta buona.

TUTTEPERITALIA aderisce a GENERAZIONE FAMIGLIA

Alessandra Servidori 

 ROMA SABATO 17 TEATRO ADRIANA :  Nasce Generazione famiglia, la rete associativa che collabora con tutte le altre realtà  associative presenti sui territori che abbiano tra loro gli stessi fini : informazioni sulla  fondamentale libertà sociale ed  educativa; contribuire  ad organizzare eventi culturali  a favore della famiglia e contro iniziative che ne ledono la dignità e i diritti, difendere nelle scuole il diritto di priorità della famiglia nell’educazione dei figli anche su temi delicati come l’identità sessuale e le relazioni affettive contro l’ossessione del gender; intervenire con forme di aperta espressione dei propri valori e delle proprie istanze, sulle proposte non condivise di legge sulle unioni civili,contro l’ideologia diffusa del gender che minaccia lo sviluppo biologico dei bambini e bambine. Gli impegni assunti è di diffondere le nostre riflessioni e le nostre iniziative che comportano l’organizzazione di momenti di discussione con i genitori e gli insegnanti, la costituzione di circoli territoriali, l’iniziativa per il giorno 4 dicembre di non mandare a scuola i bambini come dimostrazione evidente di dissenso rispetto alla decisione,già avviata attraverso materiali diseducativi e la legge sulla mal riforma della scuola , di introdurre nelle scuole moduli formativi di gender. Alla tavola rotonda alla quale hanno partecipato numerosi esperti di temi sociali,  si sono evidenziate convergenze straordinarie su come,insieme proseguire questo percorso. Vista la potenza di fuoco che i sostenitori delle teorie del gender hanno impiegato era praticamente impossibile non doversi confrontare con esse, soprattutto se nel mio caso, i compiti istituzionali e professionali sono rivolti ad occuparsi di discriminazione ,politiche sociali e del lavoro. Per sette anni sono stata consigliera nazionale di parità,orientata ad occuparmi delle discriminazioni che subiscono le donne nel lavoro,che sono ancora tante e per le quali,purtroppo ,nonostante una buona legislazione a tutela, la maternità rappresenta ancora un prezzo maggiore da pagare per entrare e restare nel mercato del lavoro. Pensiamo solo che il tasso di fecondità è da tempo sotto quello del ricambio naturale e a quanto ancora rimane da fare per sostenere l’occupabilità femminile e dunque anche le politiche attive. A un certo punto mi sono trovata a dover considerare che la questione principale, ma non per me e per le effettive situazioni in cui ci trovavamo nel mercato del lavoro, era diventata quella di natura sessuale con delle forzature evidenti, sia come impegno politico che di impiego delle risorse disponibili. Basta vedere quali sono le priorità dell’UNAR ,l’ufficio presso la Presidenza del Consiglio che dovrebbe occuparsi di contrastare il razzismo e che invece è diventato il caposaldo delle teorie del gender. Credo nella dualità , anzi nella complementarietà tra uomo e donna,nella vita e nel lavoro,e avverto una singolare sensazione di isolamento come se impiegassi il mio tempo a rammendare calzette. Se poi non mi adeguo alla moda delirante si rischia di uscire di scena e di non vedere apprezzato il proprio lavoro. Quando penso alla teoria sui nuovi diritti,mi torna in mente un verso di Dante, riferito ad una sovrana dell’antichità “LICITO FE’ CIO’ CHE LIBITO IN SUA LEGGE”. Anche l’Unione Europea subisce le pressioni della lobby del gender: l’Europa è una specie di Paradiso terrestre dei diritti ed è vista come tale da milioni di povere persone che attraversano il mare e i confini per raggiungerla. Ma la crisi ha messo in evidenza che occorre ripensare in profondità i diritti soggettivi selezionando quelli che sono veramente fondamentali e meritevoli di tutela,perché indispensabili  e non perché legati a mere pulsioni  iper-soggettive e narcisistiche. L’espansione esasperata dei diritti diventa esasperazione,talora appunto delirante. A fronte di risorse limitate bisogna scegliere le vere priorità. C’è poi da dire che ci sono delle verità nascoste : il CES a Parigi pochi giorni fa , dunque il CONGRESSO DEI SINDACATI EUROPEI, non ha neanche nominato la questione del gender  tra le priorità ma ha rimarcato come peraltro la ROAD MAP della commissione Europea del 15 agosto che la priorità sui diritti è il lavoro, la parità salariale,la lotta alla poverta’. Ciò che succede nelle scuole oggi è mala/educazione perché la questione non è quella  di non riconoscere le differenze. Per secoli gli omosessuali sono stati derisi e perseguitati ignobilmente, dobbiamo educare i giovani al rispetto degli altri anche perché ancora oggi, per esempio, succede che l’omosessualità, anche solo presunta, è oggetto di atti di bullismo sia maschile che femminile. Ciò che è intollerabile è l’indottrinamento della teoria del gender,la pretesa di farne una filosofia di vita migliore di tutte le altre, a costo di sconvolgere persino l’antropologia. Nei secoli l’umanità ha conosciuto la poligamia e la poliandria prima di approdare all’idea del matrimonio. Ma di mezzo c’erano sempre uomini e donne,non persone dello stesso sesso. E al bambino che nasce da un utero in affitto nessuno pensa che razza di vita confusa tra sentimenti e realtà vivrà? E il diritto di un bambino  e  di una bambina in questa delirante scelta di coppie  che vorrebbero risolvere la loro  crisi di identità che sta alla base dell’omosessualità ignorando lo shok culturale provocato, chi ci pensa? In buona sostanza dobbiamo con intelligenza e sapienza contrastare questa viscida e insana azione di penetrare nella testa e nell’anima dei nostri bambini per inculcare ciò che antiumanistico, antiscientifico, antiantropologico  e aberrante : contrastiamo con tutte le nostre forze il pensiero unico perverso.

Donne e lavoro, la parità è lontana

14 - 10 - 2015     Alessandra Servidori

Siamo seri: pensiamo all’occupazione femminile che è e rimane un problema grande. Due grandi e importanti Fondazioni, La Thomson Reuters e la Rokfeller, autorevoli voci internazionali, hanno pubblicato oggi una ricerca sulle difficoltà nel bilanciare la vita privata con quella lavorativa delle donne che è e rimane il vincolo maggiore oltre alla fatica di sviluppare la carriera, avere un pari salario ed entrare e rimanere nel mercato del lavoro nelle 20 nazioni del G20 compresa ovviamente anche l’Europa.

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CONTRAZZIONE DI PROSSIMITA':GRANDE OPPORTUNITA' PARI

Alessandra Servidori 15 OTTOBRE 2015

Sulla contrattazione di prossimità ci giochiamo lo sviluppo economico e processi strutturali anche per la parità.

La discussione aperta tra Renzi  la Confindustria e il sindacato “de sinistra” ha una sua ragione d’essere e per la prima volta mi vede assolutamente d’accordo con i così detti (una volta) “padroni filo/governativi”.Sulle Pari opportunità dalle pagine di questa rubrica ho ricordato poche ore fa l’obiettivo che la UE si ri/data in materia di politiche attive, segnando purtroppo ancora il passo sull’occupabilità femminile posto che nella Comunità e soprattutto in Italia non si smuove più di tanto. Anzi. Pari indipendenza economica per le donne e gli uomini; parità di retribuzione per lavoro di pari valore , parità nel processo decisionale, dignità , integrità e fine della violenza di genere e promozione della parità tra i sessi anche al di fuori dell'UE sono le priorità. Sulla parità di retribuzione  e salariale come già segnalato da autorevoli fonti ,  siamo abbastanza in difficoltà ma la soluzione può trovarci appunto anche a livello nazionale e nel  confronto UE sulla contrattazione di prossimità. Con la riforma del lavoro e l’agenzia unica nazionale per il lavoro,sia l’attività ispettiva che l’attività promozionale con le parti sociali  non potrà più essere solo di tipo sanzionatorio ma  prevalentemente  e soprattutto deve essere ricondotto ad una emersione del lavoro poco e male retribuito, ad un rispetto del dettato costituzionale e dello statuto del lavoro, ad iniziative in azienda e sul territorio ,perché  in ambito istituzionale  poiché dopo la Direttiva del 2006 della Ue e il nostro recepimento, le azioni di intervento per rafforzare le iniziative di politica attiva per irrobustire l’occupabilità sono ancora molto diverse e scollegate istituzionalmente tra di loro. Ma siamo convinte che fondamentale è il ruolo giocato in Italia dalla contrattazione integrativa nel determinare i salari che sarà vincente,  poiché vi è un differenziale salariale di genere  dimostrato da una corrispondenza negativa tra la presenza femminile in azienda e la probabilità che vengano adottati premi salariali di performance. Gli interventi possibili per migliorare la situazione non sono semplici ma il risultato finale si otterrà dalla combinazione di più interventi come la flessibilità lavorativa per tutti uomini e donne per cui non è la presenza in azienda ma è il risultato che conta. Sicuramente si tratta di un problema che non si risolve lasciando libera azione al mercato. Requisiti necessari sono una volontà politica ed una spiccata sensibilità di genere  soprattutto delle parti sociali. L'ambito prevalente su cui intervenire è  la remunerazione materiale e immateriale del fattore tempo. Fino a che la cultura aziendale premiante sarà ancorata al tempo quantitativamente speso sul lavoro, né donne né giovani, che hanno il diritto di costruirsi una qualità della vita, riusciranno a beneficiare di premi e percorsi di carriera ancorati al merito e soggetti a defiscalizzazioni, che rappresentano sia per l’azienda sia per le risorse umane un elemento di maggiore produttività. Fino a che la parte variabile del salario sarà il luogo principale della formazione delle discriminazioni indirette, il gap non si ridurrà. Sul sito del CESLAR è riprodotta e a disposizione di tutti,www.ceslar.unimore.it  una piccola ed essenziale foglio/guida per far capire alle lavoratrici  e ai lavoratori come è composta la busta paga ,la retribuzione e il salario e dunque insieme ai partners del mercato del lavoro ,( organizzazioni datoriali, sindacali, consulenti )  distribuiremo sui luoghi di lavoro questo strumento : conoscere dunque è un passo fondamentale per poi tutelarsi in caso di discriminazione e comunque rafforzare la contrattazione di prossimità con strumenti anche di welfare aziendale preziosi.

SIAMO STANCHINE

Alessandra Servidori                       SIAMO STANCHINE    14 OTTOBRE 2015

Siamo seri : pensiamo all’occupazione femminile che è e rimane un problema grande. Due grandi e importanti Fondazioni  La  Thomson Reuters e la Rokfeller  autorevoli voci  internazionali   hanno pubblicato oggi una ricerca sulle difficoltà nel bilanciare la vita privata con quella lavorativa delle donne che è e rimane il vincolo maggiore oltre alla fatica di sviluppare la carriera, avere un pari salario  ed   entrare e rimanere nel mercato del lavoro nelle 20 nazioni del G20 compresa ovviamente anche l’Europa. L’età fa la differenza rispetto alla speranza e alla fiducia di diventare risorse umane “women work “ :  sotto i 35 anni  il 45 % delle “ragazze” pensano abbastanza positivo rispetto al fatto che gli uomini  non godano di un miglior accesso allo sviluppo professionale e dunque di avere abbastanza pari opportunità ; mentre più grandi diventano più la speranza diminuisce e prendono atto che la diversità di trattamento la fa da padrona. In Italia poi la Ricerca   racconta che ben il 57% delle intervistate ,sono convinte che gli uomini siano più favoriti, condividendo  con  le donne Arabe e SUD  Coreane intervistate,la consapevolezza  che non vi è equità tra lavoratrici e lavoratori,. Le italiane primeggiano nella graduatoria negativa e non sono da sole, nel rivelare, se pur ancora con grande difficoltà , di essere sottoposte a molestie sessuali sui luoghi di lavoro ,ovviamente tacciono per ovvie paure di ritorsioni. Siamo poi arrivate in parecchi paesi ,in Italia siamo ben il 32%, addirittura ad ammettere , quasi fosse una vergogna, che i figli “intralciano gli avanzamenti professionali”.La parità dunque è lontana , molto lontana, e ricordiamoci sempre che ben il 62% della crescita dell’occupazione in Europa prima della crisi era dovuto a una maggior partecipazione femminile alla forza lavoro. Tuttavia molto del capitale umano potenziale delle donne era ed è, ahimè, ancora, in particolare dopo la grande crisi economica, inutilizzato dal mercato del lavoro. Il lavoro femminile è, infatti, un fattore determinante della cosiddetta “parità di genere” e dell’indipendenza economica delle donne, ma certamente importante anche per l’economia di un Paese nel suo complesso. Un recente studio dell’Ocse dimostra, non a caso, che dimezzare il divario di genere nel mondo del lavoro potrebbe portare a una crescita del Pil di ben il 6% entro il 2030. Ma siamo un po’ stanchine di sentircelo dire paternalisticamente senza poi dare avvio a politiche serie e concrete.E’ noto,infatti, come i livelli occupazionali, e le relative dinamiche, delle donne siano, ovviamente, strettamente collegati alla maternità, che è e rimane un grande valore sociale. Ma evidentemente non per tutti. Ce lo diciamo da tanto e troppo tempo , ma pare che solo le politiche di protezione possano essere concepite come strumento da adottare , come se con la maternità finisse il valore sociale delle donne. Invece  la questioni prima  per l’aumento della partecipazione femminile alla forza lavoro è la compatibilità dei carichi familiari, in particolare quelli legati ai figli piccoli,e il lavoro di cura che non sono solo i figli piccoli,  che non possono essere solo sul groppone femminile. La commissione Europea il 15 agosto- zitta zitta- ha ri/lanciato l’ennesima ROAD MAP  proprio per sviluppare politiche attive per l’entrata e la permanenza delle donne , tutte ,nel mercato del lavoro, compresi i congedi parentali, la flessibilità lavorativa,la bilateralità e il welfare familiare. Per tutti uomini e donne. Ed è bene sapere che la situazione è molto varia in Europa : vi sono paesi  come la Germania,la Finlandia ,il Regno Unito , in cui le donne hanno normalmente elevati tassi di occupazione,ma si registrano bassi tassi di partecipazione al mercato del lavoro solo per le madri di bambini piccoli. Invece in Svezia, Danimarca e Slovenia  le giovani madri,  bilanciano  bene lavoro e famiglia. Cerchiamo allora di capire come  aggiustare il tiro anche da noi senza continuare a flagellarci inutilmente e rimboccandoci le maniche per smuovere chi ci governa.

 

LA SCUOLA ALTERNATA

Alessandra Servidori 12 OTTOBRE 2015 

Domenica la mia amica Fiorella insegnante in una scuola superiore mi ha telefonato raccontandomi la novità : la scorsa settimana  è arrivata in tutte le scuole secondarie la Guida Operativa per le attività di alternanza scuola lavoro, un tomino di  oltre 90 pagine, che dovrebbe insegnare agli insegnanti , come procedere per applicare concretamente , ad anno scolastico già iniziato e soprattutto a POF, Piano formativo avviato e programmato sia nella didattica che nella teoria , le così dette Istruzioni per l’uso di quanto previsto dalla normativa dai commi 33 al 43 dell’art 1 della legge 13 luglio 2015 denominata renzescamente LA BUONA SCUOLA alias “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione ecc,ecc,ecc”   .Corredata da una documentazione massiccia che parte  dagli Orientamenti europei e quadro normativo nazionale e via via  si articola lungo   le finalità dell’alternanza scuola lavoro ,passando tra la sottolineatura fondamentale del raccordo  tra scuola, territorio e mondo del lavoro, fino a spingersi all’evidenza dei bisogni formativi  e al ruolo degli istituti  tecnici finanche  a istituire il registro nazionale per l’alternanza scuola lavoro che dovrà testimoniare e raccogliere tutti i protocolli  d’Intesa e monitorare i laboratori territoriali per l’occupabilità , nonché tempi e metodi della programmazione , la Bussolona /Guida dovrebbe con modulistica necessaria allegata per applicare le “istruzioni per l’uso per niente facili” indicare e sostenere gli insegnanti  in quella che è la vocazione-indotta dalla norma- di andarsi a cercare le imprese che generosamente offriranno il loro tutoraggio e la loro esperienza pratica  a tutti   gli studenti italiani, a partire dalle classi terze, dunque dove e come  dovranno svolgere un numero di ore di alternanza pari a 200 nei licei e 400 negli istituti tecnici e professionali. Il vulnus più evidente di questo passaggio è il non ennesimo collegamento tra percorso scolastico e quello indispensabile di formazione professionale che la legge nazionale non prevede( alla faccia della riforma  costituzionale che  continua ad  assegnare  alle Regioni il compito esclusivo dell’istruzione professionale) appunto ai percorsi di formazione professionale dopo l’istituto superiore che deve avvicinare i giovani al mestiere- Quindi se facciamo sì un passo verso il collegamento tra scuola e impresa, saltiamo -per non andare in rotta di collisione con le Regioni- il pezzo forte ed economico  su cui è incardinata la formazione professionale regionale che rappresenta ancora la rete degli enti di formazione spesso vecchi e inadeguati sia nei moduli che negli stessi insegnanti  che raramente si aggiornano. E così  continuiamo a sbagliare  a danno ovviamente sia delle imprese che dei giovani poiché le figure professionali richieste dal mercato del lavoro ,in continua strepitosa modernizzazione, non sono rintracciabili in tempi adeguati . Così come la partita delle certificazioni delle competenze slegate dalla certificazione dei contratti :   sedi  e  soggetti diversi non aiutano alla continuità della regolarizzazione del mercato del lavoro e dunque anche a valorizzare le esperienze formative  che i giovani  fanno senza soluzione di continuità, sia in Italia che all’estero e che potrebbero invece tutte essere parte del CV che rintracciamo nel famoso libretto formativo. La programmazione e la messa in opera dell’alternanza scuola/lavoro subito e non domani dei propri studenti richiede poi una governance del processo di tipo manageriale poiché  posta la generosità delle imprese a sottoscrivere le convenzioni previste, tutto il percorso  richiede un tempo molto molto serrato da dedicare all’attuazione della realizzazione del percorso e  ovviamente anche le insegnanti dovranno essere assistite. E  francamente così come il Ministro del lavoro Giovannini aveva promesso 150.000 esperti per imparare come utilizzare i Fondi del Fondo sociale Europeo  per sostenere il lavoro  e dunque trovare le risorse( poi mai visti!) è legittimo chiedersi dove troveranno i colleghi  altri esperti nel Ministero dell’Istruzione per realizzare questa scommessa, che rappresenta comunque una grande opportunità. Ci vogliono esperti interdisciplinari di rango   in materia di Istruzione, formazione,lavoro, per partire e subito per far incontrare le insegnanti e le imprese e dunque metterci insieme per il bene comune dei nostri giovani e del nostro mercato.

 

E la prossima legge di stabilità?

Alessandra Servidori

 Il giovane toscano Presidente,una ne  dice cento ne pensa ma non siamo per niente informati di come  vanno i conti e  sappiamo che entro il 15 di ottobre –dunque meno di una settimana-  Bruxelles e dunque Mamma Europa  attende le proposte che il Governo Italiano farà per la legge di stabilità 2016 che poi andrà comunque varata dal governo entro il 31 dicembre 2015. Sappiamo che ci stanno lavorando …però e però i primi annunci di tasse coatte, ci stanno disorientando.  Nella fantasia collettiva renziana , insufflata da quella giornalistica che ormai è  quasi completamente piallata, questo governo avrebbe dovuto avere due caratteristiche: a) incarnare sobri costumi; b) stangare sodo per rimettere in ordine i conti attraverso riforme della spesa e  rilanciare con le risorse così risparmiate,i consumi e lo sviluppo . La prima  evidenza è che i costumi sobri non li ha adottati e prova ne è che mai come ora si vedono in giro macchine e scorte, aerei di Stato che si spostano  da una provincia ad un’altra come fossero tapirulan.  C’è da dire però che questo è il meno. Infatti noi per sobrietà intendiamo una maggiore severità verso i privilegi della classe politica,ma invece no,perché i vitalizi dei parlamentari  forse si razionalizzeranno solo dalla prossima lontana –hai noi!_ legislatura. Ma la questione più seria è la stangata che comunque sta per arrivare.La stangata sta per arrivare, ed è un male perché , solo spremere le tasche degli italiani oggi significa raccattare euri destinati a vaporizzarsi sul braciere della spesa pubblica che rimane- hai noi- sempre quella. Attenzione al sistema bancario che comunque,beneficiato da Draghi, non ha ancora messo a disposizione risorse per i mutui e dunque gli italiani stanno ancora  ricomprando titoli del nostro debito pubblico, e solo diminuendo il debito pubblico e liberando  risorse per la crescita si riuscirà a vedere una vera ripresa. Al di là di quello che dice Padoan infatti,con una spallata confindustriale mai così filogovernativa come oggi,  non si vedono significativi dati di risalita  anche perché alcune iniziative sul mercato del lavoro, per esempio,  non sono state neanche previste. Noi consigliamo di alleggerire di vincoli (quindi di protezioni) il mercato del lavoro  delle professioni; alleggerire il peso del sistema pensionistico sugli odierni lavoratori; alleggerire la gestione pubblica dell’economia restituendo produzioni e servizi al mercato, aprire al mercato di qualità l’istruzione e trovare all’istruzione un mercato, così che ai nostri giovani possiamo garantire un livello alto di competenze e dunque di competitività. Perché solidità del nostro sistema produttivo significa anche anteporre le riforme e le liberalizzazioni ai prelievi e alle tassazioni.

ISABELLA SERAGNOLI :GRAN DONNA

Alessandra  Servidori             ISABELLA SERAGNOLI filantropa DOC

L’autunno  a Bologna è arrivato portandosi acquazzoni e sensazione di freddo improvviso,ma scalda il cuore l’energia solare costante e straordinariamente semplice  e fortissima di una  signora bolognese che porta il nome dei Seragnoli,  antica famiglia che ha donato  autorevolezza  economia e prestigio negli anni alla nostra turrita. Isabella è sorella di Lorenzo giovane amico che ci ha lasciato a quindici anni e che ricordo con un sorriso dolce ma triste, nel suo letto quando lo andavamo a trovare,in Via delle Rose , prima che la leucemia ce lo portasse via. Sono passati 40 anni e Isabella da autentica filantropa signora nell’anima e nei fatti, ha dedicato la sua vita a “far del bene” e allora prima  l’Istituto Seragnoli di ematologia,  altri luoghi e impegni di incontri per la nostra Bologna,ora la seconda edizione del Festival della fotografia industriale sempre  a Bologna .Nato  in una cornice internazionale il festival  si sviluppa  nella nostra città attorno al concetto di mostrare al grande pubblico e gratuitamente ,il mondo del lavoro, proponendo un dialogo tra la bellezza degli spazi storici e la meraviglia delle immagini fotografiche di artisti internazionali ,giovani e grandi di età che con il loro occhio e il loro obiettivo hanno saputo cogliere l’essenza della raffigurazione dei processi lavorativi in molteplici e differenti luoghi di produzione.  Isabella Seragnoli  ha realizzato l’occasione perché l’immagine fotografica dunque  sia documento,  opera d’arte e ora Foto /Industria  a Bologna che ci offre in maniera illuminata e attenta l’evoluzione industriale per anche non perdere il ricordo di chi  eravamo e attraverso le immagini accendere un racconto suggestivo sui mestieri e su chi opera. Un viaggio che apre lo sguardo verso modi e mondi produttivi apparentemente diversi e non necessariamente di confine. Anzi. Accanto ai grandi autori il Festival  dà spazio a opere recenti di giovani fotografi e la GD,l’impresa della famiglia Seragnoli che è leader mondiale nel settore delle macchine per il packaging, ha creato così un fondo di immagini sul lavoro e ha dato inizio ad una collezione di fotografie industriali della Fondazione MAST che si arricchisce di un corpo di migliaia di immagini del lavoro. Così Bologna è un ombelico del mondo valorizzando il tessuto industriale dell’area metropolitana e del territorio che con questo evento spalanca la porta  ai luoghi storici e alla cultura dell’espressione artistica fotografica e regala  così alle persone , gratuitamente, la passione condivisa. Un gran bel dono.

SMART WORKING e CORAGGIO dell'innovazione

2 ottobre 2015

Il lavoro che cambia - Lo smart working e il coraggio dell'innovazione in azienda

Alessandra Servidori - Docente Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Modena e Reggio

 


Non c'è dubbio: la sperimentazione di un lavoro più intelligente e flessibile è importantissima. Ma alcune prassi virtuose sono poco conosciute. E questo è un problema. Dunque è fondamentale che la cabina di regia prevista dal dlgs 80/ 2015 si metta in moto velocemente.
Infatti, per avviare un processo di riorganizzazione del lavoro che superi gli schemi convenzionali e per coniugare meglio, secondo la proposta del ddl in cammino in parlamento, esigenze di flessibilità con risparmi di costo e, quindi, garantire buoni risultati, è basilare non lasciare nulla al caso e sviluppare un preciso obiettivo aziendale programmando passo passo il da farsi. 

Smart working significa autonomia e adattabilità nella scelta degli spazi, negli orari di lavoro e nell'impiego di strumenti vari e tecnologie. Siamo di fronte a un nuovo se pur timido sistema organizzatorio, che vede il 67% delle aziende e delle pubbliche amministrazioni rendersi promotori di qualche iniziativa, ma solo l'8% adottare a pieno questo modello. E, soprattutto non ricorrere mai palesemente, sia da parte delle aziende che della Pa, all'art 8 della legge 138 del 2011, , che è legato alla contrattazione di prossimità. Questa è rimane una grande opportunità di modernizzare l'organizzazione: diventa allora importante darsi uno schema possibile di lavoro concreto secondo le esigenze dell'azienda.

In una logica di programmazione, va stabilito dunque chi fa che cosa, come, quando e perché . Si possono individuare alcuni profili professionali presenti tra le risorse umane dell'azienda a cui corrispondono compiti da svolgere e quindi rispondere a diverse esigenze sul luogo di lavoro; tenendo ben presente, però, che in una impresa ci sono persone che hanno bisogno di uno spazio fisico per svolgere le loro mansioni e altre che possono muoversi da una postazione fissa. Dunque coloro che possono connettersi dalla sede del cliente e con il cliente da un'altra postazione non aziendale, lavorare in viaggio, e dunque essere dotati nelle proprie case di una postazione con connessione ultraveloce a carico dell'azienda, possono sperimentare modalità di smart working. 

E' evidente che bisogna programmare un investimento innovativo in tecnologia coniugato all'organizzazione aziendale e poi monitorare i risultati, per correggere il funzionamento di uno schema sperimentale. Siamo in una stagione di grandi cambiamenti che le nuove tecnologie possono indurre nell'organizzazione del lavoro tanto nei servizi quanto nella manifattura. Viene messo in discussione tutto il vecchio impianto giuslavoristico fondato sulla tutela del contraente debole attraverso un esasperato formalismo giuridico. Eppure, i bisogni del lavoratore e della lavoratrice sono oggi rivolti soprattutto all'occupabilità e alla complessiva qualità della vita, domande, queste, che si soddisfano solo con continui e rilevanti investimenti nella formazione da un lato; e , dall'altro, con la possibilità riconsociuta di conciliare i tempi di lavoro con i tempi dedicati alla famiglia o all'apprendimento. Le tecnologie e le conseguenti capacità di lavoro a distanza sovvertono i tre pilastri del lavoro subordinato: la postazione fissa, l'orario rigido, il salario predeterminato. Di qui la necessità di consentire alla contrattazione individuale e collettiva aziendale – in base all'articolo 8 del decreto-legge 138/11 – di riregolare il tempo di lavoro , le mansioni, gli obblighi connessi alla sicurezza, il salario in base agli obiettivi affidati e alla responsabilità del lavoratore. Non si possono celebrare i pregi dello smart working e poi imporgli una camicia di forza che li mortifica.


Bisogna dunque integrare comunque la connessione in rete con periodiche opportunità di incontro "fisico" nella sede aziendale in modo da promuovere non solo l'appartenenza ma anche quello spirito comunitario che è alla base dei migliori risultati aziendali. 
E' fondamentalmente contemporaneamente promuovere velocemente una formazione rafforzata tra i profili professionali che il mercato del lavoro richiede e tra le professioni nuove che siano giuridicamente e legislamente inquadrate ugualmente nel lavoro subordinato e nel lavoro autonomo. E dunque, anche nella contribuzione a pari merito per il riconoscimento della qualità del lavoro che la persona assicura, e non per l'appartenenza ad un sistema contrattuale piuttosto che ad un altro.

Nuovo lavoro - «Smart working» tra criticità e sfide: la normativa sui controlli a distanza, i contratti, la cultura organizzativa

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2 ottobre 2015

Il lavoro che cambia - Lo smart working e il coraggio dell'innovazione in azienda

Alessandra Servidori - Docente Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Modena e Reggio

 


Non c'è dubbio: la sperimentazione di un lavoro più intelligente e flessibile è importantissima. Ma alcune prassi virtuose sono poco conosciute. E questo è un problema. Dunque è fondamentale che la cabina di regia prevista dal dlgs 80/ 2015 si metta in moto velocemente.
Infatti, per avviare un processo di riorganizzazione del lavoro che superi gli schemi convenzionali e per coniugare meglio, secondo la proposta del ddl in cammino in parlamento, esigenze di flessibilità con risparmi di costo e, quindi, garantire buoni risultati, è basilare non lasciare nulla al caso e sviluppare un preciso obiettivo aziendale programmando passo passo il da farsi. 

Smart working significa autonomia e adattabilità nella scelta degli spazi, negli orari di lavoro e nell'impiego di strumenti vari e tecnologie. Siamo di fronte a un nuovo se pur timido sistema organizzatorio, che vede il 67% delle aziende e delle pubbliche amministrazioni rendersi promotori di qualche iniziativa, ma solo l'8% adottare a pieno questo modello. E, soprattutto non ricorrere mai palesemente, sia da parte delle aziende che della Pa, all'art 8 della legge 138 del 2011, , che è legato alla contrattazione di prossimità. Questa è rimane una grande opportunità di modernizzare l'organizzazione: diventa allora importante darsi uno schema possibile di lavoro concreto secondo le esigenze dell'azienda.

In una logica di programmazione, va stabilito dunque chi fa che cosa, come, quando e perché . Si possono individuare alcuni profili professionali presenti tra le risorse umane dell'azienda a cui corrispondono compiti da svolgere e quindi rispondere a diverse esigenze sul luogo di lavoro; tenendo ben presente, però, che in una impresa ci sono persone che hanno bisogno di uno spazio fisico per svolgere le loro mansioni e altre che possono muoversi da una postazione fissa. Dunque coloro che possono connettersi dalla sede del cliente e con il cliente da un'altra postazione non aziendale, lavorare in viaggio, e dunque essere dotati nelle proprie case di una postazione con connessione ultraveloce a carico dell'azienda, possono sperimentare modalità di smart working. 

E' evidente che bisogna programmare un investimento innovativo in tecnologia coniugato all'organizzazione aziendale e poi monitorare i risultati, per correggere il funzionamento di uno schema sperimentale. Siamo in una stagione di grandi cambiamenti che le nuove tecnologie possono indurre nell'organizzazione del lavoro tanto nei servizi quanto nella manifattura. Viene messo in discussione tutto il vecchio impianto giuslavoristico fondato sulla tutela del contraente debole attraverso un esasperato formalismo giuridico. Eppure, i bisogni del lavoratore e della lavoratrice sono oggi rivolti soprattutto all'occupabilità e alla complessiva qualità della vita, domande, queste, che si soddisfano solo con continui e rilevanti investimenti nella formazione da un lato; e , dall'altro, con la possibilità riconsociuta di conciliare i tempi di lavoro con i tempi dedicati alla famiglia o all'apprendimento. Le tecnologie e le conseguenti capacità di lavoro a distanza sovvertono i tre pilastri del lavoro subordinato: la postazione fissa, l'orario rigido, il salario predeterminato. Di qui la necessità di consentire alla contrattazione individuale e collettiva aziendale – in base all'articolo 8 del decreto-legge 138/11 – di riregolare il tempo di lavoro , le mansioni, gli obblighi connessi alla sicurezza, il salario in base agli obiettivi affidati e alla responsabilità del lavoratore. Non si possono celebrare i pregi dello smart working e poi imporgli una camicia di forza che li mortifica.


Bisogna dunque integrare comunque la connessione in rete con periodiche opportunità di incontro "fisico" nella sede aziendale in modo da promuovere non solo l'appartenenza ma anche quello spirito comunitario che è alla base dei migliori risultati aziendali. 
E' fondamentalmente contemporaneamente promuovere velocemente una formazione rafforzata tra i profili professionali che il mercato del lavoro richiede e tra le professioni nuove che siano giuridicamente e legislamente inquadrate ugualmente nel lavoro subordinato e nel lavoro autonomo. E dunque, anche nella contribuzione a pari merito per il riconoscimento della qualità del lavoro che la persona assicura, e non per l'appartenenza ad un sistema contrattuale piuttosto che ad un altro.

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Ancora sulle unioni civili : le frequentazioni, l'arroganza,le spinte, ...la pornografia

Alessandra Servidori

Ancora sulle unioni civili : le frequentazioni ,le spinte, l’arroganza e …la pornografia.

La senatrice Cirinnà insiste : vuole la legge entro il 2015  ed è certa che dopo essere passato il disegno di legge contrastato nella sessione di bilancio  alla Camera ( non si sa da dove prendere le risorse…. Ma per Cirinnà  pare non essere un problema), sarà legge .Paventa sicurezza in una intervista a GAY.IT  oggi  la senatrice moderna Irinni che definisce il parere diverso di una parte dei parlamentari “ostruzionismo”.Non si è mai visto però che il relatore di una legge sia anche il primo firmatario , non è prassi, ma la Cirinnà in questa bulimia di protagonismo , sorretta dall’arroganza che ormai spopola nella maggioranza peraltro rissosa,insiste e procede. Chissà se troverà sulla sua strada un Grasso Presidente che invece ammette emendamenti. Chissà….   Su questa teoria delirante del  TUTTOGENDER, a Bologna la Casa delle donne ,vetusta associazione molto veterofemminista , peraltro anche assai  sostenuta economicamente dall’Amministrazione comunale ed in partnership con essa, mette in pista una rassegna spettacolo/ dibattito/” novella forma di cinema d’essai” di un ciclo di iniziative sulla pornografia, per  come dichiarano le promotrici “ Laboratorio sulla rappresentazione dei desideri sessuali liberata da logiche maschiliste,  La difesa di una cultura del sesso in genere, svincolata da clichè” Parola di Silvia Conti ,animatrice dell’iniziativa alla quale sono invitate” persone anche portatori di cromosoni Y in via di transizione,o già transitati” .Così con le poche risorse che abbiamo per mettere in sicurezza la nostra bella Bologna divenuta un po’ la culla della diversità gender al punto che scorazzano occupando gratuitamente spazi storici associazioni molto molto rumorose e,per usare un eufemismo “colorate” che impediscono agli abitanti imbufaliti di riposare le ore notturne. Così la teoria fantasiosa del gender è stata  apripista nelle scuole   e continua ad essere esplorata  e magnificata  sull’onda della libertà che ha un’accezione ampia perché, guarda caso, comincia per alcuni/alcune quando finisce quella di altre o altri . Non siamo contrari   ad una regolarizzazione delle unioni civili  perché non siamo bigotti, ma ci piace ricordare che un figlio  e  comunque la persona  nasce  dall’unione di un uomo e una donna  e dunque un seme di un uomo che feconda un ovulo  del ventre  femminile e il matrimonio è l’atto che rende istituzionale questa unione, da secoli ein tutte le culture del mondo. Francamente insistere sull’ambiguità , la confusione  e la malafede,  sono forzature  insopportabilmente moleste , pericolose, che non vogliamo.

Jobs act aggiornamento guida

ALESSANDRA SERVIDORI -25 Settembre 2015- CESLAR Centro studi lavori e riforme-Dipartimento Giurisprudenza UNIMORE

In data 23 settembre 2015 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale gli ultimi Decreti Legislativi, mediante i quali il Governo ha attuato le deleghe contenute nella Legge n. 183/2014,così entrati in vigore il 24 settembre 2015. In particolare, si tratta dei seguenti provvedimenti:

  • D. Lgs. n. 148/2015, di riordino degli ammortizzatori sociali;
  • D. Lgs. n. 149/2015, di razionalizzazione dell’attività ispettiva;
  • D. Lgs. n. 150/2015, di riforma dei servizi per il lavoro e di politiche attive;
  • D. Lgs. n. 151/2015, di semplificazione delle procedure a carico di cittadini e imprese.

 

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/vediMenuHTML?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2015-09-23&atto.codiceRedazionale=15G00160&tipoSerie=serie_generale&tipoVigenza=originario&action=select-all

Di seguito sinteticamente il contenuto :

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 148 

Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00160) (GU Serie Generale n.221 del 23-9-2015 - Suppl. Ordinario n. 53)

Secondo la  delega contenuta nell'art. 1, comma 2, lettera a) della citata legge n. 183/2014, il decreto in esame contiene la disciplina unitaria degli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro (integrazioni salariali ordinaria e straordinaria e fondi di solidarietà),  riunite in un unico corpo normativo, con disposizioni volte ad abrogare le previsioni attualmente contenute in diversi testi normativi.

Novità introdotte in tema dal Governo, improntate a una semplificazione della normativa in materia e  una razionalizzazione degli strumenti di integrazione salariale vigenti, sia attraverso una ridefinizione del loro campo soggettivo di applicazione, sia mediante una rimodulazione della loro durata.

Il decreto  estende la Cassa integrazione ordinaria (CIGO) e quella straordinaria (CIGS) agli apprendisti assunti con contratti di apprendistato professionalizzante (sino a oggi destinatari unicamente dei trattamenti in deroga), prevedendo poi per entrambe il requisito di una anzianità di lavoro effettivo di almeno 90 giorni presso l'unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento.

Viene unificata e revisionata la durata delle integrazioni salariali, che in entrambi i casi non può superare, per ciascuna unità produttiva, complessivamente 24 mesi in un quinquennio mobile (con l'eccezione per imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini e le imprese industriali e artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, in relazione alle quali la cassa ordinaria e straordinaria potrà estendersi sino a 30 mesi).

In proposito, il decreto prevede che la durata dei trattamenti di CIGS, concessi a seguito della stipula di un contratto di solidarietà, ove entro il limite di 24 mesi, venga computata nella misura della metà.

Inoltre, ai medesimi fini, esso dispone, da un lato, che i periodi di integrazione fruiti prima dell’entrata in vigore dello stesso non concorrono al raggiungimento del predetto limite di durata e, dall'altro, che i trattamenti richiesti prima della sua entrata in vigore si computano solo per la parte fruita in epoca successiva.

Per quanto riguarda la Cassa integrazione ordinaria (CIGO), il decreto stabilisce che la domanda debba avvenire entro 15 giorni dall’avvio della riduzione o sospensione.

Il medesimo stabilisce  che non possono essere autorizzate ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda.

In tema di Cassa integrazione straordinaria (CIGS), invece, il termine per la presentazione della domanda è di 7 giorni e decorre dalla conclusione della procedura di consultazione o dalla sottoscrizione dell'accordo aziendale).

Il legislatore procede a una razionalizzazione delle causali di concessione della CIGS, che vengono così ridelineate in relazione alla durata del trattamento: (a) riorganizzazione aziendale, per un massimo di 24 mesi in un quinquennio mobile; (b) crisi aziendale, nel limite di 12 mesi; (b) contratti di solidarietà, sino a 24 mesi, estensibili a 36 se l’impresa non utilizza CIGO o altre causali di CIGS nel quinquennio.

A tale proposito, il decreto di riordino sancisce - nel caso di attivazione a seguito di crisi aziendale - che a decorrere dal 1° gennaio 2016 non può più essere concessa la CIGS nei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa.

Inoltre, con il provvedimento in questione si introduce il divieto di autorizzare, sia per la CIGO che per la CIGS (per quest'ultima, tuttavia, solo decorsi 24 mesi dall’entrata in vigore dello stesso), l’integrazione salariale a zero ore per tutto il personale, per tutto il periodo di cassa disponibile.

Il decreto in esame innova anche la disciplina dei contratti di solidarietà difensivi, da un lato riconducendo quelli di tipo A integralmente nell’ambito delle integrazioni salariali straordinarie (essi divengono una causale di ricorso alla CIGS, infatti) e, dall'altro, abrogando quelli di tipologia B con effetto dal 1 luglio 2016.

 Inoltre il decreto :

  • rende definitivamente strutturale la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) a 24 mesi;
  • mette a regime oltre il 2015 le misure di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro di cui agli artt. da 2 a 24 del D. Lgs. n. 80/2015 (tra cui l'estensione del congedo parentale), l'ASDI (Assegno di Disoccupazione) e il fondo per le politiche attive del lavoro;
  •  include nei fondi di solidarietà tutti i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti (anziché più di 15, come fissato dalla L. n. 92/2012).

Il decreto precisa infine che le nuove regole sono applicabili solo ai trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto.

 

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 149 

Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attivita' ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00161) (GU Serie Generale n.221 del 23-9-2015 - Suppl. Ordinario n. 53)

Nell'ottica di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva, si prevede l’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali la cui funzione principale è rappresentata dal coordinamento su tutto il territorio nazionale della vigilanza in materia di lavoro, assicurazione e contribuzione obbligatoria.

Per adempiere a tale compito, l’Ispettorato avrà il potere di programmare l'intera attività ispettiva e le specifiche modalità di accertamento, nonché di dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo con efficacia per tutto il personale ispettivo, ivi incluso quello in forza presso Inps e Inail.

Al fine di supportare il lavoro dell’Ispettorato, l'Inps, l'Inail e l’Agenzia delle entrate dovranno mettere a disposizione di quest'ultimo dati e informazioni, anche attraverso l’accesso a specifici archivi informatici tenuti dai medesimi.

Onde rafforzare il coordinamento dell'Ispettorato con gli altri organi preposti alla vigilanza in materia, in via generale questi ultimi hanno l'obbligo di raccordarsi con l'Ispettorato, mentre quest'ultimo è chiamato a stipulare appositi protocolli con i servizi ispettivi delle ASL.

Infine, in vista del progressivo accentramento di tutte le funzioni ispettive presso l'istituendo Ispettorato, il decreto stabilisce che il personale ispettivo di INPS e INAIL verrà inserito in un ruolo provvisorio ad esaurimento dei predetti Istituti, con il mantenimento del trattamento economico e normativo in vigore e, contestualmente, che il reclutamento del personale ispettivo, dall’entrata in vigore dei decreti attuativi, sarà riservato esclusivamente all’Ispettorato.

 

Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive DLGS 150/2015- DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 150 

Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00162) (GU Serie Generale n.221 del 23-9-2015 - Suppl. Ordinario n. 53)

Con il decreto legislativo che attua la delega contenuta nell'art. 1, comma 3, della legge 183/2014, il Governo  istituisce una "Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro", coordinata dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), e formata dalle strutture regionali per le Politiche attive del Lavoro, dall’INPS, dall’INAIL, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall'ISFOL, dal sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado.

E’  compito del Ministero del Lavoro fissare linee di indirizzo triennali e obiettivi annuali in materia di politiche attive, nonché quello di definire i livelli minimi che le prestazioni dovranno avere su tutto il territorio nazionale.

Il decreto pone a carico dell'ANPAL, oltre ai compiti di vigilanza sui Fondi interprofessionali e bilaterali, l'onere di curare l'istituzione:

  • di un albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro;
  • del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, nel quale dovrà assumere particolare importanza il fascicolo elettronico del lavoratore;
  • dell'albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di formazione professionale.

Nota bene : Organo partecipato da Stato e Regioni (per anticipare la riforma costituzionale) ,assorbe parte degli organici del min. Lavoro, di Italia Lavoro e dell’Isfol (nessuna nuova assunzione) •l’Isfol assume la funzione di controllo e valutazione (dubbi sull’indipendenza effettiva)

Nel decreto viene definito lo stato di disoccupato, di lavoratore dipendente che subisce una riduzione di orario e di soggetti a rischio di disoccupazione. I summenzionati lavoratori saranno assegnati a una classe di profilazione, allo scopo di valutarne il livello di occupabilità e saranno convocati dai Centri per l’impiego per la stipulazione di un Patto di servizio personalizzato, il quale riporterà la disponibilità del richiedente a partecipare a iniziative di carattere formativo, di riqualificazione o di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro.

Il provvedimento sancisce che la domanda di ASpI, NASpI o DIS-COLL equivarrà a dichiarazione di immediata disponibilità del lavoratore e sarà inserita nel sistema informativo unitario delle politiche attive e dei servizi per l’impiego.

La nuova disciplina prevede che, i beneficiari di prestazioni a sostegno del reddito, che non abbiano riottenuto una occupazione, siano quindi chiamati a stipulare il Patto di servizio personalizzato, sottoscrizione necessaria anche ai fini della concessione dell’Assegno di disoccupazione (ASDI).

A questo riguardo, il decreto dispone che, nel caso i soggetti non prendano parte alle iniziative così promosse a loro beneficio, senza giustificato motivo, saranno passibili di sanzioni, che vanno dalla decurtazione sino alla sospensione e alla decadenza dalle prestazioni.

Nel caso di soggetti percettori della NASpI, il cui stato di disoccupazione ecceda i 4 mesi, è prevista l'erogazione di un assegno di ricollocazione che non costituirà reddito imponibile.

Da ultimo, i lavoratori titolari di strumenti di sostegno del reddito potranno essere chiamati a svolgere attività di servizio nei confronti della collettività nel territorio del Comune di residenza, ma l’utilizzo dei lavoratori in tali attività non determinerà l’instaurazione di un rapporto di lavoro. A questi lavoratori spetterà un importo mensile, pari all’assegno sociale erogato dall’INPS.

 

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 151 

Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunita', in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00164) (GU Serie Generale n.221 del 23-9-2015 - Suppl. Ordinario n. 53)

Si è tradotto in previsioni volte a operare una semplificazione delle procedure e degli adempimenti nella gestione dei rapporti di lavoro.

In tema di inserimento mirato delle persone con disabilità, si prevede che i datori di lavoro privati potranno assumere i lavoratori con disabilità mediante la richiesta nominativa e la stipula di convenzioni, ma non potranno effettuare l’assunzione diretta. Inoltre potranno essere computati nella quota di riserva i lavoratori disabili con una riduzione della capacità lavorativa di una certa entità, anche se non sono stati assunti tramite le procedure del collocamento mirato.

È stata rivista la procedura di concessione dell’incentivo per le assunzioni dei disabili e introdotta la corresponsione diretta e immediata dell’incentivo al datore di lavoro da parte dell’INPS, mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili; è stato anche previsto un rafforzamento degli incentivi in caso di assunzione di persone con disabilità intellettiva e psichica.

In relazione alle quote di riserva, l'intervento ora operato dispone dal 1° gennaio 2017 la soppressione dell’art. 3, comma 2, legge n. 68/1999, implicando che, per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, gli obblighi di assunzione di persone con disabilità non sia più correlata alla “nuova assunzione”. Pertanto, da tale momento essi sono tenuti in ogni caso ad avere alle loro dipendenze un lavoratore con disabilità.

Entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore, con uno o più decreti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, adotti delle linee guida in materia di collocamento mirato, al fine di rafforzarne il sistema.

Un secondo  intervento  è invece rivolto a una razionalizzazione e semplificazione in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro.

Tra queste,  con effetto dal 1° gennaio 2017,  si istituisce il libro unico del lavoro in modalità telematica, che sarà tenuto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Nella medesima ottica, il decreto dispone che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, politiche attive e formazione professionale, siano effettuate esclusivamente in via telematica, mediante modelli semplificati, confermando così il principio della c.d. "pluriefficacia" della comunicazione inviata a un unico ufficio, ma valevole per tutti gli enti interessati.

Con il provvedimento è abolita l’autorizzazione preventiva ministeriale per l'assunzione o il trasferimento all'estero dei lavoratori italiani.

In materia di salute e sicurezza sul lavoro e di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sempre nell'ottica di semplificare e snellire le relative procedure, in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 5 e 6, della legge n. 183/2014.

In questo ambito,  in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 5 e 6, della legge n. 183/2014, modifica diverse norme in materia (su tutte, quelle contenute nel  D. Lgs. n. 81/2008 - Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro - e nel D.P.R. n. 1124/1965), disponendo, tra l'altro:

  • che ai fini della fini della valutazione dei rischi l’Inail, anche in collaborazione con le ASL, dovrà mettere a disposizione del datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio;
  • che i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, potranno essere svolti direttamente dal datore di lavoro, anche nelle imprese o unità produttive che superano i 5 lavoratori;
  • che il certificato di infortunio e di malattia professionale siano trasmessi all'Inail esclusivamente per via telematica (esonerando di conseguenza il datore di lavoro da tale incombente);
  • parimenti, che le informazioni relative alle denunce di infortunio mortali, o con prognosi superiore a 30 giorni, siano trasmesse dall’INAIL all'autorità di pubblica sicurezza, esonerando il datore di lavoro da tale onere;
  • che l'obbligo di tenuta del registro infortuni sia abolito, decorsi 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto medesimo.

Si interviene  anche su alcune delle sanzioni più ricorrenti previste dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale. In primis, si registrano modifiche alla disciplina della c.d. maxisanzione per il lavoro "nero", in relazione alla quale:

a)   sono introdotti importi sanzionatori "per fasce" (in luogo di importi legati alla singola giornata di lavoro irregolare);

b)  è reintrodotta la procedura di diffida, tramite cui è possibile regolarizzare le violazioni accertate, eccetto in caso di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno e di minori in età non lavorativa (la sanatoria è subordinata al mantenimento al lavoro del personale “in nero” per un determinato periodo di tempo);

Inoltre, sono introdotte modifiche al c.d. provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, la cui revoca è ora ottenibile, su istanza di parte, subordinatamente al pagamento del 25% della somma aggiuntiva dovuta (l’importo residuo, maggiorato del 5%, è versato entro 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca).

Il decreto chiarisce poi meglio le nozioni di omessa registrazione e infedele registrazione sul LUL, di cui ne modifica il regime sanzionatorio (così come per l'illecito costituito dalla mancata consegna del prospetto paga).

Il decreto contiene  rilevanti disposizioni in materia  del rapporto di lavoro.

A tale proposito, in primo luogo l'intervento riguarda la disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, contenuta nell'art. 4 legge 300/1970, il quale ora prevede, in particolare, che:

  • il datore possa assegnare al lavoratore strumenti per rendere la prestazione lavorativa, dai quali possa derivare anche la possibilità di un controllo a distanza della sua attività, anche senza accordo sindacale o autorizzazione ministeriale;
  • i dati, eventualmente a carico del lavoratore, ricavati tramite gli strumenti di cui sopra sono utilizzabili a fini disciplinari, purché al lavoratore sia data adeguata informativa circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli, nel rispetto del D. Lgs. n. 196/2003 (Codice privacy).

Con l'articolo successivo il decreto riconosce ai lavoratori la possibilità di cedere, a titolo gratuito, ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro e svolgenti mansioni di pari livello e categoria, i riposi e le ferie maturati (con esclusione dei giorni di riposo e di ferie minimi garantiti dalla legge) al fine di assistere i figli minori che, per le particolari condizioni di salute, abbiano bisogno di assistenza e cure costanti da parte dei genitori.

Inoltre, si attribuisce al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentiti la Federazione nazionale degli ordini dei medici e il consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, il potere di introdurre, con il decreto previsto dall’art. 5, comma 13, del D.L. n. 463/1983, ipotesi di esenzione dal rispetto delle fasce di reperibilità in caso di malattia, per i lavoratori del settore privato, al pari di quanto avviene per i lavoratori del settore pubblico.

Al fine di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, l'obbligo di renderle - a pena di efficacia - con modalità esclusivamente telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito istituzionale. Tale forma diviene obbligatoria anche per la formalizzazione della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Essa non dovrà tuttavia essere osservata, qualora le dimissioni o la risoluzione consensuale intervengano nelle sedi protette di cui all’art. 2113, comma 4, del codice civile. Entro 7 giorni dalla trasmissione del modulo, il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale, sempre con modalità telematiche.

Si dovrà attendere un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (da emanarsi entro 90 giorni dalla entrata in vigore del decreto legislativo), con il quale saranno stabiliti, tra l'altro, le modalità di trasmissione nonché gli standard tecnici atti a definire la data certa di trasmissione. Dalla entrata in vigore del decreto ministeriale citato, saranno abrogate le norme della Legge Fornero che attualmente disciplinano le modalità di convalida delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto (art. 4, commi da 16 a 23-bis, legge 92/2012).

In materia di pari opportunità si realizzano  misure volte a ridefinire parzialmente gli istituti e gli organismi cui è demandata in via prioritaria la vigilanza sul rispetto della relativa disciplina. (Comitato Pari Opportunità e Consigliere di parità ) ma si lascia intonso nella sua articolazione e costi di risorse ridondante il Dipartimento di Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio.

In tale contesto, in primo luogo il decreto ,posta la soppressione delle province, opera una revisione dell'ambito territoriale di riferimento delle consigliere di parità provinciali operando una riscrittura delle competenze, designazione, nomina. Si sancisce il principio che vuole le consigliere di parità sottratte allo spoil system consacrato nell’art. 6, comma 1, della legge n. 145/2002, e viene  introdotta la Conferenza nazionale delle consigliere di parità, che sostituisce la Rete delle consigliere, crea un triumvirato per la direzione (Consigliera Nazionale + una  consigliera regionale+ una consigliera  di area vasta), mettendo a carico le stesse all’istituzione di nomina  secondo del livello territoriale ( Area Vasta,Regione, Ministero)  avendo eliminato il Fondo Nazionale  che antecedentemente finanziava l’organismo e l’attività antiscriminatoria  concreta.

Alessandra Servidori  26 settembre 2015 

Un voucer per i profughi

 FIORELLA FIORE - UN VOUCER PER I MIGRANTI 

CON LA TECNOLOGIA SI PUO' RISOLVERE IL PROBLEMA DELL'ATTRAVERSAMENTO A PIEDI DEI PROFUGHI 

Lanciamo un appello alla comunità istituzionale internazionale e nazionale per realizzare una piattaforma on line a cui aderiscono tutti i paesi membri del'unione europea con  la quale si mettono a disposizione dei profughi, in base alle quote stabilite per ogni paese, un voucher  che consente loro di raggiungere il paese assegnato o scelto. In tal modo potrebbero con questo documento prendere anche un'aereo.

FIORELLA FIORE Vice Presidente TUTTEPERITALIA Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.  

NUOVA SCUOLA? BRUTTO INIZIO x i nostri giovani

Alessandra Servidori

Lo abbiamo già  scritto e detto quando il testo della riforma scolastica si stava inseminando, lo affermiamo ora ad inizio anno scolastico con la deprecante girandola degli insegnanti che sono passati di ruolo, hanno accettato l’assegnazione della sede con il Ministero che “suonava le trombe del successo” e ci ritroviamo ora le, gli stessi, insegnanti  che  congelano il trasferimento e per un altro anno si cuccano la supplenza annuale ( glielo permette la stortura della normativa!).Orribile situazione per i nostri giovani studenti che non hanno certezza di diritto di avere un’insegnante di riferimento per la loro crescita formativa, ma ancora una supplente, e ancora, e ancora. La riforma è una brutta  scuola, non è proprio bella e sintetizziamo così i nostri giudizi :

  • · si dà più autonomia ai dirigenti scolastici MA senza cambiare composizione e poteri del Consiglio di Istituto  · si esalta l’autonomia del curricolo, MA lasciando invariati e obbligatori i curricoli e gli ordinamenti esistenti; · si promuove l’alternanza scuola lavoro, MA in aggiunta alle 14 materie di studio esistenti o come “lavoretto” estivo extrascolastico; · si inventano le nuove reti “obbligatorie”, MA senza decentralizzazione e organizzazione amministrativa delle reti ; · si stabilizzano i precari, MA si lascia inalterato il sistema delle supplenze, dei punteggi e delle graduatorie; · si inventano incarichi per funzioni ispettive, MA non si istituisce un servizio ispettivo autonomo; · si premiano gli insegnanti, MA si lascia la vecchia carriera di anzianità; · si afferma l’autonomia degli istituti scolastici, MA senza riforma dell’amministrazione centrale e periferica. Tutto nasce da un stereotipo antico: PIU’ DI TUTTO = MEGLIO DI TUTTO ? PIU’ INSEGNANTI = PIU’ ISTRUZIONE ? PIU’ MATERIE = PIU’ CONOSCENZA? PIU’ ORE DI LEZIONE = PIU’ APPRENDIMENTO? PIU’ ORGANI COLLEGIALI = PIU’ DEMOCRAZIA  

IN SINTESI  

Mai come oggi , di fronte alla confusione della Legge vale in educazione la famosa frase dell’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe:  LESS IS MORE (meno è più, o meno è meglio).

Invece la verità è ,stando dalla parte dei nostri giovani, che La legge parte dal pregiudizio che la crisi  della scuola e del sistema formativo sia dovuta alla scarsità dell’offerta, mentre è dovuta all’incapacità di comprendere le trasformazioni della domanda, ossia le nuove esigenze espresse dai giovani che studiano e dalla mancanza di professionalità di alcuni insegnanti impreparati. Per troppi giovani stare a scuola non ha più senso e ne traggono le conseguenze sul piano del comportamento e degli atteggiamenti. Vero è, ed è incontestabile, che è mancata al Legislatore la conoscenza elementare di quello che è e come funziona l’attuale curricolo italiano… e quindi degli effetti perversi di un potenziamento dell’esistente senza un suo ripensamento. Le principali criticita’ del curricolo italiano sono nel fatto che Il nostro è un curricolo elitario proposto a una scuola di massa. Infatti: · si rivolge a un alunno ideale inesistente, mentre dovrebbe partire dal più debole degli alunni; · propone obiettivi contraddittori e spesso irraggiungibili, viziando i criteri di valutazione che restano lontani dall’equità e dalla affidabilità; · è del tutto dipendente dalle discipline universitarie (che non esistono più); · è verticale solo nel senso che mira – inconsapevolmente - al successo accademico – fin dalla prima elementare, mentre la grande maggioranza degli allievi non arriva alla laurea; · è prigioniero della forma scolastica (lezione+libro+voti) per cui anche il merito ha carattere scolastico; · è rivolto al passato e ad un unico futuro (quello accademico) ed ignora ciò che serve oggi alla vita dei ragazzi futuri cittadini.la verità è che Il curricolo italiano è fatto di solo “offerta”, ignora la domanda che resta una astrazione pedagogica (nei casi migliori) in una istituzione dove chi fa la voce grossa ha tutto, chi chiede riceve poco e chi non sa chiedere non ottiene nulla. Invece sulla base dell’analisi della domanda  dunque bambini e giovani ,quelli veri, dovrà elaborare ed aggiornare tutti i curricoli del sistema di istruzione, formazione ed educazione, tenuto conto che il curricolo,  non è appunto solo i contenuti dell’insegnamento, ma anche le metodologie, gli strumenti, la valutazione, i tempi di studio, le attività complementari e integrative, che dovrebbero fare un tutt’uno coerente e dinamico con il contesto di un’istituzione rivolta soprattutto ai minori. Dobbiamo prendere in mano la situazione, cambiarla ,operare comparazioni internazionali,proporre soluzioni. Dalla parte dei nostri giovani dunque e non degli insegnanti.

JOBS ACT :ultimi 4 decreti :piccola guidina

 

                                ALESSANDRA SERVIDORI  12 settembre 2015

Jobs Act - Approvati in via definitiva quattro decreti attuativi del Jobs Act

Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 4 settembre 2015 ha approvato in via definitiva altri quattro decreti legislativi, emessi in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

Tali provvedimenti  entreranno ufficialmente in vigore il giorno successivo alla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

                         Piccola e sintetica guida dei testi a disposizione ad oggi

(1) Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale

Nell'ottica di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva, si prevede l’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali la cui funzione principale è rappresentata dal coordinamento su tutto il territorio nazionale della vigilanza in materia di lavoro, assicurazione e contribuzione obbligatoria.

Per adempiere a tale compito, l’Ispettorato avrà il potere di programmare l'intera attività ispettiva e le specifiche modalità di accertamento, nonché di dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo con efficacia per tutto il personale ispettivo, ivi incluso quello in forza presso Inps e Inail.

Al fine di supportare il lavoro dell’Ispettorato, l'Inps, l'Inail e l’Agenzia delle entrate dovranno mettere a disposizione di quest'ultimo dati e informazioni, anche attraverso l’accesso a specifici archivi informatici tenuti dai medesimi.

Onde rafforzare il coordinamento dell'Ispettorato con gli altri organi preposti alla vigilanza in materia, in via generale questi ultimi hanno l'obbligo di raccordarsi con l'Ispettorato, mentre quest'ultimo è chiamato a stipulare appositi protocolli con i servizi ispettivi delle ASL.

Infine, in vista del progressivo accentramento di tutte le funzioni ispettive presso l'istituendo Ispettorato, il decreto stabilisce che il personale ispettivo di INPS e INAIL verrà inserito in un ruolo provvisorio ad esaurimento dei predetti Istituti, con il mantenimento del trattamento economico e normativo in vigore e, contestualmente, che il reclutamento del personale ispettivo, dall’entrata in vigore dei decreti attuativi, sarà riservato esclusivamente all’Ispettorato. 

(2) Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro

In coerenza  con la delega contenuta nell'art. 1, comma 2, lettera a) della citata legge n. 183/2014, il decreto in esame contiene la disciplina unitaria degli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro (integrazioni salariali ordinaria e straordinaria e fondi di solidarietà), ora dunque riunite in un unico corpo normativo, con disposizioni volte ad abrogare le previsioni attualmente contenute in diversi testi normativi.

Rlevanti le novità introdotte in tema dal Governo, improntate a una semplificazione della normativa in materia e  una razionalizzazione gli strumenti di integrazione salariale vigenti, sia attraverso una ridefinizione del loro campo soggettivo di applicazione, sia mediante una rimodulazione della loro durata.

In primo luogo, il decreto in esame estende la Cassa integrazione ordinaria (CIGO) e quella straordinaria (CIGS) agli apprendisti assunti con con contratti di apprendistato professionalizzante (sino a oggi destinatari unicamente dei trattamenti in deroga), prevedendo poi per entrambe il requisito di una anzianità di lavoro effettivo di almeno 90 giorni presso l'unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento.

Sotto il secondo profilo, viene unificata e revisionata la durata delle integrazioni salariali, che in entrambi i casi non può superare, per ciascuna unità produttiva, complessivamente 24 mesi in un quinquennio mobile (con l'eccezione per imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini e le imprese industriali e artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, in relazione alle quali la cassa ordinaria e straordinaria potrà estendersi sino a 30 mesi).

In proposito, il decreto prevede che la durata dei trattamenti di CIGS, concessi a seguito della stipula di un contratto di solidarietà, ove entro il limite di 24 mesi, venga computata nella misura della metà.

Inoltre, ai medesimi fini, esso dispone, da un lato, che i periodi di integrazione fruiti prima dell’entrata in vigore dello stesso non concorrono al raggiungimento del predetto limite di durata e, dall'altro, che i trattamenti richiesti prima della sua entrata in vigore si computano solo per la parte fruita in epoca successiva.

Per quanto riguarda la Cassa integrazione ordinaria (CIGO), il decreto stabilisce che la domanda debba avvenire entro 15 giorni dall’avvio della riduzione o sospensione.

Il medesimo stabilisce poi che non possono essere autorizzate ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda.

In tema di Cassa integrazione straordinaria (CIGS), invece, il termine per la presentazione della domanda è di 7 giorni e decorre dalla conclusione della procedura di consultazione o dalla sottoscrizione dell'accordo aziendale).

Il legislatore procede a una razionalizzazione delle causali di concessione della CIGS, che vengono così ridelineate in relazione alla durata del trattamento: (a) riorganizzazione aziendale, per un massimo di 24 mesi in un quinquennio mobile; (b) crisi aziendale, nel limite di 12 mesi; (b) contratti di solidarietà, sino a 24 mesi, estensibili a 36 se l’impresa non utilizza CIGO o altre causali di CIGS nel quinquennio.

A tale proposito, il decreto di riordino sancisce - nel caso di attivazione a seguito di crisi aziendale - che a decorrere dal 1° gennaio 2016 non può più essere concessa la CIGS nei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa.

Inoltre, con il provvedimento in questione si introduce il divieto di autorizzare, sia per la CIGO che per la CIGS (per quest'ultima, tuttavia, solo decorsi 24 mesi dall’entrata in vigore dello stesso), l’integrazione salariale a zero ore per tutto il personale, per tutto il periodo di cassa disponibile.

Il decreto in esame innova anche la disciplina dei contratti di solidarietà difensivi, da un lato riconducendo quelli di tipo A integralmente nell’ambito delle integrazioni salariali straordinarie (essi divengono una causale di ricorso alla CIGS, infatti) e, dall'altro, abrogando quelli di tipologia B con effetto dal 1 luglio 2016.

Altre ulteriori misure nel decreto di riordino:

  • rende definitivamente strutturale la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) a 24 mesi;
  • mette a regime oltre il 2015 le misure di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro di cui agli artt. da 2 a 24 del D. Lgs. n. 80/2015 (tra cui l'estensione del congedo parentale), l'ASDI (Assegno di Disoccupazione) e il fondo per le politiche attive del lavoro;
  •  include nei fondi di solidarietà tutti i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti (anziché più di 15, come fissato dalla L. n. 92/2012).

Il decreto precisa infine che le nuove regole sono applicabili solo ai trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto.

(3) Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive

Con il decreto legislativo che attua la delega contenuta nell'art. 1, comma 3, della legge 183/2014, il Governo innanzitutto istituisce una "Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro", coordinata dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), e formata dalle strutture regionali per le Politiche attive del Lavoro, dall’INPS, dall’INAIL, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall'ISFOL, dal sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado.

Sarà onere del Ministero del Lavoro fissare linee di indirizzo triennali e obiettivi annuali in materia di politiche attive, nonché quello di definire i livelli minimi che le prestazioni dovranno avere su tutto il territorio nazionale.

Il decreto pone a carico dell'ANPAL, oltre ai compiti di vigilanza sui Fondi interprofessionali e bilaterali, l'onere di curare l'istituzione:

  • di un albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro;
  • del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, nel quale dovrà assumere particolare importanza il fascicolo elettronico del lavoratore;
  • dell'albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di formazione professionale.

Nel decreto viene definito lo stato di disoccupato, di lavoratore dipendente che subisce una riduzione di orario e di soggetti a rischio di disoccupazione. I summenzionati lavoratori saranno assegnati a una classe di profilazione, allo scopo di valutarne il livello di occupabilità e saranno convocati dai Centri per l’impiego per la stipulazione di un Patto di servizio personalizzato, il quale riporterà la disponibilità del richiedente a partecipare a iniziative di carattere formativo, di riqualificazione o di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro.

Il provvedimento sancisce che la domanda di ASpI, NASpI o DIS-COLL equivarrà a dichiarazione di immediata disponibilità del lavoratore e sarà inserita nel sistema informativo unitario delle politiche attive e dei servizi per l’impiego.

La nuova disciplina prevede che, i beneficiari di prestazioni a sostegno del reddito, che non abbiano riottenuto una occupazione, siano quindi chiamati a stipulare il Patto di servizio personalizzato, sottoscrizione necessaria anche ai fini della concessione dell’Assegno di disoccupazione (ASDI).

A questo riguardo, il decreto dispone che, nel caso i soggetti non prendano parte alle iniziative così promosse a loro beneficio, senza giustificato motivo, saranno passibili di sanzioni, che vanno dalla decurtazione sino alla sospensione e alla decadenza dalle prestazioni.

Nel caso di soggetti percettori della NASpI, il cui stato di disoccupazione ecceda i 4 mesi, è prevista l'erogazione di un assegno di ricollocazione che non costituirà reddito imponibile.

Da ultimo, si segnala che i lavoratori titolari di strumenti di sostegno del reddito potranno essere chiamati a svolgere attività di servizio nei confronti della collettività nel territorio del Comune di residenza, ma l’utilizzo dei lavoratori in tali attività non determinerà l’instaurazione di un rapporto di lavoro. A questi lavoratori spetterà un importo mensile, pari all’assegno sociale erogato dall’INPS.

(4) Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità

Il decreto  contiene disposizioni che innovano la legislazione vigente sotto numerosi ed eterogenei profili.

Innanzitutto, l'intervento del Governo si è tradotto in previsioni volte a operare una semplificazione delle procedure e degli adempimenti nella gestione dei rapporti di lavoro.

Così, in tema di inserimento mirato delle persone con disabilità, si prevede che i datori di lavoro privati potranno assumere i lavoratori con disabilità mediante la richiesta nominativa e la stipula di convenzioni, ma non potranno effettuare l’assunzione diretta. Inoltre potranno essere computati nella quota di riserva i lavoratori disabili con una riduzione della capacità lavorativa di una certa entità, anche se non sono stati assunti tramite le procedure del collocamento mirato.

È stata poi rivista la procedura di concessione dell’incentivo per le assunzioni dei disabili e introdotta la corresponsione diretta e immediata dell’incentivo al datore di lavoro da parte dell’INPS, mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili; è stato anche previsto un rafforzamento degli incentivi in caso di assunzione di persone con disabilità intellettiva e psichica.

In relazione alle quote di riserva, l'intervento ora operato dispone dal 1° gennaio 2017 la soppressione dell’art. 3, comma 2, legge n. 68/1999, implicando che, per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, gli obblighi di assunzione di persone con disabilità non sia più correlata alla “nuova assunzione”. Pertanto, da tale momento essi sono tenuti in ogni caso ad avere alle loro dipendenze un lavoratore con disabilità.

Da ultimo, il decreto legislativo in esame prevede che entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore, con uno o più decreti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, adotti delle linee guida in materia di collocamento mirato, al fine di rafforzarne il sistema.

Un secondo pacchetto di previsioni è invece rivolto a una razionalizzazione e semplificazione in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro.

Tra queste, va senz'altro menzionata quella che istituisce, con effetto dal 1° gennaio 2017, il libro unico del lavoro in modalità telematica, che sarà tenuto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Nella medesima ottica, il decreto in esame dispone che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, politiche attive e formazione professionale, siano effettuate esclusivamente in via telematica, mediante modelli semplificati, confermando così il principio della c.d. "pluriefficacia" della comunicazione inviata a un unico ufficio, ma valevole per tutti gli enti interessati.

Con il provvedimento in questione, inoltre, è abolita l’autorizzazione preventiva ministeriale per l'assunzione o il trasferimento all'estero dei lavoratori italiani.

L'intervento legislativo si è poi rivolto alla legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sempre nell'ottica di semplificare e snellire le relative procedure, in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 5 e 6, della legge n. 183/2014.

In questo ambito, il provvedimento in commento, in attuazione della delega di cui all’art. 1, commi 5 e 6, della legge n. 183/2014, modifica diverse norme in materia (su tutte, quelle contenute nel  D. Lgs. n. 81/2008 - Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro - e nel D.P.R. n. 1124/1965), disponendo, tra l'altro:

  • che ai fini della fini della valutazione dei rischi l’Inail, anche in collaborazione con le ASL, dovrà mettere a disposizione del datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio; 
  • che i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, potranno essere svolti direttamente dal datore di lavoro, anche nelle imprese o unità produttive che superano i 5 lavoratori;
  • che il certificato di infortunio e di malattia professionale siano trasmessi all'Inail esclusivamente per via telematica (esonerando di conseguenza il datore di lavoro da tale incombente);
  • parimenti, che le informazioni relative alle denunce di infortunio mortali, o con prognosi superiore a 30 giorni, siano trasmesse dall’INAIL all'autorità di pubblica sicurezza, esonerando il datore di lavoro da tale onere;
  • che l'obbligo di tenuta del registro infortuni sia abolito, decorsi 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto medesimo.

Il legislatore delegato è poi intervenuto anche su alcune delle sanzioni più ricorrenti previste dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale. In primis, si registrano modifiche alla disciplina della c.d. maxisanzione per il lavoro "nero", in relazione alla quale:

a)   sono introdotti importi sanzionatori "per fasce" (in luogo di importi legati alla singola giornata di lavoro irregolare);

b)  è reintrodotta la procedura di diffida, tramite cui è possibile regolarizzare le violazioni accertate, eccetto in caso di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno e di minori in età non lavorativa (la sanatoria è subordinata al mantenimento al lavoro del personale “in nero” per un determinato periodo di tempo);

Inoltre, sono introdotte modifiche al c.d. provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, la cui revoca è ora ottenibile, su istanza di parte, subordinatamente al pagamento del 25% della somma aggiuntiva dovuta (l’importo residuo, maggiorato del 5%, è versato entro 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca).

Il decreto chiarisce poi meglio le nozioni di omessa registrazione e infedele registrazione sul LUL, di cui ne modifica il regime sanzionatorio (così come per l'illecito costituito dalla mancata consegna del prospetto paga).

Il decreto in esame prosegue poi con talune rilevanti disposizioni in materia  del rapporto di lavoro.

A tale proposito, in primo luogo l'intervento riguarda la disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, contenuta nell'art. 4 legge 300/1970, il quale ora prevede, in particolare, che:

  • il datore possa assegnare al lavoratore strumenti per rendere la prestazione lavorativa, dai quali possa derivare anche la possibilità di un controllo a distanza della sua attività, anche senza accordo sindacale o autorizzazione ministeriale;
  • i dati, eventualmente a carico del lavoratore, ricavati tramite gli strumenti di cui sopra sono utilizzabili a fini disciplinari, purché al lavoratore sia data adeguata informativa circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli, nel rispetto del D. Lgs. n. 196/2003 (Codice privacy).

Con l'articolo successivo il decreto in commento riconosce ai lavoratori la possibilità di cedere, a titolo gratuito, ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro e svolgenti mansioni di pari livello e categoria, i riposi e le ferie maturati (con esclusione dei giorni di riposo e di ferie minimi garantiti dalla legge) al fine di assistere i figli minori che, per le particolari condizioni di salute, abbiano bisogno di assistenza e cure costanti da parte dei genitori.

Inoltre, si attribuisce al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentiti la Federazione nazionale degli ordini dei medici e il consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, il potere di introdurre, con il decreto previsto dall’art. 5, comma 13, del D.L. n. 463/1983, ipotesi di esenzione dal rispetto delle fasce di reperibilità in caso di malattia, per i lavoratori del settore privato, al pari di quanto avviene per i lavoratori del settore pubblico.

Altra previsione di innegabile impatto è quella che ha introdotto, al fine di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, l'obbligo di renderle - a pena di efficacia - con modalità esclusivamente telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito istituzionale. Tale forma diviene obbligatoria anche per la formalizzazione della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Essa non dovrà tuttavia essere osservata, qualora le dimissioni o la risoluzione consensuale intervengano nelle sedi protette di cui all’art. 2113, comma 4, del codice civile. Entro 7 giorni dalla trasmissione del modulo, il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale, sempre con modalità telematiche.

In merito a tale nuovo incombente, si dovrà attendere un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (da emanarsi entro 90 giorni dalla entrata in vigore del decreto legislativo), con il quale saranno stabiliti, tra l'altro, le modalità di trasmissione nonché gli standard tecnici atti a definire la data certa di trasmissione. Dalla entrata in vigore del decreto ministeriale citato, saranno abrogate le norme della Legge Fornero che attualmente disciplinano le modalità di convalida delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto (art. 4, commi da 16 a 23-bis, legge 92/2012).

Il legislatore ha altresì dettato alcune disposizioni in materia di pari opportunità, contenenti misure volte a ridefinire parzialmente gli istituti e gli organismi cui è demandata in via prioritaria la vigilanza sul rispetto della relativa disciplina.

In tale contesto, in primo luogo il decreto in commento, in vista della soppressione delle province, opera una revisione dell'ambito territoriale di riferimento delle consigliere di parità provinciali.

Inoltre, esse prevedono una modifica della composizione e delle competenze del Comitato nazionale di parità e, per quanto riguarda le consigliere di parità, operano una riscrittura delle loro competenze e della procedura di designazione e nomina delle stesse.

Si sancisce poi il principio che vuole le consigliere di parità sottratte allo spoil system consacrato nell’art. 6, comma 1, della legge n. 145/2002.

Infine, con l'obiettivo di rafforzare l'efficacia dell'azione delle consigliere di parità, viene introdotta la Conferenza nazionale delle consigliere di parità, che sostituisce la Rete delle consigliere.

12 SETTEMBRE 2015

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